SpazioNBA Magazine 2 - 14/15 Season Preview

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SpazioNBA.it Magazine - 14/15 Season Preview

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SpazioNBA.it Magazine - 14/15 Season Preview

Editoriale Bentornati sulle pagine del nostro Magazine, pronti a leggere la seconda uscita. Per prima cosa voglio ringraziare tutti voi, i nostri lettori, per i tantissimi complimenti ricevuti in seguito alla pubblicazione del primo numero del Magazine, che potete trovare nella sezione dedicata sul nostro sito. Sono davvero molto felice che abbiate apprezzato il primo numero e spero che possiate apprezzare allo stesso modo anche questa seconda pubblicazione che, a otto giorni dal ritorno della nostra amata Lega, cerca di analizzare la situazione squadra per squadra, parlando delle aspettative di ogni franchigia NBA. Per ogni squadra troverete roster, movimenti di mercato, shotcharts offensive e difensive della passata stagione è un'analisi dettagliata. Ricordate comunque che i roster non sono definitivi, quindi potrebbero esserci dei tagli per raggiungere il numero massimo di 1 5 giocatori, e soprattutto che noi come voi siamo dei semplici fan a cui piace battere le dita su una tastiera per far conoscere il nostro pensiero. Il lavoro per questo secondo numero è iniziato in estate, addirittura a luglio, appena terminata la stagione che ha visto trionfare San Antonio. In realtà l'idea iniziale era quella di pubblicare soltanto questa preview ma, come ben sa chi ha ammirato Inception, una volta che un'idea si è impossessata del cervello è quasi impossibile sradicarla e così questa idea è cresciuta, si è impossessata della mia mente e da qui è nato il Magazine che tutti voi state leggendo. Novembre sarà un mese abbastanza impegnativo per il sottoscritto, che oltre a essere un grandissimo appassionato di questo sport è anche uno studente universitario. Il terzo numero quindi uscirà indicativamente a inizio dicembre.

AUTORI DEI TESTI Gabriele Aloisi - Davide Banchini - Alberto Buffin - Simone Cattaneo Francesco Cellinese - Damiano Cembali - Andrea Conti - Lorenzo Costa Sergio Di Bari - Davide Di Sabatino - Mattia Fiorani - Mario Iannone Alessandro Olivieri - Lorenzo Olivieri - Alessandro Pompucci - Federico Roma - Pasquale Russolillo - Fabrizio Sabatini - Christian Salzano - Luigi Stocco - Manuel Tracia - Francesco Vaccarella - Giuseppe Verrillo

GRAFICA Sebastian Aucello

PARTNERS PUBBLICITARI Superbasket Dunkest I 999 cestisti più forti della storia dell' NBA Baskettari brutti Pick&Roll Miami Heat - Italia NBA Memes Italia Lebron James Italian Page i SpazioNBA Magazine è un progetto del sito internet www.spazionba.it, con lo scopo di raccogliere il materiale in esso contenuto. Non è pubblicato con una periodicità regolare, pertanto non può essere considerato un prodotto editoriale. Gli articoli e la grafica di questo magazine sono frutto del lavoro di tutta la redazione del sito, senza alcun scopo di lucro. Vi invitiamo quindi a non riprodurre totalmente o parzialmente il suo contenuto. Tutte le immagini e le dichiarazioni inserite in questo numero appartengono ai rispettivi autori.

Vi auguro quindi una buona lettura invitandovi a commentare e a farci conoscere il vostro pensiero, sia sulle varie squadre che sul Magazine in sé, in modo da aiutarci a migliorarlo e quindi ad offrirvi un prodotto il più possibile vicino ai vostri interessi. Sebastian Aucello

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POWER RANKING

25. Los Angeles Lakers

Classifica stilata in previsione al piazzamento delle squadre in Regular Season da Francesco, romantico del basket nell’era dei muscoli, e Mattia, non-tifoso nell’era della mentalità ultras.

24. Sacramento Kings

Francesco Cellinese & Mattia Fiorani

30. Philadelphia 76ers

F: Perché utilizzare la tua prima scelta per giocatori sani, quando puoi tenerli fuori e fare schifo un anno in più? M: Sono sollevato dal fatto che quest’anno non faranno così schifo da attentare al record negativo degli indimenticabili Bobcats ’1 2; l’anno scorso mi hanno fatto spaventare.

29. Utah Jazz

F: Hayward sostiene di poter demolire LeBron James in 1 vs 1 . Ai videogiochi però. Jerry Sloan, non essendo morto, si è rivoltato nel letto. M: Report Gordon for trolling.

28. Milwaukee Bucks

F: Mentre Parker si divertirà a ventelleggiare come se non ci fosse un domani, Kidd fa esperimenti genetici sul suo Greek Freak.

M: La presenza nella stessa squadra di Marshall e Antetokounmpo ha fatto schizzare alle stelle le vendite dei League Pass in tutto il mondo, ne sono certo.

27. Orlando Magic

F: Il progetto c’è e sta venendo su bene. Nel frattempo, però, i biglietti è meglio prenderli per Disney World. M: Elfridio > Disney World, date retta a me.

26. Minnesota Timberwolves

F: Hanno tutto per far bene in futuro, hanno tutto per far schifo quest’anno. M: Storicamente hanno tutto per far schifo anche in futuro, eh.

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F: Silenzio assordante per le strade di LA. Nessun in giro. Desolazione. Solo un cartello appeso: “Siamo chiusi, ripassare fra 2 anni”. M: Il problema resta spiegarlo al 24, scintille in vista. F: Boogie state of mind. M: Seria candidata a squadra più indecente dell’anno. Boogie, scappa.

23. Boston Celtics

F: Hanno più guardie della regina Elisabetta. Ma Rondo non lo potevano tradare prima? M: Le possibilità sono due: o stanno progettando qualcosa di così geniale da impedirmi di comprenderlo, o stanno semplicemente andando a caso.

22. Detroit Pistons

F: Qualcuno deve dire a Smith che avere Van Gundy come coach non lo autorizza a spadellare da 3 senza ritegno un altro anno. #freeMonroe M: Sono talmente senza parole che spadellerò anch’io à la J-Smoove, ma un pronostico: Datome sopra i 500 minuti di gioco.

21 . Indiana Pacers

F: Da quando è iniziato il 201 4, sono la legge di Murphy fatta squadra. M: Consoliamoci, il futuro non può che esser meglio del presente.

20. New York Knicks

F: Il Signore Degli Anelli sta cercando di costruire la sua compagnia. La strada è lunga però, sono in piena terra di mezzo. M: Obiettivo? Arrivare a Mordor prima che Melo Baggins si ritiri, il tempo corre.


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1 9. Brooklyn Nets

F: Con questo nucleo, nel 2009 sarebbero stati imbattibili. Ecco, però è il 201 4. M: “I expect us to (…) [win a] championship in one year minimum, and maximum in five years.” Bel tentativo, Mikhail.

1 8. New Orleans Pelicans

comunque un must watch per tutti gli appassionati.

1 3. Charlotte Hornets

F: Bisogna riconoscere alla franchigia più ridicola di sempre di aver messo su una squadra più che dignitosa. M: Grazie a loro Michael Jordan sembra esser diventato un proprietario lungimirante, monumentali a dir poco.

F: Le cifre di Anthony Davis, a parità di età, sono sul livello di tantissimi attuali Hall of Famer. Possibile che con questa ira di dio in squadra non strappino un’ottavo posto? M: Poi dai un’occhiata al roster, ti rendi conto che Fredette e Rivers rischiano di essere i backup nel backcourt dei Pellicani, e abbandoni ogni speranza.

1 2. Memphis Grizzlies

F: Il copione prevede l’ennesimo scontro epocale ai playoff con Okc. Marc, Zach, non deludetemi. M: Ad arrivarci, ai Playoffs. Squadra col ritmo più basso della lega, in RS servono degli stimolanti per non addormentarsi durante le loro partite.

1 7. Atlanta Hawks

F: Da quando seguo l’NBA, non hanno mai fatto troppo schifo e non sono mai stati troppo forti. Prima o poi decidano cosa voglion fare da grandi. M: Tutti gli indizi paiono indicare che vogliano fare gli Spurs, ecco, diciamo che siamo leggermente distanti dall’obiettivo.

1 6. Miami Heat

F: Una squadra dal cuore spezzato che cerca di rifarsi una vita da single. Faranno onore ai tifosi che gli sono rimasti. M: Era un giro di parole per dire che non si faranno onore? Nonostante Shabazz, si prevedono palazzetti deserti in quel di Miami.

1 5. Denver Nuggets

F: Sono nella posizione perfetta per stupirmi piacevolmente: non credo per niente in loro. M: Sono nella posizione perfetta per fare uno scherzetto a qualcuno e giocarsi i Playoffs: rivelazione dell’anno.

1 4. Phoenix Suns

F: Vedi alla voce “Boston Celtics”, un po’ più in alto. M: Ce la si fa anche senza Frye e un innesto di livello nel reparto lunghi? Il mio cuore, in lacrime, dice di no. Rimane

11 . Toronto Raptors

F: Fossero ad ovest, sarebbero spacciati. Ad est fanno tenerezza per quanto sono buoni. Ingiustizie geografiche. M: Nella speranza che “the Brazilian Kevin Durant” non faccia la fine di “the Italian Dirk Nowitzki”.

1 0. Washington Wizards

F: L’est sembra un’affare di coppia, cercheranno in ogni modo di trasformarlo in un ménage à trois. M: In un ménage à trois possono reggere solo il moccolo, mentre le altre due ci danno dentro sul sedile posteriore. Sopravvalutati.

9. Houston Rockets

F: “Houston, abbiamo un problema.“ M: Ma come quale?! È proprio lì, seduto in panchina!

8. Portland Trail Blazers

F: La NASA sta pensando di utilizzare gli attributi di Lillard come palloni aereostatici. Quintetto spaziale. M: Il problema è che la panchina faticherebbe anche in DLeague. A meno che T-RobY

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7. Golden State Warriors

2. Cleveland Cavaliers

6. Dallas Mavericks

1 . San Antonio Spurs

F: Le caviglie di Curry verranno presto dichiarate patrimonio dell’Unesco. Ma anche Bogut serve sano. M: Non vedo l’ora di ammirarli con un sistema offensivo un attimo più strutturato degli scorsi anni, tenete i fazzoletti a portata di mano. F: Sono forti, sono esperti e ho già visto Parsons su un cammello. Questo mi basta per indire il califfato di Dallas. M: E c’è pure Jim Carrey in panchina. Sssssspumeggiante!

5. Los Angeles Clippers

F: Farà prima Di Caprio a vincere un Oscar o i Clippers a giocarsi una finale? M: Douglas-Roberts a diventare il mio idolo, appena lo vedrò sul campo con gli shorts.

4. Chicago Bulls

F: Allenatore con le palle: check. Squadra profonda: check. Esperienza: check. Cattiveria: check. Difesa: check. Rose:? M: Crack.

3. Oklahoma City Thunder

F: Batman & Robin devono iniziare la stagione senza BatmanY o senza Robin? M: Senza RS-Batman e PO-Robin. Un altro anno di talento buttato al vento: shame on you, Scott.

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F: Il Re è tornato nel suo regno. I suoi Cavalieri però non hanno mai combattuto nessuna guerra sino ad ora. M: I soldati Love e Irving, ad oggi, non sembrano nemmeno in grado di reggere lo scudo per difendersi. Sarà una lunga guerra. F: Quando hanno iniziato a vincere, alcuni rookie di quest’anno avevano ancora dubbi sull’uso del vasino. Generazionali. M: Il bello è che non sembrano minimamente intenzionati a smettere. Annoiano per quanto sono collaudati.


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ATLANTA HAWKS Mattia Fiorani

Roster

PG: Jeff Teague, Shelvin Mack, Dennis Schröder SG: Kyle Korver, Kent Bazemore, John Jenkins SF: DeMarre Carroll, Thabo Sefolosha PF: Paul Millsap, Mike Scott, Adreian Payne, Elton Brand C: Al Horford, Pero Antic, Mike Muscala

Movimenti di mercato

IN: Adreian Payne, Thabo Sefolosha, Kent Bazemore OUT: Louis Williams

Un progetto ambizioso

La storia recente degli Atlanta Hawks ha inizio quando, alla fine della stagione 11 /1 2, Danny Ferry (allora vice presidente dei San Antonio Spurs) diventa il nuovo presidente e general manager della squadra. Un anno dopo, al momento di decidere quale sarebbe stato l’allenatore ideale per il nuovo progetto, la società decide non a caso di puntare su Mike Budenholzer, fino ad allora assistente allenatore agli Spurs. La stagione seguente (nonché scorsa) inizia dunque fra le incognite per il nuovo roster assemblato in estate e per la capacità del nuovo head coach di essere all’altezza del compito; Atlanta stupisce tutti arrivando a Natale come terza forza ad Est. L’idillio dura, purtroppo, fino a Santo Stefano: a soli due minuti dal termine Al Horford, centro titolare, si strappa il muscolo pettorale destro,

Shotcharts

infortunio che lo costringerà a saltare l’intera stagione. Gli Hawks, dopo il record di 1 6-1 3 fino ad allora accumulato, iniziano una lenta discesa verso le zone torbide della classifica (complici anche altri piccoli, vari, infortuni) che mette velocemente in discussione la loro possibile partecipazione ai Playoffs. La squadra di coach Budenholzer scivola fino all’ottava posizione, che riesce però a mantenere fino al termine della stagione regolare (38-44), andando così a giocare il primo turno dei Playoffs contro gli Indiana Pacers, i quali si erano dimostrati la miglior squadra della lega per la prima parte della stagione. La serie è incredibilmente in bilico fino a gara 7, nella quale però i Pacers fanno valere il proprio talento e la propria esperienza eliminando così gli Hawks, meritevoli di aver giocato una grande serie.

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Filosofia di gioco

Coach Bud, come è stato soprannominato, ha avuto il merito di instillare nei suoi giocatori un modo di interpretare il gioco simile a quello da lui sperimentato a San Antonio negli anni da assistente di Popovich. Gli Atlanta Hawks infatti, nella passata stagione, sono riusciti a far proprio il precetto del loro allenatore: continuo movimento sia di uomini che di palla, in un sistema che esalti i singoli grazie al contesto di squadra e non viceversa. Questo sarà, secondo Budenholzer, il modo futuro di concepire la pallacanestro oltreoceano (e visto come si è conclusa la scorsa stagione, è difficile dargli torto); per dirla con parole sue:

maggior affidamento sul catch and shoot, ossia il tiro in seguito ad uno scarico di un compagno, dell’intera lega, aspetto del gioco in cui lo stesso Korver ha pochi eguali.

Le prospettive per questa stagione

Il roster, rispetto all’anno scorso, sembra persino essersi rinforzato: la cessione di Louis Williams credo si sia rivelata necessaria per il sistema di Budenholzer all’interno del quale “Lou” non è parso essere in grado di adattarsi quest’anno, l’exploit di Shelvin Mack e la firma estiva di Thabo Sefolosha hanno dato la spinta decisiva alla società per virare in questa direzione. Quest’ultimo avrà l’occasione di ritrovare l’affidabilità persa nel tiro dall’arco, caratteristica che solo un paio d’anni fa l’aveva reso uno dei migliori 3&D (giocatori i cui punti di forza sono il tiro da tre punti e la difesa) della lega. L’altro innesto dal grande potenziale del roster è stato Adreian Payne, scelta numero 1 5 al Draft, ala grande con già ottime competenze su entrambi i lati del campo, versatile e dotata di un tiro perimetrale accurato che darà modo a Coach Bud di variare ulteriormente le combinazioni nel reparto lunghi, probabilmente quello meglio assortito dell’intera NBA. Dopo quanto di buono, a tratti fantastico, fatto vedere l’anno scorso nonostante l’infortunio di uno dei migliori giocatori a roster (se non il migliore), grandi aspettative circondano gli Hawks. Probabilmente non saranno in grado di raggiungere le prime tre/quattro posizioni ad Est in stagione regolare, ma in una serie di Playoffs sono in grado di giocarsela alla pari con qualunque squadra all’interno della Conference, soprattutto se il gioco e gli automatismi continueranno a migliorare.

Previsione 42-40

"I look forward to bringing to Atlanta the ball movement and people movement and people sharing and participating and a little bit less of the one-on-one.” Alcune cifre a riguardo? Gli Hawks sono stati tra le squadre che hanno meno tenuto il pallone in mano durante i propri possessi, nonostante siano stati la terza squadra della lega per tocchi nella metà campo avversaria; seconda squadra della lega per assist (dietro a San Antonio, guarda caso) e prima per punti segnati assistiti. Questo sistema ha permesso ad un giocatore come Kyle Korver di tornare alle luci della ribalta (grazie anche al record fatto registrare di 1 27 partite consecutive segnando almeno una tripla), aiutandolo a tirare con le percentuali più alte della sua intera carriera; Atlanta si è rivelata infatti la squadra che fa

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BOSTON CELTICS Sergio Di Bari

Roster

PG: Rajon Rondo, Marcus Smart, Phil Pressey SG: Avery Bradley, James Young, Marcus Thornton SF: Jeff Green, Evan Turner, Gerald Wallace PF: Jared Sullinger, Brandon Bass C: Kelly Olynyk, Vitor Faverani, Tyler Zeller, Joel Anthony

Movimenti di mercato

IN: Marcus Smart, James Young, Marcus Thornton, Evan Turner, Tyler Zeller OUT: Jerryd Bayless, Chris Humphries

Shotcharts

La situazione in casa Celtics

La prima annata post Rivers e big three per i Boston Celtics, si è rivelata come previsto difficile. Orfani per l’appunto di Pierce e Garnett, e con Rondo ancora ai boxe, l’intento di Danny Ainge era quello di cominciare a mettere le basi per una ricostruzione che riporti in auge il nome della franchigia più titolata dell’NBA. Brad Stevens, allenatore rivelazione dell’università di Butler, ha portato la squadra ad un record poco dignitoso ma ampiamente pronosticabile (e secondo alcuni auspicabile) di 25 vittorie e 57 sconfitte, un record da lottery piena. Il draft del 201 4, uno dei più profondi degli ultimi anni, e con i Celtics forti di due scelte al primo giro, rappresentava il primo vero spartiacque per il futuro. Il quarto peggior record della lega però, non sorride particolarmente ai biancoverdi, che si vedono “relegati” alla sesta scelta. Tuttavia, come si è detto, la profondità del draft garantisce una pick di primissimo livello. Inizialmente i Celtics sembravano voler puntare sul centro Joel Embiid, ma Philadelphia li ha anticipati scegliendo l’africano con la terza. Approda allora al TD Garden Marcus Smart, playguardia da Oklahoma State, di sicuro avvenire. La seconda scelta del primo giro, che risulta essere la diciassettesima, vede invece scegliere il Wildcat James Young, anch’egli guardia, che può giocare anche ala piccola. Il ridotto spazio salariale, non permette a Danny Ainge di poter competere per un free agent di grido, e l’unico giocatore importante pescato nella free agency è Evan Turner, reduce da una stagione al di sotto delle aspettative ad Indiana, e in cerca della definitiva consacrazione a top player della lega. Il reparto lunghi è il più problematico: l’arrivo del solo Tyler Zeller non fa certo fare il salto di qualità in un settore che ha in Jared Sullinger un ottima ala forte, ma che spesso è costretto a giocare da centro dove è decisamente sottodimensionato. Kelly Olynyk ha fatto vedere buone cose nella stagione 201 4, ma è lontano dall’essere un centro di primo livello. Un altro problema potrebbe essere la convivenza di Rondo e Smart. Si pesteranno i piedi? Possono coesistere? Gioveranno l’un l’altro della loro presenza? Uno farà da chioccia all’altro? Non è ancora dato sapere. Ciò che è sicuro è che Ainge ha ribadito di voler puntare su entrambi, ma è altrettanto sicuro

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che non avrebbe potuto dire diversamente. Ed è un fatto che Rondo è appetito da mezza NBA, e potrebbe essere la pedina giusta per poter arrivare ad un lungo di assoluto livello. Senza contare che i Celtics hanno appena rifirmato Avery Bradley, che si fa fatica a togliere dal campo nei momenti decisivi data la sua innata abilità difensiva. L’inizio di stagione comunque, non lascerà a Stevens grande scelta: Rajon Rondo dovrà saltare almeno il primo mese e mezzo di regular season a causa di una frattura ad una mano, a causa di un incidente dalle circostanze quantomeno grottesche in quanto avvenuto sotto una doccia. Dopo l’anno intero di stop forzato a causa dell’infortunio al ginocchio si preannuncia dunque un altro periodo di stop forzato per il numero 9 cosa che, se da un lato rischia di far calare ulteriormente il numero di vittorie, dall’altro potrebbe avere l’effetto benefico di responsabilizzare subito Marcus Smart e vedere come il ragazzo reagisca ad essere uno dei leader della squadra. L’altro grande problema è di natura offensiva: ai Celtics manca il leader offensivo, uno con punti nelle mani. Un Carmelo Anthony per dirne uno, o un Kevin Love che prima di finire nell’Ohio, aveva strizzato l’occhio alla maglia che fu di Larry Bird. Jeff Green ha dimostrato di avere talento da vendere, e di poter segnare tanti punti, ma abbina questa capacità ad una forte discontinuità e questo non lo rende il go to guy di riferimento. Rajon Rondo, specie dopo i playoff del 201 2 ha fatto vedere di avere anche la possibilità di essere la prima opzione offensiva, ma è abbastanza evidente che non possa esserlo continuativamente, anche se questa è la sua prima vera stagione da stella e leader della squadra e potrebbe farci vedere cambiamenti nel suo stile di gioco. Altro aspetto che mancava l’anno scorso era un sesto uomo che potesse portare punti dalla panchina. Quest’anno tutti gli indizi portano ad Evan Turner. Con Jeff Green in quintetto, toccherà all’ala ex Sixers caricarsi la squadra alle spalle da sesto uomo, ma il suo contributo in questo ruolo in maglia Pacers non è stato per nulla all’altezza delle aspettative. In conclusione, le incognite in casa Celtics sono tante e le certezze molto meno. Il maggiore talento a disposizione di Brad Stevens, più il rientro a pieno regime di Rondo pur se non ad inizio stagione, dovrebbero assicurare alla franchigia del

Massachusetts un miglioramento rispetto alla scorsa stagione, ma la squadra almeno per il momento sembra lontana dal diventare un team da playoff o da 50% di vittorie, anche considerando il fatto che la Eastern Conference (che l’anno scorso si è rivelata una delle meno competitive di sempre) si è rinforzato e più squadre possono ambire alla post season. Tutto lascia presagire che sarà un’altra stagione di transizione, in attesa della scadenza di contratti pesanti come quello di Gerald Wallace, che potranno dare un definitivo slancio alla ricostruzione dei Celtics. La franchigia storicamente ha costruito le sue fortune con le trade: al draft non poche scelte si sono rivelate sbagliate (Len Bias su tutti anche se per cause di forza maggiore), e a livello di free agency la squadra non ha l’appeal di Lakers o Knicks per quanto riguarda il prestigio della città, o di Miami per il clima. Inoltre giocare per il team più vincente di sempre porta sicuramente tanta pressione ai nuovi arrivati. Il futuro dei Celtics è nelle mani di Brad Stevens e nella testa di Danny Ainge. Riusciranno in breve tempo a risollevare il celeberrimo Celtic Pride?

