Rifinitura. Nuovi spazi per il Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano.

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Nuovi spazi per il Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo. Il visto e non visto. La Fabbrica infinita e il deposito esponenziale. Materialità, tecnologia, processo.

Rifinitura

Silvia Bassi Sebastiano Nespoli Ada Rosito



Rifinitura Nuovi spazi per il Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo

Silvia Bassi Sebastiano Nespoli Ada Rosito

Tesi di Laurea Magistrale Politecnico di Milano Scuola di Architettura Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni Architecture - Built Environment - Interiors a.a. 2020/2021

Relatore Giancarlo Floridi Correlatori Marco Stefano Biraghi Nicola Russi


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Dino Risi, La Fabbrica del Duomo, 1949, cortometraggio 5


Acknowledgements Si ringraziano: . i relatori prof. Giancarlo Floridi, prof. Marco S. Biraghi e arch. Nicola P. Russi - Ing. Francesco Canali, Direttore dei Cantieri della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano - Gino Giacomelli, capo-cantiere e scultore del Cantiere Marmisti di Via Brunetti - Archiv. Maddalena Peschiera, Archivista alla Biblioteca del Duomo di Milano - Arch. Frédéric Degenève, Responsabile degli atelier della cattedrale alla Fondation de l’ Œuvre Notre-Dame di Strasburgo (Straborug) - Arch. Ing. Volker Kilian, Arc Architekten per il progetto della “dombauhütte” di Passau (Passavia) - RIGOMARMI & RIGO srl, Milano, sul riutilizzo degli scarti di marmo - Rossi Celso Marmi srl, Pietrasanta, sulla tecnica di raffinamento del marmo -Nicolò R. Lastrico, per le fotografie i modelli di progetto

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Index

0. The functional tradition

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1. La tipologia della Dombauhütte: “officina dei costruttori” / The Dombauhütte typology: “builders’ factory”

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2. Il Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo / the Marble workers’ site at the Veneranda Fabbrica of Duomo

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3. La Fabbrica infinita e il tema della copia nell’arte / The “infinite” Factory and the theme of the copy in art

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4. La produzione artistica oggi: il concetto di Factory / The artistic production nowdays: the idea of factory

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5. Proposta di progetto / Project proposal

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6. Bibliografia / Bibliography

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Abstract “... La questione è solo apparentemente retorica. In origine, davvero non si poneva: città, case, arredi e oggetti d’uso sembravano - e talvolta erano - votati alla durata eterna. La cultura del progetto era sinonimo della cultura della solidità. Ciò non si dà più: le città, oggi, si deteriorano rapidamente e vengono periodicamente rinnovate, le case altrettanto periodicamente abbattute e ricostruite, gli arredi si consumano e sostituiscono quasi come i vestiti da sera di una signora vanitosa adoperati, gettati e subito riacquistati. La cultura del progetto è diventata una cultura della fragilità e del consumo.”

Modernità e durata, Vittorio Magnano Lampugnani

Il Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, luogo di lavoro dove sculture e guglie degradate vengono sostituite con nuove riproduzioni in marmo di Candoglia, ha una forte identità produttiva artigianale dedicata alla città. Questa realtà quasi sconosciuta si trova oggi ad affrontare un serio problema di stoccaggio; i marmi del Duomo, siano essi decorazioni, statue o semplici blocchi, non possono essere venduti o distrutti per statuto. Come affrontare una produzione infinita di opere d’arte? L’integrazione delle tecnologie a nostra disposizione deve essere combinata in modo saggio e critico per stimolare la durata del savoirfaire artigianale. L’attivazione di un ciclo di educazione e informazione può contribuire alla durabilità di questo sapere, attraverso il recupero dell’apprendistato in loco da un lato, e l’esposizione del processo produttivo, dall’altro. Questo potrebbe sensibilizzare i visitatori e allo stesso tempo dare un ruolo estroverso e pubblico al luogo, ora latente. L’area del quartiere Varesina, così frammentata in poche architetture eterogenee fra loro, segnata da vuoti di dismissioni industriali, è quasi disconnessa dall’urbanità a causa delle infrastrutture circostanti. Rifinire, cioè completare il luogo esistente aggiungendo nuove forme, sintetiche e affini tra loro, per innescare un dialogo con la città circostante, è stata la strategia di progetto. “Rifinire” richiama anche all’atto di integrare un ornamento, che per sua stessa natura nasce per essere in relazione alla città, visibile. Da qui l’idea di invertire il carattere introverso dell’area con quattro edifici essenziali, che non contraddicono la necessità di economia dei mezzi tipica di un cantiere, ma che affermano la propria autonomia tramite l’uso del colore, della materialità, di un ritmo ricorrente e di una rifinitura fino alla scala del dettaglio. Il progetto si propone in sé di risolvere il problema della conservazione della conoscenza mantenendo l’espressione sincera del luogo, diventando portatore di un modo di vedere l’architettura in cui un edificio diventa sostenibile perché adatto, e quindi durevole.

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“... The question is only apparently rhetorical. Originally, it really didn’t arise: cities, houses, furnishings and objects of use seemed - and sometimes were - devoted to eternal duration. The culture of design was synonymous with the culture of solidity. This is no longer the case: today’s cities deteriorate rapidly and are periodically renovated, houses are just as periodically demolished and rebuilt, furniture is worn out and replaced almost like the evening dresses of a vain lady, used, thrown away and immediately repurchased. The culture of design has become a culture of fragility and consumption.”

Modernity and Durability, Vittorio Magnano Lampugnani

The Cantiere Marmisti of the Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, a workplace where degraded sculptures and spires are replaced with new Candoglia marble reproductions, has a strong artisan production identity dedicated to the city. This almost unknown reality is now facing a serious problem of storage; the marbles of the Duomo, be they decorations, statues or simple blocks, cannot be sold or destroyed by statute. How can we cope with the endless production of works of art? The integration of the technologies at our disposal must be combined wisely and critically to stimulate the durability of craftsmanship. The activation of a cycle of education and information can contribute to the durability of this knowledge, through the recovery of on-site apprenticeship on the one hand, and the exhibition of the production process on the other. This could raise the awareness of visitors and at the same time give an extrovert and public role to the place, which is now latent. The area of the Varesina district, so fragmented in a few heterogeneous architectures, marked by empty spaces of industrial disuse, is almost disconnected from urbanity because of the surrounding infrastructures. The project’s strategy was to refine, that is, to complete the existing place by adding new, synthetic, similar forms to trigger a dialogue with the surrounding city. “Refining” (“Rifinitura”) also recalls the act of integrating an ornament, which by its very nature is created to be in relation to the city, visible. Hence the idea of inverting the introverted character of the area with four essential buildings, which do not contradict the need for economy of means typical of a construction site, but which assert their autonomy through the use of colour, materiality, a recurring rhythm and refinement down to the scale of detail. The project itself proposes to solve the problem of preserving knowledge while maintaining the sincere expression of the place, becoming the bearer of a way of seeing architecture in which a building becomes sustainable because it is suitable, and therefore durable.

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1. La tradizione funzionale Laboratorio frese, Cantiere Marmisti VFD 2021.


0. The functional tradition

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“Nel porci di fronte a un fatto urbano abbiamo indicato le questioni principali che sorgono: tra esse l’individualità, il locus, la memoria, il disegno stesso. Non si è accennato alla funzione. Io penso che la spiegazione dei fatti urbani mediante la loro funzione sia da respingere quando si tratti di illuminare la loro costituzione e la loro conformazione [...] (vi sono) esempi di fatti urbani preminenti dove una funzione è mutata nel tempo o addirittura dove una funzione specifica non esiste.” A. Rossi, Critica al funzionalismo ingenuo, Architettura della città, p.34 (1966),

Il termine “funzionale” in campo architettonico porta con sé una definizione complessa, che è cambiato attraverso le epoche e i contesti. Se da una parte si inizia a parlare di “ architettura funzionale” come risposta critica illuministica agli eccessi del Barocco e del Rococò, ricercando un gusto compositivo più sintetico ed equilibrato, dall’altra ciò ha portato in epoca moderna-contemporanea a confondere spesso il senso di funzionale con funzionalistico. Il libro alla base del laboratorio di ricerca, “La tradizione funzionale nei primi edifici industriali” di J.M.Richards, scritto nel 1958 evidenzia come esista una tradizione storica di edifici nati per un uso “funzionale” e non rappresentativo - e per questo solitamente trascurati dalla storia dell’architettura - che tuttavia possiedono caratteristiche interessanti per il progetto contemporaneo: magazzini, darsene, mulini tessili, mulini ad acqua, maltifici, depositi. Gli esempi inglesi citati nel testo possiedono tipici elementi “funzionali” all’uso per cui è destinato ogni edificio - forme chiare e semplici, ripetizioni orizzontali o verticali, economia dei mezzi - ma si distaccano dalla standardizzazione che caratterizza i moderni edifici industriali. Questo tramite l’uso di materiali locali come mattoni e pietre, oltre che di dettagli in facciata non meramente funzionali ma che si relazionano più all’attività umana e al contesto urbano circostante. La ricerca di Richards è stata il punto di partenza per una riflessione su tematiche ricorrenti e comuni a tutti gli edifici funzionali: la stretta relazione tra struttura e ornamento; la resistenza dell’involucro esterno alla funzione contenuta; la capacità di contenere diverse attività senza venire definiti da esse, la presenza urbana dell’edificio che prescinde dal suo contenuto.

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The functional tradition Il termine “funzionale” in campo architettonico porta con sé una definizione complessa, che è cambiato attraverso le epoche e i contesti. Se da una parte si inizia a parlare di “ architettura funzionale” come risposta critica illuministica agli eccessi del Barocco e del Rococò, ricercando un gusto compositivo più sintetico ed equilibrato, dall’altra ciò ha portato in epoca moderna-contemporanea a confondere spesso il senso di funzionale con funzionalistico. Esito causato in gran parte dalla retorica del Movimento Moderno, che raccogliendo in parte gli sforzi di Durand e di molti altri, ha cercato di dare una motivazione razionale e precisa di ogni momento del fatto architettonico, riducendo la forma a un insieme di azioni logiche e univoche per rispondere a determinati requisiti (ambientali, spaziali, igienici..), cioè a una vera e propria “macchina per abitare”. Ciò ha portato pertanto a quello che Aldo Rossi denomina nell’Architettura della città funzionalismo ingenuo: un affannoso tentativo di giustifi are le forme dell’architettura solo attraverso le funzioni che devono ospitare (“funzionali a”), ignorando il variare nel tempo delle destinazioni d’uso e la complessità di scelte (espressive, compositive, culturali, di contesto urbano) proprie del progetto architettonico.1

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A. Rossi, Critica al funzionalismo ingenuo, Architettura della città, p.34 (1966), The IT Press,

Cambridge.

The functional tradition The erm “functional” in the field of a chitecture carries with it a complex definition, which has changed through the ages and contexts. While on the one hand people began to speak of “functional architecture” as a critical Enlightenment response to the excesses of the Baroque and Rococo periods, seeking a more synthetic and balanced compositional taste, on the other hand this has led in the modern-contemporary era to the frequent confusion of the meaning of functional with functionalistic. This outcome was largely caused by the rhetoric of the Modern Movement, which in part took up the eff rts of Durand and many others and tried to give a rational and precise motivation to every moment of the architectural fact, reducing the form to a set of logical and univocal actions to respond to certain requirements (environmental, spatial, hygienic...), that is, to a real “machine for living”. This has therefore led to what Aldo Rossi calls in his Architettura della città (Architecture of the city) naive functionalism: a frantic attempt to justify the forms of architecture solely through the functions they must accommodate (“functional to”), ignoring the variation over time of the uses to which they are put and the complexity of choices (expressive, compositional, cultural, of the urban context) inherent in architectural design1 1 A. Rossi, Critique of Naive Functionalism, Architecture of the city , p.46 (1982), The IT Press, Cambridge.

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The Functional Tradition in Early Industrial Building, J. M. Richards Il libro alla base del laboratorio di ricerca, “La tradizione funzionale nei primi edifici industriali” di J.M.Richards, scritto nel 1958 evidenzia come esista una tradizione storica di edifici ati per un uso “funzionale” e non rappresentativo - e per questo solitamente trascurati dalla storia dell’architettura - che tuttavia possiedono caratteristiche interessanti per il progetto contemporaneo: magazzini, darsene, mulini tessili, mulini ad acqua, maltifici, depositi. Gli esempi inglesi citati nel testo possiedono tipici elementi “funzionali” all’uso per cui è destinato ogni edificio - f rme chiare e semplici, ripetizioni orizzontali o verticali, economia dei mezzi - ma si distaccano dalla standardizzazione che caratterizza i moderni edifici ndustriali. Questo tramite l’uso di materiali locali come mattoni e pietre, oltre che di dettagli in facciata non meramente funzionali ma che si relazionano più all’attività umana e al contesto urbano circostante. La ricerca architettonica di J.M. Richards è diventata quindi il punto di partenza per indagare la stessa “tradizione funzionale” anche in altri contesti, individuando i suoi tratti persistenti.

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The ook at the base of the research workshop, “The unctional tradition in early industrial buildings” by J.M.Richards, written in 1958, shows how there exists a historical tradition of buildings created for a “functional” and non-representational use - and for this reason usually neglected by the history of architecture - which nevertheless possess interesting characteristics for contemporary design: warehouses, docks, textile mills, water mills, maltings, warehouses. The nglish examples cited in the text have typical “functional” elements for the use for which each building is intended - clear and simple forms, horizontal or vertical repetition, economy of means - but they depart from the standardisation that characterises modern industrial buildings. This is achieved through the use of local materials such as bricks and stones, as well as façade details which are not merely functional but relate more to human activity and the surrounding urban context. J.M. Richards’ ar chitectural research has thus become the starting point for investigating the same “functional tradition” in other contexts as well, identifying its persistent traits.

