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Redazione dell’Ordine degli ingegneri di Siracusa, redazione@ordingsr.it
Notiziario dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Siracusa
Anno II Gennaio/Marzo
Archimede
I figli di
I figli di Archimede
Anno II Gennaio/Marzo - 2019 Organo Ufficiale dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Siracusa Via dell’Arsenale, 44/D - 96100 Siracusa In copertina Particolare del Duomo di Siracusa Foto Luana Maugeri n.1980/A Ringraziamenti Si ringrazia il grafico Alessandro Sudano per il supporto alla realizzazione del layout del giornale
La Redazione
Giuseppe Grillo
n. 2213/A Settore Civile e Ambientale
Giuseppe Insolia
n. 123/B Settore Industriale
Laureato in Ingegneria Civile con in- Laureatosi in Ingegneria Elettrica dirizzo Idraulico presso l’Università al Politecnico di Milano, dal 2015 è degli Studi di Pavia. progettista e responsabile tecnico Opera nel campo della prevenzione dell’impresa DEGI s.r.l. specializzata incendi e della sicurezza sui luoghi nella progettazione, installazione e di lavoro all’interno dei poli petrol- manutenzione di impianti elettrici e chimici di Priolo, Melilli e Augusta. tecnologici civili e industriali.
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I figli di Archimede
Elisabetta Marino
Laura Timpanaro n. 2108/A Settore Industriale
n. 1960/A Settore Industriale
n. 1766/A Settore Industriale
Si laurea nel 2016 in Ingegneria Edile-Architettura a Catania, sviluppando il percorso di tesi presso l’NTNU di Trondheim. Attualmente muove i primi passi nella libera professione, collaborando nell’ambito della progettazione strutturale.
Laureata in Ingegneria Gestionale all’Università degli Studi di Catania ed iscritta all’Ordine degli Ingegneri di Siracusa dal 2013. Opera come esperto in sistemi di gestione aziendale: qualità, ambiente, sicurezza e energia.
Si laurea in Ingegneria Gestionale, con specializzazione in Logistica e Produzione all’Università di Pisa. Esperta in elaborazione dati e analisi di processi organizzativi, lavora nell’ufficio del Nucleo di Valutazione dell’Università di Catania.
Laureato a Catania in Ingegneria Edile, ha redatto la tesi sulla riduzione della vulnerabilità sismica dei tipi edilizi. Dal 2009 è titolare dell’impresa Blu Edil, che opera nel campo del recupero architettonico e della riqualificazione energetica .
n. 2231/A Settore Civile e Ambientale
Federica Vasta
Antonio Zacco
L’editoriale Cari colleghi, accantonato il 2018, stiamo già nel pieno del 2019, anno che speriamo sia quello di una risalita professionale. Dai segnali che arrivano dal mondo economico e politico ci sia aspetta, speriamo, una inversione di tendenza. Siamo presenti come comunità in notevoli attività sia a livello nazionale che locale. In ambito locale siamo promotori della nuova “Rete delle Professioni”, un tavolo tecnico composta da tutti gli ordini professionali, nato per affrontare con più vigoria le problematiche comuni legate alle professioni. Abbiamo tanti temi, tra cui il contributo per i vari piani regolatore dei comuni della provincia, il “poco efficiente” funzionamento dei vari uffici territoriali di nostro interesse, il nuovo Piano di Protezione civile comunale e provinciale e tanta altre attività minori. La rete è decollata e già ha messo in campo tante attività di contrasto e monitoraggio dei vari uffici territoriali di nostra competenza. Una bella prova di sinergia tra ordini professionali. Abbiamo avuto un ruolo importante di coordinamento del Patto territoriale per il Turismo che ha riscosso notevole successo e che ha dato, maggior prestigio e visibilità al nostro ordine. Tavolo Archiviato, con risultati egregi. Sul fronte regionale, siamo presenti nel tavolo della Consulta per una attività di controllo e monitoraggio intenso sui bandi, sulla attività di legiferazione regionale. Nonché nelle varie commissioni regionali di protezione civile, prezziario regionale etc…. Siamo in attesa di nuove elezioni che rinnoveranno a brevissimo il nuovo direttivo. In ambito nazionale abbiamo una fruttuosa attività nei vari tavoli decisionali. Una grande battaglia per l’equo compenso, l’iniziativa “diamoci una scossa” che sta interessando tutto il territorio nazionale. La presenza nei tavoli ministeriali per i vari argomenti di interesse della categoria. Stiamo partecipando a molti tavoli nazionali organizzati dal CNI. Siamo presenti, con grande partecipazione, nel comitato “Industria 4.0”, “C3I”, “Sisma Bonus”, “Protezione civile”, “Giovani”. Siamo parte attiva in redazione Nazionale per il “Giornale dell’Ingegnere”.
Stiamo lavorando, come sempre, tanto, in tanti e soprattutto serenamente.
Ci rivediamo presto per l’approvazione dei Bilanci.
Sebastiano Floridia
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Sommario Archivi, cosĂŹ si progetta la si- curezza antincendio tutelan- do strutture e documenti sen- sibili
La certificazione degli impian- ti a servizio degli edifici: una guida per tutti (parte III)
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Libero professionista Giancarlo Marino
Il Santuario della Madonna delle Lacrime di Siracusa: luo- go della presenza silenziosa di Dio e custode delle ultime la- crime della Madonna versate a Siracusa
Presidente Ordine di Genova Roberto Orvieto
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Ventilazione meccanica con- trollata: tra innovazione e recupero storico Libero professionista Alessia Giuffrida
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Docente Istituti Secondari Superiori Marcello Camizzi
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Dall’As is al To be: qual è la scelta più efficace? La digita- lizzazione delle procedure edilizie per far rinascere il settore, l’Italia è ancora agli ultimi posti Business Analyst Marco Torricelli
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Orientamenti interpretativi in merito agli interventi di sopra- elevazione di edifici esistenti
STS SRLS software Maurizio Fichera
Giovanni Vaccaro: settant’anni di ingegneria
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Commissione Marittima Barbara Tinè
Innovazione e tecnologia all’a- vanguardia per il termovaloriz- zatore Gespi
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Responsabile qualità, ambiente, sicu- rezza Enrico Lombardo
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Roberto Orvieto: ingegnere libero professionista, Consigliere del CNI
Archivi, così si progetta la sicurezza antincendio tutelando strutture e documenti sensibili
Abstract Archivi dotati di sistemi di soppressione dell’incendio, finalizzati a proteggere documenti di valore e le strutture dell’involucro edilizio: una progettazione sviluppata con l’impiego di soluzioni alternative che utilizzano un approccio ingegneristico del tipo “performance based”. L’obiettivo era quello di proteggere i documenti di valore conservati negli archivi, installando sistemi di soppressione dell’in-
cendio capaci di preservarli. Ci si è resi conto che il sistema di spegnimento poteva essere impiegato proficuamente anche per “limitare” drasticamente l’energia dell’incendio, utilizzando tali sistemi anche per proteggere al fuoco le strutture dell’involucro edilizio dell’archivio. L’obiettivo principale è quello di garantire la sicurezza in caso d’incendio in archivi, soggetti ai controlli di prevenzione incendi da parte dei Vigili del fuoco (D.P.R. 151/11), contenenti documenti di rilevante valore economico. Introduzione Gli archivi, di cui trattasi, sono attività individuate come Attività 34.1.B (.., archivi di materiale cartaceo.., con quantitativi in massa da 5.000 a 50.000 kg) nell’elenco delle attività soggette ai controlli dei Vigili del fuoco di cui al D.P.R. 151/11, pertanto, per esercire tali attività secondo i termini di legge, è necessario ottenere un valido titolo autorizzatorio ai fini antincendio. Passo obbligatorio per l’ottenimento è costituito dall’elaborazione di un progetto antincendio finalizzato a definire la strategia antincendio necessaria per garantire gli obiettivi di sicurezza antincendio. Il Committente Poste Italiane S.p.A. aveva inizialmente l’obiettivo di proteggere
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i documenti di valore economico e documenti non riproducibili conservati nei propri archivi (valori bollati e buoni postali). A tale scopo aveva previsto l’installazione di sistemi di completa soppressione dell’incendio capaci di preservare il bene e quanto ivi contenuto (sistemi clean agent). Nello studio progettuale ci si è resi conto che il sistema di soppressione poteva essere impiegato proficuamente anche per “limitare” drasticamente l’energia dell’incendio e, pertanto, tramite l’impiego di soluzioni progettuali avanzate, basate sull’ingegneria antincendio, si sono studiati, progettati e realizzati archivi cartacei utilizzanti, quali sistemi di protezione al fuoco delle strutture, impianti di protezione attiva (sistema di spegnimento), senza necessità di riqualificare contro il fuoco le trutture esistenti. Tali soluzioni sono previste nel Codice di Prevenzione Incendi, il D.M. 1° agosto 2015 (regola tecnica orizzontale) nella sezione M “Metodo - Scenari di incendio per la progettazione prestazionale” (punto M.2.6). Di seguito si focalizzerà la trattazione sugli aspetti del progetto antincendio legati alla protezione contro il fuoco delle strutture, portanti e separanti, che costituiscono l’involucro edilizio atto a contenere l’archivio, tramite sistemi di protezione attiva, impiegati normalmente per sopprimere gli incendi nei casi di merci immagazzinate di elevato valore economico o non riproducibili.
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Individuazione degli strumenti legislativo/normativi In ottemperanza al D.M. 7 agosto 2012, per attività non regolate da specifiche disposizioni antincendio, è necessario evidenziare i criteri generali di sicurezza antincendio, tramite l’individuazione dei pericoli di incendio, la valutazione dei rischi connessi e la descrizione delle misure di prevenzione e protezione da attuare per ridurre i rischi. Le attività “archivi” sono ricomprese nel campo di applicazione del Codice di Prevenzione Incendi, pertanto la scelta è stata quella di ricorrere all’impiego di tale disposto per ottemperare a quanto previsto dal D.M. 7 agosto 2012, utilizzando soluzioni progettuali “conformi” e “alternative” (non conformi) richiamanti l’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio (Fire Safety Engineering/ Performance Based Design). Metodologia Seguendo il Decreto 3 agosto 2015 (RTO), si è deciso di impiegare soluzioni progettuali alternative per la resistenza al fuoco degli elementi costruttivi, atte a garantire il livello di prestazione accettato dal disposto normativo, che prevedono l’impiego di specifici scenari di incendio e l’utilizzo di curve naturali, derivanti dall’azione dell’impianto di protezione attiva sull’evolversi dell’incendio. Quindi al fine di dimostrare il raggiungimento del previsto livello di prestazione, sono
state impiegate le metodologie dell’ingegneria della sicurezza antincendio, in base al punto G.2.6 del Decreto 3/8/15 (RTO). Per soddisfare le previste “soluzioni alternative” si è quindi condotto uno studio, basato sull’approccio ingegneristico, come previsto dalla sezione M “Metodi” della RTO, che si incentra principalmente sull’aspetto della stabilità delle strutture in caso d’incendio (structural stability). Per la sicurezza degli occupanti (life safety) si sono individuate soluzioni progettuali “conformi”, in base alla RTO, e quindi riconducibili a soluzioni di tipo prescrittivo. La progettazione, seguendo la metodologia dell’approccio ingegneristico, oltre a prevedere una relazione tecnica atta ad evidenziare il rispetto della strategia antincendio prevista dalla RTO, prevede una prima parte di ANALISI PRELIMINARE nella quale: • si definisce il progetto antincendio, definendo le caratteristiche costruttive dell’attività; • si individuano i pericoli di incendio; • si descrivono le condizioni ambientali per la valutazione degli effetti; • si analizzano le caratteristiche degli occupanti; • si identificano gli obiettivi di sicurezza antincendio; • si individuano i livelli di prestazione; • si identificano gli scenari di incendio di progetto. Ed una seconda fase di ANALISI QUANTITATIVA nella quale: • si definisce la soluzione progettuale e la strategia scelta per raggiungere gli 8
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obiettivi prefissati; • si individuando le misure di protezione passiva ed attiva e loro caratteristiche; • si scelgono i modelli di calcolo, modellando gli scenari di incendio; • si confrontano i risultati con livelli di prestazione prefissati. Analisi preliminare L’analisi preliminare definisce le condizioni al contorno, il progetto ed i pericoli ed identifica, come detto, gli obiettivi di
Particolari dell’installazione e a destra comp
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sicurezza antincendio. Lo studio in particolare, ha previsto il progetto di due locali archivio ubicati all’interno di un edificio di Poste Italiane, identificati come: Archivio buoni postali e Deposito valori bollati, inseriti in differenti posizioni all’interno dell’edificio. Sono stati identificati gli scenari che potessero essere i più sfavorevoli per gli individuati obiettivi di sicurezza antincendio. In tali condizioni, più rappresentative del rischio, determinate da quegli scenari,
ponenti del sistema di protezione
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anche definiti nel sommario tecnico, è stato impiegato uno studio ingegneristico / prestazionale per l’analisi dei seguenti aspetti: • analisi nel campo delle temperature; • analisi della diffusione del calore. Sono stati previsti, per perseguire gli obiettivi di sicurezza antincendio, impianti di protezione attiva costituiti da: • impianto automatico di rivelazione ed allarme incendio a tripla sicurezza, che combina 3 differenti tecnologie di rivelazione/attivazione (termica lineare, di fumo puntiforme, termica puntiforme ad attivazione termo-meccanica), a copertura completa di ogni archivio; • impianti di estinzione incendi ad aerosol installati all’interno di entrambi i locali archivio. Gli obiettivi di sicurezza antincendio, identificati per i locali archivio in esame, saranno i seguenti: 1. la resistenza al fuoco degli elementi costruttivi e quindi la capacità di compartimentazione di entrambi i locali archivio dovrà essere mantenuta, in caso di incendio interno al locale. 2. La resistenza al fuoco degli elementi costruttivi di perimetro e quindi la capacità di compartimentazione di entrambi i locali archivio dovrà essere mantenuta, in caso di incendio esterno al locale (risolta con metodologia conforme e quindi prescrittiva). Per la finalità del presente articolo ci si focalizzerà solamente sul primo obiettivo di sicurezza. In relazione agli obiettivi di sicurezza individuati, sono stati presi a riferimento i seguenti parametri ritenuti significatiI figli di Archimede
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Figura 1 - Disposizione dei pattern di termometri per la rilevazione delle temperature
vi per garantire il soddisfacimento degli obiettivi prefissati: • Temperatura massima a cui gli elementi costruttivi possono essere esposti. Si impone come temperatura a cui gli elementi costruttivi possono essere esposti, una temperatura non superiore a 140°C (più la temperatura ambiente) per quanto concerne la media delle temperature rilevate dai risultati della modellazione, mentre nessuna singola termocoppia potrà raggiungere temperature superiori a 180°C (oltre alla temperatura ambiente) 10
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(UNI EN 1364-1 e Decr. 16/02/2007), per tutta la durata dell’incendio (temperatura al di sotto della quale non si ritiene necessario effettuare verifiche di resistenza al fuoco degli elementi costruttivi, come desunto dalla letteratura). Le temperature misurate dai termometri, nella modellazione, sono quelle che si manifestano al solaio, immediatamente al di sopra del focolare preso come campione (pattern al di sopra del “plume” iniziatore, si veda schema figura 1), quindi le maggiori rilevate all’interno del locale.
