Mag Magazine dicembre

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Via XXVII Luglio, 44 - Messina


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rinascere

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è meglio che nascere

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ascere è il regalo più grande. Nascere è una lotteria nella quale vengono estratti sempre numeri vincenti. Ogni nascita è il risultato di una serie di eventi favorevoli che affonda le origini nella storia dell’umanità. Se ci pensate un momento, vi renderete conto che sarebbe bastato un nonnulla e non avremmo mai visto la luce. Ma è possibile gloriarsi di questa fortuna? Quale merito ci attribuisce la nascita? Nessuno, a mio avviso. Semmai ci attribuisce un dovere, vivere con dignità la nostra vita, meritandoci la buona sorte. Non accade spesso, tutt’altro. Si fugge dalla vita piuttosto che viverla con pienezza. Spesso troviamo inaccettabile ciò che accade o non riusciamo a dargli un senso. Fuggiamo dalla realtà, inconsapevolmente: ignoriamo le persone che ci stanno accanto, nutriamo paure incomprensibili, manifestiamo opinioni senza senso e ci comportiamo maldestramente senza chiederci almeno una volta per quale ragione. Per quale ragione? Non è una rinuncia, è peggio che una rinuncia, perché non abbiamo coscienza del perché e del percome le cose stanno come stanno. I pregiudizi, la cecità, l’ignoranza proteggono la nostra fuga. Temiamo di scoprire una verità che non ci piace. Così ci lasciamo vivere, smarrendo noi stessi. Tutte le volte che ciò accade, ed accade ad ogni uomo almeno una volta nel corso della sua esistenza, veniamo messi alla prova: ci viene richiesto di rinascere. Per riuscirci non è un miracolo che dobbiamo invocare, basterà riprenderci la vita che ci siamo fatti sfuggire, basterà aprire gli occhi, ascoltare, scoprire il mondo che ci siamo rifiutati di abitare. La rinascita è un miracolo che si compie dentro di noi, non solo nella casa di Dio. Natale non è soltanto la festa della cristianità, è la festa dell’uomo, qualunque sia la sua religione, le sue credenze, la sua lingua, etnia, costumi, tradizioni. Gesù può non essere accettato come figlio di Dio, ma resta il più illuminato, il più generoso degli uomini: ci ha insegnato a vivere con dignità e a rispettare noi stessi, rispettando gli altri. Ci ha insegnato a rinascere. Il miracolo di Gesù è questo: avere dato a noi la speranza di rinascere tutte le volte che lo vogliamo veramente. Ci ha mostrato che rinascere è sì, un miracolo, che bisogna meritare, ma che può essere compiuto dal più umile degli uomini. Salvatore Parlagreco

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Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

direttore responsabile: hanno scritto per Mag: Salvatore Parlagreco Silvia Andretti Alessandro Bisconti Registrazione Enzo Bonsangue al Tribunale Stefania Brusca di Messina Chiara Celona n° 8 del 12/6/08 Giuseppe Di Bella Elena Di Dio editore: Pasquale Fameli Magazine srl Alessio Ferlazzo via Industriale, 96 Gigi Giacobbe 98123 Messina Giulio Giallombardo Anno 3 Numero 12 Domenico Giardina dicembre 2010/ Dario La Rosa gennaio 2011 Patrizia Mercadante info@magmagazine.it Salvatore Parlagreco magmagazine.it Fabio Porcino Roberto Rizzuto Paolo Turiaco Gaspare Urso

ringraziamenti: Maria Andaloro Salvatore Leonardi Sud Dimensione Servizi Vucciria.net Ranieri Wanderlingh progetto grafico e impaginazione: Francesca Fulci Gianluca Scalone

stampa: Officine Grafiche Riunite S.p.A Cosentino & Pezzino via Prospero Favier, 10 zona industriale Brancaccio 90124 Palermo tel. 091 6213764/84 email: info@officinegrafiche.it

distribuzione gratuita: 15.000 copie Fly Service Messina pubblicità e marketing: via Garibaldi, 375 magcom@magcom.it tel. +39 347 6636947 foto: Daniele Ciraolo


Variante anomala a cura della Vucciria.net

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076 Editoriale

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Anniversari

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Il viaggiatore inglese e la Sicilia 150 anni fa

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Giovane, laureata e del sud, identikit della donna molestata

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Briganti e patrioti

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Nessuna parla più al telefono e-mail e sms preferiti al telefono

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La bulimia il nuovo sballo dei giovani

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Ebay: come vendere aria fritta (e lacrime di coccodrillo)

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Questione meridionale

Eventi

Il marciapiede e la città

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Costume Sesso siciliano spesso e con passione

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Il tatuaggio è per sempre

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Società I pirati: ora sono sulle strade

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Costume Gay e pallonari

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Donne al top nello sport ma la tv le relega in cucina

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Ieri&oggi

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Aperitivo lungo e risto bar

Garibaldi e la medaglia del disonore

Il Papa a Palermo

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Società

Tecnologia Internet fa regredire la mente All’asilo con il GPS Se il GPS diventa un nemico

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Cultura Erice si trova a Martina Franca

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L’eterno conflitto tra scienza e fede. Mondi inconciliabili?

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Arte Joan Mirò e i miti del Mediterraneo

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036 Per Teatri Brachetti & Friends a Taormina Arte 2010

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Benessere I portafortuna I rimedi “verdi” contro i malanni di stagione

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Salute

Economia La girandola dei dati. Un maledetto imbroglio

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Speciale Braille

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La stamperia Braille di Catania

Tradizioni Santa Lucia

Stare in salute è possibile anche in Sicilia

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Animali

A Natale tutto è permesso, ma...

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Cani e gatti donano il sangue

La dieta mediterranea

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Sarajevo Milazzo, Sarajevo, Milazzo

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Sport Il grande golf nell’Isola

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Ma è sempre colpa dell’arbitro?

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Speciale Natale Un Natale nel segno degli angeli

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Milazzo Tour Milazzo è bella

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Moda Moda e tecnologia contaminazioni

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Libri

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Dischi Cinema X-Mag

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Marinaro e il corto di successo

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Mag Map

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In a Box

Essere originale è un pregio: volerlo essere è un difetto (A. Chauvilliers)

New entry, “gollonzi” e “pinocchietti” Apericena, archistar, arcisicuro, barbatrucco, cinecocomero, crunch, emo, enoturismo, gollonzo, impanicarsi, inguattare, pinocchietto, shonen: ono queste alcune tra le oltre 1.500 nuove parole che aggiornano l’edizione 2011 del Vocabolario della Lingua Italiana Zingarelli, la storica opera di consultazione pubbicata dall’editore Zanichelli, che conta in tutto 143mila voci e 377mila significati.Vanno invece da abulico a zuppo, passando per nefasto e intrepido, le 2.900 ‘’Parole da Salvare’’ dell’italiano della memoria secondo l’Osservatorio di Zanichelli sulla lingua italiana segnalate nello Zingarelli 2011. ‘’Resta di stucco, è un barbatrucco’’: fa il suo ingresso ufficiale nel dizionario anche una celebre formula-tormentone dei Barbapapa’, popolari personaggi dei cartoni animati lanciati nella seconda meta’ degli anni Settanta. Ma è solo uno dei tanti esempi di come il costume, la cronaca, la societa’, la cultura hanno trasformato il linguaggio corrente, tanto da coniare neologismi degni da apparire nel vocabolario. Cosi’ lo Zingarelli 2011 registra il ‘’gollonzo’’, nato dallo slang nelle trasmissioni della Gialappa’s ma che e’ stato adottato nel giornalismo sportivo per indicare il goal ridicolo, fortunoso. Anche la moda ‘’Emo’’ (come la musica) ora è nel vocabolario, con il significato di ‘’appartenente ai gruppi giovanili che vestono di nero’’.

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Genova la più “rosa”, in coda il Sud

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i sono più donne nel parlamento afghano che nei consigli e nelle giunte dei comuni italiani: da noi la percentuale è ben al di sotto al 20%, da loro è prevista per legge una presenza del 25% di donne in Parlamento. È quanto emerge nell’annuale rilevazione dell’Osservatorio donne nella pubblica amministrazione, promosso da futuro@lfemminile (iniziativa di responsabilità sociale di Microsoft in collaborazione con Acer) e da Forum P.A.. All’osservatorio aderisce Inail come partner istituzionale. Nei consigli comunali si registra una presenza media dell’11,8%, nelle giunte comunali del 17,8%. E non va meglio nella dirigenza amministrativa apicale con un 20,4%. La situazione è migliore, ma solo di poco, nelle province e nelle regioni. “Con l’ultima tornata elettorale - rileva il presidente di Forum PA - la situazione non è migliorata, anzi, per certi versi, è peggiorata. Ma noi non ci scoraggiamo”. Per questo l’Osservatorio ha appena lanciato un call aperto a tutte le Pubbliche Amministrazioni finalizzato a raccogliere, valorizzare e divulgare azioni concrete per favorire lo sviluppo professionale delle donne sostenendo la conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita. Ecco una classifica costruita sulla base di percentuali ponderate delle donne nei consigli, nelle giunte e nella dirigenza di prima e seconda fascia, tenendo nella dovuta considerazione la presenza di figure di vertice. Il comune più ‘rosa’ è Genova, segue Vercelli,Villacidro (capoluogo della provincia del Medio Campidano), Padova e Rimini. Treviso è la maglia nera, preceduta da Potenza, Viterbo e Olbia: queste quattro città non hanno neanche un assessore né un dirigente apicale donna. Nella classifica della città metropolitane, a piazzarsi prima é sempre Genova è prima anche in questa classifica ristretta. A seguire troviamo Napoli, Firenze e Milano (tutte queste città, eccetto Firenze, hanno un sindaco donna). In coda tre città del sud (Cagliari, Catania e Reggio Calabria) assieme a Venezia. Roma si trova a metà classifica, all’ottavo posto su quattordici città metropolitane (Bologna non viene considerata in quanto attualmente commissariata). Tra le province in testa c’é Trieste, seguita da Ferrara, Prato, Reggio Emilia e Modena, mentre in coda Avellino immediatamente preceduta da Agrigento, Viterbo, Messina e Pordenone. La regione più ‘rosa’ è l’Umbria con una presidente, un terzo di donne in giunta e il 44% di dirigenti apicali al femminile. A seguire il Lazio (anche qui il Presidente è donna) e poi il Piemonte, l’Emilia Romagna e la Toscana. Chiude la classifica il Molise, preceduto dalla Calabria e dalle insospettabili Veneto e Lombardia.

Super vaccino contro meningite, Arriva in Italia il primo vaccino tetravalente contro la meningite, che protegge da 4 dei 5 sierogruppi del batterio, A, C, W135 e Y. Per ora sara’ somministrato a partire dagli 11 anni. Il vaccino, gia’ autorizzato negli Usa, è un risultato tutto italiano. Secondo Rino Rappuoli, coordinatore del team Novartis, che l’ha realizzato, il vaccino ‘è l’unico modo per combattere il virus che in Italia ha una mortalita’ del 14%. I ricercatori lavorano ora sul ceppo B, l’unico rimasto.


auguri e splendidi soggiorni...

Nella magica atmosfera di Capo Peloro sorge un nuovo residence composto da eleganti e luminosi trilocali, bilocali e monolocali dotati di ogni comfort. Immerso nel verde, dispone di piscina, ampi spazi attrezzati per il gioco e lo sport.

Residence turisticO alberghiero

Residence dei Margi, via Margi, 53 • vill. Torre Faro • 98164 Messina tel. 090 321307 • 366 3967693 • www.residencedeimargi.it


In a Box

Non abbiamo tanto bisogno dell’aiuto degli amici, quanto della certezza del loro aiuto (Epicuro)

CD PER la DONAZIONE ORGANI Si chiama ‘’Ti amo anche se non so chi sei’’ il cd realizzato dai big della musica italiana per incentivare la donazione d’organo. Il progetto, promosso dall’Associazione italiana per lo studio del fegato (Aisf) e dalla Fondazione italiana per la ricerca in epatologia (Fire), è stato ideato da Roberto Ferri e ha visto l’adesione, tra gli altri, di Lucio Dalla, Gianni Morandi, Franco Battiato, Fiorella Mannoia, Ron e Cristiano De Andre’. Tra le tracks del cd, che sarà in vendita da domani, ‘’Com’e’ profondo il mare’’, ‘’E dimmi che non vuoi morire’’, ‘’La cura’’ e ‘’Come mi fai bene tu’’.

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Plastiche,

confort contro natura

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gni italiano, in un anno, ne consuma mediamente trecento. La loro vita è assai breve, visto che finiscono quasi subito nella spazzatura oppure dispersi nei posti più impensabili, dove sopravvivono, prima di degradarsi del tutto, da quindici a mille anni. Sono i sacchetti di plastica,utili ed economici compagni del nostro shopping quotidiano, il cui costo – lamentano gli ambientalisti – va però ben oltre i cinque centesimi richiesti alla cassa per il loro acquisto. Il prezzo pagato dalla natura, infatti, è assai più alto. I numeri, del resto, sono inequivocabili.Ammontano a cento miliardi i sacchetti prodotti ogni anno nell’Unione europea, per un totale di dodici milioni di barili di petrolio utilizzati. Un’enormità alla quale fa da contraltare la tendenza, pressoché nulla, al riciclaggio, che è poco conveniente in termini economici, dato che comporta costi maggiori di una produzione ex novo. Dinanzi a queste cifre si comprende perché lo smaltimento dei sacchetti rappresenti un problema tutt’altro che irrilevante. Quelli che non finiscono in discarica o in un inceneritore, tendono a depositarsi negli angoli più remoti, lungo le rive dei corsi d’acqua o sotto il fogliame dei boschi, giusto per fare qualche esempio. Sul piano temporale, la resistenza di un sacchetto varia da un minimo di quindici a un massimo di mille anni. Fattori determinanti solo lo spessore (da sette a quaranta micron) e le condizioni ambientali. Con l’obiettivo di porre un freno all’uso di sacchetti non biodegradabili, Legambiente ha avviato una raccolta firme per una petizione da inoltrare al ministro Stefania Prestigiacomo. Gli attivisti del Cigno verde, che dal 24 al 26 settembre daranno vita all’iniziativa “Puliamo il mondo insieme” www.puliamoilmondo.it, si mobiliteranno in tutto il paese per una campagna di sensibilizzazione. La sfida alla plastica, insomma, è lanciata.