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Victoria warehouses at Preston Docks

Bondend railway warehouse at Burton-on-Trent

Chatham Naval Dockyard

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Resistenza della Forma e durabilità “I problemi elementari dell’architettura (...) sono quantitamente limitati e sostanzialmente rimasti gli stessi nel corso della storia. Per tali problemi sono state continuamente sviluppate, sperimentate e selezionate soluzioni. Quelle che hanno persistito nei decenni e nei secoli sono talmente buone da essere a malapena migliorabili: come gli attrezzi degli antichi artigiani sono formate dall’uso e hanno perciò raggiunto una chiarezza, adeguatezza e perfezione al di là delle quali vi è soltanto il raffinamento.” Modernità e durata, V. M. Lampugnani

Quando una forma è “durabile”? Esempi come la dogana de Mar di Venezia e la Galleria degli Antichi di Sabbioneta fanno rifle tere su come pareti solide ben definite, in cui è risolto il tema strutturale, sembrino a prima vista degli impedimenti fisici, a di fatto liberino lo spazio interno, compartimentandolo in geometrie “comode”. Entrambi sono edifici che n questo modo sono riusciti a sopravvivere al cambio di funzioni al loro interno, perché definiti dalla propria logica formale intrinseca.

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Dogana de Mar, Giuseppe Benoni, 1682, Venezia, Italy 21


Form resistance and durability “The elementary problems of architecture (...) are quantitatively limited and have essentially remained the same throughout history. Solutions to these problems have been continuously developed, tested and selected. Those that have persisted over decades and centuries are so good that they can hardly be improved upon: like the tools of the ancient craftsmen, they are formed by use and have therefore attained a clarity, adequacy and perfection beyond which there is only refinement.” Modernità e durata, V. M. Lampugnani

When is a form “durable”? Examples such as the Dogana de Mar in Venice and the Galleria degli Antichi in Sabbioneta make us refl ct on how well-defined solid walls, in which the structural theme is resolved, seem at first sight to be physical impediments, but in fact free up the interior space, compartmentalising it in “comfortable” geometries. Both are buildings that in this way have managed to survive the change of functions within them, because they are defined by their own intrinsic formal logic.

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Galleria degli Antichi, Sconosciuto, 1583-1586, Sabbioneta, Italy 23


Economia dei mezzi , struttura e ornamento “In contrasto con l’edilizia abitativa, che erige ampie superfici, l’architettura tecnica ha anch’essa il suo più forte fondamento espressivo nell’intelaiatura che costituisce la sua struttura di base. Poiché lo scheletro delle costruzioni tecniche rimane interamente o quasi visibile, si è maggiormente obbligati a evitare qualsiasi costruzione ausiliaria falsa e occultante, e l’intelaiatura va strutturata in modo che appaia armoniosa di per sé.” Le costruzioni della tecnica, Werner Lindner “Anche le strutture più vaste che non avevano uno scopo domestico, come le cattedrali e i granai delle decime, avevano portoni e altre caratteristiche che, essendo progettate in relazione alla figura umana, servivano a ricordare la loro connessione con le attività umane.” The unctional Tradition in early industrial buildings, di J.M. Richards

La caratteristica interessante di certe architetture funzionali, in cui la struttura e l’ornamento sono più inscindibili, è il loro seguire regole composite classiche: basamento, corpo, coronamento. (Ricola depot, Herzog & De Meuron) Allo stesso tempo, la ripetizione di una sezione precisa all’i nfinito è una delle modalità più semplici per coprire grandi spazi senza eccessivi appoggi, relegando al perimetro esterno il ruolo strutturale e di linguaggio verso la città (Krafwerk a Basilea, Hans Hoff an). 24


Ricola Storage Building, Herzog & de Meuron, 1986 Laufen, Switzerland 25


Economy of means, structure and ornament “In contrasto con l’edilizia abitativa, che erige ampie superfici, l’architettura tecnica ha anch’essa il suo più forte fondamento espressivo nell’intelaiatura che costituisce la sua struttura di base. Poiché lo scheletro delle costruzioni tecniche rimane interamente o quasi visibile, si è maggiormente obbligati a evitare qualsiasi costruzione ausiliaria falsa e occultante, e l’intelaiatura va strutturata in modo che appaia armoniosa di per sé.” Le costruzioni della tecnica, Werner Lindner Even the vastest structures that were not domestic in purpose, like cathedrals and tithebarns, had dootways and other features which, being designed in relation to the human figure, served as a reminder of their connection with human activities. The unctional Tradition in early industrial buildings, di J.M. Richards

The nteresting characteristic of certain functional architectures, where structure and ornament are more inseparable, is that they follow classical composite rules: base, body, crowning. (Ricola depot, Herzog & De Meuron) At the same time, the repetition of a precise section ad infinitum is one of the simplest ways of covering large spaces without excessive support, relegating to the outer perimeter the role of structure and language towards the city (Krafwerk in Basel, Hans Hoff an). 26


Kraftwerk Birsfelden, Hans Hofmann, 1951-1954, Basel, Switzerland 27


Collage tipologico Progettato per la massima flessibilità, lo spazio di produzione è programmaticamente indeterminato. La flessibilità in questo contesto, tuttavia, non implica l’abbandono della razionalità, ma di fatto il contrario. Per permettere un ambiente dinamico, bisogna definire gli elementi che rimarranno necessariamente statici. Il comfort, l’atmosfera, la luce e la struttura sono criteri universali che si estendono, al di là dell’accoppiamento libero di programma e forma, verso un’espressione di performance. Insieme questi sistemi stratificati indicano le potenzialità dello spazio architettonico. Space of production, p.98, Jeannette Kuo

La città mono-funzionale, in cui è un edificio o n quartiere sono progettato su misura per una precisa destinazione senza possibili modifiche, n n è più sostenibile. L’obiettivo di saper rispondere a tutte le esigenze attuali del progetto contemporaneo comporta l’idea zione di edifici on molteplici realtà al loro interno. La sfi a è farle coesistere in modo armonico, adatto, creando scambi proficui ra di esse, senza permettere che definiscano in modo fil logico la forma: mantenere questo senso di “indefinito”, progettando la struttura in modo da ottenere spazi comodi per molteplici funzioni, fa sì che la forma sia indipendente dalle funzioni contingenti e possa perdurare anche nel caso cambiassero le necessità dell’area. 28


Centro Formazione Professionale SSIC, Durisch + Nolli. 2010, Gordola, Switzerland 29


- Erich Mendelsohn - Luckenwalde - 1921 - AR Hat factory - Erich Mendelsohn Luckenwalde - 1921 - Image - AR

Typological collage Designed for ultimate flexibility, the space of production is programmatically indeterminate. Flexibility in this context, however, does not imply the abandonment of rationality, but in fact the opposite. To enable a dynamic environment, the elements that will necessarily remain static need to be defined. Comfort, atmosphere, light, and structure are universal criteria that extend beyond the loose fit of program and formtowards an expression of performance. Together these layered systems inform the potentials of the architectural space. Space of production, p.98, Jeannette Kuo

The mono-functional city, in which a building or neighbourhood is custom-designed for a specific purpose without any possible alterations, is no longer sustainable. The objective of being able to respond to all the current needs of contemporary living involves designing buildings with multiple realities within them. The challenge is to make them coexist in a harmonious, suitable way, creating fruitful exchanges between them, without allowing them to define the form in a philological way: designing the structure in such a way as to obtain comfortable spaces for multiple functions, while maintaining a certain sense of “ vagueness “, ensures that the form is independent of the contingent functions and can last even if the needs of the area change. 30

Hat factory - Erich Mendelsohn Luckenwalde - 1921 Abstract - AR


Hat factory, Erich Mendelsoh, 1921, Luckenwalde , Germany 31


Autonomia dell’oggetto urbano « L’edificio ha una straordinaria fisionomia: caratterizza da solo l’intero ambiente in cui sorge, la zona di periferia industriale che lo circonda. E questa sua espressività non sta in alcuna forzatura di forme, in alcuna esibizione sia tecnica che rappresentativa. Le sue forme sono, nello stesso tempo, fantastiche e proprie. Non hanno esagerato il tema; l’hanno scoperto…». Edificio ndustriale a Padova di A. Mangiarotti, in “Domus”, n. 363, febbraio 1960

La rappresentatività di un edificio, a sua monumentalità, è indipendente dal suo contenuto: è altresì in relazione con la città, con il suo contesto urbano. Nella tradizione funzionale, alcuni esempi come il Semperdepot di Gottfried Semper o diversi lotti residenziali di Kay Fisker, creano un singolare rapporto con il loro intorno.. Se da una parte i loro fronti sono frutto di un semplice modulo compositivo ripetuto all’i nfinito, la loro pianta compie una deformazione rispetto alla forma geometrica pura pur di instaurare un rapporto con il tessuto urbano. Questa posizione, insieme all’uso di passaggi e creazione di “piazze interne”, unisce in modo armonico pragmatismo e monumentalità. 32


Gullfosshus, Kay Fisker, 1926/1932 Copenhagen, Denmark 33


Urban object autonomy « The building has an extraordinary physiognomy: it single-handedly characterises the entire environment in which it stands, the area of industrial suburbia that surrounds it. And its expressiveness does not lie in any forcing of forms, in any exhibition of either technique or representation. Its forms are, at the same time, fantastic and its own. They have not exaggerated the theme; they have discovered it...’.…». “Industrial building in Padova”, by A. Mangiarotti, in Domus, n. 363, February 1960

The epresentativeness of a building, its monumentality, is independent of its content: it is also related to the city, to its urban context. In the functional tradition, examples such as Gottfried Semper’s Semperdepot or several of Kay Fisker’s residential plots create a singular relationship with their surroundings. While their fronts are the result of a simple compositional module repeated ad infinitum, their fl or plans deform pure geometric form in order to establish a relationship with the urban fabric. This position, together with the use of passages and the creation of internal squares, harmoniously combines pragmatism and monumentality. 34


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Semperdepot, Gottfried Semper, 1874 Wien, Austria 35



1. La tipologia della dombauhütte Deposito guglie lungo l’accesso veicoli, Cantiere Marmisti VFD, 2021.


Protezioni di vetro per la facciata della Cattedrale di NotreDame Strasbourg, © Fondation de l’ Œuvre Notre-Dame

Pianta e prospetto per le armature delle guglie del Duomo di Milano Amati, Carlo (1776-1852), © Milano (MI), Civiche Raccolte Grafiche e otografiche. abinetto dei Disegni

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Strasbourg, the ancient Dombauhütte © Fondation de l’ Œuvre Notre-Dame

L’offi na della cattedrale nel cortile della cattedrale, 1930 © State Dombauhutte Passau

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1. La tipologia della Dombauhütte the typology of Dombauhütte

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“La forma delle opere architettoniche di qualsiasi epoca è senza dubbio legata al periodo storico in cui sono state costruite, che ne ha determinato la funzione, i materiali, la struttura e l’inserimento nell’ambiente; essa può essere però di un indiscutibile bellezza, che potremmo definire senza tempo. La prima condizione per il manifestarsi di tale atemporalità è appunto la funzionalità, una grande semplicità e chiarezza e l’indipendenza della costruzione da appesantiti decorativi esteriori” (p.10) Un unico humus fornisce il nutrimento, uno stesso modo di pensare accomuna i creatori delle cattedrali e dei loro tesori d’arte ai maestri e ai lavoranti che costruirono le abitazioni di città e di campagna, e mille fili robusti e sottili collegano il palazzo e la campagna, la città e il villaggio.(...) l’architettura tecnica di oggi non è affatto lontana dalle opere d’arte, come talvolta si è sostenuto, né tantomeno è ostile ad esse. (p.15) (W. Lindner, Le costruzioni della tecnica, 1927)

I Bauhütten, chiamati anche Dombauhütten o Hütten, erano le associazioni di laboratorio della costruzione delle cattedrali gotiche in Europa. Oggi come allora, queste officine ospitano diversi mestieri che lavorano in stretta collaborazione. Dalla fine del Medioevo, queste fabbriche hanno formato una rete internazionale; la pratica di artigianato al suo interno è stata riconosciuta dall’UNESCO a dicembre 2020 come “patrimonio immateriale da preservare” in 17 cattedrali tra Germania, Svizzera, Austria e Norvegia. Letteralmente Dombauhütte significa pertanto “Officina dei costruttori della cattedrale”. La parte finale “hutte”, “capanna”, già rivela come queste fossero all’inizio delle costruzioni molto semplici in legno, essenzialmente delle tettoie per riparare i materiali da costruzione – i blocchi di marmo – e il luogo di lavorazione. Queste costruzioni nascevano come cantieri temporanei a ridosso di un lato della cattedrale vera e propria, come degli elementi effimeri. Nei secoli alcuni di essi sono rimasti nella posizione originaria; altri invece, dovendo affrontare la necessità di liberare la piazza cittadina intorno alla cattedrale, sono stati trasferiti in luoghi adiacenti; altri ancora, assumendo tecniche produttive industriali sono stati trasferiti in luoghi periferici, perdendo ogni relazione con l’urbanità. Perché può essere utile studiare questa tipologia? Per tre motivi. Il primo risiede nell’espressività: essendo degli ambienti di lavoro manuale sono degli edifici asciutti nella struttura, lineari, che si sono evoluti secondo le esigenze del momento. In secondo luogo, è singolare come siano nate come elementi effimeri, ma destinati a una funzione rimasta quasi intatta fino ad oggi, che dura nel tempo. Infine, essa può dare indicazioni utili a ripensare, per il Cantiere Marmisti di Milano, un nuovo luogo di produzione e insieme di relazione con la città. 41


