Catalogo il vecchio e il giovane milo bonfanti

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IL VECCHIO E IL GIOVANE 2011-2015

milo - luca bonfanti



milo luca bonfanti IL VECCHIO E IL GIOVANE 2011-2014 A cura di Valerio Lombardo Testi critici di Matteo Galbiati e Ilaria Bignotti

Un sentito ringraziamento dai maestri Milo e Luca Bonfanti al poeta Marcello Rossetti


L

a mostra degli artisti Luca Bonfanti, Milo e del poeta Marcello Rossetti - che la Provincia di Milano ospita a Spazio Oberdan - assume una particolare rilevanza per tre distinte ragioni. La prima risiede nell’accento, determinante e convinto, posto dagli autori sull’importanza del concetto di bellezza. La cultura, l’arte soprattutto, ha spesso dimenticato - specie con l’avvento della contemporaneità - la fondamentale centralità di questa dimensione. “Una funzione essenziale della vera bellezza già evidenziata da Platone”, ha evidenziato Benedetto XVI nell’incontro alla Cappella Sistina del novembre 2009, “consiste nel comunicare all’uomo una salutare scossa, che lo fa uscire da se stesso, lo strappa alla rassegnazione, all’accomodamento del quotidiano, lo fa anche soffrire, come un dardo che lo ferisce, ma proprio in questo modo lo risveglia aprendogli nuovamente gli occhi del cuore e della mente, mettendogli le ali, sospingendolo verso l’alto.” La seconda funzione di questa mostra consiste nell’occasione preziosa, offerta al pubblico, di conoscere luoghi e patrimoni culturali che nelle fretta della quotidianità spesso non vediamo neppure, beni che spesso neppure conosciamo. È noto a tutti che la cultura favorisce la crescita dei membri di una comunità e contribuisce a costruire e mantenere l’identità unitaria della comunità stessa. Spendere in cultura significa decidere di attivare la conoscenza del Bello cui accennavamo poc’anzi, permettendo a tutti di acquisire la capacità di assegnare valore a beni dotati di forte contenuto simbolico e valoriale. Il terzo ed ultimo elemento che vorrei sottolineare riguarda il diretto collegamento tra questa mostra ed Expo 2015, un grande evento che tuttavia va ricalibrato nel segno della cultura. Questa mostra ci permette di cogliere esattamente questo risultato: più cultura, più fruizione culturale, il che significa più sviluppo. La Cultura come elemento aggregante ed inclusivo, patrimonio importante al pari della produzione di beni materiali o di servizi. Novo Umberto Maerna Vice Presidente e Assessore alla Cultura della Provincia di Milano

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Il vecchio e il giovane: un confronto nella reciprocita' dell'intento poetico

di Matteo Galbiati

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l ricorso agli attributi di vecchio e giovane nel mondo dell’arte non è un fatto assolutamente inusuale. Anzi, appartiene ad una lunga tradizione del passato distinguere in questo modo le ricerche e le pratiche pittoriche tra padre e figlio o tra membri della stessa famiglia che, oltre al nome, si tramandavano anche le arti e i mestieri. Gli esempi non mancano di certo: Palma il Vecchio e Palma il Giovane; così vale per Pieter Brueghel o Lucas Cranach e via scorrendo tutti gli altri. Allora la distinzione veniva prevalentemente utilizzata per identificare, in modo inequivocabile, uno o l’altro autore omonimo, ma implicitamente si veniva a porre l’accento anche sul salto generazionale che si verificava, tanto per l’età anagrafica quanto nella modalità espressiva artistica. Ci vuole una buona dose di coraggio e di apertura mentale per proporre oggi questa distinzione quale titolo per una mostra – anzi per un tour pluriennale di mostre – che vede contrapporsi, nel confronto dialogante, due artisti di differente estrazione e formazione oltre che, per l’appunto, di età. Ci vuole coraggio oggi quando, tanto l’attributo di vecchio quanto quello di giovane, assumono sfumature pregiudizialmente negative o accentazioni fuorvianti: il primo si applica per screditare qualcosa che viene visto come ormai tristemente obsoleto e superato, trascurandone tutta l’esperienza e i vari gradi di conoscenza; mentre il secondo, all’opposto, connota una atteggiamento arrogante di chi, forse sentendosi maturo, soffoca le aspirazioni che uno spirito giovane muove con tutto il brio e la freschezza di una forza dinamica e propositiva. È un fatto socialmente ormai acclarato che il dialogo intergenerazionale sia ad un punto morto. Non ci sono passaggi di consegne, aperture allo scambio. Si è spento nel generale clima di sfiducia e negatività. Sarà forse per questo modo sbagliato di pensare e per questo atteggiamento di adeguamento silente che forse oggi le idee sono imbavagliate in uno stato di stagnazione permanente? Forse hanno, con l’inconsapevole lucidità visionaria e premonitrice tipica degli artisti, pensato a qualcosa di programmatico Milo e Luca Bonfanti nello scegliere, per il ciclo di esposizioni che li attende, proprio questo titolo: il vecchio e il giovane. Cercano di proporre, nella visione delle loro opere, quell’autonoma ed individuale reciprocità, esperienziale e dialettica, di cui la nostra epoca pare invece essersi proprio dimenticata. Lavorando ciascuno nel suo studio e dialogando sui contenuti del progetto, i due artisti hanno davvero audacemente posto l’attenzione sul senso profondo dello scambio e del confronto di idee. Oggi quando la situazione attuale, come non mai prima, ce lo dovrebbe