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Figura 2 - Scenari di incendio di progetto Sopra: scenario B1 Sotto: scenario V2
Identificazione degli scenari di incendio
Configurazione e posizione del
di progetto
combustibile
Lo studio ha previsto l’analisi di molteplici e differenti scenari all’interno di entrambi i locali Archivio buoni postali e Deposito valori bollati. Verranno documentati, nella presente trattazione, uno scenario per l’Archivio buoni po stali ed uno per il Deposito valori bollati (selezionando i più rappresentativi dal punto di vista degli effetti studiati) (Figura 2).
Trattandosi, nei casi in esame, di archivi contenenti materiali cartacei organizzati in scaffali metallici aperti, la configurazione e la posizione del materiale combustibile ha seguito i criteri di seguito descritti: • considerando comunque i dati comunicati dai Responsabili dell’attività, sono state definite alcune posizioni del combustibile e quindi degli scaffali, ritenute le più gravose per i fenomeni studiati e per i locali in esame, in modo che si possano accettare diversi cambi di configuI figli di Archimede
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Testo articolo: Font Candara 14pt es ditisimin consequ atemquas etur?
razione da parte del personale addetto (adeguatamente formato); • l’evento iniziatore è costituito dall’incendio di un doppio scaffale, costituito da due scaffali accostati schiena-schiena, aperti sui quattro lati, considerati completamente pieni di carta; • la configurazione degli scaffali accoppiati è stata scelta da una prova estratta da letteratura tecnica validata (SFPE Handbook 3rd Edition – s.3, c.1) eseguita dal National Bureau of Standards, Gaithersburg, MD - USA (NBSIR 88-3695), che rappresenta esattamente una configurazione analoga al caso in esame (Quick Response Sprinklers in Office Configurations: Fire Test Results); • a vantaggio di sicurezza la coppia di scaffali accoppiati viene distanziata dai rimanenti quanto basta per portare su tutte le facce il giusto apporto di ossigeno necessario alla combustione (prove effettuate con gli scaffali a contatto hanno portato a risultati ritenuti troppo conservativi); • l’evento iniziatore costituente il “bruciatore”, modellato come un parallelepipedo a base quadrata, è libero di sprigionare la potenza dell’incendio (HRR) da tutte le superfici delle sue facce, esclusa la faccia posata sul pavimento (possiede base quadrata in quanto gli scaffali accostati schiena-schiena sono larghi 90 cm e profondi 45 cm). Per tutti gli scenari la temperatura iniziale di tutti gli elementi combustibili e non combustibili presenti all’interno dell’archivio viene posta pari a 25°C (ambiente riscaldato). 12
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Stato, tipo e quantitativo del combustibile – proprietà chimico fisiche Nella modellazione dell’incendio, a vantaggio di sicurezza, viene considerato uno “stipamento” del 100% (scaffale completamente pieno di carta). Per ciò che riguarda la tipologia degli scaffali questi vengono modellati come dei parallelepipedi a base quadrata delle dimensioni di base 0,9x0,9 metri e altezza 2,2 metri: il fuoco può essere sprigionato anche dalla faccia superiore considerando, a vantaggio di sicurezza, che gli scaffali possano avere materiale cartaceo po-
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sato anche sulla parte alta dello scaffale (ultimo ripiano che costituirebbe il cielo metallico dello scaffale) (Figura 3). Il modello utilizzato impiega un solo tipo di reazione chimica utile per simulare l’incendio: la scelta costituisce quindi la reazione di riferimento per ogni tipo di materiale combustibile presente. Le proprietà chimico-fisiche scelte per la reazione principale presentano un valore superiore a qualunque materiale realmente presente negli archivi in esame (Heat of Combustion 26’200 kJ/kg), valore utile per l’impiego nel modello di simulazione della combustione in fase gassosa (mixture fraction).
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Scelta delle curve della potenza termica rilasciata HRR(t) Dopo un’attenta ricerca, sono stati trovati nella letteratura tecnica riferimenti validati sull’andamento dell’HRR(t) per incendi di scaffali contenenti carta (si vedano paragrafi precedenti). Sono state analizzate un insieme di prove in scala reale (full scale) e successivamente prove specifiche che rappresentano una configurazione di materiale combustibile del tutto simile rispetto alla nostra configurazione reale. Tali prove prevedono che sia presente “un’isola” contenente 480* kg di carta posizionata in 4 scaffali metallici (si veda figura sopra) che coprono, nella configurazione scelta, una superficie di circa 2,25 m2 di pavimento (per maggiori dettagli è possibile fare riferimento al test originale “Quick Response Sprinklers in Office Configurations: Fire Test Results,” NBSIR 88-3695, National Bureau of Standards, Gaithersburg, MD) [(*) corrispondente a 4266 MJ/m2, mentre valori UNI EN 19911-2 pari a 1824 MJ/m2 fratt.0,8]: • una prima prova è stata condotta con un corridoio intermedio tra gli scaffali di 76 cm: la prova ha portato al raggiungimento di un HRR massimo (HRRpeak) di circa 1 MW in 280 secondi (prova 201); • una seconda prova è stata condotta con un corridoio intermedio tra gli scaffali, ridotto a circa 60 cm, lasciando volutamente materiale combustibile (2 scatole di carta di complessivi 3 kg circa – aisle with fuel) nel corridoio di separazione tra gli scaffali, in modo che potessero
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innescare due serie di scaffalature: la prova ha portato al raggiungimento di un HRR massimo (HRR peak) di circa 1,6 MW in circa 320 secondi (prova 202). Si è notato che l’andamento della curva è praticamente di tipo quadratico, con una velocità iniziale di crescita dell’incendio simile ad una curva media (medium fire, tg=300s) fino alla potenza di 1MW per poi seguire un andamento simile ad una curva rapida (fast fire, tg=150s) fino alla potenza di picco di 1,6MW raggiunta in circa 320 secondi (Figura 4). Si sceglie, per il caso in esame (a vantaggio di sicurezza), la tipologia di curva corrispondente alla prova che ha dato risultanze più gravose (HRRpicco 1,6MW*), che corrisponde all’incendio iniziatore di più di due scaffali (corridoio tra gli scaffali con materiale combustibile). [(*) corrispondente a 711 kW/m2, mentre valori UNI EN 1991-1-2 sono pari a 500 kW/m2]. La curva è stata interpolata linearmente per punti ed utilizzata per il modello. In figura 5 si riportano la curva scelta e i riFigura 4 - Office Storage, Heat Release Rate Tests 201 and 202 (fee burn)
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ferimenti bibliografici. Come si può evincere si sta caratterizzando l’incendio dell’archivio analizzando la sua fase iniziale e quindi lo scaffale iniziatore (cimento termico contemporaneo di due scaffali, a vantaggio di sicurezza); lo studio si concentra sulla fase di crescita dell’incendio fino al picco massimo in quanto proprio durante tale fase l’incendio viene calmierato, non avendo modo di evolversi, intervenendo l’azione di limitazione della curva di rilascio della potenza termica ad opera dell’impianto di estinzione. Cambiando tipologia di curva ed assumendo un incendio caratterizzato da una curva a sviluppo più veloce, il raggiungimento dell’istante di attivazione sopraggiungerà più rapidamente garantendo un taglio della curva di rilascio della potenza più precoce, con conseguenti risultati sulla limitazione dell’energia termica che impatta sulle strutture, oggetto del nostro studio. Per quanto detto, l’aspetto di fondamentale importanza nello studio non è quello di identificare la tipologia di crescita ma è caratterizzato dall’efficacia ed all’affidabilità di funzionamento dei sistemi automatici di estinzione dell’incendio adottati (Sistemi estinguenti ad aerosol condensato, realizzati, progettati ed installati secondo la norma UNI/ISO 15779:2012, contenenti 2 ridondanze aggiuntive, oltre quanto previsto dalla norma tecnica, per garantirne un’affidabilità di livello superiore).
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Figura 5 - Nelle figure viene mostrata la curva presa a campione per il nostro modello (Metal office staorage units, aisle with fuel)
Funzionamento dell’impianto di estinzione dell’incendio (sistema di estinzione completa) Per la simulazione dell’azione del sistema automatico di estinzione completa dell’incendio, nella letteratura specializzata è riconosciuto il metodo di calmierare la curva di crescita di rilascio termico HRR(t) “tagliandola” dall’istante temporale di scarica dell’impianto con un segmento cha la porta all’asse delle ascisse (potenza nulla) al tempo di completa estinzione. Tali ipotesi, da cui si determinano le curve di rilascio della potenza termica HRR(t) dell’incendio necessarie per il modello (si vedano paragrafi successivi), si confermano in linea con quanto documentato da curve HRR(t) risultanti da prove sperimentali (full-scale) prese
come esempio. Quanto sopra è anche confermato dal D.M. 3 agosto 2015 - “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139” - nella sezione M.2 (si veda la figura 6 e si noti il segmento tratteggiato di colore verde che “taglia” la curva portandola rapidamente a potenza zero). Quanto esposto rappresenta il punto di forza della strategia antincendio: l’integrale della curva della potenza termica rilasciata rappresenta l’energia termica ceduta dall’incendio; abbattere la curva di rilascio della potenza termica dell’incendio, da parte del sistema di estinzione, significa ridurre drasticamente la quantità di energia ceduta agli elementi costruttivi. I figli di Archimede
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Figura 6 - Illustrazione M.2-1: fasi dell’incendio
Costruzione della curva della potenza termica rilasciata Come si può evincere dal grafico precedente, al fine di costruire il modello della curva dell’incendio che segue l’azione dell’impianto di estinzione, risulta indispensabile determinare l’istante temporale tx di attivazione del sistema automatico. È necessario quindi, per capire come determinare tale istante, illustrare la sequenza temporale che porta all’attivazione del sistema automatico di estinzione. Dall’istante di inizio dell’incendio, si susseguono due tempi, che vengono sommati prima che il sistema si attivi e faccia quindi partire la scarica dell’agente estinguente (Figura 7). Per essere attivato l’impianto di estinzione devono succedere i seguenti eventi: • rilevazione dell’incendio, con rivelazione ottica di fumo (per noi anche con rivelazione termica lineare); • diramazione dell’allarme di abbando16
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no del locale e partenza simultanea del tempo di pre-scarica; • terminato il tempo di pre-scarica (UNI10877 ed EN12094), attivazione della scarica. Dopo essersi attivato l’impianto di estinzione, è previsto un tempo limite di scarica di 60 s, successivamente deve verificarsi un abbattimento della fiamma entro successivi 60 s e nessuna fiammata dopo 180 s (tempi massimi prescritti dalla norma UNI EN 15779 punto D.6.3.4 e calcolati dal termine della scarica). Dopo tali eventi non devono verificarsi riaccensioni. Quindi, la curva dell’incendio, dopo la sua effettiva rivelazione, continuerà a crescere fin tanto che l’impianto di estinzione non sarà effettivamente attivato: già durante la scarica inizierà una rapida discesa della curva fino alla potenza zero (Figura 8). Per determinare l’istante temporale di attivazione dell’impianto di estinzione,
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Figura 7 - Scarica dell’agente estinguente
tenuto conto degli scenari di incendio scelti, sono state misurate le temperature all’intradosso del solaio. I termometri sono stati disposti al di sopra dell’incendio iniziatore, nella medesima posizione in cui “passa” il cavo termosensibile, come nella reale installazione (si veda la figura 1). Nel modello, a vantaggio di sicurezza, si ipotizza che l’impianto venga attivato dai sensori di rivelazione lineare di temperatura (maglia composta dal cavo termosensibile tarato a 57°C); nella realtà,
come sopra detto, l’attivazione dell’impianto avviene, per norma, con rivelazione ottica di fumo (più precoce della rivelazione termica). Per quanto detto al fine di costruire il modello della curva dell’incendio che segue l’azione dell’impianto di estinzione si è agito per passi successivi: • una prima simulazione, che modella tridimensionalmente la geometria dell’ambiente, ha lo scopo di determinare il tempo t* in cui le temperature medie dell’incendio raggiungono le temperatu-
Figura 8 - Curva dell’incendio e sua rapida discesa fino alla potenza zero
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Testo articolo: Font Candara 14pt es ditisimin consequ atemquas etur?
re di attivazione dell’impianto di rivelazione (pattern esterno con termometri posizionati nella posizione del rivelatore termico lineare / cavo termosensibile ad attivazione 57°C); • al tempo t* viene sommato il tempo di pre-scarica per individuare il tempo tx, prima di raggiungere questo tempo la curva di HRR(t) ha modo di crescere (solo dopo questo tempo il sistema di estinzione può intervenire); • dal tempo tx = (t*+60) secondi inizia il segmento di discesa asintoto della potenza verso lo zero (curva HRR(t) -> asse delle ascisse);
• il segmento di discesa verso lo zero viene modellato linearmente (a vantaggio di sicurezza) da due punti: valore di HRR(t) nell’istante tx e punto all’istante (tx +240) secondi, sull’asse delle ascisse (i 240s previsti sono composti da 60s massimi di durata della scarica sommati a 180s, dopo cui, per norma, non possono esserci più fiamme). • la curva così costruita sarà utile per la seconda simulazione, che ha lo scopo di determinare le massime temperature che si manifestano all’intradosso del solaio sopra l’incendio (Figura 9).