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“Officina dei costruttori” Prendendo in esame il Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo a Milano Certosa, ci siamo chiesti per prima cosa come aff ontare una funzione così particolare, e se vi fossero luoghi simili all’i nterno della città. I risultati sono stati deludenti: malgrado nell’area milanese sia ancora forte una vocazione artigianale, specie in aree ex-industriali, è difficile rovare un luogo che abbia le stesse caratteristiche, essendo così legato a un edificio ià di per sé unico come il Duomo. La risposta ha iniziato a farsi strada allargando lo sguardo a un livello più ampio, europeo. Se il Duomo non è sicuramente l’unica cattedrale gotica in Europa ma anzi fa parte di un sistema nutrito di edifici s mili, così anche la sua Fabbrica possiede le caratteristiche di tanti altri luoghi analoghi. E come ricordato in un disegno della raccolta Bianconi, la cattedrale meneghina è “d’Architettura Gottica, cioè Tedesca»1 È proprio in Germania, prima che in Francia, che è stata categorizzata la tipologia delle “offi ne delle cattedrali”. I Bauhütten, chiamati anche Dombauhütten o Hütten, erano le associazioni di laboratorio della costruzione delle cattedrali gotiche in Europa. L’organizzazione 1 XVII secolo, «Pianta del Duomo di Milano d’Architettura Gottica cioè Tedesca, ASCMi, Raccolta Bianconi, II, f. 1rB

“Builders’ factory” Considering the Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo in Milano Certosa, we first asked ourselves how to deal with such a particular function, and if there were similar places within the city. The esults were disappointing: although there is still a strong craft ocation in the Milan area, especially in former industrial areas, it is diffi lt to find a place that has the same characteristics, being so tied to an already unique building like the Duomo. The answer has begun to emerge by looking at a broader, European level. If the Duomo is certainly not the only Gothic cathedral in Europe, but rather is part of a system of similar buildings, its Fabbrica also possesses the characteristics of many other similar places. And as mentioned in a drawing in the Bianconi collection, the cathedral in Milan is “of Gothic, i.e. German, architecture1” It was in Germany, before France, that the typology of “cathedral workshops” was categorised. The auhütten, also called Dombauhütten or Hütten, were the workshop associations for the construction of Gothic cathedrals in Europe. The actory organisation, or Bauhüttenwesen, appeared in the Middle Ages on the 1 XVII secolo, «Pianta del Duomo di Milano d’Architettura Gottica cioè Tedesca, ASCMi, Raccolta Bianconi, II, f. 1rB

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della Fabbrica, o Bauhüttenwesen, è apparsa nel Medioevo nei cantieri delle cattedrali europee. Oggi come allora, queste officine ospitano diversi mestieri che lavorano in stretta collaborazione. Alcune di esse esistono già dalla fine del XIII secolo, mentre molte sono state fondate a fine ‘800- inizio ‘900 per la manutenzione continua delle cattedrali. Queste Fabbriche hanno formato una rete sovra-regionale che si estende oltre i confini nazionali; la pratica di artigianato al suo interno è stata riconosciuta dall’ UNESCO a dicembre 2020 come “patrimonio immateriale da preservare” in 17 cattedrali tra Germania, Francia, Svizzera, Austria e Norvegia. L’origine tedesca del termine è dovuta al fatto che nonostante le prime cattedrali gotiche siano apparse in Francia, solo la francese Strasburgo possiede ancora una Fabbrica centralizzata; altre importanti cattedrali come Chartres o Notre Dame di Parigi si affidano ormai per il restauro a diverse ditte private specializzate da tutta la Francia. L’i ncendio ad aprile 2019 di Notre Dame ha fatto emergere l’i mportanza della trasmissione del sapere artigianale e costruttivo, e di come la manutenzione di tali edifici sia facilitata dalla presenza di queste organizzazioni, per non frammentare il processo. Anche in Italia esiste una rete importante di Fabbricerie2, di cui la Veneranda Fabbrica di Milano fa parte; rimane tuttavia un fenomeno interno, senza lo scambio di conoscenze e maestranze sovranazionale dei Bauhütten. Nel nostro progetto, ipotizziamo un possibile coinvolgimento 2 Associazione Fabbricerie Italiane https://www.fabbricerieitaliane.it/

construction sites of European cathedrals. Today, as in those days, these workshops house different trades working in close collaboration. Some of them have existed since the end of the 13th century, while many were founded in the late 19th and early 20th centuries for the ongoing maintenance of cathedrals. These factories have formed a supra-regional network that extends beyond national borders; the practice of craftsmanship within them was recognised by UNESCO in December 2020 as an ‘intangible heritage to be preserved’ i n 17 cathedrals in Germany, France, Switzerland, Austria and Norway. The German origin of the term is due to the fact that although the first Gothic cathedrals appeared in France, only France’s Strasbourg still has a centralised Factory; other major cathedrals such as Chartres or Notre Dame in Paris now rely on several specialised private firms from across France for restoration. The fire in April 2019 in Notre Dame highlighted the importance of the transmission of craftsmanship and construction knowledge, and how the maintenance of such buildings is facilitated by the presence of these organisations, so as not to fragment the process. In Italy too there is an important network of Fabbricerie, of which the Veneranda Fabbrica di Milano is a part; however, it remains an internal phenomenon, without the supranational exchange of knowledge and skills of the Bauhütten. In our project, we hypothesize a possible involvement of the Cantiere 44


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del Cantiere della Veneranda Fabbrica nello scambio di studiosi e apprendisti di questo sapere artigiano- costruttivo a livello europeo.

La tipologia della Dombauhütte Letteralmente Dombauhütte signifi a “Offi na dei costruttori della cattedrale”. La parte finale hutte, “capanna”, già rivela come queste fossero all’i nizio delle costruzioni molto semplici in legno, essenzialmente delle tettoie per riparare i materiali da costruzione – i blocchi di pietra – e il luogo di lavorazione. Queste costruzioni nascevano come cantieri temporanei, effimeri, a ridosso di un lato della cattedrale vera e propria. Nei secoli alcuni di essi, di piccole dimensioni, sono rimasti nella posizione originaria mantenendo la tecnica costruttiva in legno (come a Passau o Ulm) o assumendo una forma più solida, in muratura e pietra: è il caso del Dombauhütte di Colonia o di Vienna. Altri invece, dovendo liberare la piazza cittadina intorno alla cattedrale, sono stati trasferiti in luoghi adiacenti (Friburgo, Ratisbona). In altri ancora la necessità di sostituire l’apparato scultoreo più frequentemente per l’uso di una pietra “dolce” o per via delle grandi dimensioni della cattedrale, ha portato a un processo in parte industrializzato (Strasburgo, Soest, Mainz): diviso tra la parte meccanizzata di taglio della pietra in un’offi na dedicata in periferia

della Veneranda Fabbrica in the exchange of scholars and apprentices of this craftbuilding knowledge on a European level.

The ombauhütte typology Literally Dombauhütte means “workshop of the cathedral builders”. The nal part, “hutte”, already reveals that these were initially very simple wooden constructions, essentially canopies to shelter the building materials - the stone blocks - and the place of work. These onstructions were created as temporary, ephemeral building sites, close to one side of the actual cathedral. Over the centuries, some of them, small in size, have remained in their original position, maintaining the wooden construction technique (as in Passau or Ulm) or taking on a more solid form, in masonry and stone: this is the case of the Dombauhütte in Cologne or Vienna. Others, having to free up the city square around the cathedral, were moved to adjacent locations (Freiburg, Regensburg). In still others, the need to replace the sculptural apparatus more frequently due to the use of a “soft” tone or because of the large size of the cathedral, led to a partly industrialised process (Strasbourg, Soest, Mainz): divided between the mechanised part of cutting the stone in a dedicated workshop in the suburbs and the semicraftwork part of refining the sculptures near or far from the cathedral. This is to some extent also the case of the “dombauhütte” of the Duomo of Milan, 46


e la parte semi-artigianale di raffinamento delle sculture nei pressi o lontano dalla cattedrale. È per certi versi anche il caso della “dombauhütte” del Duomo di Milano, che tuttavia si rivela essere quasi un unicum per il suo essere stato trasferito diverse volte, con il mutare della città. Se il cantiere temporaneo per le riparazioni e il monitoraggio strutturale è rimasto in loco - come in tutte le cattedrali, rimane sempre a ridosso dell’edificio n cantiere per la manutenzione - , le maestranze dei marmisti, scultori e fresatori è stata trasferita a Milano Certosa. Perché può essere utile studiare questa tipologia? Innanzitutto, in tutte le dombauhütte analizzate si riconoscono degli spazi ricorrenti: il piazzale all’aperto per l’arrivo mezzi e i marmi grezzi; la grande aula dell’offi na dove lavorano gli scalpellini, con luce spesso zenitale e radente; il deposito per la catalogazione delle statue da sostituire. Inoltre, essendo degli ambienti di lavoro sono degli edifici sciutti nella struttura, che si sono evoluti secondo le esigenze del momento; dalle facciate mute e da un ordine definito da elementi semplici ripetuti. Proprio per questo possono ancora dare spunti spaziali e poetici. Infine, è singolare come siano nate come elementi effimeri ma rimaste in certi luoghi quasi intatte fino ad oggi, persistenti nel tempo come le cattedrali che devono mantenere.

which nevertheless turns out to be almost unique because of its having been relocated several times as the city changed. While the temporary site for repairs and structural monitoring remained in place - as in all cathedrals, a maintenance site always remains close to the building - the workers of the stonemasons, sculptors and millers were transferred to Milan Certosa. Why is it useful to study this typology? First of all, in all the dombauhütte analysed, recurring spaces can be recognised: the open-air forecourt for the arrival of vehicles and raw marble; the large workshop hall where the stonemasons work, with often overhead and grazing light; the storage room for the cataloguing of statues to be replaced. In addition, as workplaces, they are buildings with a dry structure, which evolved according to the needs of the moment; with silent facades and an order defined by simple repeated elements. Precisely for this reason they can still give spatial and poetic hints. Finally, it is singular how they were born as ephemeral elements but have remained in certain places almost intact to this day, persisting over time like the cathedrals 47


Si apre a questo punto un altro tema formale: se in alcune dombauhutte rimaste “tradizionali” in un certo senso la forma corrisponde alla funzione e hanno ancora l’aspetto pittoresco di “capanna dei costruttori”, in quelle in cui il processo è diventato semi-industriale e spesso lontano dal contesto urbano, si sono perse le caratteristiche espressive esteriori dell’edificio erso la città. E’ il c aso del Cantiere Marmisti a Milano.

Il catalogo*, Abbiamo categorizzato tre tipi di Dombauhütte: dipendenti, cioè ancora costruite a ridosso della cattedrale; autonome dove la Fabbrica è diventato un edificio a sé tante, ma le tecniche sono rimaste artigianali; “ibride”, cioè dove il processo è diventato semi meccanizzato con spazi più ampi e alcune lavorazioni sono state spostate in un ulteriore edificio n periferia. (*Nel caso di Passau e Freiburg, abbiamo deciso di rappresentare le dombauhütte premoderne. Nel caso del Duomo di Milano, le assonometrie della Cassina e del laboratorio di Viale Gorizia sono delle ricostruzioni a partire da piante esistenti.)

they are meant to maintain. At this point another formal theme opens up: while in some dombauhutte which have remained “traditional” in a certain sense the form corresponds to the function and still have the picturesque appearance of a “builders’ h ut”, in those in which the process has become semi-industrial and often far from the urban context, the expressive characteristics of the building towards the city have been lost. This is the case of the Cantiere Marmisti in Milan. The atalogue* We have categorised three types of Dombauhutte: dependent, i.e. still built close to the cathedral; autonomous*, where the factory became a building in its own right, but the techniques remained artisanal; “hybrid”, i.e. where the process became semi-mechanised with larger spaces and some work was moved to another building on the outskirts. (*In the case of Passau and Freiburg, we decided to represent pre-modern dombauhutte. In the case of Milan Cathedral, the axonometries of Cassina and the Viale Gorizia workshop are reconstructions from existing plans)

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L’attuale Bauhütte della Cattedrale di Colonia © Hendrik Bohle

l’antica Bauhütte (ancora attiva), Cattedrale di S. Stefano a Vienna © Dombauwien

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Koln

Passau

Freiburg im Breisgau

Regensburg

Trondheim

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Strasbourg


Wien

Strasbourg

Cassina, Milano

Laboratori e deposito di viale Gorizia, Milano.

Cantiere Marmisti VFD, Duomo di S. Maria Nascente, Milano.

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Koln

Passau

Freiburg im Breisgau

Regensburg

Trondheim

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Strasbourg.


Wien

Strasbourg

Cassina, Milano

Laboratori e deposito di viale Gorizia, Milano.

Cantiere Marmisti VFD, Duomo di S. Maria Nascente, Milano.

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Dombauhütte Hohe Domkirche St. Peter und Maria, Koln

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Materiali lavorati

Dati

Antiche (Medioevo): - trachite, Drachenfels (DE) - basalto, Unkelstein, (DE) - arenaria calcarea, Baumberger (DE) Attuali: - trachite, Montemerlo (IT) - arenaria, Božanov (CZE) / - Obernkirchen (DE) - calcare, Caen (FR)

Massima altezza cattedrale: 157 metri Fondazione Fabbrica: 1248 (1880) Programma: laboratorio scalpellini, deposito interno, uffici, accesso veicoli


COLONIA

Le zone basse attorno alla Dombauhütte sul lato sudorientale della Cupola sono state create insieme alla costruzione del Museo Germanico Romano in base ai progetti di Heinz Röcke e Klaus Renner (1969/70). Bernd Billecke (19831984) ha progettato la nuova costruzione della torre superiore.