imporre invece che sopirlo. Forse può l’arte, nell’esempio felicemente riuscito di Milo e Bonfanti, tornare ad essere uno stimolo che dimostri la possibilità di presentare differenti sensibilità, misure e soluzioni del mondo. Senza gerarchie, senza pregiudiziali, ma con un paritario spirito di comprensione. I due artisti – non si può non ribadire, sottolineandolo ed evidenziandolo, questo concetto – si sono cimentati in un’impresa davvero inusuale per il sistema dell’arte odierno, impegnandosi in un progetto che pone come base fondante la collaborazione e la condivisione. Presupposti questi che gli artisti odierni, di qualunque generazione, fatte le opportune e inevitabili eccezioni, sembrano trascurare e/o non comprendere, prigionieri del desiderio di affermazione e successo. L’arte oggi è troppo spesso identificata con un arrivismo egoista. È una vile e bieca speculazione mercantilistica di rampanti arrampicatori ed è vittima della superficiale ignoranza e incompetenza dei suoi stessi operatori a vario livello impegnati. L’arte si schiavizza continuamente, piegata sotto le parlantine deliranti di venditori e dealers, le proposte di artisti tracotanti e i testi boriosi di critici ruffiani e lenoni. Purtroppo un proliferare sconsolante di esempi in tal senso non ci manca. La voce dell’arte pare esiliata nella prigione dorata del castello di carte costruito dal suo stesso sistema. Ma dove finisce il rapporto con la poesia e il rispetto delle visioni nel contenuto sommerso della superficie dell’opera d’arte. Può essere l’opera d’arte solo un semplice oggetto cui si applica un’aura speciale – di forma più che di contenuto – vittima e schiavo di assurdi parametri e coefficienti demenziali? Tornando alla collaborazione e alla condivisione, immaginiamo come questi siano utili nell’avvicinare chi crede ancora fermamente in quella visionarietà unica e singolare, quiescente sotto la superficie dermica del manufatto artistico, senza distinzione tra pittura, scultura, fotografia, video… È questo senso del vedere oltre il valore cardine, l’anima silenziosa che vive all’interno di poetiche, ricerche e congetture e che ravviva studi e laboratori di molti artisti. Nel silenzio, negli spazi nascosti e meno visibili del circuito artistico rimangono ancora gli artisti veri, quelli che, con una lucida e disincantata visione del mondo, restituiscono all’arte la sua speranza migliore. Sono quelli che considerano ancora la poesia, il mistero dell’in-dicibile che il pensare artistico, senza troppi compromessi, contempla e si sforzano in un impegno che ridia una misura etica ed estetica all’incanto che l’arte stessa produce. Provano a trovare ancora quella misura incontenibile di emozioni e sentimenti che a stento si trattengono entro quel limen – cui acutamente e con lungi-

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miranza parla Ilaria Bignotti nel suo testo critico nel presente catalogo – che ciascuna opera descrive offrendolo allo spazio intimo o pubblico dello sguardo. Ci provano, quindi, nel loro piccolo Milo e Luca Bonfanti a ridestare il vivificante respiro dello sguardo cimentandosi nell’impresa di questa mostra migrante, in cui due mondi, apparentemente opposti per linguaggi e soluzioni formali, ma reciproci nell’unità di intenti, tentano ancora di affermarne l’emozione. Sì tutto avviene ancora lì sulla tela nell’aggrovigliato miscuglio di forme e colori, quando, sotto i fendenti del pennello, i due artisti cercano di fissare, dopo averla catturata e interiorizzata, la volontà di restituire il proprio sentire e di applicarlo, suscitando magari diverse razioni, all’altro che è l’osservatore. Il duo Milo-Bonfanti ha scelto una strada ancora più particolare perché le trenta opere, che ciascuno ha indipendentemente realizzato dall’altro, trovano un fattore di convergente complementarietà affiancandosi a trenta poesie dello scrittore Marcello Rossetti. I versi del poeta ispirano e animano il pensiero dei due pittori e li inducono a cercare o ad instaurare l’eventualità di specifiche corrispondenze. Dipinto e parola scritta diventano mezzo di un reciproco potenziamento mostrando un peculiare e avvincente intreccio e scambio tra arti visive e letteratura. La parola scritta, evocativa di per sé di un campionario libero di immagini, incrocia una sua interpretazione nelle forme-figure che Milo e Bonfanti traducono nelle tele, facendole emergere dal profondo del loro animo. La triangolazione tra poema e i dipinti dei due artisti induce ad una costante revisione, per chi osserva, dell’idea stessa di deduzione visiva che l’iconografiche inventa nel corpo immaginifico del testo scritto e della forma e sostanza dei colori delle superfici pittoriche. Il primato della mostra sta nell’accentuare quel segno-senso di apertura alle ipotesi sempre ulteriori che l’arte consegna al mondo. Nel considerevole sforzo compiuto, è criticamente significato verificare come gli animi di Milo e Bonfanti riescano tanto a trovare, in alcune liriche, forti punti di contatto, quanto, in altre, le spinte emotive siano divergenti. Il diverso grado di maturità, di consapevolezza, di desiderio del fare e dello scoprire maturano il modo di affrontare questo percorso ed è l’indice per sottolineare le singolarità fondanti del loro essere artisti. Milo ci ha abituati, nel corso della sua lunga carriera, ad una pittura plastica – non per nulla è anche scultore – fatta di accenti cromatici che si presentano vivi ed intensi. I suoi guizzi tonali, contrastanti e brillanti, rimandano ad una tradizione novecentista molto evidente, in cui le sembianze figurali della rappresentazione dialogano anche apertamente con segni dalle fattezze più astratte, fatte di sprazzi luminosi e formali, che aprono ad una trascendente re-visione dell’immagine cui si legano. Tutto viene potenziato ed esaltato da una surrealistica sottolineatura delle forme, grazie al ricorso di una vivacità fortemente incisiva. Vivacità che si radica ben oltre la superficie del dipinto e affonda il suo nervo nel profondo dello spirito e della storia, comune ad una certa tradizione mediterranea, alla quale l’immaginario dell’artista fa riferimento. I modelli figurali di Milo si animano di cromie vigorose e scattanti, enfatizzate dalla potenza sferzante del suo segno e del suo tratto. Un modo, il suo, di riconoscersi e di porsi non solo nei confronti dell’arte ma anche della vita. Una pittura che, come si conviene, molto ci dice dell’animo del suo esecutore. Per contro vediamo, in Luca Bonfanti, muoversi un colore che si smorza nei toni, diventa più chiuso, introspettivo: la sua scelta si orienta verso un’astrazione cromatica che tende a risolversi e a spingersi verso aree dalla monocromia estesa. Il colore si concentra su