Previsione 33-49

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BROOKLYN NETS Damiano Cembali

Roster

PG: Deron Williams, Jarrett Jack, Marquis Teague, Jorge Gutierrez SG: Joe Johnson, Markel Brown SF: Andrei Kirilenko, Alan Anderson, Bojan Bogdanovic, Sergei Karasev PF: Mirza Teletovic, Kevin Garnett, Cory Jefferson C: Brook Lopez, Mason Plumlee

Principali movimenti di mercato

IN: Jarrett Jack, Bojan Bogdanovic OUT: Paul Pierce, Shaun Livingston, Andray Blatche

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Che la blockbuster trade di 1 2 mesi or sono significasse un ormai celeberrimo all-in, era evidente a tutti: cedere ben 3 prime scelte future in cambio di due giocatori in prossimità dei 40 anni, uno dei quali addirittura in scadenza contrattuale, è la dimostrazione plastica di cosa significhi rinunciare al futuro per investire tutto sul presente. Un suicidio senza mezzi termini. La stagione 201 3/201 4 dei Brooklyn Nets è stata un calvario e, al contempo, una sorpresa: da una parte, l’ennesimo grave infortunio dello sfortunato Brook Lopez (frattura al quinto metatarso del piede destro), il crollo verticale di Kevin Garnett (nemmeno 7 punti di media in 20 minuti di gioco) e la “scomparsa” di Deron Williams in post-season; dall’altra, la ritrovata leadership di Joe Johnson (e quella mai smarrita di Paul Pierce), l’improvvisa solidità del rookie Mason Plumlee e soprattutto l’insospettabile creatività di coach Jason Kidd, all’esordio assoluto su una panchina di pallacanestro e già capace di plasmare una fisionomia di gioco originale divincolandosi fra le numerose avversità. Eppure, invece di dare continuità alla via tracciata, nonostante l’amara eliminazione rimediata nel settimo confronto coi Toronto Raptors al primo turno degli ultimi Playoff, l’estate 201 4 ha prodotto uno stravolgimento generale ai confini del paranormale. Proprio J-Kidd, idolo incontrastato della piazza bianconera, ha visto ritorcersi contro un tentato colpo di mano ai danni del proprio GM, Billy King, col quale erano sormontate divergenze inconciliabili sotto il profilo delle scelte di mercato: il munifico owner russo, Mikhail Prokhorov, non ha infatti sostenuto le (illegittime) pretese del proprio allenatore, obbligandolo così a trovarsi una nuova destinazione (per la precisione, i Milwaukee Bucks). Al suo posto è stato prontamente chiamato l’umile ed affidabile Lionel Hollins, reduce da un anno sabbatico dopo il sofferto addio ai Memphis Grizzlies. L’avvicendamento repentino promette di produrre una rivoluzione tecnico-tattica di non poco conto: se è vero che l’ex campione NBA 2011 aveva adottato uno small-ball intellettuale e chirurgico, cercando di ottimizzare la qualità offensiva dei proprio illustri interpreti e limitarne il dispendio energetico con rotazioni profonde e varie, il Lionel Hollins ammirato in Tennessee potrebbe reintrodurre uno stile più tradizionale, un gioco più profondo e più statico nel quale potrebbe esaltarsi proprio il lungodegente Brook Lopez, già pronto a tornare in campo, e

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perdersi Mason Plumlee, lungo di intensità e dedizione ma tecnica individuale molto rivedibile. L’attuale situazione, però, è decisamente più complessa ed articolata: il comprensibile addio di Paul Pierce, volato a Washington per unirsi ai promettentissimi Wizards di John Wall e Bradley Beal, non solo ha aperto una voragine nel ruolo di ala piccola, specialmente in ragione di un Andrei Kirilenko oramai piagato da cronici contrattempi fisici, ma soprattutto ha fatto suonare l’allarme che, forse, l’all-in sia già pervenuto alla sua fisiologica conclusione e si renda necessaria l’ennesima ricostruzione. La campagna di rafforzamento estiva, evidentemente ingabbiata dalle conseguente regolamentari di un payroll tragicomico, si è concentrata particolarmente sui giovani, a partire dalla guardia classe ’92 Markel Brown e l’ala grande classe ’90 Cory Jefferson, rispettivamente scelta numero 44 e numero 60 all’ultimo NBA draft, per arrivare all’ala piccola croata classe ’89 Bojan Bogdanovic, sul quale la franchigia newyorkese ha investito tutto ciò che poteva (mini mid-level exception triennale da 1 0 milioni di dollari complessivi) dopo 3 anni di basket europeo con la divisa turca del Fenerbahce Ulker. Arduo anche soltanto immaginare che i 3 rookie possano incidere in maniera significativa sin da subito: semplicemente, i margini di manovra della dirigenza bianconera erano talmente risicati da non potersi permettere (molto) altro, in termini di free-agency. Al contrario, nonostante sia passato sottotraccia nell’eccitazione mediatica dovuta all’homecoming di Lebron James e alla personale quest di Carmelo Anthony, sotto il profilo delle trade i Brooklyn Nets hanno compiuto un’operazione estremamente interessante, portando nella Grande Mela il playmaker ormai ex Cleveland Cavaliers Jarrett Jack. Quest’ultimo, sovente ammirato due anni fa con la maglia gialloblù dei rinati Golden State Warriors, offrirà al nuovo capo-allenatore la possibilità di avere sia uno scorer dinamico in uscita dalla panchina sia un portatore di palla effervescente, ottimale per consentire a Deron Williams di giocare off the ball, rifiatando minuti preziosi e mettendo in mostra le sue doti (sopite) di micidiale tiratore.

quintetto base bianconero: la perdita contemporanea di The Truth e di Shaun Livingston, che coi Golden State Warriors ha firmato il suo primo contratto pluriennale in carriera dopo essere risorto dal terribile infortunio di 7 anni fa, ha lasciato sguarniti ben 2 slot, solo uno dei quali già assegnato al letale closer Joe Johnson. Il rinnovo siglato da Alan Anderson offrirà a coach Hollins l’opportunità di alternare alla fisicità difensiva di AK47, impiegabile limitatamente a minutaggi contenuti e presenze centellinate, una concreta minaccia dalla massima distanza, ma nessuno dei 2 elementi citati pocanzi può considerarsi una degna (e completa) ala piccola titolare. D’altronde la stessa dirigenza dei Brooklyn Nets avrebbe dovuto essere consapevole (e non v’è dubbio che lo fosse, ma semplicemente abbia preferito soddisfare esigenze sceniche) che, una volta esaurito l’effimero ciclo delle due bandiere dei Boston Celtics campioni NBA 2008, non ci sarebbe stata alcuna possibilità di rafforzare il roster nel brevissimo termine, facendo un cosiddetto reload. Al di là dell’impatto senza dubbio positivo che potrà avere il pragmatismo compassato dell’ex allenatore dei Memphis Grizzlies, l’unica speranza di conservare un livello sufficiente di competitività, puntando in maniera trasparente al secondo turno dei prossimi Playoff NBA, è che le maggiori individualità di spicco ritrovino continuità di rendimento (Brook Lopez) e prestazioni all’altezza della propria (appannata) fama (Deron Williams), trascinando con sé quei role players che hanno offerto sprazzi di talento scintillante ma anche pause mentali inquietanti (Mirza Teletovic). Proprio sull’ex capitano degli Utah Jazz si concentreranno attenzioni asfissianti, a maggior ragione dopo che, causa la prova evanescente nell’ultima post-season, su di lui sono gravate critiche e sentenze oltremodo pesanti. L’intervento chirurgico di pulizia delle caviglie cui si è sottoposto quest’estate potrebbe senza dubbio apportargli un sensibile beneficio: al di là delle opinioni tecnico-tattiche, infatti, è apparso evidente a tutti come negli ultimi due anni D-Will abbia progressivamente smarrito brillantezza e confidenza nei propri mezzi atletici. Il precedente recente di Ray Allen nell’estate 201 2 sicuramente lascia ben sperare: chi non lascia (troppo) ben sperare, nel prossimo futuro, sono ahinoi i Brooklyn Nets.

Previsione 45-37

In effetti ancora non è chiaro quale sarà l’assetto finale del

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CHARLOTTE HORNETS Alberto Buffin

Roster

PG: Kemba Walker, Brian Roberts, Jannero Pargo SG: Lance Stephenson, Gerald Henderson, PJ Hairston, Gary Neal, Scotty Hopson SF: Michael Kidd-Gilchrist, Marvin Williams, Jeff Taylor PF: Cody Zeller, Noah Vonleh C: Al Jefferson, Bismack Biyombo

Movimenti di mercato

IN: Lance Stephenson, Marvin Williams, Brian Roberts, Noah Vonleh, PJ Hairston, Scotty Hopson OUT: Josh McRoberts, Brendan Haywood, Luke Ridnour, DJ White, Chris Douglas-Roberts

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Post fata resurgo, il ritorno al passato per vivere il presente

Un ritorno in grande stile. Questo è quello che spera e si auspica la Queen City, che riabbraccia gli Hornets dieci anni dopo l’ultima apparizione. Le vespe si affacciano alla stagione 201 4/1 5 con la consapevolezza di essere una delle mine vaganti ad Est, come la scorsa stagione, con in più tutto l’entusiasmo di un pubblico esaltato dalla grande campagna di promoting e marketing attorno al comeback. Non bisogna comunque sottovalutare l’importanza della passata stagione, l’ultima col nomignolo Bobcats, annata che ha riaccolto il team di Clifford tra le migliori 1 6 squadre della Lega, dopo una cavalcata terminata con 43 successi al fronte di 39 sconfitte. Assoluti protagonisti di questa prima apparizione alla postseason dopo tre stagioni nei bassifondi sono stati Al Jefferson, lungo arrivato dagli Utah Jazz nella passata sessione estiva, ed il beniamino della Buzz City Kemba Walker, nel North Carolina dal 2011 , dopo aver guidato i suoi Huskies al successo nel torneo NCAA nello stesso anno. Attorno a loro due, tanti giocatori di complemento, a partire dall’esplosivo Michael KiddGilchrist, uno dei migliori difensori del panorama cestistico americano, per finire su Gerald Henderson e Josh McRoberts. L’avventura di Big Al e soci ai Playoff è durata poco meno di due settimane, a causa del cappotto subito dai poi finalisti Miami Heat. Una stagione tutto sommato positiva, che ha evidenziato i pregi e sottolineato le pecche di una squadra giovane ed atletica, capace di adattarsi alla filosofia dell’esordiente coach e di raggiungere l’obbiettivo postseason, da molti considerato inarrivabile ad Ottobre 201 3.

Clifford e la difesa, un sistema vincente

Stats don’t lie. Anche per gli Hornets, il motto è valido e quanto mai attuale. Con l’arrivo in città di un coach esperto (seppur alla prima esperienza da capo allenatore) come Steve Clifford, l’intensità difensiva è migliorata, passando in un solo anno da uno scarto medio di 9.2 punti subiti ad un accettabile 0.2, con una transizione che ha visto i Bobcats concedere 97.1 punti rispetto ai 1 02.8 dell’annata

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precedente. In attacco invece, chiare le disposizioni dell’ex vice di Stan Van Gundy ad Orlando: gioco semplice, cercando di cavalcare Al Jefferson spalle a canestro, oppure cercare una soluzione dalla media distanza sugli scarichi del frizzante Walker, il giocatore che gestisce il maggior numero di palloni dell’NBA (1 00.3 possessi, dato più alto della Lega). Nonostante i leggeri miglioramenti, la franchigia del North Carolina continua ad essere piuttosto mediocre con i piedi oltre l’arco, con un 35.1 % in parte giustificato dalla presenza di elementi come Henderson e Kidd-Gilchrist (la quale meccanica di tiro è illegale in 66 stati).

Previsione 45 – 37

Qualcosa è cambiato, qualcosa cambierà: un’estate per tornare grandi Durante la offseason, qualcosa si è mosso. La grandezza di quel qualcosa sceglietela voi, noi ci mettiamo i nomi: Lance Stephenson e Noah Vonleh, entrambi giocatori molto dinamici, tuttavia molto differenti. Il prodotto da Cincinnati, approdato in città dopo la fumata grigia per Hayward, si è costruito il mercato durante l’ultima stagione, mettendo in mostra tutta la sua imprevedibilità e fantasia sul parquet. Vonleh, scelto alla numero 9, è un lungo che dispone di un buon tiro, in grado di accoppiarsi con Jefferson per implementare la minaccia offensiva costituita dagli uomini di Clifford. PJ Hairston è l’altro volto nuovo arrivato dal Draft, chiamata piuttosto in sordina rispetto alle reali potenzialità offensive del ragazzo. Non male neanche l’aggiunta di Marvin Williams, innesto che dona esperienza e fisicità al frontcourt. Parlando di ciò che è rimasto del vecchio nucleo, non si può non citare un Cody Zeller che, pagato lo scotto del primo anno, potrà rendersi davvero utile come support di Al Jefferson a rimbalzo, e che dovrà sostituire l’uscente McRoberts, pur non avendone la stessa tecnica. Nel complesso, questi Hornets hanno incrementato le proprie velleità d’alta classifica, aggiungendo ottimi giocatori nei punti più delicati. La sensazione è che i playoffs siano abbondantemente alla portata, con un posto tra le prime sei ad Est come obbiettivo non irraggiungibile. Di certo, con l’arrivo di Lance in città, ne vedremo delle belle.

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CHICAGO BULLS Francesco Cellinese

Roster

PG: Derrick Rose, Aaron Brooks SG: Jimmy Butler, Kirk Hinrich, Tony Snell SF: Mike Dunleavy, Doug McDermott PF: Pau Gasol, Nikola Mirotic, Cameron Bairstow C: Joakim Noah, Taj Gibson

Movimenti di mercato

IN: Pau Gasol, Nikola Mirotic, Cameron Bairstow, Doug McDermott, Aaron Brooks OUT: Carlos Boozer, Tornike Shengelia, DJ Augustin, Lou Amundson, Ronnie Brewer, Mike James, Jimmer Fredette

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La situazione

Un vecchio adagio NBA recita: “senza un reparto lunghi di alto livello, non si vince il titolo”. A Chicago hanno preso molto sul serio questo detto: per il prossimo anno si presentano ai blocchi di partenza con quello che probabilmente è il reparto lunghi migliore della lega se si considerano talento, esperienza, energia e soprattutto profondità. Ma facciamo prima un passo indietro: negli ultimi anni, le stagioni di Chicago sono state legate a doppio filo al destino sportivo della sua stella, Derrick Rose. Il ciclo di questa squadra nasce con la scelta di Rose e (due anni dopo) con l’assunzione dell’attuale coach, Tom Thibodeau, che ha lasciato un marchio inconfondibile nel gioco e nella difesa della sua squadra. La scalata alla vetta dell’NBA però si è interrotta nel 201 2, dove una stagione già difficile per gli infortuni si conclude con la rottura del legamento crociato anteriore di Rose, in gara 1 contro Philadelphia. Da quel giorno sono ormai passati più di due anni e Rose non è ancora tornato a giocare come può fare. La speranza è che ora sia tornato per davvero. Ovviamente il contorno per Derrick è molto cambiato: della squadra di cui lui era leader sono rimasti pochissimi elementi e sebbene rimanga la stella indiscussa della squadra, in questi anni si è consolidata la posizione nella squadra di Joakim Noah, arrivato alla sua piena maturità cestistica, bandiera dei giocatori tuttofare. Come abbiamo detto, le aspettative dei Bulls sono state messe in pausa dopo l’infortunio di Rose: nelle ultime due stagioni infatti non hanno avuto la possibilità di arrivare in fondo, ma grazie al carattere della squadra ed alla estrema organizzazione mostrata nella fase difensiva, hanno comunque giocato delle stagioni dignitose, resistendo alla tentazione del tanking. Lo scorso anno, la corsa dei Bulls si è fermata al primo turno, contro i più freschi e attrezzati Washington Wizards. Tuttavia Chicago ha accumulato ben 48 vittorie nella regular season, mostrandosi una squadra difficile da battere per chiunque, sebbene ormai da troppo orfana di talento.

Costruzione della squadra

Proprio da questo risultato è partito il mercato dei Bulls

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201 4: aggiungere talento alla squadra in attesa del rientro a pieno regime di Rose. Doug McDermott è un giocatore pronto per avere un impatto offensivo importante nella NBA, sebbene ci siano dei dubbi sulla sua tenuta fisica e difensiva, unico motivo per cui è sceso fino alla undicesima chiamata. Evidentemente Thibodeau e il suo staff hanno visto in lui un ragazzo adatto ad inserirsi nel non semplice contesto dei Bulls: senza mostrare una buona difesa è escluso che questo coach conceda minuti importanti, ma allo stesso tempo se si impegnerà in entrambe le fasi la squadra potrà sopperire alle sue lacune difensive, inserendo una bocca da fuoco importante attraverso una chiamata non altissima al draft. Nella notte del draft è arrivato anche Cameron Bairstow, con una chiamata alla fine del secondo giro: questo ragazzo (23 anni, centro/ala grande) è un lottatore nato, ma con un arsenale discreto anche nella metà campo offensiva. Successivamente Bulls hanno preso parte al Melo-drama di quest’estate, ma senza riuscire a convincere la stella di NY a spostarsi nella Windy City. Hanno quindi virato su altri obiettivi, fino a concretizzare l’affare Gasol, dopo aver amnistiato Boozer. Gasol, se motivato a vincere, può avere ancora un ruolo di rilievo nella rotazione. Il ricordo lasciato negli ultimi due anni a Los Angeles non è molto positivo, ma la caratura tecnica del giocatore ed il tornare a giocare in un contesto vincente potrebbero riportarlo vicino ai livelli che tutti ricordiamo: probabilmente partirà da PF titolare (da verificare la compatibilità con Noah), ma giocherà anche abbondanti minuti da centro, in una frontline che appare davvero duttile e capace di adattarsi alle necessità. Sicuramente affascinante l’idea di avere una coppia di lunghi intelligenti e ottimi passatori come Noah e Gasol, che potrebbero fare la felicità dei tifosi e degli appassionati in generale.

sua tecnica e la sua atipicità tattica che potrà essere sfruttata come ulteriore arma dell’arsenale Bulls.

Prospettive di stagione

Ad oggi sembra mancare un unico tassello a questi Bulls: una guardia di buon livello. Butler ha preso il posto da guardia per molto tempo lo scorso anno, ma sarebbe più efficace nel ruolo di ala piccola: i Bulls non sono riusciti a firmare una guardia nonostante i molti nomi accostati alla franchigia. In caso non venga effettuato nessun ulteriore movimento di mercato, la squadra sopperirà a questa mancanza attraverso una oculata gestione della rotazione: molti dei giocatori sono in grado di ricoprire più ruoli, e non sarebbe sorprendente vedere i Bulls usare questa caratteristica a loro favore, cambiando continuamente quintetti a seconda della necessità. La rotazione dipenderà molto da quanto i giovani Snell e McDermott si dimostreranno pronti: potrebbero occupare molti minuti negli spot di (rispettivamente) guardia e ala piccola, lasciando maggiore libertà a Butler di variare tra i due ruoli. Anche un buon minutaggio con la coppia Hinrich-Rose in campo è da valutare seriamente. Questi Bulls ripartono da dove si sono fermati nel 201 2: si punta al titolo, rientrando di diritto nelle squadre meglio attrezzate per farcela. Le possibilità di vittoria sono legate a doppio filo con la salute di Rose, ma battere quattro volte Chicago ai playoff non sarà un compito agevole per nessuno. Sarà l’anno buono per Thibo?

Previsione 56-26

Oltre Gasol, è stata firmata la point guard Aaron Brooks ed è arrivato in NBA il giocatore del Real Madrid Nikola Mirotic, di cui i Bulls detenevano i diritti da ben 3 anni. Quest’ultimo si è immediatamente distinto con delle buone prestazioni di pre-season, mostrando la facilità con cui può segnare, la

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CLEVELAND CAVALIERS Alessandro Olivieri

Roster

PG: Kyrie Irving, Matthew Dellavedova , A.J. Price SG: Dion Waiters, Joe Harris SF: LeBron James, Mike Miller, James Jones PF: Kevin Love, Tristan Thompson, Erik Murphy, Louis Amundson C: Anderson Varejao, Brendan Haywood, Alex Kirk

Movimenti di mercato

IN: LeBron James, Kevin Love, Mike Miller, Brendan Haywood, James Jones, Erik Murphy, Louis Amundson , Alex Kirk, Joe Harris OUT: Andre Wiggins, Anthony Bennett, CJ Miles, Jarrett Jack, Earl Clark, Luol Deng, Sergej Karasev, Tyler Zeller, Alonzo Gee, Carrick Felix, Spencer Hawes, Scotty Hopson

La più bollente delle estati

“I’m coming home”, in queste poche parole è racchiuso il “quid” di tutta l’estate 201 4 di Cleveland, che è stata sicuramente la più bollente di sempre per quanto riguarda il basket della città dell’Ohio. Con quelle parole, l’undici di luglio, LeBron James annunciava il ritorno a casa e che sarebbe tornato a vestire la maglia numero 23 dei Cavs, come aveva fatto dalla stagione da rookie fino al 2009/1 0. Ed è anche grazie al ritorno a casa del figliol prodigo, sua maestà King James, che i Cavs quest’estate sono riusciti a portare a Cleveland un altro All-Star del calibro di Kevin Love, grazie ad una maxi trade, conclusa solo pochi giorni fa. L’estate dei Cavs, a dir il vero, era iniziata con un’altra bella notizia per la dirigenza ed i tifosi, ovvero con la “vittoria” della draft lottery, ottenendo così la chiamata

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numero uno al Draft NBA 201 4. Con essa i Cavs hanno scelto Andrew Wiggins, stella dei Kansas Jayhawks nonché uno dei migliori prospetti presentatosi al Draft, poi inserito nella trade che ha portato Love nell’Ohio. Inoltre, i Cavaliers scelgono Joe Harris, con la 33esima scelta assoluta, guardia tiratrice dai Virginia Cavaliers. Ma ancora prima della notte del Draft, i Cavs, desiderosi di mettersi alle spalle le ultime quattro deludenti stagioni, si erano resi protagonisti di un’altra scelta che aveva destato scalpore: il 20 giugno, infatti, viene annunciato come nuovo allenatore, David Blatt, fresco vincitore dell’Euroleague con il Maccabi Tel Aviv. Già prima dell’arrivo di James, Wiggins, Love e tutti gli altri, questa scelta aveva suscitato forti discussioni su come Blatt avrebbe fatto giocare i Cavaliers di Irving e compagni, se avrebbe fatto giocare o meno la

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“Princeton offense” come nelle sue squadre in Europa ed altri dubbi tattici, legati all’inesperienza nel mondo NBA del coach. Così dopo aver smantellato buona parte del roster, la free agency dei Cavs è stata all’insegna della ricerca di tiratori da affiancare a James, da qui le firme di Mike Miller, tra l’altro grande amico di King James, e James Jones. Inoltre, i Cavs stanno cercando di aggiungere al roster il miglior tiratore di tutti i tempi, Ray Allen, nonostante la concorrenza di Clippers e San Antonio, ed il veterano Shawn Marion, per migliorare la qualità della second unit. Ma, come detto, il colpo dell’estate, dopo ovviamente la firma di James, è stata la trade con i T-Wolves per Kevin Love, nella quale sono stati coinvolti anche i 76ers. Per arrivare a Love i Cavs hanno dovuto cedere Wiggins e Bennett a Minnesota e una prima scelta al prossimo draft

(via Miami), finita a Philadelphia. Adesso, però, la squadra dell’Ohio presenta un potenziale offensivo pressoché infinito con i cannonieri Irving e Waiters negli spot di guardia, con “l’androide” come factotum e con Kevin Love da quattro. Ovviamente i Cavs sono già tra le favorite per vincere il titolo, potendo disporre di quattro giocatori dotati di quel talento, a cui vanno aggiunti ottimi giocatori quali sono Varejao, Miller, Thompson e se dovessero riuscire a firmarli anche Allen e Marion. Altrettanto ovvio è che nello sport non si vince con le “figurine” e i nomi non bastano a garantire vittorie, per questo bisognerà vedere come riuscirà a far giocare assieme questi Cavaliers coach Blatt. E se preoccupa l’assetto offensivo che il coach deciderà di adottare, poiché

non si può giocare con quattro palloni o con degli uno contro uno prolungati solo per il talento degli interpreti a disposizione, è la difesa il maggiore interrogativo. A coach Blatt spetta, infatti, l’arduo compito di imprimere una mentalità difensiva ad una squadra completamente nuova, ma non solo, avrà a che fare con giocatori che in passato non si sono mai contraddistinti per una particolare propensione al sacrificio difensivo. E anche riguardo ciò, forse l’incognita più grossa è rappresentata dal giocatore col numero 2 cucito dietro la schiena, sul quale pende una “dolce” spada di Damocle rappresentata dal contratto da 90 milioni di dollari per i prossimi cinque anni, firmato proprio quest’estate. Irving dovrà, anzitutto, dimostrare di valere i soldi che i Cavs hanno deciso di investire su di lui, e per fare ciò dovrà dimostrare una definitiva maturazione, che segni il passaggio da mero realizzatore e attaccante di altissimo livello a campione a tutto tondo, su due lati del campo, capace di gestire una squadra che lotti per vincere il titolo. Infine, il giocatore natio di Melbourne dovrà dimostrare di saper convivere con altre stelle del suo calibro, di non dover giocare la stragrande maggioranza dei possessi offensivi per la sua squadra e di essere in grado di condividere la leadership con stelle di livello assoluto quali LeBron James e Kevin Love. D’altro canto, una simile prova attende anche questi ultimi, soprattutto Love, che, come Irving, era abituato a giocare un vasto numero di possessi, mentre per quanto riguarda King James, per la prima volta in carriera avrà come compagno di squadra un playmaker di primissimo livello come Irving, e sarà da vedere se riuscirà a giovare di ciò. I Cavs, inoltre, attendono una maturazione anche da Waiters, che entra nel suo terzo anno di NBA, e da cui ci si aspettano grandi cose, visto il suo immenso talento offensivo; così come si spera nei miglioramenti di Thompson, che al momento è l’unico lungo di un certo valore a partire dalla panchina dei Cavaliers, e che sarà chiamato a sostenere diversi minuti anche da centro in previsione di un quintetto “basso”, in grado di aprire il campo. In conclusione la versione 201 4/1 5 dei Cavaliers si presenta piena di talento e di grandi giocatori, ma non per questo è esente da dubbi e da scommesse (da vincere), ma sicuramente all’apertura del campionato, sulla carta, si presenta come una delle assolute favorite per la vittoria finale.

