ROBERTO SERAFINI
JOZEF MEDOVÝ Un voto d’amore per amore degli altri
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Titolo | Jozef Medový – Un voto d’amore per amore degli altri Autore | Roberto Serafini Immagine di copertina | Sara Buosi Tagliazucchi - Dania Cerilli ISBN | 978-88-67510-49-8 www.giuseppemedovy.it © Tutti i diritti riservati all’Autore Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta senza il preventivo assenso dell’Autore e dell’Editore. Youcanprint Self - Publishing Via Roma, 73 - 73039 Tricase (LE) - Italy Tel. +39/0833.772652 Fax. +39/0832.1836533 www.youcanprint.it info@youcanprint.it Facebook: facebook.com/youcanprint.it Twitter: twitter.com/youcanprintit
Alla memoria di Giuseppe MedovĂ˝ che dal Cielo mi ha guidato passo dopo passo alla stesura di questo libro
Prefazione dell’Autore
Spesso mi sono chiesto se e quando fosse opportuno scrivere un libro su don Giuseppe Medový,1 una figura così importante nella mia vita e, credo, nella vita di moltissime persone. Figura di grande spessore sia a livello umano che culturale e punto di riferimento insostituibile per quanti hanno avuto la possibilità di entrare in contatto con lui, dallo studente di scuola media al seminarista, dal collega sacerdote al vescovo diocesano, dall’amico di vecchia data al parrocchiano con cui sapeva entrare in rapporti di amicizia con estrema facilità, data la sua propensione al dialogo, alla socializzazione e alla fraternizzazione. Nei modi era sempre garbato e composto, mai incline alla goliardia, anche se era un uomo di grande spirito, al contrario le sue maniere erano sempre cordiali, tanto che era piacevole per le persone conversare con lui. Dotato di grande carisma, senza mai sopraffare nessuno, era spesso chiamato in causa su argomenti o problematiche in cui era necessario usare la diplomazia e la conoscenza del diritto, di cui era un grande esperto.2 Dal momento della sua morte, ho cominciato 1
Il nome che si legge nel registro di battesimo, che a quel tempo era scritto in latino, è Josephus, mentre nella lingua slovacca è Jozef.
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Oltre alla laurea in Teologia e Diritto Canonico, ottenne anche la laurea in Diritto Civile con specializzazione in Diritto Internazionale.
I
Jozef Medový
a pormi il dilemma di come mantenere vivo il ricordo della sua memoria, perché, se è vero che le persone care vivono dentro di noi anche dopo la morte, è pur vero che il rischio di dissipare nel tempo quelle sensazioni profonde, che ci hanno pervaso durante il contatto diretto e quotidiano con loro, è reale e concreto. La cosa più naturale e spontanea che feci nei primissimi tempi dopo la sua scomparsa, fu quella di recarmi al cimitero, prendendomi cura della sua tomba.3 Rimanevo in preghiera e meditazione per lungo tempo, osservando, attraverso la foto posta sulla lastra tombale, il suo sorriso e lo sguardo dolce e profondo che i suoi immensi occhi azzurri sembravano emanare. E gli dicevo mentalmente con una stretta al cuore: “Perché mi hai lasciato?”, sperando che lui mi sentisse e mi desse una risposta. E ancora: “Mi manchi tantissimo, babbo mio”,4 cercando di frenare le lacrime che scorrevano inevitabilmente mentre cambiavo i fiori nei vasi o pulivo la sua foto con una spugnetta umida. Dopo alcuni anni però, sebbene, come dicevo prima, continuasse a vivere dentro di me il suo amore e il mio per lui, mi resi conto di non ricordare più in che anno fosse avvenuto un determinato fatto o quando avesse detto una determinata cosa. Fu allora che scattò in me il campanello d’allarme. Non potevo permettere che la mia memoria vacillasse e che non riuscissi a incanalare nei binari della mia mente e in ordine cronologico, l’immensa mole di fatti e avvenimenti che hanno percorso la sua vita e la mia, dal momento in cui ho avuto la fortuna di incrociare la sua strada,5 che da quel momento in poi non si separò mai più dalla 3
Don Giuseppe Medový è sepolto nel cimitero di Palidoro, nel comune di Fiumicino, in provincia di Roma, al Km. 32,700 della via Aurelia, nella tomba dei sacerodoti diocesani.
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Appellativo affettuoso con il quale nell’ultimo periodo era chiamato dai frati della comunità dei “Servi dell’Altissimo” che lo accudivano a Santa Marinella (RM).
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Conobbi don Giuseppe Medový nel 1982, frequentando il catechismo per la preparazione al Sacramento della Confermazione.
II
Prefazione dell’Autore
sua, potendo oggi affermare, con assoluta sicurezza e convinzione, di essere stato l’amico a lui più caro. Spesso era solito dirmi che la sua famiglia ero io e che potevo scegliere se considerarlo un nonno o uno zio, ma mai provò a sostituirsi a mio padre, al quale mi raccomandava sempre di dare amore e rispetto.6 Cominciai così a mettere ordine nei miei ricordi, a ricercare nelle foto che conservavo gelosamente, i luoghi che avevamo visitato e le parole scambiate durante quei viaggi fatti insieme, attinenti ai suoi molteplici incarichi diocesani, ma anche semplici viaggi turistici o di visita a conoscenti o amici. E così mi venne l’idea di creare un sito internet,7 per condividere anche con altri le mie conoscenze o le scoperte che facevo, ricostruendo qua e là gli avvenimenti della sua vita. Capita nella vita di ciascuno di noi dover affrontare situazioni imprevedibili o coltivare a lungo sogni che sembrano irrealizzabili. Anche le vicende della mia vita, in terra lontana dalla patria 8 d’origine, formano un romanzo a puntate [...] .