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se stesso e sulla sua corporeità, in cui fanno comunque la comparsa isole dalle fattezze più geometrizzanti che assolvona alla funzione di organuli aggreganti di senso plastico, ricordo di un lavoro sulla materia condotto nelle precedenti opere scultoree (la scultura è un punto di contatto con Milo!). Il colore diviene l’unico rivelatore di sentimenti e passioni, vissuti e leggibili sulla tensione superficiale delle tonalità. Bonfanti si adopera nel ritrovare la complessità della materia con cui lavora mostrandola eterea ed atmosferica. Questa leggerezza e sospensione non si spengono, però, mai in una superficialità esecutiva, al contrario, danno sempre seguito ad un continuo ribollire emozionale. Il suo colore, concentrato, risolto e risoluto, si rinvigorisce delle sue minime variazioni, amplificando il gesto silenzioso che tocca la sua materia. Non si comparano, con loro, solo due espressioni artistiche ma pure due generazioni distinte, due storie lontane che, oggi quando più che mai se ne ha bisogno, si avvicinano attuando un auspicato dialogo generazionale, vissuto e sentito, partendo dalla poesia e offerto nei modi diversi della pittura. Questo certamente è uno degli aspetti di maggior pregio: saper allargare lo spazio del sentimento e della visione accogliendo anche lo spunto dell’altro. In controtendenza rispetto all’individualismo dilagante nel sistema dell’arte, triste specchio, per altro, della società attuale. Un fatto di principio che Milo e Bonfanti, il vecchio e il giovane, hanno ben recepito e che, con il letterato Marcello Rossetti, nelle pagine seguenti, con le loro opereintervento ci dimostrano e documentano. Nessuno dei tre fa nulla di sconcertantemente nuovo, niente di particolarmente innovativo, non fosse altro che tutti e tre riescono ancora a comprendere il valore del dialogo e della comunicazione a livello superiore, perché tutta calata nella dimensione interiore, intellettiva ed intima, che il ricorso solo all’arte riesce a sollecitare e infondere. Ricorrono, quindi, all’incanto del vivere passionalmente l’arte per imprimerle uno specifico, vero ed autentico, valore inter-agente e inter-relazionale. In questa sensibilità promossa dagli artisti, anche chi legge e guarda riesce a trovare uno spazio di autonomia nell’incontro. Recupera un ruolo da co-protagonista, con cui identificare, e magari ritrovare, il sé individuale. In questo senso, il progetto di questa mostra itinerante ha il merito del confronto: non solamente tra i linguaggi differenti degli artisti coinvolti, ma anche nella possibilità di proporlo e inventarlo in una notevole quantità di situazioni diverse. Sono proprio i contesti eterogenei della presentazione della mostra (da qui al 2014), anche lontani dalle consuete situazioni di gallerie o musei, a permettere alle opere di offrirsi ad un altrettanto vario pubblico. In questa diffusione allargata l’arte riesce a farsi foriera di messaggi ampiamente ravvisabili e condivisibili. Il vecchio e il giovane – e il poeta – aiutano a maturare una sensibilità che spesso si trascura portandoci a svelare lo sguardo oltre la visione circostanziata dell’attimo. Ci spingono avanti, oltre il confine del mistero del visibile. Non resta che augurare loro buona fortuna per il grand tour che li attende. Un lungo viaggio, di cui oggi sosteniamo ed incoraggiamo l’inizio, ma che, già fermamente sappiamo, andrà ben oltre la data finale della sua chiusura. Il loro sguardo, ne sono certo, continuerà a tradursi in altre nuove opere, insistendo sul moto di una ricerca che non si fa bastare le proprie conquiste e rimane pronta ad aprire sempre lo spazio magico e sconosciuto della significazione del sentire e del vedere. Andranno – e stanno andando – ben oltre, gli artisti, la limitata temporalità di questo considerevole progetto.


Lirica del confine: attorno alla pittura di Milo e Luca Bonfanti di Ilaria Bignotti

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agmatico e cangiante mescolio di colori, di paste più o meno dense, di colpi di pennello, di linee e di tracce che si agitano su una epidermide di tele diversamente rarefatte o compatte e sorrette da uno scheletro di assi-ossa di legno, tra giunture di chiodi e di collanti: è l’opera d’arte pittorica, risultato di un fare delle mani e delle braccia, di un percorso di occhi e di un incontro di sguardi che dall’artista s’avviano per rivolgersi al mondo, passando dal microcosmo del suo studio-atelier al macrocosmo del sistema dell’arte. Ogni volta, è una storia diversa. Ogni volta, è la stessa storia, nata dall’esigenza del dare alla luce una parte di sé che diventa altro; dell’esporre un io che si fa “tu”: dipingere è un atto d’amore, e un gesto di sfida. Per farlo, bisogna crederci. E credere nell’altro che accoglie. Tra egotismo e altruismo, l’artista vive in una costante precarietà, dove il vedere dà vita ad un fare che richiede un nuovo vedere, dove il sentire si traduce in dire e creare. Che sia Vecchio o Giovane; che lavori nel chiuso del proprio studio e del proprio io, o nella condivisione del gruppo rinunciando ad una parte della propria autorialità, o nell’impegno per la società e l’ambiente nei quali gli è dato – o ha fatto in modo – di trovarsi, e doversi esprimere, l’artista avverte la necessità di restituire all’esterno, di rimettere al mondo ciò che è diventato mondo interiorizzato: l’oggetto creato. Il segreto è lì, sul confine: dove è al massimo grado la tensione lirica tra luogo di origine e punto di approdo dell’opera d’arte. I lavori di Milo e di Luca Bonfanti visualizzano questo dissidio: contengono un intento narrativo che si afferma nel titolo, si discioglie nell’immagine, si disperde nel dialogo che l’una instaura con l’altra: narrazioni di un tempo e di uno spazio interiormente vissuti, diversamente le loro opere visualizzano paesaggi dell’anima, per riprendere un importante progetto espositivo curato da Matteo Galbiati e dedicato alla ricerca espressiva del Giovane, quasi un anno fa. Se il “paesaggio” allude ad un genere codificato della ricerca artistica, entrambi dimostrano di volerlo scardinare alle radici, rimettendone in gioco i presupposti e minandone le regole che lo caratterizzano, alla ricerca di nuove possibili forme espressive che sappiano tradurre quell’eterno e contraddittorio relazionarsi dell’uomo-artista con il mondo che lo circonda, con lo spazio e con la natura, con il cielo e con la terra, con il mutare dei tempi e con i capricci delle stagioni.