Previsione 62-20

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DALLAS MAVERICKS Damiano Cembali

Roster

PG: Raymond Felton, Jameer Nelson, Gal Mekel SG: Monta Ellis, Devin Harris, Ricky Ledo SF: Chandler Parsons, Richard Jefferson, Jae Crowder PF: Dirk Nowitzki, Al Farouq Aminu, Ivan Johnson C: Tyson Chandler, Brandan Wright, Bernard James

Principali movimenti di mercato

IN: Chandler Parsons, Tyson Chandler, Raymond Felton, Jameer Nelson OUT: Josè Calderon, Samuel Dalembert, DeJuan Blair, Shawn Marion

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Poco più di 3 mesi or sono, i Dallas Mavericks costringevano i futuri campioni NBA ad un’impensabile Gara-7, obbligando la serie più spettacolare ed equilibrata – per contenuti tecnico-tattici e romanticismo delle storie personali – di tutti i Playoff 201 4 a risolversi nel fattore campo dell’AT&T Center di San Antonio. Nonostante la disfatta senza storia rimediata all’ultimo capitolo della saga, i Miracle Mavs non possono ascriversi alla categoria degli sconfitti: troppo inattese le 49 vittorie conquistate in Regular Season rispetto alle moribonde aspettative di inizio stagione, troppo grosso e lungo il filo da torcere consegnato nelle mani dei (troppo) celebrati Spurs alla luce della successiva passeggiata di salute verso il loro quinto anello assoluto. Con queste premesse benauguranti ma anche poco solide, vista l’anagrafe ormai impietosa nei confronti dei principali artefici del piccolo grande miracolo, la franchigia campione NBA 2011 si è affacciata alla postseason con la positività di chi sa di aver riallacciato il filo del discorso interrotto nella disgraziata stagione precedente, l’urgenza di ottimizzare gli ultimi anni gloriosi della bandiera teutonica e, ultima ma non meno importante, la pressione di riscattare alcune campagne di rafforzamento deludenti, proseguendo nel solco tracciato da Monta Ellis: investimenti mirati, sottostimati mediaticamente ma dall’innegabile resa sul parquet di gioco. Non fosse stato per l’addio (forse) inatteso dell’amato Vince Carter, protagonista indiscusso dei Miracle Mavs col buzzerbeater della redenzione di Gara-3, il mercato estivo del GM Donnie Nelson e del caloroso owner Mark Cuban rasenterebbe, almeno sulla carta, la perfezione assoluta: l’innesto del 26enne Chandler Parsons al posto del 37enne Shawn Marion, fiore all’occhiello strappato a suon di milioni di dollari (45 in 3 anni) ai nuovi rivali Houston Rockets, si inserisce perfettamente nell’idea di gioco di coach Rick Carlisle, offrendogli freschezza atletica, superba visione di gioco e invidiabile versatilità. Insieme alla sospirata ala piccola titolare #25 è tornato nella Big D il figliol prodigo Tyson Chandler, che con Dirk Nowitzki aveva composto nel glorioso 2011 una delle coppie di lunghi meglio assortite e più devastanti della storia (moderna, ma non solo) della

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pallacanestro. Non è chiaro quali siano le condizioni fisiche dell’ormai ex centro dei Knicks, vittima di acciacchi pressoché ininterrotti negli ultimi 2 anni newyorkesi, ma non va dimenticato che proprio a Dallas il Defensive Player Of The Year 201 2 aveva trovato quella continuità prestazionale e quella solidità fisica che gli erano mancate nelle stagioni precedenti, grazie soprattutto ad un impiego misurato di appena 28 minuti circa a partita – tutto il contrario della travagliata permanenza nella Grande Mela, quando coach Mike Woodson sovente gli faceva scollinare i 40 minuti (abbondanti).

rimpiazzare lo scoring punch di Vince Carter e la pericolosità perimetrale di Josè Calderon con una rotazione a 4 in backcourt, in maniera tale da avere sempre leve fresche, minutaggi contenuti, altri ritmi e la possibilità di accoppiare un attaccante puro nel ruolo di guardia (il titolare Monta Ellis, il nuovo sesto uomo Devin Harris) ad un tiratore efficace nel ruolo di playmaker (il titolare Raymond Felton, il settimo uomo Jameer Nelson) senza soffrire di prevedibilità, essendo tutti e 4 perfettamente in grado di assumere indifferentemente entrambi gli incarichi (di conduzione del pick and roll o di tiratore sul perimetro).

A completamento del quintetto titolare, sempre nell’ambito della blockbuster trade che ha riportato Tyson Chandler in Texas in cambio del cecchino iberico Josè Calderon (33enne con ulteriori 3 anni di contratto ad oltre 7 milioni di dollariY) e del centro haitiano Samuel Dalembert, è approdato a Dallas anche Raymond Felton, diventato ormai sinonimo di una forma a dir poco precaria. Il playmaker classe ’84 costituisce senza dubbio una delle sfide più affascinanti della prossima stagione: detto che ci troviamo di fronte ad un giocatore che ha dimostrato di avere capacità adeguate a calcare un parquet NBA, ma che troppo spesso è stato condizionato da notevoli difficoltà di ambientamento umano e tattico, toccherà a coach Rick Carlisle rigenerarlo mentalmente e metterlo in condizioni di rendere al meglio delle proprie possibilità, le quali peraltro si sposano perfettamente col credo cestistico del suo allenatore, essendo fondato in maniera imprescindibile sul fondamentale (della conduzione) del pick and roll.

Naturalmente non si doveva trascurare nemmeno l’attitudine difensiva di Vince Carter, in grado di disimpegnarsi non soltanto come guardia ma anche come ala piccola, andando a costituire un mismatch spesso ostico per il coaching staff avversario. A questo scopo ecco allora arrivare Al-Farouq Aminu, ala piccola nigeriana classe ’90 dalle potenzialità e dalle assonanze Marionesche: eccellente interscambiabilità fra spot 3 e 4 a seconda delle esigenze tattiche, promettente prestanza fisica, consueta aggressività a rimbalzo ed un’efficienza offensiva tradizionalmente elevata, frutto di letture attente e nessuna pretesa personalistica. Alla luce dello sfortunato infortunio che ha fatto saltare l’approdo di Rashard Lewis, l’ex ala piccola dei New Orleans Pelicans sarà un chiavistello difensivo del quale coach Carlisle potrà disporre a suo piacimento contro gli straordinari (e numerosi) esterni che popolano la Western Conference.

Non per scetticismo né come alternativa diretta, i Dallas Mavericks hanno fatto letteralmente incetta di point guard, prolungando per altri 4 anni il legame ormai sanguigno con Devin Harris, ringiovanito e micidiale nelle inedite vesti di settimo uomo durante la serie coi San Antonio Spurs, ed accogliendo a braccia spalancate l’ex capitano degli Orlando Magic Jameer Nelson, emigrato dalla Florida dopo 1 0 anni di onorata e apprezzata permanenza. Alla base di questa inusuale abbondanza, un’idea stuzzicante:

Dopodiché, come sempre, toccherà proprio a quest’ultimo prendere posto dietro la cattedra ed iniziare l’ennesima lezione di alchimia applicata alla pallacanestro. Dallas non è una piazza pubblicizzata e i Mavericks non hanno stelle del marketing né idoli del web: semplicemente, sono una squadra di pallacanestro che gioca (molto bene) a pallacanestro. Anno scorso, nonostante le pause mentali del centro titolare, una panchina sostanzialmente nulla a parte Vinsanity (Devin Harris out fino a marzo), un backcourt difensivamente insostenibile e una varietà offensiva limitata ai duetti firmati Dirk Nowitzki-Monta Ellis, le vittorie sono state 49 e la resistenza all’armata neroargento ha tenuto fino al settimo giorno: se gli infortuni daranno tregua specialmente a Tyson Chandler, mirare alle 55 vittorie e alle Western Conference Semifinals è ben più di una ragionevole ambizione.

Previsione 56-26

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DENVER NUGGETS Pasquale Russolillo

Roster

PG: Ty Lawson, Nate Robinson, Erick Green SG: Arron Afflalo, Randy Foye, Gary Harris SF: Danilo Gallinari, Wilson Chandler, Quincy Miller PF: Kenneth Faried, Darrell Arthur C: J.J. Hickson, JaVale McGee, Timofey Mozgov, Jusuf Nurkic

Movimenti di mercato

IN: Arron Afflalo, Gary Harris, Erick Green, Jusuf Nurkic OUT: Aaron Brooks, Anthony Randolph, Jan Vasely, Evan Fournier

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Denver Nuggets – “Bisogna non cambiare niente per cambiare tutto” Accostare la parola “fallimento” alla città di Denver, potrà far storcere qualche naso, ma di certo non rappresenta una definizione tanto lontana dalla realtà. Già, perché l’ultima volta che i Nuggets non avevano centrato i Playoffs, Juwan Howard era il loro miglior realizzatore, Junior Harrington era la point-guard titolare e Nene Hilario era il secondo miglior prospetto dietro solo a Nik’oloz Tskit’ishvili, giocatore che abbiamo visto in quel di Treviso e che, per la cronaca, avrebbe poi portato i suoi talenti (modesti per la verità) negli Emirati Arabi. Certo, guai a paragonare i Nuggets d’inizio millennio a quelli dello scorso anno, dato che, se di fallimento abbiamo parlato, dobbiamo sempre fare dei distinguo. La stagione da poco conclusa con 36 vittorie, deve essere in parte giustificata dall’assenza di tre pedine fondamentali – Danilo Gallinari, J.J. Hickson e Nate Robinson – fuori per la rottura del legamento crociato. Un problema che a Denver non hanno è la mancanza di giocatori talentuosi nella metà campo offensiva, ed è proprio per questo che, stando alle dichiarazione di Coach Shaw, si attendeva l’arrivo di qualche difensore e di qualche veterano pronto a portare la giusta mentalità in uno spogliatoio che, accanto al talento, non nasconde una buona dose di leggerezza. A quanto pare il miglior difensore della franchigia è stato il G.M. Tim Connelly che ha deciso di mantenere lo status quo, e di puntare tutto sul recupero degli infortunati. Il colpo a cui Connelly sta lavorando più alacremente, è però l’estensione del contratto proposto a Faried che, stando alle medie di Marzo e Aprile (20 punti e 11 rimbalzi) e alle ottime prestazioni di questi giorni con il Team USA, rappresenterebbe un’ottima base di partenza per costruire una squadra da Playoff.


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Ancora più complesso risulta essere il capitolo Draft, dal momento che i Nuggets hanno mandato il vincitore del “Wooden Player of the Year Award”, Doug McDermott (selezionato con l’undicesima scelta) ed Anthony Randolph ai Chicago Bulls in cambio delle pick numero 1 6 e 1 9. Soltanto il tempo potrà dirci se la trade imbastita da Connelly meriti fischi o applausi, fatto sta che la scelta in quelle posizioni di due giocatori come Jusuf Nurkic e Gary Harris rimane una soluzione interessante. Punto di forza del bosniaco Nurkic è senza dubbio una buona mobilità sotto canestro, qualche dubbio viene invece dalle capacità del giocatore di difendere contro centri ben più atletici di quelli presenti nell’Adriatic League. Con la scelta numero 1 9, invece i Nuggets sembrano aver fatto un mezzo colpo portando a casa il talentino di Michigan State, Gary Harris. Si tratta del giocatore perfetto da inserire in un contesto come quello di Denver, un ottimo tiratore, con uno dei QI cestistici migliori dell’intera classe Draft di quest’anno, senza contare uno spirito di sacrificio inconsueto per la categoria e buone capacità difensive. E’ un giocatore in divenire, che negli ultimi due anni a Michigan State ha migliorato di molto il suo gioco interno. Malgrado in molti gli imputassero uno stile di gioco poco spettacolare, il suo biglietto da visita ai Nuggets è stata una prestazione da 33 punti e 6 rimbalzi nella Summer League. Nonostante la campagna di rafforzamento del roster sia stata blanda, un rinforzo c’è pur stato. L’unico movimento degno di nota è il ritorno nella Mile-High City del figliol prodigo Arron Afflalo, in cambio, i Nuggets hanno ceduto ai Magic Evan Fournier e i diritti del rookie Roy Devyn Marble. Malgrado Fournier abbia mostrato netti miglioramenti rispetto alla stagione da rookie, l’arrivo di Afflalo potrebbe rappresentare un vero e proprio colpo se la missione

dichiarata di Brian Shaw di farlo ritornare ad essere l’ottimo difensore che era stato ad inizio carriera, venga compiuta. A completare il roster è da segnalare l’arrivo di Erick Green, prodotto di Virginia Tech, arrivato lo scorso anno a Denver nella trade che ha portato Rudy Gobert ai Jazz. Nell’ultima stagione abbiamo potuto vedere la point guard di Inglewood sfiorare il sogno di riportare la Mens Sana Siena sul tetto d’Italia, per lui una buona stagione da 1 0.8 punti di media con i toscani. In definitiva, il Draft, per quanto controverso, crediamo possa ritenersi funzionale al progetto, con la scelta di un lungo di prospettiva e di una guardia che sappia far bene entrambe le fasi del gioco, senza dimenticare la cessione del contratto di Anthony Randoph che, seppur non troppo oneroso ($1 .898.300), rappresentava uno spreco soprattutto in rapporto al rendimento del giocatore stesso. L’affare Afflalo, come le scelte al Draft, vanno sempre lette in relazione alle linee guida dettate dalla proprietà di non alterare drasticamente il gruppo dei giocatori a roster. Ed è proprio da questo punto di vista che ci si attende il definitivo salto di qualità da Danilo Gallinari, giocatore che per caratteristiche umane e tecniche potrebbe davvero diventare il leader di una squadra senza guida dai tempi della coppia Billups-Anthony. Con la consacrazione di questi giorni di Faried e la presenza sotto canestro di un giocatore affidabile come J.J. Hickson, convince il pacchetto guardie che potrebbe attestarsi come uno dei più prolifici della lega. Lawson mantiene da almeno tre anni una media superiore ai 1 6 punti per partita, mentre il suo backup Nate Robinson, ha già fatto vedere ai Bulls di essere un giocatore fin troppo umorale, ma anche in grado di vincere da solo. Un contributo importante verrà dalla panca che oltre al già citato Robinson, potrà contare su Randy Foye, Wilson Chandler, Timofey Mozgov e JaVale McGee. Insomma, i numeri per fare bene ci sono tutti, ma ovviamente, per ritornare la squadra di due stagioni fa, quella delle 57 vittorie, manca un difensore come Andre Iguodala; è però altrettanto vero che questi Nuggets sono una squadra altrettanto profonda con almeno un ricambio di valore per ruolo. Quello che possiamo fare è metterci comodi e vedere cosa Coach Shaw riuscirà a fare con un anno di esperienza in più ed una squadra finalmente al completo. Forse quota 57 vittorie rappresenta un’utopia, oppure forse in quel di Denver la corsa all’oro è appena cominciata.

Previsione 48-34

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DETROIT PISTONS Lorenzo Costa

Roster

PG: Brandon Jennings, D.J.Augustin, Will Bynum, Spencer Dinwiddie SG: Kentavious Caldwell-Pope, Jodie Meeks SF: Josh Smith, Caron Butler, Kyle Singler, Luigi Datome PF: Greg Monroe, Charlie Villanueva, Jonas Jerebko, Cartier Martin, Tony Mitchell C: Andre Drummond, Aaron Gray

Principali movimenti di mercato

IN: Cartier Martin, Aaron Gray, D.J. Augustin, Caron Butler, Jodie Meeks OUT: Rodney Stuckey, Peyton Silva

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La situazione

Motor city, MotownY e subito vengono in mente i Bad Boys alla fine degli anni ottanta, o la scoppiettante squadra capitanata da Billups che nel 2004 aveva sbaragliato tutti vincendo un anello più che meritato. Alla base di queste squadre c’era un progetto , un ‘idea di base e l’abilità di mettere i tasselli giusti nel posto giusto. Tutto ciò sembra però mancare nei Pistons delle ultime stagioni, chiaro anche per via del fatto che negli ultimi anni la dirigenza è riuscita a costruire una frontcourt di tutto rispetto e che in pochi possono vantare, ma che non è riuscita ad accendere la miccia per fare davvero esplodere questi talenti e soprattutto per farli coesistere. Detroit ha così chiuso la stagione 201 3-201 4 con un record di 29 vittorie a fronte di 53 sconfitte risultando la quinta peggior franchigia in tutta la Eastern Conference e quella che doveva essere una stagione di rilancio è risultata invece essere una lenta ed inesorabile campagna verso la deriva. A fare le spese di questa stagione fallimentare è stato coach Cheeks che non è appunto riuscito a far coesistere un trio di lunghi solido e di impatto come Drummond, Monroe e Smith. Un sistema di gioco prevedibile ,la mancanza di ordine ed idee chiare sono stati alla base del fallimento di Detroit. La confusione su chi doveva ricoprire il ruolo di centro o ala grande titolare ha reso ancora più polverosa ed inconcludente questa situazione. Si attendeva anche una stagione da super per Josh Smith, il quale, nei concetti, avrebbe dovuto essere il leader indiscusso e marcatore determinante, ma l’exploit non c’è stato e Smith ha messo a segno una stagione da 1 6 punti di media e 6 rimbalzi. Durante l’estate Detroit è anche riuscita a fare peggio perdendo l’ottima guardia Rodney Stuckey che ha deciso di accasarsi con i Pacers lasciando così un vuoto che la dirigenza ha cercato di colmare con l’acquisto del veterano Caron Butler che potrà alternarsi ne ruolo di SF e SG ma

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che però ha strappato un contratto pesante da 4,5 milioni di dollari. Detroit è andata anche molto vicino a perdere Monroe che nel frattempo ha deciso di accettare la Qualifying Offer , per un importo di circa 5.5 milioni di dollari e che lo porterà ad essere Unrestricted Free Agent alla fine della prossima stagione, ala grande che negli ultimi anni ha avuto un apporto costante di 1 5 punti e 9 rimbalzi di media. Anche questo però è un indice di pigrizia per la quale la dirigenza di Detroit deve recitare il Mea Culpa. Scambiare Monroe per, uno su tutti, Bledsoe in rottura con i Suns sarebbe potuta essere una scelta vincente che avrebbe portato nuovi stimoli per la prossima stagione ed un ottimo equilibrio di atletismo ed efficacia tra i reparti.

Piani per il futuro

Non è però tutto da buttare in casa Pistons. Molti cambiamenti positivi sono avvenuti durante la Off-season, segno che finalmente si vuole invertire la rotta con i passi giusti. Al timone è stato innestato un coach di esperienza come Stan Van Gundy che è stato capace di portare Orlando alle finali NBA nel 2009 ed importante anche per via della profonda conoscenza del gioco e per il rapporto che riesce ad instaurare con i

crescita che lo ha portato a raddoppiare le sue cifre rispetto alla stagione 201 2-201 3 scrivendo a referto una doppia doppia di media (1 3 punti e 1 3 rimbalzi). Alla squadra dell’anno scorso sono stati poi aggiunti innesti quali D.J. Augustin che viene da una buona annata in quel di Chicago e che potrà essere una valida alternativa a Brandon Jennings il quale è chiamato ad una stagione importante nella quale dovrà dimostrare di poter tenere il timone di una barca troppo a lungo tempestata nella scorsa stagione. Jodie Meeks porta con se l’esperienza maturata ad LA nella quale è riuscito a raddoppiare le cifre portandosi ad una media di oltre 1 5 punti a partita. Mentre Cartier Martin è reduce da una buona stagione con gli Hawks e sarà chiamato a rendere più profonda la panchina dei Pistons fornendo un’alternativa a Jerebko e Monroe nel ruolo di PF. La speranza è che , oltre a trovare un’identità , questa squadra possa maturare in modo coeso e perchè no, trovare in giocatori poco utilizzati l’anno scorso, uno su tutti il nostro Datome, una valida alternativa per fare ruotare in modo più efficace un roster che ha bisogno di oliare i meccanismi e gli innesti. Visto il livello generale nella Eastern Conference potrebbe non essere così impossibile raggiungere i playoff, ma questo solo al netto di far sbocciare e coesistere i talenti di questa squadra e riportare una mentalità vincente.

Previsione 40-42

giocatori. Se Van Gundy riuscirà a gestire i lunghi, a creare giochi adatti alle caratteristiche atletiche delle guardie nel roster ed a dare leadership e grinta a Smith e soci , Detroit potrebbe anche essere una sorpresa nella stagione che è ormai alle porte. L’innesto del carismatico coach non è stato l’unico cambiamento apportato nella stanza dei bottoni in casa Pistons, l’intero staff di assistant coach è stato cambiato e spiccano tra gli altri gli arrivi dell’eterno Tim Hardaway e di Malik Allen i quali dovranno portare una ventata di aria fresca con la loro esperienza diretta sul campo. Ci si aspetta un ulteriore salto di qualità da parte di Drummond, centro con una solidità come pochi nella NBA e che unisce un basket muscolare ad una tecnica in costante

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GOLDEN STATE WARRIORS Giuseppe Verrillo

Roster

PG: Stephen Curry, Shaun Livingston, Nemanja Nedovic SG: Klay Thompson, Jordan Crawford, Brandon Rush, Leandro Barbosa SF: Andre Iguodala, Harrison Barnes, Draymond Green PF: David Lee, Marreese Speights C: Andrew Bogut, Festus Ezeli, Ognjen Kuzmic

Movimenti di mercato

IN: Shaun Livingston, Brandon Rush, Leandro Barbosa OUT: Hilton Armstrong

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FIRED MARK JACKSON, HIRED STEVE KERR. SARÁ LA STAGIONE DELLA SVOLTA? Dopo che Curry, a 8 secondi dalla fine di gara 7 sbaglia la tripla del -1 e Chris Paul prende il rimbalzo, subisce fallo e fa 2/2 dalla lunetta, regalando ai suoi Clippers due possessi di vantaggio e sostanzialmente l’accesso al secondo turno dei playoff, l’espressione di Mark Jackson è davvero difficile da decifrare. Da un lato c’è, com’è ovvio che sia, la forte delusione per l’eliminazione dalla post-season; dall’altro c’è l’orgoglio. L’orgoglio di aver portato i Clippers, squadra con il miglior playmaker della lega, con un back-court di tutto rispetto e con un signor allenatore a gara 7, giocando tutta la serie senza il centro titolare, Bogut, out per infortunio. Di certo nella mente di Mark Jackson non balenava nemmeno l’idea che di lì a pochi giorni non sarebbe stato più l’allenatore dei Golden State Warriors. Un’idea che non balenava nemmeno nella testa di Curry, leader tecnico ed emotivo della squadra, che alla domanda sul possibile esonero del suo allenatore ha risposto che “sarebbe uno schock se Jackson il prossimo anno non fosse l’allenatore”. A questo punto, tutti pensavano che la dirigenza avrebbe concesso una terza possibilità al coach nativo di New York. Invece, 3 giorni dopo, la dirigenza annuncia l’esonero di Jackson, affidando la panchina a Steve Kerr, che il 1 4 maggio firma un contratto quinquennale. Steve Kerr che è alla sua prima esperienza da allenatore, dopo aver trascorso gli ultimi anni a fare il commentatore delle partite NBA per TNT.

THOMPSON E LEE RESTANO, LOVE NON ARRIVA. MERCATO PRATICAMENTE PASSIVO

E’ stato il tormentone dell’estate: “dove va Kevin Love?” All’inizio si pensava potesse trasferirsi sulla Baia, in uno scambio che portasse Lee, Barnes e Thompson a Minnesota. Alla fine non se n’è fatto nulla e Love si è trasferito in Ohio, ai Cleveland Cavaliers di Lebron James. Troppo forte il richiamo di non dividere Curry e Thompson. Troppo forte il richiamo di lasciare i due “Splash Brothers” nelle sapienti mani di Kerr, uno dei migliori shooter all-time. Anche David Lee è rimasto ad Oakland, nonostante il suo poco atletismo e le sue mediocri prestazioni difensive abbiano portato tanti tifosi dei Warriors a chiederne la cessione. Saltato lo scambio con i Wolves, i Warriors hanno

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operato poco sul mercato. Sono arrivati solo due piccoli che possano far rifiatare Curry e Thompson, ovvero Barbosa e Livingston, che peraltro inizierà la sua stagione ai box per via di un infortunio.

TUTTO NELLE MANI DI CURRY. SPERANDO CHE BOGUT NON STIA SEMPRE IN INFERMERIA

Quando hai l’unico playmaker che nella Lega può giocarsela con Chris Paul e Tony Parker come migliore della lega nel ruolo, non puoi fare altro che costruirgli una squadra intorno. In regia Curry è meraviglioso, ha una capacità di lettura dell’attacco spaventosa. Sa costruirsi tiri dal nulla e sa essere un grandissimo passatore. Difensivamente non è un top della lega, ma riesce comunque a dare una mano alla squadra grazie alla sua innata capacità di leggere in anticipo le linee di passaggio. Discorso diverso per Bogut, centro australiano arrivato ai Warriors nel 201 2, dopo una trade con i Milwaukee Bucks, che l’avevano selezionato con la prima scelta assoluta al draft del 2005. In due stagioni e mezzo a Golden State, gioca solo 99 partite, saltandone praticamente la metà. Se quest’anno riuscisse a restare integro, soprattutto nella postseason, i Warriors entrerebbero automaticamente nel novero delle squadre favorite per la vittoria finale.

certezze della stagione saranno due: con gli Splash Brothers, specialmente Curry, non ci si annoia mai: sicuramente i Warriors saranno una delle squadre più divertenti da guardare dell’intera lega; inoltre l’Oracle Arena sarà il solito inferno per gli avversari ci andrà a giocare sulla baia. Vedremo se Steve Kerr, assecondando il gioco dinamico e spettacolare dei suoi uomini e sfruttando l’entusiasmo dei tifosi, saprà guidarli alle Finals o se, come il suo predecessore Jackson, vedrà il cammino della sua squadra interrompersi prima.