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Dombauhütte St. Stephen Dom, Wien

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Materiali lavorati:

Dati:

- laterizi in arenaria calcarea Cava romana di St. Margarethen (A)

Massima altezza cattedrale: 137 metri Fondazione Fabbrica: 1137 (1920 circa) Programma: laboratorio scalpellini, deposito interno, uffici, accesso veicoli


VIENNA

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Dombauhütte St. Stephen Dom, Passau

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Materiali lavorati:

Dati:

- calcare ( Kelheimer Auerkalk) da Brechen, Kelheim (DE)

Massima altezza cattedrale: 69 metri Fondazione Fabbrica: 1668 (1928) Programma: laboratorio scalpellini, tettoia per attrezzi, accesso veicoli


PASSAU

L’edificio de la dombauhütte di Passau è stato recentemente sostituito (maggio 2021) con una nuova costruzione da parte di Arc Architekten (Neubau Dombauhütte Passau) 59


Dombauhütte St. Peter Dom, Regensburg

60

Materiali lavorati:

Dati

- pietra arenaria (Abbacher sandstein) da Bad Abbach (DE)

Massima altezza cattedrale: 105 metri Fondazione Fabbrica: 1459 (1923) Programma: laboratorio scalpellini, deposito marmi esterno, tettoia, accesso veicoli


RATISBONA

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Münsterbauhütte Freiburger Münster, Freiburg im Breisgau

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Materiali lavorati:

Dati

- Arenaria rosa da Heimbacher (cava antica) e Lahr-Kuhbach (cava attuale)

Massima altezza cattedrale: 116 metri Fondazione Fabbrica: 1200 circa Programma: laboratorio scalpellini, deposito marmi esterno, tettoia, accesso veicoli


FRIBURGO

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Fondation de l’Œuvre Notre-Dame, Strasbourg

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Materiali lavorati

Dati

- Arenaria rosa da Heimbacher (cava antica) - Arenaria rosa da LahrKuhbach (cava attuale)

Massima altezza cattedrale: 142 metri Fondazione Fabbrica: 1015 Programma: laboratorio scalpellini, tettoia per attrezzi, accesso veicoli, area didattica, refettorio, deposito statue


STRASBURGO

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Dombauhütte Nidarosdomen, Trondheim

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Materiali lavorati

Dati

- steatite (o pietra saponaria), scisto verde, marmo e gneiss, Allmenningen island (NO)

Massima altezza cattedrale: 98 metri Fondazione Fabbrica: 1070 (1869) Programma: laboratorio scalpellini, deposito marmi esterno, aula macchinari, accesso veicoli


TRONDHEIM

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Veneranda Fabbrica del Duomo, Milano

Materiali lavorati

Dati

- Marmo di Candoglia (Val d’Ossola), IT

Massima altezza cattedrale: 108,50 m Fondazione Fabbrica: 1387 (1887) Programma: laboratorio scalpellini, deposito marmi esterno, tettoia per attrezzi, accesso veicoli

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MILANO CASSINA

La ricostruzione della “Cassina”nei pressi del Duomo, si riferisce in realtà a un edificio che era in realtà probabilmente affia ato a una corte aperta per i “miaroli”, cioè i tagliatori di pietra, e un edificio emello; tuttavia, si è scelto di focalizzare l’attenzione solo sul primo edificio autonomo” documentato. 69



2. Il Cantiere Marmisti a Certosa


2. Il Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo the stonemasons workshops of the Veneranda Fabbrica del Duomo

72


La disposizione delle officine e depositi di lavorazione del marmo per la costruzione del Duomo, vista la necessità di avere nelle vicinanze la più veloce via di trasporto del tempo, racconta l’espandersi del tessuto cittadino milanese. Inizialmente, l’attività del Cantiere Marmisti, si svolse per necessità vicino al monumento e, fino al XV secolo, esisteva un unico quartiere che si estendeva dall’area dell’abside in costruzione al luogo detto “Cassina” che ospitava le maestranze. Dopo la chiusura del Laghetto, nel 1886, i laboratori si spostarono in via S. Gerolamo (oggi via Carducci), all’interno della cerchia dei Navigli interni, per sfruttare la via d’acqua che consentiva un ottimale trasporto dei materiali. A seguito della copertura di tale tratto di Naviglio, il cantiere fu trasferito prima in Viale Gorizia, sulla Darsena ed infine, dopo l’abbandono del trasporto fluviale a favore di quello su automezzi, in zona Certosa. Il Quartiere della Varesina, dove è collocato il Cantiere Marmisti di via Brunetti, si colloca in una zona intermedia tra la zona della Certosa di Garegnano a ovest, il quartiere del Portello a sud e il Quartiere di Villapizzone a nord-est. Forme della città riconoscibili vicino all’area sono quelle del Cimitero Maggiore, grande vuoto nel tessuto urbano, e l’asse viario di via Espinasse, diretto proseguimento di Piazzale Accursio. Nell’immagine di destra è possibile osservare la distanza dal centro storico compatto e dal Duomo stesso, in evidenza. La caratteristica più evidente dell’area è quella di essere una sorta di parentesi, di cesura, per via del suo essere intrappolata tra la linea ferroviaria a nord e l’Autostrada dei Laghi a ovest. Ciò ha spinto, oltre che dopo la dismissione di alcune aree industriali presenti nell’area, a produrre grandi vuoti urbani in tutta l’area. Le ‘forme della città’ di questo quartiere tuttavia raccontano ancora la sua storia: manufatti architettonici di diverse epoche eterogenei, coperture shed dai linguaggi più svariati.

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Cave didiCondoglia Cave Candoglia

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Fig. 0 “La strada del marmo” tra le Cave di Candoglia e il Duomo , con i diversi laboratori

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Un cantiere in evoluzione con la città La disposizione delle officine e depositi di lavorazione del marmo per la costruzione del Duomo, vista la necessità di avere nelle vicinanze la più veloce via di trasporto del tempo, racconta l’espandersi del tessuto cittadino milanese, segnato dal vario susseguirsi di cerchie di navigli d’acqua sempre più esterne, che poi diventeranno le sue importanti strade viarie. Il primo nucleo della Fabbrica del 1387, la “Cassina” si presentava di fatto come delle strutture temporanee, in forma di tettoia, a ridosso del cantiere dove sarebbe dovuta sorgere la cattedrale. Il quartiere in prossimità dell’abside, a est, la parte più antica, era quasi interamente dedito a ospitare le maestranze e le botteghe inerenti alla costruzione. Dalle cartografie, sebbene frammentarie, confrontate con alcune ricostruzioni ottocentesche (Fig.I), si ipotizza che un primo edificio con facciata a salienti, affacciato su uno spazio aperto in prossimità dell’abside insieme a un altro edificio suo gemello, sia individuabile come la prima vera e propria “Cassina”. Termine che dalle fonti risulta come preciso parallelo della parola tedesca Hϋtte, officina, e tavolta compare come “loggia” o “lobia”, su influenza francese. Ciò rimanda al fatto che tale edificio possedeva una sorta di portico al primo piano per il laboratorio di disegni da cantiere, che erano eseguiti direttamente sui pavimenti (mentre ai cosiddetti “miaroli”, cioè tagliatori di pietra, era destinato lo spazio esterno della piazza). 1 Nella zona del quartiere della Cassina, esistente fino al XV secolo, rimarrà, fino ad oggi, la parte direzionale e istituzionale della Veranda Fabbrica del Duomo, mentre le maestranze 1 (2002)

P. Sanvito, Il tardogotico del duomo di Milano: architettura e decorazione intorno all’anno 1400

A building site in progress with the city The location of the marble workshops and warehouses for the construction of the Duomo, given the need to have the fastest transport route of the time nearby, tells the story of the expansion of Milan’s city fabric, marked by the varied succession of increasingly outer circles of waterways, which would later become its important roads. The first nucleus of the Fabbrica in 1387, the “Cassina”, was in fact a temporary structure, in the form of a canopy, close to the building site where the cathedral was to be built. The area near the apse, to the east, the oldest part, was almost entirely devoted to housing the workers and workshops involved in the construction. Cartographies, although fragmentary, compared with some 19th-century reconstructions, suggest that an initial building with a salient façade, overlooking an open space near the apse, together with another twin building, can be identified as the first real ‘Cassina’. The term appears from the sources as a precise parallel of the German word Hϋtte, workshop, and sometimes appears as ‘loggia’ or ‘lobia’, under French influence. This refers to the fact that this building had a sort of portico on the first floor for the workshop of yard drawings, which were made directly on the floors (while the so-called ‘miaroli’, i.e. stone cutters, were allocated the space outside the square).1 In the area of the Cassina district, which existed until the 15th century, the directional and institutional part of the Veranda Fabbrica del Duomo remained until today, while the workers were transferred with the closing of the Laghetto (1886), in Via San Gerolamo (today Via Carducci), to the site of the former church of San Gerolamo. The Conca S. Ambrogio was 1 (2002)

P. Sanvito, Il tardogotico del duomo di Milano: architettura e decorazione intorno all’anno 1400

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2. 1.

3.

1386

Cassina (I) Laghetto S. Stefano

1886

Cantiere e magazzini (II) Via Carducci ex Via S. Gerolamo, Naviglio interno

1930

Cantiere e magazzini di Viale Gorizia (III) Darsena

1957

Cantiere marmisti in Via Brunetti (IV), Milano Certosa (Autostrada dei Laghi per Candoglia)

76

Laghetto di S. Stefano Conca di S. Ambrogio Conca di Viarenna

1. 2. 3.


furono trasferite con la chiusura del Laghetto (1886), in via San Gerolamo (oggi via Carducci), nella sede dell’ex chiesa di San Gerolamo. Qui vi era nei pressi la Conca S. Ambrogio e la posizione sulla cerchia dei Navigli Interni permetteva, come era stato per il Laghetto, un veloce trasporto dei materiali nonché l’arrivo del marmo dalle Cave di Candoglia sul Lago Maggiore, tramite il Ticino e il Naviglio Grande. Quando anche questo tratto di Naviglio venne coperto per la circolazione viaria (anni ’20 - 30) il cantiere fu trasferito in Viale Gorizia, sulla Darsena. Durante il periodo bellico il trasporto scelto divenne quello su automezzi e la Fabbrica provvide all’acquisto di un terreno alla periferia della città, in piazza Cacciatori delle Alpi, dove è stato costruito il nuovo cantiere (1957), attualmente in esercizio, provvisto dei più moderni impianti tecnologici. Il Cantiere Marmisti attuale, vicino al cavalcavia del Ghisallo che porta verso l’Autostrada dei Laghi – e quindi in direzione Candoglia – ospita sia la parte di taglio dei blocchi di marmo dei fresatori-rifilatori che quella della rifinitura dei marmisti ornatisti scultori. Con la progressiva evoluzione tecnica è stato poi introdotto l’uso di utensili come pantografi, trapani elettrici, rifilatrici e tagliatrici a controllo numerico (CNC), che ha portato a migliorare e velocizzare molto la pre-laborazione dei manufatti, lasciando l’ultima mano ancora materia imprescindibile dagli scultori, non meccanizzata. nearby, and its position on the circle of the Navigli Interni allowed, as had been the case with the Laghetto, the rapid transport of materials and the arrival of marble from the Candoglia quarries on Lake Maggiore, via the Ticino and the Naviglio Grande. When this section of the Naviglio was also covered for road traffic (1920s-30s), the site was moved to Viale Gorizia, on the Darsena. During the war period the transport of choice became that of motor vehicles and the Factory purchased a piece of land on the outskirts of the city, in Piazza Cacciatori delle Alpi, where the new shipyard was built (1957), currently in operation, equipped with the most modern technological systems. The current marble workers’ yard, close to the Ghisallo flyover leading towards the Autostrada dei Laghi - and therefore in the direction of Candoglia - houses both the cutting of the marble blocks by the milling and trimming workers and the finishing work by the sculpting marble workers. With the progressive technical evolution, the use of tools such as pantographs, electric drills, trimmers and numerically controlled cutting machines (CNC) was introduced, which led to a much improved and faster pre-processing of the artefacts, leaving the last hand still an essential matter for the sculptors, not mechanised.

I. La Cassina, 1832. Incisione di James Carter su disegno di Clarkson Stanfield II. I depositi di Viale Gorizia 5, 1935-1940 III. Il Cantiere di via Brunetti, 2021

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Il Cantiere Marmisti : contesto urbano Il Quartiere della Varesina, dove è posizionato il Cantiere Marmisti di via Brunetti, si colloca in una zona intermedia tra la zona della Certosa di Garegnano a ovest, il quartiere del Portello a sud e il Quartiere di Villapizzone a nord-est. Forme della città riconoscibili vicino all’area sono quelle del Cimitero Maggiore, grande vuoto nel tessuto urbano, e l’asse viario di via Espinasse, diretto proseguimento di Piazzale Accursio. Nell’i mmagine di destra è possibile osservare la distanza dal centro storico compatto e dal Duomo stesso, in evidenza.

The Cantiere Marmisti: Urban context The aresina neighbourhood, where the marble workers’ y ard in Via Brunetti is located, lies in an intermediate area between the Certosa di Garegnano area to the west, the Portello neighbourhood to the south and the Villapizzone neighbourhood to the north-east. Recognisable forms of the city near the area are those of the Cimitero Maggiore, a large void in the urban fabric, and the road axis of Via Espinasse, a direct continuation of Piazzale Accursio. In the image on the right it is possible to observe the distance from the densifi d historical centre and from the Duomo itself, in evidence.

79


80


81


Vuoti urbani nell’area di Milano Certosa

La caratteristica più evidente dell’area è quella di essere una sorta di parentesi, di cesura, per via del suo essere intrappolata tra la linea ferroviaria a nord e l’Autostrada dei Laghi a ovest. Ciò ha spinto, oltre che dopo la dismissione di alcune aree industriali presenti nell’area, a produrre grandi vuoti urbani in tutta l’area. Le ‘forme della città’ d i questo quartiere tuttavia raccontano ancora la sua storia: manufatti architettonici di diverse epoche eterogenei, coperture shed dai linguaggi più svariati. The mo t evident characteristic of the area is that of being a sort of parenthesis, a caesura, due to its being trapped between the railway line to the north and the Autostrada dei Laghi to the west. This has led to the decommissioning of a number of industrial areas in the area, as well as producing large urban voids throughout the area. The forms of the city’ of t his district, however, still tell its story: heterogeneous architectural artefacts from diff rent eras, shed roofs with a variety of languages. 82


Analisi delle forme della città

Sezioni dell’i ntorno urbano industriale

83


V ia V

Via Brunetti

ar es in a Vi a Es pi na ss e

1930

1965

2012 84


Trasformazioni storiche 1930

Il Quartiere Varesina occupa una parte della superficie del comune Musocco soppresso nel 1923. Il comune di Musocco, a prevalenza agricola, iniziava dall’antica via Varesina e confinava con Milano lungo la Cagnola, un borgo che comprendeva la zona dell’attuale Piazzale Accursio. Negli anni ‘30, in occasione del Piano Albertini, il tracciato romano di via Varesina - che collega Milano a Varese e poi alla Svizzera - interseca in una piazza un nuovo asse viario, via Espinasse, nato su un precedente fontanile. L’area di progetto su via Brunetti è al momento individuata solo dall’andamento verticale di un percorso sterrato nei campi.