Oggi, conoscendo un po’ meglio il romanzo della sua vita, possiamo capire a cosa si riferissero le sue parole, il dover affrontare situazioni imprevedibili o coltivare a lungo un sogno. Infatti, riguardo alle situazioni imprevedibili, credo si possa tranquillamente ipotizzare che si riferisse al fatto di non esser potuto rientrare nella sua patria, dopo la sua ordinazione sacerdotale e il sogno a lungo coltivato, quello della libertà per la sua terra, in mano ad un governo totalitario, come quel6
“Onora il padre e la madre” cita il quarto comandamento, che non smetteva mai di ripetermi. 7
http://www.giuseppemedovy.it, online dal giugno 2004.
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“Lettera del parroco”, dal primo numero del giornalino parrocchiale “L’Eco”, uscito a Pasqua del 1991.
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lo comunista, instaurato nel 1948 e protrattosi fino al 1989. Dopo un periodo di rimaneggiamenti e ampliamenti nel sito, seguito a un periodo di ristagno a causa di mancanza di nuove fonti dirette o indirette, nell’ottobre del 2011 ci fu in me un rinnovato entusiasmo e una volontà ancora maggiore di ampliare e approfondire la biografia di don Giuseppe Medový che coincisero, tra l’altro, con l’uscita in Slovacchia di un volume di monografie,9 riguardanti i personaggi illustri di Smolenice,10 la sua città natale, che hanno avuto una qualche rilevanza a livello socio-culturale, religioso e sportivo. Questo volume imponente di monografie riporta, alle pagine 215-218, la sintesi della sua vita, esponendone i punti essenziali, dalla giovinezza nella sua terra d’origine, all’esilio forzato in Italia, dove, con passione e senso d’abnegazione, ha compiuto il suo ministero pastorale, spendendo ogni attimo della sua vita per il prossimo e per il bene delle comunità in cui operava, in modo diligente e attento, unito alla fedeltà e all’obbedienza ai suoi superiori. Recentemente ho avuto la fortuna di entrare in contatto con persone che hanno conosciuto don Giuseppe Medový e che ne hanno condiviso i sogni e le sofferenze, rimanendo legati indissolubilmente da quel vincolo, che si instaura solo fra coloro che soffrono e spendono la propria vita per la stessa causa e gli stessi ideali. E penso a quelle persone, laici e sacerdoti, che hanno tenuto viva la fede in una nazione dove la Chiesa Cattolica era osteggiata con tutti i mezzi possibili e immaginabili. L’allora primo ministro cecoslovacco, Klement
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K. NOVÁKOVÁ A KOLEKTÍV, Smolenice Vlastivedna Monografia Obce, Bratislava, DAJMA, 2011. 10 Piccolo comune della Slovacchia occidentale, all’epoca della sua nascita poco più di un villaggio di contadini, nel distretto di Trnava, a 60 km a nord di Bratislava e 25 km a nord ovest di Trnava.
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Prefazione dell’Autore
Gottwald,11 salito in carica dopo il colpo di stato del febbraio 1948, così dichiarò il 9 giugno di quell’anno: Penso che dovremmo fare in modo di sganciare la Chiesa dal Vaticano. Bisognerà fare in modo di staccarla dal Vaticano e farne una Chiesa nazionale... È necessario neutralizzare la Chiesa e 12 manipolarla affinché serva al regime.
Queste persone, che nominerò nei ringraziamenti alla fine del libro, mi hanno dato la determinazione giusta per realizzare e portare a compimento quello che germogliava pian piano nel mio cuore e che forse era da sempre scritto. Bisognava solo trovare il momento adatto e credo che ora, a tredici anni dalla sua scomparsa, anche grazie all’aiuto di quanti hanno avuto la fortuna di conoscerlo e che conservano vivo il suo ricordo, questo libro può finalmente vedere la luce. Non pretende di essere una biografia approfondita e completa sotto tutti gli aspetti, ma spero che possa essere un primo passo verso una migliore conoscenza della sua figura umana e spirituale.
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Klement Gottwald, n. 23 novembre 1896 – m. 14 marzo 1953 fu un politico e dittatore cecoslovacco, divenuto primo ministro in seguito al colpo di stato e poi presidente della Cecoslovacchia. 12
Archivio CC PCCS, F02/1.
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Introduzione
Lo scopo di questo libro non è unicamente quello di raccontare la cronaca degli avvenimenti, di cui don Giuseppe Medový fu protagonista o spettatore. Una semplice cronologia di fatti o date, anche se impegnativa, non avrebbe reso giustizia alla figura dell’uomo e del sacerdote, oggetto di questa ricerca. Sicuramente non si potrà fare a meno di citare avvenimenti storici, poiché alcuni sono direttamente collegati alla sua vita, cambiandone a volte anche radicalmente il suo corso. Quello che cercherò di fare, sperando di riuscirci, sarà di portare in superficie e per far emergere la sua parte più nascosta, la sua anima e la sua capacità di donare e di farsi amare. L’unico modo per conoscere una persona è amarla senza alcuna speranza.
In quest’aforisma del filosofo, scrittore e critico letterario tedesco Walter Benjamin,13 c’è un po’ l’essenza di quello che vuole essere questo volume. Lo stato d’animo con cui ho intrapreso questa ricerca, è stato essenzialmente quello di una disposizione all’amore, tentando di penetrare anche dai 13
Walter Bendix Schoenflies Benjamin, n. 15 luglio 1892 – m. 26 settembre 1940.