Previsione 51 -31

Oltre a Curry e Bogut, in quintetto base partiranno Thompson, Iguodala e Lee. Tanta difesa, pericolosità offensiva e costanza, sono qualità che rappresentano il punto di forza di Thompson e Iguodala. Lee, dal canto suo, porterà la sua pericolosità dai 3-4 metri e la sua bravura nel catturare rimbalzi sia in difesa che in attacco. Come già detto, la panchina è stata allungata ulteriormente con gli innesti di Barbosa e Livingston. In questo modo i Warriors avranno numerosi ricambi nel reparto piccoli. Gli unici dubbi sorgono nel reparto lunghi. Se Bogut dovesse essere ancora una volta vittima di infortuni, gli unici giocatori che Steve Kerr potrebbe schierare da centro sarebbero Festus Ezeli e Marreese Speights, non propriamente due centri dominanti, specialmente in post season. A meno che Kerr non voglia giocare con la small-ball, schierando Lee da 5. Abbastanza improbabile, vista la scarsa attitudine difensiva e intimidatoria dell’ala grande ex New York Knicks. Le

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HOUSTON ROCKETS Fabrizio Sabatini

Roster

PG: Patrick Beverly, Isaiah Canaan, Ish Smith SG: James Harden, Troy Daniels, Jason Terry, Nick Johnson SF: Trevor Ariza, Kostas Papanikolaou, Francisco Garcia, Jeff Adrien PF: Terrence Jones, Donatas Motiejunas, Josh Powell, Robert Covington, Tarik Black C: Dwight Howard, Clint Capela, Joey Dorsey

Movimenti di mercato

IN: Trevor Ariza, Jason Terry, Kostas Papanikolaou, Tarik Black, Nick Johnson, Clin Capela, Joey Dorsey, Jeff Adrien , Ish Smith OUT: Jeremy Lin, Chandler Parsons, Omer Asik

Per aspera ad astra

Dopo un uscita dai Playoff piuttosto deludente e un altrettanto deludente mercato estivo i Rockets si trovano a dover fare il punto della situazione. La sconfitta contro Portland in gara 6 ha fatto capire che a questi Rockets qualcosa ancora non va a livello organizzativo e tattico. Il GM Morey si era già espresso a riguardo “abbiamo bisogno di una terza stella”. In molti speravano che quella stella potesse essere Chandler Parsons ma, nonostante una buona stagione, il suo rendimento non può essere assimilato a quello di una stella per carenze puramente tecnico/tattiche. Fatta queste considerazione Morey, consapevole del rischio, si è giocata la carta Melo-Bosh in quest’estate di folli scambi. Purtroppo com’è ben noto le cose non sono andate come sperato;

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Anthony ha snobbato la squadra preferendo un più lauto stipendio e le promesse di un vecchio campione come Phil Jackson; Bosh, ormai giocatore realizzato e con più di un anello ad un dito, ha preferito il caldo clima delle spiagge di Miami e i suoi VIP party.

“Houston abbiamo un problema”

Per avere la possibilità di firmare una delle due stelle i Rockets hanno ceduto molti assets, tra i più noti Asik e Lin, finendo col perdere anche Chandler Parsons molto sicuro dei suoi mezzi e pretenzioso nel volere un super contratto. Alla fine non è stata pareggiata l’offerta di Dallas che scommette forte sul ragazzo e risponde allo smacco subito durante la campagna acquisti estiva 201 2 con Howard. Prospettive future.

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Dopo questa serie di avvenimenti che hanno portato all’ingaggio di Trevor Ariza, Jason Terry e qualche altro nome secondario (il rookie atletico Johnson) oltre alla conferma dell’eroe dei playoff Daniels la situazione in quel di Houston è incerta. Da una parte abbiamo sicuramente un roster che può fare molto bene, con innesti intelligenti e poco costosi; dall’altra abbiamo ancora la mancanza di un vero centro dalla panchina e la pochezza difensiva della formula di gioco adottata da coach McHale e peggio interpretata da James Harden. Probabile che ancora di più quest’anno si tenterà di accentrare il gioco sul duo “H and H” (Harden-Howard), potenzialmente inarrestabili soprattutto in fase di pick’n’roll. Verranno seguiti da molto vicino e con grandi speranze i tanti giocatori a roster con nomi ancora non altisonanti come Beverly, Jones, Motiejunas, Daniels,

corso per tentare di portare a Houston Rondo o aspettare la prossima stagione per tentare qualche Free Agent importante . Sicuramente sarà una stagione di transizione/ riconferme. Difficile fare meglio dell’anno scorso con questo nuovo roster ma le sorprese potrebbero arrivare. Una chimica di squadra migliore, il sempre verde duo di Harden e Howard (che non scordiamoci sono tra i primi 1 0 giocatori della lega), una difesa ri-organizzata, insomma le possibilità sono concrete. Bisognerà fare anche i conti con la sempre difficilissima Western Conference, vera bestia nera ogni anno di più. Ritroviamo gli immortali Spurs, dei Dallas completamente rinnovati con un coach eccezionale come Carlisle, i New Orleans Pelicans dell’astro nascente Davis e le altre solite note come OKC, Clippers, Blazers, ecc. Non sarà facile ma Houston ha tutte le carte in tavola per proporre ancora basket vincente ad alti livelli. Realisticamente non arriverà in finale ma chissà se Morey non riuscirà a portare quel giocatore capace di aprire il campo e se il dinamic duo di Houston non riesca a realizzare quello che la franchigia texana va sperando dal 1 994-95 quando Hakeem e soci sollevarono il Larry O’Brien Trophy. Di tempo ancora ne hanno, i contratti delle due stelle dovrebbero scadere nel 201 6 ed il nucleo è quello per un gran team, aspettiamoci grandi cose da questi Rockets! Countdown: 3Y2Y1 YLift Off!

Previsione 52-30

Canaan, sperando in una “breakout season” usando un termine da yankee, ovvero una stagione sorprendente e inaspettata. Per quanto concerne il coach McHale confermato anche quest’anno alla guida dalla compagine di Houston, si lavorerà sulla fluidità del gioco e sugli schemi difensivi. Ancora si aspettano notizie sull’ingaggio di un nuovo assistente per gli schemi difensivi dopo il licenziamento di Dean Cooper e la delusione di non essere riusciti ad ingaggiare il neo coach dei Nets Lionel Hollins che tanto aveva dato alla sua ex squadra, i Grizzlies. Se anche quest’anno dovessero continuare i problemi difensivi e ne risultasse una prematura uscita al primo turno è probabile che la sedia del coach incomincerebbe a diventare rovente. Anche da considerare un ipotetica trade durante l’anno in

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INDIANA PACERS Davide Banchini

Roster

PG: George Hill, C.J. Watson, Donald Sloan SG: C.J. Miles, Rodney Stuckey, Rasual Butler SF: Paul George*, Chris Copeland, Solomon Hill, Damjan Rudez PF: David West, Luis Scola, Lavoy Allen C: Roy Hibbert, Ian Mahinmi, Shayne Whittington *Paul George non giocherà per l’intera stagione causa infortunio.

Movimenti di mercato

IN: C.J. Miles, Rodney Stuckey, Damjan Rudez, Shayne Whittington OUT: Lance Stephenson, Evan Turner

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Difficile brillare senza una stella

Mattina del 2 agosto 201 4. Siamo in piena estate, periodo in cui solitamente più che alla NBA, che è sostanzialmente in stand by se non per qualche notizia di mercato, si pensa al mare e alle vacanze. Non quest’anno. Quest’anno ci sono i Mondiali in Spagna, Team USA prima dell’inizio della manifestazione è impegnato, come sempre, in gare di esibizioni ed amichevoli. Nella notte si era tenuto a Las Vegas lo USA Basketball Showcase, classico incontro tra i primi selezionati statunitensi che vengono divisi in due squadre, “Blue Team” e “White Team”. Mi trovo in macchina, accendo il telefono e mi connetto ad internet per vedere il risultato della partita e mi accorgo che i Social Network sono impazziti a causa di una shoccante notizia: Paul George durante lo Showcase ha subito un tremendo infortunio, riportando una gravissima frattura di tibia e perone. In poche parole, la gamba destra si è spezzata in due. Immagini orribili, compagni e tifosi sconvolti, tanti gli auguri di pronta guarigione provenienti da tutto il mondo della pallacanestro. George ha già rassicurato tutti dicendo che tornerà prima possibile più deciso e forte di prima, ma, nonostante ciò, il tempo in cui dovrà stare lontano dai campi da basket sarà tutt’altro che breve. Brutta notizia per Team USA, pessima per gli Indiana Pacers. In una conferenza dopo l’infortunio di George, l’Head Coach Frank Vogel e il President of Basketball Operations Larry Bird hanno affermato che i Pacers, nonostante questa terribile notizia che inevitabilmente avrà un peso sulla loro prossima stagione (Bird ha detto chiaramente: “We’re not going to replace Paul. You just can’t replace Paul George”), non hanno nessuna intenzione di tankare e accontentarsi di un anno di transizione ma, anzi, vogliono raggiungere gli obbiettivi prefissati, tra cui guadagnarsi un posto ai Playoffs. Cosa aspettarsi questa stagione dagli Indiana Pacers? Considerando la non elevatissima competitività ad Est, se

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l’obbiettivo dei Playoffs potrebbe essere sempre alla portata nonostante l’assenza della loro stella (Paul George l’anno scorso viaggiava a 21 .7 punti, 6.8 rimbalzi e 3.5 assist di media) e l’importantissima perdita di Lance Stephenson accasatosi a Charlotte, a quale altro traguardo potrebbe puntare la squadra di Indianapolis? Lo scorso anno i ragazzi di coach Vogel hanno vissuto un’annata molto particolare. Nella prima parte della stagione i Pacers erano la principale forza ad Est, prima dell’All-Star break il loro record era assolutamente positivo (40 – 1 2), lasciando credere a tutti che l’anno in cui avrebbero battuto i Miami Heat in finale di conference per approdare alle Finals era finalmente giunto. I fatti hanno fatto ricredere tutti e dopo la pausa la squadra ha iniziato a faticare: sono arrivate una serie di L che nessuno fino a poco tempo prima si sarebbe mai aspettato. Le difficoltà in campo erano chiaramente visibili, sembravano essere saltate completamente alcune meccaniche di gioco all’improvviso, in maniera incomprensibile ai più, probabilmente anche agli stessi Pacers, che non sono mai stati in grado di recuperare la brillantezza di inizio Regular Season. Alla fine, nonostante tutto, sono riusciti a chiudere primi nella Eastern Conference (merito anche di alcune sconfitte nella fase finale degli Heat) ma giunti ai Playoffs hanno faticato terribilmente ed il loro cammino si è concluso dove si era concluso anche l’anno precedente, convincendo però molto meno e deludendo tutte le aspettative che avevano creato loro stessi ad inizio anno. Vincono soffrendo terribilmente al primo turno con gli Hawks, vincono al secondo turno tutt’altro che facilmente con i Wizards e vengono battuti ancora una volta in finale di conference (nonostante il fattore campo a loro favore) dagli Heat 4 a 2, che però l’anno prima erano riusciti a portare a gara 7, addirittura senza fattore campo. Non è facile pronosticare quale sarà il destino dei Pacers nella stagione che sta per arrivare, ma più che guardare ai

risultati, alle vittorie ed ai numeri, a mio parere Indiana dovrà in un certo senso sfruttare l’assenza di Paul George, percorrendo un progetto a lungo termine, creando un ambiente con la giusta mentalità, inserendo nel sistema i nuovi arrivati – come CJ Miles e Rodney Stuckey che potrebbero rivelarsi due importanti prese – e provando a restaurare la vecchia chimica che li aveva portati tanto in alto, così da farsi ritrovare pronti ed in forma quando la loro stella sarà in grado di tornare, speriamo tutti noi appassionati di basket nella miglior forma possibile.

Previsione 40-42

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LOS ANGELES CLIPPERS Manuel Tracia

Roster

PG: Chris Paul, Jordan Farmar SG: JJ Redick, Jamal Crawford, Reggie Bullock, C.J. Wilcox SF: Matt Barnes, Hedo Torkoglu, Chris Douglas-Roberts PF: Blake Griffin, Glen Davis, Ekpe Udoh C: DeAndre Jordan, Spencer Hawes

Movimenti di mercato

IN: Jordan Farmar, Spencer Hawes, Ekpe Udoh ,

Wilcox

C.J.

OUT: Ryan Hollins, Darren Collison, Jared Dudley, Danny Granger, Willie Green

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Come può una franchigia toccare il punto più alto e più basso della sua storia nella stessa stagione? Puoi se sulla maglia hai cucito la scritta Clippers. Nel giro di un paio di settimane i Clippers sono riusciti a terminare con il record più alto nella storia della franchigia, 57-25, raggiungere per la seconda volta in 3 anni il secondo turno dei playoff e si sono visti bannare a vita il proprietario della franchigia, da David Silver in persona. La stagione 201 3-1 4 inizia quindi sotto il segno di un nuovo proprietario, quel Steve Ballmer ex CEO Microsoft che porta alla franchigia un patrimonio stimato in 20 miliardi, e speriamo una nuova filosofia. Non che il “buon” Sterling non avesse fatto le cose in grande negli ultimi anni, ma l’attitudine vincente non si compra. Dopo anni di mediocrità e una nuova rinascita i Clippers forse hanno la possibilità di fare il salto di qualità verso la vittoria. Forse. Perché a differenza della compagine gialloviola, questi Clippers sembrano vincolati dall’investimento fatto lo scorso anno su Chris Paul. Il futuro prossimo della squadra è legato ai 1 07 milioni di $ spalmati su 5 anni (ne mancano 4) che ha siglato l’ex Hornets 1 2 mesi fa. Infatti quest’anno non è bastato l’innesto di Doc Rivers in panchina, né i netti miglioramenti di Blake Griffin e DeAndre Jordan, né un supporting cast mai così completo per superare almeno il secondo turno di playoff. E il dito ricade comprensibilmente su colui che dovrebbe far fare questo step alla squadra e che invece – a seguito dell’ennesimo guaio fisico – ha fornito prestazioni sotto il par. Questo non vuol dire che il suo contributo sia stato vano. Ha chiuso comunque con 1 9.8 punti e 1 0.3 assist ma a larghi tratti in questi playoff è sembrato la spalla di Blake Griffin e non viceversa. E se il primo ha le carte per dominare a certi livelli il secondo ancora no. Negli ultimi 3 anni i Clippers hanno cercato la chiave per fare strada nei playoff anche e soprattutto lontano dal nucleo portante della squadra. Il

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supporting cast è sempre stato di buon livello ma non si è mai dato continuità a questo progetto. Dopo l’ottima prova in post season di Kenyon Martin e Reggie Evans – a loro va grande merito per il passaggio al secondo turno visto gli spaesati Griffin e Jordan- 3 anni fa i due non furono rinnovati, non trovando però grosse garanzie in rotazione l’anno seguente. Né Lamar Odom né Turiaf erano giocatori in grado di dare un buon contributo in post season e infatti l’avventura si arenò al primo turno. L’anno scorso i Clips tornarono a fare ottime scelte a livello di panchina pescando dal mazzo ad anno in corso Danny Granger in uscita dai Pacers e Glen Davis in rotta con i Magic. Ma soprattutto il jolly Collison che dopo il disastro di Dallas ritrovo fiducia e fu un cambio di Chris Paul perfetto. Tutti giocatori che hanno dato una grossa mano e tutti giocatori che quest’estate sono finiti altrove. Riusciranno i nuovi innesti a dare la profondità richiesta per affrontare la temibile western conference?

generale ma per completezza di reparto che va a formare, che pare comunque migliorato. Fa storcere il naso la scelta di non provare a dare una chance al giovane Serbo Miroslav Raduljica che ha ben figurato agli ultimi Mondiali di basket e che era arrivato in estate via trade dai Bucks. Importanti saranno anche gli ulteriori miglioramenti degli starter. Griffin è sulla via della maturazione e ai playoff ha giocato 2-3 partite di una completezza spettacolare, trascinando di peso i suoi alla vittoria. E DeAndre Jordan ha dimostrato sotto la guida di Doc Rivers un impatto difensivo di tutto rispetto. Ma il loro contributo in post season dovrà essere sempre maggiore per provare a superare squadre come i Thunder o gli Spurs.

Jordan Farmar in uscita dai cugini Lakers è una bella presa. Sa dirigere il gioco con esperienza e ha un buon tiro dalla distanza. E’ una scelta in leggera controtendenza rispetto ai vari Bledsoe e Collison degli ultimi anni ma in coppia con Jamal Crawford potrebbe funzionare alla grande. Avrà meno palla in mano di quello a cui è abituato ma il suo 43.8% da 3 punti può essere letale in tandem con Crawford. Un’altra bella, ma criticata, presa è quella di Spencer Hawes. Un lungo con le sue mani può allargare benissimo l’area, ma sembra anche l’unica cosa che è in grado di fare. 5 milioni per un lungo tiratore sembrano troppi, soprattutto se l’alternativa ai titolari è rappresentata dall’acerbo Ekpe Udoh.

Insomma questi Clippers al netto di ulteriori miglioramenti della coppia Griffin-Jordan, di una tenuta fisica eccellente di Chris Paul e di una gestione migliore del progetto da parte di Doc Rivers, non sembrano poter fare molta (più) strada. Tra squadre rodate come Thunder e Spurs, e squadre con margini di crescita come Rockets, Blazers e Warriors una riconferma al secondo turno dei playoff sarebbe un traguardo importante. Ma non abbastanza per le ambizioni di questa squadra.

Qualche indecisione per il momento anche sul versante esterni. Fallito l’esperimenti Dudley, tagliato a sorpresa Delfino (era nel pacchetto Dudley per Udoh-Raduljica dai Bucks) e lasciato partire Granger verso Miami, l’unica alternativa alla modesta coppia Barnes-Turkoglu ad oggi è rappresentato da quel Chris Douglas-Roberts, passato qualche anno fa da Bologna, che non ha mai trovato una vera occasione per dimostrare il suo presunto valore NBA. Di sicuro il ruolo dal fallimento Butler resta un po’ il punto debole dei californiani.

Previsione 58-24

La coppia non sembra avere l’attitudine giusta per coprire le spalle agli starter, seppure le qualità del primo non si discutono. In questo senso la conferma di Glen Davis può essere importante. Non per il valore del giocatore in

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LOS ANGELES LAKERS Manuel Tracia

Roster

PG: Jeremy Lin, Steve Nash, Jordan Clarkson SG: Kobe Bryant, Nick Young SF: Wesley Johnson, Xavier Henry PF: Carlos Boozer, Julius Randle, Ed Davis, Ryan Kelly C: Jordan Hill, Robert Sacre

Movimenti di mercato

IN: Jeremy Lin, Ed Davis, Carlos Boozer,

Jordan Clarkson

Julius Randle,

OUT: Chris Kaman, Pau Gasol, Jordan Farmar Marshon Brooks, Jodie Meeks, Kant Bazemore, Kendall Marshall

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Come si riparte dalla peggiore annata di una delle più gloriose franchigie della storia del sport professionistico a stelle e strisce? Non è sicuramente facile. La prima stagione dopo la morte dello storico proprietario Jerry Buss è stata irta di difficoltà ma non priva di una logica strategia alle spalle. Infatti persa ogni speranza di gloria a breve termine con la perdita di Howard – volato a Houston – e al grave infortunio di Kobe Bryant, i fratelli Buss insieme allo storico GM Kupchak hanno cercato di navigare a vista firmando contratti ragionevoli e di breve durata. La strategia era di avere ad ogni free agency abbastanza libertà salariale per provare a raggiungere un nome importante sul mercato, con un primo obiettivo nel mirino: Kevin Love. Quel Love che però da qualche settimana è volato a Cleveland alla corte di LeBron James. Quindi aspettando i contratti in scadenza la prossima estate (Henry e Nash) si è proseguito su questa strada anche per il 201 4-1 5 rinnovando Jordan Hill con team option dopo il primo anno e acquisito Ed Davis con un annuale con opzione giocatore sul secondo anno. L’unico investimento a lungo termine è stato il prolungamento quadriennale di Nick Young che sembrerebbe un contratto sproporzionato oggi, ma potrebbe avere molto più senso tra un paio d’anni dovesse alzarsi dalla panchina di una squadra da playoff. Se da una parte la dirigenza ha cercato una sempre maggiore flessibilità finanziaria, dall’altra parte negli scorsi mesi ha rinnovato Kobe Bryant con un clamoroso biennale da 48 milioni di dollari che di fatto limita fortemente ogni movimento in entrata. È vero che le speranze di affiancare una stella a Bryant sono labili e che il contratto sembra una buona uscita in un periodo di transizione della squadra, ma è anche vero che con questa mossa hanno tradito lo spirito con il quale hanno affrontato l’ultimo biennio mettendo


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quindi in dubbio la lungimiranza strategica evidenziata prima. L’aggiunta di due buoni comprimari come il lanciato Jeremy Lin e il navigato Carlos Boozer sono stati accolti dalla dirigenza come due innesti importanti. Il problema è che sono due innesti nominali, soprattutto se si parla del portoricano che è una firma fuori tempo massimo. L’ex Jazz non sposta gli equilibri in NBA dai tempi del duo con Deron Williams e ai Bulls negli ultimi tempi è parso uno dei giocatori più sopravvalutati ed inconsistenti sul panorama, tanto da essere stato rimpiazzato a Chicago dal decaduto Pau Gasol proprio in uscita dai Lakers. Il play californiano invece è sicuramente un upgrade nel ruolo e un solido starter NBA, ma anche qui c’è più entusiasmo per quello che rappresenta che per il giocatore in sé che di fatto non garantisce un salto di qualità globale incredibile. E’ questo forse il segreto di questi Lakers e la loro “forza” dell’ultima tornata di free agency. Aver dato l’illusione all’ambient e che si stesse lavorando per avere un team competitivo con due nomi (se pur diversamente) importanti, e dall’altra parte mantenere una buona flessibilità a breve termine. Infatti il prossimo giugno i Lakers potrebbero avere a libro paga solamente 4 giocatori per un totale di 35 milioni di dollari. Ma la firma di Bryant blocca qualunque pianificazione sensata per almeno 2 anni, preparando l’assalto a Kevin Durant nel 201 6. In questo scenario spicca la scelta del rookie da Kentucky Julius Randle. L’ex Wildcat infatti è il ponte naturale tra i due cicli. Già NBA ready per accumulare minuti e ad avere un buon impatto sulla squadra ma giovane abbastanza per essere una base da cui ripartire e che garantisca speranza per un futuro incerto. Buon lavoro fatto nel settore lunghi oltre a Randle. Infatti le firme di Hill e Ed Davis rendono la rotazione dei gialloviola molto interessante anche se i

contratti dei due differiscono di molto. Se da una parte l’ex Grizzlies è stato firmato a meno di un milione – è per inciso una ottima presa – per l’ex Knicks e Rockets i milioni annui saranno ben 9. Il giocatore è stato uno dei pochi nell’ultimo biennio a mostrare fame agonistica e a dare una dimensione difensiva alla squadra e nonostante il contratto abbia una team option dopo appena un anno, 9 milioni per un giocatore injury prone sembrano troppi. Al netto degli infortuni e della possibilità salariale di tenerlo a quelle cifre è comunque una valida riconferma. L’ultimo innesto degno di nota arriva dalla panchina. Un uscente D’Antoni lascia spazio ad una vecchia gloria gialloviola, Byron Scott. L’ex Cavs arriva da una avventura impegnativa e senza successo in Ohio. Sedotto e abbandonato da LeBron James prima di volare a South Beach, si è ritrovato a gestire una squadra giovane e allo sbando, nel mezzo di un progetto di cui non faceva parte. Il classico uomo sbagliato nel momento sbagliato. A LA dovrà di nuovo gestire una situazione delicata, di una squadra non abituata a restare fuori da certi palcoscenici. E’ stata da molti criticato il tempismo della scelta del nuovo allenatore, arrivato solamente a fine luglio quando i nomi caldi si erano già tutti accasati. A ben vedere invece sembra una scelta in linea con l’attuale pensiero della famiglia Buss. In un momento difficile di transizione non è l’allenatore a fare la differenza, quindi la decisione è stata presa in un secondo momento e doveva necessariamente essere subordinata alla costruzione della squadra tra free agency e draft e non, come verosimilmente accade nelle altre franchigie, viceversa. Perché l’obiettivo primario è, come detto, avere spazio di manovra, non cercare di essere competitivi. E in questa ottica la scelta di un allenatore così legato alla storia Lakers non è sbagliata. Almeno non quanto l’ennesimo pluriennale dopo quelli dati a Mike Brown (esonerato dopo 1 anno) e D’Antoni (esonerato dopo 2). Per il resto il futuro immediato non sembra roseo. L’unica nota positiva è che non sono state prese decisioni a lungo termine, ma in questi anni con il nuovo CBA sembra ci sia solo un modo per arrivare al successo: pianificando e costruendo la squadra dal basso, con scelte accurate in sede draft e scouting internazionale di livello. E questo staff non sembra abbia le capacità per fare queste cose. Potrà da solo il fascino gialloviola riportare ai fasti questa franchigia? Il ritorno del Mamba e una squadra in generale più concreta porteranno qualche vittoria in più dello scorso anno. Ma la Western Conference non è un bel posto dove boccheggiare. Per noi faranno meglio dello scorso anno, al netto di infortuni chiave, ma con la competitività di questa costa non credo aggiungeranno più di 1 0 vittorie rispetto allo scorso anno.