Pazienti.org, un social network per condividere esperienze sulla sanità italiana Continua a Messina il sodalizio iniziato con KALÓ NERÓ 2010 tra Michele Cannaò, artista e ideatore e quindi Direttore del Museo del Fango, e Gaetano Sciacca, Ingegnere Capo del Genio Civile di Messina. Da una parte, la messa in sicurezza delle menti attraverso l’arte, dall’altra la messa in sicurezza della vita dei cittadini attraverso le opere di ingegneria del Genio Civile. Sforzi diversi che confluiscono in un unico progetto. A questo unico progetto si deve la mostra lune d’agosto nel fango personale di Cannaò che raccoglie i 16 oli nati durante le notti di agosto dell’estate appena trascorsa. Un’estate eccezionale per gli incontri e le idee nate all’ombra di quel grande laboratorio che è diventato Kaló Neró per l’Associazione F.a.n.g.o. che ha ideato l’appuntamento ma anche per gli artisti che vi hanno partecipato e per il pubblico che ne ha decretato il successo. Uno degli incontri più pregnanti è stato sicuramente quello con l’Ing. Sciacca e con lo staff del Genio Civile di Messina a cui la mostra è dedicata. ...un omaggio al Genio (organismo tecnico per lo studio e l’esecuzione di lavori di interesse pubblico) e all’ingegno (principio attivo dell’intelligenza)... Allestita presso la sede del Genio Civile, in via Aurelio Saffi a Messina, la mostra si protrarrà fino al 31 dicembre 2010.



Anniversari di Giuseppe Di Bella

garibaldi e la medaglia del disonore Un vecchio debito

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ll’inizio degli anni ottanta venni invitato da alcuni amici a visitare una mostra filatelica, iconografica e documentale su Garibaldi, allestita alla Maddalena. Non avevo mai visitato l’Arcipelago e l’idea di recarmi anche a Caprera presso la casa dell’Eroe dei due mondi e sulla sua tomba, mi convinse ad accettare l’invito. Era un maggio fresco e limpido come gli anni della giovinezza. A Palau mi imbarcai su un piccolo traghetto che mi portò pigramente alla Maddalena, solcando lieve l’acqua inquieta di quella laguna ammaliante che si forma tra le isole e la costa. Dedicai il primo giorno alla visita dei luoghi garibaldini a Caprera: la casa, il piccolo museo, l’albero di Clelia, il ponticello, la tomba monumentale e le sue iscrizioni: tutto evocava il Generale e la sua vita avventurosa. Affioravano alla memoria le gesta, le battaglie, gli errori e i pentimenti del Condottiero: coraggio, miseria e grandezza, confusione ed ingenuità, ed involontariamente cercavo un nesso tra questo luogo selvaggio e remoto a lui tanto caro, e la sua vita idealistica, romantica e tempestosa. Tornarono alla mente i suoi versi:

“Sulle tue cime di granito io sento di libertade l’aura, e non nel fondo corruttore delle reggie, o mia selvaggia solitaria Caprera”

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Le isole del vento

L’arcipelago è uno dei posti più belli del Mediterraneo e affascina al primo sguardo. Le sue acque ipnotiche sembrano diamanti liquidi e trasparenti: bianchi, verdi e d’ogni celeste conosciuto, mentre più lontano l’onda s’increspa, indugia e si spande in un raro azzurro oltremare che lo sguardo possiede solo per un breve momento. Le colline e le coste granitiche cangiano colore durante il giorno: dal bianco al grigio al rosa, incastonate nel verde intenso della vegetazione mediterranea, ancora in buona parte selvatica, che diventa brillante e poi cupo col trascorrere delle ore, tosto che il sole declina segnando inesorabile il tempo che fugge lontano e si separa dalla nostra anima. E nessun tramonto compete con quell’occhio immobile della storia, rosso e ardente, che si staglia basso all’orizzonte, contro un cielo che non perde mai il suo azzurro brillante ed infinito, finché non si arrende l’ultima luce del giorno: poi è la notte silente. E nella tenebra muta, nel vortice solitario dei ricordi, il profumo delle essenze selvatiche diventa sempre più fresco e suadente al sonno dei giusti e tagliente per la coscienza che rimorde. Avanzava nella notte il Maestrale, tenue ed impalpabile come il velo nero che avvolge i destini, lieve ed inesorabile come l’ultimo respiro. D’improvviso riprese forza quel vento indomito che da sempre tormenta questi scogli e sembra deformare gli alberi con la sua persistenza, e li piega e li arde con la salsedine amara. L’Arcipelago sembrò il luogo ideale per la memoria eterna, il moto perpetuo della vita e la stasi dolorosa

del rimpianto che tormenta le anime travagliate. I ricordi struggenti dei popoli umiliati e gli eroi dalle mani insanguinate, avanzavano immobili portati dall’onda come ombre dell’Ade e poi fuggivano nel nulla senza toccar la riva, rapiti dalle lame affilate del vento sibilante. Un soffio vivido e mortale, carico dei suoni delle battaglie e del cozzar delle baionette: un turbine che spande un brivido latente, l’orrore insensibile che attraversa la storia. Si udiva nell’aria fredda il dolore delle generazioni: un grido senza suono che diventava solo il tic tac di un orologio senza lancette. E il tempo così svaniva e si mutava in memoria. La stanza d’albergo, Il nido dell’aquila se ben ricordo, aveva un piccolo terrazzo panoramico tra il mare e il colle. Una roccia enorme di granito candido incombeva alle mie spalle e li da presso, un mare ormai nero spirava sussurrando agli scogli lusinghe incomprensibili. Fissai per un tempo breve ed interminabile l’ultima onda che si frangeva sempre uguale contro il suo destino, e mi sorpresi smarrito in un pensiero indecifrabile che svanì assorbito dalla realtà che mi ridestava. Volsi infine con fatica lo sguardo alle stelle che tremavano brillanti contro la luna sottile e indifferente: e così vagamente pensando all’eterna adolescenza dell’umanità, mi addormentai indugiando in quel momento del trapasso, in quella piccola morte che ogni sera ci introduce dal pensiero al sogno, deformando il primo e realizzando il secondo. E al non essere ci abbandoniamo felici di lasciare per un breve momento le fatiche della realtà, la follia della ragione e del vivere la trama fitta che mai ci abbandona. Il giorno irruppe dal nitore dell’Est. Svanirono i fantasmi nella luce nascente.


Anniversari di Giuseppe Di Bella

garibaldi e la medaglia del disonore

Ci recammo a visitare la mostra. Interessante e varia con tanto materiale storico, iconografico e filatelico sul Generale e le sue imprese. Naturalmente tra i quadri dell’esposizione, non si parlava d’altro che della vita e delle imprese del Nizzardo e alcuni appassionati cultori mi mostrarono diversi documenti in copia: il primo era un lettera di Garibaldi all’Ufficio delle Imposte di Sassari con la quale il Generale dichiarava di essere impossidente e di non aver soldi per pagare le tasse. Mi pare datata 1867. Un altro documento invece era la copia dell’atto di concessione dell’intera Isola di Caprera a Garibaldi da parte del Regno d’Italia. Altri atti riguardavano varie richieste di Garibaldi di carattere materiale, come l’istanza di spostamento del ponte che gli impediva di borghesare con la sua barchetta a vela.

Imaruhy

Invero Giuseppe Maria Garibaldi, questo il suo nome completo, registrato a Nizza in francese Joseph Marie Garibaldi, aveva acquistato il primo nucleo di Caprera con la piccola eredità pervenutagli dalla prematura scomparsa del fratello minore Felice che in alcuni documenti commerciali firma “Garibaldy”. Curiosa circostanza vuole che il padre venga nominato in alcuni atti civili come “Garibaldo” mentre anche lo zio firmava “Garibaldy”. Ed in tema di nomi, quando il Generale aderì alla Giovine Italia, dopo il primo incontro con Mazzini, nell’ambito di quella Organizzazione prese lo pseudonimo di Giovanni Borel (in ricordo di Giuseppe Borel, patriota fucilato insieme ad Angelo Volonteri nel 1834). In Sud America lo chiamavano Don Jose oppure El Coronel: non era ancora l’Eroe dei due mondi e dalle tante anime. Avevo letto alcune biografie del Generale e i dubbi superavano le certezze. E mentre si discuteva dei tanti episodi controversi, seguivo in modo binario pensieri e parole, e tornava alla mente un episodio: Garibaldi piange quando apprende della fine del Regno di Francesco II a seguito della caduta di

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Gaeta nel 1861. E ancora le note di suo pugno nel 1860, dopo Teano, “Donato il regno al sopraggiunto re”: perché “donato”? I conti non quadravano e le fonti erano del tutto incoerenti. Troppi misteri. Assordanti le pochissime parole bisbigliate da Garibaldi sull’eccidio di Imaruhy durante la guerra di secessione dal Brasile della Repubblica del Rio Grande del Sud. Il Generale combatteva a fianco dei repubblicani secessionisti ed eseguì l’ordine di saccheggiare, di mettere a ferro e fuoco quella cittadina, rea di esser tornata dalla parte degli imperiali dell’infante Don Pedro II, quando questi ne avevano brevemente ripreso il controllo. Fu una strage di civili e gli uomini al comando di Garibaldi si distinsero per l’efferatezza dei delitti contro la popolazione inerme. L’eremita di Caprera affermerà in diverse versioni ed interviste per biografie, di aver frenato a colpi di sciabola i suoi lanzichenecchi nel tentativo di difendere “almeno la vita dei civili”, ma ammette nel contempo che questo freno fu tardivo. E leggendo oltre non appare veritiero che vi sia riuscito, dal momento che egli stesso confessa che è “Impossibile narrare minutamente tutte le sozzure e le nefandità … io non ebbi mai una giornata di tanta nausea per l’umanità”. Per sedare le belve ubriache che prima aveva scatenato ed ora non riusciva a tenere a freno ricorda: “Infine, con minacce, percosse ed uccisioni (sic), si pervenne ad imbarcare quelle fiere scatenate”. Dunque per ammissione dello stesso Garibaldi, per riportare la disciplina ordinò e consentì che venissero passati per le armi alcuni dei suoi uomini che egli stesso definisce “fiere”. Incomprensibili rimanevano le bizzarrie del Generale, come quella di chiedere a Giuseppe Mazzini le “Lettere di marca” per fare il corsaro ed aggredire i legni Sardi e di Stati “nemici” in Sud America, come se Mazzini (che non rispose) rappresentasse uno Stato sovrano. Quelle lettere gli verranno invece rilasciate dal Governo del Rio Grande del Sud ed a questa attività piratesca contro i legni brasiliani, si dedicherà per qualche tempo, con alterne fortune.


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L’uomo dai mille volti Eroe e corsaro quindi, e spietato all’occorrenza. Ma a Caprera Garibaldi era pastore ed agricoltore. Sull’Isola deserta si rifugiava nelle pause di quella vita confusa, convulsa ed avventurosa, dai troppi avvenimenti e dalle eccessive contraddizioni. È noto che gli uomini ricchi di vita spirituale ed ideale, amano la solitudine sopra ogni cosa. Non potendosi uniformare al mondo dei comuni mortali, si isolano mentalmente ed a volte fisicamente, per crearne uno personale: una realtà separata. Garibaldi affermava: “Se qualcuno venisse ad abitare nell’Isola mi troverei un altro rifugio”. A Jessy Wite Mario confessava: “Voglio morire in un luogo deserto”.Il Generale rifugge le folle e la mondanità, e spesso anche l’umanità; appare sfiduciato in merito alle qualità morali dell’uomo ed alle sue speranze di redenzione e di autogoverno, ma contemporaneamente combatte strenuamente per la “liberazione” degli oppressi e chiama attorno a se tutti gli uomini “di buona volontà”. Si proclama Legato Apostolico e odia la Chiesa di Roma. Chiede una lapide e dispone d’essere arso con essenze selvatiche. Repubblicano e monarchico per necessità, afferma infine più volte che il miglior Governo è senza dubbio la Dittatura. Distrugge il Regno delle Sicilie e piange per la sua fine. Un uomo in perenne lotta con se stesso. Questo forse è il nesso: Garibaldi è l’uomo delle contraddizioni e Caprera e l’icona più significativa di ogni contrasto tra ragione e sentimento, tra solitudine e universalità, tra spirito e materia, tra la natura ostile e la meraviglia del Creato. Ripresi a girovagare discutendo tra i quadri esposti ed il mio interesse per l’argomento era evidente come il mio giovanile entusiasmo.Verso la fine della mattina, che arrivò repentina, si avvicinò a me un vecchietto, ben oltre gli ottanta. La faccia solcata dall’aratro dei giorni e gli occhi cerulei che snudavano un animo mite. Mi disse: “Sono Giovanni Canepa: ho sentito quanto lei sia interessato alla vita del Generale”. Risposi: “Raccolgo materiali e documenti che lo riguardano.

È un personaggio complesso, a volte indecifrabile, ed io sono attratto dagli enigmi”. Mi guardò negli occhi, sollevando con fatica lo sguardo ed il collo piegato dagli anni, e continuò: “Se ha tempo, le voglio raccontare una storia che riguarda Garibaldi”. “Certo che ho tempo!”, risposi spezzando la sua ultima vocale.