Una questione di confini e di orizzonti, di limiti e derive. Il mondo esterno, con le sue architetture e con i suoi paesaggi, diventa luogo multiforme dove l’anima, l’io dell’artista, che a partire dalla fine del XIX secolo inizia a dichiararsi con tutta la sua prorompente necessità, può esprimersi, riconoscersi, esaltarsi o atterrirsi, arrivando a trasformarlo nelle sue forme, a distorcerlo e trasmutarlo sotto le sferzate e i languori dei suoi sensi. Con le dovute distanze e distinzioni, che sono certamente – anche – il risultato di due diverse storie e di due differenti percorsi dove i riferimenti e i maestri mutano, in entrambi gli artisti è presente la necessità di tornare a guardare il proprio mondo interiore attraverso il filtro dell’esterno, restituendo così all’indagine pittorica il compito di far affiorare emozioni e sensazioni, ricominciando a scavare nel proprio paesaggio spirituale, alla ricerca di nuove mappe, di altre geografie capaci di sconfinare in un altrove pittorico contemplativo ed evocativo. Se è dato trovare un elemento di raccordo tra le opere di Milo, questo è visualizzabile nella idea-forma della cornice, con la quale l’artista confina e mette in luce il proprio linguaggio pittorico. Osserviamo i lavori esposti: un perimetro di colore principia e incastona l’immagine, inquadra il quadro, introduce lo sguardo in un mondo dove il dato reale dal quale, salvo in rari casi, l’artista sembra partire per dipartirsene, si smaterializza e frammenta in schegge di cangianti cromie, chiamate a scardinare l’unitarietà dell’immagine. In molti casi, questi frammenti paiono dipartirsi da un punto preciso dell’opera, in una determinata direzione, per inondare l’intero campo pittorico. Così, Matera diventa magma roccioso illuminato da una pioggia di segni cerulei e bluastri di diversa intensità. La cornice è preludio del paesaggio interiorizzato: nell’opera che ha per soggetto il Duomo di Milano, l’acuirsi verticalizzante delle architetture sacre porta l’artista a chiudere l’immagine, ancora evocativa del monumento che dà il titolo all’opera, in un campo superiore, mentre nella parte inferiore dell’opera è tracciato un confine cromatico al di sotto del quale s’agitano i tessuti emotivi della pittura, visualizzati in un intrico di frammenti cromatici. Se dunque il dato di partenza è una suggestione di paesaggio, questo resta, appunto, una suggestione: una prima traccia sulla quale l’artista intesse il proprio interiore sentire, in un rutilante e vitale turbinio di forme astratte destinate a sfaldare la compatta figura di partenza. È anche il caso delle opere che accolgono corpi o brani di corpi,

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ora nudi, scolpiti nella pittura come masse di plastica energia, ora intrecciati in volute vegetali, ora ridotti a occhi, mani, braccia incastonati nelle trame che l’artista frammenta in una danza dello spirito. Solo in alcuni casi Milo libera il proprio orizzonte visuale dalle immagini del mondo: è allora una musicalità di forme e di colori affidati allo sguardo dell’altro, alla ricerca di una superiore comunione emotiva, oltre i confini delle singole individualità. Se la cornice è lirica soglia, limen, invito ad un incontro sub-lime tra artista e riguardante, tra anima e natura, tra sensi e segni, Luca Bonfanti non si dà limiti: li rinnega per formazione e li rifiuta per necessità, fin dalla scelta di sperimentare tutti i possibili media dell’arte, non tanto in vista dell’elezione di un linguaggio a sé più congeniale, quanto alla ricerca di una forma di sopravvivenza davanti al proprio mondo interiore che è, al contempo, umano e artistico. Ogni luogo, ogni percorso, ogni angolo della vita si traduce in scatto creativo e poetico. Dipingere è debordare, andare fuori dai confini, delirare; come vuole l’etimologia del verbo, l’artista de-lira, esce dai solchi tracciati dall’aratro della ragione, rinuncia a domare la terra riottosa, il mondo che lo circonda, lasciandosene travolgere, alla ricerca di derive dello sguardo e del senso. E se l’aratro che de-lira non apre la terra e non la prepara a ricevere i semi, lasciandola incolta e selvaggia, la pittura che delira non dà alcuna soluzione pratica all’inquietudine del vivere, ma sollecita la presa di coscienza di chi la sa osservare e sentire, incitando il riguardante, almeno, a vivere fino in fondo la propria inquietudine. Anche laddove il segno pare restare ancorato ad un certo rimando con il reale, come è nel caso delle opere Arco o Dolomiti, la pittura li sconfina sempre in un altrove spirituale dove i soggetti rappresentati diventano simboli d’elezione. In altri casi, è la relazione d’amore, il legame e il confronto con l’altro a muovere l’intento pittorico di Luca: Amore è un incontro di forme che nella loro fu-