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Jozef Medový
suoi piccoli gesti, dai miei ricordi e dalle testimonianze altrui, l’essenza della sua anima e della sua spiritualità. La sua capacità d’amare e la sua generosità ne hanno fatto un esempio e un modello ancora oggi ricordato. Nei capitoli iniziali del libro, ho voluto fare una panoramica sulla situazione storico-politica del periodo che precedette e seguì la sua nascita, avvenuta nel 1926 e quindi proprio a cavallo tra la fine della prima guerra mondiale e l’inizio della seconda. In seguito illustrerò, con lo stesso criterio di sintesi, gli anni seguenti alla fine della seconda guerra e come s’instaurò il regime totalitario comunista, analizzando maggiormente i rapporti con la chiesa cattolica. Mi limiterò, ovviamente, a degli accenni, poiché altri molto meglio di me possono raccontare la storia di quegli anni. A tal proposito, mi scuso anticipatamente per eventuali inesattezze, certamente non volute. Nei capitoli seguenti, e quindi nella parte centrale del libro, approfondirò la biografia di don Giuseppe Medový, dando voce anche alle persone che hanno voluto lasciare su queste pagine, un pensiero, un ricordo o una testimonianza. Nella parte finale, infine, presenterò una serie di foto o documenti riguardanti la sua vita.
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“O si è cristiano o si è tedesco. Essere tutti e due contemporaneamente è impossibile.” Adolf Hitler
“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati.” Gv 15,12
Sintesi storico-politica degli anni 1918-1945
Al termine della Prima Guerra Mondiale, la geografia dell’Europa subì dei grandissimi mutamenti, che furono il risultato degli esiti della guerra stessa. La Cecoslovacchia, come nazione, nacque dalle ceneri dell’Impero austro-ungarico e si costituì come stato indipendente il 28 ottobre 1918. I territori che formarono la nuova nazione furono quelli dell’attuale Repubblica Ceca e della Slovacchia, oltre alla regione della Rutenia sub carpatica, che si trova nell’estremità orientale della Slovacchia, annessa, con voto dell’assemblea nazionale rutena del 26 novembre 1944, all’ex Unione Sovietica e oggi, infine, territorio dell’Ucraina. La capitale del paese fu fissata a Praga e il castello della città divenne la sede del primo presidente cecoslovacco Tomáš Garrigue Masaryk. Nel periodo compreso fra la prima e la seconda guerra mondiale, denominato ai giorni nostri “Prima Repubblica”, la Cecoslovacchia fu una delle nazioni più industrializzate e difatti, nel suo territorio, si trovava il 70 per cento delle industrie dell’ex Impero austro-ungarico. I problemi maggiori derivarono però, dal settore agricolo, non altrettanto sviluppato come quello industriale e per lo più concentrato nella Slovacchia, mentre a livello politico, i problemi che si ponevano, erano legati alla coesione delle diverse minoranze etniche, alle quali era comunque garantita una forma di protezione speciale. 11
Jozef Medový
La maggioranza etnica della popolazione era di ceppo slavo (Boemi e Moravi) che rappresentava il 50 per cento della popolazione, seguita dagli abitanti di nazionalità tedesca (23 per cento), che a loro volta, erano ben più numerosi degli slovacchi (14 per cento) che eguagliavano quasi la totalità delle altre minoranze (13 per cento).14 Le forti differenziazioni tra le varie etnie e la tendenza all’accentramento delle funzioni pubbliche e delle cariche statali, da parte dei cechi, che si andarono a sostituire man mano ai rappresentanti delle altre popolazioni (tedesche e ungheresi soprattutto), fecero sorgere partiti e movimenti, che mirarono soprattutto a una maggiore autonomia da Praga, se non addirittura a idee separatiste o di secessione. Questi contrasti interni, uniti a un periodo di depressione economica, portarono nel 1935 alla fine della “Prima Repubblica”. In Germania, intanto, il partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori (NSDAP), guidato da Adolf Hitler, stava raccogliendo sempre più il consenso degli elettori, diventando la seconda forza politica nelle elezioni del 1930 e il partito di maggioranza nelle successive elezioni del 1932. In seguito ad accordi e cospirazioni fra partiti, Hitler riuscì ad ottenere nel gennaio del 1933 la nomina di Cancelliere. Dopo aver avviato una politica dittatoriale, volta all’eliminazione di tutti i partiti e organizzazioni sindacali, con l’aperto uso della violenza e la minaccia di deportazione in campi di concentramento, per chi avesse mostrato opposizione, Hitler gettò le basi per avviare il suo piano espansionistico, annettendo alla Germania dapprima l’Austria15 e in seguito
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Secondo una stima del primo censimento cecoslovacco del 15 febbraio 1921. Cfr A.A.V.V., Die Vertreibung der Deutschen Bevölkerung aus der Tschechoslowakei, Augsburg, 1994, pp. 8–141. 15
Il 12 marzo 1938 l’Austria, con un referendum, si univa con la Germania (il cosiddetto Anschluss).