Il racconto di Vannantò

Iniziò il racconto: “La mia è una famiglia maddalenina da lungo tempo, anche se la nostra origine è genovese. I miei avi vennero qui forse all’inizio dell’Ottocento. Mio nonno materno si chiamava Giovanni Antonio ma tutti lo chiamavano Vannantò: era fabbro e maniscalco, ma come tutti, per arrotondare faceva piccoli lavori in campagna, qualche giornata da bracciante quando capitava. L’Isola era povera e poco abitata e bisognava arrangiarsi come si poteva. Un giorno, forse nel 1867, nonno lavorava a Caprera in un piccolo orto estivo non lontano dalla casa bianca di Garibaldi. Era mal vestito: a quei tempi un pantalone, una giacca o una camicia potevano rappresentare un lusso. Il Generale poco lontano accarezzava Brunetta la sua mucca preferita; vide nonno male in arnese, curvo sulla terra con in testa un cappellaccio di paglia pieno di buchi e gli fece cenno di seguirlo in casa. Nonno lo segui senza fiatare. Nell’Arcipelago tutti lo conoscevano, lo chiamavano il Generale e basta: lo lasciavano tranquillo, non lo infastidivano e lui era grato per questa loro riservatezza. Diversamente gli ospiti stranieri lo tormentavano. Arrivavano continuamente dalla Penisola e da tutta Europa. Specialmente dall’Inghilterra dove era considerato il primo tra gli eroi moderni e paragonato a quelli dell’antichità classica. Dicevo, nonno lo seguì in casa ed il Generale aprì una cassapanca di legno piena di vestiti.


Anniversari di Giuseppe Di Bella

garibaldi e la medaglia del disonore

Tirò fuori la divisa da generale dell’esercito sardopiemontese, quella che indossava in Sicilia e a Napoli, e gliela regalò berretto compreso. Nonno rimase di sale. Non sapeva cosa dire, e forse non comprendeva a fondo il significato di quel gesto. Fatto sta che il giorno dopo andò a zappare l’orto vestito da generale. Qualche mese dopo, mentre in alta uniforme era intento a falciare l’erba, si avvicinò a lui una delle tante signore inglesi che facevano visita a Garibaldi, arrivando con i grandi velieri che lenti ancoravano al molo della Maddalena. La signora rimase immobile ed incredula: non era spettacolo di tutti i giorni vedere un contadino vestito da generale e quindi gli chiese in un italiano improvvisato: “Buon uomo chi vi ha dato questa divisa militare?” Vannantò drizzò su la schiena dolente, si tolse il cappello, portò il dorso di una mano alle reni e prima di rispondere ci pensò su un momento. Poi le disse: “Signora è un regalo del Generale”. “E perché vi avrebbe fatto questo regalo?” “Non so, forse a lui viene troppo stretta” “Quanto volete per vendermi questa divisa?” “E perché dovrei venderla a Voi?” “Perché io vi darò quello che chiederete” “Ma io non chiedo nulla” La signora si spazientì e riprese: “Quanto guadagnate in una giornata di lavoro?” “Una Lira” “Bene, vi offro cento Lire per questa divisa”. La cifra era considerevole: un’offerta così non si poteva rifiutare. “Va bene, ve la vendo, ma datemi almeno il tempo di tornare a casa e cambiarmi, sa io sotto non ho …”. Così nonno vendette la divisa di Garibaldi alla gentildonna inglese e con i soldi riparò il tetto della casa e comprò 6 capre e un vitello. Qualche tempo dopo il Generale ripassò vicino l’orto dove lavorava Vannantò e si accorse che non indossava più la divisa ma i vecchi e logori panni in cui le toppe erano peggio dei buchi. Si fermò e gli chiese: “Perché non indossi più i vestiti che ti ho donato?

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“Generale una signora …”, e gli raccontò l’accaduto. Garibaldi ascoltò in silenzio il racconto ed alla fine gli disse: “Vedi … il popolo purtroppo viene sempre spogliato dai parassiti, in un modo o nell’altro con le buone o con le cattive, nobili e preti ottengono sempre ciò che vogliono”. Cercò di giustificarsi, ma il Generale gli fece cenno di star zitto che non vi era bisogno di parole e riprese: “Vieni a fine giornata a casa mia”, e andò via. Vannantò rimase perplesso, ma alle 18,00, finite le dieci ore di duro lavoro, andò a casa del Generale. Lo trovò in un piccolo locale adibito a deposito attrezzi. “Entra” gli disse e gli mostrò subito una medaglia di bronzo che da un lato recava l’effigie di Vittorio Emanuele e dall’altra una scritta. Pendeva da un nastrino tricolore fissato all’appiccagnolo. “Sai leggere?” Gli chiese. “No Generale, lavoro da quando avevo sei anni e nessuno mi ha mai insegnato.” “Leggerò io per te, ascoltami attentamente:“ITALIA E CASA DI SAVOIA LIBERAZIONE DI SICILIA 1860”. Detto questo pose la medaglia su una piccola incudine e la colpì con forza più volte, con una vecchia martellina. Poi la riprese e spezzò l’appiccagnolo, quell’anellino in cui era infilato un nastrino tricolore. “Ora questa medaglia è tua e sono sicuro che non la venderai mai”. Nonno non capiva: si sentiva umiliato e deriso, disse sommessamente: “Ma generale … perché?” “Questa medaglia che il Re mi ha mandato, non mi fa onore e non la merito perché non ho liberato la Sicilia e neanche i siciliani, e tanto meno quelli che come te si spezzano la schiena senza speranza e senza futuro. Non la voglio in casa, non voglio più vederla perché è il simbolo del mio fallimento. La terrai tu con questi segni che vi ho inciso per sempre, e quando sentirai che la speranza nel domani ti abbandona, la getterai in fondo al mare”. Il Generale si fermo un attimo e guardò lontano verso l’orizzonte, poi riprese: “Declina e cade il sole sconfitto … e sono troppi i ricordi e gli errori che mi tormentano in questo lungo inverno della mia vita. Ti racconterò una


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Anniversari di Giuseppe Di Bella

garibaldi e la medaglia del disonore

cosa che non ho mai detto a nessuno. In Brasile, a Imaruhy durante la guerra civile una giovane donna fuggiva per la strada trascinando per un braccio un bimbo troppo piccolo per correre. Fuggiva da noi che credevamo di portare la libertà e la fratellanza e intanto sparavamo sui civili e li passavamo a fil di spada. Urlava la sua paura senza fine quando il piombo le attraversò la gola ed il suo grido si trasformò in un fiotto di sangue che esplose dalla sua bocca. Due passi ancora e l’anima l’abbandonò. Ed io rivedo spesso nei miei incubi quella donna e la sua voce, il suo grido verso il cielo che diventa liquido e rosso e poi il suo piccolo con le mani sugli occhi, in ginocchio accanto al cadavere.” Il racconto finì così. Mi ritrovai immobile, Canepa mi guardò di nuovo senza dire nulla: prese dalla tasca un pezzo di stoffa che avvolgeva una medaglia che mi porse stretta tra l’indice ed il pollice. Esaminai la medaglia: era autentica, una di quelle che vennero distribuite dopo la “Campagna di Sicilia” ai combattenti, coniate in forza del Decreto Luogotenenziale

“La mia vita è svanita nel tempo in cui la schiuma dell’onda ritorna acqua”.

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delle Province Siciliane del 12 dicembre 1860. Recava i segni descritti nel racconto. “Nonno la diede a mio padre e questi a me” “Molto interessante, chi sa quante volte avete raccontato questa storia” “Molte volte … specialmente a me stesso: io vivo solo da sempre, solo come questi scogli di granito. La mia vita è svanita nel tempo in cui la schiuma dell’onda ritorna acqua. Prendete voi questa medaglia, ve la regalo a patto che prima o poi scriviate questa storia”. Non sapevo cosa rispondere ma accettai il prezioso cimelio che ora vedete nella foto. Sciolgo dunque oggi questa vecchia promessa, sperando di non aver dimenticato nulla del racconto di Vannantò. Seppi in seguito che Canepa era passato a miglior vita nel 1987. Trapassò alla dimensione ulteriore durante l’oblio del sonno e quella piccola morte divenne definitiva per la sua forma terrena. La sua anima credo sia rimasta a Caprera insieme a quella del Generale.



Anniversari di Will S. Monroe (Sicily)

Il viaggiatore inglese e la Sicilia 150 anni fa

L

a povertà in Sicilia è una piaga più grave che in qualsiasi altro paese altrettanto favorito dalla natura quanto il Giardino del Mediterraneo. Alexandre Dumas l’ha descritta con tanta precisione che riporto le sue parole:”Qui la povertà è vista in tutto il suo orrore, con arti indeboliti e ridotti pelle ed ossa ed occhi incavati e febbricitanti. È la fame, con le sue grida di sofferenza, il suo eterno rantolo... la fame, che triplica gli anni sul volto delle ragazzine; la fame, che fa apparire decrepite le giovani signorine siciliane, ad un età in cui, da qualsiasi altra parte, le giovani donne sono al loro massimo splendore; la fame, più crudele, implacabile, letale della depravazione, che inaridisce ed avvizzisce”. “Eccellenza, morto di fame” è il saluto che il viaggiatore si vede rivolto continuamente durante la giornata. Ad ogni angolo vi sono mendicanti, spesso mezzi nudi, arroganti e rozzi; e se si comincia ad accontentarli, non la si finisce più. A quanto pare all’accattonaggio non è associata alcuna disgrazia, perché spesso la richiesta di elemosina proviene da giovani che non danno affatto l’impressione di essere indigenti. Ricordo che, in una cattedrale, il mio informatore personale Baedeker spinse un devoto ben vestito ad interrompere le sue preghiere ed un chierichetto ad abbandonare i propri compiti religiosi per chiedere l’elemosina.

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Agli stranieri, almeno, tutti possono chiedere l’elemosina. Senza dubbio il fenomeno dell’accattonaggio in Sicilia è in gran parte dovuto ad un’estrema povertà, ma anche ad una predisposizione acquisita da piccoli ed alla mancanza di quella ‘consapevolezza di sé’ che l’istruzione scolastica elementare dovrebbe fornire. Ma dietro la pratica diffusa dell’accattonaggio in Sicilia vi sono altre due ragioni. Le istituzioni locali non forniscono alcun tipo di assistenza ai poveri e la chiesa incoraggia l’elemosina come mezzo per coltivare la virtù cristiana della carità. I monti dei pegni sono controllati del governo, che così tiene sotto controllo eventuali pratiche di usura. Ma la presenza così tangibile della povertà più estrema procura al viaggiatore non poche sofferenze. Alla Sicilia non si può certo invidiare il record della criminalità. Essa detiene il primato europeo per la quantità di crimini e reati gravi commessi. Il tasso di condanne per omicidio è sei volte maggiore rispetto all’Italia settentrionale ed otto volte rispetto all’Inghilterra. I numerosi reati di violenza (omicidio, tentato omicidio, violenza carnale ed offesa alla morale comune) sono stati attribuiti alla natura focosa della popolazione, all’usanza di vendicare i torti subiti, al clima torrido del meridione, al malgoverno ed alle scarse condizioni sociali ed economiche. Omicidi, omicidi colposi e violenza sono all’ordine del giorno.

Nel secolo scorso, la situazione relativa ai reati di omicidio ed omicidio colposo nelle sette province siciliane, per ogni centomila abitanti, era la seguente: Agrigento: 65,88; Caltanissetta: 42,04; Palermo: 32,29; Catania: 24,76; Trapani: 21,26; Messina:19,77e Siracusa: 12,04. Prendendo in esame lo stesso periodo e gli stessi reati, i dati relativi a quattro province dell’Italia settentrionale sono i seguenti: Como: 2,54; Milano: 2,45; Rovigo: 2,13 e Treviso: 0,75. Il pugnalerà pistola e lo stiletto rappresentano una parte della dotazione personale di ogni giovanotto al di sopra dei quindici anni; e, malgrado esista una legislazione che punisce il porto abusivo di armi, tale pratica è diffusissima. Un tedesco che ha vissuto per molto tempo in Sicilia mi ha raccontato che al teatro, nei pub, all’università e persino nelle scuole superiori era praticamente impossibile conoscere qualcuno che non avesse con sé un’arma pericolosa. Cuidera osserva che se si considera la povertà della popolazione, i Siciliani spendono una cifra enorme nell’acquisto di armi da fuoco quali pistole e fucili. [...] La Sicilia geme sotto il peso insopportabile del sistema fiscale. Tutto è gravato di imposte ed il regime fiscale è del tutto sproporzionato rispetto alle risorse dell’Isola. Gli italiani pagano una percentuale di tasse sui loro redditi che è la più alta fra tutti i Paesi europei, fatta eccezione per la Spagna. Pagano il triplo degli inglesi ed il doppio dei tedeschi.