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sione impossibile si sfaldano in un fluido abbraccio; Il Vecchio e il Giovane è il poetico apparire di due segni lievi in una sintonia pittorica che li accoglie e distingue. Per questo il Giovane rifiuta anche la possibilità di una cornicegriglia: la sua pittura si dilava e distende oltre i confini del supporto, sembrando sempre sul punto di colarci addosso, di assorbire il nostro sguardo, di invadere il muro sul quale a noi si espone e dà. Qua e là, come apparizioni liriche e sommesse, perché violentemente vissute, emergono tracce e segni di presenze di luoghi e di corpi che solo in ultima analisi ci rimandano al mondo quotidiano, al paesaggio che ci circonda, alla realtà in cui siamo. Luca non chiede parole che squadrino da ogni lato, e neppure da un lato soltanto, l’animo nostro informe ed in costante subbuglio: la sua è pittura che grida, sono cromie che si scontrano, materie rarefatte o raggrumate che si ostinano, esauste, a rinnegare le false e assonnate regole del vivere, l’ordine stanco di cose e accadimenti impilati negli scabri armadi dei giorni, alla ricerca altresì di una costante remise en question del vivere ovvero del dipingere. La Venezia di Milo non è la Venezia di Luca: nel primo una pioggia di schegge azzurre inonda una distesa multiforme di ombrelli colorati: la figurazione persiste, frammentata dall’incontro con l’energia pittorica dell’artista – Venezia si anima in un vorticoso tramestio di colori e di forme. La Venezia di Luca è densa falda acquorea, dove silente si adagia e spunta una carena appesantita, mentre il cielo che diventa mare si lascia appena pungere dal volo di un gabbiano disperso in un velluto verde-acqua che si stempera e addensa, debordando sulla tela. Nessuna traccia di continuità, tra le due Venezie, se non il loro specchiarsi nell’io dell’artista, in una costante tensione che oltrepassa gli argini della pittura per gettarsi, sconfinando, nelle acque sommosse dell’anima di chi le osserva.


Enrico Englaro U

n lungo e affascinante viaggio per raccontare, attraverso cinquanta opere pittoriche, i tesori e le bellezze dell’Italia. Protagonisti dell’imponente percorso espositivo, a tappe nelle principali città della penisola e fino al 2014, gli artisti Milo Lombardo e Luca Bonfanti, autodefinitisi per l’occasione “Il vecchio e il giovane”. L’iniziativa, un originale confronto stilistico che prescinde dal dato anagrafico degli autori, scaturisce dalle suggestioni poetiche realizzate dall’eclettico Marcello Rossetti. Visitando la penisola, dalle Dolomiti alla Sicilia, Rossetti ci racconta in termini asciutti e con aforismi illuminanti i luoghi dove l’immaginario del turista si è spesso soffermato. In maniera nuova, disincantata a volte, spesso ironica, il nostro poeta racconta e approfondisce delle “cartoline” italiane dove i protagonisti siamo tutti noi. Chi non si è mai fatto fotografare sotto il ponte dei sospiri a Venezia? Perché rinunciare a sorreggere la torre pendente di Pisa? Dando voce e andando oltre a questi stereotipi, un po’ consunti, Rossetti ci racconta le meraviglie d’Italia, siano esse le opere dei Michelangelo e dei Leonardo piuttosto che le straordinarie città del medioevo toscano. Questo lavoro di scrittura segna l’inizio, l’ispirazione, il punto di partenza delle opere realizzate da Milo (il vecchio) e Bonfanti (il giovane). Gli autori danno così una loro originale interpretazione pittorica dei paesaggi delineati dal poeta. In un gioco delle parti dove l’età anagrafica è solo un espediente, che può anche invertirsi, i nostri pittori interpretano, rielaborano, disegnano paesaggi e atmosfere. Contribuiscono a dipingere una mappa dei luoghi più belli d’Italia ad uso e consumo del turista giapponese (non così sprovveduto come si vorrebbe) e delle italiche popolazioni (in troppi casi non curanti del patrimonio storico-artistico-paesaggistico casalingo). Qualche anno addietro, a Tokyo per promuovere un’esposizione sul design e le tecnologie della provincia milanese, mi resi conto di come e quanto i cittadini dell’impero del Sol Levante amassero l’Italia e i suoi autori. Le mostre sulla “Primavera” del Botticelli e sulla “Lambretta” ottenevano, in termini di visitatori e consenso, riscontri da capogiro. Ciò nondimeno, negli ultimi anni, anche il nostro paese stà vivendo un movimento di riscoperta dei borghi e delle contrade più significative (e anche anonime), magari passando da trattorie e agriturismi. È l’Italia slow, dove stiamo riscoprendo i sapori e i cibi di una volta... così tra uno stringozzo al tartufo nero e un canederlo possiamo anche ammirare una pieve del XIII secolo o un monastero del ‘500. Anche questa è cultura! Tornando al nostro viaggio, abbandonata ogni divagazione, possiamo dire che “Il vecchio e il giovane” è un tour espositivo nuovo, che abbraccia una formula decisamente particolare. Ma chi sono gli autori e cosa creano? Milo, classe 1941, pugliese di Barletta trapiantato nella fredda Milano, è un astrattista cromatico che ha fatto del Mediterraneo il luogo per una riflessione non banale sul colore. Artista completo, scultore, pittore, autore di bassorilievi con la tecnica dello stiacciato, vanta oltre 150 personali in Italia e all’estero. Sono stato io, qualche anno addietro e me ne assumo la responsabilità, a definire il suo lavoro “cromatismo mediterraneo”. Sempre io ho sostenuto l’idea che il maestro Milo debba avventurarsi sulla strada di un