Figura 9 - Abbattimento della potenza rilasciata HRR (t) operato sulla curva naturale
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Al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati la strategia antincendio prevede l’impiego di misure di sicurezza attiva e passiva, quali: • caratteristiche di resistenza al fuoco dei locali, con prestazioni in merito al mantenimento della capacità portante, comunque non inferiore a 30 minuti (sufficienti in funzione delle soluzioni progettuali alternative adottate, anche secondo quanto previsto dal Decreto 3 agosto 2015); • presenza di impianti di protezione ad attivazione automatica in caso di incendio: tutti i locali in esame sono protetti con un sistema automatico di completa estinzione dell’incendio (sistemi estinguenti ad aerosol, realizzati, progettati ed installati secondo la norma UNI/ISO 15779:2012); • ridondanza nel sistema di attivazione della scarica: installazione di 3 differenti sistemi di attivazione, che in caso di guasto possano definire una catena robusta di elementi paralleli che in caso di default di uno di questi possa essere sopperito dal successivo (rivelazione ed attivazione del sistema con rivelazione di fumo, rivelazione ed attivazione del sistema con rivelazione termica lineare, attivazione diretta termo-meccanica con by-pass di tutta l’elettronica); • presenza esclusiva di personale sveglio ed addestrato, attestato dal SGSA; • mantenimento del Sistema di gestione della sicurezza antincendio (SGSA); • l’energia termica specifica di progetto per ogni locale limitrofo, che possiede elementi di separazione che insistono sul compartimento dei locali archivio, dovrà essere sempre mantenuta al di sotto dei
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300 MJ/m2 (che portano ad una classe di resistenza al fuoco pari a 15), sicuramente compatibile con gli elementi separanti del compartimento dei locali archivio che possiederà comunque caratteristiche di resistenza al fuoco non inferiore a 30 minuti; • negli archivi, per motivi antinfortunistici, vengono installati vetri temprati (con la tempra, si consente al vetro di sopportare delle differenze di temperatura superiori ai 200°C). Descrizione del sistema di soppressione dell’incendio ad aerosol condensato È stato installato, in ogni archivio, un impianto fisso antincendio con estinguente ad aerosol condensato (secondo la norma UNI/ISO 15779:2012). Il sistema di spegnimento si basa sull’impiego, come agente estinguente, di un aerosol a base di Carbonato di Potassio sviluppato da una miscela solida definita “compound”, contenuta in erogatori di acciaio dotati di griglie per l’espulsione in ambiente e definiti “generatori di aerosol”. A livello progettuale vengono calcolate le concentrazioni in ambiente: normalmente a livelli di concentrazioni idonee ad estinguere l’incendio, non sussistono problemi di anossia, in quanto il particolato disperso dai generatori, non agendo per sottrazione del livello di ossigeno (resta invariato al 18-20%), mantiene buone condizioni di vivibilità (le polveri degli estinguenti ad aerosol possiedono certificati di atossicità e nella scheda di sicurezza sono previsti effetti irritanti ma non letali). In ogni archivio saranno I figli di Archimede
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presenti più generatori di aerosol atti a formare la quantità predeterminata di estinguente. Il processo di spegnimento blocca la reazione di catalisi dell’incendio e si attua attraverso due azioni: • Azione Fisica: consiste nella capacità del carbonato di potassio di attenuare l’energia della fiamma per il processo di ionizzazione dello stesso in presenza del fuoco. Al contatto con la fiamma l’aerosol reagisce chimicamente formando radicali di potassio K+ derivati dalla dissociazione dei sali di potassio. • Azione Chimica: l’aerosol blocca i radicali liberi che alimentano la combustione, attraverso la formazione di radicali di potassio K+ che legandosi con i radicali liberi OH formano un composto stabile KOH con conseguente inibizione dell’incendio.
teggere e la centrale di attivazione aerosol ha un segnale di controllo continuo sulla linea di attivazione dei “generatori” (la rivelazione avviene con sensori puntiformi di fumo). 2. Un secondo sistema di rivelazione, costituito da rivelatori lineari di calore (cavo termosensibile tarato a 57°C), collega direttamente contatti puliti della centrale di spegnimento (il cavo semplicemente quando raggiunge la temperatura caratteristica si cortocircuita, per fusione dell’isolante, chiudendo il circuito ed attivando l’allarme e poi la scarica). 3. Incorporato, a bordo di ogni generatore di aerosol, viene inserito un attivatore termomeccanico, capace di attivare l’aerosol by-passando ogni circuiteria elettrica od elettronica (una lamina di bimetallo, tarata a 72°C misura la temperatura ed attiva meccanicamente il generatore) (Figura 10).
Ridondanze di attivazione per garantire l’affidabilità del sistema di spegnimento
Tempi della simulazione
Riveste particolare importanza la catena di ridondanze installate nel sistema per garantire l’attivazione della scarica con un’affidabilità del sistema di livello superiore, oltre a quanto previsto dalla regola dell’arte (norma UNI/ISO 15779:2012). Sono stati inseriti 3 differenti sistemi di attivazione, che in caso di guasto possano definire una catena robusta di elementi paralleli che in caso di default di uno di questi possa essere sopperito dal successivo: 1. il sistema di rivelazione e spegnimento sorveglia continuamente il locale da pro20
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Lo scopo della presente analisi prestazionale è quello di verificare la stabilità delle strutture in caso d’incendio (structural stability). Pertanto la simulazione è stata arrestata al ritorno della temperatura ordinaria.
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Figura 10 - Ridondanze di attivazione oltre a quanto previsto dalla regola d’arte (UNI ISO 15779-2012)
Risultati Nelle tabelle seguenti si mostrano i risultati quantitativi dell’andamento visivo
della simulazione ed i valori quantitativi puntuali misurati o calcolati dal modello per i 5 scenari di incendio considerati.
Foto del Teatro di Verdure di Siracusa. Foto di Enrico Roncallo (SR 1140)
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SCENARIO B1
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Riepilogo dei valori raggiunti dall’HHR di picco al tempo di rivelazione e al tempo di scarica Si riportano, in figura11 i valori, calcolati con la modellazione dell’incendio, di HRR max all’istante t* e tx. Analisi nel campo delle temperature Si mettono a confronto sinteticamente i risultati ottenuti dalle simulazioni prese a campione per il confronto con i livelli di
prestazione. Conclusioni Visti i risultati dello studio effettuato e confrontati con i livelli di prestazione ritenuti significativi per garantire il soddisfacimento degli obiettivi di sicurezza antincendio prefissati, si può giungere alle seguenti conclusioni. Mettendo in atto i sistemi di protezione attiva, progettati a seguito dello studio ingegneristico prestazionale, è possibile I figli di Archimede
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Testo articolo: Font Candara 14pt es ditisimin consequ atemquas etur?
perseguire gli obiettivi di sicurezza antincendio relativi alle finalità per le quali è stato applicato l’approccio ingegneristico. Pertanto, la resistenza al fuoco degli elementi costruttivi e quindi la capacità di compartimentazione dei locali archivio sarà mantenuta, in caso di incendio interno al locale, come evidenziato dalle temperature misurate nel modello.
RINGRAZIAMENTI Si ringrazia Poste Italiane, per aver creduto e accordato lo studio e l’approccio intrapreso. Si ringrazia l’ing. Angelo Oliviero, project manager di Poste Italiane, per le opere di adeguamento progettate, per la vicinanza durante la nostra complessa fase progettuale, per il supporto fornito durante le fasi di approvazione e per la supervisione generale durante la fase di installazione dei sistemi di protezione attiva che stanno alla base del progetto.
Figura 11 - Valori di HRR max calcolati con la modellazione dell’incendio
BIBLIOGRAFIA & SITOGRAFIA: – Bryan J L, “Behavioral response to fire and smoke”, in The SFPE Handbook of fire protection engineering, 3rd edition, NFPA, 2002. – Heskestad G, “Fire Plumes, Flame Height, and Air Entrainment”, in The SFPE Handbook of fire protection engineering, 3rd edition, NFPA, 2002. – Quintiere J G, “Fundamentals of fire phenomena”, John Wiley & Sons, 2006. – Cox G, “Basic considerations”, in Combustion fundamentals of fire, pp. 1-30, Academic Press, London, 1995. – McGrattan K, Hostikka S, Floyd J, “Fire dy26
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– [PD 7974-6:2004] - published document - The application of fire safety engineering principles to fire safety design of buildings - Part 6: Human factors: Life safety strategies . Occupant evacuation, behaviour and condition (Sub-system 6). – Decreto 9 maggio 2007 - Direttive per l’attuazione dell’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio. (G.U. n. 117 del 22 maggio 2007). – Decreto 3 agosto 2015. Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 3 2006, n. 139.
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Testo articolo: Font Candara 14pt esprofessionista ditisimin consequ atemquas etur? Alessia Giuffrida: architetto, libero
VENTILAZIONE MECCANICA CONTROLLATA: TRA INNOVAZIONE E RECUPERO STORICO Introduzione Da sempre l’uomo costruisce edifici per proteggersi dall’esterno e vivere in ambienti confortevoli dal punto di vista climatico. L’evoluzione delle tecniche costruttive, però, non sempre si sposa perfettamente con le esigenze di comfort abitativo e salubrità. Nel corso di questi ultimi cento anni, infatti, si è passati da una tecnica costruttiva che prevedeva muri portanti in pietra, infissi in legno e tetti in legno e coppi a muri in c.a., cappotto isolante, infissi perfettamente stagni in metallo e coperture latero cementizie. L’involucro edilizio risulta pertanto sigillato, con il risultato che diminuiscono i ponti termici e lo scambio di calore verso l’esterno ma si perde anche la naturale traspirazione per infiltrazione che prima era inevitabile. Lo scambio di aria con l’esterno è invece un fattore fondamentale perché permette di avere
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aria pulita e fresca, asportare l’umidità interna, le sostanze inquinanti prodotte da persone, arredi e pitture (VOC) e il calore in eccesso, nonché asciugare le strutture. Il risultato invece è quello dell’accumulo della condensa, dell’umidità e di inquinanti, di pareti interne che rimangono fredde in inverno, di infissi bagnati internamente ecc. con pesanti conseguenze per la salute e per la concentrazione. Aprire le finestre significa disperdere verso l’esterno il calore o le frigorie prodotte all’interno, far entrare aria a volte più umida e inquinata, aumentare il rumore percepito all’interno, il tutto senza alcun controllo e con uno spreco economico non indifferente. La tecnologia per il comfort La soluzione rintracciata in questi ultimi anni è quella della Ventilazione Mecca-
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Il modo di abitare è mutato con il passare del tempo al fine di migliorare il comfort ambientale dell’uomo. nica Controllata (con controllo dell’umidità ambientale) attraverso macchine più o meno grandi (UTA ovvero Unità di Trattamento dell’Aria) che riescono a ricambiare l’aria degli ambienti interni con quella esterna previo filtraggio, deumidificazione, e riscaldamento/raffrescamento per avere una temperatura confortevole. L’aria viene immessa negli ambienti a bassa velocità senza generare forti correnti d’aria e la UTA, grazie ad un filtro scambiatore a flussi incrociati, recupera anche il calore o le frigorie prima di espellere l’aria all’esterno con notevole riswparmio sui consumi energetici. In questo modo non è più necessario aprire le finestre ma basta invece impostare la macchina in base ai valori proposti dall’attuale sistema normativo.
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La norma da utilizzare per gli impianti aeraulici è la UNI TS 11300 (adattamento italiano della europea UNI EN ISO 13790) che definisce una metodologia di calcolo univoca per la determinazione delle prestazioni energetiche degli edifici1. Per dare un’idea circa i volumi d’aria da ricambiare negli ambienti al fine di respirare aria salubre si pensi che per le abitazioni e gli uffici ventilati naturalmente occorrono 0.5 vol/h, ovvero in un’ora va ricambiata la metà del volume d’aria contenuta nel locale di riferimento. Tale ricambio, nel caso di ventilazione meccanica, può scendere tra 0.3 e 0.4 vol/h, e mediante un recuperatore di calore si possono ottenere rendimenti per la climatizzazione sia estiva che invernale molto alti e quindi si possono avere notevoli risparmi di energia primaria. Riguardo agli impianti di VMC, possiamo distinguere tra impianti con o senza recuperatore di calore, con o senza canalizzazioni, ma in ogni caso la portata d’aria viene garantita dall’uso di uno o più ven1 Altri riferimenti normativi sono i seguenti: D. Lgsl 311/2006, UNI EN ISO 13790, UNI EN 15241, UNI EN 15242, UNI EN 15251
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Nella foto in alto abbiamo un sistema di rinnovamento dell’aria a flusso semplice mentre l’immagine in basso rappresenta l’innovazione dello scambio di calore: sistema a doppio flusso o a flussi incrociati.
tilatori. Nel caso dell’ambito residenziale e commerciale si preferiscono gli impianti canalizzati che hanno il vantaggio di avere la macchina in posizioni specifiche o in locali tecnici, con la conseguente riduzione della rumorosità negli ambienti trattati.
Gli scambiatori a flussi incrociati recuperano la quasi totalità del calore o delle frigorie prima di espellere l’aria all’esterno. 30
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Esistono poi due tipologie di VMC: a semplice (o singolo) flusso o a doppio flusso. Nel primo caso si ha l’aspirazione dagli ambienti “sporchi” e umidi (cucina, bagno, lavanderia) tramite ventilatore a parete o a soffitto e l’immissione tramite feritoie nei muri degli altri ambienti (soggiorno, camera da letto, uffici). In tali casi non è possibile controllare il flusso di aria in ingresso e lo scambio di calore con l’esterno. L’impianto a doppio flusso, invece, provvede sia alla ripresa che alla mandata dell’aria negli ambienti attraverso due circuiti separati. Per quanto più costoso permette però di incrociare i due flussi e, attraverso un recuperatore di calore, estrarre dall’aria “sporca” l’e-
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nergia per climatizzare l’aria “pulita” prima di immetterla negli ambienti. In contemporanea i filtri permettono di pulire l’aria dagli agenti inquinanti e le batterie di deumidificarla in estate o umidificarla in inverno. Ogni ambiente, in base al suo utilizzo, può usufruire, in modo programmato, di un determinato numero di ricambi orari necessari a garantire il benessere e il comfort abitativo. Uno degli esempi di applicazione di tale tecnologia si trova a Lentini (SR), perdipiù in centro storico. I proprietari sono stati talmente coraggiosi da investire in tecnologie innovative nel recupero di un edificio di inizi del ‘900, nonostante la miscredenza generale che portava a pensare non solo che certe tecnologie
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non funzionassero, ma anche che non fossero adeguate ad un edificio storico, con tutte le problematiche che il recupero comporta. Invece si è riusciti ad integrare la grossa UTA e il dedalo di canali con la struttura senza alterarla e con un risultato sorprendente. L’uso della UTA, abbinato al pavimento radiante, ha portato immediatamente i suoi benefici facendo rilevare un evidente comfort abitativo, anche in mesi caldissimi per il clima siciliano. L’UTA da 2700 mc/h per quasi 5 m di lunghezza, 1.70 m di altezza e 850 kg, è stata posizionata in un locale tecnico, recuperato appositamente rimuovendo i detriti di lavori del secolo scorso. I canali sono stati progettati in base ai necessari ricambi di volume, seguendo percorsi
L’UTA nel locale tecnico da collegare ai canali aeraulici e ai serbatoi di acqua tecnica.