1965

Nel dopoguerra l’area assume una forte connotazione industriale, con diversi siti di produzione attivi, complice anche l’arrivo di binari di servizio dalla stazione poco distante.

2012 - oggi

Il quartiere si presenta come un’alternanza di edifici residenziali di diverse epoche, con qualche area industriale ancora attiva e moltissimi vuoti urbani, a causa anche del suo essere intrappolato tra l’asse ferroviario della stazione di Milano Certosa FS (edificio di A. Mangiarotti, 1982) e l’asse autostradale dell’Autostrada dei Laghi, di cui via Brunetti rappresenta la principale via di accesso dalla zona.

Historical changes 1930

The Varesina District occupies part of the area of the Musocco municipality suppressed in 1923. The commune of Musocco, predominantly agricultural, started from the ancient Via Varesina and bordered Milan along the Cagnola, a suburb that included the area of what is now Piazzale Accursio. In the 1930s, on the occasion of the Albertini Plan, the Roman route of Via Varesina - connecting Milan to Varese and then to Switzerland - intersected in a square with a new road axis, Via Espinasse, which was built on a previous fountain. The project area on Via Brunetti is currently only identified by the vertical course of a dirt track in the fields.

1965

In the post-war period, the area took on a strong industrial connotation, with several active production sites, also thanks to the arrival of service tracks from the nearby station.

2012 - today

The district appears as an alternation of residential buildings from different eras, with a few still active industrial areas and many urban voids, also due to its being trapped between the railway axis of the Milano Certosa FS station (building by A. Mangiarotti, 1982) and the motorway axis of the Autostrada dei Laghi, of which Via Brunetti is the main access route from the area. 85


1957

1965

2018 86


Trasformazioni area Cantiere Marmisti

1957

Gli edifici del Cantiere Marmisti sono definitamente stanziati in via Brunetti dalla Darsena, conviventi con una piccola chiesa sul limite di via Brunetti nello stesso lotto, in seguito demolita. Il confine con la proprietà vicina è ben definito dall’asse di un percorso sterrato che attraversa il lotto agricolo nel minor tempo possibile.

1965

Oltre al nucleo centrale degli edifici già esistenti sono aggiunte delle tettoie in pannelli di ondulux e telai in tubolari di acciaio Innocenti, in particolare per ospitare a sud dell’area la zona del “Cimitero”, cioè di stoccaggio delle statue erose già sostituite con delle nuove.

2018

Negli ultimi anni i cambiamenti più vistosi nell’area sono l’aggiunta di un nuovo edificio per le fresatrici, riconoscibile per i lucernari a semi cilindro, e la costruzione di un piccolo padiglione temporaneo quadrato verso via Brunetti, in occasione di Milano EXPO 2015, ancora visibile.

Stonemasons’ w orkshop area transformations 1957

The buildings of the Cantiere Marmisti are definitively located in Via Brunetti from the Darsena, coexisting with a small church on the boundary of Via Brunetti in the same lot, later demolished. The boundary with the neighbouring property is well defined by the axis of a pathway that crosses the lot as quickly as possible.

1965

In addition to the central core of existing buildings, canopies made of ondulux panels and tubular Innocenti steel frames are added, in particular to accommodate the “Cemetery” area to the south of the area, i.e. the storage of eroded statues already replaced with new ones.

2018

In recent years, the most noticeable changes in the area have been the addition of a new milling machine building, recognisable by its half-cylinder skylights, and the construction of a small square temporary pavilion towards Via Brunetti on the occasion of Milan EXPO 2015, which is still visible. 87


7.

6. 4. 3. 2. 1.

5.

Composizione degli edifici esistenti Osservando gli edifici esistenti che costituiscono il complesso del Cantiere, è possibile notare come ogni volta l’i nsorgere di una funzione nuova abbiano spinto ad aggiungere un nuovo volume, dedicato a quell’atto specifico. Ciò ha portato a un linguaggio eterogeneo dei vari oggetti, che tradiscono la propria epoca anche dai materiali utilizzati: gli edifici degli uffici direzionali e delle officine appartengono per esempio agli anni Cinquanta e si nota un maggiore senso di “durabilità” nelle costruzione, seppur di natura industriale, rispetto agli anni successivi.

Existing buildings composition Looking at the existing buildings that make up the Shipyard complex, one can see how each time the emergence of a new function has led to the addition of a new volume, dedicated to that specific act. This has led to a heterogeneous language of the various objects, which betray their age also from the materials used: the buildings of the executive offices and the workshops belong to the 1950s, for example, and there is a greater sense of “durability” in the construction, even if of an industrial nature, than in the years that followed. 88


1.

Uffici direzionali Mensa lavoratori

2.

Officine, vecchia gypsoteca

3.

Laboratorio ornatisti, padiglioni di rifinitura

4.

Laboratorio Frese ad acqua

5.

Deposito utensili temporaneo

6.

Gru a ponte, filtraggio acqua, sagomatrice a filo diamantato

7.

Tettoie in ondolux e tubi Innocenti, Cimitero delle statue

89



3. La Fabbrica infinita e il tema della copia Cimitero delle statue,Cantiere Marmisti VFD 2021.


3. La Fabbrica infinita e il tema della copia nell’arte The “infinite” Factory and the theme of the copy in art

92


“L’opera d’arte è sempre stata riproducibile. Ciò che gli uomini avevano fatto ha sempre potuto essere rifatto dagli uomini. [...] Rispetto a ciò, la riproduzione tecnica dell’opera d’arte è qualcosa di nuovo che si afferma nella storia a intermittenza, a ondate lontane l’una dall’altra, ma con un’intensità crescente.” W. Benjamin - L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica

L’opera d’arte fin da sempre ha dovuto sfidarsi con l’innovazione, un flusso irrefrenabile che da sempre accompagna le nostre epoche. Per questo motivo parlare di arte oggi ci porta a riflettere sul tema della riproducibilità, ma fino a che punto la riproduzione dell’opera d’arte può avere luogo? Quali sono i limiti dell’autenticità della produzione artigianale originaria o della cultura stessa che l’ha generata? Fino a che punto il savoir-faire artigianale può essere sostituito da una riproducibilità intelligente e meccanicizzata? Secondo Benjamin neppure la sapiente attuazione di una riproduzione altamente perfezionata può rispondere all’hic et nunc dell’opera d’arte, poiché la sua essenza sta proprio nell’esistenza irripetibile nel luogo in cui si trova, dove è stata realizzata. Qual è dunque il vantaggio della riproducibilità se questa produce la perdita dell’aura? La distruzione dell’aura condotta con la combinazione dell’eliminazione del valore dell’unicità e l’esigenza di un contatto immediato con la rappresentazione, grazie all’accordo tra la “macchina” tecnico-produttiva e la “realtà delle masse”, potrebbe non solo generare una nuova forma di percezione dell’opera d’arte, ma anche far rinascere il senso stesso del fare artistico. La Veneranda Fabbrica del Duomo rappresenta una realtà dove l’arte della riproduzione e sostituzione hanno la prospettiva di una produzione infinita, in quanto portatrice del simbolo di una produzione dedicata alla monumentalità della città. Dunque, quale potrebbe essere l’integrazione di una riproduzione legata a “macchine” accompagnate dalla manualità dello scalpellino? Potrebbe questa collaborazione incentivare una durabilità di un sapere, magari attraverso a una esibizione del processo stesso? 93


Deposito all’i ngresso dei veicoli al Cantiere Marmisti, 2021.

94


Un cantiere di 600 anni Una caratteristica tipica delle cattedrali gotiche è quella di avere costante necessità di manutenzione, date le grandi dimensioni, l’utilizzo massimo di pietre naturali nella costruzione e la loro complessità strutturale, in cui la parte portante è inscindibile dall’ornamento (Scalbert). Nel caso specifi o del Duomo di Milano, la manutenzione è partita fin dagli esordi della costruzione, nel 1387, senza mai fermarsi. La Veneranda Fabbrica del Duomo è quell’ente tecnico-economico che rende possibile la sopravvivenza della cattedrale, gestendo i finanziamenti ricevuti dalla cattedrale e i costi di manutenzione (di circa 15 milioni/anno). Comprendendo circa duecento persone tra amministrazione, archivio e cantieri, è una delle più grosse fabbricerie europee. La manutenzione è basata su dei piani triennali, aggiornati ogni 6 mesi, in cui è individuata man mano la parte da analizzare: più che di restauro, si parla di vera e propria sostituzione delle componenti della cattedrale,a partire dal suo apparato decorativo e scultoreo in marmo rosa di Candoglia. (15%) Finanziamenti pubblici (25%) Donazioni (60%) Visite turistiche al Museo del Duomo Costo della manutenzione: 15 milioni di euro /anno

A 600 year-old building site A typical characteristic of Gothic cathedrals is that they are in constant need of maintenance, given their large size, the maximum use of natural stones in the construction and their structural complexity, in which the load-bearing part is inseparable from the ornamentation1. In the specific ase of the Duomo of Milan, maintenance started right from the beginning of construction in 1387, without ever stopping. The eneranda Fabbrica del Duomo is the technical-economic body that makes the survival of the cathedral possible, managing the financing received by the cathedral and the maintenance costs (about 15 million/year). Including about two hundred people between administration, archives and construction sites, it is one of the largest fabrications in Europe. Maintenance is based on three-year plans, updated every six months, in which the parts to be analysed are identifi d: rather than restoration, we speak of the actual replacement of the cathedral’s components, starting with its decorative and sculptural apparatus in pink Candoglia marble

1

Irenee Scalbert, A real living contact with the things themselves, Park Books, Zurich, (2018)

95


© Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano

96


Sulle cave di Candoglia Il materiale principale del Duomo è muratura ricoperta di marmo di Candoglia, un carbonato di calcio dolce che teme le intrusioni di umidità e il rapporto con i ferri inseriti dentro la pietra, che rischiano di provocare rotture; è pertanto una pietra che rispetto alle arenarie e altre pietre necessita di maggiore manutenzione. Le Cave di Candoglia sono ad uso esclusivo della costruzione e manutenzione del Duomo e sono estratti 320 m3 di marmo estratto /all’anno (quello che nel distretto di Carrara si estrae in un giorno) Uno studio del Politecnico di Torino ha rilevato che i giacimenti sono assicurati senza necessità di ulteriori interventi per i prossimi 75 anni, mentre tramite opere ingegneristiche e scavando più in profondità dovrebbe rimanere in funzione per i prossimi 634 anni.1Attualmente il trasporto dei blocchi di materiale avviene su gomma (automezzi) e un miglioramento della tecnica (di estrazione e taglio successivo) ha portato a un miglioramento della resistenza del materiale nel tempo, perché subisce meno stress meccanici rispetto alle antiche tecniche manuali.

1 Morlin Visconti Castiglione, B.; Oggeri, C.; Oreste, P. Tecnica estrattiva e storia(2015), Politecnico di Torino

About the candoglia quarries The ain material of the Duomo is masonry covered with Candoglia marble, a soft calcium carbonate that fears the intrusion of humidity and the relationship with the irons inserted inside the stone, which risk breaking it; it is therefore a stone that, compared to sandstone and other stones, requires more maintenance. The andoglia Quarries are for the exclusive use of the construction and maintenance of the Cathedral and are extracted - 320 m3 of marble extracted /year (what in the Carrara district is extracted in one day) A study by the Politecnico di Torino found that the deposits are secured without the need for further work for the next 75 years, while through engineering works and digging deeper it should remain in operation for the next 634 years.1 Currently, the blocks of material are transported by road and an improvement in the technique (of extraction and subsequent cutting) has led to an improvement in the material’s resistance over time, because it suff rs less mechanical stress than the old manual techniques.

1 Morlin Visconti Castiglione, B.; Oggeri, C.; Oreste, P. Tecnica estrattiva e storia(2015), Politecnico di Torino 97


Nuovi pezzi al laboratorio Ornatisti al Cantiere di Via Brunetti, Cantiere Marmisti, VFD, 2021

1. Art. 9: “ Gli oggetti e le opere di interesse storico, artistico e culturale conservati nel Duomo di Milano e negli ambienti annessi allo stesso, di proprietà della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, non possono essere alienati, né, se non per precise cause e previa autorizzazione del Consiglio, rimossi.” Art. 9, Statuto del Duomo di Milano, Angelo Scola, 2013

Art. 9 “ Objects and works of historical, artistic and cultural interest conserved in the Duomo of Milan and in the rooms adjoining it, owned by the Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, cannot be sold, nor, except for specific reasons and with the prior authorization of the Board, removed.” Art. 9, Statuto del Duomo di Milano, Angelo Scola, 2013 98


Il processo di sostituzione e il deposito esponenziale Per statuto, nessun oggetto della Veneranda Fabbrica Del Duomo - compresi i blocchi e le sculture in marmo di Candoglia - possono essere venduti o distrutti. Questo fatto, combinato al processo di sostituzione ciclica delle sculture, pone una questione di stoccaggio degli “scarti”. Il cimitero delle statue è attualmente la zona del Cantiere individuata da coperture temporanee dove sono posti i pezzi originali, ormai sostituiti. Nonostante la maggior parte delle sculture sostituite dal 1887 sia stata trasferita al Grande Museo del Duomo, vicino alla cattedrale, circa 400 sculture tra statue e componenti di guglie sono ancora in via Brunetti. Considerando il tempo di sostituzione di un oggetto di piccole-medio dimensioni (3 mesi) e il numero di operai all’opera (20), in un anno sono sostituiti un massimo di 80 pezzi, con le tecniche attuali. Proporzionalmente, dopo 40 anni si ipotizza che il numero cresca a 3600, dopo 100 anni a 8400. E’ v ero che un miglioramento ulteriore della tecnica potrebbe portare a una minore necessità di sostituzione; tuttavia, anche se la cifra dovesse variare, rimarrebbe dello stesso ordine di grandezza.