astrattismo ancora più spinto, dove la figura e il paesaggio vadano lentamente a scomparire dietro a pennellate non geometriche e colorate. Sono queste il vero segno distintivo di un artista che ha dato tanto e ancora molto può dare... insomma il vecchio è ancora giovane. Luca Bonfanti, il giovane, è nato nel 1973 a Desio in Brianza, ma ambisce ad orizzonti più ampi e si stà imponendo con un linguaggio tutto suo. Con un’esperienza plurima che spazia dalla fotografia alla scultura (di mestiere fà il grafico pubblicitario), Bonfanti dipinge in maniera davvero impeccabile. Astrattista delicato, scarno, essenziale, non è istintivo e nemmeno cerebrale, è semplicemente unico nel rappresentare quei suoi paesaggi dell’anima. Nei suoi quadri, dai colori privi di toni accesi, emergono indefiniti e anonimi paesaggi, luoghi spaziali ancorati ad un senso di infinito che non è umano. Profondissima quiete di universi che non si conoscono, alieni ma non alienati, questi non-luoghi ci offrono la possibilità di esplorare ed esplorarci. Da questa ottima partenza, che strizza l’occhio alla metafisica e alla geometria dei segni, Bonfanti accetta l’inedita sfida di Rossetti e rappresenta il suo Duomo e la sua San Gimignano. Un triplo salto mortale? Non direi, il risultato è spiazzante e incoraggiante. Se pensiamo a questa triplice espressione artistica in termini di comunicazione di contenuti e valori, se guardiamo la mostra con gli occhi curiosi del turista, se leggiamo gli aforismi di Rossetti con l’attenzione del narratore attento al costume e al sociale, se ci immergiamo nei colori e nelle forme, sempre antitetiche, di Milo e Bonfanti... allora “Il vecchio e il giovane” risulterà un evento d’impatto. Molteplici letture per visitare i tesori della nostra stupenda (e talvolta sconosciuta) Italia. Due pittori e un poeta, a spasso per lo stivale, compiono una sfida a singolar tenzone “Chi realizza il ritratto italiano più veritiero e profondo?”. Ci sono riusciti tutti e tre, al punto che la mostra potrebbe anche chiamarsi “Il vecchio, il giovane e il poeta”.

Carla Zucchi I

l tempo per il vecchio e il giovane non esiste. La versalità e la creatività che emanano a livello energetico, sprigiona armonia, bellezza e una fantastica corrente di vibrazioni nell’anima. Recepisco nella mia sensibilità, quella dolcezza naturale che il divino a saputo regalare all’artista un mondo fuori dal venale, fantasioso e ricco di follia sana che serve per essere sempre in continua trsformazione dando un contributo reale alla nostra società, chiaro e particolarmente positivo. Sono contenta di aver intrapreso la strada insieme al vecchio e al giovane, perchè mi ci ritrovo nel mio intimo e un grazie per esserci allegerendomi in quelle che sono le giornate quotidiane, dandomi generosamente il ricordo sottile della mia vita da artista nel passato, facendomi affiorare le gioie compresse nel mio correre affannoso.

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opere

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acrilico su tela – 60x75 cm

Il vecchio e il giovane

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MILO

Rivoli di pioggia cercano il torrente acqua che è già stata fiume, mare, oceano, imperterrita, instancabile, ripercorre, da sempre, la sua strada per consentire all’uomo di vincere la sfida e continuare verso il futuro.


acrilico su tela – 100x120 cm

luca bonfanti

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acrilico su tela – 75x60 cm

Leonardo da Vinci

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MILO

Il più grande dei capolavori, non può nascere solo dalle eccelse qualità creative e geniali di un’artista; affinché diventi immenso, c’è bisogno di qualcosa in più: una singolare casualità, un errore, un difetto, unico


acrilico su tela – 100x120 cm

ed eccezionale. Il rammarico, è che Leonardo da Vinci, assoluto capolavoro della natura, abbia vissuto solo 67 anni di vita per lasciarci la monumentale opera del suo eclettico, poliedrico e volubile talento. Può sembrare un dettaglio, ma lui era Italiano.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 75x60 cm

L’Amore

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MILO

Nel suo inferno, Dante, lo descrive tra Paolo e Francesca, trucidati nel castello di Gradara; sui bastioni di Sant’Angelo, Puccini, lo ha musicato, con il suicidio di Tosca per la morte di Mario; Shakespeare lo ha esaltato tra le mura di Verona


acrilico su tela – 120x100 cm

con Giulietta e Romeo; se almeno una volta, risvegliandoti, per un attimo confuso, hai avuto paura e angoscia che il tuo sentimento svanisse, perchĂŠ frutto di un sogno: allora hai provato lo stesso Amore.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 120x100 cm

L’Arco della Vittoria

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MILO

Cicatrice sulla pelle, di una libertà, violata e costretta Vittoria di statue e mura, posta ed imposta da un uomo poi sconfitto da un’altra vittoria; come maschera sorridente del clown che copre il volto di un uomo afflitto.


acrilico su tela – 80x60 cm

luca bonfanti

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acrilico su tela – 80x60 cm

Il Caravaggio

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MILO

La fotografia ha superato la perfezione dell’arte del Caravaggio, vanificando così, la sua geniale abilità. Così come la tecnologia, in genere, ci consente di andare oltre i nostri limiti.


acrilico su tela – 107x144 cm

Il rischio, è che l’umanità smarrisca se stessa e alla fine, sia la clava a comandare il braccio dell’uomo.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 80x60 cm