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Sintesi storico-politica degli anni 1918-1945
all’Accordo di Monaco16 del settembre 1938, i territori della Slesia (i Sudeti) abitata da popolazione di origine tedesca e parte dei territori della Boemia e della Moravia. La Slovacchia e la Rutenia subcarpatica furono annesse dall’Ungheria, mentre la Polonia ottenne il distretto di Těšin.17 Nel marzo del 1939, Hitler completò l’occupazione del territorio ceco, annettendo il resto della Boemia e della Moravia, trasformandolo in un protettorato tedesco, mentre della Slovacchia, per la quale non ebbe particolare interesse, fece uno stato fantoccio con a capo il sacerdote Jozef Tiso. Tiso fu primo ministro della Slovacchia indipendente dal 14 marzo 1939 fino al 26 ottobre 1939, quando ne divenne presidente della repubblica. Il nuovo governo, con a capo il Partito Popolare Slovacco, approvò, su richiesta dei nazisti, delle leggi antisemite18 e acconsentì alle deportazioni degli ebrei, nei territori del Reich, come forza lavoro. Tali deportazioni iniziarono in Slovacchia dal marzo all’ottobre 1942, con una prima ondata di 58 mila ebrei. Solo in seguito, quando si seppe la reale destinazione dei deportati e solo a quel punto, anche sotto la pressione del Vaticano, Jozef Tiso si impegnò a bloccare le deportazioni, che però ebbero un
16 La conferenza di Monaco si tenne dal 29 al 30 settembre 1938, fra i capi di governo di Regno Unito, Francia, Germania e Italia. L’oggetto della conferenza fu la discussione, poco prima della seconda guerra mondiale, delle rivendicazioni tedesche sulla porzione di territorio cecoslovacco abitato dai Sudeti (popolazione di etnia tedesca) e si concluse con l’accordo di Monaco, che portò all’annessione di vasti territori della Cecoslovacchia da parte dello stato tedesco. Poiché i rappresentanti cecoslovacchi non furono chiamati a partecipare alle trattative, il trattato venne da essi etichettato come Diktat di Monaco. Fonte: Wikipedia. 17 Città della regione della Moravia-Slesia occupata dalle truppe polacche il 2 ottobre 1938 e, in seguito all’invasione della Polonia, annessa alla Germania nazista. Al termine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1945 fu restituita alla Cecoslovacchia rispettando i confini del 1920. 18
Il 18 aprile 1939 fu emanato un ordine del governo che definì in primo luogo il concetto di “ebreo”, nel quale erano incluse principalmente le persone di fede ebraica, gli ebrei di origine mista senza alcuna fede religiosa e i convertiti “recentemente” al cristianesimo, cioè dal 3 ottobre 1918.
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Jozef Medový
colpo di coda verso la fine del 1944. Il 29 settembre l’operazione investì la capitale. Gli arrestati furono 12 306, di questi 7946 furono inviati ad Auschwitz e 4370 a Sachsenhausen e Theresienstadt. Circa 3500 furono uccisi sul posto. Dei 70 mila ebrei slovacchi deportati 65 mila non tornarono più indietro. I vescovi cattolici intervennero in modo deciso presso le autorità statali, a favore degli ebrei, contro le leggi antisemite prima e proteggendoli dalle deportazioni poi. Sono noti in particolare gli interventi di Karol Kmet’ko, (vescovo di Nitra), Andrej Škrábik (vescovo della diocesi di Banská Bystrica), Pavol Jantausch (Amministratore apostolico a Trnava) e Michal Buzalka, (vescovo ausiliare dell’Amministrazione apostolica di Trnava con sede a Bratislava e Vicario Castrense).19 Nella residenza dell’Amministratore Apostolico di Trnava, il vescovo Pavol Jantausch, furono nascosti e salvati parecchi ebrei.20 Nel frattempo, le grandi potenze mondiali, Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Sovietica, si allearono per contrastare la Germania, che, stretta dalla morsa americana a occidente e dall’avanzata dell’Armata Rossa a oriente, nella battaglia finale di Berlino del 2 maggio 1945, fu definitivamente sconfitta. Questa vittoria decretò la fine del Terzo Reich e della guerra. Un mese prima l’Armata Rossa liberò Bratislava e la Slovacchia. Jozef Tiso, accusato di alto tradimento, fu impiccato: All’alba del 18 aprile del 1947, nel cortile del tribunale di Bratislava, un uomo sulla sessantina, dalla corporatura massiccia, accompagnato da un frate cappuccino, saliva i pochi gradini di un patibolo, sul quale incombeva una forca. Solo sette minuti dopo il momento in cui la botola gli si è aperta sotto i piedi, l’espressione del condannato si è lentamente trasformata in un 19
W. BRANDMÜLLER, L’olocausto nella Slovacchia e la Chiesa cattolica, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2004, p. 45.
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ivi, p. 47.
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Sintesi storico-politica degli anni 1918-1945
orribile rictus, mentre dalle sue mani cadeva la corona di un ro21 sario che stringeva tra le mani.
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V. MESSORI, Presidente e prete calunniato, “Il Timone�, aprile 2006, p. 64.
