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Nancy B.-Pilon

Illustrazioni di Laura Proietti

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Per Isabella e i suoi capelli di fuoco con cui le mie dita hanno giocato fin troppo spesso.

N.B.-Pillon

Come ogni mattina, raggiungo Nina, la mia migliore amica, all’angolo tra la sua e la mia via, così possiamo andare a scuola insieme. Durante il tragitto, mi sento tirare i capelli verso il basso; così forte che non riesco quasi a muovere la testa.

– Tutto bene, Lia?

Devo aver fatto una strana smorfia perché la mia amica si ferma di colpo e mi sbarra la strada.

– I capelli ti sono finiti dietro lo zaino e si sono incastrati sotto gli spal- lacci. Ti devono far male, giusto? Vuoi che ti aiuti a liberarli?

Annuisco e cerco di togliermi lo zaino mentre la mia amica finisce la sua missione di liberazione.

– Ecco fatto. Possiamo andare!

Ho i capelli molto lunghi.

Riesco a toccarmeli dietro alla schiena senza neanche contorcermi.

Nina dice spesso che i miei capelli sono del più bel colore del mondo, quello delle foglie d’autunno che cadono a terra. La mamma, invece, ripete sempre che avrebbe potuto chiamarmi Fulvia al posto di Lia, per la mia criniera di fuoco.

Io preferisco quando ho i capelli sciolti. Amo quando si muovono col vento, quando ho l’impressione che si alzino in volo come uccelli.

Arrivate nel cortile della scuola, lasciamo i nostri zaini accanto al cancello e andiamo vicino alle altalene a vedere la partita di calcio che sta cominciando. Sento una presenza alle mie spalle e delle dita mi raccolgono i capelli in una coda di cavallo alta.

Mi volto bruscamente e vedo Naila, con le mani ancora alzate e un elastico in bocca.

– Cosa stai facendo, Naila?

La pelle delle mie guance s’imporpora e i palmi delle mani cominciano a sudarmi.

– Volevo solo legarti i capelli – dice Naila – dobbiamo giocare a calcio, sai bene che appena ti metterai a correre ce li avrai tutti in faccia e non riuscirai a vedere niente.

La campanella suona prima che tocchi a noi giocare. Raccolgo il mio zaino ed entro a scuola dietro una fila di bambine e bambini. Qualcosa mi solletica il braccio. Noah mi ha preso una ciocca di capelli e fa finta di pitturarmi la pelle. È sovrappensiero. Davanti al mio armadietto, mi chino per allacciarmi una scarpa. Un bambino che non conosco si ferma ac- canto a me per sollevare i miei capelli da terra e arrotolarseli attorno all’indice. La pelle delle mie guance è bollente. Le mie mani tornano umide. Il mio corpo si mette a pulsare. Quanto alla mia bocca, è sigillata come una busta.

Naila, Noah e un bambino che non conosco. Non sono neanche le 9 e già tre persone hanno messo le mani nei miei capelli.

Dopo la scuola, torno a casa. Per salutarmi, mia madre mi accarezza i

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