Previsione 37-45

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MEMPHIS GRIZZLIES Luigi Stocco

Roster

PG: Mike Conley, Beno Udrih, Nick Calathes SG:Courtney Lee, Tony Allen, Jordan Adams, Patrick Christopher SF: Tayshaun Prince, Vince Carter, Quincy Pondexter PF: Zach Randolph, Jon Leuer, Jarnell Stokes C: Marc Gasol, Kosta Koufos

Movimenti di mercato

IN: Vince Carter, Jordan Adams, Jarnell OUT: Ed Davis, Darius Morris, Mike Miller

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Stokes

TRUST ME

Da quando i Memphis Grizzlies sono i Memphis Grizzlies nessuno ha mai avuto troppa fiducia in in loro ed hanno sempre dovuto navigare contro la corrente dei detrattori. Prima la trade di Pau Gasol, poi quella di Rudy Gay, poi la dipartita di Lionell Hollins; ogni volta che la squadra si affaccia fra le grandi squadre NBA, qualche evento fa ritornare i mille dubbi sugli orsi di Memphis. La qualità migliore della franchigia però è usare la “malafede” degli addetti ai lavori per lavorare duro e con moltissima umiltà. Per l’anno che si appresta a iniziare penso che dare fiducia a Marc Gasol e compagni sia doveroso.

IT’S THE SAME OLD STORY

Dopo la scadenza di Coach Hollins le incertezze piombarono sulla franchigia del Tennessee per il mancato rinnovo e a sua volta andarono a caricarsi sulle spalle di Dave Joerger, il quale era alla prima vera esperienza da Head Coach. Al clima che era andato a crearsi, i Grizzlies hanno risposto con una stagione molto positiva, che andò a confermare l’ottimo lavoro fatto l’anno precedente e palesava il valore del roster, della coesione del gruppo e soprattutto dell’allenatore. Il carattere difensivo che ha caratterizzato l’era di Hollins sulla panchina di Memphis è stato confermato e si sono visti miglioramenti visibili sull’altra metà campo, dove la squadra faceva sicuramente più fatica. In fase offensiva il lavoro di Joerger è stato ottimo ed è riuscito a superare la parziale mancanza di Marc Gasol, il quale è sempre stato il perno dell’attacco e assicurava un rendimento (in termini di prestazioni) pressoché sicuro. L’impronta del coach si è vista soprattutto nelle prestazioni di Mike Conley il quale è riuscito nel difficile obiettivo di aumentare punti segnati (con più possessi) senza far diminuire l’efficienza e la PG di Memphis inoltre si è riconfermato un ottimo passatore, riducendo ulteriormente le palle perse per partita.

FOREVER YOUNG

Nella prossima stagione però vedremo, probabilmente, una squadra più forte o comunque con più frecce al proprio arco. Ad una base solida e rodata si aggiunge Vince Carter, il quale, dato per morto troppo presto, sembra vivere una seconda giovinezza. L’ex Dallas arriva ai Memphis Grizzlies

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alla sua diciassettesima stagione in NBA, sull’orlo dei 38 anni. Vista in quest’ottica, l’aggiunta di Vincesanity sembra una cosa di poco conto ma c’è molto di più. Il nativo della Florida infatti viene da tre stagioni a Dallas, dove è riuscito a ritrovare l’integrità fisica (7 partite saltate in 3 anni) e nuovi compiti a livello tattico. Alla corte di Carlisle, Carter si è mosso benissimo indossando i panni del sesto uomo e del leader della second unit. Con un ruolo diverso da quello svolto per tutta la carriera, l’ex Air-Canada, è stata una delle basi sulla quale si è appoggiata la squadra di Cuban e sicuramente sarà lo sesso per i Memphis Grizzlies.

THE FUTURE IS UNWRITTEN

La squadra di Joerger, allo stesso modo di quella di Hollins, ha due grossi problemi: la panchina e la produzione realizzativa degli esterni. Vince Carter si inserisce con questo obiettivo: migliorare l’uno e anche l’altro. Ovviamente sarebbe pretenzioso pensare che con un solo innesto si riesca a porre rimedio a questo tipo di problemi ma è sicuro che parzialmente ci si possa riuscire. Il ruolo di Carter è molto delicato e serve soprattutto per portare punti veloci dalla panchina oltre che una dose di esperienza (ad alti livelli) che non guasta mai, soprattutto per una squadra con l’obbligo e l’ambizione di fare strada ai Playoffs. Joerger potrà disporre, a seconda delle situazioni, di differenti disposizioni tattiche nel backcourt ma probabilmente confermerà le gerarchie dell’anno scorso, preferendo iniziare le partite il terzetto Conley-Lee-Prince; a partita in corso, molto probabilmente, verranno inseriti Tony Allen e Carter con il primo schierato con l’intento di alleggerire i compiti difensivi del neo Grizzlies per facilitarne l’efficienza offensiva. Per un aggiunta importante si prospettano due situazioni poco confortanti per la franchigia del Tennessee: Marc Gasol e Mike Conley. Il catalano è stato impegnato nel Mondiale FIBA di Basket ed è arrivato ai quarti di finale del torneo, potrebbe aver bisogno di rifiatare più spesso sia durante le partite sia durante la stagione, per arrivare alla postseason in condizioni ottimali. In linea teorica la soluzione Memphis ce l’ha già in casa e si chiama Kosta Koufos. Dall’ex Denver Nuggets ci si aspetta, in questo senso, un incremento di minutaggio importante (attorno ai 20 minuti a partita e forse di più), per i motivi sopracitati e soprattutto a convincere

tutto l’ambiente di meritare quel minutaggio. Per Mike Conley invece il problema è meno risolvibile: i Memphis Grizzlies non hanno un backup degno e dalla partenza di Bayless (a Febbraio della scorsa stagione) Joerger ha dovuto fare gli scongiuri per la salute fisica del loro starter e soprattutto cercare soluzioni alternative per creare gioco quando siede in panchina la PG titolare. In alcune situazioni può essere una soluzione al problema Vince Carter ma sicuramente non è una situazione cavalcabile ogni volta che manca Conley. L’obiettivo, secondo me, per la franchigia del Tennessee è quello di riuscire a risparmiare le energie in vista della Post Season per poi rendere nel modo migliore quando la tensione e la posta in palio aumenta Il gioco proposto dai Grizzlies infatti è ottimale per i Playoffs: prediligono un attacco a metà campo, propongono una difesa coriacea e sono capaci di abbassare i ritmi anche di squadre molto più atletiche. Il rovescio della medaglia è che mantenere un gioco di quel tipo per 82 partite è logorante sia dal punto di vista fisico sia da quello mentale, richiedendo un livello di concentrazione altissimo. A conti fatti, penso che sarebbe opportuno perdere qualche partita in più durante la stagione regolar, con lo scopo di arrivare più freschi ai Playoffs.

Previsione 55-27

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MIAMI HEAT Francesco Vaccarella

Roster

PG: Mario Chalmers, Norris Cole, Shabazz Napier SG: Dwyane Wade, Reggie Williams, Shannon Brown, Tyler Johnson, Andre Dawkins SF: Luol Deng, Danny Granger, Shawne Williams, James Ennis PF: Josh McRoberts, Udonis Haslem, Khem Birch C: Chris Bosh, Chris Andersen, Justin Hamilton

Movimenti di Mercato

IN: Dwyane Wade, Chris Bosh, Mario Chalmers, Josh McRoberts, Danny Granger, Luol Deng, Shabazz Napier, Shawne Williams, Reggie Williams, Shannon Brown. OUT: LeBron James ,Shane Battier, Ray Allen, James Jones, Rashard Lewis.

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Life without LeBron

Perdere il migliore giocatore al mondo può provocare diversi effetti collaterali quali ansia, panico, depressione, istinti suicidi: fastidiosi sintomi che si presentano al paziente una volta preso coscienza dell’accaduto. Chiunque avrebbe subito un contraccolpo psicologico devastante ma non questi Miami Heat, non Pat Riley. Spinto da una sconfinata ambizione ha messo a segno colpi di rilievo garantendosi i servigi di Josh McRoberts, rivelazione degli “archiviati” Charlotte Bobcats nella passata stagione, perfetto da 4 come complemento di Chris Bosh il quale ormai ha spostato i suoi talenti alla posizione di centro, ideale nella pallacanestro di Coach Spo. Luol Deng è il sostituto di James, naturalmente lungi da Spoelstra chiedere al giocatore britannico la produzione del 4 volte MVP, considerata la situazione di mercato Deng è sembrato essere il giocatore più adatto a occupare il posto di 3 titolare portando in dote una discreta capacità realizzativa, ottime doti di difensore: efficacia al servizio della squadra. Colpi secondari ma che contribuiscono alla ripresa di questi Heat sono Danny Granger e Reggie Williams i quali donano nuova linfa vitale al reparto tiratori orfano di eccellenti nomi: Ray Allen, Shane Battier e James Jones. La lottery non ha portato un vero miglioramento, la scelta del campione NCAA Shabazz Napier è stata leggermente (per usare un eufemismo) influenzata dall’alto gradimento di James la cui dipartita sembra lasciare molti dubbi sul prodotto da UConn e sulla sua reale utilità in una squadra quantomeno ben assortita alla posizione di playmaker con un Chalmers in cerca di rivalsa e un Norris Cole in costante ascesa nelle gerarchie di Spoelstra. Incerta l’abilità di Napier di poter creare per la squadra da 1 , troppo deficitario difensivamente come guardia tiratrice nonostante le ottime capacità nel movimento senza palla. Shannon Brown, da mesi in cerca di una squadra, ottiene una chance come play/guardia di riserva: a lui il compito di uscire dalla panchina e portare quella esplosività e atletismo che negli ultimi Playoff è tanto mancata a questi Heat, colpevoli di un’età media troppo avanzata e di una panchina impalpabile, annichiliti da degli Spurs semplicemente superiori sotto ogni possibile aspetto cestistico e psicofisico. La mentalità della squadra non sembra essere cambiata: buoni giocatori circondano le due stelle rimaste le quali


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dovranno inevitabilmente raccogliere l’onerosa eredità di King James.

Reality kicks in

Sulla carta il roster sembra essere vario e discretamente assortito intorno a Wade e Bosh per una squadra orfana di LeBron James ma è qui che la scomoda realtà sgomita e cerca di farsi spazio, come in un affollato centro commerciale di una domenica pomeriggio, nei pensieri ambiziosi degli Heat riuscendo a portare alla luce lacune e limitazioni non troppo nascoste. I Miami Heat sono una squadra incompleta in molti reparti: quello degli esterni è povero di ricambi e se Deng non dovesse funzionare (come accaduto in Cleveland) il backup è un Granger lontano dagli splendori di Indiana e limitato fisicamente (46 partite su 1 64 negli ultimi due anni), molte incognite aleggiano sulla squadra: in un mercato castrato dal contrattone offerto a Bosh si è puntato molto su giocatori poco presenti in NBA negli ultimi mesi o anni quali Reggie Williams, Shawn Williams e Shannon Brown il quale potrebbe offrire il contributo sopracitato o essere una scommessa persa, poche sicurezze e tanti punti interrogativi solitamente culminano in stagioni mediocri. Non è ancora stato fatto un nome, volutamente. Il giocatore più atteso dalla prossima stagione è anche il punto interrogativo più grande ed è lui ad essere l’ago della bilancia tra una stagione nell’ombra o una piena di soddisfazioni: Dwyane Wade.

limitazioni offensive di Dwyane quali le serate carenti al tiro e quelle in cui il corpo sospendeva anticipatamente le trasmissioni poiché incapace di sostenere il ritmo partita. Wade è chiamato a un riscatto, a una rinascita fisica, un rimodellamento del suo gioco alle limitazioni del suo corpo opera dell’ “Undefeated Father Time”. Un importante ruolo giocheranno le motivazioni dell’uomo, la sfida a distanza con LeBron, la voglia di dimostrare a lui e al mondo intero di essere in grado di trascinare la squadra verso lidi migliori di quelli finora prospettati. La più grande dimostrazione di forza e resilienza Wade la deve a sé stesso, il suo fisico avrà l’ultima parola a riguardo. Tanta è la voglia di riscatto e di tornare vero protagonista. Scomodiamo il grande Rudy Tomjanovich e la sua immortale frase: “Don’t ever underestimate the heart of a champion”. Troppi “se” affollano questa squadra e questo articolo, questi nuovi Heat probabilmente sono la squadra con il più grande potenziale upside: se le scommesse Granger, Williams, Brown, Napier si riveleranno vincenti e le due stelle potranno riscattarsi dimostrando di poter brillare nonostante l’assenza di LeBron è possibile predire un terzo piazzamento. Se i punti interrogativi di cui tanto si è discusso si confermeranno tali, se il declino di Wade non accennerà a fermarsi e se Bosh non riuscisse a raccogliere la gravosa eredità offensiva di James questi Heat potrebbero discendere nel Limbo del settimo o ottavo posto, disputare i Playoff e sperare in una quantomeno onorevole uscita al primo turno. “In medio stat virtus” proclamava Orazio, vedremo.

Previsione 49-33

Resilienza

E’ di nuovo lui l’uomo franchigia, molti potranno dire che non ha mai smesso di esserlo, sul campo era quello con il numero 6. Nei cuori dei più tenaci tifosi questo avvicendamento non è mai avvenuto e lo sappiamo. La presenza di Bosh è fondamentale, a differenza di Wade lui è un punto fermo (fisicamente e tecnicamente) ma si sa che le domande e i punti interrogativi suscitano curiosità e attendono solo delle risposte. Incerto è se le sue fragili ginocchia riusciranno a sopportare il peso di metà franchigia sulle spalle, il logoramento delle 82 partite di stagione. Gli Heat non potranno permettersi di concedere il riposo di cui ha potuto beneficiare Wade all’ombra di LeBron, quest’ultimo offriva protezione dentro e fuori dal campo permettendo al compagno fraterno di poter riprendere fiato e far riposare le ginocchia nel corso di una partita o dell’intera stagione nonché nascondere le eventuali

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MILWAUKEE BUCKS Federico Roma

Roster

PG: Brandon Knight, Nate Wolters, Jerryd Bayless, Kendall Marshall SG: Giannis Antetokounmpo, O.J. Mayo, Jared Dudley SF: Jabari Parker, Chris Wright, Damien Inglis PF: Ersan Ilyasova, John Henson, Khris Middleton, Johnny O’Bryant III C: Larry Sanders, Zaza Pachulia

Movimenti di mercato

IN: Jared Dudley, Jerryd Bayless, Kendall Marshall ,

Parker, Damien Inglis

Jabari

OUT: Jeff Adrien, Ekpe Udoh, Marquis Daniels, Carlos Delfino, Miroslav Raduljica

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Milwaukee Bucks: “Lascia dormire il futuro come merita: se lo svegli prima del tempo, otterrai un presente assonnato.” Franz Kafka La peggiore franchigia della passata stagione si presenta alla griglia di partenza come una delle squadre più intriganti e futuribili, ma al tempo stesso non pretenziose del panorama NBA. Durante l’offseason ci sono stati alcuni significativi cambiamenti: la dirigenza ha dato il ben servito a coach Drew per poter così offrire un contratto a Jason Kidd; hanno firmato il secondo miglior assistman della scorsa stagione, Kendall Marshall; ma soprattutto con la seconda scelta dello scorso draft si sono assicurati i servigi del giocatore più NBA-ready tra i rookie, Jabari Parker, ala di Duke, nonché il principale candidato al ROY, Wiggins permettendo. Sui Bucks di quest’anno ci sono poche certezze tranne che sarà difficile far peggio dell’anno scorso. Analizzando il roster di quest’anno la prima cosa che di cui ci accorgiamo è quanto sia difficile proporre un starting five fisso, a parte per la posizione di play e centro che dovrebbero essere di diritto affidate a Knight e Sanders, i restanti tre ruoli sono un’incognita. Jabari Parker è un 3 che si può però adattare a giocare sotto le plance come ala grande, lo stesso Kidd ha detto che lo vede bene anche in quel ruolo; poi bisogna anche pensare al giovane diciannovenne Giannis Antetokounmpo, aka “the Greek Freak”, uno dei più positivi nella passata stagione, che può giocare sia da 2 che da 3 indifferentemente, senza poi dimenticare il suggestivo esperimento provato in Summer League dove è stato schierato anche come point guard, difficile, ma non impossibile che succeda anche durante la RS, rendendo arduo l’eventuale accoppiamento difensivo per la squadra avversaria. Nel roster c’è anche un altro giocatore che ambisce ad essere la guardia titolare, e almeno guardando il payroll dovrebbe esserlo, stiamo ovviamente parlando di O.J. Mayo (8M), croce e delizia di ogni allenatore, talento proporzionale solo alla discontinuità, potrebbe essere una delle ultime occasioni da titolare. Nel ruolo di ala grande le alternative sono tante partendo dal sophemore ex Tar Heel Henson, Kris Middleton e anche Ilyasova con il suo pesante contratto (8M). Jason Kidd ha senza ombra di dubbio innumerevoli

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valide alternative, può giocare sia uno small ball che mettere in campo giocatori tutti sopra i 6’ 8’’. A mio parere il quintetto più intrigante sarebbe Knight – Antetokounmpo – Parker – Henson – Sanders. La cosa che più stupisce analizzando i giocatori è che la maggior parte di loro sono molto giovani e ben 9 sotto i 25 anni, questo può essere sia un vantaggio che uno svantaggio, senza ombra di dubbio il talento e l’atletismo ci sono, ma spesso non basta e servirebbe più esperienza, qualche veterano che potesse fare da chioccia ai più giovani sarebbe servito come il pane. Non bisogna neanche dimenticare che anche Kidd è solo al secondo anno come allenatore, nonostante la lunga carriera da giocatore, potrebbe essere problematico il passaggio da una squadra allestita per “vincere”, con molti giocatori pronti a sparare le ultime cartucce, come i Nets, a questi giovani ed inesperti Bucks. Fondamentale per il buon proseguo della stagione sarà l’apporto sotto le plance del venticinquenne Larry Sanders, solo 23 partite nella seconda stagione, il big man è fondamentale negli equilibri in particolar modo difensivi, con lui in campo la squadra concede molti meno punti, basti ricordare che due stagioni fa era nella lizza dei pretendenti al titolo di DOY. Tanto le speranze difensive passeranno dai rimbalzi, stoppate e tagliafuori del centro di Virginia Commonwealth, così quelle offensive saranno determinate dalle prestazioni del giovane Blue Devil, è raro che a fine stagione il miglior scorer sia un rookie, ma è molto probabile che in casa Bucks succederà ciò, se c’è una cosa che il giovane mormone non ha mai trovato difficile fare tanto a Duke così come nella Summer League è segnare in tutti i modi, basti pensare che quando era alla corte di coach K era spesso paragonato a Carmelo Anthony, non mi sorprenderei se mettesse diversi ventelli nel suo primo anno. Mentre nel periodo di transizione o se dovesse scontrarsi con l’ormai famoso “rookie wall” il peso dell’attacco potrebbe essere anche portato da Brandon Knight, Kidd potrebbe infatti affidare la regia a Marshall e Bayless o saltuariamente a Wolters, senza dimenticare le doti di playmaking del greco.

questo diciannovenne che al primo anno ha stupito ben più di un addetto ai lavori, guadagnandosi sia l’inclusione al secondo quintetto rookie che la chiamata al Rising Stars e allo Skills Challenge; ma quello che più colpisce è il potenziale ancora inespresso, oltra alle già citate doti di passatore è anche un ottimo difensore in aiuto grazie alle lunghe leve, all’inizio della carriera NBA era circa 2.07 m e sembra sia già cresciuto di 3 cm. Per diventare un giocatore veramente decisivo dovrà migliorare il tiro e il suo apporto offensivo, quale miglior ambiente per fare ciò senza pressioni che i Bucks. Siccome nessuno si aspetta nulla da loro a parte migliorare il record dello scorso anno, sicuramente lavorare senza i fari puntati addosso può essere di fondamentale importanza per un gruppo così giovane. Tanto il presente non può essere eccessivamente emozionante per i tifosi Bucks, quanto il futuro non può che essere radioso, i Bucks in qualche anno potrebbe diventare una felice realtà NBA. Anche quest’anno dovrebbero ottenere un chiamata abbastanza alta al draft, fondamentale per un mercato piccolo come Milwaukee, dove è difficile attrarre grandi nomi in offseason quindi ben vengano giovani volenterosi.

Previsione 29-53

A proposito di Antetokounmpo, è impossibile analizzare questa squadra senza dover fare un discorso a parte per

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MINNESOTA TIMBERWOLVES Davide Banchini

Roster

PG: Ricky Rubio, Mo Williams, JJ Barea SG: Kevin Martin, Zach LaVine, Shabbaz Muhammad SF: Andrew Wiggins, Corey Brewer, Chase Budinger, Robbie Hummel PF: Thaddeus Young, Anthony Bennett C: Nikola Pekovic, Gorgui Dieng, Ronny Turiaf

Movimenti di mercato

IN: Mo Williams, Andrew Wiggins, Anthony Bennett, Thaddeus Young OUT: Kevin Love, Alexey Shved, Luc Richard Mbah a Moute

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All you need is LoveB Or maybe not?

I Beatles nel 1 967 a Liverpool cantavano “all you need is love”, nel 201 4 invece, i tifosi di Minnesota si stanno proprio chiedendo se sia davvero tutto ciò di cui hanno bisogno. Il 23 agosto, dopo tanti rumors, finalmente arriva l’ufficialità: una trade che coinvolge tre squadre, Minnesota Timberwolves, Cleveland Cavaliers e Philadelphia 76ers, permette a Kevin Love di approdare in Ohio accanto a LeBron James, in cambio da Cleveland arrivano la prima scelta assoluta del draft 201 3 Anthony Bennett, ed il promettente Andrew Wiggins, anch’egli prima scelta assoluta nel draft del 201 4. Sempre grazie allo stesso accordo a Minnesota arriva anche Thaddeus Young da Philadelphia, che riceve Alexey Shved, Luc Mbah Moute e la prima scelta del draft 201 5 dei Miami Heat, la quale prima di questa trade era in mano ai Cavs. In questo modo, dopo 6 anni di carriera ai Timberwolves, Love lascia la franchigia per unirsi a Cleveland, e per entrare a far parte di una contender che potrebbe garantirgli già da quest’anno di puntare al titolo. Nonostante il rammarico dei Timberwolves e dei fan per la partenza di KLove, certo a Minnesota non si sono ritrovati a mani vuote. Separandosi dalla loro superstar, i Twolves hanno inserito nel roster 3 giocatori veramente interessanti: Andrew Wiggins è il giocatore più atteso della prossima stagione, col suo talento puro ed atletismo disumano è da tempo considerato “The Next LeBron James”. Ovviamente ha ancora da dimostrare cosa sia in grado di fare a livello professionistico, ha da migliorare alcune caratteristiche del suo gioco (ad esempio pecca in alcune scelte, per ora non è un grandissimo creatore in attacco ed osservando il suo jump shot in qualche situazione appare un po’ troppo meccanico e rigido), ma sicuramente ha tutte le carte per diventare un giocatore NBA straordinario. Anthony Bennett invece è già sceso in campo nello scorso

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anno, ma sicuramente ciò che ha dimostrato non è stato abbastanza. La prima scelta (a sorpresa) del draft 201 3 ha faticato terribilmente nella passata stagione con i Cavs, offensivamente e difensivamente, forse, oltre ad essere stato un po’ sopravvalutato, il giocatore non ha saputo gestire il peso e la responsabilità di essere chiamato con la prima scelta assoluta. Nonostante questo a Minnesota potrebbe trovare la sua collocazione ideale, crescere e sorprendere tutti, visto che è già riuscito a farlo nella Summer League di quest’anno, disputando ottime partite. Sicuramente grandi prestazioni alla Summer League non danno alcun tipo di certezza, ma i segnali sono buoni. Inoltre pare che abbia perso qualche kg, cosa che lo potrebbe aiutare non poco. Thaddeus Young da Philadelphia è l’altra grande presa di Minnesota. Young è molto abile sia offensivamente che difensivamente, è un giocatore con esperienza, ed è considerato da tutta la lega un grande uomo all’interno dello spogliatoio, elemento che potrebbe essere utile per creare unione e coesione in questo gruppo di giovanissimi. A proposito di giovanissimi, un’altra interessante aggiunta al roster è quella di Zach LaVine, tredicesima scelta assoluta, giocatore con buoni margini di miglioramento ancora tutto da costruire, con cui Minnesota può sicuramente lavorare. Una delle principali caratteristiche dell’ex-UCLA è l’atletismo, saltatore davvero al di sopra degli standard che con Wiggins forma un duo di esterni che in quanto ad atletismo non ha niente da invidiare a nessuno. Altra qualità ed esperienza è approdata in Minnesota dopo l’arrivo di Mo Williams, che si è unito alla squadra poco prima della trade di Kevin Love. Come avete notato, la situazione dei Timberwolves è veramente cambiata. L’anno scorso si trovavano a roster uno dei lunghi più forti

ed ambiti della lega, che però non è quel tipo di giocatore adatto a trascinare una squadra ai PO, soprattutto ad ovest dove la competitività è veramente alta. Oltre a Kevin Love, togliendo qualche elemento, rimaneva poco altro su cui sperare. Con la sua dipartita Minnesota quest’anno si ritrova un roster davvero interessante, ricco di giovani e di talenti su cui poter lavorare, affiancati da figure di esperienza che possono sicuramente aiutare questi giovani a crescere: se le aspettative non saranno smentite, un futuro roseo è lì ad attenderli. Forse la prossima stagione, vuoi per la mancanza di esperienza, vuoi per il roster ancor tutto da amalgamare, non potranno puntare troppo più in alto rispetto alla passata Regoular Season (40-42 lo scorso anno), ma nel giro di 2-3 anni, questa squadra, dopo tanto tempo di sofferenze e di tanking, potrà tornare a lottare seriamente per un posto ai Playoffs e giocare nel basket che conta. Per raggiungere questo obbiettivo, non solo i rookies dovranno mantenere le promesse, ma sarà utile anche che uno dei giocatori fondamentali di questa squadra, Ricky Rubio, faccia quel salto di qualità che in molti stanno ancora aspettando. Infatti, se da un lato Rubio è un passatore sublime con una fantastica visione di gioco, dall’altra è un realizzatore troppo inconsistente, soprattutto nella restricted area, zona del campo in cui fatica veramente tanto a trovare la via del canestro (47%, sotto la media NBA). Nello stato del Minnesota tutti sperano che Ricky Rubio stia lavorando al suo tiro e che accanto alle sue ineguagliabili doti di passatore riesca ad aggiungere anche migliori capacità realizzative. I rookies saranno pronti a fare la differenza ed a rivelarsi giocatori decisivi? Riuscirà Ricky Rubio ad evolvere il suo gioco? Ed i Wolves saranno in grado di rivivere presto l’atmosfera dei Playoffs che ormai manca dal lontano 2004? Non ci resta che aspettare, godendoci intanto questa nuova versione dei Minnesota Timberwolves.