Anniversari Il viaggiatore inglese e la Sicilia 150 anni fa

Sfortunatamente, il peso maggiore ricade sui più poveri. A Palermo, ad esempio, un impiegato paga il 4% di tributi locali sul suo stipendio, un commerciante che guadagni mille dollari paga 1’1,2%, ed un possidente che guadagni tremila dollari paga soltanto lo 0,1 %. I diritti di bollo e di dogana il monopolio del sale, le tasse fondiarie, il lotto ed una miriade di altre imposte ricadono in larga misura sugli impiegati dei gradi più bassi e sui ceti più poveri. Anche se non beve vino, un bracciante paga il 10-20% di tasse dirette ed indirette sul suo salario. Il 10-15% viene detratto attraverso le imposte sul grano, sulla farina e sui maccheroni. Il piccolo agricoltore sopporta il peso maggiore delle imposte dirette. Le tasse sulla sua proprietà terriera si aggirano intorno al 20-25% degli utili netti della sua azienda, e per il suo allevamento di bestiame deve pagare una soprattassa comunale, a meno che non dimostri di servirsene per lavoro. Non di rado le strade vengono costruite a beneficio di privati ma a spese della comunità. Una volta sono state imposte le tasse per la costruzione di una nuova arteria stradale, ma tutti i proprietari di tenute che misurassero più di quaranta acri ne sono stati esentati. Il sistema è talmente gravoso che evasioni di tutti i generi sono all’ordine del giorno. I siciliani vanno fieri della loro abilità nell’evadere il fisco e sono sicuri che non verranno condannati per tale reato.” Tutti lo sanno, e se non si superano certi limiti, la tendenza è quella di chiudere un occhio,all’insegna del proverbio Vivi e lascia vivere”. Ma dal punto di vista morale tale pratica ha senza dubbio effetti devastanti. Le condizioni economiche generali in Sicilia sono certamente sfavorevoli ad un sano sviluppo sociale e morale della popolazione. Mentre i salari sono molto bassi, gli affitti e le necessità della vita sono eccezionalmente elevati. Come già sottolineato, il reddito annuale medio di un capofamiglia in Sicilia è

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leggermente al di sotto dei cento dollari all’anno. A Messina, nelle concerie, dove mi è stato riferito che i salari erano al di sopra della media rispetto ad altre località, i rifinitori erano pagati settantasette centesimi al giorno, i guarnitori sessantadue centesimi, i funzionari addetti all’Iva quarantadue centesimi ed i manovali trentotto centesimi. Un coltivatore di limoni mi ha confidato di retribuire il suo supervisore con quarantaquattro centesimi e gli altri suoi collaboratori da quaranta a quindici centesimi. I minorenni e le donne spesso guadagnano soltanto dieci centesimi al giorno; e gli uomini che guadagnano da quaranta a sessanta centesimi al giorno sono considerati ben pagati.Di contro, il costo della vita in Sicilia è molto alto. Il costo medio di alcune necessità della vita dà un’idea delle difficoltà che i siciliani devono affrontare. Mezzo chilo di maccheroni - l’alimento principale - costa da tre a sei centesimi, a seconda della qualità. Cinque chili di farina. Mezzo chilo di carne di manzo disossata costa cinquanta centesimi, la carne di agnello trenta centesimi, la pancetta venti ed il pollo da ventotto a trentadue centesimi il prezzo della carne è stabilito dai sindaci delle città e varia leggermente. Un litro di cherosene costa quarantotto centesimi, l’olio d’oliva trenta, ed i vini locali di media qualità undici. L’abbigliamento, quello di buona qualità, costa esattamente quanto in America. A Palermo ed in qualche altra città, i panifici sono di proprietà del comune. L’alimentazione dei lavoratori siciliani si basa su pane, maccheroni, frutta e vino leggero, tutto a buon mercato. I maccheroni sono l’alimento di maggior consumo nell’Isola, e le quantità di ‘frangia gialla’, appesa ovunque ad asciugare ed esposta in forme straordinarie nelle vetrine dei negozi, danno un tocco pittoresco alle città siciliane. [...]


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di Silvano Baldi

Leopoldo Franchetti

Anniversari

briganti e patrioti le guerre degli straccioni

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el profilo dedicato nel 1950 alla figura di Leopoldo Franchetti, Umberto Zanotti Bianco, parafrasando il pen­siero di John Stuart Mill, si esprimeva così: ”La libertà non è un diritto astratto o una nozione metafisica, ma una condizione necessaria perii massimo rendimento degli esseri umani. Solo la libertà individuale permette all’atti­vità dell’uomo di fornire, qualunque sia la via che si apre dinanzi a lui, tutto lo sforzo robusto e leale di cui è capa­ce. Le divergenze di opinio­ni, gli errori stessi, per la por­zione di verità che essi contengono, sono le sorgenti del­ l’energia nazionale e la condizione del progresso comu­ne: il valore di una collettività è uguale al valore degli indi­vidui che la compongono”. Secondo Zanotti Bianco gli aspetti etico politici del me­ridionalista Franchetti si ripiegavano alla più genuina scuola democratica dei secoli XVIII e XIX. La libertà individuale da difendere contro l’invadenza del potere statale e a cui conferire una fer­issima impronta etico-politica, è tema centrale del meri­dionalista che ancora ritor­na sul problema in uno scrit­to dedicato nel 1962 a Giu­stino Fortunato il quale “com­batté fino alla morte contro abusi e violenze sia da parte di organizzazioni democra­tiche che dall’autorità stessa dello Stato, curandosi della salvezza dei valori morali che sono il vero sostegno della libertà”. In questo contesto, tra gli scrittori meridionalisti che si occuparono del problema politico legato al problema morale, l’esperienza inglese assumeva valore paradigma­tico, quasi di modello da imi­tare: “Un’aureola di simpatia mondiale illuminava nell’Ot­tocento l’Inghilterra, che con tanta nobiltà aveva fatte proprie le cause dei popoli abbandonati dagli dei”. In Italia, invece, dopo la scom­parsa di Cavour e di quei pochi che ne seguivano in­tero il programma,”il

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libera­lismo si era talmente conta­minato da accogliere - simi­le piuttosto ad una nebulosa che ad un partito - conser­vatori e progressisti, prote­zionisti e liberisti”. Lo storico De Viti De Marco già in precedenza aveva sot­tolineato come il libero contrailo dell’opinione pubblica e la libera critica della stam­pa fossero argini contro privi­legi e interessi costituiti:emer­geva in tal modo un ulteriore elemento della riflessione di Zanotti il quale nel 1950 -sempre a proposito di ban­chetti - affermava come fos­se evidente “tutta l’efficacia che ha una libera stampa, una libera tribuna parla­mentare ed una libera magi­stratura per il progresso di un paese”.Risulta ora chiaro che in Zanotti Bianco il pro­blema politico è definito co­me problema morale. Citia­mo ancora: “quello che ci importa è la ricerca dell’eti­cità, dell’impegno civile lon­tano da ogni moralistica pre­dicazione dottrinaria. L’im­pegno civile deve essere in­vece caratterizzato dal reali­smo politico che è in grado di intendere il senso della storia anche quando appare disposto a chiudersi nello sconsolato pessimi­smo”. È questo uno dei motivi che le­gano Zanotti Bian­co ai grandi meri­dionalisti liberali: per Franchetti “il problema italiano non era soltanto istituzionale, ma anche, se non prevalentemente, morale”. La questione morale, dun­ que, fu la costante del grup­po di meridionalisti raccolti intorno alla Rassegna Setti­manale. Essi temevano altre­sì “per la libertà dello spirito, per la libertà di coscienza,di pensiero, di parola, messe a repentaglio da quel clericali­smo che era per essi sinonimo di servitù, morale e intel­lettuale” e per impedire la diffusione del quale avversa­vano qualsiasi conciliazione con la chiesa cattolica.Tutto questo, sempre secon­do Zanotti Bianco, non impe­dì a Franchetti di rifiutarsi di considerare i problemi politi­ci esclusivamente sotto l’a­spetto morale, quasi a voler


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evitare l’accusa di teorico e dottrinario. Nel profilo scritto nel 1932 in memoria di Giu­stino Fortunato, Zanotti Bian­ co rilevava peraltro come il meridionalista di Potenza amasse ripetere “che solo con la riforma del costume nazionale, con il rinnovamento di tutta la nostra vita morale e sociale è possibile preparare un avvenire meno oscuro”. “Nessuna cosa più del disinteresse - sottolinea­va Fortunato - dà forza, auto­rità, prestigio all’ingegno, al sapere,all’azione politica”. Da queste analisi derivava come lo­gica conseguenza il valore attribuito all’educazione politica. Affermava Za­notti Bianco che “ritenere che ba­stasse sollevare i cafoni meridionali senza una vasta opera di educazio­ne morale e politi­ca era un andare incontro a gravi de­lusioni”. Quella del­l’educazione mo­rale e politica era la direzione intrapresa dal­l’Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogior­no d’Italia, che intendeva “indicare una via, dare un’e­sperienza della forma di vita civile più progredita” e “favo­rire quella lenta trasforma­ zione della vita sociale” au­spicata da Fortunato, il qua­le a sua volta denunciava la mancanza di una classe politica “degna, valida, co­sciente, capace e colta, in grado di ridare ordine e stabilità al Mezzogiorno”. Il problema della classe dirigente era uno dei nodi centrali della rifles­sione politica dei meri­ dionalisti liberali. Ripren­dendo una tematica già affrontata da Pasquale Villari nel 1866, Zanotti scrive:“Occorreva creare una classe politica dirigente di compe­tenti, preparare l’educazio­ne tecnica delle masse, af­frontare con coraggio, perse­veranza e volontà d’azione i problemi sul tappeto”. L’Ita­lia era stata nel passato ava­ra di uomini politici di livel­ lo elevato a causa della”mancanza di un ceto colto, indi­ pendente economicamente atto a vivere e a trasmettere una tradizione politica”. Era stato Franchetti a sottolinea­ re la profonda immaturità delle classi dirigenti italiane, in sintonia con Fortunato, il quale aveva sostenuto che “le leggi e le riforme acqui­stano e perdono virtù solo dagli uomini chiamati ad applicarle ed a eseguirle”. Ma chi - secondo Zanotti Bianco - aveva lasciato il ritratto più suggestivo dell’i­ nadeguatezza della classe dirigente meridionale era stato Gaetano Salvemini, quando aveva tratteggiato la figura di Cocò, il meridiona­le tornato a casa dall’Università di Napoli “analfabeta e laureato”, denunciando in tale maniera “la responsabi­lità dei professori che, per debolezza, mancano al loro dovere di selezionare intel­lettualmente e moralmente la borghesia meridionale, contribuendo poderosamen­te a rendere impossibile nel­le classi dirigenti del na­poletano ogni iniziativa illu­minata e benefica, a dissipa­re in essa ogni coscienza di dovere e di solidarietà so­ciale, a distruggere nel Mez­zogiorno ogni capacità di vita locale energica e sana”. Un’altra figura a cui Zanotti Bianco fu molto legato è quella di Luigi Einaudi, al quale dedicò nel 1962 un profilo in cui analizzava gli meridionalistici della sua attività di economista e o politico. Einaudi, nei primi anni del Novecento, che “la

nostra fortuna lei settentrionali, ndr] è unita con vincoli così stretti alla fortuna del Mezzogiorno che dobbiamo essere lieti cominci finalmente a ere un po’ più il sentimento di giustizia e gli strumenti materiali e ideali pres­si fratelli del Sud: noi mo anzi unire i nostri oli sforzi dei meridionali per liberare l’intero paese dalla cappa di piombo di fiscalismo e del protezionismo che se è deleteria nel Mezzogiorno e altresì apportatrice di gravi danni al Settentrione”. Ma la personalità che agli occhi di Zanotti Bianco as­sumeva carattere simbolico era quella di Ernesto For­tunato, fratello di Giustino e a questi ricordato con ac­centi commossi, una delle figure più nobili che la Basilicata e l’intero Mezzo­giorno d’Italia abbia prodot­to nel secolo scorso, “rima­lo per più di quarant’anni chiuso nelle sue terre malariche, dedito con appassio­nata intelligenza al loro mi­glioramento ed al migliora­ mento del popolo coltivato­re, con il quale fu in perenne affettuoso contatto, aiutando altresì il fratello a far com­ prendere all’Italia la dura sor­te di quegli umili contadini”. E’ evidente a questo punto il legame, pre­sente nell’opera di Zanotti Bianco, fra il liberalismo, la lotta al protezionismo ed il favore per l’inizia­tiva economica in­dividuale: erano que­sti i tratti più signifi­cativi del meridiona­lismo liberale che rivivevano con di­versità di toni nei suoi scritti. Giustino Fortunato amava ripetere il motto di Mazzini: “L’Italia sarà quello che il Mezzogiorno sarà”, ed era anima­to da una fede sal­dissima nella effica­cia rigeneratrice del­l’unità nazionale: se­condo Zanotti Bian­co, egli era consape­vole dell’esistenza, nelle regioni del­ l’Italia settentriona­le, di una più robu­sta disciplina civile, di un più elevato te­nore sociale. Da ciò egli traeva presagio di una non lontana trasformazione del Mezzogiorno, per “il fenome­no di livellamento - sono parole di Fortunato - di cui ha tanti esempi la storia ogni volta che si sono uniti popoli di civiltà diseguale”. I settentrionali così attaccati alla “libertà libera”, che cer­to non sapevano spiegarsi filosoficamente, così legati al sentimento del dovere e dell’onore, avrebbero sapu­to compiere quell’opera di influenza morale e di giusti­zia verso le regioni e le clas­si più diseredate, mettendo a frutto il patrimonio accumu­lato attraverso i secoli nello spirito degli italiani? In que­sto modo le due Italie, non solo economicamente diseguali ma moralmente diver­se sarebbero diventate una sola nazione. Ma la realtà era ben diversa. Lo Stato, in­vece di assolvere questa fun­zione etica - favorendo la rigenerazione morale che tanto stava a cuore sia a For­tunato sia a Zanotti Bianco - era completamente assente nel Sud. Scriveva Einaudi nel 1912: “invece di profondere milio­ni a creare nuove e sempre pestifere clientele politiche lo Stato faccia ciò che gli Individui isolati non sono stati ancora in grado di fare: renda giustizia a tutti e instauri il regno della sicu­rezza personale per chi vuo­le lavorare...”. Ancora oggi queste parole sono di un’at­tualità sconcertante; dopo un secolo, offrono ancora spunti di riflessione.