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L’UTA vista dal basso nel controsoffitto della depandance in fase di montaggio.
che non alterassero la consistenza e la bellezza delle volte e delle strutture esistenti. I canali sono prevalentemente rettangolari, più grandi al piano terra e più piccoli man mano che si sale verso la mansarda. Al piano terra sono stati fatti passare entro scavi a sezione obbligata in mezzo al pietrame di riempimento tra i muri di fondazione; agli altri piani sono stati posizionati nei corridoi, approfittando dell’altezza degli stessi per nasconderli entro i controsoffitti. Una seconda macchina di dimensioni ridotte è stata addirittura posizionata nel controsoffitto di una piccola dependance, con un apparato distributivo quasi nullo e con costi molto più ridotti.
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Conclusioni “Ogni qualvolta si interviene in un contesto di beni tutelati o, comunque, di valore culturale, le operazioni da svolgersi rientrano nell’ambito del restauro e le finalità prioritarie sono quelle della conservazione e della trasmissione al futuro di tali beni nelle migliori condizioni possibili. Anche gli interventi di efficienza energetica devono perseguire tale finalità, il che significa considerare l’efficienza energetica uno strumento di tutela, piuttosto che un processo di riqualificazione in contrapposizione con le esigenze di conservazione. Ne deriva che le scelte progettuali devono essere effettuate all’interno di un effettivo confronto con-
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gli esperti di conservazione1”. Riassumendo, i vantaggi della VMC sono: • miglioramento della qualità della vita e della salute; • risparmio energetico; • riqualificazione complessiva dell’immobile; • ventilazione indipendente dai fenomeni metereologici variabili; • possibilità di usufruire delle agevolazioni fiscali Negli ultimi dieci anni, vuoi per una crescente sensibilità, vuoi per gli incentivi economici, è aumentato l’interesse per il risparmio energetico, anche all’interno del difficile contesto del recupero edilizio di edifici storici. Il caso in esame dimostra che è possibile rispettare l’ambiente ottenendo un edificio a consumo quasi zero e utilizzando tecnologie moderne. 1 Livio de Santoli, presidente Eletto AiCARR
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Note autore Alessia Giuffrida è un architetto lentinese che fin dalla tesi di laurea (AA.20052006) si occupa del recupero degli edifici in centro storico. Durante il dottorato svolto a Siracusa ha trattato il recupero dei materiali lapidei della tradizione e il loro riuso nell’architettura contemporanea. Dal 2012 è attivamente impegnata nella progettazione e direzione di lavori di recupero di edifici storici a Lentini (SR) con l’obiettivo del risparmio energetico attraverso l’uso di nuove tecnologie.
BIBLIOGRAFIA & SITOGRAFIA: - AiCARR journal, anno 5 febbraio 2014 - Uwe Wienke, Aria calore luce. Il comfort ambientale negli edifici, DEI, Roma, 2005. - www.aicarr.org - www.progettarevortice.com
Canali araulici disposti in cavedi sotto pavimento e canalizzazioni nascoste da contropareti in cartongesso.
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Marino Giancarlo: Ingegnere elettrotecnico, libero professionista e direttore t
LA CERTIFICAZIONE DEGLI IMPIANTI A SERVIZIO DEGLI EDIFICI: UNA LINEA GUIDA PER TUTTI (parte III) Nel precedente articolo abbiamo d’uso dell’immobile (cioè immobili adibivisto come comportarsi nel caso ti ad attività produttive, al commercio, al d’impianti realizzati prima della L. terziario e ad altri usi, intesi come edifici 46/90. Adesso tratteremo il 2° caso: adibiti a sede di società, ad attività indu2. Impianti realizzati dopo l’entrata in vistriale, commerciale o agricola o comungore della L. 46/90 ma prima del DM 37/08 que di produzione o di intermediazione di La Legge 46/90 introduceva l’obbligo beni o servizi, gli edifici di culto, nonché gli del progetto (per alcune tipologie d’imimmobili destinati ad uffici, scuole, luoghi pianti e oltre determinati limiti dimendi cura, magazzini o depositi o in genere sionali) e l’obbligo di rilasciare la DICO. a pubbliche finalità, dello Stato o di Enti Il regolamento di attuapubblici territoriali, istizione, che ha reso defituzionali o economici). nitivamente operative le “La DICO è stata semGli impianti realizzanuove regole in materia pre obbligatoria per ti dopo il 13/3/1990 e di installazione degli imanche dopo l’entraimpianti ricadenti nel pianti è stato pubblicata in vigore del DM to in G.U. solo nel feb- campo di applicazio37/2008, che ha sostibraio 1992 con il D.P.R ne della L.46/90” tuito la L. 46/90, dove6 dicembre 1991, N. 447 vano essere realizzati “Regolamento di attuasecondo le norme UNI zione della legge 5 marzo 1990, n. 46 e CEI in vigore al momento dell’esecuin materia di sicurezza degli impianti”. zione dei lavori. Le stesse norme doLa DICO è stata sempre obbligatoria vranno, inoltre, essere applicate anche per impianti ricadenti nel campo di apper gli impianti da realizzare in futuro. plicazione della L. 46/90 e cioè per imSi può tuttavia far derivare dal sistepianti posti a servizio dei soli edifici ma normativo vigente un principio: adibiti ad uso civile (intesi come unità • per l’utilizzo di un impianto esso immobiliari o parti di essi destinate ad deve essere conforme alle norme di siuso abitativo, a studio professionale o curezza vigenti all’epoca di realizzazioa sede di persone giuridiche private, asne o adeguamento (o ai criteri minimi sociazioni, circoli o conventi e simili). imposti per gli impianti ante 13/3/90). L’unica eccezione era per gli impianti Come bisogna comportarsi nel elettrici che erano soggetti alla 46/90 caso d’impianti, realizzati in tale indipendentemente dalla destinazione periodo, ma sprovvisti di DICO? 34
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tecnico S.IM.EL. S.r.l
Anche qui occorre distinguere due casi: A) Impianti conformi alla regola dell’arte; B) Impianti non conformi alla regola dell’arte. A. Impianti eseguiti prima del 27/3/2008 e conformi alla regola dell’arte Secondo l’art. 7, comma 6 del DM 37/08, nel caso in cui la DICO prevista non sia stata prodotta o non sia più reperibile, tale atto è sostituito, per gli impianti eseguiti prima del 27/3/2008 e dopo il 13/3/1990, da una Dichiarazione di Rispondenza (“DIRI”), resa sotto personale responsabilità, in esito a sopralluogo ed accertamenti, da un professionista e/o da responsabile tecnico di un’impresa con le competenze indicate dallo stesso DM 37/08. Con la sottoscrizione di tale documento il tecnico ricostruisce la documentazione mancante e si assume la responsabilità della progettazione e/o realizzazione dell’impianto. La DIRI, dunque, è un documento sostitutivo della DICO, con lo scopo di andare a sanare dal punto di vista documentale quegli impianti, realizzati tra il 13/3/1990 e il 26/3/2008, per i quali la DICO non fosse presente o reperibile. In base ad alcuni casi pratici emersi negli ultimi anni, che hanno chiarito e in qualche modo ampliato le condizioni riportate nell’art. 7, comma 6 del DM 37/08, in definitiva è possibile rilasciare la DIRI quando: • la DICO non sia stata prodotta o non sia più reperibile oppure non sia stata prodotta perché trattasi d’impianti, realizzati a regola d’arte, non ricadenti nel campo della L. 46/90, ad es. Impianti non elettrici realizzati in
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edifici non adibiti ad uso civile (nei luoghi di lavoro) o impianti di rivelazione incendi realizzati negli alberghi, ecc.; • la DICO non sia stata rilasciata o sia stata rilasciata priva di almeno uno dei requisiti essenziali che la legislazione prevedeva per tale atto - allegati obbligatori (ad es. il progetto obbligatorio); • occorre attivare una nuova fornitura di energia elettrica o quando richiedere un aumento di potenza della fornitura di energia elettrica, per quegli impianti (sprovvisti di DICO) realizzati nella fascia temporale compresa tra il 13 marzo 1990 e il 26 marzo 2008. - La dichiarazione di rispondenza può essere rilasciata solo: • per impianti sotto i limiti dimensionali di cui all’art. 5 comma 2, da un soggetto che ricopre, da almeno 5 anni, il ruolo di RT di una impresa abilitata di cui all’art. 3, operante nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione; • per impianti sopra i limiti dimensionali di cui all’art. 5 comma 2, da un professionista iscritto all’albo professionale per le specifiche competenze tecniche richieste, che ha esercitato la professione da almeno 5 anni nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione. - B. Impianti eseguiti prima del 27/3/2008 e non conformi alla regola dell’arte L’impianto per il quale è stato richiesto il rilascio della DIRI può presentare carenze o non essere parzialmente conforme alla “regola dell’arte”. In questi casi occorre procedere a lavori di adeguamento, per i quali sono proposte due procedure, tra loro alternative: I figli di Archimede
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Procedura A 1) Suddividere l’impianto in parti distinte e identificabili con certezza: quella conforme e quella non conforme alla regola dell’arte. 2) Progettare ai sensi dell’art. 5 del D.M. 37/08 gli interventi di adeguamento della parte non conforme. 3) Realizzare gli interventi di adeguamento per mezzo di imprese abilitate ai sensi dell’art 3 del D.M. 37/08 4) Acquisire la DICO e i relativi allegati obbligatori per la parte adeguata. 5) Rilasciare la DIRI per l’intero impianto (parte conforme e parte adeguata); essa riporterà la DICO e i relativi allegati obbligatori quale allegato. 6) La data di rilascio della DIRI è subordinata alla conclusione degli interventi di adeguamento. Procedura B 1) Suddividere l’impianto in parti distinte e identificabili con certezza: quella conforme e quella non conforme alla regola dell’arte. 2) Progettare ai sensi dell’art. 5 del D.M. n. 37/08 gli interventi di adeguame 3) Realizzare gli interventi di adeguamento per mezzo di imprese abilitate ai sensi dell’art 3 del D.M. 37/08. 4) Acquisire la DICO della parte adeguata (con i relativi allegati obbligatori) che riporterà la DIRI della parte conforme quale allegato. NOTA Gli impianti realizzati dopo il 27/03/08 senza DICO, non possono essere “sanati” 36
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con una DIRI, perché quest’ultima può essere prodotta solo per impianti realizzati prima dell’entrata in vigore del DM 37/08. Come già detto in precedenza, la DIRI è un documento sostitutivo alla DICO, rilasciata dall’installatore ai sensi della L. 46/90, e può essere prodotta in mancanza della stessa per impianti installati fino al 27/3/2008 (ovvero nel regno della L. 46/90). In tal caso il committente incarica un’impresa installatrice di eseguire ex novo gli impianti, intesi come se fossero un rifacimento totale o nuovi impianti, facendosi rilasciare poi la dichiarazione di conformità.
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Vista da palazzo Borrgia in Piazza Duomo a Siracusa. Foto realizzata dall’Ing. Giuseppe Insolia.
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Marcello Camizzi. Ingegnere strutturista e geotecnico e docente presso gli Istitut
Il Santuario della Madonna delle Lacrime di Siracusa: luogo della presenza silenziosa di Dio e custode delle ultime lacrime della Madonna versate a Siracusa Un evento assai singolare ha coinvolto la nostra città siracusana ben 65 anni fa: per quattro giorni, dal 29 agosto al 1° settembre del 1953, un quadretto realizzato in gesso, raffigurante il Cuore Immacolato di Maria, ha versato lacrime umane in un’umile camera matrimoniale di una giovane coppia di sposi. L’evento della lacrimazione a Siracusa ha coinvolto il cuore della città, il quartiere della Borgata, in via degli Orti di San Giorgio al civico 11, estendendosi in modo caQuadro originale che ha versato lacrime umane. Foto realizzata dalla Prof.ssa Simonetta Satornino.