Previsione 39-43

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NEW ORLEANS PELICANS Lorenzo Olivieri

Roster

PG: Jrue Holiday, Jimmer Fredette, Russ Smith SG: Eric Gordon, Austin Rivers SF: Tyreke Evans, John Salmons, Darius Miller, Luke Babbitt PF: Anthony Davis, Ryan Anderson C: Omer Asik, Alexis Ajinca, Jeff Withey, Patrick Young

Movimenti di mercato

IN: Omer Asik, Jimmer Fredette, Patrick Young, John Salmons, Russ Smith OUT: Al-Farouq Aminu, Anthony Morrow , Greg Stiemsma

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Potete credere o meno che le coincidenze siano frutto del destino, ma di sicuro alcune di esse sono per lo meno curiose: come il fatto che il monociglio di Anthony Davis sia così sinistramente simile al pellicano stemma e mascotte della franchigia in cui milita. E se questa è davvero solo una (molto) stupida coincidenza, è invece un dato di fatto che il futuro dei Pelicans sia legato a doppio filo con quello di Mr. Unibrow. Anthony Davis è forse il più luminoso astro nascente della NBA degli ultimi anni, il talento che tutti pensano possa diventare un MVP-caliber player nel prossimo futuro. Nel palmares di Davis, appena ventunenne, ci sono già un Oro Olimpico, un Oro Mondiale conquistato appena qualche giorno fa, un All-Star Game e una stagione da 20+1 0 al suo secondo anno (e anche 2.8 stoppate, che non guastano mai). Tuttavia, nonostante le prove di forza individuali di Davis, la stagione scorsa per i Pelicans è stata abbastanza deludente, considerato il roster allestito in estate. C’era infatti molta aspettativa sugli arrivi dell’All-Star Jrue Holiday e del talento mai del tutto espresso Tyreke Evans, che sarebbero andati a riempire due spot chiave del roster. Purtroppo però la sfortuna ha iniziato a colpire la franchigia ben prima che ci si potesse rendere conto di quale fosse il vero potenziale di questa squadra. Se non fanno (purtroppo) ormai più rumore gli infortuni di Eric Gordon, attaccante di razza costantemente limitato dai suoi problemi fisici, che anche nell’ultima stagione l’hanno costretto a sole 64 partite giocate e all’annata statisticamente più grigia della sua carriera, ha fatto molto clamore invece l’infortunio di Jrue Holiday. Il playmaker ex Phila, infatti, era stato fino all’anno scorso uno dei giocatori più duraturi della Lega e nonostante ciò ha riempito l’infermeria dei Pelicans per quasi tutto l’anno, giocando la miseria di 34 partite. Altro infortunio da stagione finita l’ha subito Ryan Anderson, pedina fondamentale per spaziare l’attacco dei Pelicans ma che non è nuovo a stagioni


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incomplete nella sua carriera, e che l’anno scorso ha giocato l’esigua quantità di 22 partite, di cui solo 1 4 da titolare. Se si considerano anche i problemi meno gravi di Davis ed Evans, si capisce come le potenzialità del quintetto base, sulla carta considerato da alcuni anche da playoff, siano state a mala pena esplorate. Proprio Evans tuttavia ha rappresentato un secondo punto positivo per New Orleans, subito dietro la super annata di Davis. L’ex Kings ha avuto una partenza difficile, ma nella seconda parte di stagione è letteralmente esploso, complice anche la promozione definitiva in quintetto, mettendo a referto 1 9.9 punti, 5.3 rimbalzi e 6.3 assist di media nelle 22 partite in cui è stato schierato da titolare. Il talento e la polivalenza di Evans non erano mai stati messi in dubbio, ma è sempre stato un giocatore scostante, che faticava a trovare la sua dimensione in campo. Forse il quintetto dei Pelicans è davvero il posto giusto per lui e se ai nastri di partenza sarà al 1 00% (si è sottoposto ad un intervento al ginocchio, a Giugno) i tifosi di New Orleans avranno molto di cui gioire. Per la stagione che sta per iniziare, il GM Dell Demps ha preferito mantenere il nucleo di giocatori formatosi l’estate scorsa, facendo delle piccole aggiunte che renderanno il roster ancora più profondo e valido. E ciò ha un senso, dato che tutti i giocatori principali sono giovani e in divenire. Lasciato partire l’energico Al-Farouq Aminu (forse, a dirla tutta, con un po’ troppa fretta), Demps è riuscito a portare a New Orleans, tramite una trade a tre squadre comprendente Rockets e Wizards, il big man turco Omer Asik, che verosimilmente partirà in quintetto affiancando Davis sotto canestro. Asik è un’aggiunta non da poco, che offre spessore e solidità alla squadra di Monty Williams, andando a formare con Davis una coppia che per gli avversari assume tutta l’aria di un muro invalicabile: sono entrambi ottimi rimbalzisti e stoppatori, con Asik che può fornire peso all’interno dell’area e Davis capace di cancellare in aiuto

qualsiasi oggetto di forma sferica venga lanciato nelle vicinanze del ferro amico. Inoltre il terzetto Davis-AndersenAsik mette molteplici soluzioni nelle mani di coach Williams, che potrà decidere di giocare con le “due torri” o di aprire il campo con Anderson. Per rinfoltire i ruoli degli esterni sono state fatte diverse scelte, che si possono riassumere con tre nomi: Russ Smith, Jimmer Fredette e John Salmons. I diritti dell’ex Cardinals sono stati acquisiti il giorno dopo il draft in cui è stato scelto 47sima assoluta dai Sixers, in cambio dei diritti di Pierre Jackson. Smith è un nome e un volto noto a moltissimi amanti della pallacanestro, soprattutto quella giocata al college. Quattro anni passati a Louisville alla corte di coach Pitino, Campione NCAA nel suo anno da Junior, diverse onorificenze personali, ma soprattutto cuore e personalità da vendere, caratteristiche che l’hanno fatto amare da svariati appassionati in tutto il mondo. E proprio queste caratteristiche potrebbero essere utili a coach Williams quando vorrà rottura dalla panchina. Smith può inserirsi benissimo nella corsa alla posizione di primo backup di Holiday, dato che le alternative presentano almeno altrettanti punti di domanda. Jimmer Fredette è un altro nome noto a molti appassionati di college basket per le sue gesta con la maglia di BYU. L’ex Kings e Bulls però non è stato altrettanto fortunato nella sua seppur corta carriera NBA. Non ha trovato molto spazio a Sacramento e non ha avuto fiducia a Chicago, e ciò l’ha reso un giocatore ai margini della rotazione, nonostante sia uno dei migliori tiratori da tre punti dell’intera Lega. Può sicuramente dire la sua a New Orleans, visto che, come detto, il ruolo di backup point guard è lì a disposizione del più meritevole, e lui ha le capacità per guadagnarselo. L’ultima aggiunta al reparto esterni è un giocatore veterano, John Salmons, capace di giocare due ruoli e di portare esperienza in un roster dall’età media decisamente bassa. Salmons andrà a completare verosimilmente gli spot di 2 e di 3, aggiungendosi a Rivers fra le guardie, il quale probabilmente avrà a disposizione minuti da playmaker così come quest’anno, e dando profondità ad uno spot di ala piccola che dietro Tyreke Evans sembra avere poca consistenza. Pronostico: Preventivando la definitiva esplosione di Davis ed uno stato di salute ottimale per tutto il roster, non si fa fatica a vedere questi Pelicans fra le squadre proiettate nella corsa per un posto ai playoff. Il quintetto Holiday-GordonEvans-Davis-Asik è probabilmente, a livello di talento, fra i migliori della Conference. Manca, almeno sulla carta, un po’ di sostanza dalla panchina, ma se i Pelicans riusciranno ad essere tutti in campo con continuità, possono giocarsela con chiunque per gli ultimi posti fra le magnifiche otto a Ovest. Ad ogni modo, il futuro è tutto dalla parte dei Pellicani.

Previsione 48-34

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NEW YORK KNICKS Alessandro Pompucci

Roster

PG: Jose Calderon, Pablo Prigioni, Shane Larkin SG: Tim Hardaway Jr, Iman Shumpert, J.R. Smith SF: Carmelo Anthony, Quincy Acy, Cleanthony Early, Travis Outlaw, Thanasis Antetokoumpo PF: Amar’e Stoudemaire, Andrea Bargnani C: Samuel Dalembert, Cole Aldrich, Jason Smith

Movimenti di mercato

IN: Quincy Acy, Jose Calderon, Samuel Dalembert, , Shane Larkin, Travis Outlaw, Jason Smith , Cleanthony Early, Thanasis Antetokoumpo OUT: Shannon Brown, Tyson Chandler, Earl Clark, Raymond Felton, Toure’ Murry, Chris Smith, Jeremy Tyler, Beno Udrih, Metta World Peace

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“L’inizio della svolta?”

L’ennesima stagione deludente in casa Knicks con il mancato approdo alla postseason in un est a dir poco modesto ha lasciato nei tifosi della grande mela non poca preoccupazione per il destino della loro amata franchigia. Per loro fortuna, fuori dal campo sono accadute cose ben più interessanti rispetto a quello che succede sul parquet. Prima su tutte, a fine marzo, l’approdo nelle vesti di presidente del “Maestro Zen” Phil Jackson, una garanzia di esperienza e successi, l’uomo dagli undici anelli in panchina pare aver già disegnato nel suo ufficio ciò che sarà dei futuri New York Knicks. A bocce ferme, infatti, il puzzle ha iniziato a prendere forma. Il primo nodo da sciogliere per la dirigenza era a chi affidare la panchina nel post Woodson. La scelta è ben presto ricaduta su Derek Fisher, il quale dopo aver annunciato il proprio ritiro dal basket giocato non ci ha messo molto a farsi affascinare dalla proposta del neo presidente. Il draft con zero scelte al primo giro e due scelte al secondo, ha portato nel roster alla 34 l’ala da Wichita State Cleanthony Early e alla 51 Thanasis Antetokoumpo, fratello maggiore di quel Giannis che abbiamo potuto ammirare la passata stagione con la maglia dei Milwaukee Bucks e della Grecia ai mondiali. Entrambi i rookies occupano la posizione di ala piccola in uno spot ampiamente ricoperto per minutaggio da Carmelo Anthony, difficile quindi pensare che possano migliorare la qualità del roster newyorchese. Movimenti importanti di mercato si avranno al termine della prossima stagione, quando i Knicks porteranno in scadenza contratti molto pesanti tra cui su tutti quelli di Bargnani e Stoudemire che hanno reso impossibile qualsiasi operazione di mercato in questi anni. La prossima postseason sarà il vero inizio della svolta per la franchigia, a

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patto che si investa sulla pedine giuste.

Capitolo Anthony

Per quanto riguarda Melo, è stata un’estate per lui e per i Knicks piuttosto tribolata. Giunto alla postseason in scadenza di contratto, il numero 7 ha deciso di uscire dal contratto con i Knicks, per valutare tranquillamente e lontano da pressioni il percorso che fosse giusto intraprendere per la propria carriera. Alla notizia dell’ingresso tra i free agent di Anthony, diverse squadre hanno contattato l’agente del giocatore offrendo un colloquio per valutare le cifre e le opportunità future di una eventuale offerta. Le candidate più serie sin da subito sono sembrate i Rockets, che mettevano sul piatto la possibilità di formare i big three insieme ad Harden e Howard, con un ingaggio non troppo vicino al massimo salariale e i Bulls, i quali cercavano un realizzatore da affiancare a Rose in una squadra altrimenti troppo povera di opzioni offensive. L’attaccamento alla maglia, il progetto e l’offerta economica al massimo salariale (1 24 milioni di $ in 5 anni) proposta da Phil Jackson si è però rivelata impossibile da rifiutare per Melo che così ha deciso di rifirmare con i Knicks rinunciando così, con grande probabilità, alla possibilità di vincere subito il suo primo anello. Una decisione sicuramente non semplice e alquanto rischiosa visto che la firma del contratto ha praticamente legato a filo diretto la carriera di Anthony al futuro della squadra; in caso di fallimento egli sarebbe ricordato come uno dei giocatori con maggiore talento ad essere rimasti senza anelli nella storia del gioco.

Phil Jackson è uno dei più grandi sostenitori della Triangle Offense ed è sempre stata al centro della sua filosofia cestistica, questo sistema trova forza nel fatto che permette ai giocatori di esaltare le proprie capacità individuali permettendogli di improvvisare l’attacco in base alla situazione creatasi. Il più classico dei modi per formare il triangolo inizia con il portatore di palla che passa la palla sul lato al 3. Dopo aver eseguito il passaggio il playmaker deve prendere posizione in angolo; per arrivare in quella posizione può eseguire vari tipi di taglio, il più usato è il taglio dietro il centro in post. Può decidere di tagliare anche dietro il 3 oppure fra 3 e 5. Il 2, per offrire un’altra linea di passaggio ed equilibrare l’attacco per un’efficace transizione difensiva, si sposta in punta. A questo punto il triangolo è formato. La trade che ha portato Calderon, Larkin e Dalembert a New York in cambio di Raymond Felton e Tyson Chandler volati a Dallas, è stata voluta proprio per trovare i giusti interpreti del triangolo con la maggiore pericolosità dal perimetro del playmaker spagnolo e interna del centro ex Mavericks.

Previsione 38-44

Il nuovo sistema di gioco

L’avvento di Phil Jackson e Derek Fisher ha portato un cambiamento radicale nella concezione del gioco offensivo della squadra.

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OKLAHOMA CITY THUNDER Mario Iannone

Roster

PG: Russell Westbrook, Sebastian Telfair, Semaj Christon SG: Reggie Jackson, Anthony Morrow, Jeremy Lamb SF: Kevin Durant, Andre Roberson, Perry Jones PF: Serge Ibaka, Mitch McGary, Nick Collison C: Kendrick Perkins, Steven Adams

Movimenti di mercato

IN: Sebastian Telfair, Anthony Morrow, OUT: Thabo Sefolosha, Caron Butler

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Mitch McGary

IL CENTESIMO PER FARE IL DOLLARO

Qual è la sostanziale differenza tra gli Spurs e i Thunder? L’esperienza e il Coach. Vero. Troppo vero. L’ultima uscita dei Thunder ha sostanzialmente fatto più riflettere dei PO 201 3 dove uscirono, senza Westbrook, contro Memphis. La squadra infatti per tutto il cammino dei PO, oltre ad essere risultata ancora troppo dipendente offensivamente dall’estro di Westbrook e dal tiro di Kevin Durant, ha dimostrato di non essere ancora pronta per affrontare una grande squadra, un grande gruppo e un grande sistema sia offensivo che difensivo come quello dei San Antonio Spurs. Sulla carta non sono apparse così distanti dal punto di vista prettamente tecnico ma la serie ha marcato sostanzialmente l’abisso che divide e divideva le due squadre dal punto di vista mentale. Mentalità probabilmente figlia di una cattiva gestione dell’allenatore che oltre a dettare semplici indicazioni tecniche basiche e tralasciando le lacune dal punto di vista tattico, non ha saputo inculcare ad una squadra giovane la giusta mentalità vincente e la giusta cattiveria agonistica così da poter ottenere finalmente il definitivo passo avanti da una squadra che è da anni ferma all’ultima curva prima del traguardo. Facendo un discorso più specifico infatti, è emerso una forte fragilità dei giovani Reggie Jackson (24 anni), Serge Ibaka (24 anni) e Steven Adams (21 anni, lui a differenza degl’altri due con 0 esperienza PO essendo un Rookie) come pure di Perry Jones III (22) e Jeremy Lamb (22) che hanno sì dimostrato di essere delle punte di diamante del roster biancoblu (soprattutto il congolese) ma anche di non essere ancora pronti per affrontare un certo tipo di sistema, soprattutto ai PO assentandosi dalla partita nei momenti caldi. Ovviamente nulla di grave tenendo conto dell’età anagrafica dei tre sopracitati, ma sicuramente una tendenza sulla quale Coach Scott Brooks dovrà lavorare molto cercando di coinvolgere il più possibile i comprimari in un sistema offensivo che, così com’è privo di varianti e soluzioni, alla lunga è risultato poco producente.


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NUOVO ANNO, STESSO NUCLEOB O QUASI

Ormai è dal 25 Giugno 2009, data nella quale fu scelto James Harden, che gli Oklahoma City Thunder possiedono e portano avanti la stessa mentalità di gioco, stesso nucleo di squadra e stesse idee sulle rotazioni. In parole povere, per sopperire alla mancanza di veri e propri realizzatori in quintetto, la squadra dell’Oklahoma ha sempre cercato di far uscire un giocatore dalla panca che potesse portare punti facili e veloci alla squadra senza costringere a sforzi extra il duo Westbrook&Durant. Quindi, prima James Harden, poi Kevin Martin, passando per Reggie Jackson per poi arrivare a lui: Anthony Morrow. Probabilmente volendo limitarsi a parlare di nomi si può dire che la squadra di Brooks con gli anni sia andata a peggiorare partendo da un attaccante completo, capace di portare anche palla nei minuti caldi della partita, per poi arrivare ad un tiratore dall’arco puro che sa fare, ben poco altro. In realtà il calo nel ruolo potrebbe essere solo apparente. In sostanza, il sesto uomo dei Thunder ha il ruolo di mettere punti veloci, caratteristiche che calzano a pennello con Anthony Morrow. Può quindi questa mossa rivelarsi ugualmente giusta? Vedremo, l’unica cosa certa che finalmente ad OKC approda una guardia tiratrice degna di questo nome visto che Thabo Sefolosha nell’ultimo anno ha dimostrato di essere sì uno dei migliori difensori della lega ma offensivamente poco valido. Tuttavia, come detto, Morrow avrà il ruolo di sesto uomo e non quello di titolare nonostante la partenza dello svizzero che invece era uno starter con un discreto minutaggio. Chi allora sarà il successore di quest’ultimo? Dopo varie voci di altre possibili soluzioni, Brooks ha deciso di “promuovere” Reggie Jackson, guardia di grandissimo potenziale, da sesto uomo a guardia titolare per aggiungere un ulteriore realizzatore al quintetto e affidandogli il difficile compito di togliere la palla dalle mani di Westbrook. Questo ruolo però offre ben poche certezze all’allenatore ex-Houston Rockets visto che Jackson ha sempre giocato in modo eccezionale con il secondo quintetto e al contrario ha dimostrato di soffrire la presenza di Westbrook al suo fianco. Brooks quindi sperimenterà questo nuovo assetto con la consapevolezza

però di poter fare un passo indietro e di poter contare su di un nucleo ormai consolidato (Durant, Ibaka, Westbrook, Kendrick Perkins e il veterano Collison che avrà un minutaggio sempre inferiore) e su giovani pronti ad esplodere e a farsi trovare pronti per sfruttare al meglio le occasioni (in verità ben poche, vedendo le ultime stagioni) che Scott gli preserverà con l’aggiunto del veterano Sebastian Telfair.

WESTBROOK, I PLAYOFF CONSACRAZIONE?

DELLA

DEFINITIVA

E’ uno dei giocatori più discussi della lega, amato ma anche odiato come pochi e probabilmente anche uno dei playmaker più talentuosi dell’ultimo decennio che sta dominando in un lungo e in largo negl’ultimi anni. Eppure, è un giocatore ancora incompleto, più che dal punto di vista prettamente tecnico, dal punto di vista caratteriale e mentale. Quest’ultimi PO però fanno sperare al meglio e quando si parla del “meglio” si intende la definitiva consacrazione come stella assoluta, dominatrice della lega che fino ad ora si è dimostrato invece troppo poco razionale e troppo disattento nell’esprimere la sua pallacanestro ideale. In questi ultimi Playoff infatti, Westbrook ha dimostrato di essere finalmente maturato, di avere una sua identità all’interno della squadra e di essere un leader mentalmente pronto per portare una squadra in vetta. E’ apparso un Russell diverso, trascinatore, infermabile nonostante qualche sbavatura e migliorato nelle proprie scelte. Brooks e i tifosi Thunder ovviamente si aspettano da lui che continui per questa strada sorprendendo chi non aveva creduto in lui e chi lo etichettava come “eterno incompiuto”. Insomma, le vittorie passano soprattutto da lui.

Previsione 56-26

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ORLANDO MAGIC Simone Cattaneo

Roster

PG: Elfrid Payton, Luke Ridnour SG: Victor Oladipo, Evan Fournier, Ben Gordon, Willie Green SF: Tobias Harris, Maurice Harkless, Aaron Gordon, Roy Devyn Marble PF: Channing Frye, Andrew Nicholson C: Nikola Vucevic, Kyle O’Quinn, Dewayne Dedmon

Movimenti di mercato

IN: Aaron Gordon, Elfrid Payton, Roy Devyn Marble, Channing Frye, Ben Gordon, Luke Ridnour, Willie Green, Evan Fournier OUT: Arron Afflalo, E'Twuan Moore, Jameer Nelson, Doron Lamb, Jason, Maxiell, Ronnie Price

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Where’s the Magic?

Orlando, Florida. Inizia l’anno numero 3 dalla partenza di Dwight Howard. Da allora, estate 2011 , i Magic non sono più riusciti a trovare quel go-to-guy che il numero 1 2 rappresentava per loro. 43 W e 1 21 L, il conto delle partite giocate da allora senza Superman. Da allora non sono più riusciti ad agganciare il treno Playoff, nonostante il livello della Eastern Conference si sia molto abbassato da allora. Ma qualcosa sta iniziando a cambiare e a Orlando, città di Disneyworld, i tifosi potrebbero tornare a sognare grazie ad un vento di rinnovamento e di gioventù che inizia a tirareY

Come è andata la scorsa stagione...

L’anno scorso la bella sorpresa era stata Oladipo, seconda scelta al draft 201 3, che ha chiuso la stagione appena conclusa con 1 3.8 ppg e 4.1 sia di assist che di rimbalzi a partita. Assieme al #5 anche Nikola Vucevic, doppia doppia di media per il montenegrino (1 4.2 ppg e 11 rpg). Anche Tobias Harris ha fatto un’ottima annata iniziata male ma che da Gennaio l’ha sempre visto nei primi cinque in campo. Il resto della compagine di casa in Florida ha contribuito poco e infatti la stagione è stata negativa, conclusasi con un record di 23 W- 59L. Tanta gioventù ma poca sostanza nei Magic della stagione 201 3201 4 che è parsa ancora lontana da un gioco che le permettesse di arrivare ai playoff. Una delle giocate più belle della stagione passata è stata l’azione con la quale hanno battuto allo scadere gli Oklahoma City Thunder di Durant e company.

Be cosa succederà

Le debolezze dei Magic sono molte, ma la più importante è che manca un go-to-guy. Oladipo potrebbe ricoprire quel ruolo ma è ancora troppo presto per dirlo. Altra domanda è: riuscirà Aaron Gordon a fare valere il suo gioco fisico o sarà

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chiuso fuori dal perimetro e annullato? Elfriid Payton potrebbe essere la soluzione. Il play, preso in cambio di Saric da Phila, avrà tanti minuti da gestire e potrebbe fare buone cose. Certo, la dipartita di Nelson non è grave in sé ma Payton dovrà saper mettere gli attributi e impostare il gioco, anche aiutato da Oladipo. In sostanza la stagione dei Magic è ancora un punto di domanda gigante. Le prestazioni di Gordon e la sua attitudine perimetrale da sviluppare, l’affidabilità di Payton, la conferma e la crescita di Oladipo, la forza sotto le plance di Vucevic e degli altri lunghi. Certo, anche la situazione di una SouthEast Division che ha aumentato la sua difficoltà complica il cammino dei Magic. Aaron Gordon può essere un ottimo innesto dalla panchina come sostituto di Harris e Harkless, ha un atletismo impressionant e e sotto canestro fa sentire la sua presenza. I problemi, come già detto vengono quando parte lontano da canestro. Palleggio macchinoso e difficoltà ad impostare l’azione lo limitano perimetralme nte. Harris ha ancora ampi margini di miglioramento e i lunghi sono molto cresciuti, soprattutto O’Quinn, difensivamente. Fattore positivo per una squadra che l’anno scorso concedeva 1 02 punti a partita e che da quando Howard è andato ai Lakers non è più riuscita a trovare un difensore in grado di intimorire gli avversari.

piazzato, gioca sempre al massimo e cerca, quando possibile, la schiacciata più spettacolare possibile. Il suo compito sarà quello di approfittare delle difese concentrate su Oladipo e Payton per giocarsela al meglio, in difesa dovrà essere versatile anche per marcare SF molto più agili di lui, come Durant. Altro aspetto su cui lavorare sono i fondamentali base come il palleggio e il passaggio, che se aggiunti al suo già ampio bagaglio tecnico lo potrebbero rendere un temibile attaccante anche partendo da 7 metri dal ferro.