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“La morte risolve tutti i problemi: niente uomini, niente problemi.” Stalin
“E, detto questo, gridò a gran voce: ‘Lazzaro, vieni fuori!’.” Gv 11,43
I comunisti al potere negli anni 1945-1989
Al termine della seconda guerra mondiale, nel maggio del ‘45, fu ricostituita la Repubblica Cecoslovacca com’era prima del ‘38. Il presidente della repubblica Edvard Beneš, eletto il 18 dicembre 1935, durante la guerra si rifugiò in esilio a Londra e al suo rientro, nominò subito il nuovo governo con a capo Zdeněk Fierlinger, già ambasciatore cecoslovacco a Mosca. Il 21 giugno Beneš firmò il decreto, con cui furono confiscate le proprietà terriere dei cittadini di origine tedesca e ungherese, sospettati di aver collaborato con il nazismo. Il 24 ottobre 1945, un altro decreto avviò la statalizzazione di aziende, banche e assicurazioni. Durante la seconda riunione del parlamento provvisorio del 28 ottobre 1945, a riguardo di tali provvedimenti, Beneš pronunciò questo discorso: Alcune considerazioni sulla nostra misura economica, la più importante forse, legittimata dalla firma dei decreti sulla statalizzazione e sulla nazionalizzazione d’industrie, banche e assicurazioni. Non mi nascondo il fatto che in questo modo andiamo a toccare le strutture della società liberale precedente, e che ci mettiamo sulla strada che dovrà condurre alla socializzazione della società moderna. Non si tratta di un semplice passaggio da una fase di sviluppo sociale a un’altra; è solo l’inizio della co19
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struzione di nuove forme di proprietà, accanto a quella privata e cooperativa... Non dobbiamo però farci alcuna illusione che tutto questo significherà da subito un nuovo paradiso, o produrrà grandi agevolazioni o un generale miglioramento delle condizioni materiali per la classe operaia e la popolazione industriale in genere… Dobbiamo renderci conto che qui iniziamo a costruire una nuova etica sociale e che con questi provvedimenti non cambiamo solo le istituzioni, bensì vogliamo e dobbiamo creare anche l’uomo nuovo.22
Nel 1946 si svolsero le elezioni per la formazione del parlamento. I partiti ammessi alle elezioni furono solo quattro, quelli cioè che non si compromisero con gli occupanti nazisti: il Partito social-nazionale, i Socialdemocratici, il Partito comunista e il Partito popolare. I risultati delle votazioni portarono il Partito comunista alla maggioranza e Beneš nominò premier Klement Gottwald. Nel 1947 il governo, su pressioni di Stalin, non aderì al Piano Marshall e aprì così un periodo di rapporti economici e commerciali con l’URSS, subendone l’influsso sulle decisioni anche politiche. I partiti non comunisti temettero sempre più, e a ragione, la politica antidemocratica che andò delineandosi e che, nel febbraio del 1948, portò il ministro degli Interni Nosek a decidere, di propria iniziativa, di sostituire otto funzionari di pubblica sicurezza di Praga, non comunisti, con persone di fiducia. Tale azione suscitò le proteste di alcuni ministri degli altri partiti al governo, che chiesero l’immediato ritiro di questa disposizione e rimisero il proprio mandato nelle mani del presidente Beneš. Il partito comunista sfruttò a proprio favore questa situazione avviando una campagna contro questi ministri definiti “reazionari sovversivi” e convincendo Beneš ad accettare le loro dimissioni. 22
Cfr. http://www.charta77.org/1945.html
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I comunisti al potere negli anni 1945-1989
Il 25 febbraio fu formato il nuovo governo con soli membri del partito comunista e fu così portato a compimento il colpo di stato. Di fatto, nella Slovacchia, avvenne già due giorni prima, il 23 febbraio, con l’occupazione degli edifici pubblici e alcuni arresti. Ricorda l’ex-presidente Havel: 23
Il febbraio 1948 gettò il paese nella sciagura. Il putsch comunista privò i cittadini delle libertà, fu causa d’innumerevoli disgrazie e di tragedie personali, per un’intera epoca significò la fine della speranza nello sviluppo democratico della repubblica, fu l’inizio della rovina generale e della devastazione economica del nostro Stato.
Nel maggio del ‘48 si svolsero le elezioni politiche e, per essere sicuri della vittoria, i comunisti accorparono in un’unica lista i candidati del proprio partito e quelli degli altri partiti satelliti. L’alternativa a questa lista era la lista bianca, che fu presentata come un appoggio alla “reazione”.24 Iniziarono le azioni di rappresaglia contro gli avversari del comunismo, prima contro gli ex leader dei partiti politici non comunisti e poi contro membri di diverse organizzazioni o associazioni giovanili, scout, ecc. i quali furono condannati ai campi di lavoro forzati o incarcerati. I rapporti con la Chiesa cominciarono a deteriorarsi e l’intenzione del governo fu di estromettere i religiosi dalle funzioni d’insegnamento nelle scuole e di ridurre in generale il loro campo d’azione, con delle misure varate nell’aprile del ‘49. Queste misure ebbero lo scopo di proibire le associazioni e la stampa cattolica e introdussero l’obbligo di richiedere i 23
Termine Tedesco che significa “colpo di stato”, “golpe”.
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Risultati delle elezioni del 30 maggio 1948 in Boemia-Moravia: Fronte Nazionale 87,12%, Bianche 9,32%, Invalidate 3,56%; in Slovacchia: Fronte Nazionale 84,91%, Bianche 13,98%, Invalidate 1,11%.