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pillare alla Sicilia, all’Italia, al mondo intero. Quello delle lacrime è un linguaggio universale, attraverso cui ognuno può dare, ancora oggi, un valore aggiunto, un messaggio da custodire ma anche un annuncio da diffondere alle nuove generazioni. I testimoni oculari raccontano che il fenomeno della lacrimazione avveniva a intervalli non sempre regolari, 75 ore per l’esattezza e con almeno 56 lacrimazioni, oltre a quelle che servirono alla commissione scientifica dell’Ufficio di igiene e profilassi del Comune, guidata dal dott. Michele Cassola, per prelevare il liquido da analizzare in laboratorio: ne fu attestata la natura umana per la presenza di urati, sali minerali, proteine, propri degli organismi viventi. Tali testimonianze oculari vennero raccolte dal Tribunale speciale ecclesiastico che l’arcivescovo del tempo, mons. Ettore Baranzini, costituì sin dal 22 settembre del 1953. Durante i sei mesi di inchiesta, svolta in 51 sessioni e conclusasi l’11 marzo 1954, furono 189 le persone convocate per raccontare quanto avevano visto. Il 29 maggio 1966 fu considerata una data memorabile per l’inizio ufficiale dei lavori del santuario, con la benedizione del cantiere e dei mezzi meccanici, segnando l’adempimento di un voto solenne ed ufficiale formulato dall’Episcopato Siculo, sotto la presidenza del Cardinale Ernesto Ruffini
ti di Istruzione Secondaria Superiore
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Vista aerea della Basilica Santuario Madonna delle Lacrime di Siracusa. Foto realizzata dalla Prof.ssa Simonetta Satornino.
l’11 dicembre 1953. In tale occasione, l’Episcopato Siculo dichiarava all’unanimità che i fatti avvenuti a Siracusa erano fuori dall’ordinario, auspicandone non solo la diffusione del culto della Madonna delle Lacrime, ma anche la sollecita erezione di un tempio che ricordasse in perpetuo il prodigio. La realizzazione di un santuario era quindi un atto di obbedienza rivolto a Dio per ricordare il Suo passaggio, ma anche la realizzazione di un desiderio unanime e concreto manifestato dai fedeli di tutto il mondo di innalzare un tempio mariano che ricordasse ai posteri l’avvenimento religioso del secolo. Ripercorrendo insieme quegli anni in questo scritto, si ricordano senz’altro i tanti tecnici di rilievo che presero parte agli studi, alle diverse modifiche dei progetti esecutivi: in primis gli architetti vincitori del concorso internazionale Michel Andrault e
Pierre Parat di Parigi, il progettista strutturale ing. Riccardo Morandi, i consulenti tecnici Danusso e Locatelli del Politecnico di Milano, Santuccio e Urzì per la direzione dei lavori, il Comitato Cittadino promotore della Costruzione del Santuario, presieduto dall’arcivescovo del tempo mons. Ettore Baranzini. Furono condotte sia prove statiche che dinamiche del modellino in scala del santuario con cicli di carico e scarico, utilizzando 75 strumenti, nella galleria del vento annessa al Laboratorio sperimentale dell’istituto della Scienza delle Costruzioni del Politecnico di Milano. Per la realizzazione della cripta del Santuario furono impiegati esattamente due anni e tre mesi di lavoro intensi, a cura della ditta Guffanti, con l’inaugurazione nel giorno 28 agosto 1968, di cui si è celebrato quest’anno il 50° anniversario di I figli di Archimede
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dedicazione. Dalle indagini geotecniche in Ogni trave è suddivisa in due campate, una situ, risultava la presenza di tufi calcarei più corta, periferica all’estremità esterna più o meno cementati di età quaternaria e incastrata al grande pilastro di sostegno recente, intercalati a brevi tratti di calcare della struttura principale dell’edificio, e compatto. quella interna appoggiata ai pilastri interDal punto di vista tecnico-costruttivo si medi tra le campate della Cripta; l’altra più evince che la cripta, con una forma circolalunga riporta uno schema statico di trave re che esprime il senso dell’accoglienza di a sbalzo verso il centro della Cripta e va ad tutti i figli di Dio nella Casa della Madre, ha incastrarsi su una trave anulare pensile. un diametro esterno di 80 m e quello inDal punto di vista simbolico e spirituale, la terno di 38 m, una superficie utile 1133 mq, Cripta rappresenta la parte nascosta del con rapporto volumetrico tra la superficie tempio, essendo la navata centrale a −8.50 e l’altezza tale da contribuire a delimitam rispetto al piano del sagrato, a −10.80 m re uno spazio perfettamente aderente rispetto al piano del pavimento della soper le alte funzioni prastante grande spirituali. Vi si può “Quando nel tempo si saranno sopite le navata del Santuainevitabili polemiche, il Santuario della accedere da ben 18 rio. La Cripta nasce Madonna delle Lacrime si inserirà nel ingressi ed ha la casottoterra, avvolta pienza di circa 2300 contesto delle grandi opere edificate dal silenzio e dalla lungo il cammino dei secoli, a commefedeli. penombra, ma è I pilastri che delimi- morazione di fatti miracolosi” luogo in cui trovia[ing. R. Morandi] tano la cripta sono, mo la presenza del insieme ai grandi Signore, la presenpilastri esterni delza nascosta di Dio. la struttura, destinati a ridurre la portata La Cripta è il segno della Chiesa viva, dove delle travature di sostegno del grande sostanno le fondamenta: nella Chiesa viva il laio posto tra i due piani e utilizzate anche Signore è presente, ma in maniera nascoper il sostegno della galleria di disimpesta. Mons. Giuseppe Greco, il 28 agosto gno intermedia. Il solaio di copertura della 1992, dà un’interessante lettura teologica Cripta consta di 22 travi che sostengono del significato spirituale della Cripta che la soletta di sostegno del pavimento della “è la parte sotterranea del Tempio, come grande navata soprastante. sotterranee sono le radici dell’albero della Altri pilastri integrativi della struttura vita. Il grembo di Maria è la radice da cui è principale sono destinati a collaborare al nato l’albero che è Cristo. La Cripta ci esorsostegno del grande solaio intermedio ta a scendere nella profondità del nostro posto tra il piano di basamento e quello animo per trovare il Signore, immersa nel dell’elevazione, previsti dunque per ridursilenzio, la Cripta ci invita al silenzio, al sire al massimo, sia per fini prettamente lenzio interiore, per poter ascoltare la Pacostruttivi ma anche per l’economia della rola di Dio. Il Verbo ha scelto di incarnarsi spesa, la portata delle travi di sostegno nel silenzio del grembo di Maria, e Maria del solaio suddetto. è il silenzio nel quale risuona il Verbo. Nel 40
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contesto di silenzio che è Maria noi possiamo ascoltare la Parola eterna”. Dall’agosto del 2013 una teca in cristallo, posta sui gradini dell’abside rivestito di granito rosso, permette ai pellegrini la venerazione del Reliquiario che custodisce le ultime lacrime della Madonna, versate nell’abitazione dei coniugi Iannuso in via degli Orti n. 11 alle ore 11.40 del 1° settembre 1953, prelevate e analizzate dalla commissione scientifica. A sinistra dell’aula liturgica troviamo un ipogeo di periodo bizantino-tardo medievale, mentre attorno ben otto cappelle laterali dedicate a S. Lucia, S. Agata, S. Corrado, SS. Pietro e Paolo, al Crocifisso, alla S. Famiglia, a S. Francesco d’Assisi, al S. Cuore o SS. Sacramento; altre cappelle adibite alle confessioni e agli Ex Voto, prezioso per le grazie ricevute, le guarigioni
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fisiche e spirituali, donati alla Madonna delle Lacrime da ogni parte del mondo: stampelle, stecche, busti, sostegni, fasciature, bende, fotografie, ma anche lettere, ricami, dipinti, abiti da sposa, vestitini di neonati: dietro ogni dono c’è una storia di grazia desiderata, avverata, custodita. Infine la cappella dell’Iconostasi è stata fortemente voluta dalla Chiesa siracusana per realizzare il desiderio di Gesù “che tutti siano uno”, come luogo di incontro delle culture nella diversità dei carismi e tradizioni dei fratelli cattolici di rito bizantino per la funzione liturgica, particolarmente legati alla Madre di Dio. Passando alla parte superiore del tempio mariano, la Basilica, inaugurata e consacrata da un papa da noi tanto amato, oggi Santo, Giovanni Paolo II, il 6 novembre 1994, si elevano dal piano di calpestio per
Retro dell’altare centrale della Basilica Santuario Madonna delle Lacrime. Foto realizzata dall’Ing. Marcello Camizzi.
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74.30 m dei costoloni inclinati fino a raggiungere 3 m di diametro, per 8 m, per poi elevarsi con acciaio inox fino a un metro di diametro. Su quattro colonnine con raggiera in acciaio dell’altezza di 12 m poggia la statua in bronzo dorato dello scultore Francesco Caldarella della Madonna delle
Lacrime. Purtroppo in questi ultimi anni il tempio mariano è stato fortemente danneggiato a seguito anche di cadenzali allagamenti, raggiungendo persino il metro d’altezza, inondando lo spazio sacro, le cappelle laterali, l’altare, a seguito di alluvioni e bom-
Cripta del Santuario Madonna delle Lacrime. Foto realizzata dalla Prof.ssa Simonetta Satornino.
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be d’acqua che hanno colpito la città di Siracusa. La configurazione a imbuto della cripta e la sua collocazione a ridosso di due importanti arterie della nostra città unenti la zona alta con la parte più bassa, sicuramente non aiutano ad allontanare le acque piovane, tanto che le rampe di accesso alla
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cripta diventano dei veri e propri canali a forte pendenza. Tombini e caditoie risultano altresì insufficienti per convogliare le acque piovane, oltre alla mancanza di manutenzione e la presenza di una falda idrica di tipo freatico che appare già ai tempi dei primi sondaggi effettuati prima della costruzione del santuario. Tale falda si trova difatti alla profondità media di 7.5 m, risulta notevolmente produttiva, tanto che il livello statico dell’orizzonte idrico è soggetto alle normali variazioni di tipo stagionale, con punte di massima depressione nel periodo estivo-autunnale, portando quindi il nostro santuario, realizzato in c.a. da ben 50 anni, inevitabilmente ad essere logorato con copiosi quadri fessurativi che non permettono la fruizione e il normale svolgimento delle funzioni sacre di cui potenzialmente dispone. È necessario pertanto sensibilizzare ognuno di noi, lettori, cittadini, fedeli, studiosi, tecnici, imprenditori, per l’importanza che questo luogo ricopre, ovvero della custodia in perpetuo di un evento mariano così singolare, per rendere sempre viva questa semplice storia della nostra Madonnina.
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Testo Marcoarticolo: Torricelli: Font ingegnere, Candarabusiness 14pt es ditisimin analyst consequ atemquas etur?
Dall’As is al To be: qual è la scelta più efficace?
La digitalizzazione delle procedure edilizie per far rinascere il settore, l’Italia è ancora agli ultimi posti Che il mondo delle costruzioni stia vivendo una profonda crisi è ormai un dato di fatto. Limitandoci al solo mercato italiano, dal 2008 ad oggi è impressionante contare le imprese del settore che hanno chiuso i battenti, mentre chi è riuscito a sopravvivere lo ha fatto sopportando notevoli sacrifici in termini economici e umani. Tra i vari fattori che hanno portato ad una così profonda crisi, è parere diffuso che abbia giocato un ruolo non irrilevante la scarsa digitalizzazione del settore e la scarsa propensione a collaborare da parte della filiera edile (committen-
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ti, progettisti, fornitori, appaltatori). Gli attori in gioco si sentono spesso più antagonisti che collaboratori e questo provoca attriti, inefficienze e perdita di dati importanti, disperdendo energie preziose a discapito della buona riuscita dell’opera. Parlando di digitalizzazione, il settore delle costruzioni è oggi agli ultimi posti. Probabilmente ad incidere negativamente su questa classifica sta la dimensione media dell’impresa di costruzioni italiana che è di 0 – 9 addetti. Non è quindi irragionevole affermare che una maggiore digitalizzazione dei pro-
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Grafico 2
cessi delle imprese di costruzione e in particolare quello costruttivo, dalla fase di progettazione fino alla fase di gestione dell’opera, potrebbe essere rilevante e potrebbe contribuire ad una rinascita del settore. (Grafico 1, 2, 3). Digitalizzare i processi vuol dire prima di tutto rendersi conto di come si sta lavorando dentro ad una azienda per poter poi fare quelle scelte di efficientamento dei processi che possano portare beneficio al proprio business. Bisogna quindi partire da una situazione “As is” della propria realtà per poi disegnare le azioni che possono portare a miglioramenti a tendere, c.d. situazione “To be”. La digitalizzazione dei processi può avvalersi oggi di diversi strumenti abilitan-
ti, tra tutte queste spicca la metodologia BIM. Il BIM (Building Information Modelling) è una metodologia che permette di associare agli elementi del progetto (muri, pilastri, finestre, pavimenti, ecc.) informazioni riguardanti gli oggetti stessi. Il progetto non è quindi più solo “piatto” ma acquisisce “dimensioni” diverse a seconda delle informazioni che si vogliono associare. (Fig. 1) Si ritiene che il BIM possa rappresentare “l’abilitatore” delle iniziative di collaborazione e digitalizzazione che si stanno rendendo necessarie ai fini della sopravvivenza del settore.
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Grafico 3
Il BIM dovrà servire sempre più a “governare” il progetto dalla fase di Design fino alla fase di Operate, passando attraverso la complicata fase di Construction. Il BIM non deve essere scambiato per un “3D evoluto” e in questo senso la “M” di BIM deve cambiare significato: da “Modelling” a “Management” (e perchè no anche “Mindset”). Dalla gestione dei progetti a una maggiore collaborazione Il BIM utilizzato bene ci costringe a cambiare la gestione dei progetti e a collaborare di più. Porta alla definizione di figure nuove con competenze fino ad oggi mai
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viste: il BIM Manager, il BIM Coordinator, il BIM User, il CDE Manager. Sono persone che non devono saper “disegnare al computer” ma devono avere un mix di nozioni che spazia dal cantiere all’Information Technology, passando per competenze di Project Management e Team Building. Il BIM è “distruptive” e rimanere al passo non sarà semplice per nessuno. L’obiettivo (o la scommessa a seconda dei punti di vista!) è quindi utilizzare il BIM per agganciare al modello tutti i dati e i documenti degli oggetti della costruzione relativamente alle fasi di Design e Construction per poi, in fase di Operate, avere tutte le informazioni necessarie alla gestione dell’opera. Gestione che potrà poi proseguire uti-
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Fig. 1
lizzando modelli ad hoc con agganciate le informazioni strettamente necessarie alla gestione dell’opera. E’ una sfida colossale per il mondo delle costruzioni dove ognuno è abituato a “coltivare il suo orticello”. Il BIM diventerà “l’aggregatore” in cui far affluire le informazioni delle varie fasi attraverso la collaborazione di tutti gli attori della filiera. Ognuno dovrà metterci del suo. Dati e documenti (compresi i dati provenienti dai file IFC dei modelli) dovranno finire in un “archivio” comune: il CDE (Common Data Environment). Il CDE rappresenta il cuore del progetto di digitalizzazione. Dentro al CDE troveremo tutte le informazioni che riguardano l’opera
nel suo complesso. Ecco che quindi per arrivare all’obiettivo occorre che l’impresa di costruzione tenti di digitalizzare i processi che interessano le fasi di Design, Construction ed Operate partendo da una attenta analisi del proprio stato di fatto (si veda il riquadro Fasi operative). I processi devono essere rappresentati per poter capire se sono corretti oppure se devono essere migliorati. Fondamentale è poi capire le correlazioni tra i processi (output di un processo può costituire input per un altro processo) e i ruoli implicati negli stessi. A titolo di esempio si possono individuare alcuni dei processi per le tre fasi sopra citate:
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Fasi operative
DESIGN: •Interscambio elaborati tra progettisti ed impresa •Approvazione elaborati impresa •Approvazione elaborati committente CONSTRUCTION •Programma lavori •Gestione fornitori •SAL attivo •SAL passivo •Controllo Qualità, Sicurezza e Ambiente OPERATE •Classificazione oggetti
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•Piano di manutenzione •Manutenzioni a chiamata •Soddisfazione cliente Alla fine si deve arrivare ad avere diagrammi di questo tipo (Es. Emissione SAL PASSIVO): Disegnati i processi si passerà ad analizzare i requisiti di ognuno (fase lunga e laboriosa) per arrivare poi a digitalizzare quanto stabilito. I requisiti descrivono il funzionamento dei processi. Procedendo in questo modo per ogni processo e collegando tra loro i processi si arriverà ad una piattaforma di
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Es. SAL passivo
lavoro collegata ai modelli IFC del BIM che permette di gestire in maniera più efficace la commessa di costruzioni facendo collaborare l’impresa con i progettisti, i fornitori, il committente ed il collaudatore.
struzioni. Esistono prodotti che devono essere adattati alle singole realtà.