Conclusione

Nonostante degli ottimi innesti, la partenza di Afflalo si farà sentire in attacco e la troppa inesperienza giocherà a sfavore dei Magic. Qualcosa di meglio rispetto all’anno scorso ma ancora troppo poco per i playoff. Ma potrebbe esserci un miracolo da parte dei nuovi arrivati dal Draft e Orlando fa un’ottima stagione, anche se i playoff sono ancora troppo lontani e la mancanza d’esperienza farà pagare caro i Magic.

Previsione 32-50

Il Fattore Aaron Gordon

Gordon si presenta alla NBA dopo un ottimo anno in NCAA con Arizona e a mio parere è molto simile a Kenneth Faried, ma meno devastante fisicamente di Manimal. Dovrà mettere su chili di muscoli per farsi valere come PF e dovrò anche esercitarsi molto sul suo gioco offensivo per non autolimitarsi al gioco interno. Di positivo c’è che non si tira mai indietro dal contatto duro, nonostante non sia ben

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PHILADELPHIA 76ERS Gabriele Aloisi

Roster

PG: Michael Carter Williams, Casper Ware, Pierre Jackson SG: Tony Wroten, Alexey Shved, Elliot Williams, Malcolm Lee, K.J. McDaniels SF: Jason Richardson, Hollis Thompson, Jerami Grant PF: Luc Mbah a Moute, Arnett Moultrie, Brandon Davies, Jarvis Varnado C: Nerlens Noel, Joel Embiid, Henry Sims

Movimenti di mercato

IN: Joel Embiid, Alexey Shved, Luc Mbah a Moute, Pierre Jackson, Malcolm Lee, K.J. McDaniels, Jerami Grant OUT: Thaddeus Young, James Anderson, Byron Mullens, Adonis Thomas

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Un sogno diventato un incubo

Tutto ebbe inizio nell’estate 201 2, dallo scambio a 4 che portò Iggy a Denver, Howard ai Lakers e fece arrivare a Philly Andrew Bynum, anche lui in scadenza. I 76ers giocarono la carta Bynum forti di più fattori: la scadenza del contratto di Iguodala nell’anno seguente con la paura di perderlo gratis, la futuribilità di Turner e Young e la possibilità di poter allontanare Hawes da canestro per sfruttare il suo tiro da fuori. Quella carta si dimostrò tutt’altro che vincente, Bynum, già di cristallo, si infortunerà al ginocchio giocando a bowling e non scenderà mai in campo con la maglia dei Sixers, costringendo la dirigenza a non rifirmarlo al termine del contratto e a cambiare completamente piano per gli anni a venire. La stagione 201 2, partita con la speranza di emulare i playoff dell’anno precedente, si concluderà con un deludente 3448. Scordiamoci il passato, o quasi. La nuova stagione inizia con uno scambio: Holiday ai Pelicans per la 6a scelta del draft 201 3, utilizzata per Nerlens Noel, infortunatosi al crociato anteriore del ginocchio sinistro nel Febbraio 201 3, scivolato, per questo, dalla 1 a alla 6a scelta ma pronto a dimostrare il proprio valore in campo in una franchigia disposta ad aspettare il suo giovane. L’andazzo stagionale permetterà a Noel di non scendere in campo nella stagione 201 3/201 4 per recuperare pienamente dall’infortunio. Dallo stesso draft, con la scelta n°11 , pescano Michael CarterWilliams, versatile PG di 1 .98. Coprirà il vuoto lasciato da Holiday chiudendo con 1 6.7 punti, 6.3 assists e 6.2 rimbalzi a partita, unico tra i rookies insieme a Magic e Oscar Robertson a collezionare almeno 1 6p+6r+6a, e vincendo il titolo di ROTY. La stagione vedrà Philadelphia priva anche del veterano Richardson, fuori anche lui per la stagione intera. Anche grazie a questi infortuni. Il roster, non di primissima fascia a Est, fatica sempre più mese dopo mese. I 3 titolari nati nell’1 988: Turner, Hawes e Young migliorano leggermente le proprie statistiche ma non fanno il salto di qualità. Proprio Turner e Hawes pagano l’andazzo negativo e la striscia di sconfitte consecutive, iniziata il 31 gennaio 201 4, venendo scambiati il 20 febbraio: Turner finisce a Indianapolis per Granger, subito tagliato, Hawes ai Cavs per Sims che occuperà con discreti risultati lo spot di C nell’attesa di Noel.


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La striscia negativa arriverà a 26, eguagliando il record NBA dei Cavs, e finirà il 29 marzo contro i Pistons. La stagione si conclude con un disastroso 1 9-63 ma con la mente proiettata al futuro. Tutto come prima? L’estate 201 4 altro non è che il delinearsi del progetto iniziato l’anno precedente, un draft da cui poter attingere giovani promettenti e un taglio, definitivo, col passato. La storia si ripete, Philadelphia sceglie Embiid, centro camerunense di belle speranze, sceso alla n°3 per un infortunio ad un piede e, con la n°1 0, Payton girato ai Magic per la versatile ala croata Saric. Scelte effettuate solo ed esclusivamente in ottica futura visto che per Embiid si prevede lo stesso trattamento riservato a Noel (stagione ai box e arrivederci alla prossima SL) mentre Saric, sotto contratto con l’Efes, difficilmente scenderà in campo prima della stagione 201 6201 7. L’ultima mossa è lo scambio che manda Young a Minneapolis per Shved e Mbah a Moute abbandonando l’ultimo rimasuglio del passato per iniziare un progetto tutto nuovo. Un futuro roSEo. Prevedere il futuro per questi Sixers, escluso quello a breve termine, è tutt’altro che semplice. Il roster ha giovani di talento ma è troppo legato alla loro crescita, il probabile quintetto vedrà: MCW in cabina di regia a cui viene chiesta leadership e un miglioramento rispetto la scorsa ottima stagione dove, però, ha perso qualche pallone di troppo; Wroten nello spot di SG, talento stratosferico, cresciuto tanto lo scorso anno ma che ancora deve trovare la continuità che un titolare deve avere; Richardson da SF come vecchio saggio, gestore dello spogliatoio e tiratore sugli scarichi; Nel ruolo di PF iniziano a sorgere dei dubbi, Mbah a Moute può essere importante per le sue caratteristiche difensive ma difficilmente giocherà più di 25 minuti, vedremo nell’immediato futuro se Philadelphia interverrà sul mercato (si parlava di un interessamento per Stoudemire) o se Noel giocherà qualche minuto da PF approfittando della mobilità estrema del giovane e delle buone prove nella seconda metà di stagione di Sims nel ruolo di centro; Il centro titolare sarà Noel che fa delle leve lunghe e

dell’atletismo le sue doti migliori, grazie alle quali in Summer League si è distinto per i molti palloni recuperati, e che potrà sfruttare la sua mobilità anche offensivamente in ricezioni dinamiche contro i lunghi più lenti. Dalla panca Shved, che porterà versatilità e sarà importante se sarà quello visto nella stagione da rookie, e Sims, solido buon cambio nel ruolo di centro. Nell’attesa di vedere le prime scelte di quest’anno a completamento del quintetto negli anni a venire, è stato mandato un bel messaggio a Saric che, durante una partita dei mondiali, ha trovato 3 futuri compagni di squadra a fare il tifo per lui: MCW, Noel e Embiid. I presupposti per una squadra interessante negli anni a venire ci sono, dipenderà solo dai SE: se i giovani matureranno, se rimarranno sani (Turner e Bynum sono gli esempi più lampanti dei se “negativi”) e se sposeranno fino alla fine questo progetto a lungo termine. Sarà fondamentale il lavoro in campo, ma anche negli spogliatoi, di coach Brett Brown che ha a disposizione un gruppo giovane e talentuoso da plasmare. Stagione sulla falsa riga della precedente, con un roster ancora meno competitivo ma con giovani da cui ci si aspetta una crescita e su cui coach Brown potrà cucire una filosofia di gioco. Servirà per guadagnare un’altra scelta di livello al prossimo draft da schierare in quintetto o da usare come sesto uomo. L’ampio spazio salariale, di ben 25 milioni di dollari, verrà probabilmente smorzato per arrivare a un giocatore in scadenza in modo da potersi accaparrare qualche nome interessante nella prossima free agency.

Previsione 25-57

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PHOENIX SUNS Mario Iannone

Roster

PG: Goran Dragic, Isaiah Thomas, Tyler Ennis SG: Eric Bledsoe, Archie Goodwin, Zoran Dragic SF: PJ Tucker, TJ Warren, Gerald Green PF: Markieff Morris, Marcus Morris, Anthony Tolliver, Shavlik Randolph C: Miles Plumlee, Alex Len

Movimenti di mercato

IN: Isaiah Thomas, Tyler Ennis, TJ Warren, Anthony Tolliver, Zoran Dragic OUT: Leandro Barbosa, Channing Frye, Dionte Christmas

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GORAN DRAGIC, VERO LEADER DI UNA SQUADRA GIOVANE MA CON GRAN TALENTO

Terminato ormai il Mondiale, ormai si entra nel vivo della pre-season NBA con qualche dubbio e con qualche certezza portate proprio da quest0′ultima competizione. Parlando dei Phoenix Suns, non si può certo dire che i Mondiali siano andati male, ma anzi, hanno avuto ulteriori conferme del loro giocatore di punta nonché leader della squadra: Goran Dragic. Aldilà del dato puramente statistico (1 6 punti, oltre i 4 assist e 3 rimbalzi tirando con 55% dal campo e 34% da 3 punti di media) Dragic ha trascinato con grande personalità la Slovenia fino alla partita contro gli USA, dimostrando prima di tutto di essere migliorato ulteriormente dal punto di vista offensivo, tirando benissimo dal campo e forzando meno tiri del previsto nonostante abbia giocato da prima scelta offensiva e, come tutti sappiamo, con regole diverse dal mondo oltreoceano. Tuttavia l’aspetto che ha colpito di più gli addetti ai lavori e non, è stata la tenuta mentale e fisica di Goran durante tutta la competizione. Ha dimostrato una volta per tutte che leader lo si può anche diventare, partendo da una situazione non proprio agevole in quel di Houston infatti, Dragic è migliorato anno dopo anno fino ad arrivare la vittoria del MIP ed essere leader di una squadra che lotta per i PO. Ovviamente dovrà riconfermarsi anche nella prossima stagione, compito ancora più difficile visto la situazione della squadra che, con la partenza di Frye, ha perso un leader più emotivo nonché uomo spogliatoio e veterano. Coach Hornacek e staff indubbiamente si aspettano molto da lui, si aspettano soprattutto in definitivo salto avanti della squadra che è consapevole però di dover ripetere quanto di buono fatta nella passata stagione affidandosi a Dragic, cercando però di non cadere nella sportiva “dipendenza” come visto nella passata stagione. A questo però, i Suns hanno già provveduto, affiancando allo Sloveno, l’ex guardia di Sacramento Isaiah Thomas, sperando nella giusta chimica tra due giocatori apparentemente diversi ma con anche molte analogie.


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IL CASO BLEDSOE CONVINCENTE

E

IL

MERCATO

POCO

Dopo la passata stagione dove i Suns sono usciti sconfitti dalla lotta ardua per l’ottavo posto, Coach Jeff Hornacek e Ryan McDonough (GM dei Suns) hanno tirato le conclusioni di una stagione iniziata alla grande (tra le prime 5 fino a Dicembre), continuata bene e finita malino per via dell’obiettivo sfumato. Era chiaro a tutti che ai Suns mancava qualcosa per affermarsi nelle grandi, in parte però la squadra non ha grandissime colpe, il fattore fortuna purtroppo si è fatto sentire. I Suns infatti non sono riusciti quasi mai ad avere la coppia di Guardie al completo o almeno al 1 00%, per Bledsoe infatti è stata una stagione travagliata fisicamente che ha poi pagato nel finale di stagione. Nonostante questo però, il tempo sembrava dalla loro parte, squadra giovane e con i giusti rodaggi, un buon coach e un roster da far invidia, soprattutto, appunto il duo Bledsoe e Dragic pronto a sfracelli anche nella stagione successiva. Finalmente, dopo una situazione difficile e complicata, la squadra è finalmente al completo. Il caso Bledsoe, in dubbio sulla sua firma fino a pochi giorni fa, è stato archiviato. La Guardia 24enne dell’Alabama ha confermato infatti di voler far parte ancora del progetto Suns e di volerci rimanere a lungo. Questo “caso” però lascia comunque un po’ di amaro nella bocca di Ryan McDonough che, impegnandosi nell’atto di convincere Eric a rifirmare, si è occupato poco del mercato stesso, quest’ultimo probabilmente girava esattamente intorno a questa situazione, con sempre dietro l’angolo la remota possibilità di ricostruire la squadra da 0. Adesso, a poche settimane dall’inizio della stagione 201 4/1 5, il mercato della squadra arancio-viola sembra essere concluso: ma il roster è davvero competitivo? Alla luce di quello che è stato detto precedentemente, il roster sembra presentare ancora qualche debolezza soprattutto nel pacchetto lunghi dove, la sola presenza di Plumlee come lungo di spessore, non sembra bastare per raggiungere gli obiettivi prefissati.

ancora più famosa, al contrario, il numero incredibili di squadre ultra competitive ad Ovest, Conference in cui sono presenti anche i Suns. Situazione, quella dell’Ovest, “peggiorata” rispetto la stagione scorsa con l’incredibile mercato dei Dallas Mavs, la crescita esponenziale di Anthony Davis e dei suoi New Orleans Pelicans e il roster finalmente al completo dei Denver Nuggets. Situazione ovviamente che non favorisce i Phoenix Suns che sono consapevoli di dover fare un ulteriore salto di qualità rispetto l’anno scorso e di cercare di vincere soprattutto gli scontri diretti contro le dirette avversarie alla lotta PO. Nonostante questo i Suns, rispetto ai Nuggets, ai Pelicans e ai Memphis Grizzlies sembrano essere un passetto avanti grazie al roster ulteriormente allungato grazie all’inserimento dei due Rookie Tyler Ennis e TJ Warren, autore quest’ultimo di una Summer League favolosa, e Zoran Dragic, che potranno garantire rotazioni più ampie senza perdere in qualità. Sembra questo infatti il segreto per il successo ad Ovest: la tenuta fisica per tutto l’arco della stagione.

Previsione 46 – 36

LA DIFFICILE SITUAZIONE A OVEST

Ormai è risaputa la poca qualità delle squadre ad Est, ma è

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PORTLAND TRAIL BLAZERS Davide Banchini

Roster

PG: Damian Lillard, Steve Blak, Darius Morris, Diante Garrett SG: Wesley Matthews, CJ McCollum, Will Barton, Allen Crabbe SF: Nicolas Batum, Dorell Wright, James Southerland PF: LaMarcus Aldridge, Thomas Robinson, Victor Claver C: Robin Lopez, Chris Kaman, Joel Freeland, Meyers Leonard

Movimenti di mercato

IN: Chris Kaman, James Southerland, Darius Morris OUT: Mo Williams

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Stesse facce, stesse certezze

I movimenti di mercato questa offseason sono stati molti ma non tutte le squadre hanno fatto grande rumore con i loro scambi e firme: una di queste squadre sono i Portland Trail Blazers. Sì certo, non sono rimasti completamente a guardare gli altri, firmando Chris Kaman ad esempio, perdendo un giocatore importante come Mo Williams, che si è accasato nel Minnesota, ma il roster è rimasto -per quanto riguarda il fulcro della squadra- tutto sommato lo stesso. Bisogna aggiungere che per la prima volta dopo 1 6 anni, i Trail Blazers non hanno fatto alcuna scelta al Draft. Invece di investire su un rookie (eccezion fatta da James Southerland che però è arrivato da undrafted) hanno preferito quindi firmare una serie di free agent (soprattutto guardie che possiedono in quantità industriale), che testeranno al training camp e poi decideranno di tenere nel roster o tagliare. I Blazers l’anno scorso hanno disputato un’ottima stagione, concludendo la Regular Season con un buonissimo 54-28 e terminando la loro corsa nei Playoffs al secondo turno contro i meravigliosi ed invincibili Spurs dell’anno scorso, ma battendo, contro molti pronostici, i Rockets 4 – 2 al primo turno. La causa della grande stagione di Portland va ricercata nella definitiva esplosione di Damian Lillard, che è diventato definitivamente leader della squadra e franchise player: assurdo se si pensa che nel suo secondo anno la point guard dei Blazers ha viaggiato a 20.7 punti, 5.6 assist e 3.5 rimbalzi di media, venendo nominato nell’AllNBA Third-Team, e mostrando un carisma pazzesco per un giovane della sua età, che nei momenti più caldi dell’anno si è caricato sulle spalle la squadra ed ha messo a segno giocate decisive, con una serie di game winners impressionanti, in particolare il “Series-winner” in gara 6 contro i Rockets, che ha permesso alla sua franchigia di accedere al secondo turno dopo 1 4 anni dall’ultima volta. La passata stagione l’attacco è stato davvero straordinario 1 06.7 punti di media (quarto in NBA, difensivamente molto meno brillanti: 1 02.8 punti di media, 22esimi in NBA) soprattutto grazie alle 2 grandi bocche di fuoco della squadra, il già citato Lillard e LaMarcus Aldridge, che ha giocato veramente ad alti livelli (23.2 punti e 11 .1 rimbalzi di

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media), confermando ciò che per anni ha cercato di dimostrare e che finalmente negli ultimi anni gli è stato riconosciuto: il fatto di essere un All-Star. A proposito di LaMarcus Aldridge: questa stagione per lui, Robin Lopez e Wesley Matthews si entra nell’ultimo anno di contratto, e certo non stiamo parlando di giocatori qualsiasi, ma di tre tra le colonne portanti della squadra che hanno dato la possibilità a Portland di diventare competitiva, interessante sarà vedere come la dirigenza gestirà la situazione contrattuale e se riuscirà o vorrà rinnovare i giocatori. Si entra in un anno importante per l’intera franchigia, un anno in cui, dato il fatto che il roster è rimasto praticamente intatto, la chimica tra i giocatori dovrebbe già essere ben consolidata, cosa che presumibilmente gli renderà l’inizio della stagione più semplice rispetto ad altre squadre costruite recentemente, un anno in cui si deve fare un labor limae e perfezionare tutti quegli aspetti che sono mancati lo scorso anno per essere ancor più competitivi (la difesa ad esempio), un anno in cui si spera che la second unit sia più sfruttata e abbia maggior impatto, che è stata ultima per utilizzo (1 3.7 minuti a partita) e per punti (23.6 punti di media. Per fare un confronto: la panchina degli Spurs ha raccolto 44.3 punti di media in 20.8 minuti di utilizzo), ed infine, un anno in cui si spera che i ragazzi di Terry Stotts possano raggiungere il miglior risultato possibile, proprio perché a fine stagione alcuni giocatori fondamentali potrebbero lasciare Portland, cosa che li costringerebbe a ricostruire, che non è necessariamente negativo né necessariamente positivo ma che senza dubbio toglierebbe alcune di quelle certezze createsi in questi anni di lavoro.

Previsione 52-30

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SACRAMENTO KINGS Davide Di Sabatino

Roster

PG: Darren Collison, Ray McCallum, Deonte Burton SG: Ben McLemore, Nik Stauskas, Jared Cunningham, Scotty Hopson SF: Rudy Gay, Alonzo Gee, Omri Casspi PF: Derrick Williams, Carl Landry, Jason Thompson, Reggie Evans, Eric Moreland, David Wear C: DeMarcus Cousins, Ryan Hollins, Sim Bhullar

Movimenti di mercato

IN: Nik Stauskas, Darren Collison, Eric Moreland, Alonzo Gee, Scotty Hopson, Omri Casspi, Ryan Holliins, Deonte Burton, David Wear, Sim Bhullar OUT: Aaron Gray, Isaiah Thomas, Travis Outlaw, Wayne Ellington, Quincy Acy, Jason Terry

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Alla ricerca della svolta dal 2004

I favolosi King. In quanti, leggendo il nome di questa franchigia riportano indietro i ricordi ai vari Stojakovic, Webber e Jason Williams e al furto targato gialloviola? Penso più o meno tutti quel che seguono la NBA da almeno 1 0 anni, e purtroppo questa gloriosa squadra dopo quegli anni, è caduta nel fondo della WesternConference senza riuscire mai neanche lontanamente ripercorrere quella grande galoppata che si fermò alla Finale di Conference. Questi ultimi anni sono stati molto movimentati per la franchigia: tutto è cominciata con le varie voci che volevano il trasferimento della squadra a Seattle per riportare i Supersonics in NBA, ma il tutto è poi sfumato grazie all’aiuto dei proprietari e del sindaco di Sacramento che ha posto il veto per non muovere la squadra. Una volta messi a posto, si è parlato spesso anche di mercato, con i Kings in cerca di quel giocatore capace di fargli fare il passo successivo, visto che le basi sono ottime (DMC su tutti, passando da McLemore e Williams, con la certezza di Gay e la voglia di far bene di Collison), ma nonostante tutto, sono stati più volte accostati a Rajon Rondo, cui mezza NBA segue con molta attenzione. L’interesse per RR9 è molto forte, anche perché cercano qualcuno capace di creare un grande rapporto con DMC per ricreare un duo che manca dai tempi di White Chocolate-Webber; però le speranze per ora sono pochissime, per non dire nulle. Nonostante tutto, hanno saputo operare discretamente sul mercato, soprattutto sotto canestro. Piccola curiosità: la firma di Sim Bhullar è passato alla storia perché il giocatore è il primo indiano ad approdare in NBA! Tralasciando questa piccola curiosità ed entrando un po’ più nello specifico, analizziamo i punti di forza di questi Kings: come al solito la squadra girerà intorno al pazzo talento di DeMarcus Cousins, uno dei centri più forti e più discussi ultimamente. É certamente un fattore sia offensivamente che difensivamente, sa passare bene la palla, ma il brutto caratteraccio che si ritrova sta ostacolando la sua consacrazione: tutti quanti affermano che ci voglia un coach capace di tenerlo a bada, e su Michael Malone (attuale head coach) c’è ancora qualche dubbio, ma per quel che ha mostrato finora, ha fatto il possibile con DeMarcus. Oltre DMC, con la incredibile perdita di Isaiah Thomas (uno dei

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più grandi errori dell’intera gestione Kings a mio avviso), molti occhi saranno puntati su Collison, che dopo aver fatto il vice Chris Paul ai Clippers, vuole mostrare finalmente il suo potenziale, anche se in molti sono più che scettici e non hanno problemi ad affermare che i Kings abbiano perso qualcosa. Altro tassello fondamentale sarà Rudy Gay: dopo un’annata storta a Toronto è arrivato a Sacramento dove ha trovato un ambiente non ideale, ma quasi, per lui: essere il secondo violino è perfetto per lui, togliendogli molta pressione che ha dimostrato sia a Memphis che a Toronto di non poter sostenere. L’unica cosa che gli si chiede è di continuare a giocare come ha fatto finora, segnando senza pensare troppo e, per adesso, ci è riuscito senza alcun dubbio, giocando una più che discreta stagione con i Kings: 20 punti di media tirando con il 51 % dal campo, suo massimo in carriera. Cambiando argomento, il vero punto di forza di questa squadra, senza alcun dubbio, è sotto i tabelloni: Cousins, Williams, Evans, Landry, Thompson è un clamoroso frontcourt capace di assicurare rimbalzi e difesa, ma d’altro canto, nel backcourt dietro Collison e McLemore c’è quasi il vuoto; il rookie Stauskas può rivelarsi un Fredette 2 la vendetta, mentre McCallum ha mostrato solo a sprazzi il suo talento. I Kings indubbiamente stanno facendo un enorme sforzo per costruire qualcosa di simile alla squadra dei primi anni del 2000, e le basi ci sono (giovani promettenti), ma manca il mix con veterani e qualcuno che possa davvero dare la scossa ad un ambiente che nonostante tutto, mantiene sempre alto il suo attaccamento a questa storica squadra con una buonissima affluenza alle partite. E quest’anno, cosa li aspetta? I playoff li vedranno per l’ennesima volta dalla poltrona quasi senza pensarci, visto che ci sono diverse squadre meglio equipaggiate. Tutto si rimanderà alla imminente free agency dell’anno prossimo, dove ci sono numerosi giocatori in grado di cambiar la storia di diverse franchigie, e sicuramente la dirigenza dei Kings vuole riportare animo e felicità in un ambiente che meriterebbe davvero qualcosa in più.