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permessi, per svolgere assemblee religiose al di fuori delle chiese. Nella prima metà di giugno, la campagna contro la Chiesa culminò con il progetto di costituire un’Azione Cattolica statale. Nonostante le prese di posizione dei vescovi, il 10 giugno fu fondata a Praga, ufficialmente, l’Azione Cattolica (Katolicka akce) alla presenza di una settantina di “preti progressisti” e alcuni laici. Il 20 giugno il Vaticano emanò il decreto di scomunica dell’Azione Cattolica cecoslovacca. Buona parte dei sacerdoti che firmarono a sostegno dell’AC, ritirò la firma e giurò nuovamente fedeltà al vescovo e alla Chiesa. Nella seconda metà del 1949 avvennero vari arresti di religiosi con condanne, confische di beni e perdita dei diritti civili. L’accusa nella maggior parte dei casi fu di tradimento e violazione di alcune disposizioni restrittive, con pene di reclusione da due a dieci anni. Il 3 ottobre a Praga fu dato l’avvio all’“Azione T-43”, a danno dei “reazionari”, che ebbe lo scopo di rastrellare le persone da mandare nei campi di lavoro con un ritmo di circa 3 mila persone al mese, in modo da raggiungere il numero di 150 mila nel quinquennio 1949-1954. Il 14 ottobre 1949 furono approvate dal parlamento delle leggi, in materia ecclesiastica, che in sostanza vietarono ai sacerdoti di svolgere la propria attività, senza una previa autorizzazione statale, la quale sarebbe stata concessa solo dopo aver comprovato la loro fedeltà allo stato e oltretutto il raggio d’azione avrebbe dovuto essere limitato nell’ambito della propria parrocchia. Nel 1950 s’intensificarono le azioni repressive ai danni della Chiesa, con la soppressione dei conventi e degli istituti religiosi, confisca di tutti i beni, arresti e processi farsa, con condanne per tradimento e spionaggio ai danni dello stato. La crescente ostilità e privazione di libertà nei confronti della Chiesa, indusse i vescovi ad agire in clandestinità e s’iniziò a ordinare vescovi e sacerdoti in gran segreto. Alcuni di questi 22
I comunisti al potere negli anni 1945-1989
furono peraltro condannati e internati, per aver violato le leggi emanate pochi mesi prima. Altri processi e condanne nei confronti di religiosi e vescovi avvennero alla fine del 1950, con la medesima accusa di tradimento e spionaggio. Nel 1951 furono chiusi, con filo spinato, e sorvegliati da truppe armate, i confini con la Germania e l’Austria. Dal 1948 al 1989 furono uccise 174 persone, che tentarono di fuggire oltre confine. Václav Havel, futuro presidente della repubblica cecoslovacca, scrisse di quegli anni sulla rivista “L’Altra Europa”:25 Negli anni cinquanta nel nostro paese c’erano enormi campi di concentramento in cui si trovavano decine di migliaia di uomini innocenti. I cantieri però pullulavano di decine di migliaia di giovani entusiasti della nuova fede, che cantavano inni al lavoro. Si torturava e si giustiziava, si fuggiva avventurosamente all’estero, si cospirava, e contemporaneamente si scrivevano poesie celebrative al dittatore. Il presidente della repubblica sottoscriveva le condanne a morte dei suoi migliori amici, ma talvolta si faceva incontrare per strada. Il canto degli idealisti e dei fanatici, la strada degli oppositori politici e la sofferenza degli eroi appartengono alla storia.
Nel decennio che andò dal 1950 al 1960, un gran numero di vescovi e del clero cattolico venne imprigionato o internato e privato dell’autorizzazione a esercitare il ministero, mentre il clero per così dire “autorizzato” e fedele allo Stato, fece parte della “Chiesa di regime” instaurata dall’Ufficio Statale per gli Affari Religiosi. Molti dei religiosi imprigionati morirono a seguito delle cattive condizioni in cui furono tenuti reclusi, 25
La rivista, nata nel 1960 col titolo “Russia cristiana ieri e oggi”, è stata il primo e fondamentale strumento per diffondere la conoscenza delle ricchezze liturgiche, artistiche e filosofiche della tradizione russa. Dalla metà degli anni ‘60, ha fatto conoscere per la prima volta in Italia il samizdat, l’editoria clandestina espressione della cultura antitotalitaria. Nel 1985 la rivista prende il titolo di “L’Altra Europa”, ampliando i suoi interessi a tutto l’Est europeo.
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oppure a seguito di maltrattamenti o torture durante gli interrogatori. Fra tante storie, una mi ha colpito in modo particolare e vorrei citarla come testimonianza rappresentativa su tutte. Cecilia Schelingová nacque il 24 dicembre 1916 a Krivá in Slovacchia. Entrò all’età di quindici anni, nel 1931, nella congregazione delle suore di carità della Santa Croce. Fece il noviziato e contemporaneamente studiò per diventare infermiera e radiologa. Il 30 gennaio 1937 emise i primi voti. Nel 1942 iniziò il suo servizio presso l’ospedale di Humenné e poi all’ospedale di Bratislava, nel reparto di radiologia. Il 28 gennaio 1943 emise i voti perpetui e prese il nome di Zdenka. Suor Zdenka è ricordata dalle sorelle come una persona che viveva continuamente alla presenza di Dio, sia nella preghiera sia nel lavoro. Scrisse una volta: “Voglio fare la volontà di Dio, senza badare a me stessa, al mio conforto e al mio riposo”. Dimostrò amore e compassione per tutti e fu sempre pronta a servire in particolare i malati. Nel 1952 fu portato nell’ospedale di Bratislava un sacerdote che aveva bisogno di cure, a seguito di torture subite durante un interrogatorio. Accusato di essere una spia del Vaticano, sarebbe stato spedito in Siberia dove avrebbe trovato morte certa. Suor Zdenka, a rischio della propria vita, aiutò il sacerdote a fuggire, mettendo del sonnifero nel tè della guardia. Dopo la fuga del sacerdote, suor Zdenka pregò sotto la Croce nella Cappella dell’Ospedale così: “Gesù, ti offro la mia vita per la sua. Salvalo!”. Alcuni giorni dopo, però, il 29 febbraio 1952, quando cercò di aiutare tre sacerdoti e tre seminaristi a fuggire, il suo piano fallì e venne arrestata. Fu interrogata e subì pesanti umiliazioni e brutali violenze da parte della polizia. Fu condannata a dodici anni di carcere e dieci anni di privazione dei diritti civili. La tortura subita lasciò il suo corpo mutilato e il seno destro dilaniato dai calci ricevuti durante gli interrogatori. Dal 1952 al 1955 suor Zdenka fu trasferita da una prigione all’altra (Rimavska Sabota, Brno, Praga, Pardubi24