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grandissimo natale

TORNERA


Anniversari di Salvatore Parlagreco

questione

meridionale ALL’ATTO DELL’UNIFICAZIONE ITALIANA ERA GENERALE LA CONVINZIONE CHE TRA LE DUE MAGGIORI PARTI DEL PAESE

- L’AREA PADANA E L’AREA MERIDIONALE -

LE DIFFERENZE DI VITA FOSSERO DOVUTE UNICAMENTE ALLE SFORTUNATE VICENDE POLITICHE DEL MEZZOGIORNO. SECOLI DI DOMINAZIONE STRANIERA, CULMINATI IN ULTIMO NEL DISASTROSO REGIME BORBONICO DEGLI ULTIMI ANNI AVEVANO “ANNICHILITO LA PROSPERITÀ E L’INDOLE DEGLI ABITANTI DI UN PAESE NATURALMENTE FELICE E FORTUNATO, FAVORITO FIN TROPPO DALLA NATURA PER IL SUO CLIMA E PER LA PRODIGIOSA FERTILITÀ DELLE SUE TERRE”

A

ll’atto dell’unificazione italiana, tra il 1860 e il 1861, era generale la convinzione che tra le due maggiori parti del Paese - l’area padana e l’area meridionale - le differenze di vita fossero dovute unicamente alle sfortunate vicende politiche del Mezzogiorno. Secoli di dominazione straniera, culminati in ultimo nel disastroso regime borbonico degli ultimi anni avevano “annichilito la prosperità e l’indole degli abitanti di un paese naturalmente felice e fortunato, favo-

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rito fin troppo dalla natura per il suo clima e per la prodigiosa fertilità delle sue terre [...]. Un regime di libertà, un riscatto nazionale, la penetrazione non più impedita della civiltà in tutti i suoi angoli avrebbero, anche in breve tempo, restituito al Mezzogiorno l’antica prosperità di cui raccontavano le storie della Magna Grecia, della Sicilia musulmana, della monarchia normanna e sveva. In realtà poco fu fatto dai governanti del regno a vantaggio del Mezzogiorno d’Italia. Il sistema fiscale, il regime di liberismo negli scambi in-

terni ed internazionali, gli ordinamenti amministrativi, la legislazione penale e civile furono adeguati a quelli del Piemonte sabaudo. Non si tenne conto che il Mezzogiorno era vissuto fino ad allora in un regime di lieve pressione fiscale e aveva potuto mantenere una moneta forte e stabile ed anche accumulare riserve bancarie di tesoreria, non perché fosse ricco e la sua ricchezza non fosse appieno sfruttata, ma solo perché un regime politico fortemente conservatore aveva ridotto al minimo gli impegni dello



Anniversari Francesco Nitti

Stato nei lavori pubblici e nella costruzione delle grandi infrastrutture di un paese moderno (strade, ferrovie, scuole etc). La pressione fiscale si scaricò così su un’economia che per la sua sostanziale fragilità e precarietà non era in grado di sostenerla il regime liberistico travolse quel po’ di sviluppo manifatturiero che molto faticosamente aveva attecchito intorno alla capitale negli ultimi tempi dei Borboni. Dopo due o tre decenni di vita unitaria si cominciò pertanto a parlare di una “questione meridionale” e prese l’avvio il “meridionalismo”, ossia una riflessione organica sui problemi che si ponevano nell’Italia unita per il forte dislivello tra le due sezioni del Paese,che, con gli anni, invece di diminuire andava crescendo. Alla prima fase del pensiero meridionalistico appartiene la riflessione di Giustino Fortunato. A lui è dovuta la più convinta e appassionata adesione all’idea dell’unità d’Italia contro i nostalgici della secolare indipendenza napoletana, che attribuivano all’unità i mali del Mezzogiorno. Fortunato affermò con fermezza che se non si fosse legato allo Stato italiano, il Mezzogiorno non avrebbe potuto essere sottratto a un destino africano o balcanico data la scarsezza delle sue risorse naturali e la debolezza della sua struttura sociale. E alla chiarificazione della povertà naturale del Mezzogiorno Fortunato dedicò tutte le sue migliori energie mettendo in luce come, malgrado la “dorata menzogna”, il Mezzogiorno fosse in realtà un paese di aspre e brulle montagne, con pochissime pianure, largamente disboscato e perciò preda dell’erosione naturale, con un regime pluviale e idrologico disastroso, condannato ad una lunga siccità estiva, con terreni argillosi e calcarei perennemente frananti, incapaci di garantire l’humus necessario ad un’agricoltura degna di questo nome. Perciò Fortunato raccomandava estrema prudenza nel governo economico e fiscale di un paese così diverso dall’immagine che se ne aveva, sollecitando un trattamento che permettesse di alleggerire la condanna della natura e di facilitarne la relativa fioritura. Intanto però grandi trasformazioni non mancavano di aver luogo nel Mezzogiorno: le varie province si scioglievano dall’antica soggezione e dipendenza verso Napoli e, in Sicilia, verso Palermo; iniziava anche un importante progresso agrario in alcune zone come le pianure campane e pugliesi, la conca di Palermo, la piana di Catania; si faceva sensibile la commercializzazione di prodotti agrari; si sviluppava, oltre alle due capitali, tutta una serie di altri ragguardevoli centri urbani (specialmente Bari e Catania); veniva creata una rete ferroviaria, sia pure estesa più in senso longitudinale che latitudinale; migliorava, infine il livello dell’istruzione e della vita pubblica. Proprio questo miglioramento rendeva peraltro più traumatica la constatazione dell’impotenza con cui la differenza tra le due Italie si andava sempre più palesando.

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Gaetano Salvemini

Alla fine del 1880 i contrasti che portarono a una vera e propria guerra economica con la Francia - maggiore cliente del Mezzogiorno agrario di allora - inflissero un duro colpo all’agricoltura meridionale. In quegli stessi anni la reazione alle nuove condizioni economiche e sociali del Mezzogiorno - che fra il 1860 e il 1865 si era manifestata con il vasto movimento di brigantaggio, in parte mosso da manovre clericali e borboniche, in parte dal disagio per l’ampia alienazione dei demani comunali e dei beni confiscati al clero in favore della borghesia meridionale - trovò sbocco nel movimento migratorio torrenziale che nel giro di un paio di decenni portò alle lontane Americhe alcuni milioni di meridionali e di siciliani. Fu dinanzi a queste contraddizioni e a questi più urgenti e stringenti problemi che maturò alla fine del secolo lo sforzo di riflessione di Francesco Nitti. La principale tesi di Nitti era che lo sviluppo settentrionale e il sottosviluppo meridionale dopo l’Unità fossero stati determinati fondamentalmente.nella loro relazione, dal forte drenaggio dei capitali meridionali attraverso il fisco e il credito e dall’indirizzo della politica doganale, prima liberistico e poi, con la conseguente rottura con la Francia, protezionistico nei settori più gravosi (siderurgia, zucchero, grano). Nitti perciò proponeva una politica di intervento e una politica sociale in grado di avviare una vera e propria industrializzazione del Mezzogiorno a partire da Napoli. Puntare sull’industrializzazione rappresentò la maggiore novità. Nello stesso tempo la corrente degli economisti favorevoli al libero scambio sviluppava in particolare il tema contro il protezionismo. Puntare sull’industrializzazione rappresentò la maggiore novità. Nello stesso tempo la corrente degli economisti favorevoli al libero scambio sviluppava in particolare il tema contro il protezionismo. Il socialismo italiano aveva dedicato poca attenzione, nel complesso, al problema meridionale vedendo il nodo della questione sociale in Italia là dove si affrontavano un proletariato e un capitalismo moderno, ossia nell’Italia settentrionale, e ciò malgrado i fasci siciliani nel 1892-1894 e gli episodi meridionali della crisi del 1898 avessero dimostrato che il Mezzogiorno era un punto estremamente critico dell’organismo nazionale. Gaetano Salvemini assunse perciò una posizione assai originale quando vide nella questione meridionale una causa che andava differenziata anche secondo le classi sociali; individuò nella grande borghesia agraria che si avvantaggiava del dazio sul grano e nella piccola borghesia urbana le zone da combattere nella società meridionale, e prospettò un’alleanza di classe fra contadini del Sud e operai del Nord e il suffragio universale (a cui si giunse nel 1913) come ele menti decisivi per far contare le masse rurali nel Sud e dar luogo alla soluzione del problema meridionale.



Eventi di Salvatore Parlagreco

il papa a palermo

La Chiesa da Ruffini a don Puglisi

I siciliani forse non sono buoni cristiani, ma di sicuro non sono cattivi cristiani. Il loro passato è controverso, il presente incerto, il futuro inaccessibile. Nel dna conservano tante cose insieme, possono parlare meglio agli altri perché hanno una storia complicata ma importante, fatta di diversità ed integrazione e rappresentano, perciò tante “storie”. Con le miserie e e le virtù di ognuna.

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a Chiesa siciliana è figlia di tutto questo: non è un’oasi di santità, vive di bagliori e di una faticosa quotidianità, figlia del secolo: forse ha perso l’appeal guadagnato nel tempo dai suoi pastori più forti ma ha avuto, ed ha qualcosa di buono da testiomoniare e raccontare. La Chiesa del cardinale Ruffini non c’è più, ma quella del cardinale Pappalardo non c’è ancora, la sua voce è flebile. Non c’è da dare colpa ad alcuno di questo: vive il suo tempo. La scuola, la famiglia, i maestri del sapere, al pari della Chiesa, hanno segnato il passo, emarginati dal predominio dei media e delle tecnologie avanzate, che hanno imposto una dinamica sociale lontana dalla lezione di Pietro. Dare la responsabilità al progresso, tuttavia, sarebbe un errore, così come alimentare la nostalgia di ciò che la Chiesa è stata, senza guardare in profondità al passato, e potrebbe provocare maggiori danni di quanto non ne faccia un atteggiamento di acquiescenza smarrita oggi. Vivere il proprio presente con dignità è già tanto. Benedetto XVI c’è riuscito: si è guadagnato stima, considerazione e affetto grazie a un atteggiamento umile e onesto verso la Chiesa e il mondo. Gli era stata consegnata una eredità “insopportabile” dal suo predecessore, un grande Papa ed un grande uomo, dotato di straordinario carisma. Non avrebbe potuto esserci alcuno più diverso del cardinale di Cracovia quanto il Pontefice tedesco, uomo di studio, teologo, assiduo frequentatore dei Sacri Palazzi. Giorno dopo giorno, Benedetto XVI si è fatto strada nel cuore della Chiesa ed è riuscito a parlare alla “testa” della gente, quella che crede e l’altra, che non crede e vorrebbe

farlo con tutto il cuore. La sapienza convive in lui con l’umanità, e la supremazia della prima – sempre in agguato – viene docilmente rimossa a favore della seconda ogni volta che occorre. Le sue parole sono servite a scoprire luoghi cancellati dalla quotidianità. Coloro che l’hanno ascoltato sono stati aiutati a guardarsi attorno e ripercorre quel tratto smarrito della loro esistenza. Il Papa teologo ha dato alla Chiesa la profondità di pensiero, che il carisma del predecessore lasciava solo in superfice. Benedetto XVI ha affrontato una pagina oscura e rimossa della Chiesa, ignorata o sottovalutata, la pedofilia dei religiosi, e si è cimentato nella sua opera di redenzione con le armi della verità, della giustizia e della semplicità. Penitenza e rinascita. Ha difeso la Chiesa e tante giovani vittime dei preti pedofili con eguale forza e coraggio. La visita di Benedetto XVI in Sicilia è una opportunità forse irripetibile di crescita civile, culturale, religiosa sia per la Chiesa quanto per il mondo laico. La Chiesa deve compiere la sua missione nell’Isola, spezzando il legame fra crimine e fede, legame che ignoranza, timidezza, indulgenza, comparaggio hanno lasciato convivere. La mala pianta della mafia affonda le sue radici anche nella credenza che possano essere accolti nella casa di Dio uomini adusi alla violenza, alla prepotenza, al delitto per procacciare ricchezza e potere. Ovunque regni il crimine organizzato – nelle Americhe, in Italia o altrove – boss e manovali “frequentano” la fede, offrono doni alla chiesa, conservano santini nel portafogli.

Perché mai il giuramento di ubbidienza e fratellanza alla mafia è intriso di credo religioso, con il sangue e il santino legati insieme? In Sicilia, Papa Giovanni Paolo II diciassette anni or sono – rivolse parole inequivocabili agli uomini e donne di mafia. “Convertitevi” – urlò ai mafiosi – “c’è una giustizia di Dio a cui dovete sottomettervi anche voi”. Ma i boss non avevano da percorrere il cammino della conversione, perché credevano, e credono, di appartenere alla Chiesa. Ignorando la pedofilia, la Chiesa ha creduto di evitare alla fede l’insulto di una responsabilità seppure oggettiva. Subendo la mafia, la Chiesa si è illusa di rimanere fuori dalla “disonorata società”, rendere più mansueto il crimine, portare le pecorelle smarrite all’ovile o, peggio, di mantenere la centralità della Chiesa, ed ha finito con l’assecondare, inconsapevolmente, la l’inaccettabile convivenza fra crimine e fede. La testimonianza di padre Puglisi ha rappresentato una svolta, schierando la Chiesa dalla parte della giustizia e della fede, ma è stata la diversità di padre Puglisi a ridare alla Chiesa ciò di cui si era spogliata, e fare di un onesto sacerdote una vittima. Il cardinale Pappalardo invocò lo Stato, assente, contro la mafia, e cercò di mobilitare la Chiesa siciliana, conseguendo successi e subendo delusioni. Padre Puglisi educò la Chiesa a vivere con onestà la sua missione. Se dai pulpiti fosse stato dato sempre e ovunque un nome al diavolo, chiamandolo mafia, quel legame fra fede e crimine sarebbe stato spezzato. Papa Benedetto ha cacciato via dalla Chiesa i pedofili che non meritavano di frequentarla. Ci auguriamo faccia altrettanto con gli uomini del crimine che credono di appartenere alla Chiesa.