Per ottenere questo risultato è evidente la necessità di appoggiarsi a consulenti (software e di processo) con forti esperienze di business e competenze specifiche del settore costruzioni.
Non è scontato definire quale delle due scelte sia più efficace ed economica. Dipende dai prodotti da cui si parte e dai processi che si vogliono digitalizzare.
Ad oggi non esistono piattaforme sufficientemente complete da coprire tutti i processi utilizzati dalle imprese di co-
L’alternativa è partire da zero e realizzare una propria piattaforma disegnata su misura secondo le proprie esigenze.
Una cosa però è certa: sui progetti complessi e per favorire la collaborazione delle persone è indispensabile orientarsi verso strumenti di questo tipo.
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Maurizio Fichera: STS SRLS software, Ingegnere strutturista
Orientamenti interpretativi in merito agli interventi di sopraelevazione di edifici esistenti PREMESSA E’ nell’esperienza comune di tutti i tecnici confrontarsi, a volte scontrarsi, con richieste della committenza inerenti opere innovative, volte a garantire la miglior fruizione di un immobile gia’ esistente. Tra queste una pratica storicamente molto “gettonata” riguarda la possibilità di sopraelevare/ampliare una costruzione esistente. Tuttavia se in un passato (remoto) sopraelevare era comune e sempre lecito, man mano i regolamenti urbanistici e tecnici hanno ristretto moltissimo la praticabilità di tale soluzione, ancor più da quando la normativa tecnica tiene in considerazione gli effetti sismici. La complessità tecnica e la non facile interpretazione della normativa hanno quindi spesso determinato un rigetto aprioristico di tutti gli interventi di questo genere, senza alcun riguardo al caso specifico. Ancorchè la prudenza sia sempre una dote, tale atteggiamento e’ stato eccessivamente penalizzante nei confronti di piccole opere, che di fatto ben difficilmente possono avere conseguenze nefaste. Proprio per tali interventi minori si sente quindi la necessità di una riflessione, al fine di rendere possibile la loro effettiva praticabilità, non tanto tecnica quanto normativa. E’ chiaro infatti che tali opere sono generalmente “locali” (ad es. perche’ afferiscono ad una data 50
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proprieta’ immobiliare all’ interno di un condominio) e che qualora queste determinassero invece la richiesta di un adeguamento sismico (che nella stragande maggioranza dei casi NON è un intervento locale), si determinerebbe per via indiretta la materiale impossibilità di dar luogo all’ intervento. Si genera quindi un corto circuito normativo tra recenti disposizioni di tipo urbanistico, che permettono ai singoli proprietari di poter effettuare piccoli interventi a servizio dei loro immobili e stringenti interpretazioni tecniche che di fatto impediscono la realizzazione di questi stessi interventi. Questa breve memoria si propone di riassumere sulla fattispecie degli “interventi minori” i criteri presenti in norma, corroborati dai piuù recenti orientamenti interpretativi e cosi fornire un primo
Foto 1 – Sopraelevazioni “estreme”
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spunto di discussione tra i professionisti e gli uffici preposti al controllo dei progetti, con l’auspicio di poter migliorare la produttività di tutti i soggetti coinvolti. INQUADRAMENTO NORMATIVO Gli interventi di sopraelevazione sono possibili in forza del seguente: Art. 90 DPR 380-2001 (Sopraelevazioni) 1. E’ consentita, nel rispetto degli strumenti urbanistici vigenti: a) la sopraelevazione di un piano negli edifici in muratura, purché nel complesso la costruzione risponda alle prescrizioni di cui al presente capo; b) la sopraelevazione di edifici in cemento armato normale e precompresso, in acciaio o a pannelli portanti, purché il complesso della struttura sia conforme alle norme del presente testo unico. 2. L’autorizzazione è consentita previa certificazione del competente ufficio tecnico regionale che specifichi il numero massimo di piani che è possibile realizzare in sopraelevazione e l’idoneità della struttura esistente a sopportare il nuovo carico. Da tale norma deriva immediatamente che nel caso di strutture in muratura NON E’ POSSIBILE SOPRAELEVARE più di una volta ed al massimo per un solo piano. Per il resto l’inquadramento è assolutamente generico e nulla dice sulle modalità progettuali da adottare per poter effettuare in sicurezza una sopraelevazione. Fermo restando che sempre e comunque la sopraelevazione debba essere localmente verificata secondo quanto prescritto nelle norme tecniche, i
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dubbi sorgono in merito agli effetti esplicati dalla sopraelevazione sulla struttura preesistente ed alle metodologie di verifica, miglioramento ed adeguamento ove richiesto. A tal proposito e’ utile ricordare che NTC08 prescriveva: NTC08 - 8.4.1 INTERVENTO DI ADEGUAMENTO È fatto obbligo di procedere alla valutazione della sicurezza e, qualora necessario, all’adeguamento della costruzione, a chiunque intenda: a) sopraelevare la costruzione; b) ampliare la costruzione mediante opere strutturalmente connesse alla costruzione; c) apportare variazioni di classe e/o di destinazione d’uso che comportino incrementi dei carichi globali in fondazione superiori al 10%; resta comunque fermo l’obbligo di procedere alla verifica locale delle singole parti e/o elementi della struttura, anche se interessano porzioni limitate della costruzione; d) effettuare interventi strutturali volti a trasformare la costruzione mediante un insieme sistematico di opere che portino ad un organismo edilizio diverso dal precedente. In ogni caso, il progetto dovrà essere riferito all’intera costruzione e dovrà riportare le verifiche dell’intera struttura post-intervento, secondo le indicazioni del presente capitolo. Una variazione dell’altezza dell’edificio, per la realizzazione di cordoli sommitali, sempre che resti immutato il numero di piani, non è considerata sopraelevazione o ampliamento, ai sensi del punto a). I figli di Archimede
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In tal caso non è necessario procedere all’adeguamento, salvo che non ricorrano le condizioni di cui ai precedenti punti b) o c). L’ interpretazione letterale del punto di NTC08 impone sempre di procedere alla valutazione di sicurezza ed a seguito di questa eventualmente procedere con l’ADEGUAMENTO strutturale, nel caso in cui si voglia sopraelevare un edificio. Ed anche il riferimento alla possibilit di inserire cordoli sommitali senza incorrere per questo negli estremi dell’ adeguamento, è un aggancio troppo debole per poter razionalmente prescindere dall’ esplicita prescizione normativa. Regione Sicilia e Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici La rigida interpretazione di NTC08 è fin da subito apparsa eccessivamente restrittiva nel caso di un’ampia categoria di interventi minori che, vuoi per tipologia, piuttosto che per caratteristiche tecniche, possono essere realizzati in sicurezza pur in assenza di adeguamento. Tali interventi generalmente godono di una o più delle seguenti caratteristiche: • Strutture leggere (incremento del carico in fondazione <10%); • Strutture portate (ovverosia non connesse all’organismo strutturale preesistente ma semplicemente poggiate su esso); • Strutture non abitabili; • Coperture e tetti in genere; Con il fine di fare chiarezza la Regione Siciliana (prot. 0005558 del 13/6/2011) ha richiesto parere al Consiglio Superiore 52
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dei Lavori Pubblici in merito alla realizzazione di coperture tecniche leggere in sommità ad edifici esistenti. In tale parere, fermi restando i principi del punto 8.4.1 delle NTC, si afferma che se: “gli elementi che si aggiungono [sulla copertura della costruzione] possono considerarsi secondari, quindi “portati”, non appare necessaria la verifica dell’intera costruzione”. In questa fattispecie possono facilmente rientrare: • le semplici verande, • i “gazebo”, • gli arredi da terrazzo, • i lucernari, • le tende, • le piccole serre, • depositi in materiale leggero, • strutture di dimensioni modeste, • strutture atte ad ospitare impianti solari termici e fotovoltaici, • etc. etc. Interpretazione della Regione Toscana In continuità con la linea di pensiero espressa dal quesito della Regione Sicilia e dal parere espresso dal Consiglio Superiore dei Lavori pubblici, è intervenuta ulteriore interpretazione della Regione Toscana, che a mezzo degli Orientamenti Interpretativi del Comitato Tecnico Scientifico del Settore Sismico Regionale del 16/09/2015 ha più precisamente inquadrato una (sia pur non esaustiva) casistica. Qui di seguito si riporta un elenco delle casistiche per le quali secondo tale interpretazione non risulta necessario la valutazione della sicurezza dell’ intera
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struttura: CASO 1 – Sostituzione/Modifica della copertura Non si configurano come sopraelevazione soggetta ad adeguamento i casi in cui si preveda il rifacimento della copertura che comporti il rispetto di tutte le condizioni seguenti: 1. incremento di altezza in gronda giustificato dall’esigenza di realizzare cordoli di sommità, inferiori a 50 cm. La presenza di cordoli di altezza superiore, pur non esclusa apriori, dovrà essere opportunamente giustificata agli uffici del Genio Civile; 2. invarianza del numero dei piani abitabili dell’edificio (l’eventuale sottotetto non muta destinazione d’uso); 3. incremento delle masse al piano inferiore al 10% (solo per carichi verticali). Il superiore parere riporta i seguenti esempi brevemente commentati: - Modifica copertura piana:
-Modifica copertura a falde:
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-Nuova copertura/Coperture non abitabili:
-Abbaini: Gli abbaini per essere tali devono rispettare alcuni limiti di “buon senso” qui di seguito definiti: 1-Altezza abbaino inferiore ad altezza copertura; 2-Volume complessivo abbaino per la parte eccedente la falda < 10 mc; 3-Volume abbaino < 30% volume sottotetto presenti norme o dalla documentazione di progetto per la specifica opera.
-Addizioni volumetriche sulla copertura: Si tratta di casi in cui l’addizione volumetrica strutturalmente connessa alla costruzione esistente e posta a livello della copertura, sia oggettivamente di modesto rilievo per l’intera costruzione. Sempre con il metro del buon senso si ritiene che tale fattispecie ricorra se si rispettano tutti i seguenti limiti: I figli di Archimede
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1-Volumi aggiunti inferiori al 10% del volume esistente al piano; 2-Area aggiuntiva coperta inferiore al 10% dell’area coperta esistente in copertura; 3-Peso aggiunto inferiore al 10% del peso del piano di copertura. Sono inoltre sempre possibili interventi che prevedono la realizzazione di piccoli ambienti di servizio con volume massimo di 30 mc ed incrementi di carico inferiori al 10% del carico al piano di copertura. CASO 2 – Strutture portate • Elementi privi di connessione struttu-
rale Qualsiasi elemento/struttura che sia privo di connessione strutturale con la struttura preesistente viene “letto” da quest’ultima come fosse un mero carico e non comporta alterazione della risposta ma solo diversa sollecitazione. Per tale motivo queste fattispecie devono unicamente rispettare il vincolo dell’incremento delle masse, nel caso in cui queste siano inferiori al 10% del carico in fondazione (solo per carichi verticali) si può prescindere dall’adeguamento. Si ritiene inoltre possibile prescindere anche dalla valutazione di sicurezza qualora si riesca ad evitare del tutto l’incremento di carico (ad es. facendo ricorso a demolizioni di massetti e pavimentazioni). Resta sempre necessaria la progettazione secondo NTC della struttura aggiunti54
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va in sé e vista la mancanza di connessione strutturale occorrerà anche verificare gli effetti di sollevamento a seguito dell’azione del vento. • Gazebo, Tende, AscensoriSi tratta di strutture accessorie che: -vengono usualmente installate a servizio di una struttura preesistente per adeguarla a nuove esigenze; -si contraddistinguono per essere connesse alla struttura esistente che normalmente esplica nei loro confronti un’azione controventante (esclusi i casi di strutture che si colleghino a loro volta ad altre strutture leggere); -sono estremamente leggere e poco rigide in rapporto alla struttura cui vengono collegate; -in molti casi possono essere assimilate a strutture provvisionali (rimovibili); -hanno influenza trascurabile riguardo alla risposta strutturale del preesistente. Si ritiene che tali tipologie non siano da sottoporre a valutazione della sicurezza, tanto meno comportino adeguamento o miglioramento, in tutti quei casi in cui il loro peso non ecceda 1/100 del peso della struttura in fondazione. E’ opportuno procedere ad una valutazione delle azioni del vento ogni qualvolta questo possa produrre azioni di maggior rilievo di quelle dovute al mero peso. • Strutture di supporto per impianti (solari, etc.) Si tratta di semplici strutture di varia tipologia la cui realizzazione è funzionale all’alloggio di impianti (pannelli solari termici, pannelli solari fotovoltaici etc.) che non comportano sostanziali aggravi di carico sulla struttura esistente.
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Non si ritiene debba procedersi a valutazione della sicurezza se l’ intervento avviene senza icremento del carico in fondazione (sola componente del peso) e senza connessione strutturale alla struttura preesistente (si ricade nel caso generale delle strutture prive di connessione strutturale). Nel caso siano strutturalmente connesse e l’incremento di carico in fondazione sia >0 e < 10 % del carico della struttura preesistente si dovra’ procedere a verifica ma non necessariamente ad adeguamento/miglioramento. Oltre il 10% di incremento del carico si deve procedere ad adeguamento. • Verande e Giardini d’Inverno Si tratta di una tipica problematica che ricorre frequentemente, anche in connessione con possibilità di incremento di cubatura offerte da recenti norme urbanistiche. Per queste opere occorre introdurre un ulteriore discrimine dato dall’abitabilità o meno dei locali realizzati, infatti se si tratta di locali ABITABILI è assolutamente necessaria la valutazione di sicurezza ed eventualmente l’ Adeguamento/Miglioramento dell’ intera struttura. Se invece si tratta di locali NON ABITABILI si ricade nei criteri sopra esposti al punto dedicato alle “Strutture di supporto per impianti”. Come si vede l’interpretazione della Regione Toscana si pone in continuita’ con il quesito della Regione Sicilia e con il Parere espresso dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, in un’ottica maggiormente “liberale”. Si giunge quindi con questo background alle nuove norme tecniche del 2018.