The substitution process and exponential storage By statute, no objects of the Veneranda Fabbrica Del Duomo - including the Candoglia marble blocks and sculptures - may be sold or destroyed. This fact, combined with the process of cyclical replacement of the sculptures, raises the question of the storage of “waste”. Thecemetery of the statues is currently the area of the site identifi d by temporary covers where the original pieces, now replaced, are placed. Although most of the sculptures replaced since 1887 have been moved to the Great Museum of the Duomo, near the cathedral, about 400 sculptures including statues and spire components are still in Via Brunetti. Considering the replacement time for a small to medium-sized object (3 months) and the number of workers at work (20), a maximum of 80 pieces are replaced in one year, using current techniques. Proportionally, after 40 years the number is assumed to grow to 3600, after 100 years to 8400. It is true that a further improvement in technology could lead to a reduced need for replacement; however, even if the fi ure were to change, it would remain in the same order of magnitude. 2121

Il deposito esponenziale del “Cimitero delle statue”

2061

2021

x 400

x 3600

x 8400 99


Processo di appuntatura, Cantiere Marmisti, anni ‘80 circa. © Urbanfile

Originale vs copia © Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano 100


Il processo di sostituzione

1. SMONTAGGIO DEL PEZZO ORIGINALE E TRASFERIMENTO AL CANTIERE MARMISTI

2.

ESECUZIONE DI UNA COPIA IN PLASTILINA / RESINA /GESSO /ARGILLA

3.

SGROSSATURA (O SBOZZATURA) DEL NUOVO BLOCCO DI MARMO CON MACCHINE CNC E FRESATRICI AD ACQUA

4.

“APPUNTATURA”: CON DEI PANTOGRAFI SONO INDIVIDUATI DEI PUNTI SUL PEZZO ORIGINALE COME RIFERIMENTO PER LA COPIA

5.

LA COPIA E’ INVIATA AL DUOMO, L’ORIGINALE È DEPOSITATO AL “CIMITERO DELLE SCULTURE” IN LOCO

Copia vs autentico Il concetto di originale,in un cantiere così lungo, non esiste: in 600 anni si sono stratifi ati diversi gradi di manutenzione. Se le opere vengono distrutte e riprodotte, permane però la loro rappresentazione: cosa tipica in realtà nel mondo dell’arte,dove spesso per motivi di tutela le copie sono esposte al posto delle sculture originali. L’esporre il processo porta alla distruzione dell’aura, ma allo stesso a un avvicinamento dell’opera al pubblico, ad aprire spunti di rifle sione sulla sua realizzazione ancora “ad opera d’arte”.

Copy vs. authentic The oncept of the original, in such a long building site, does not exist: in 600 years, diff rent degrees of maintenance have been stratifi d. If the works are destroyed and reproduced, their representation remains. This is in fact typical in the art world, where copies are often exhibited instead of the original sculptures for reasons of preservation.

101


Tradizione vs innovazione

Il laboratorio Ornatisti al Cantiere di Via Brunetti, 1957 circa © Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano

102


Macchina cnc ROBOTO che lavora una statua di marmo a Carrara, © Alessandro Grassani for The New York Times

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4. La produzione artistica oggi: la Factory NHA_Glyndebourne Production Hub . Credit: Graham Carlow


4. La produzione artistica oggi: la Factory The artistic production nowdays: the idea of factory

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“(…) Trasferirsi in una certa zona della città come Soho è già un’affermazione di appartenenza a una certa comunità. Allo stesso modo, sia per la grande superficie dei loft che per i nuovi codici sociali in vigore, queste case studio rimarranno aperte a ospiti più o meno stabili e all’organizzazione di feste e incontri sociali, cosicché l’effetto comunitario sarà una delle loro caratteristiche più visibili. In tutti loro, il lavoro creativo, individuale o collettivo, avrà la precedenza su altri aspetti della vita individuale come il comfort, il lusso, l’ordine o l’intimità”.

(Iñaki Abalos, La buena vida) “Sebbene i discorsi sulla costruzione siano spesso incentrati su questioni di performance e tecnica, in definitiva la costruzione riguarda l’apparenza, la scelta di costruzioni appropriate nella produzione dello spazio.”

(Adam Caruso, The feeling of things) La necessità di fornire una risposta progettuale alle esigenze dei Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo deriva in primo luogo dal cambiamento del processo produttivo che ha portato tale realtà da attività meramente artigianale ad una meccanizzata. Questa evoluzione modifica inevitabilmente l’utilizzo degli spazi di lavoro e il rapporto che i soggetti agenti in tali luoghi hanno con essi. La nuova Fabbrica deve mostrarsi così disponibile a questi cambiamenti che tuttavia avvengono nello stesso spazio, che, qualora sia forte nel suo linguaggio e carattere funzionale, sarà in grado di assorbirli senza che questo leda alla propria identità. Acquisita un’identità, il luogo di produzione è in grado di divenire spazio creativo e allo stesso tempo nuovo punto di riferimento per la comunità, assumendo un proprio ruolo all’interno della città. Di cosa si parla dunque quando si tratta una “factory” contemporanea? Come per la Factory di Warhol nella 47esima strada a Manhattan, la produzione diventa parte della cosa pubblica, nello stesso luogo, che si trasforma in continuazione, si produce, si esibisce, si vive e si intrattengono relazioni sociali di ogni tipo. A partire da queste riflessioni ci si domanda: come conferire alla “factory” di oggi l’identità che merita affinché ne venga riconosciuto il ruolo civico? Come disegnare spazi resistibili e versatili rispetto al cambiamento di vita degli utenti e dell’edificio stesso?

107


© Tate Modern

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Factory: The Seen and the Unseen (2017), Tate Modern Clare Twomey è un artista che lavora con la ceramica e per la Tate Modern non ha creato né un’i nstallazione né una vera e propria fabbrica ma più un luogo di simulazione, dove poter rifle tere sulle idee quotidiane di lavoro, valore e scambio utilizzando un laboratorio di ceramica a cui il pubblico può partecipare. “Nella FABBRICA in esubero gli operai se ne sono andati, ma la loro voce e il loro respiro rimangono. Le macchine, i materiali, i banchi diventano piccoli monumenti. Lo spazio è riempito con l’evidenza dell’umano, ma l’i nterezza della fabbrica è fratturata, ora esiste uno spazio dove l’umano è richiesto, lo scopo della fabbrica è diventato una proposta sia di perdita che di potenziale. I compiti del lavoro sono ora ascoltare, rifle tere, osservare. Il visitatore è invitato a considerare il proprio rapporto con la produzione e la sua esperienza.”

Factory: The Seen and the Unseen (2017), Tate Modern Clare Twomey is an artist who works with ceramics and for the Tate Modern has created neither an installation nor an actual factory but more a place of simulation, where people can refl ct on everyday ideas of work, value and exchange using a ceramic workshop in which the public can participate. “In the redundant FACTORY the workers have left, b t their voice and breath remain. The achines, the materials, the benches become small monuments. The pace is fi led with the evidence of the human, but the wholeness of the factory is fractured, there is now a space where the human is required, the purpose of the factory has become a proposition of both loss and potential. The asks of the work are now to listen, to refl ct, to observe. The isitor is invited to consider their own relationship to production and their own experience.”

109


Transborder Studio, Sukkerbiten Art Arena © Transborder Studio,

Piet Hein Eek Factory, 2014, Noord Brabant, Eindhoven © Frans lemmens

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L’esibizione del processo Sempre di più si assiste a una nuova tipologia di esposizione,quella del “Laboratorio” o Factory, dove diventa più interessante per il pubblico prendere coscienza del processo di lavorazione dei manufatti esposti, e pertanto riscoprirne il valore. Nel caso del Cantiere Marmisti il luogo esistente possiede questa potenzialità intrinseca di mostrare sia l’opera finita che il blocco di pietra da cui è nata. L’aurea di cui parlava W. Benjamin, è già distrutta: le statue e le guglie pensate per essere viste da lontano, qui sono a terra, estrapolate dal loro contesto; rivelando la loro natura di oggetto semi-meccanico, ripetuto più e più volte. Un nuovo edificio ne l’area potrebbe diventare di sperimentazione e di rifle sione sulle potenzialità e limiti della tecnica scultorea, in continua trasformazione, ormai passata già in altri ambiti dallo scalpello al robot di precisione1.

Educazione e trasmissione del sapere Immaginando di includere la Fabbrica del Duomo nella rete delle Offi ne delle cattedrali europee, potrebbe essere innescato lo stesso scambio sovranazionale di giovani apprendisti per approfondire la conoscenza della tecnica, con possibilità di essere ospitati in loco e avere accesso diretto ai laboratori. Allo stesso tempo, un laboratorio didattico per le scuole medie ed elementari potrebbe avvicinare la tecnica e questo luogo ai più piccoli.

Il deposito vivo Un’architettura che si espande all’i nfinito non è, a livello economico e ambientale, sostenibile, né risolve il problema del deposito esponenziale come quello del Cimitero delle statue. Due possibili strade: il riciclo dei materiali di scarto minori in loco, e il rendere il deposito un luogo visibile, di esposizione (senza snaturarlo) e riaccendendo l’i nteresse per il suo contenuto, che contribuirebbe a un maggiore scambio e noleggio delle statue all’esterno del Cantiere.

1 Bubola, E. “We Don’t Need Another Michelangelo’: In Italy, It’s Robots’ Turn to Sculpt”, Luglio 2021. Estratto da The New York Times.

111


Fabrica, 2019, Madrid, Studio Ensamble © ENSAMBLE STUDIO

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Exhibiting the process More and more we are witnessing a new type of exhibition, that of the “Laboratory” or Factory, where it becomes more interesting for the public to become aware of the process of working the artefacts on display, and thus rediscover their value. In the case of the Cantiere Marmisti, the existing site has this intrinsic potential to show both the finished work and the block of stone from which it was born. The ura Benjamin spoke of is already destroyed: the statues and spires designed to be seen from afar are here on the ground, taken out of their context; revealing their nature as a semi-mechanical object, repeated over and over again. A new building in the area could become a place for experimentation and refl ction on the potential and limits of sculptural technique, which is constantly changing and has already moved on in other fields f om the chisel to the precision robot1.

Education and Knowledge Transmission Imagining the inclusion of the Fabbrica del Duomo in the network of European cathedral workshops could trigger the same supranational exchange of young apprentices to deepen their knowledge of the technique, with the possibility of being hosted on site and having direct access to the workshops. At the same time, a didactic workshop for middle and primary schools could bring the technique and this place closer to children.

The living repository An architecture that expands indefinitely is not economically and environmentally sustainable, nor does it solve the problem of exponential deposition such as the Cemetery of Statues. Two possible ways are to recycle the minor waste materials on site, and to make the repository a visible place of exhibition (without distorting it) and rekindling interest in its contents, which would contribute to greater exchange and rental of the statues outside the Cemetery.

1

Bubola, E. “We Don’t Need Another Michelangelo’: In Italy, It’s Robots’ Turn to Sculpt”, July 2021.Retrieved from The New York Times.

113



5. Proposta di progetto


5. Proposta di progetto

Project proposal

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rifinitura s. f. [der. di rifinire, nel sign. 2]. – L’operazione, il lavoro di rifinire; nell’industria tessile, lo stesso che rifinizione. Con valore concr., spec. nel plur., quanto viene fatto o aggiunto per rifinire un’opera. Il termine rifinitura ha a che fare con l’atto di completare qualcosa di già esistente, con una propria identità, sebbene a uno stato più indefinito e grezzo.

Studiando l’area del Cantiere Marmisti al quartiere Varesina, così frammentata in poche architetture ed eterogenee fra loro, segnata da vuoti di dismissioni industriali e quasi disconnessa dall’urbanità a causa delle infrastrutture circostanti, ci siamo chiesti se fosse possibile definire così l’operazione che ci accingevamo a fare: rifinire, cioè completare, il luogo esistente aggiungendo nuove forme, sintetiche e affini tra loro, per innescare un dialogo con la città circostante. “Rifinire” richiama anche all’atto di aggiungere un ornamento: e per sua stessa natura l’ornamento è in relazione a, è un elemento che nasce per essere visibile, per essere pubblico. Da qui l’idea d i invertire il carattere introverso dell’area con degli edifici essenziali, che non contraddicono la necessità di economia dei mezzi tipica di un cantiere ma che aff rmano la propria autonomia tramite l’uso del colore, di un ritmo ricorrente e di una rifinitura visibile, appunto, alla scala del dettaglio.

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Requisiti principali degli spazi di lavorazione - Esposizione solare a Nord / luce radente adatta alla scultura - Aspirazione polveri - Isolamento acustico - Isolamento termico* - Raccolta e riciclo delle acque di lavorazione - Divisione dei flussi pedonali e di veicoli

Obiettivi - Riutilizzo nella costruzione in loco degli scarti di lavorazione - Ottimizzazione degli spazi esistenti in disuso - Valorizzazione dello spazio del “cimitero delle statue” per incentivare il noleggio temporaneo (iniziativa “Adotta una statua”) - Apertura alla città tramite un percorso didattico - espositivo e un luogo di ristoro - Introduzione di alloggi temporanei per lo scambio Internazionale di ricercatori e apprendisti ornatisti - Accessibilità persone diversamente abili *solo per: laboratorio ornatisti, servizi

118


Laboratorio Ornatisti al Cantiere Marmisti, VFD. 2021.

Il Cimitero delle Statue, VFD. 2021.