Le Dolomiti

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MILO

Dee, lasciate nude dal mare che le ha spogliate ritirando le sue acque; il tramonto incendia le guglie dorate e, la luce, ogni ora cambiando, ne muta i colori, come un quadro in divenire di un pittore indeciso, penso: sono resti organici


acrilico su tela – 60x70 cm

della natura, mentre le immagini del telegiornale scorrono a mostrare le strade di Napoli, invase dalla multicolore e maleodorante spazzatura dell’uomo.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 100x80 cm

Il Duomo di Milano

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MILO

Potere, SovranitĂ , Religione, Mitologia. 4.000 statue, tutte su una nave, a vela, dallo stile gotico, dominate da una Madonnina in stagno dorato, posta sul pinnacolo piĂš alto e alla fonda nel cuore della pianura padana; mute,


acrilico su tela – 60x70 cm

raccontano da 625 anni, la storia dell’uomo, della sua illusa onnipotenza, delle sue virtù e dei suoi vizi, della sua genialità, generosità, crudeltà e incoerenza, del suo bisogno di: conoscenza, libertà, giustizia e verità, così attuali, ancora oggi uguali e senza risposte.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 80x60 cm

La Pietà di Michelangelo

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MILO

Non può che averla vissuta, questa devastante sofferenza, per consentire al suo genio di estrarla dal marmo con un semplice scalpello. Ci esalta la potenzialità dell’uomo; ci emoziona l’opera d’arte; ci angoscia la possibilità


acrilico su tela – 80x60 cm

di subirla; ci commuove l’idea di essere in grado di provarla.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 60x75 cm

Il lago di Como

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MILO

Bello, giovane, affascinante e libertino, è il lago di Como; i suoi torrenti, dalle acque ribollenti, gaie, fresche e pure, cercano invano, come avventure sempre nuove, di conquistarlo, possederlo, colmarlo; Lui le attira,


acrilico su tela – 100x120 cm

le ama, le doma e poi le lascia, ormai svuotate dal loro esuberante sentimento all’Adda che, da sempre, con calma saggezza, le accompagna mestamente al mare.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 70x50 cm

Il Colosseo

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MILO

Un rumore assordante, che non esiste, perchĂŠ non ci sono orecchie per percepirlo; una carcassa di una macchina, schiantata da un urto tragico e drammatico che, ora li, nel deposito, inerte e deforme, ci lascia solo immaginare


acrilico su tela – 80x60 cm

l’attimo, la dinamica e le conseguenze funeste; un vecchio, che cammina curvo, con l’aiuto del suo bastone; il Colosseo: resti, ceneri e storia, di un teatro e di una cultura che è stata per secoli, padrona del mondo.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 80x60 cm

Il Satiro di Mazara del Vallo 30

MILO

Il mare di Sicilia ce lo ha reso con il pescato; ricomposte, le membra di bronzo, quasi per intero; ci mostra, magnificamente, il gesto di un essere che, rotando, vertiginosamente, su se stesso e con l’apporto di alcol


acrilico su tela – 80x60 cm

e droga, smarrisce, coscienza e consapevolezza. Il Satiro: fantastica creatura, illude l’uomo di poter sfuggire dal confronto e dalla lotta che impone la vita. Forse era sabato sera, quella lontana notte dei tempi, quando la nave si è schiantata e, lo ha spezzato in più parti.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 100x120 cm

La Valle dei Templi

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MILO

Luogo, teatro di una natura che ha visto: uomini venerare dei umanizzati, in un rapporto di: devozione, tradimenti, vendette, odii, passioni e amori incestuosi tra umano e divino; nasce cosÏ la mitologia, la filosofia, l’armonia


acrilico su tela – 60x50 cm

e la bellezza. L’atmosfera che aleggia, è intatta e il tempo, sembra si sia fermato. L’Olimpo con la sua corte ed i suoi sudditi, si sono allontanati da poco, e, non stupirebbe nessuno trovare all’ingresso un cartello con la scritta in greco: ”torno subito”.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 75x60 cm

Firenze

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MILO

È Firenze che ha fatto il Rinascimento o è il Rinascimento che a fatto Firenze? Di fronte a tanta espressa genialità, verrebbe la pena di tentare di costruire le condizioni che hanno dato vita al miracolo artistico, ma forse quello


acrilico su tela – 60x50 cm

è un tempo superato che non può più ripetersi e tornare, così come è irrecuperabile l’età e la bellezza della gioventù perduta.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 60x80 cm

Conclusione

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MILO

L’uomo, con il suo occhio, ha inventato i colori della natura, senza che essa ne avesse veramente bisogno; l’uomo con le sue orecchie, ha percepito le onde del vento, trasformandole in suono, senza che questi ne abbia mai


acrilico su tela – 60x80 cm

avuto necessità; l’uomo, si nutre ed esalta il suo gusto, mangiando altra vita; l’uomo nel fare arte, deforma la materia prima; dovrei smettere di scrivere ma non lo faccio perché sono un uomo.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 100x120 cm

I Sassi di Matera

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MILO

Un amplesso tra atomi di vita e materia, da sempre uomini e sassi, in questo luogo, esistono in osmosi, scambiandosi reciprocamente, la loro precarietà, la fragilità, la sofferenza. Qual è il senso? Eppure, gli occhi sanno vedere armonia


acrilico su tela – 70x60 cm

e bellezza e, la sera, quando le luci punteggiano e rischiarano gli anfratti e nel cielo le stelle fanno brillare le tenebre, tutto si fonde e dal profondo dell’uomo si compie il miracolo; nasce l’emozione.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 120x100 cm

Consapevolezza

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MILO

Basta un semplice gesto ai vivi per dar vita a nuova vita; poi ci pensa il sommo artista a compiere il miracolo. La consapevolezza, è la qualità unica di un’opera d’arte ma è l’uomo che cerca di comprendere l’artista che


acrilico su tela – 80x60 cm

l’ha concepita e creata; il frutto della genialità dei grandi uomini della scienza e dell’arte è l’esempio più alto di come un’opera d’arte, intuendo il suo artista diventi a sua volta artista realizzando egli stesso l’opera d’arte.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 70x60 cm