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NTC18 Le NTC18 in recepimento del parere del C.S.LL.PP., a seguito dell’esperienza maturata ed a maggior intelligenza di tutte le parti coinvolte ha modificato il punto normativo. Le novitàsono quelle evidenziate in giallo (Figura 1) e per quanto riguarda le strutture in oggetto del presente documento le riportiamo qui di seguito: • 8.4.3 b) perchè un’opera strutturalmente connessa ad una struttura esistente determini la necessità di un ADEGUAMENTO deve essere “tale da alterarne significativamente la risposta ”. Questa valutazione può essere facilmente effettuata ad es. controllando i modi propri di vibrare della struttura e le posizioni dei baricentri di masse e rigidezze. In assenza di variazioni significative si può ragionevolmente essere certi che l’“oggetto” aggiunto non ha determinato alterazioni significative nella risposta della struttura. • 8,4,3 c) l’incremento dei carichi in fondazione deve eccedere il 10% valutato secondo la combinazione caratteristica di cui alla equazione 2.5.2 del § 2.5.3, includendo i soli carichi gravitazionali. Viene chiarito che i carichi di cui tenere conto sono esclusivamente quelli dovuti al peso della struttura (non occorre considerare sisma ed altre azioni eccezionali) • “Una variazione dell’altezza dell’edificio dovuta alla realizzazione di cordoli sommitali o a variazioni della copertura che non comportino incrementi di superficie abitabile, non è considerato ampliamento, ai sensi della condizione a). In tal caso non è necessario procedere all’adeI figli di Archimede
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guamento, salvo che non ricorrano una o più delle condizioni di cui agli altri precedenti punti.” Viene quindi esplicitato il concetto che una sopraelevazione comporta ADEGUAMENTO della struttura se e solo se determina una variazione della superficie abitabile. NTC18 pertanto si configura come una norma piu’ chiara e permissiva rispetto a NTC08. E che cosi’ sia ci viene, finalmente, confermato dalla circolare esplicativa 2019. CIRCOLARE C.S.LL.PP. N.7 DEL 21/01/2019 Istruzioni per l’applicazione dell’«Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”» di cui al decreto ministeriale 17 gennaio 2018”. le costruzioni”» di cui al decreto ministeriale 17 gennaio 2018”. Ad ulteriore supporto dell’orientamento della NTC18 la circolare esplicativa della norma, di recentissima emanazione, testualmente riporta quanto segue:
Il capoverso in rosso (Figura 2) conferma quanto rilevato dalla lettura della NTC18, in particolare che in assenza di: • opere che alterino significativamente la risposta sismica; • di variazione delle forze peso maggiori del 10%; • di opere che determinino un cambiamento del sistema strutturale sismoresistente (ad es. da struttura a telaio a struttura a pareti); • di modifiche alla classe d’ uso e semprechè : • si tratti di variazione dell’ altezza dell’edificio; • non ci siano incrementi di superficie abitabile SIGNIFICATIVI dal punto di vista strutturale risulta esclusa la necessità di adeguamento dell’ edificio. E ciò proprio per permettere la realizzazione di opere minori, dotate dei necessari pareri urbanistici, senza dover incorrere nell’adeguamento dell’intera struttura che quasi certamente comporterebbe l’irrealizzabilità dell’ intervento.
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In sintesi possiamo dire che si tratta di una precisazione che tende ad armonizzare recenti provvedimenti legislativi, che permettono da un punto di vista urbanistico la realizzazione di piccoli interventi a servizio delle singole abitazioni, con la pratica realizzabilità in fil di norma tecnica. Una nota merita anche il fatto che la circolare indichi che non si devono avere “incrementi di superficie abitabile significativi dal punto di vista strutturale”. Anche questo rappresenta un’ulteriore opportunità: potrebbero infatti esistere fattispecie di opere che determinino un incremento di superficie abitabile non piccolo in sé (o in mq), ma che per le proprie caratteristiche NON impatti sulla struttura e quindi NON sia significativo dal punto di vista strutturale. Per quanto sopra, in base a NTC18 ed a quanto chiarito dalla Circolare è sicuramentepossibile prescindere dall’adegua-
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mento in un’ampia casistica ad esempio: • tutti gli “oggetti portati”, in quanto per definizione non sono connessi alla struttura e non ne alterano il comportamento (occorre sempre rispettare il limite del 10% di incremento dei carichi verticali in fondazione); • tutti gli “oggetti connessi alla struttura” che non alterino significativamente la risposta strutturale (occorre sempre rispettare il limite del 10% di incremento dei carichi verticali in fondazione); • tutte le variazioni in copertura che non incrementino significativamente la superficie abitabile, (occorre sempre rispettare il limite del 10% di incremento dei carichi verticali in fondazione ed accertarsi che non si alteri significativamente il comportamento della struttura); E inoltre sempre possibile intervenire per la realizzazione di cordoli sommitali, circostanza già prevista anche in NTC08.
Figura 2
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Barbara Tinè: Ingegnere chimico, libero professionista esperto in sicurezza ma
Giovanni Vaccaro, settant’anni di Ingegneria L’ing. Giovanni Vaccaro ha 96 anni, è nato e vive ad Augusta ed è uno degli ingegneri più anziani della provincia di Siracusa. Nelle pagine che seguono cercherò di fornire un breve ritratto di questo professionista utilizzando le preziose informazioni che ho attinto da documenti, conoscenti e familiari, perché tutto ciò che ho appreso mi ha appassionato facendo parte della nostra storia e del nostro territorio e dà lustro al nostro Ordine professionale. Giovanni Vaccaro è nato da Concetta Amara e Giuseppe Vaccaro, la madre era casalinga e il padre piccolo imprenditore che effettuava lavori per le ferrovie dello stato in campo edile. La sua impresa ha contribuito alla costruzione dell’ex presidio scolastico situato in piazza d’Astorga, adesso sede degli uffici comunali. Per motivi legati all’attività lavorativa del padre, la famiglia si trasferì a Catania e Giovanni Vaccaro frequentò lì con successo il liceo classico prima allo Spedalieri ed infine il triennio al Cutelli. Successivamente si iscrisse alla facoltà di ingegneria civile del Politecnico di Torino da dove, appena arrivato, scrisse una lettera al padre che qui trascrivo: Caro Papà, oggi ha inizio l’anno accademico e in questo momento decisivo per tutta la mia vita futura mi piace ritornare con il pensiero indietro per vedere i vari, significativi episodi che hanno lentamente ma pro58
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fondamente contribuito a sviluppare la mia mentalità di adolescente e a formare la mia personalità. Noto così con rispetto e ammirazione come tu, con l’esempio prima e con le parole poi hai saputo destare nel mio animo l’amore per le cose buone e grandi. Ora io ho davanti a me 5 anni di studio e poi … chissà; forse la ricchezza e la gloria, forse una sorte mediocre. Comunque vadano però le cose in seguito mi sarà di conforto il fatto che io questi studi li ho intrapresi con forte volontà di fare questa vita, dovessi non raggiungere il mio scopo vuol dire che mi accontenterò di essere una mediocrità. Ma non voglio però chiudere questa lettera con parole di sconforto, perciò ti riaffermo il mio proposito di essere qualcuno, con l’aiuto di Dio, e non dimenticare di guardare al tuo esempio per trarre la volontà e la forza d’animo necessarie. Giovanni E come vedremo, non lo attendeva una sorte mediocre. A proposito è il caso di narrare un fatto che vide lo studente protagonista perché esso da solo serve a capire quale è ancora oggi il carattere dell’ing. Giovanni Vaccaro. Durante il compito di geometria analitica nel corso tenuto dal Prof. Eugenio Frola, famoso matematico, che spesso si esprimeva in dialetto piemontese, scrisse sul compito un messaggio riservato diretto al suo Professore, sostenendo che il Pro-
arittima e portuale
fessore durante le lezioni aveva l’obbligo di parlare in italiano e non in dialetto, in quanto ciò impediva ai siciliani di seguire bene e conseguentemente di svolgere correttamente i compiti assegnati. Ciò mandò su tutte le furie il professore, che considerando quel gesto impertinente e irrispettoso, si rivolse al Rettore per ottenerne una punizione esemplare. Ma il Rettore, valutati i fatti, diede ragione a Giovanni Vaccaro che per quel gesto aveva anche ottenuto la esplicita solidarietà di tutti gli studenti del primo anno. Superati già nella sessione estiva tutti gli esami del primo anno, a causa della guerra, si iscrisse alla facoltà di Ingegneria Catania dove frequento solo il secondo anno sostenendo anche lì nella sessione estiva tutti gli esami. Si trasferì poi all’Università di Palermo, laureandosi regolarmente nel triennio e sostenendo sempre con successo tutti gli esami nella sessione estiva. La sua tesi di laurea, svolta nel campo della fisica tecnica, affrontava l’argomento della pompa di calore, con approfondimenti ancora oggi attuali per ciò che concerne il risparmio energetico. Per comprendere un aspetto storico e privato della nostra Sicilia legato al separatismo siciliano è il caso di riportare un vissuto dell’Ing. Vaccaro, indirettamente connesso con quelle vicende politiche. A seguito della morte del Prof. Antonio Canepa, conosciuto con il nome di battaglia Mario Turri, per le ferite riportate nel conflitto a fuoco avuto nei pressi di Randazzo con una pattuglia di Carabinieri, addosso al professore furono trovati i
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nomi di tutti gli affiliati all’EVIS e fra questi un amico fraterno dell’Ing. Vaccaro fu arrestato a Catania e portato all’Ucciardone di Palermo in attesa del processo. La pena prevista poteva essere l’ergastolo perché il reato ipotizzato era insurrezione armata contro lo Stato. Giovanni Vaccaro andava di frequente nel carcere per trovare il suo amico e portagli beni di prima necessità. La cosa che lo stupì e che ancora ricorda in modo vivido è che invece di trovarsi, come lui pensava, al cospetto di una persona triste e preoccupata dalla prospettiva di passare tutta la sua vita in carcere, trovò davanti se una persona euforica in quanto certa che la separazione della Sicilia dallo Stato italiano si sarebbe realizzata a breve e lui sarebbe stato tra gli eroi della nuova Sicilia. Le cose come sappiamo presero un’altra piega ma l’amnistia voluta da Togliatti ed entrata in vigore il 22 giugno del 1946, produsse l’auspicata scarcerazione del suo amico. Poi l’autonomia speciale concessa alla Sicilia contribuì a far svanire l’indipendentismo siciliano sognato dai separatisti. Durante la permanenza a Catania partecipò alla campagna degli studenti universitari e conosciuta con lo slogan “Non si parte!”. Era il dicembre 1944, la Sicilia era governata dagli americani e la nazione divisa in due, Italia del Nord e Italia nel sud; al Nord la guerra continuava contro i Tedeschi e gli italiani della Repubblica di Salò. Durante il regime fascista agli studenti era stato permesso di rimandare il servizio militare fino alla laurea e adesso agli studenti siciliani non andava l’idea di I figli di Archimede
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abbracciare le armi per andare a combattere contro altri italiani in una situazione di caos istituzionale, per cui nacque spontaneamente una protesta genuinamente antimilitarista, cavalcata poi dai separatisti e dai fascisti. Si ebbero molte manifestazioni di protesta in tutta la Sicilia. Il 14 dicembre 1944 a Catania gli studenti manifestarono davanti al Distretto Militare. I militari di guardia spararono e un giovane, Antonino Spampinato, che era accanto a Giovanni Vaccaro, cadde colpito a morte. La polizia fermò 53 studenti fra cui Giovanni che fu poi rimesso in liberta dopo diversi giorni. Questo episodio fece capire all’Ing. Vaccaro come il destino delle persone possa dipendere da casualità che sfuggono al controllo diretto della persona e che lui, scampato a quella pallottola, si poteva ritenere fortunato. Certamente un presagio. Dopo essersi laureato e svolto il servizio militare, decise di emigrare negli Stati Uniti, ma il Consolato USA a Palermo gli negò la concessione del visto, forse come conseguenza dei tragici eventi precedentemente accennati. Ritornato con la famiglia ad Augusta, inizio l’attività professionale e imprenditoriale ad Augusta, con la progettazione e la costruzione dell’edifico, in stile razionalista, sito tra via Epicarmo e via della Rotonda, poi si sposò con Giuseppa (Pina) Bussichella, medico chirurgo con cui ebbe 5 figli, tutti laureati e con brillanti carriere. La sua vulcanica attività ha spaziato da quella professionale di ingegnere civi60
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le, a quella di imprenditore sia edile che nel settore terziario, a quella di esperto di storia locale ed economia applicata. Volendo citare solo alcune delle sue attività, una sua relazione compare già agli atti ufficiali del Convegno di Palermo organizzato dal Comitato europeo per il progresso economico e sociale per lo sviluppo del Mezzogiorno e delle Isole, poi come Assessore ai lavori pubblici del Comune di Augusta dal 1956 al 1960, si fece promotore del Concorso nazionale per il piano regolatore generale del Comune e porto all’attenzione nazionale le potenzialità del Porto di Augusta presentando nel 1957 in apposito stand del Comune allestito presso la XXXV Fiera campionaria di Milano, il progetto di sviluppo del Porto anche tenendo una conferenza stampa che ha avuto eco sui più famosi giornali nazionali. Sempre sul porto una sua relazione compare negli Atti ufficiali del Convegno organizzato nel 1970 a Bruges (Belgio) dal College of Europe avente come argomento “L’avvenire dei porti europei”. In questo contesto l’Ing. Vaccaro scelse poi il sito, collegato alla linea ferroviaria, dove doveva sorgere il porto commerciale e ne progettò la via di accesso. In questo contesto è da ricordare una sua pubblicazione del 1967 Sciascia editore intitolata Il Porto di Augusta – Cenni storici e situazione attuale. Fra le attività professionali svolte nel Comune di Augusta, ci sono innumerevoli interventi di edilizia civile progettati, diretti e realizzati, tra questi, per la valenza collettiva si ricordano la progettazione e la direzione lavori dell’Ospedale Emanuele Muscatello, sia del primo edificio
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Ritaglio di giornale dell’epoca in cui si prospettava la possibilità di realizzare il porto di Augusta.
che degli ampliamenti e della nuova costruzione ultimata nei primi anni 2000 e la relativa strada di accesso attraverso l’ex salina comunale Regina, il gradevole percorso pedonale di circonvallazione che costeggia il lato est del Castello Svevo, il lungomare Paradiso, il villaggio turistico Monte Amara (oggi Venus Sea Hotel) che si presentava nel tradizionale stile mediterraneo con particolari e pregevoli archi tridimensionali, poi eliminati nella recente ristrutturazione. La sua attività in campo sociale, economico e culturale è stata ininterrotta per oltre 70 anni, è impossibile descriverla interamente e pertanto saranno dati solo alcuni accenni.