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ce). Lei accettò la tortura e i maltrattamenti con grande umiltà, ma la cosa più difficile da sopportare, tuttavia, fu la privazione dei Santi Sacramenti per i tre anni della sua prigionia. Avendo timore che morisse in carcere, il 16 aprile 1955 fu rimessa in libertà con un’amnistia, ma per la paura dovuta alla situazione politica, non venne accolta nell’ospedale di Bratislava; fu invece accettata in quello di Trnava e ricoverata al reparto di oncologia, grazie all’aiuto di un suo amico. Dopo poco più di tre mesi, trascorsi sopportando la malattia con umiltà e abbandono alla volontà di Dio, morì di cancro (questo è scritto sul certificato di morte), il 31 luglio 1955, a soli trentotto anni. Dal suo arresto fino agli ultimi momenti della sua vita terrena, sopportò tutte le sofferenze con eroica pazienza e senza nessun rancore nei confronti di coloro che l’avevano fatta soffrire. Picchiata quasi a morte, lei sussurrò: “Il perdono è la cosa più grande della vita”. Confidandosi con un’amica che un giorno vide la sua mutilazione, le raccontò: Mi portarono in prigione e cominciarono a prendermi a calci. Mi gettarono in una vasca piena di acqua fredda tenendomi sotto spingendomi con un piede premuto sul mio petto. Stavo quasi annegando e quando l’uomo che mi teneva giù vide che stavo perdendo coscienza, tolse il piede in modo che, tirando fuori la testa, potessi riprendere respiro. Questa tortura proseguì per tutta la notte, insieme con i calci e le percosse, alla fine mi tirarono fuori dall’acqua trascinandomi per i capelli e mi portarono in una stanza di cemento. Mi lasciarono tutta la notte con i vestiti bagnati. Non sapevo neanche se sarei sopravvissuta per come tremavo. Sopravvissi e la mattina seguente iniziò l’interrogatorio. Poi mi strapparono la veste e nuda mi legarono. Mi legarono le mani e le gambe con una corda spessa sollevandomi fino al soffitto con una carrucola. E così, completamente distrutta e tremante per il freddo, rimasi appesa a quel gancio. Poi tre uomini vennero e mi picchiarono con i loro manganelli alla rinfusa e la maggior parte dei colpi me li diedero sul seno. Queste pro25
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cedure si ripeterono più volte al giorno. Ora sai perché ho avuto l’intervento chirurgico, perché c’erano i tumori sul seno a causa delle lesioni. Ora conosci la mia storia e sai che vado al dipartimento di oncologia perché ho un cancro. E so che il Signore Gesù verrà ad accettare la promessa che gli ho fatto: la mia vita per la vita del sacerdote.
Nel 1970 il tribunale di Bratislava e la Corte Suprema riconobbero l’innocenza di suor Zdenka dall’infamante accusa di tradimento; le sue consorelle e il popolo slovacco ricordano la sempre sorridente suora, come una religiosa che ha camminato sulla via della perfezione, imitando Cristo soprattutto nella sopportazione delle sofferenze e considerandola come martire della fede. Nel 2003 Papa Giovanni Paolo II la iscrive nell’Albo dei Beati. Dopo la morte di Stalin in Russia, e di Gottwald in Cecoslovacchia, entrambe avvenute a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, nel febbraio del 1953, cominciò un lento ma progressivo processo di “destalinizzazione”, formalmente avviato in Unione Sovietica nel 1956. A tre anni dalla morte di Stalin, il 14 febbraio Nikita Krusciov aprì i lavori del 20° congresso del PCUS,26 con un discorso lungo sette ore al quale fu presente, per la delegazione italiana, l’allora segretario del Partito Comunista Italiano Palmiro Togliatti. Il 25 febbraio, verso il termine del congresso, Krusciov presentò il suo famoso rapporto segreto che denunciava una parte dei crimini di Stalin (le repressioni politiche, le deportazioni, gli errori commessi durante la seconda guerra mondiale, le alleanze criminali) e condannò il suo culto della personalità. È estraneo allo spirito del marxismo-leninismo esaltare una persona e farne un superuomo fornito di qualità soprannaturali a 26
Partito Comunista dell’Unione Sovietica (Kommunističeskaja partija Sovetskovo Sojuza, KPSS), partito alla guida dell’Unione Sovietica dal 1922 al 1991.
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somiglianza di un Dio. Questo sentimento per un uomo, e precisamente per Stalin, l’abbiamo tenuto vivo in mezzo a noi per lunghi anni.
Durante gli anni sessanta si avviò in Cecoslovacchia una politica del “disgelo”, con una serie di amnistie, che portarono alla liberazione di migliaia di persone, vittime di processi politici illegali e con una graduale apertura delle relazioni con l’Occidente. Nel 1968 Alexander Dubček sostituì Antonín Novotný alla guida del PCC,27 realizzando una serie di riforme che, sebbene tendessero a confermare il ruolo del Partito Comunista alla guida del paese, portarono a un certo allentamento delle tensioni interne ed esterne. Il Programma di Dubček promuoveva i diritti di associazione e di riunione, la libertà di espressione, il diritto di viaggiare all’estero e la riabilitazione dei condannati politici. Questa serie di riforme, che lo stesso Dubček coniò con la frase “socialismo dal volto umano”, in Occidente fu definita con l’espressione “Primavera di Praga”. Tuttavia l’indirizzo che si stava dando alla politica cecoslovacca, non fu gradito all’Unione Sovietica, che vide in queste riforme una minaccia al socialismo e così alle ore 23 del 20 agosto 1968, iniziò l’invasione militare della Cecoslovacchia con la collaborazione delle truppe del Patto di Varsavia.28 I comunisti cechi, guidati da Alexander Dubček, furono costretti ad approvare precipitosamente tutto il programma riformatore, ma quanto stava accadendo rese le loro deliberazioni completamente inutili e cancellate dalla nuova dirigenza imposta da Mosca, per il governo del paese. Gustáv Husák successe a Dubček nella guida del partito e, in seguito, dal maggio del 27
Partito Comunista di Boemia e Moravia (Komunistická strana Čech a Moravy, KSČM).
