Semiotica del mostrare

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Semiotica del mostrare Fotografia come propedeutica

Francesco Faggiano 739240

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Semiotica del mostrare

Fotografia come propedeutica

COLOPHON Politecnico di Milano FacoltĂ del Design Corso di Laurea Magistrale in Design della Comunicazione Anno Accademico 2009/2010

Semiotica del progetto docente

Salvatore Zingale studente

Francesco Faggiano 739240

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LA SEMIOSI E L’INTERPRETAZIONE

Un secolo fa, la rappresentazione del mondo venne arricchita di un nuovo mezzo d’espressione visiva, la fotografia, capace di ampliare la nostra predisposizione a effettuare e creare nuove semiosi, esperienze di percezione e interpretazione della realtà. In questa fotografia di Herbert List (Fig. 1) è possibile riconoscere una metafora della semiosi come tale processo. Lo specchio si rivela essere l’esempio giusto per rappresentare ciò che Charles Sanders Peirce aveva elaborato nel suo schema del triangolo semiotico: una realtà esterna, l’oggetto, crea nel nostro intelletto un processo di percezione, il segno, che fa scattare un giudizio sull’oggetto, l’interpretante. Allo stesso modo il cielo, oggetto naturale della nostra realtà è dapprima percepito nello specchio e interpretato attraverso questo. La fotografia così non resta solo un mezzo d’espressione visiva, ma si rende strumento per comprendere e ampliare le nostre esperienze semiosiche. Figura 1 Herbert List, Giovane con specchio, Mar Baltico, 1934

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GLI INTERPRETANTI

In ogni semiosi, l’interpretazione finale è mediata necessariamente da tre stadi o qualità di interpretanti: l’interpretante emozionale (il sentimento che da l’impulso), l’interpretante energetico (l’azione di risposta) e l’interpretante logico (le regole scaturite). Allo stesso modo il fotografo, colpito da un particolare oggetto o evento, è spinto da un impulso a fotografare, valutando inquadratura, luci, messa a fuoco, ecc... (crea così una semiosi, in cui la disposizione degli elementi permette successive interpretazioni). Così, Luciano D’Alessandro, senza la compassione per le vittime del terremoto in Irpinia (Fig. 2) non avrebbe avuto l’esigenza di immortalare con una foto gli effetti del disastro, utilizzando un’inquadratura medio-bassa, centrata sulla crepa nell’asfalto e sulla donna stesa, per accentuare il pathos dello scatto. Figura 2 Luciano D’Alessandro, Terremoto in Irpinia, 1980

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I MODI DELL’ESPRESSIONE

Nell’ambito delle espressioni segniche distinte da Peirce è possibile individuare in una fotografia la compresenza di iconicità, indicalità e simbolicità. Prendendo come esempio questa immagine di Thomas Höpker (Fig. 3) possiamo facilmente rilevare le tre modalità segniche in diversi elementi della rappresentazione. L’immagine mostra un’icona, il volto di una ragazza orientale con il trucco tradizionale, indice del probabile svolgersi di una cerimonia. Un’aspetto interessante è dato dal cerchio sulla fronte della donna, che mostra la possibilità di sintesi tra indice e simbolo. Questa forma infatti per convenzione è stata assunta dal Giappone come simbolo per rappresentare la propria nazione (Hinomaru, cerchio del sole, è la bandiera giapponese). Contemporaneamente diviene indice della nazionalità della ragazza orientale, una ragazza giapponese durante una cerimonia tradizionale. Figura 3 Thomas Höpker, Ragazza giapponese con il trucco tradizionale, Giappone, 1977

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I LIVELLI DI ATTRIBUZIONE DEL SENSO

Ogni processo semiosico produce significati o sensi che variano a seconda delle circostanze, delle situazioni e dell’universo semantico in proprio possesso. Nelle semiosi possiamo così produrre significati o sensi dovuti in seguito a denotazioni, connotazioni e evocazioni. Prendiamo come esempio la fotografia di Eva Rubinstein (Fig. 4), che mostra un uomo invalido seduto su una sedia a rotelle nei pressi di una piscina. Riusciamo subito a denotare il soggetto dell’immagine come uomo, o per alcune sue caratteristiche come invalido, incapace di camminare a causa della perdita delle gambe. è solo, davanti ad una piscina, ma non può nuotare bene a causa del suo handicap, per cui lo connotiamo come persona triste, arresa. Difficilmente riusciamo a connotarlo come veterano del Vietnam. Evochiamo perciò probabilmente idee del destino, della perdita, della realtà. Connotandolo invece come soldato avremmo avuto evocazioni quali la guerra, la violenza e la sofferenza. Figura 4 Eva Rubinstein, Veterano del Vietnam invalido, California, 1974

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GLI ATTI SEMIOSICI

I sensi prodotti in ogni atto semiosico sono il risultato di tre aspetti logicamente successivi: uno illocutorio (dell’atto considerato in sé), uno dialocutorio (dell’atto rivolto ad a qualcuno) e uno perlocutorio (dell’atto rinviato a qualche obiettivo). Nella fotografia di Bill Brandt (Fig. 5), ironizzando sull’esempio del Bonfantini, possiamo immaginare quest’uomo dire:”Questo spezzatino è davvero buono!”; dall’interpretazione dell’aspetto illocutorio nasce così un prodotto di senso, una semplice asserzione, chiara e precisa; dall’interpretazione dell’aspetto dialocutorio nasce un effetto di senso, inteso in questa situazione come una richiesta di poterne mangiare ancora, data la bontà del piatto. L’aspetto perlocutorio genera infine degli obiettivi di senso, obiettivi che restano aperti, indecisi, da definire a seconda dell’ambiente. Possiamo ipotizzare alcuni obiettivi di senso come il voler fare un complimento alla propria moglie, oppure soddisfare la propria fame senza offendere la sensibilità della donna. Figura 5 Bill Brandt, Northumbria, 1937