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Normative blocco di marmo

carroponte

h_0,9-1,2 m a_2 - 3 m

h

b_1,2 - 1,5 m

a

b

peso circa 6-15 t

portata (t) 1 ÷ 10

100 000 tonnellate di materiale/ anno

luce (mm) 12500÷32000

lastra di marmo h_0,9-1,2 m a_0,2 - 0,8 m b_1,2 - 1,5 m

piazzale

h a

carico e scarico

carico e scarico

b

9-10 m

statue

altezza 2.5 m max 4m

70cm

*Fonte: “La movimentazione in sicurezza dei materiali lapidei sui piazzali” (2013), INAIL, Comitato Paritetico marmo

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VENERANDA FABBRICA DEL DUOMO SPUNTI PER UNA TESI SUL LABORATORIO MARMISTI DI VIA BRUNETTI A) Nuovo Volume per Conservazione/Valorizzazione 1) Progettazione di un deposito, meglio se totalmente o parzialmente visitabile da parte del pubblico generico e delle scuole (dunque prevedendo gruppi di massimo 30 persone), ove collocare circa un centinaio di opere, tra cui statue provenienti da parti diverse del Duomo di piccole/medie/grandi dimensioni (indicativamente da H30 cm a H 2m), bozzetti in scala delle 5 porte (indicativamente 170x85x5 cm), fino a diversi modelli al vero dei singoli riquadri delle porte (indicativamente 90x150x30 cm); si dovrà prevedere un sistema di climatizzazione e controllo della temperatura e dell’umidità adeguato alla conservazione di terrecotte e gessi. Il deposito dovrà essere progettato tenendo conto della necessità di movimentazione in sicurezza delle opere collocate e di implementazione della raccolta nel tempo 2) L’aula didattica annessa dovrà ospitare gruppi di 30 persone. All’interno dell’aula è utile prevedere la presenza di una LIM, tavoli da 4/6 persone, ciascuno con prese di corrente, sedie, almeno 3m lineari di armadi a parete per riporre i materiali didattici, due ceste portaoggetti capienti per cappotti e zaini. L’aula deve ovviamente essere dotata di impianto di risaldamento e i servizi igienici devono essere facilmente accessibili. Tutti gli spazi devono essere progettati nell’ottica del design for e garantire l’accessibilità anche a persone diversamente abili. B) Riqualificazione spazi esistenti del Laboratorio Ornatisti 1) Elaborazione del quadro esigenziale necessario per progettare la riqualificazione dei fatiscenti edifici di via Brunetti a) analisi della corretta organizzazione della postazione di lavoro dell’ornatista, in funzione delle attrezzature oggi impiegate; elencazione delle attrezzature, loro analisi dimensionale, valutazione di un diagramma di ottimizzazione dell’impiego dello spazio, in funzione anche dei percorsi b) ricerca (bibliografica) di studi scientifici sul corretto orientamento della provenienza della luce naturale per l’attività scultorea 2) analisi di alcuni componenti edilizi di quegli edifici, oggi in degrado (serramenti, struttura della copertura, partizioni interne) e possibilità di un loro restauro/sostituzione

121


4.

5. 3.

2.

9.

Programma di massima

1.

6.

7.

8.

PROGRAMMA ATTUALE 1

2

Uffici /Entrata

Studio ornatisti

300 sqm

350 sqm

3

Deposito esterno marmi grezzi e movimento veicoli

4

5

lavorazione del marmo

Laboratori Fresatici

650 sqm

650 sqm

1000 sqm

PROGRAMMA DI PROGETTO 10

122

11

Entrata

Area didattica

50 sqm

200 sqm

12

13

Deposito marmi grezzi

Residenze temporanee

300 sqm

300 sqm

14

Espositivo

100 sqm


4720 sqm

io

6

7

Officine

Deposito Statue

400 sqm

400 sqm

8

Deposito esterno guglie e pezzi di scarto

9

Deposito temporaneo

220 sqm

750 sqm

+ 1350 sqm 15

16

17

18

Café

Servizi

Personale

Spazi tecnici

100 sqm

50 sqm

100 sqm

50 sqm

19

Distribuzione

100 sqm

123


Lessico Familiare

Ensemble

Silvia Bassi, Sebastiano Nespoli, Ada Rosito relatore Giancarlo Floridi, correlatore Marco Biraghi

124

Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo Tesi Magistrale - Architecture Built environment Interiors - a.a. 2020 - 21


Ensemble La strategia utilizzata è quella di costituire un nuovo assetto mediante quattro oggetti della stessa famiglia, cioè diversi nella forma ma accomunati da un linguaggio comune, un repertorio di pochi elementi riconoscibili e reiterati. La conformazione spontanea dell’area del Cimitero delle statue e gli allineamenti visivi sulla piazza ci hanno spinto a lavorare su forme prismatiche, che rimandano alle caratteristiche della storica Dogana de Mar (o Punta della Dogana) di Venezia; un modulo volumetrico essenziale, quasi archetipo (la capriata), ripetuto al fine di coprire una superficie irregolare, facendo invece prevalere verso l’esterno uno spesso muro perimetrale. Le facciate diventano quindi l’unica parte visibile ad altezza umana dell’intervento, la sua parte pubblica: esse si riconoscono come affini fra di loro per ritmo, ornamento, colore.

Ensemble The strategy used is that of constituting a new order by means of four objects of the same family, that is, different in form but united by a common language, a repertoire of a few recognisable and repeated elements. The spontaneous conformation of the area of the Cemetery of the Statues and the visual alignments on the square led us to work on prismatic forms, which recall the characteristics of the historic Dogana de Mar (or Punta della Dogana) in Venice; an essential, almost archetypal volumetric module (the truss), repeated in order to cover an irregular surface, while making a thick perimeter wall prevail towards the outside. The façades thus become the only visible part of the project at human height, its public part: they are recognisable as similar to each other in terms of rhythm, ornamentation and colour.

125


Composizione edific Rifinitura | Scala 1:1000

Silvia Bassi, Sebastiano Nespoli, Ada Rosito relatore Giancarlo Floridi, correlatore Marco Biraghi

126

Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo Tesi Magistrale - Architecture Built environment Interiors - a.a. 2020 - 21


Factory

Laboratorio Ornatisti

Rifinitura

Cimitero delle statue

127


Demolizioni e costruzioni

stato di fatto. 2021

128


costruito conservato demolito

129


130

flussi camion

spazi privati

deposito

residenze

flussi visitatori

spazi pubblici

atelier/ laboratorio

spazi di lavoro

spazi pubblici

deposito atelier/ laboratorio

spazi di lavoro

flussi visitatori

residenze

flussi camion

spazi privati

Funzioni e Flussi


accesso camion

accesso logistica

denz e

access o resi

accesso residenze

access o pub

blico

accesso pubblico

accesso direzionale

131


Masterplan, Piano

Masterplan P0 | scala 1.300

C

e a l V i

c

c

A l p i

d e l l e

V

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n s i

a

i a

8. access

o resi

denze

B access

1.

2.

7.

o pubb

3.

lico

5.

+0.40

A

A’

4.

+0.00

accesso log isti

ca

6.

+0.40

B r u n e t t i

+0.00

A n g e l o

21.

132

V i a

V

a

P i a z z a l e

C

a

r e t o i a

Factory

Laboratorio Ornatisti e Rifinitura

1.

Ingresso Residenze

3.

Deposito Terracotte e Gessi

5.

Corte interna

7.

Laboratorio Ornatisti

9.

Magazzino

11.

Fresatrice

2.

Laboratorio didattica

4.

Deposito Marmi Grezzi

6.

Cafè

8.

Laboratorio Carotatrice

10.

Lucidatura e Fori

12.

Raccolta Acqua


0 | Scala 1:300

e s s n a p i E s

o r l C a

B’

10.

11.

12.

18. 9.

22.

+0.00

19. +0.00

13.

14.

C 15.

16.

17.

C’

20. +0.00

16.

+0.40

accesso direzionale

21.

133

Edificio Esitente

Cimitero e Spazio Aperto

13.

Ingresso

15.

Mensa

17.

Ingresso carraio

19.

Deposito Statue e Guglie

21.

Deposito Blocchi e Lastre

14.

Spogliatoio

16.

Officina

18.

Laboratorio Fresa e Deposito

20.

Patio

22.

Deposito Blocchi Selezionati


Masterplan, Piano 1

Masterplan P1| scala 1.300

C

e a l V i

V

r e

n s i

a

i a

B

+0.00

1.

2. +5.00

+5.00

A 3.

A’

4.

+0.40 +0.00

5.

+0.40

A n g e l o

B r u n e t t i

+0.00

134

V i a

V

a

Factory 1. 2.

Residenze Spazio Comune

Edificio Esitente 3. 4.

Cucina Sala da Tè

5. 6.

Ufficio Archivio


1 | Scala 1:300

o r l C a

e s s n a p i E s

B’

+0.00

C

6. +0.00

C’ 9.

7. +0.00

8. +0.40

135

Cimitero e Spazio Aperto 7. 8.

Sala Conferenze Deposito Statue e Guglie

9.

Patio


Factory | scala 1.200 Factory | Scala 1:200

A’

A

+0.00

+0.40

B

+0.00

Pianta Piano Terra

+11.70

+9.40

+5.00

Sezione AA’

+11.70

+9.40

+5.00

Sezione BB’

+11.70

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Prospetto Est

B’


B

B’

+0.00

Pianta Piano Terra

+11.70

+9.40

+5.00

Sezione AA’

+11.70

+9.40

+5.00

Sezione BB’

+11.70

Prospetto Est

Silvia Bassi, Sebastiano Nespoli, Ada Rosito relatore Giancarlo Floridi, correlatore Marco Biraghi

Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo Tesi Magistrale - Architecture Built environment Interiors - a.a. 2020 - 21

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Laboratorio Ornatisti e Rifinitura | scala 1.200 Laboratorio Ornatisti & Rifinitura | Scala 1:200

+0.00

A

A’

+0.00

Pianta Piano Terra

+9.00

+6.00

Sezione AA’

+9.00

+6.00

Prospetto Est

138

+9.00


+9.00

+6.00

Sezione AA’

+9.00

+6.00

Prospetto Est

+9.00

+6.00

Prospetto Nord

Prospetto Nord

Silvia Bassi, Sebastiano Nespoli, Ada Rosito relatore Giancarlo Floridi, correlatore Marco Biraghi

Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo Tesi Magistrale - Architecture Built environment Interiors - a.a. 2020 - 21

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Cimitero delle statue | scala 1.200 Cimitero dei Manufatti | Scala 1:200

B’

+0.40

A

A’

+0.00

B

Piano Terra

+9.00

+0.40

Sezione AA’

+9.00

Sezione BB’

140 +9.00


+0.00

B

Piano Terra

+9.00

+0.40

Sezione AA’

+9.00

Sezione BB’

+9.00

Prospetto Est

Silvia Bassi, Sebastiano Nespoli, Ada Rosito relatore Giancarlo Floridi, correlatore Marco Biraghi

Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo Tesi Magistrale - Architecture Built environment Interiors - a.a. 2020 - 21

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Sezioni urbane | scala 1.200

Sezioni urbane A

C

B

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BB’

CC’

Silvia Bassi, Sebastiano Nespoli, Ada Rosito relatore Giancarlo Floridi, correlatore Marco Biraghi

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Sezioni urbane | Scala 1:200 A

C’ C

B

B’

A’

e | Scala 1:200

C’

B’

A’

Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo Tesi Magistrale - Architecture Built environment Interiors - a.a. 2020 - 21

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Struttura e ornamento

144


L’ornamento e la tecnica costruttiva “La globalizzazione della tecnologia e dell’informazione ha reso il locale una condizione più complessa. Tuttavia, il modo ad hoc in cui le forme sono costruite nel vernacolare, attraverso l’agglomerazione e l’aggiunta, il modo lento e costante in cui le tecnologie sono assunte in una tradizione, queste cose sono ancora degne di studio - non è interessato a un ‘nuovo vernacolare’ ma a dare una maggiore priorità all’esperienza emotiva degli edifici e a sviluppare una comprensione di come la fabbricazione possa contenere un intento emotivo. “(p.53) Adam Caruso - The feeling of things

L’uso di un modulo di facciata componibile in cemento prefabbricato prende ispirazione dai muri di confine tipici delle aree industriali, presenti anche nell’area di progetto: composti da delle lastre omogenee inserite in profili verticali, rappresentano un modo economico e semplice per creare una parete, un muro divisorio. Da una parte, con la loro costruzione tettonica, quasi “leggera”, richiamano l’essenzialità delle dombauhütte, nate senza la necessità di una facciata rappresentativa. Allo stesso tempo è interessante come questo sistema crei compositivamente due ritmi visivi: uno principale verticale e uno secondario orizzontale, dato dalle lastre impilate. A questi nel progetto è stato aggiunto un ultimo grado di scansione verticale, al livello del dettaglio: è il segno disomogeneo della fresa, che crea visivamente una vibrazione sulla facciata e rimanda all’ultimo atto realizzato dalla macchina poco prima dell’opera manuale dell’ornatista, nel processo di lavorazione.