28 Le truppe d’invasione rimarranno nel territorio cecoslovacco fino al 1991 in base all’accordo firmato a Praga il 16 ottobre 1968 che stabiliva le condizioni di permanenza temporanea.
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1975, divenne presidente della Cecoslovacchia, carica che ricoprì fino al 1989, anno in cui avvenne la caduta del muro di Berlino e il conseguente disfacimento dell’URSS. Negli anni seguenti all’occupazione russa, Husák riuscì a tenere sotto controllo la popolazione civile, che stanca e oppressa sprofondò di nuovo in un clima di rassegnata apatia. Il vecchio-nuovo apparato di governo si modellò rapidamente e attuò tutte le epurazioni, i divieti e le liquidazioni; la società spossata si abituò rapidamente al fatto che tutto quello che un tempo era stato proclamato impossibile, era di nuovo possibile, e che una stupidità cento volte smascherata e derisa poteva tornare a regnare; la gente si ripiegò su se stessa e smise di interessarsi delle questioni comuni… La società era atomizzata, i piccoli centri focali di resistenza vennero annientati, la comunità ingannata e stanca faceva finta di non saper niente di essi, il pensiero indipendente e la creazione si rifugiarono nelle trincee del29 la parte più intima della vita privata.
Eroi e martiri della resistenza e della lotta pacifica contro l’occupazione russa, saranno ricordati nel corso della storia. Uno su tutti il sacrificio del giovane studente di filosofia Jan Palach che il 16 gennaio del 1969, sui gradini del Museo Nazionale a Praga si diede fuoco per protesta. Nei suoi appunti, abbandonati poco prima dell’estremo gesto, fu trovato un testo scritto di suo pugno nel quale si legge: Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l’onore di estrarre il numero uno, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo 29
V. HAVEL, Interrogatorio a distanza, 1990, p. 126.
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l’abolizione della censura e la proibizione di Zpravy. Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s’infiammerà.
Pochi giorni dopo altre sette torce brillarono nelle piazze di Praga seppure nel silenzio degli organi di informazione. Jan Zajíc, emulando il gesto del suo amico Palach, si diede fuoco a Piazza Venceslao il 25 febbraio 1969. In una lettera ai suoi familiari scrisse queste parole: Mamma, papà, fratello e sorellina! Quando leggerete questa lettera sarò già morto o molto vicino alla morte. So quale profonda ferita provocherò in voi con questo mio gesto, ma non preoccupatevi per me... Non lo faccio perché sono stanco della vita, ma proprio perché la apprezzo. E la mia azione ne è forse la migliore garanzia. Conosco il valore della vita e so che è ciò che abbiamo di più caro. Ma io desidero molto per voi e per tutti, perciò devo pagare molto…
Per vent’anni la polizia cercò di far dimenticare il nome di Palach vietando di pronunciarlo o addirittura di sostare nel punto in cui s’immolò. Le guide turistiche in quegli anni si raccomandavano con i visitatori di non voltarsi tutti contemporaneamente verso il punto, che discretamente avrebbero indicato passando nella piazza, perché la polizia si sarebbe accorta di questo e il rischio di passare seri guai era veramente alto. Intanto la polizia segreta, la StB, continuò senza sosta il suo lavoro di repressione, intimidazione, spionaggio e costruzione di false prove e accuse contro i rappresentanti politici avversari del regime e contro l’iniziativa di dissenso denominata Char30
Zpravy vuol dire “Notiziario”. Il riferimento è al giornale delle forze d’occupazione sovietiche.
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ta77. Nelle sue intenzioni, Charta77 si proponeva di proseguire il suo impegno nel perseguire il rispetto dei diritti umani e civili in Cecoslovacchia e nel mondo. La reazione del governo fu aspra e le ritorsioni contro i firmatari del documento di protesta, definiti come traditori, rinnegati e agenti dell’imperialismo, furono molteplici. Gli “ingiustamente perseguitati”, subirono la perdita del lavoro, il ritiro della patente, il rifiuto della prosecuzione degli studi per i figli, la perdita della cittadinanza, l’espulsione e il carcere. Anni bui di stagnazione della vita politica, sociale ed economica seguirono durante il periodo della normalizzazione di Husák fino allo scoppio della “Rivoluzione di Velluto”. La rivoluzione anti-comunista iniziò il 16 novembre 1989 a Bratislava, con una manifestazione di studenti universitari slovacchi a favore della democrazia, e continuò il 17 novembre con la manifestazione degli studenti cechi a Praga. La polizia comunista soppresse con la forza la manifestazione, assaltando brutalmente molti studenti partecipanti. Ma ormai, a una settimana dalla caduta del Muro di Berlino, anche le ultime resistenze comuniste negli altri paesi dell’Est, furono destinate a crollare e più o meno pacificamente, salvo in Romania, dove il capo di stato Nicolae Ceauşescu fu giustiziato insieme alla moglie Elena, in Polonia, Ungheria, Bulgaria, Estonia, Lituania e Lettonia i governi furono rovesciati segnando, insieme al collasso dell’Unione Sovietica, la fine del blocco comunista e della Guerra Fredda. Ho ritenuto necessarie queste premesse storiche e politiche, per cercare di capire quale turbamento d’animo deve aver provato don Giuseppe, nel seguire le vicende del suo paese, vivendo la quasi totalità della sua esistenza lontano dalla famiglia, dalla patria, dalla sua Smolenice, dagli affetti più cari. Solo dopo aver conosciuto, anche se parzialmente, il processo che ha portato la Slovacchia alla nazione che è oggi, 30
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possiamo comprendere la grande sofferenza umana di quest’uomo, costretto a vivere in esilio forzato e ritrovarsi prima straniero in Italia e poi, dopo quasi quarant’anni, straniero nella sua Slovacchia.
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