Alla primissima attività di costruttore abbinò per alcuni anni un’attività di produzione di mattonelle e manufatti in cemento e poi un’attività commerciale nel campo dell’arredamento. É stato per molti anni nel consiglio di amministrazione della Banca Popolare di Augusta (prima banca popolare ad essere fondata in Sicilia), oggi confluita nella Banca agricola popolare di Ragusa. È stato socio fondatore e Presidente del Club nuoto di Augusta, storica associazione che ha permesso a tanti giovani augustani ad avviarsi all’attività sportiva, socio fondatore del Circolo tennis di Augusta e del Lions Club Augusta Host. È stato membro fondatore della Com-
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missione Comunale di Storia Patria di Augusta e ha pubblicato, nel Notiziario storico di Augusta, i seguenti saggi: N° 1 - dicembre 1967 : Augusta nella seconda metà del 17° secolo N° 2 - giugno 1968 : La fondazione di Augusta N° 6 - dicembre 1971 : La regia scuola tecnica di Augusta N° 9 - dicembre 1976 : Orso Mario Corbino N° 11 - ottobre 1983 : Giuseppe Muscatello N° 12 - ottobre 1984 : Gaetano Arangio Ruiz N° 13 - settembre 1985 : Giovanni Lavaggi - Aviatore N° 14 - ottobre 1986 : Emanuele d’Astorga N° 15 - settembre 1987 : La colimpetra N° 16 - dicembre 1988 : Il Castello di Augusta N° 17 - dicembre 1989 : Il territorio di Augusta: I feudi, la popolazione, la nobiltà, i centri abitati N° 18 - ottobre 1995 : La base navale di Augusta nella seconda guerra mondiale Ha inoltre pubblicato i seguenti libri: - Severino Santiapichi – Giovanni Vaccaro “AUGUSTA - Industrializzazione in Sicilia” edito da Flaccovio 1960. Il coautore, Santiapichi è stato un famoso magistrato, all’epoca Pretore ad Augusta, poi Vice Presidente della Corte Suprema in Somalia, quindi Presidente della Corte di Assisi di Roma. Divenne famoso anche per aver presieduto i processi contro i 62
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componenti delle Brigate Rosse per l’uccisione di Aldo Moro e il processo contro il terrorista turco Mehmet Ali Ağca che attentò alla vita del Papa Giovanni Paolo II. - Giovanni Vaccaro - “Il Porto di Augusta - Cenni storici e situazione attuale” Sciascia Editore in L’Economia nella Provincia di Siracusa 1963 - Giovanni Vaccaro – “Andrea Saluta e l’insegnamento della matematica nel suo tempo”. Editore Arti grafiche Mario Fruciano 1996 La sua attività imprenditoriale si è estesa anche al settore turistico con la gestione del villaggio turistico Monte amara da lui concepito e realizzato e come imprenditore agricolo con l’acquisto e la gestione fino all’arrivo della grande crisi di mercato che colpì l’agrumicoltura italiana, di un agrumeto di circa 18 Ha. Nel colloquio avuto con Lui, posso testimoniare che il suo attuale cruccio è rivolto alla stasi in cui si trova attualmente l’economia provinciale e augustana in particolare. All’Ing. Vaccaro appare infatti imperdonabile che per mancanza di iniziativa e lungimiranza politica e imprenditoriale, si stia perdendo l’occasione per un concreto grande sviluppo della Sicilia e della Provincia siracusana, che potrebbe derivare dalla valorizzazione del porto commerciale di Augusta. Il porto, per naturale vocazione geografica, estendendosi in modo da privilegiare anche le diverse vocazioni locali di Catania e di Siracusa, potrebbe infatti diventare il più importante porto europeo, baricentro dei traffici marittimi tra l’Eu-
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ropa e l’Africa, l’Asia e l’Atlantico. Questa opzione purtroppo è osteggiata da altri porti come Trieste e Genova, in cui la politica, diversamente da quella siciliana, ha da tempo messo da parte le sterili divisioni polemiche per concentrarsi su comuni obiettivi di sviluppo. Solo una tempestiva e duratura alleanza con gruppi imprenditoriali e commerciali di importanza mondiale (cinesi, russi, Usa), sponsorizzata dalla Regione siciliana in forza dello suo Statuto speciale, potrebbe evitare che la Sicilia perda questa irripetibile opportunità e sia purtroppo condannata ad un futuro di ripresa dell’emigrazione di cui già si hanno i primi avvisi. Del re-
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sto lo sviluppo esplosivo di un porto siciliano significherebbe dare impulso alla costruzione del Ponte sullo stretto ed evitare che il meridione sia posto fuori dalle dinamiche commerciali a vantaggio dell’Europa centrale e dell’Italia settentrionale, con evidente e inevitabile peggioramento della questione meridionale tutt’oggi irrisolta ed anzi in via di aggravamento.
Natale 2018, l’ing. Giovanni Vaccaro con i nipoti.
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Testo Enrico articolo: Lombardo: Font Ingegnere Candara 14pt meccanico, es ditisimin responsabile consequ atemquas qualità, ambiente etur? e sicu
INNOVAZIONE E TECNOLOGIA ALL’AVANGUARDIA PER IL TERMOVALORIZZATORE GESPI La carenza di impianti di smaltimento rifiuti adeguati mette in crisi il sistema nazionale. Il caso di “Punta Cugno” ad Augusta (SR) dell’azienda Ge.s.p.i Srl
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urezza.
Il sistema di gestione dei rifiuti in Italia presenta, già da tempo, numerose criticità che si sono ulteriormente aggravate negli ultimi anni a causa della carenza di impianti di recupero e smaltimento nel territorio nazionale. I pochi impianti presenti si sono progressivamente saturati, e il venir meno della disponibilità degli impianti di Europa e Cina ha ulteriormen-
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te contribuito a mettere in crisi il sistema di recupero e smaltimento italiano. La disponibilità di impianti in Italia è rimasta insufficiente a causa del fenomeno Nimby (not in my backyard – lett: “non nel mio cortile”), che tradizionalmente riguarda l’avversione per la realizzazione di impianti industriali, infrastrutture per il trasporto, impianti di produzione
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Testo articolo: Font Candara 14pt es ditisimin consequ atemquas etur?
di energia elettrica ed impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti, compresi gli impianti alimentati da fonte rinnovabile. Ge.s.p.i. Srl (Gestione Servizi Portuali e Industriali) è presente dal 1965 nel settore dello smaltimento mediante incenerimento di rifiuti speciali e portuali. Oggi si pone nel panorama italiano come Azienda leader nel settore della gestione di impianti per la termovalorizzazione di rifiuti pericolosi non altrimenti riciclabili. Il cuore dell’attività dell’Azienda è rappresentato da un impianto di termo-distruzione ubicato ad Augusta (SR) che insiste all’interno di uno dei più grossi poli petrolchimici italiani. L’impianto tratta rifiuti speciali e urbani, pericolosi e non, provenienti da ambito industriale e portuale, è autorizzato in AIA ed è aggiornato alle più recenti disposizioni di Legge. Il termovalorizzatore, denominato “Pun-
Foto 2 - Particolare scarico in griglia 3D
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ta Cugno”, ha la finalità di smaltire rifiuti pericolosi e non pericolosi ed ottenerne la migliore valorizzazione energetica dalla combustione degli stessi, generando energia elettrica e migliorando l’efficienza energetica dell’impianto stesso. La termovalorizzazione rappresenta una scelta responsabile in linea con gli obiettivi europei in tema di efficientamento energetico ed economia circolare. L’impianto è costituito da due linee gemelle di cui una in esercizio e la seconda in fase di realizzazione. Per minimizzare l’impatto ambientale dell’impianto sono state adottate le più innovative tecnologie per il contenimento delle emissioni in atmosfera, del rumore, degli scarichi liquidi, dei residui solidi e del traffico veicolare indotto. L’impianto, oltre essere già adeguato alle Best Available Technology (BAT), è dotato di ulteriori
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migliorie tecnologiche che lo rendono unico nel panorama nazionale ed europeo. In particolare, è stato implementato un sistema innovativo di estrazione e raffreddamento a secco delle scorie di combustione che comporta notevoli vantaggi ambientali. Il primo è sicuramente costituito da una riduzione del 50% del quantitativo di scorie prodotte rispetto ai sistemi di estrazione e raffreddamento ad umido; Il secondo, è rappresentato da un incremento del 25% dell’energia elettrica prodotta; il terzo è costituito da una riduzione del quantitativo di incombusti totali presenti nelle scorie misurati come carbonio organico totale garantendo un miglior margine di rispetto dei limiti di legge; quarto ed ultimo una riduzione dei consumi di risorse idriche (-70% rispetto ai sistemi ad umido). La tabella n° 1 (sotto) riporta i principali dati di gestione degli ultimi 5 anni. L’implementazione del sistema di estrazione a secco è stata effettuata a di-
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cembre 2016 ed ha prodotto i benefici attesi già nel 2017. Il sistema di estrazione è costituito da una griglia di essiccazione¹ (progetto Forni Engineering Srl e STZ s.n.c. di Zanchi G.&C.) raffreddata ad acqua ed un nastro trasportatore metallico² (progetto e costruzione Magaldi Ecobelt®) raffreddato ad aria. In coda al nastro di estrazione è posto un vaglio vibrante con maglia da 8 mm che separa la frazione inferiore convogliandola attraverso un sistema di trasporto pneumatico all’interno di un silos (circa il 19% del rifiuto trattato). Il sopravaglio viene convogliato su un nastro ad acqua ove viene successivamente deferizzato. I materiali ferrosi estratti sono avviati al recupero in fonderia (circa il 2% del rifiuto trattato), il rimanete rifiuto, classificato non pericoloso è avviato anch’esso al recupero in impianti autorizzati (circa il 2% del rifiuto trattato). Il sistema di estrazione a secco delle scorie di combustione è stato sviluppato grazie all’attività di R&S
Tabella 1 - Dati di gestione degli ultimi 5 anni.
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Foto 3 - Schema del sistema di estrazione a secco.
in cui l’Azienda è impegnata da anni e rappresenta solo il primo step di un più ampio ed ambizioso progetto (in fase di sviluppo) finalizzato alla valorizzazione dei metalli pesanti ed al riutilizzo dalle scorie inerti.Grazie all’utilizzo di tecno-
Foto 4 - Sezione combustione 3D
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logie basate su “tavole densimetriche” e “correnti di Foucault” (eddy current) sarà possibile separare le componenti principali di cui sono composte le scorie quali la frazione inerte, il vetro, i metalli non ferrosi ed i metalli pesanti la cui pr
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Foto 5 - Griglia di scarico scorie.
Foto 6 - Schema del trattamento a secco delle scorie.
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reso non pericoloso e quindi compatibile con le attività di recupero dei rifiuti quali l’impiego per sottofondi stradali oppure come inerte per manufatti cementizi di tipo non strutturale. La componente metalli pesanti, contiene frazioni considerevoli di metalli nobili quali oro, argento, platino, rame, molibdeno e nichel che in fonderia saranno estratti con i metodi elettrolitici e valorizzati nello spirito dell’economia circolare. Tale processo di recupero è stato sviluppato, per la prima Tale processo di recupero è stato sviluppato, per la prima volta, dalla azienda Svizzera Kezo che gestisce un impianto di termovalorizzazione per rifiuti urbani. Tuttavia le scorie provenienti da incenerimento di rifiuti industriali pericolosi presentano caratteristiche fisico-chimiche differenti, dipendono fortemente dalla natura del rifiuto incenerito e pertanto l’ottimizzazione di tale processo richiede ulteriori ricerche ed approfondimenti che sono tutt’ora in corso ed i cui risultati, seppur parziali, lasciano ben sperare per proficuo raggiungimento degli obiettivi prefissati.
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Bibliografia & Sitografia http://www.gruppogespi.com Fotografia Ing. Enrico Lombardo
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Foto 7 - Barrotti mobili della griglia.
Foto 8 - Camera di post-combustione e caldaia a recupero
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Testo articolo: Font Candara 14pt es ditisimin consequ atemquas etur?
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NUMERI UTILI Ufficio Genio Civile di Siracusa Ufficio Servizio edilizia privata Via Brenta 75/77 - 96100 - Siracusa Via Brenta 81 - 96100 - Siracusa centralino : 0931-469911 tel. 0931/451003 451061 451062 451055 Fax : 0931-69580 451086 e-mail : geniocivilesiracusa@regione.sicilia.it Orario di Ricevimento: martedì 9:00 - 13:00 p.e.c. : giovedì 9:00 - 13:00 geniocivile.sr@certmail.regione.sicilia.it Ufficio per il Centro Storico p.e.c. (uso uffici amm. regionale): Via Logoteta (Palazzo comunale Midiri – Cardona) geniocivile.sr@pec.regione.sicilia.it tel. centralino: 0931/69422 Orario di Ricevimento: mart. 09:30 - 13:00 fax: 0931/461364 merc. 16:00 - 17:30 Orario di Ricevimento: martedì 9.00 - 12.00 ven. 09:30 - 13:00 15.00 - 17.00
giovedì 9.00 - 12.00
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Via Arsenale, 44/D Siracusa (SR), 96100 Tel. 0931 - 65826 Fax 0931 - 467396 martedì 09:00 - 14:00 mercoledì 15:30 - 19:00 venerdì 09:00 - 14:00 email utili: ordingsr@ordingsr.net trasparenza@ordingsr.net ordine.siracusa@ingpec.eu
Veduta del Ponte Santa Lucia. Foto scattata dall’Ing. Sebastian
SEBASTIANO FLORIDIA CIV. AMB., IND., INFORM.
GUGLIOTTA VINCENZO CIV. AMB., IND., INFORM.
N° 1010 sez. A PRESIDENTE
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BARBARA TINE’ CIV. AMB., IND., INFORM.
LO BELLO FEDERICO CIV. AMB., IND., INFORM.
N° 1624 sez. A VICE PRESIDENTE
N° 1120 sez. A CONSIGLIERE
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LOMBARDO ENRICO CIV. AMB., IND., INFORM.
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