Ieri & Oggi di Salvatore Parlagreco

il marciapiede

e la cittÀ N

ell’immaginario collettivo il marciapiede è il luogo della passeggiata, dell’amicizia, dell’incontro, del tempo libero, del dialogo. Il salotto dei nomadi, l’archetipo della socialità, l’agorà senza fissa dimora, il ‘circolo’ rettilineo. Esso esprime genuinamente lo spirito dell’umanità, la voglia di stare insieme, incontrarsi, conoscersi. Il marciapiede è il riposo, l’animo sgombro, il piacere di assecondare il proprio corpo, i pensieri, i sentimenti, le piccole cose. 0 discorrere di tutto e di niente con la persona cui ci si accompagna. Sul marciapiede il discorso si fa volatile, necessariamente soft, senza pretese. L’oggetto, l’argomento, il tema hanno scarso rilievo; quel che conta è scambiarsi le idee, parlare per parlare, ascoltare ed ascoltarsi. Alla fine del discorso non si firmano patti di sangue, né contratti: si ritorna come prima. 0 così sembra. Il marciapiede mantiene la volatilità, ma regala la memoria lieve. È questa, la memoria lieve, non l’evento i partico-

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lari, a farci diventare quello che siamo le opinioni, i giudizi, le virtù, le passioni l’ottica’con cui vediamo le cose, l’abitudine a scoprire il mondo. Discorrendo di niente con gli amici e stando in pantofole davanti al televisore, matura la nostra personalità. Nella conversazione noi”ci siamo”, siamo presenti, filtriamo le parole altrui, davanti al televisore ci limitiamo a registrare ciò che apprendiamo senza saperlo. Discorrere in piedi è diverso che stando seduti, attorno ad un tavolo, anche se ospitato su un marciapiede. Attorno al tavolo la conversazione diventa più impegnativa, talvolta spigolosa, o al contrario annoiata, frustrante. Il marciapiede preferisce la conversazione leggera, perché è stato realizzato per il trasferimento, la mediazione, il tempo di mezzo. Il marciapiede è anche una banchina sopraelevata che divide le sedi dei binari di una stazione, nel qual caso designa l’attesa, raccoglie gli umori di chi parte e i pensieri di chi arriva, gli abbracci di gioia e le lacrime. Appartiene ai momenti topici degli uomini, ai giorni della partenza e del ritorno, che segnano l’intera esistenza di un individuo.


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l marciapiede di una stazione non partecipa, tuttavia, alla vita degli uomini che lo attraversano: non ha mai conquistato una sua autonomia. È stato ignorato dalla letteratura, perché è rimasto arredo urbano, mezzo, strumento. Il cinema e il teatro l’hanno adottato e se ne sono serviti senza dargli anima ma solo corpo: lo scenario, il luogo della rappresentazione e nulla di più. Il marciapiede delle città, invece, fa parte della vita degli uomini, si contende i loro sentimenti, le generosità e le crudeltà. Per questo motivo è amato e odiato con eguale passione, frequentato o evitato con il medesimo impegno. Esso ricorda sempre qualcosa che non c’è più o ciò che c’è ancora: è un mezzo, non un pezzo di asfalto. Che la gente lo gremisca o meno, il suo carisma è rimasto intatto. L’ora del passeggio è entrata nella storia del costume, è rimasta nella nostra memoria, come i volti di coloro a cui ci siamo accompagnati piacevolmente. Quando si attraversa il marciapiede fra la folla l’angustia irrita senza pro-

curare alcuna rabbia, come una voglia di libertà appena appagata. Camminare da soli su un marciapiede può fare sentire tristi quanto l’essere abbandonati da una persona cara, ma può offrire l’occasione per una utile riflessione, un piacevole ricordo. Se lo si attraversa di sera e i lampioni emanano una luce fioca, il marciapiede induce ad indovinare gli umori e i pensieri della gente che si incontra, non solo i loro volti. Puoi nasconderti senza nasconderti, e parlare, ridere, piangere. Ciò che vuoi. Una volta il marciapiede era largo e comodo, fiancheggiava le strade in entrambi i lati, e ospitava gli appuntamenti dei giorni festivi o serali. Era diventato cosi importante, che occupava anche la carreggiata. Ovunque, il traffico delle vetture veniva inibito nelle ore serali e nelle giornate domenicali. Un fiume di uomini e donne regalava allo ‘struscio’ le ore più importanti del tempo libero. Niente offriva occasioni migliori per incontrare gli occhi della persona amata o avere notizie degli amici, o

dava spazi più gentili per i tavolini del caffè in cui prendere un sorbetto nelle serate d’estate. Durante il passeggio domenicale gli in contri e gli sguardi servivano a stipulare solidarietà senza parole, a consolidare sentimenti,a verificare disponibilità, a stringere mani e amicizie. Questo avveniva una volta. Ora non più. Le grandi città hanno abolito il marciapiede e l’hanno regalato alle macchine. Esso è così divenuto un parcheggio imbrattato di catrame, deposito di spazzatura. Ogni giorno che passa, pezzi di marciapiede vengono concessi alle macchine: una erosione continua che fa pensare al mare che s’infrange sull’arenile e lo deruba costantemente. Oggi è preferibilmente frequentato da signori che accompagnano il cane per la defecazione quotidiana e diviene, fatalmente, una fogna a cielo aperto, nella quale il pedone che si ostina ad attraversarlo deve compiere salti mortali per non finire sulla cacca degli animali.


Ieri & Oggi il marciapiede

e la cittÀ

L Oggi il marciapiede non è più luogo della passeggiata, del dialogo e dell’amicizia, ma l’esatto contrario...

a strumentalità degli appelli a vivere la città, passeggiando sui suoi marciapiedi, è così evidente da costituire testimonianza esemplare del cinismo e dell’ipocrisia degli amministratori. Nato ai lati della strada come luogo destinato esclusivamente al transito dei pedoni il marciapiede s’era conquistato una posizione di privilegio, che ha decisamente perduto nel nostro Paese, e specie nel Mezzogiorno d’Italia. I Romani lo costruirono con una semplice fascia pavimentata allo stesso livello della carreggiata, nel XVIII secolo si elevò di pochi centimetri rispetto alla strada, isolandosi grazie ad un gradino. Una modifica provvidenziale, che l’avrebbe reso più sicuro, da lì a poco, con l’arrivo delle vetture a motore, scoppiettanti e veloci.

Di recente, è diventato il parametro della civiltà, delle pari opportunità, dell’uguaglianza. È stato dotato di scivoli per permettere ai disabili di salirvi e scendervi come ogni altro cittadino. Una città dotata di marciapiedi con scivolo è stata così giudicata civile e moderna, una città priva degli scivoli, egoista e incivile. Niente di più falso: gli scivoli non permettono giudizi definitivi; non assegnano perciò premi né condanne. Una volta costruiti, sono stati dimenticati, ignorati e non hanno risolto nulla, perché i marciapiedi sono stati sequestrati, presi d’assalto, assediati, soffocati, resi inutilizzabili

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perché ospitano parcheggi, bancarelle, venditori ambulanti a carattere stanziale, bidoni della spazzatura, materiale di risulta, tavoli di bar e ristoranti. Così la parabola del marciapiede sembra compiersi e la sua fine appare ormai prossima. Il fatto che il marciapiede abbia una cattiva fama non è dovuto al caso o a un destino bizzarro, ma ad una scelta degli uomini che lo hanno ridotto ad un letamaio intransitabile. Non più luogo della passeggiata, del dialogo e dell’amicizia, ma l’esatto contrario, il posto della mercificazione del corpo: niente appare più ignominioso dell’attribuire a qualcuno la frequentazione del marciapiede, trasformatosi in metafora della vita venduta. Il marciapiede è, infatti, sinonimo di prostituzione di infimo grado. Una prostituta da marciapiede non gode di un briciolo di considerazione, desta paura, vergogna, irritazione, rabbia. Così come ci sono donne da marciapiede, ci sono uomini da marciapiede, figli del marciapiede, persone che battono il marciapiede, si buttano su di esso o lo lisciano al fine di perder tempo e bighellonare. Il marciapiede può dunque essere un luogo sordido, infame, in cui si mercifica il corpo, si vende l’anima. Vi passeggiano, dunque, il Bene e il Male. Il marciapiede che accoglie il Male, si trova ai margini della città,nelle periferie abbandonate o nei luoghi e nelle ore meno frequentati, mentre l’altro, quello che accoglie il Bene, aspira alla solarità, alla conoscenza e all’amicizia. È questo a subire le insidie più subdole, a venire espropriato alla fruizione dei cittadini. Come salvarlo da un così sordido destino? La nostalgia del marciapiede induce a nutrire speranza, ma i fatti - i rifiuti lasciati dalle passeggiate dei cani, per esempio - inducono al pessimismo. Ma consoliamoci: sentire nostalgia per il marciapiede è un sentimento positivo: elegge l’individuo comune a rappresentante della società civile.


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Costume

sesso siciliano spesso, e con passione Bisogna fare l’amore spesso e con sentimento: queste le condizioni per vivere bene il rapporto di coppia secondo i siciliani.

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o testimoniano le risposte fornite dal campione rappresentativo dei 7.600.000 uomini e donne nella fascia d’età trai 30 e i 60 residenti nell’area geografica che si può identificare come “neo-sud” (Sicilia, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria) nell’ambito della ricerca “Gli italiani, i rapporti sessuali e la disfunzione erettile” condotta da AstraRicerche con il supporto di Lilly. Alla domanda “Quali condizioni rendono i rapporti sessuali più validi e soddisfacenti il 76% ha risposto “Fare l’amore non è solo un atto fisico ma coinvolge la testa e il cuore” e il 70% ha dichiarato “Se i partner si amano”. Oltre che romantici, i siciliani sono anche passionali. Per quasi il 40%, rispetto a una media nazionale del 33%, fare l’amore spesso aiuta la felicità della coppia e per il 63% i rapporti sessuali sono più soddisfacenti se c’è la passione. E se il sesso dovesse subire qualche … rallentamento? Uomini e donne in Sicilia hanno le idee ben chiare, anche nel caso in cui dovesse presentare un disturbo come la disfunzione erettile. Il 72,5% ha sentito parlare di questa patologia e dei farmaci che la curano. Quasi la metà degli intervistati ha, inoltre, precisato che le cure specifiche per la DE sono più valide se permettono di fare l’amore spontaneamente, quanto sorge il desiderio. “La conoscenza del problema da parte

dei siciliani è il segno dei tempi che stanno cambiando” – afferma il Dottor Danilo Di Trapani, Coordinatore Regionale SIA (Società Italiana di Andrologia) – “Per fortuna, aggiungo, perché abbiamo dovuto lottare a lungo contro quel mix di orgoglio e vergogna che impedisce agli uomini di ammettere di soffrire di un disturbo erettivo. Con risultati drammatici, dal momento che otto uomini su dieci preferivano l’astinenza anziché rivolgersi a un medico. E quel 20% che andava da uno specialista, attendeva in media un paio di anni dall’inizio dei disturbi”. Ciò grazie al lavoro svolto dalle Società Scientifiche e dalle ditte farmaceutiche, la cui attività congiunta ha contribuito a spiegare che la Disfunzione Erettile è una malattia che può essere curata e guarita da terapie farmacologiche o chirurgiche. Per tale motivo non è più accettabile compromettere le qualità della vita di coppia e del singolo individuo per tale patologia. “Oggi - continua il Dr. Danilo Di Trapani - sempre più uomini e donne affrontano insieme la disfunzione erettile per tornare a vivere una sessualità spontanea e gioiosa”. “Recenti studi - conclude il Dr Di trapani - hanno rivelato che l’autostima sessuale degli uomini affetti da disfunzione erettile cresce maggiormente con il trattamento farmacologico giornaliero che slega l’assunzione della pillola dell’atto sessuale”.



Costume di Alessio Ferlazzo

il tatuaggio? È per sempre I

n principio erano un segno di riconoscimento soprattutto per galeotti e marinai, adesso i tatuaggi sono diventati una moda sempre più diffusa e che non conosce età. A volte vengono fatti per ricordare un evento o una persona, in altri casi solo per motivi estetici. I tatoo stanno spopolando e i vip pare non possano farne a meno. Federica Pellegrini ad esempio, campionessa di nuoto, ne possiede sette che vanno dal collo ai piedi. La bella Federica ha anche ammesso di essere svenuta dopo il tatuaggio fatto sul fianco, un dolore talmente forte che le ha causato un malore. Il dolore dell’ago che dipinge il corpo disegnando forme tra le più svariate dando vita in alcuni casi a vere e proprie opere d’arte. Come il gallerista Nicolò Cardi che sul corpo non ha un tatuaggio ma un vero e proprio affresco che parte dalla spalla e finisce nella mano ed è in continua lavorazione. “L’opera d’arte” è stata realizzata da cinque tatuatori diversi. Il re incontrastato rimane però Fabrizio Corona con i suoi 60 tatuaggi sparsi per il

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corpo. Per lui è una vera e propria dipendenza e recentemente ha anche dichiarato “che non può stare a lungo senza farsene uno”. Chi non è da meno è il calciatore Marco Materazzi che sul corpo ha una vera e propria bacheca di trofei. Dopo la coppa del Mondo conquistata nel 2006, sul corpo del difensore dell’Inter finirà anche l’immagine della Coppa dei Campioni conquistata a maggio a Madrid. L’uomo più tatuato al mondi rimane comunque il guinness dei primati l’australiano Lucky Diamond Rich, ricoperto per il 100% del suo corpo compreso l’interno della bocca e delle orecchie, due parti difficile e molto dolorose da tatuare. Fare dei tatuaggi può essere pericoloso se non ci si affida a mano esperte. Il tipo di colori che possono rivelarsi tossici, l’ago non sterilizzato possono rivelarsi dannosi per chi si affaccia al mondo della body art. In altri casi il pericolo lo si va a cercare come il produttore musicale Ceccherini, il quale si è fatto tatuare un drago con degli aghi singoli così come vuole la tradizione orientale e senza anestesia. Risultato? Una notte con la febbre a 40° e un po’ di spavento. Ma un tatuaggio è come un diamante, cioè per tutta la vita. Esistono ormai tecniche all’avanguardia che permettono tramite un laser di eliminare il tatuaggio, ovviamente lasciando una cicatrice o una macchia bianca lì dove era presente il disegno o la scritta che tanto prima si era desiderata. Una segno indelebile sul corpo che rimarrà per tutta la vita, come un diamante ma meno prezioso.