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I DIALOGHI

Come per i significati e i sensi prodotti negli atti semiosici, così le frasi e i dialoghi sono suddivisi da Peirce in tre tipologie. Esistono quindi dialoghi di intrattenimento, di ottenimento e di riflessione. I primi sono dialoghi fine a sé stessi, come in questa fotografia di Nino Migliori (Fig. 6), in cui possiamo immaginare le tre anziane chiacchierare sui temi più comuni, conversando per piacere (dialoghi di-vertenti) o per pura formalità (dialoghi conformativi-ripetitivi). I dialoghi di secondo tipo, quelli di ottenimento, mirano al raggiungimento di qualcosa. Immaginiamo così, sempre sull’esempio fotografico, che la prima donna a sinistra voglia dalla terza della stoffa pregiata in cambio di una certa somma di denaro (dialoghi di scambio), mentre la donna nel mezzo risponde offrendo un prezzo maggiore (dialoghi di competizione) cercando di accaparrarsi i favori. Il dialogo di riflessione infine, comprende le conversazioni caratterizzate come ricerca di una soluzione ad un problema. Immaginiamo quindi le tre donne discorrere su problemi religiosi o metafisici (dialoghi di ri-scoperta o ri-velazione), scientifici (dialoghi di ricerca) o filosofici (dialoghi di esplorazione e problematizzazione). Figura 6 Nino Migliori, da Gente del Sud, 1956

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LE FUNZIONI DELLA COMUNICAZIONE

Osservando una seconda foto di Thomas Höpker (Fig. 7) è possibile distinguere quelle che Jakobson ha individuato come sei funzioni della comunicazione, sempre compresenti in ogni oggetto, naturale o artefatto, e solitamente aventi pesi diversi. In questa immagine Muhammad Ali, noto campione di pugilato, posa per una foto destinata ad una raccolta, mostrandosi in un salto da un ponte sul Chicago River. Riconosciamo facilmente la funzione espressiva, data dalla sua persona, dalla sua identità e il suo carisma, capace di attirare l’attenzione del suo pubblico (funzione conativa), attraverso un salto nel vuoto, con un’espressione del viso e una posizione (funzione fàtica) che chiariscono il messaggio: “Sto saltando!” (funzione poetica). Nell’immagine sono difficilmente riconoscibili le altre due funzioni. Figura 7 Thomas Höpker, Muhammad Ali, Chicago (USA), 1966

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GLI ATTANTI

Ogni dialogo è come un gioco, in cui è possibile riconoscere quelli che Algirdas Greimas chiama attanti, ovvero le funzioni di un’azione. Prendiamo come esempio questa foto di Marc Riboud (Fig. 8); un generale (destinante) ha ordinato al soldato cinese che corre nella foto (destinatore) di riferire un messaggio alla base militare dell’ultima torretta della Muraglia. Così questo giovane soldato, accettando la richiesta si fa soggetto di un’azione: consegnare il messaggio alla base (oggetto). Nelle azioni possono entrare in gioco altri due attanti, pronti ad aiutare o ostacolare il soggetto. La salita e la lunga distanza rappresentano così gli opponenti che ostacolano il soldato nella sua corsa; al contrario la sua forza lo aiuta a correre (aiutante). E se il soldato non avesse accettato la richiesta del generale? Semplicemente non si sarebbe fatto soggetto di questa azione (piuttosto di un’altra: sarebbe stato punito per inadempienza). Il gioco del dialogo è anche disponibile in versione solitario: come ad esempio il fotografo in primo piano, destinante, destinatore e soggetto dell’azione: fotografare la stupenda Grande Muraglia per proprio interesse. Figura 8 Marc Riboud, Un soldato corre sulla Grande Muraglia, Cina, 1971

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LE INFERENZE

Ogni volta che osserviamo facciamo un un’inferenza, un ragionamento logico atto a conoscere. A seconda della natura dell’oggetto di partenza e quella dell’oggetto di arrivo facciamo tre tipi di inferenze. In questa terza immagine di Thomas Höpker (Fig. 9) osserviamo un monaco e degli ombrelli aperti. Come nell’esempio del Bonfantini, la pioggia e il terreno bagnato ci hanno indotto per la prima volta a pensare che la pioggia (causa) bagnasse la terra (effetto), facendo quindi un’induzione. Memorizzata la legge possiamo in seguito avere sullo stesso evento una deduzione: sappiamo che la pioggia (causa) bagna (legge), per cui ci bagneremmo (effetto) se non usassimo un ombrello. Infine possiamo anche avere abduzioni sullo stesso evento, quando non siamo sicuri della causa e l’effetto ci è noto: le scale sono state bagnate dalla pioggia (perchè vi sono gli ombrelli) o dal monaco (perchè ha versato dell’acqua per pulirle)?. Figura 9 Thomas Höpker, Ombrelli da cerimonia, Kyoto (Giappone), 1977

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BIBLIOGRAFIA Massimo A. Bonfantini, Jessica Bramati, Salvatore Zingale,

Sussidiario di Semiotica in dieci lezioni e duecento immagini AtĂŹ Editore Massimo A. Bonfantini

Breve corso di Semiotica Edizioni scientifiche Italiane Donald A. Norman

La caffettiera del masochista Giunti Editore Walter Guadagnini

Fotografia Zanichelli Editore

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ICONOGRAFIA Le immagini sono estrapolate dalla collana

I grandi Fotografi Gruppo Editoriale Fabbri edizione del 1983 sui singoli fotografi Bill Brandt Luciano D’Alessandro Thomas HÜpker Herbert List Nino Migliori Marc Riboud Eva Rubinstein

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