Ornament and construction technique “The globalisation of technology and information has made the local a more complex condition. However, the ad hoc way in which forms are constructed in the vernacular, through agglomeration and addition, the slow and steady way in which technologies are assumed into a tradition, these things are still worthy of study - he is not interested in a ‘new vernacular’ but in giving greater priority to the emotional experience of buildings and developing an understanding of how fabrication can contain emotional intent. “(p.53) Adam Caruso - The feeling of things

The use of a modular façade module in precast concrete is inspired by the typical boundary walls of industrial areas, which are also present in the project area: composed of homogeneous slabs inserted in vertical profiles, they are an economical and simple way to create a wall, a dividing wall. On the one hand, with their tectonic, almost “light” construction, they recall the essentiality of dombauhütte, created without the need for a representative façade. At the same time it is interesting how this system compositionally creates two visual rhythms: a main vertical one and a secondary horizontal one, given by the stacked slabs. A final degree of vertical scanning was added to these in the project, at the level of detail: it is the uneven mark of the milling cutter, which visually creates a vibration on the façade and refers to the last act performed by the machine just before the manual work of the ornamentalist, in the manufacturing process. 145


Materialità

146


Materialità, colore, astrazione Questi segni sul modulo di facciata sono declinati poi su due diverse materialità: una lucente e composta da materiali metallici, nella Factory, e una materialità polverosa, opaca nei restanti edifici. La particolarità dei moduli di facciata del Cimitero, del Laboratorio Ornatisti e dell’edificio di Finitura è data da una tonalità rosa, che ricorda la cromia della pietra naturale. Essa deriva dal riutilizzo degli scarti della lavorazione in marmo di Candoglia in un agglomerato di seminato di marmo, cemento, inerti e ossidi naturali. L’obiettivo è per prima cosa quello di aggiungere ai volumi un certo grado di astrazione, di renderli quali degli oggetti anomali nell’area, e per questo riconoscibili. Allo stesso modo, questa tonalità di rosa vuole essere uno stretto collegamento con la storia specifica del luogo e con la tradizione milanese, sottraendosi alla retorica: il riferimento quindi non è ai tanti comunque presenti edifici rappresentativi rivestiti di marmo di Candoglia come l’Arengario, il Palazzo della Rinascente o il monumento a Sandro Pertini; ma soprattutto alla serie di mosaici, di seminati alla veneziana in coccio-pesto, di intonaci rosati che caratterizzano molti edifici milanesi, sia antichi che del secondo dopoguerra.

Materiality, colour, abstraction These signs are then declined on two different materialities: a shiny one composed of metallic materials, in the Factory, and a dusty, opaque materiality in the remaining buildings. The peculiarity of the façade modules of the Cemetery, the Ornate Workshop and the Finishing Building is a pink hue, reminiscent of the colour of natural stone. It is derived from the re-use of Candoglia marble processing waste in an agglomerate of marble, cement, aggregates and natural oxides. The aim is first of all to add a certain degree of abstraction to the volumes, to make them like anomalous objects in the area, and therefore recognisable. Similarly, this shade of pink is intended to be a close link with the specific history of the site and with Milanese tradition, avoiding rhetoric: the reference is therefore not to the many representative buildings clad in Candoglia marble, such as the Arengario, the Palazzo della Rinascente or the monument to Sandro Pertini, but above all to the series of mosaics, Venetian cocciopesto sowings and pinkish plaster that characterise many Milanese buildings, both old and post-war.

147


Matter Factory | scala 1.33

Matter Factory | Scala 1:33

26 21 20 19 18

17 16 15 14 13 12

11 10

9 8 7 6 5

4 3 2 1

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13

Magrone Sottofondo Pavimentazione in cemento spatolato Portellone scorrevole in acciaio zincato Architrave Pilastro in calcestruzzo 30x90 cm Tirante in acciaio Profilo i chiusura Lastra di rivestimento in alluminio Trave di appoggio per il carroponte Carroponte Lastra di rivestimento in acciaio zincato IPE 600

14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26

Trave in acciaio a doppia pendenza IPE 300 Telaio metallico Lampada tubolare al neon Carter metallico Travetto Guaina impermeabilizzante Tubolare in acciaio zincato scatolato rettangolare HEA 200 Isolante Profi i di partenza in alluminio Pannello di rivestimento in intonaco Scossalina 22

21

7

9

4

9

7

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13

8

Magrone 22 Sottofondo 21 24 Pavimentazione in cemento spatolato 23 Portellone scorrevole in acciaio zincato Architrave 25 Pilastro in calcestruzzo 30x90 cm Tirante in acciaio Profilo di chiusura Lastra di rivestimento in alluminio Trave di appoggio per il carroponte Carroponte Lastra di rivestimento in acciaio zincato IPE 600

148

Silvia Bassi, Sebastiano Nespoli, Ada Rosito relatore Giancarlo Floridi, correlatore Marco Biraghi

14 Trave in acciaio a doppia pendenza 15 IPE 300 16 Telaio metallico 17 Lampada tubolare al neon 18 Carter metallico Coronamento Pannello Rivestimento Portellone 19 Travetto Pannello in alluminio anodizzato Lamiera in alluminio ondulato Lamiera zincata a punta diamantata 20 Guaina impermeabilizzante 21 Tubolare in acciaio zincato scatolato rettangolare 22 HEA 200 Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo Tesi Magistrale Built environment Interiors - a.a. 2020 - 21 23- Architecture Isolante 24 Profili di partenza in alluminio 25 Pannello di rivestimento in intonaco 26 Scossalina

6


9

7

8

22 21 24 23

25

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26

Leaning Substrate Troweled concrete fl or Galvanised steel sliding door Lintel Concrete pillar 30x90 cm Steel tie rod Closure profil Aluminium cladding plate Support beam for overhead crane Overhead crane Galvanised steel cladding plate IPE 600 Double-slope steel beam IPE 300 Metal frame Tubular neon lamp Metal casing Beam Waterproofing sheath Rectangular boxed galvanised steel tube HEA 200 insulation Aluminium starting profiles Plaster cladding panel Flashing

Coronamento

Pannello Rivestimento

Portellone

Alluminio Anodizzato

Alluminio ondulato

Allumionio saldatura romboidale

149


Matter Cimitero | scala 1.33

21 19 18 17 16

15 14 13 12 11 10

9 8 7 6 5

4 3 2 1

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

Magrone Sottofondo Pavimentazione in cemento spatolato Portellone scorrevole in acciaio zincato Architrave Pilastro in calcestruzzo 30x60 cm Tirante in acciaio Tassello distanziatore Lastra di rivestimento in cemento fresato IPE 600 Trave in acciaio a doppia pendenza

12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22

IPE 300 Telaio metallico Lampada tubolare al neon Lastra di rivestimento in cemento Carter metallico Travetto Guaina impermeabilizzante Tubolare in acciaio zincato scatolato rettangolare HEA 200 Scossalina Lastra in marmo di candoglia

10

7

9

4

20

9

7

8

20

22 19

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

Magrone Sottofondo Pavimentazione in cemento spatolato Portellone scorrevole in acciaio zincato Architrave Pilastro in calcestruzzo 30x60 cm Tirante in acciaio Tassello distanziatore Lastra di rivestimento in cemento fresato IPE 600 Trave in acciaio a doppia pendenza

150

Silvia Bassi, Sebastiano Nespoli, Ada Rosito relatore Giancarlo Floridi, correlatore Marco Biraghi

Coronamento

Pannello Rivestimento

Basamento

Pannello cemento fondo cassero

Pannello cemento cesellato

Scarti di marmo di Candoglia

12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22

IPE 300 Telaio metallico Lampada tubolare al neon Lastra di rivestimento in cemento Carter metallico Travetto Guaina impermeabilizzante Tubolare in acciaio zincato scatolato rettangolare HEA 200 Scossalina Lastra in marmo di candoglia

Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo Tesi Magistrale - Architecture Built environment Interiors - a.a. 2020 - 21

19


9

7

8

20

22 19

1 Leaning 2 Substrate 3 Troweled concrete fl or 4 Galvanised steel sliding door 5 Lintel 6 Concrete pillar 30x60 cm 7 Steel tie rod 8 Spacer dowel 9 Milled concrete cladding slab 10 IPE 600 11 Double-slope steel beam 12 IPE 300 13 Metal frame 14 Tubular neon lamp 15 Cement cladding slab 16 Metal casing 17 Beam 18 Waterproofing sheath 19 Rectangular boxed galvanised steel tube 20 HEA 200 21 Flashing 22 Candoglia Marble slab

Coronamento

Pannello Rivestimento

Basamento

Cemento fondo cassero

Cemento effetto fresato

Scarti di marmo di Candoglia

151


Cafè | scala 1.100

Pavimento: palladiana di scarti di marmo di Candoglia Pareti: pannelli in acciaio anodizzato pannelli intonacati spatolati 152


Cafè - Sviluppo | Scala 1:100

Pavimento : palladiana di scarti del marmo di candoglia Pareti: pannelli in acciaio anodizzato pannelli intonacati spatolati

Silvia Bassi, Sebastiano Nespoli, Ada Rosito relatore Giancarlo Floridi, correlatore Marco Biraghi

Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo Tesi Magistrale - Architecture Built environment Interiors - a.a. 2020 - 21

153


Laboratorio ornatisti | scala 1.100

Pavimento: pavimento esistente in tasselli di legno verniciato Pareti: pannello in cemento spatolato

154


Pavimento : pavimento esistente in tasselli di legno verniciato Pareti: pannello in cemento spatolato pannelli intonacati spatolati

Silvia Bassi, Sebastiano Nespoli, Ada Rosito relatore Giancarlo Floridi, correlatore Marco Biraghi

Cantiere Marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo Tesi Magistrale - Architecture Built environment Interiors - a.a. 2020 - 21

155


Laboratorio didattico | scala 1.100

Pavimento: linoleum verde Pareti: pannelli in acciaio anodizzato

156


157


Cimitero delle statue | atmosfera

158


159


Masterplan | scala 1.200

160


161


162


163


Ensamble | scala 1.75

Masterplan | scala 1.200

164


165

© Nicolò Riccardo Lastrico


Corte Factory | scala 1.33

166


167

© Nicolò Riccardo Lastrico


168


169

© Nicolò Riccardo Lastrico


Mockup materialità | scala 1.1

170


171


Bibliografia

172


Sulla “Functional tradition”; architettura, città e rappresentazione: - V. M. Lampugnani, Modernity and Durability : Perspectives for the culture of design, DOM Publishers, (1999) - J.M. Richards, The unctional tradition in early industrial buildings, the Architectural press, London (1958) - W. Lindner, Le Costruzioni della Tecnica, Franco Angeli, (1927) - I. Abalos,The ood Life: A Guided Visit to the Houses of Modernity (2001) - I. Scalbert, A real living contact with the things themselves, Park Books, Zurich, (2018) - L. Sullivan, The unction of Ornament, Chicago Historical Society.; All authors. , New York, NY : W.W. Norton, (1986) - A. Forty, Concrete and Culture: a material history (2012) - O.M.Ungers and S.Vieths, The ialectic city, Skira, London, (1997) - A. Caruso, The f eling of things, A.Caruso, (2008) - R. Venturi, Complexity and Contradiction, Museum of Modern Art, (1966) - V. Olgiati, Non-Referential Architecture, Simonett & Baer, (2019) -N. Russi, Background: Il progetto del vuoto, Quodlibet Studio. Città e paesaggio. Saggi, (2019) Sulla riproduzione meccanica dell’arte: - W. Benjamin & W. Jeggings. The ork of Art in the Age of Technological Reproducibility, (1935) - M. McCullough, Abstracting Craft: The racticed Digital Hand. Cambridge, MA: MIT Press, (1996) - R. Sennet, The raftsman, Yale University Press (2008) - E. Bubola, E. “We Don’t Need Another Michelangelo’: In Italy, It’s Robots’ Turn to Sculpt”, Luglio 2021. Estratto da The ew York Times. https://www.globenewstimes.com/we-dont-need-anothermichelangelo-in-italy-its-robots-turn-to-sculpt/ Sulle vicende della Veneranda Fabbrica del Duomo: - P. Sanvito, Il tardogotico del duomo di Milano: architettura e decorazione intorno all’anno 1400, Volume 72 di Kunstgeschichte (Münster in Westfalen, Germany), LIT Verlag Münster, 2002 - G.B. Sannazzaro, Per un catalogo di disegni legati alla prassi di cantiere nella Fabbrica del Duomo di Milano nel XVIII e inizio del XIX secolo, in Il disegno di architettura, a cura di P. Carpeggiani e L. Patetta, atti del convegno (Milano, 1988), Milano, 1989, pp. 23-26 - A. Castellano, Dal tardo gotico al primo Rinascimento: alcune osservazioni su progetto, disegno e cantiere, in Costruire in Lombardia. Aspetti e problemi di storia edilizia, Milano, 1983, pp. 57-91 - S. Della Torre, Tecnologia edilizia e organizzazione del cantiere nella Milano del secondo Cinquecento, “Annali di architettura”, 10-11, 1998-1999, pp. 299-309 - I. Balestreri, I disegni del Duomo di Milano nella Raccolta Bianconi, “Il disegno di architettura”, 7, 1993, p. 24 Sulla lavorazione del marmo e le cave di Candoglia: - Morlin Visconti Castiglione, B.; Oggeri, C.; Oreste, P. Tecnica estrattiva e storia(2015), Politecnico di Torino Sulla tipologia della dombauhütte e il tema della trasmissione del sapere: - Craft echniques and customary practices of cathedral workshops, or Bauhütten, in Europe, knowhow, transmission, development of knowledge and innovation, https://ich.unesco.org/. December 2020 - E. Beardsley “Notre Dame Fire Revives Demand For Skilled Stone Carvers In France”, 2019. Estratto da NPR https://www.npr.org/2019/07/20/743010875/notre-dame-fire-revives-demandfor-skilled-stone-carvers-in-france?t=1628940503513

173


Materiale di Archivio consultato

174


XIII sec., “Sito dove si squadrano li miaroli” , Archivio della VFDM

XIII sec., primi edifici effimeri del cantiere a ridosso della cattedrale [WM_AVFDMi_AS136_28b_recto]

175


XVII secolo, Pianta parziale del Campo Santo

XVII secolo, Pianta parziale del Campo Santo. Al centro in basso è visibile (presumibilmente) l’edificio de la Cassina

176


1779, Rilievo della planimetria del Duomo e degli edifici circostanti, 1779, Archivio della Veneranda Fabbrica del Duomo (AVFDMi)

1935-40, Il magazzino della Fabbrica Del Duomo lungo viale Gorizia 5 sulla Darsena [AD CAS 030 F04_planimetria cantiere G5 G7]

177


XVII secolo, «Pianta del Duomo di Milano d’Architettura Gottica cioè Tedesca, ASCMi, Raccolta Bianconi, II, f. 1rB

178



Tesi di Laurea Magistrale Politecnico di Milano Scuola di Architettura Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni Architecture - Built Environment - Interiors a.a. 2020/2021


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