Società

i pirati ora sono sulle strade

I rno Ogni gio in Italia no accado ente mediamistri 633 sinrada, sulla st morti con 14imento e il fer di 900 e person

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l 10 agosto a Palermo due gemelli in carrozzina sono stati travolti da un’auto all’incrocio fra via Maggiore Toselli e via Streva: il nonno li aiutava ad attraversare sulle strisce pedonali. Una delle bambine è morta. A Mondello, pochi giorni fa, un tir a velocità sostenuta finisce sulla spiaggia, uccide una povera donna e solo per un miracolo non fa una strage. I primi di ottobre, un maresciallo dei carabinieri in corso Calatafimi investe una giovane rumena e non la soccorre. Sabato scorso una utilitaria a causa di una manovra da criminali si scontra con una motocicletta e ferisce gravemente due persone. Il conducente prosegue la sua corsa. Dieci giorni or sono una nostra collega torna a casa in via del Bersagliere sulle strisce, viene investita da un motociclista. Fugge anche lui, come il sottufficiale. In due anni, 2008 e 2009, gli incidenti mortali sulle strade di Palermo sono cresciuti del 48 per cento. Ogni giorno in Italia accadono mediamente 633 sinistri sulla strada, con 14 morti e il ferimento di 900 persone. Alla nostra collega che in ospedale raccontava di essere stata vittima di un pirata, i carabinieri di servizio hanno detto che episodi di questo tipo ormai sono all’ordine del giorno a Palermo.

E altrove? Temiamo che siano frequenti anche altrove, purtroppo. Perché tanti “pirati”? Imbarbarimento o che cosa? Qualcuno pensa che sia da addebitare al costo dell’assicurazione. Pare che siano in tanti a non esserne forniti, per via anche della crisi economica. Se aiutassero i feriti, sarebbero guai di varia natura. La spiegazione è plausibile ed insieme orribile. Ci sono uomini e donne che avrebbero potuto salvarsi, se soccorsi per tempo, se fossero stati nelle condizioni di pagarsi l’assicurazione. Ma se ciò è vero, significa che i controlli cittadini degli autoveicoli e dei ciclomotori sono insufficienti. L’assenza di vigili urbani nelle strade del capoluogo è un dato incontrovertibile e questo aumenta l’impunità, e con essa l’insicurezza. L’auto è un’arma letale, ma sono pochi ad esserne consapevoli. Non viene usata con la stessa accortezza con cui si usa un’arma. E chi la usa ed ammazza qualcuno, difficilmente finisce in galera, perché il suo comportamento irresponsabile alla guida non viene punito dalla legge come un crimine comune, con qualche eccezione. Perché le città tornino sicure – ammazza più il traffico che


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la delinquenza – è necessario che i conducenti siano coscienti di usare un’arma. La prudenza e la diligenza, il rispetto delle norme, non sono optional, sono obblighi di legge oltre che obblighi morali verso gli altri e se stessi. Controlli efficaci e costanti costituiscono un elementare presidio di sicurezza. A Palermo sono pressocché inesistenti. L’assenza di controlli non è un problema limitato al traffico. L’abuso viene perpetrato in altri settori. Basta farsi un giro per Palermo e rendersene facilmente conto: il suolo pubblico vien occupato da chiunque lo ritenga ovunque aumentando spesso i problemi del traffico cittadino. Questa condizione incoraggia l’abuso e l’illegalità, che sono il primo passo verso il grande crimine, organizzato o meno. I controlli sono essenziali per prevenire incidenti ed abusi e realizzare una cultura della legalità.

Non basta un’educazione alla legalità, occorre che la presenza dello Stato sia percepita attraverso i tutori dell’ordine, a cominciare dagli agenti municipali. Il piccolo abuso, solitamente trascurato, è il primo livello dell’illegalità: la somma di piccoli abusi fa crescere nell’individuo una sensazione d’impunità con conseguenze esiziale. Ogni gesto, comportamento, azione illegale non punito crea un’ingiustizia, indebolisce lo Stato e crea il terreno di cultura del crimine. L’alto numero di pirati della strada non è solo conseguenza della crisi economica e dei costi stellari delle assicurazioni, ma di una diffusa percezione d’impunità. Il crimine, comune o organizzato, influenzano la percezione d’insicurezza, ma non ne sono l’unica causa.

Ogni gesto, comportamento, azione illegale non punito crea un’ingiustizia...


Costume di Alessio Ferlazzo

gay e pallonari... S

olo pochi giorni fa il giornalista Paolo Colombo durante la puntata del Chiambretti night aveva dichiarato di conoscere alcuni giocatori gay che tutt’ora militano in Serie A, rifiutandosi di rivelare i nomi. Da quelle parole che tanto hanno scandalizzato i benpensanti ecco le ultime rivelazioni di Alessandro Cecchi Paone. Il giornalista ai microfoni di Mattino 5 ha dichiarato di avere avuto “due storie molto belle con calciatori, che però purtroppo sono naufragate perché erano obbligati a tenere in segreto questo amore per paura dello spogliatoio, dei tifosi e dei colleghi”. Anche Cecchi Paone come il collega Colombo non rivela i nomi ma lascia degli indizi. “Uno dei due giocatori gioca in serie A e uno in serie C1: uno ha una finta moglie e l’altro una finta fidanzata”. Sembra cadere definitivamente un taboo con le ultime rivelazioni dei due giornalisti anche se di omosessualità nel mondo del calcio se ne parla ormai da anni. “Non parlare dell’omosessualità nel calcio è un’autodifesa di quel mondo. Nel calcio però di gay ce ne sono, me ne accorgo quando li intervisto. Anche nelle squadre al top della classifica. Aveva detto Paolo Colombo ospite da Chiambretti - Ci sono giocatori controllati, giocatori per cui le società hanno ritirato le foto perché questi erano in compagnia di uomini anche nudi sulle barche. C’è una sorta di pudore da parte delle società per proteggere il giocatore, anche se poi l’anno dopo, lo stesso giocatore, viene immediatamente ceduto”. Mai nessuno in Italia aveva “osato” tanto. E adesso in tutti i tifosi e non solo è scattato il toto-calciatore.

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Costume di Domenico Giardina

Aperitivo lungo e risto-disco

la movida scopre ritmi lenti

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ounge pub, risto-disco, pool party. Sono le nuove parole chiave del divertimento con la musica. In netto calo le discoteche che sembrano perdere molto del loro fascino maledetto. La nuova moda impone un andamento più lento, la rilassatezza sul movimento e la compagnia sull’individualismo della pista da ballo. Insomma, l’aperitivo vince sul dopo-cena. Il bar o il chiosco come luogo di socializzazione sembra avere la meglio sulla discoteca. I ritmi lenti e introspettivi della musica chillout e lounge permettono di godersi la compagnia delle persone con cui ci si ritrova, gustandosi un buon drink magari di fronte a uno splendido tramonto sulla spiaggia. Per poi magari mettersi a ballare seguendo i ritmi trascinanti ma non martellanti della musica dub e dell’elettronica minimal. Sostanzialmente è questo l’ambiente in cui si svolgono questi aperitivi “allungati” fino a ora di cena e oltre. I giovani subiscono il fascino “cool” di questi luoghi e vi si fiondano in massa.In fondo, a differenza delle discoteche dove tra luci intermittenti e ritmi ossessivi diventa più difficile, sono luoghi dove molti cercano di mettersi in mostra sfoggiando l’ultimo abito alla moda o il fisico palestrato, dando vita

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a nuove tendenze che finiscono per influire nella vita di tutti i giorni. Le possibilità di scelta, poi, sono molto varie e cercano di soddisfare un po’ tutti. Si va dal long aperitif, che inizia a metà pomeriggio e si protrae per tutta la sera: prima ci si rilassa accompagnati da drink e stuzzichini e poi si balla con i dj set più alla moda. La variante “appetitosa” porta al risto-disco, ovvero quei locali che offrono un menu da ristorante e una volta giunti nei dintorni della mezzanotte si trasformano in una pista da ballo dopo aver spostato adeguatamente i tavolini. Una versione ancora più estesa del long aperitif può essere il pool party, cioè la festa a bordo piscina che inizia la mattina e finisce a sera inoltrata. La musica dei dj fa da sottofondo e chi vuole può ballare sulla terraferma così come dentro l’acqua. Insomma si riscopre la voglia di parlare con l’altra persona e non solo di ballarci insieme al ritmo martellante della musica da discoteca. Con un vantaggio in più: avendo degli orari più “light” il giorno dopo si riesce ad essere più lucidi e magari anche a ricordarsi della persona conosciuta appena qualche ora prima.


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Costume di Stefania Brusca

Donne al top nello sport

ma la tv le relega in cucina

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untare sulle donne. Questa frase lascia il tempo che trova. Resta, appunto, lettera morta. Non se ne può più di sentir parlare di quote rosa, dell’efficienza del gentil sesso nel campo dell’industria come in politica. Eppure non si può fare a meno di tornare sull’argomento, perché semplicemente nulla, o molto poco, è cambiato e perché di fatto nei campi in cui le opportunità di farsi valere non mancano, le donne hanno prodotto risultati straordinari. Uno su tutti? Lo sport. Ma andiamo con ordine. Gli ultimi dati di ManagerItalia parlano chiaro: le manager nel Belpaese sono solo l’11,9 per cento del totale. Il dato ci condanna a rimanere rovinosamente indietro rispetto all’Europa in cui presenza al femminile tra i dirigenti aziendali è del 33 per cento. In Norvegia la quota decolla e tocca addirittura il 42 per cento. Donne spesso divise tra la voglia di diventare mamme e quella di fare carriera, che spesso devono anche accontentarsi di uno stipendio inferiore rispetto a quello dei loro colleghi maschi. Nel report di Manageritalia un dato che deve far riflettere e che un pò stupisce riguarda la distribuzione delle donne imprenditrici: sono più al Sud che al Nord. Al primo posto della classifica sul fronte rosa nel campo dell’industria infatti troviamo la Calabria e il Lazio. Agli ultimi posti Trentino Alto Adige, Abruzzo e Molise. Una perdita continua di opportunità di crescita e di sviluppo se si stima che il 58 per cento dei laureati in Italia sono donne. La musica non cambia anche in politica. Nel Parlamento siedono 191 donne su 945 rappresentanti, solo il 20 per cento. 133 alla Camera e 58 al Senato. Soltanto 11 su 65 ricoprono l’incarico di ministro o sottosegretario.

Del resto scorrendo rapidamente i canali della televisione pubblica, specchio del Paese, non si può fare a meno di notare che alle donne vengono riservate per lo più trasmissioni di approfondimento sulla famiglia, sulla società o sulla cucina. Nei canali a pagamento vengono valorizzate molto di più. Su Sky ad esempio, Ilaria D’Amico, Federica De Sanctis, Paola Saluzzi, Maria Latella si occupano di tematiche che riguardano fatti di cronaca, politica e lo sport, settore storicamente riservato agli uomini. Proprio in quest’ultimo campo il gentil sesso si è fatto valere in modo ineccepibile. Basta guardare ai risultati nel tennis di Flavia Pennetta, prima italiana a entrare tra le prime dieci giocatrici più forti al mondo, che ha trionfato alla Fed Cup nel 2006 e nel 2009 o di Francesca Schiavone vincitrice al Roland Garros. Per non parlare delle ragazze della nazionale di pallavolo, della Pellegrini nel nuoto, e recentemente della Bronzini nel ciclismo. Il tema sarà pure trito e ritrito, ma visti i risultati sarebbe ora che si passasse dalle parole ai fatti e le donne schierate finalmente in prima linea.


Società di Patrizia Mercadante

Giovane, laureata e del sud identikit della donna molestata

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ono 842 mila (il 5,9 per cento) le donne di 15-65 anni che, nel corso della vita lavorativa, sono state sottoposte a ricatti sessuali sul posto di lavoro, l’1,7 per cento per essere assunte e l’1,7 per cento per mantenere il posto di lavoro o avanzare di carriera. Il dato arriva da una indagine Istat sviluppata grazie ad una convenzione con il Dipartimento per le Pari Opportunità ed effettuata nel 20082009 tramite intervista telefonica, selezionando un campione di 60 mila famiglie per un totale di 24 mila 388 donne di età compresa tra i 14 e i 65 anni. Le donne a cui è Ciò che stata chiesta una “disponibilità caratterizza sessuale” al momento della maggiormente ricerca del lavoro risultano le vittime essere quasi mezzo milione, di ricatti sessuali pari al 3,4 per cento. Negli nel corso ultimi tre anni sono state della vita 227 mila (l’1,6 per cento) le è il fatto di avere donne che hanno subito ricatti un titolo di studio sessuali; all’un per cento è stata elevato richiesta la disponibilità sessuale al momento dell’assunzione (per un totale di 140 mila donne), lo 0,4 per

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cento è stato ricattato per essere assunto (per un totale di 61 mila donne) e lo 0,5 per cento per mantenere il posto di lavoro o avanzare di carriera (per un totale di 65 mila donne). Ciò che caratterizza maggiormente le vittime di ricatti sessuali nel corso della vita è il fatto di avere un titolo di studio elevato: le donne che presentano il tasso di vittimizzazione più basso hanno, infatti, al massimo la licenza elementare (1,8 per cento nella vita e 0,1 per cento negli ultimi tre anni). Nell’ultimo triennio, risulta significativa la presenza di vittime più giovani, di 14-24 anni e 25-34 anni (rispettivamente 3,2 per cento e 3 per cento contro la media dello 1,6 per cento). Il Nord-Est e le Isole presentano il minor numero di vittime, così come i comuni più piccoli e mediopiccoli. I comuni centro dell’area metropolitana presentano i tassi di vittimizzazione più alti (9,0 per cento nel corso della vita). Negli ultimi tre anni le differenze appaiono meno significative. Solo il dato del Sud resta di spicco (2,4 per cento contro l’1,6 per cento della media italiana).