Previsione 32-50

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SAN ANTONIO SPURS Francesco Cellinese

Roster

PG: Tony Parker, Patty Mills, Cory Joseph SG: Danny Green, Manu Ginobili, Marco Belinelli SF: Kawhi Leonard, Austin Daye PF: Boris Diaw, Kyle Anderson, Matt Bonner C: Tim Duncan, Thiago Splitter, Aron Baynes, Jeff Ayres

Movimenti di mercato IN: Kyle Anderson OUT: -

Squadra che vince non si cambia

I campioni NBA 201 4 arriveranno all’inizio della stagione con delle solide certezze: stesso allenatore, stessa squadra ed un gruppo che appare sempre più coeso e distribuito. Riassumiamo intanto quel che è accaduto nella scorsa stagione: reduci dalla cocente sconfitta con i Miami Heat in 7 gare nelle Finals 201 3, gli Spurs hanno affrontato il nuovo anno con le solite etichette: “vecchi”, “ormai non ce la fanno più”, “l’ultimo treno è passato quest’anno”. Tuttavia, tutto è andato come al solito: regular season trionfale, condita addirittura dal miglior record dell’intera lega, nonostante siano stati assorbiti svariati infortuni durante l’anno. Un minutaggio della rotazione che è andato spalmandosi ancor più degli anni precedenti, facendo fronte all’età dei big three. Nei playoff, il primo turno a Dallas

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regala una serie durissima, forse la più bella dell’intera postseason, dove gli Spurs riescono a piegare dei favolosi Mavs solo dopo 7 partite. Una volta passato il primo turno, la serie contro Portland è una lezione di basket per la squadra dell’Oregon, mentre nelle WCF OKC riesce a far sbandare la truppa di Popovich solo momentaneamente con il rientro di Ibaka. Nelle Finals 201 4 si è consumata la vendetta degli Spurs che hanno letteralmente demolito i rivali di Miami, consacrando la crescita di Kawhi Leonard, che non sempre durante l’anno aveva brillato nella maniera attesa, ma è stato magistrale nelle ultime 3 partite delle Finals, facendo la differenza su entrambi i lati del campo contro LeBron James. La situazione alle porte della stagione 201 4/201 5 vede una

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divisione dei tifosi in due scaglioni distinti: da un lato quelli del sono vecchi, era l’ultimo treno, sono sazi. Dall’altro quelli per cui giocano meglio di tutti, sono profondi, sono immortali, non ci sono avversari al loro livello. La verità come al solito sta nel mezzo, ma ci torneremo più avanti. Costruzione della squadra Come abbiamo già detto, squadra che vince non si cambia. RC Bedford è il GM che ha costruito (insieme al coach e a tutto lo staff) questa macchina di pallacanestro che ha incantato tutti e raggiunto quasi la perfezione, sia sul campo che in termini di risultati. Difficile fare meglio quando si hanno perennemente scelte nel fondo del primo giro ed uno spazio salariale ridotto. Bedford quindi si gode quello che già c’è a roste, mantenendo tutti i pezzi della squadra al loro posto e trova il

miglior acquisto per il 201 5 nell’annuncio di Tim Duncan: giocherà ancora una stagione, quasi certamente l’ultima della sua carriera. Partendo da queste prospettive non stupisce che il mercato Spura sia stato minimalista. Dal dart lo staff Spura sembra essere riuscito a pescare il meglio a disposizione: Kyle Anderson sembra essere un ottimo giocatore in quella posizione del dart, e le sue caratteristiche si sposano alla perfezione con quelle della filosofia Spura: Anderson è un’ala grande con ottima gestione della palla, passatore eccelso e una visione di gioco estremamente sopra la media per il ruolo. Si può dire che è un playmaker nel corpo di un’ala grande. Considerata la stagione appena trascorsa, l’accostamento a Boris Dia non può che essere naturale, anche forse la migliore comparazione offensiva la si ha con Lamar Odom, considerata la statura e la struttura

fisica. Nel rovescio della medaglia, il cookie da UCLA ha delle grosse lacune fisiche. Molto lento e poco esplosivo, è un tener difensivo a cui è difficile accoppiare un avversario in NBA, pecca anche spesso di concentrazione. Tuttavia l’ambiente Spurs sembra proprio adatto a lui. Dopo il Draft, gli Spurs hanno anche offerto tre contratti non garantiti a tre giovani giocatori: Josh Davis, Bryce Cotton e JaMychal Green. Molto probabilmente lo staff Spurs li sta valutando per il futuro ma sicuramente non faranno parte della rotazione di quest’anno.

Prospettive per la prossima stagione

Cosa aspettarsi per la stagione 201 4/201 5? Ognuna delle parti di cui abbiamo parlato sopra, ha le sue ragioni. Per chi scrive, è ragionevole aspettarsi un’ennesima regular season ad alto livello da parte degli Spurs: gli insegnamenti di Popovich sono talmente radicati in questo gruppo che la squadra ha dimostrato di poter esprimere il suo gioco anche senza il supporto a tempo pieno dei big della squadra. Nei ritmi spesso compassati della regular season, è facile prevedere un minutaggio ridotto per i vecchietti (tra i 25 e i 30 minuti), come lo scorso anno. Grazie al suo continuo miglioramento, non ci sarà da stupirsi se già in questa stagione le responsabilità offensive di Leonard saranno più accentuate, sebbene il ragazzo non presenti le caratteristiche classiche di una prima scelta offensiva. Per quanto riguarda i playoff, sono indubbiamente una delle squadre indiziate per arrivare fino in fondo (anche grazie allo smembramento dei grandi rivali, gli Heat), per quanto abbiamo descritto sino ad ora. Questo però significherebbe una terza stagione consecutiva alle Finals, giocando oltre 1 00 partite a stagione per una squadra che rischia gli acciacchi nei suoi uomini chiave, e non è nemmeno scontato vedere giocatori come Boris Diaw riuscire a reggere un’altra intera stagione su livelli di gioco magistrali, che appaiono comunque come un exploit in una più che onorevole carriera. Inoltre, fondare la propria forza sul gruppo è il modo più bello in assoluto di giocare e vincere nella pallacanestro, ma presenta l’insidia di dover mantenere intatti chimica e ingranaggi del gruppo. Ulteriori fattori di rischio oltre alla già citata integrità fisica. Un’impresa non semplice quando si gioca ai massimi livelli per lungo tempo e dove c’è un po’ di fisiologico appagamento per i traguardi raggiunti. Il 201 4 degli Spurs è stato magico, e le magie sono tali perché non si ripetono spesso. Ma voi scommettereste contro Pop?

Previsione 58-24

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TORONTO RAPTORS Francesco Vaccarella

Roster

PG: Kyle Lowry, Greivis Vasquez, Will Cherry SG: DeMar DeRozan, Jordan Hamilton, Louis Williams SF: Terrence Ross, Landry Fields, James Johnson, Bruno Caboclo PF: Amir Johnson, Patrick Patterson, Tyler Hansbrough, Chuck Hayes C: Jonas Valanciunas, Greg Stiemsm a

Movimenti di mercato

IN: Kyle Lowry, Greivis Vasquez, Patrick Patterson, James Johnson, Lou Williams, Lucas Nogueira, Bruno Caboclo, DeAndre Daniels OUT: Steve Novak, Nando De Colo, John Salmons.

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ASCESA

I Toronto Raptors sono una squadra in cerca di conferme: entrare nella storia della franchigia la passata stagione con un record di 48 vittorie e un’uscita a gara 7 del primo turno dei Playoff dopo una avvincente serie contro i Nets di certo non può passare inosservato agli occhi dei media soprattutto dopo il sorprendente modo in cui è avvenuto. Il punto di svolta: il 9 dicembre 201 3 i Raps scambiano Rudy Gay con i Sacramento Kings non ricevendo giocatori che insieme potessero eguagliare il suo valore, agli occhi di molti è sembrata la classica mossa che capovolge la strategia di una squadra annoverandola tra quelle incriminate di “Tanking”. Qualcosa era cambiato, ma nel verso giusto. Improvvisamente gli ingranaggi entrarono in funzione incastrandosi perfettamente l’uno con l’altro in una delle più palesi dimostrazioni di “Chimica di squadra” che si siano mai viste negli ultimi anni in NBA. L’assenza di Gay, dapprima vista negativamente, portò alla nascita di una situazione ideale in cui il talento e la grinta di Kyle Lowry sono riusciti a prosperare, Terrence Ross ha ottenuto lo spazio che le sue capacità meritano e DeMar DeRozan è asceso nell’élite delle guardie NBA divenendo, di fatto, “the face of the franchise”. Non solo questi nomi rappresentano il piccolo miracolo di cui Toronto si è resa protagonista, il front court formato dall’instancabile Amir Johnson e dal talento puro al servizio dei muscoli di Jonas Valanciunas rappresentano la spina dorsale di questa squadra che può contare sul contributo dalla panchina di comprimari di tutto rispetto come Greivis Vasquez capace di far correre i compagni di squadra in contropiede e di gestire con ottime abilità i possessi nella metà campo offensiva, Patrick Patterson, dimostratosi pedina fondamentale nelle rotazioni dei lunghi della squadra insieme a Hansbrough, a cui quest’anno si andrà ad aggiungere Greg Stiemsma come backup di Valanciunas portando in dote rimbalzi e difesa del pitturato. Importanti aggiunte al back court soprattutto in chiave offensiva sono Louis Williams, uomo capace di produrre punti in pochi minuti dalla panchina, e


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James Johnson che ha mostrato a Memphis buone abilità in attacco. Aggiunte azzeccate per una squadra che negli scorsi Playoff ha evidenziato non poche lacune realizzative.

DA DOVE RIPARTIRE

I Raptors sono la stessa squadra dell’anno scorso con interessanti aggiunte che vanno a coprire buchi nelle rotazioni e aumentano il potenziale di punti dalla panchina. Il nucleo della franchigia è rimasto immutato. Cruciale per il futuro è stata la rifirma di Lowry nelle fasi iniziali della Free Agency nonostante le sirene di interesse di squadre più blasonate. L’unico interrogativo che si palesa è se il play potrà ripetere le prestazioni della scorsa stagione pur non essendo nel cosiddetto “contract year” dando vita a speculazioni riguardanti il suo atteggiamento nelle passate stagioni dopo la firma di un contratto che lo descrivono svogliato, fuori forma e incapace di essere all’altezza delle aspettative che un contratto di quattro anni da 48 milioni di dollari inevitabilmente genera. Lowry sembra aver trovato la sua situazione ideale ai Raptors di cui è l’innegabile leader emotivo, ci aspettiamo dunque che riesca a eguagliare, se non superare, i numeri della passata stagione suggellando il tutto con la meritata convocazione all’All-Star Game. DeMar DeRozan è l’emblema di questi Raptors di cui rappresenta la brama di vittorie e l’ascesa a posizioni d’élite. Il suo sviluppo è vitale per Toronto. Nella passata stagione ha mostrato un’abilità al tiro crescente soprattutto per quanto riguarda la creazione di occasioni in isolamento in situazioni di immobilismo offensivo. Migliorata, se possibile, la capacità di andare al ferro concludendo in numerose occasioni in modo spettacolare e allo stesso tempo umiliante per gli avversari. Un elemento da non sottovalutare è che DeMar ha avuto la possibilità di allenarsi con Team USA e Coach K disputando il Mondiale, nonostante i minuti giocati non siano stati molti l’opportunità di esibirsi su un tale palcoscenico e la vittoria dell’oro sono stati un eccellente training camp fisico e mentale per il giocatore il quale ha certamente acquisito esperienza da

sfruttare in campo nella prossima stagione riscattandone cosi la mancanza evidenziata nella serie contro i Nets. DeRozan è chiamato alla stagione della consacrazione come stella nascente del panorama NBA e “Go to guy” della squadra la quale si affida totalmente a lui e Lowry dal punto di vista realizzativo negli ultimi minuti di una partita. Quando si parla del nucleo dei Raptors e di giocatori in ascesa impossibile non nominare Jonas Valanciunas la cui presenza in campo per la squadra è a dir poco rilevante dal punto di vista difensivo e uno dei motivi del successo della stagione scorsa alimentato soprattutto dalla asfissiante e organizzata difesa (Settima per punti concessi con 98 PPG) dei ragazzi di Coach Casey il quale più volte ha ribadito come Jonas sia un punto di riferimento imprescindibile per la franchigia. In nazionale Valanciunas ha disputato un mondiale piuttosto positivo e a tratti dominante sotto le plance, (1 4.4 punti, 8.4 rimbalzi di media) impreziosito da partite quali la prestazione da 22 punti, 1 3 rimbalzi e 3 stoppate contro la Nuova Zelanda guidando la sua Lituania fino alle semifinali venendo infine sconfitti dall’inarrestabile Team USA. Con una stella in rapida ascesa e due potenziali All-Star a costituire le fondamenta della squadra le aspettative a Toronto sono alte e quest’ anno un’uscita al primo turno potrebbe non soddisfarle.

Previsione 52-30

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UTAH JAZZ Andrea Conti

Roster

PG: Trey Burke, Dee Bost. SG: Dante Exum, Alec Burks, Ian Clark, Carrick Felix. SF: Gordon Hayward, Roodney Hood, Steve Novak, Jeremy Evans. PF: Derrick Favors, Trevor Booker, Jack Cooley, Brock Motum. C: Enes Kanter, Rudy Gobert.

Movimenti di mercato

IN: Trevor Booker, Dee Bost, Carrick Felix, Dante Exum, Jack Cooley, Roodney Hood, Steve Novak, Brock Motum. OUT: Diante Green, Richard Jefferson, John Lucas III, Erik Murphy, Brandon Rush, Malcolm Thomas, Marvin Williams.

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Ritorno al futuro

I Jazz si apprestano ad affrontare la loro quarantaduesima stagione in NBA, sono passati sedici anni dall’ultima apparizione di Utah alle Finals ma a Salt Lake City i tempi gloriosi di Stockton e Malone sembrano lontani anni luce. Si riparte da zero, dopo il prematuro addio di Corbin quest’estate la panchina è stata affidata a Quin Snyder. Ma chi è Quin Snyder? Se seguite l’NCAA questo nome non vi suonerà nuovo, ma per i meno informati è doveroso aprire una parentesi su questo giovane ed ambizioso allenatore. Snyder è cresciuto alla corte di coach Krzyzewski giocando come point guard dei Blue Devols dall’85 al ‘89, finita la carriera collegiale rimanere a Duke in qualità di assistant coach, lascia Durham solo quando gli viene offerto il posto di head coach a Missouri dove rimane fino al 2006, in seguito approda in Dleague dove diventa capo allenatore degli Austin Toros (2007-201 0), dopo l’esperienza in D-league vola in Russia in qualità di assistant coach del nostro Ettore Messina, in seguito torna negli USA e lavora come assistant coach di 76ers, Lakers e Hawks. Visti i variegati trascorsi diventa piuttosto difficile accostare Snyder ad una determinata filosofia di gioco, anche se ci sono diverse sfaccettature delle sue esperienze precedenti che lasciano intravedere il tipo di allenatore che abbiamo di fronte. Forse la caratteristica che più tutte lo differenzia dagli altri coach è il rapporto che tende ad instaurare con i giocatori; Snyder è molto comprensivo con i suoi giocatori, cerca sempre di instaurare un rapporto profondo mirato a individuare le corde giuste per motivarli e tirare fuori il meglio da ognuno di loro; non a caso tutti i suoi ex giocatori lo adorano e spendono parole al miele nei suoi confronti. Un grandissimo sostenitore di Snyder è niente poco di meno che Doug Collins che ha definito il neo coach di Utah “One of the best basketball minds I’ve ever been around”, con questi ottimi presupposti e in un ambiente giovane come quello dei Jazz,


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Snyder si appresta ad iniziare la sua prima stagione da capo allenatore in NBA e ad aprire un ciclo vincente che si pone l’obiettivo di tornare ai playoff in un paio di stagioni. Ma per tornare competitivi nel presente bisogna partire da gli errori della scorsa stagione. Cos’è che non andava nei Jazz di Corbin? La risposta è semplice quanto scontata: la difesa. Ma cerchiamo approfondire meglio la questa questione, la difesa è data principalmente da tre fattori: eFG% allowed, turnovers forced, defensive rebounds. Analizzando queste tre statistiche si nota che i Jazz sono quattordicesimi nella lega per rimbalzi difensivi, ventiseiesimi per eFG% allowed e ventinovesimi per turnovers forced. Trarre conclusioni è facile, Utah deve concedere meno tiri agli avversari e Snyder dovrà lavorare molto sull’intensità della fase difensiva. Parlando di fase difesiva un giocatore che potrebbe tornare molto utile alla causa dei Jazz è senza dubbio Rudy Gobert che ha dimostrato durante gli ultimi mondiali di poter essere un fattore in difesa (chiedere a Gasol per delucidazioni) e di avere il potenziale per diventare uno tra i migliori rim protector in NBA. Le uniche conseguenze positive della scorsa stagione spesa all’insegna del tank arrivano proprio dal Draft che ha portato a Salt Lake City due giocatori di prospettiva, i nomi in questione sono Dante Exum (quinta scelta) e Roodney Hood (ventitreesima scelta). Exum è considerato da molti un oggetto misterioso, discorso diverso per il neo arrivato in casa Jazz, Rodney Hood visto prima a Mississipi State e in seguito a Duke e che potrebbe ritagliarsi un buon minutaggio alle spalle di Gordon Hayward. A proposito di Gordon Hayward, l’ex Butler quest’estate ha firmato il contratto della vita: un quadriennale da 63 milioni di dollari che fa di lui l’uomo franchigia dei Jazz a tutti gli

effetti. I 1 4.8 millioni di dollari annui che Hayward percepirà possono sembrare elevati, ma Utah non poteva lasciarsi scappare un talento del suo calibro in grado di segnare, difendere, passare e con un QI cestistico sopra la media. Hayward è di fatto uno dei migliori giocatori statunitensi in prospettiva e nonostante la giovane età (classe 1 990) mostra una maturità e una leadership fuori dal comune. Se si guarda al roster dei Jazz da un punto di vista anagrafico non si può che essere ottimisti; l’attuale ossatura dei Jazz è composta da Trey Burke (classe 1 992, nona scelta Draft 201 3), Alec Burks (classe 1 991 , dodicesima scelta Draft 2011 ), Dante Exum (classe 1 995, quinta scelta Draft 201 4), Gordon Hayward (classe 1 990, nona scelta Draft 201 0), Rodney Hood (classe 1 992, ventitreesima scelta Draft 201 4), Derrick Favors (classe 1 991 , terza scelta Draft 201 0), Enes Kanter (classe 1 992, terza scelta Draft 2011 ), Rudy Gobert (classe 1 992, ventisettesima scelta Draft 201 3). È evidente che la dirigenza dei Jazz sà scegliere bene al Draft e che Salt Lake City è il posto ideale in cui un giovane può crescere senza fretta e senza troppe pressioni, se si guarda al passato dei Jazz troviamo diversi esempi a questo proposito. Prendiamo l’esempio di Stockton, pescato dai Jazz con le sedicesima chiamata nel ricco Draft dell’84, passa le sue prime tre stagioni in NBA da riserva giocando appena 1 8 minuti di media nella sua stagione da rookie realizzando 5.6 ppg e tirando con il 1 8% da treY nessuno a quei tempi poteva immaginare quello che Stockton sarebbe diventato da lì ad un decennio. Abbiamo citato Stockton e come non citare Malone pescato dai Jazz con la tredicesima chiamata nell’85, Stockton e Malone sono tutt’ora considerati due tra i più forti cestisti di sempre ma trent’anni fa non erano altro che due giovani di belle speranze potenzialmente non molto diversi da quello che possono essere diversi componenti del roster attuale di Utah. In tempi più recenti abbiamo l’esempio di Deron Williams arrivato ai Jazz nel 2005, è stato fatto crescere con calma e senza troppa fretta, durante il suo anno da rookie è partito dalla panchina per ben trentatre volte, chiudendo la stagione con numeri modesti (1 0.8 ppg e 4.5 apg) solo qualche stagione più tardi è diventato uno dei migliori playmaker in circolazione. Insomma a Salt Lake City con i giovani ci fanno fare, la filosofia dei Jazz è da sempre stata quella di far maturare il giocatore prima di concedergli un minutaggio importante; questo discorso applicato a prospetti del calibro di Exum, Kanter o Gobert fa dei Jazz un ambiente ideale per la crescita di giovani prospetti. Pazienza e lavoro duro sono le parole chiave tra le montagne dello Utah con un occhio al passato e lo sguardo proiettato nel futuro.

Previsione 30-52

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WASHINGTON WIZARDS Christian Salzano

Roster

PG: John Wall, Andre Miller SG: Bradley Beal, Glen Rice Jr, Garrett Temple SF: Paul Pierce, Martell Webster, Otto Porter, Damion James PF: Nene Hilario, Kris Humphries, Drew Gooden C: Marcin Gortat, Kevin Seraphin, DeJuan Blair

Movimenti di mercato

IN: Paul Pierce, Kris Humphries, DeJuan Blair, Garrett Temple, Damion James OUT: Trevor Ariza, Jan Vesely, Chris Singleton, Trevor Booker

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SALTO DI QUALITÁ

Nella passata stagione i Washington Wizards hanno avuto un record positivo dopo tante pessime stagioni (44W 38L) arrivando secondi nella Southeast Division dietro soltanto, con uno scarto notevole di 1 0 vittorie, ai Miami Heat. Qualificati con la quinta testa di serie, i Wizards domano i Bulls, privi di Rose, al primo turno con un confortante 4-1 . Al secondo turno incontrano i Pacers: la serie non inizia male, infatti Washington vince gara 1 ma nelle successive partite vengono fuori tutti i limiti offensivi della squadra capitolina che deve arrendersi agli uomini di Frank Vogel con un onorevole 4-2. Questo sarà, molto probabilmente, l’anno della consacrazione per i ragazzi di Randy Wittman. Il roster è stato sicuramente migliorato con giocatori di qualità come Paul Pierce e con giocatori di quantità come Kris Humphries, ex Celtics, e DeJuan Blair, ex Mavs, che migliorano uno dei front court di maggior spessore dell’intera lega. Le perdite non sono tanto gravi in relazione ai giocatori entrati, peccato solo aver perso uno dei migliori difensori perimetrali della lega quale è Trevor Ariza che ha deciso di “portare i suoi talenti” in Texas alla corte di Dwight Howard e James Harden. Il quintetto base è uno dei migliori della lega. John Wall viene dalla sua miglior stagione nella quale ha mostrato grandi doti di leader, per lui 1 9.3 punti a partita e 8.8 assist. In coppia con Bradley Beal, che l’anno scorso ha registrato medie di 1 7.1 punti a partita, forma uno dei back court più veloci e producenti dell’intera NBA, sia nella metà campo offensiva che in quella difensiva. Nello spot di ala piccola Paul Pierce sostituisce Trevor Ariza garantendo migliori spaziature, un tiro più affidabile da dietro l’arco e doti di leadership indiscusse. Il front court titolare ha un tasso tecnico molto elevato. Giocare con due lunghi come Nene Hilario e Marcin Gortat è abbastanza desueto nell’ NBA del 21 ° secolo, ma questa scelta ha dato ragione a coach Randy Wittman negli scorsi Playoff. C’è da dire che John Wall, Bradley Beal, Nene Hilario e Marcin Gortat hanno saltato sempre una ventina di partite nelle ultime stagioni e che Paul Pierce,


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andando per le 37 primavere, non potrà giocare tantissimi minuti per tutte le 82 partite di Regular Season più eventuali Playoff. Per i motivi sopra elencati i giocatori della panchina, compresi quelli che potrebbero essere ai margini delle rotazioni, si dovranno far trovare pronti per permettere l’accesso ai Playoff con, magari, il fattore campo al primo turno. Il primo, ed unico, cambio di John Wall è il veterano Andre Miller, troppo poco per una squadra che punta almeno al 2° turno ed infatti si potrebbero aprire degli scenari di trade per cercare di arrivare ad un altro cambio nel ruolo di playmaker. Per le guardie Glen Rice Jr e Garrett Temple ci saranno pochi minuti disponibili ma da giocare con grande intensità. Come cambi dell’ex Celtics Paul Pierce ci sono Martell Webster e Otto Porter. Martell Webster sarà il 6° uomo della squadra in grado di aprire il campo con il suo tiro da dietro l’arco dei 7.25, sfortunatamente salterà tutto il training camp per un infortunio alla schiena che lo ha costretto a sottoporsi ad un’operazione chirurgica lo scorso Giugno. Quest’ infortunio permetterà alla 3° scelta assoluta del Draft 201 3, Otto Porter, di guadagnare minuti e di riscattarsi da un’annata da Rookie non andata nel migliore dei modi. Sotto le plance i vari Kris Humphries, Drew Gooden, Kevin Seraphin e DeJuan Blair garantiranno punti, difesa e tanti rimbalzi quando i due lunghi titolari riposeranno.

poter migliorare una fase offensiva che si andrebbe ad accoppiare con una delle migliori fasi difensive della Eastern Conference. Con un anno di esperienza in più i ragazzi della capitale sono pronti a confermare e a migliorare i risultati ottenuti la passata stagione. L’obiettivo per la nuova stagione è uno: la Southeast Division. Infatti con il ritorno di LeBron James ai Cleveland Cavaliers, i Miami Heat non saranno più un avversario impossibile da battere per i “Maghi” della capitale.

Previsione 50-32

ALLA CONQUISTA DELLA SOUTHEAST DIVISION

Tirando le somme, i Wizards si sono comportati molto bene durante questa off season: hanno mantenuto intatto il nucleo che l’anno scorso ha dato vita ad una buona cavalcata ai Playoff e hanno aggiunto un veterano e futuro Hall of Famer quale Paul Pierce al roster. La firma dell’ ex capitano dei Boston Celtics sta a significare quanto Washington stia guadagnando appeal nel mercato dei Free Agents merito del lavoro del GM Ernie Grunfeld. Nelle mani di Coach Randy Wittman c’è tanto materiale sia tecnico che umano su cui lavorare per poter fare bene e per

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