La Cappella Sistina

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MILO

Voluta dal Papa per celebrare la grandiosità della chiesa Cattolica, portatrice di verità; ci offre, spettacolari immagini, create dai grandi artisti del Rinascimento, la volta poi, è opera del genio di Michelangelo, che con maestria nelle forme, con il colore e magiche prospettive ci rappresenta


acrilico su tela – 80x60 cm

il Sommo che dà origine all’universo, scioglie la luce dalle tenebre, divide l’acqua dalla terra; poi, con un semplice gesto della mano, la Perfezione Divina dona la vita all’uomo; quindi, non a un figlio. Non può esserci errore, ma, il progetto e lo scopo ci lasciano ancora oggi nel buio e senza possibilità di comprendere.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 100x120 cm

Venezia

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MILO

Città che galleggia nel mare, si specchia narcisa nell’acqua e ci rimanda, con vibranti immagini, le sue forme, la sua storia, la sua fama, è un magico frutto dell’uomo che l’ha pensata e creata, con la sua genialità, sfidando le leggi


acrilico su tela – 100x120 cm

di natura; su una gondola che scivola leggera nel canale, squilla un telefono cellulare, è il risveglio da un sogno che rimane tale.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 80x60 cm

Pinocchio

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MILO

La verità non è una regola accessibile all’uomo; spesso viene dallo stesso: usata e manipolata, sino alla prevaricazione; imposta, sino alla violenza più brutale; subita e vissuta, sino al martirio.


acrilico su tela – 60x70 cm

C’è più saggezza, verità e insegnamento in una fiaba, che in tutte le religioni dell’uomo.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 80x100 cm

Pompei ed Ercolano

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MILO

Stava scrivendo su un papiro Plinio il Vecchio, quando la lava lo sorprese. Quell’inquieto figlio della Terra, così irascibile e violento, quel giorno, ha giocato a fare l’uomo, usando la sua devastante forza per sottrarre, forma e vita a tutto ciò che lo circondava; con la sua materia fusa dal colore,


acrilico su tela – 100x120 cm

sinistro e cangiante, ha rappreso ogni cosa pietrificandola; poi, passato il furore, sazio ed annoiato, si è ritirato, lasciando dietro sè solo un deserto nero come la pece. Penso: è forza bruta, priva d’intelligenza, mentre la radio annuncia che se si vuole salvare il mediterraneo, è indispensabile sospendere ogni forma di pesca per almeno venti anni.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 120x100 cm

I Bronzi di Riace

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MILO

Tanta bellezza di forme e fattura, hanno potuto salvarsi dal naufragio, grazie alla loro natura bronzea, come non capita su altre carrette del mare; l’armonia, il vigore, la giovinezza, l’atteggiamento audace, sfrenato e fiero,


acrilico su tela – 60x80 cm

rappresentano il corpo di una vita che finalmente, non teme il tempo nè la morte. Per fortuna sono comunitari, altrimenti, senza documenti, la burocrazia, li avrebbe potuti espellere dall’Italia.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 80x60 cm

La Torre Grossa di san Gimignano 52

MILO

È costretta a restare isolata dal resto del mondo e sperare che le altre, ormai poche, rimaste intorno a lei non cedano al tempo, per continuare così a garantirsi nel confronto la sua supremazia. Dall’altra parte dell’oceano, le torri


acrilico su tela – 60x50 cm

di Manhattan, dalle loro vertiginose altezze, ridicolizzano la sua presunzione, ma, il vento che è antico e saggio come il tempo, le sfiora con indulgenza, ben sapendo quanto è alto il cielo.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 60x80 cm

La Scala di Milano

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MILO

Un salotto elegante e romantico dallo stile neoclassico e dai colori avorio, damasco rosso ed oro, fatto ad arte in suo onore, come un sontuoso vestito, per esaltare la sua soave bellezza; qui la “Divina�, si concede attraverso


acrilico su tela – 60x80 cm

i suoi adepti affinchÊ l’uomo, dal destino tanto ingrato, possa trovare emozione e trasporto sino alla gioia che da soli possono dare un senso alla sua breve esistenza.

luca bonfanti

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acrilico su tela – 75x60 cm

La torre di Pisa

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MILO

Straordinaria, stupenda, unica, perché imperfetta; così simile alla condizione umana, lotta, da sempre, contro la gravità che la minaccia, in un equilibrio instabile che la costringe alla vertigine e all’angoscia a causa della sua precarietà.


acrilico su tela – 70x60 cm

luca bonfanti

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acrilico su tela – 75x60 cm

I trulli di Alberobello

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MILO

Capanne coniche di pietra, dalle mura ricoperte di calce bianca; riflettono e diffondono la luce del sole, creando un riverbero abbagliante, che avvolge l’intero villaggio; è il sortilegio di una fiaba, che, distratta, lo ha dimenticato


acrilico su tela – 60x70 cm

su questo altopiano della Murgia quando se ne è andata, perché, non riusciva a realizzare il suo perfetto epilogo qua sulla terra.

luca bonfanti

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milo www.artemilo.it

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luca bonfanti

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foto: Silvia Arienti

www.lucabonfanti.com


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IL VECCHIO E IL GIOVANE MILO-LUCA BONFANTI A cura di Valerio Lombardo Testo critico di Matteo Galbiati - Ilaria Bignotti Organizzazione - Progetto e Allestimento Bimage communication - Show-Room d’Arte Milo Ufficio stampa/Comunicazione Bimage communication - Show-Room d’Arte Milo Progetto Grafico Giovanni Pallotta - Bimage communication Finito di stampare nel mese di settembre 2012 Seconda ristampa © 2012 - Tutti i diritti riservati

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