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Società di Giulio Giallombardo

nessuno parla più al telefono e-mail e sms preferiti al telefono

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ono lontani i tempi in cui si diceva: “il telefono, la tua voce”. Oggi il fisso è sempre più raro e i cellulari vengono usati per tutto tranne che per una conversazione standard. Si parla poco e si tende a comunicare di più tramite sms, email e i social network. Eppure, ironia della sorte, al telefono sono appesi i destini lavorativi dei migliaia di giovani e meno giovani che lavorano nei call-center, sia dei pochi privilegiati tutelati da un contratto regolare, sia dei tantissimi precari con paghe da 3 euro l’ora. Nelle dinamiche di comunicazione i tempi di conversazione tendono ad abbreviarsi, frammentandosi in tanti piccoli pezzi, come fa notare il sociologo dei media Mario Abis. “Il linguaggio stesso si contrae perché ci sono troppe cose da dire, - osserva Abis sul Corriere della sera – i ragazzi preferiscono non telefonare perché costa troppo e culturalmente la comunicazione scritta prevale su quella verbale. Tutti parlano, pochi vogliono ascoltare, è una lunga serie di monologhi”. Per questo, nell’era dello smartphone, i tempi di conversazione si sono clamorosamente dimezzati: da una media di tre minuti, si è scesi ad uno e mezzo. Chiamare qualcuno al telefono può sembrare addirittura

inopportuno, come scrive la rivista Wired, perché non puoi sapere se chi riceve la chiamata è disponibile o impegnato. Sempre pronti a rispondere (o quasi) sono, invece, i tantissimi lavoratori dei call-center. Nuovi “braccianti” del ventunesimo secolo, che passano ore e ore al telefono saltando da una commessa all’altra, come cambiare abito. Un popolo dalle trasversali attitudini: c’è chi risponde al telefono perché non sa fare altro che questo, c’è chi, appesa la laurea o il diploma al muro, non riesce a trovare un lavoro coerente con i propri studi e c’è anche chi, avendo già una professione alle spalle, approfitta dell’iperflessibile lavoro al call-center per arrotondare lo stipendio. Per non parlare, poi, dei tanti che vivono da precari questa triste realtà, vessati ed umiliati con paghe da fame. Tanto, ormai i customer service esistono per tutto. Ogni azienda, dalla più grande alla più piccola, ha un numero di telefono (spesso a pagamento) a cui, con più o meno attesa, risponde un operatore pronto a soddisfare ogni esigenza. Fino a quando, misteriosamente, non cade la linea. Insomma, vuoi che si mandino sms o si chatti nei social network, vuoi che si chiami il servizio clienti per chiedere assistenza, il telefono è comunque sempre in testa ai nostri pensieri.


Società di Dario La Rosa

La bulimia Il nuovo sballo dei giovani

S Il rischio di tutto ciò inevitabilmente è il non risveglio...

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ostanze mischiate, l’effetto imprevedibile di combinazioni “stupefacenti” per alterarsi profondamente e poi tornare alla routine di tutti i giorni. Questo l’identikit del tossicodipendente del terzo millennio: non più fedele a una sola droga ma amante dell’abbinamento fisso, fino ad arrivare alla “bulimia dello sballo”. Oggi il must fra i giovani è il policonsumo di stupefacenti. Un fenomeno che si sta allargando ed evolvendo. “Questo è un fenomeno che esiste da anni”, dichiara Riccardo Gatti, direttore del Dipartimento dipendenze dell’Asl di Milano, dopo la morte del del 19enne bolognese, Nunzio Mattia Lo Castro, l’ultima vittima di una moda killer, entrato in coma sabato 9 ottobre in discoteca. Nell’era della coca, degli stupefacenti da discoteca e delle pillole dell’amore, drogarsi è diventata una forma di doping della vita quotidiana. Come nota

Gatti: “In passato la dipendenza dalla droga era qualcosa che faceva fare una vita diversa, ai margini della società. Oggi chi consuma sostanze conduce una vita assolutamente normale, in cui la droga non entra. Poi, un giorno, prendi qualcosa, non importa cosa, che possa alterarti. Quindi riprendi la vita di tutti i giorni.” Lo sballo ha una nuova sfumatura: il consumo di mix di droga 3 o 4 volte diverse la stessa sera. Uno “sballo multiplo”. “ Non si usano più abbinamenti specifici di alcol-eroina, alcol-cocaina, erococa-cannabis – insiste Gatti - Piuttosto, si combina tutto in maniera indifferente. Perché l’unico scopo è perdere il contatto con la realtà il più possibile”. Unire e mischiare più droghe comporta che chi fa uso di questo mix sia all’oscuro di cosa e quali dosaggi stia prendendo e prevedere che effetti abbiano sull’organismo. Il rischio di tutto ciò inevitabilmente è il non risveglio...


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Società di Alessio Ferlazzo

Ebay come vendere aria fritta (e lacrime di coccodrillo)

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olete un amico immaginario che vi faccia compagnia? Desiderate come degli ossessi un fiocco di neve sciolto? Oppure il vostro sogno nel cassetto è quello di essere proprietario di una cittadina negli Usa? Con Ebay tutto è possibile. Sono veramente molti gli stravaganti annunci che è possibile scovare nel famoso sito di aste on line. Oggetti divertenti, curiosi ma conditi dall’ingrediente dell’assurdità. Facciamo alcuni esempi. Su Ebay è stato messo all’asta Alfonso, amico immaginario di un inserzionista che nell’annuncio ha tenuto a precisare che la spedizione sarebbe avvenuta solo “in pacco celere perché nella posta prioritaria non ci sta”. Gettonatissime le suocere, come al solito poco, amate e messe all’asta in alcuni casi con relativa famiglia. In un annuncio un uomo ha messo in vendita “un’avviatissima attività familiare: moglie, figlia e suocera.”. Mentre in alcuni casi è stato aggiunta anche “la funzione di rompiscatole inclusa”. Insomma, full optional. Mogli e fidanzate finiscono spesso in vendita non solo dopo la fine di una storia d’amore, ma anche per ragioni economiche. Un ragazzo ha così deciso di sbarazzarsi della sua ragazza con un annuncio molto curioso: “vendo Valentina, la mia fidanzata, come nuova! A causa delle numerose spese che mi porta a sostenere”. Anche la politica è entrata nell’assurdo mondo di Ebay con la “dignità di Berlusconi” messa in vendita con l’inserzionista che ha sottolineato il fatto che “sia nuova e mai usata”. Un vero affare anche la mortadella di Prodi finita all’asta così come il debito pubblico. Anche i calciatori sono stati messi in vendita come l’ex portiere rossonero Dida e l’ex ct della nazionale Donadoni. Il coraggio non manca agli inserzionisti di Ebay. Uno di questi ha deciso di vendere un fiocco di neve sciolto proveniente dalle montagne austriache. L’oggetto comunque non era in buone condizioni ma l’utente ha deciso di venderlo lo stesso perché “a causa di un black-out si è sciolto e io non ci faccio più niente”. Di annunci assurdi se ne leggono veramente tanti. C’è chi ha messo anche all’asta le lacrime

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di coccodrillo o l’aria fritta. Per i collezionisti più stravaganti ecco l’oggetto immancabile in qualsiasi collezione. Stiamo parlando di un originale chicco di riso del matrimonio di Totti con Ilary Blasi. Ecco una stralcio dell’annuncio: “Non potete farvi sfuggire l’occasione, questi oggetti non sono più in circolazione vendo a causa disfacimento della mia collezione. E’ uno dei miei pezzi più preziosi”. Questo ci fa immaginare che il ragazzo possieda altri oggetti di questo tipo. Rabbrividiamo solo al pensiero. Se il chicco di riso non vi soddisfa ecco un’arachide a forma di pene con base d’asta di 100 euro “ma non la spedisco per meno di 3000 €”, un’occasione da non perdere, quindi. L’annuncio più assurdo è apparso nell’ottobre del 2007. Un utente ha deciso di mettere all’asta “un giro su Ferrari”. La particolarità è che l’inserzionista non ha ancora l’auto e spera di comprarla con una colletta degli altri utenti Ebay. “Appena raggiungo la cifra minima che serve… vado in concessionaria e la prendo ed assicuro a chiunque si aggiudicherà le aste… anche con 1 minima offerta… un giro in Ferrari…!!! (girero’ tutta la penisola a mie spese… e vi verro’ a trovare in tutta italia per ringraziarvi di persona e farvi fare il giro promesso sulla mia ferrari) tengo a precisare che il giro lo faro’ fare sul lato passeggero della Ferrari, perche’ alla guida ci saro’ sempre e solo io…un’ultima cosa, il giro in Ferrari ve lo faro’ fare solo se riusciro’ a raccogliere abbastanza soldi per prenderla… (anche usata…) altrimenti i soldi raccolti li donero’ in beneficenza…”. Che gran cuore.Tra tanti annunci surreali ecco infine una vendita bizzarra che comunque si è realmente concretizzata. Una città texana è stata battuta all’asta su Ebay per 3,8 milioni di dollari. Albert che ricopre una superficie di 13 acri è stata così venduta ad un anonimo acquirente. Chissà cosa se ne farà.


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Tecnologia di Dario La Rosa

Internet

fa regredire la mente?

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n tizio più o meno conosciuto che di cognome faceva Einstein, una volta disse che non sapeva se sarebbe mai stata combattuta la terza guerra mondiale ma era certo che, nella quarta, ci si sarebbe dati battaglia con le clave. Le clave, quelle che usavano i nostri antenati, quelle con cui si dilettavano i famosi personaggi dei Flintstones nelle caverne in cui abitavano, le stesse che, in un tempo non troppo lontano, potremmo tornare ad usare. E, se non realmente, di certo nei meandri del nostro cervello. La tesi è dello studioso statunitense Nicholas Carr, il quale in un libro sostiene che, usando troppo internet, il nostro cervello regredisce. E da qui alle caverne la distanza è breve. Una giornalista de La Stampa ha intervistato lo studioso, approfondendo i rischi per le nostre sinapsi. Alla base della regressione c’è – secondo lo studioso – l’eccessivo bombardamento di notizie che affluiscono nella nostra mente. Ne consegue che quando, ad esempio, dobbiamo leggere un libro su carta, siamo preda di continue distrazioni. Internet funge da amplificatore delle distrazioni costanti che separano spesso noi dalla nostra mente. E’ la morte della creatività, il web crea un desiderio ed un bisogno incontrollati proprio come le droghe e senza di esso ci sentiamo spogli. Certo, internet facilita mille operazioni reali ma il prezzo da pagare potrebbe essere alto. La terapia? Rinunciare. Rinunciare per qualche ora a Facebook piuttosto che alle continue ricerche su Google e così via.

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Pensare, frenare, creare. Tornare a vivere fuori dalle caverne virtuali.


ristorante

La magia del gusto

Bellavista Ristorante: Messina - Via Circuito Torre Faro Tel. 090 32 66 82 - Cell. 393 91 62 061 www.bellavistaristorante.info - email: bellavista@pec.lapostacertificata.it


Tecnologia

speciale GPS

di Alessio Ferlazzo

All’asilo con il gps

Conoscere l’esatta posizione del proprio bambino anche quando non si è vicini al proprio figlio. Il sogno di ogni genitore diventa realtà.

L’idea è quella di applicare negli indumenti dei più piccoli dei chip con un sistema di localizzazione che permetterà in tempo reale di controllare la posizione dei propri figli. Il progetto nasce dall’idea di permettere dei controlli più precisi ai responsabili degli asili in Francia con lo scopo di ridurre i costi del personale di sorveglianza e placare le ansie dei genitori. Ogni bambino sarà dotato quindi di una “pulce” radio senza fili, collegata ad un centro di videosorveglianza. Il sistema sbarcherà negli asili francesi nel 2011. Il test ha lo scopo di ‘’confermare l’efficacia del sistema da un punto di vista della sicurezza dei bambini’’, spiega

Patrick Givanovitch, numero uno di Lyberta, l’azienda che ha concepito il progetto, intervistato dal Parisien. ‘’Sistemeremo delle sonde un po’ ovunque nell’asilo nido per stabilire una cartografia completa del luogo’’, aggiunge Givanovitch. ‘’Grazie al chip indossato da ogni bambino (sarà inserito in un capo d’abbigliamento fornito dalla stessa società) - conclude - sarà possibile conoscere immediatamente se uno di loro sta lasciando l’asilo’’. A quel punto, la direzione verrà subito allertata, come anche i genitori, via SMS sul loro telefonino.

PRO

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Un sistema simile era stato sperimentato alcune settimane fa in un asilo nido degli Stati Uniti, in California. Il chip è stato inserito nelle casacche da basket dei bambini con un costo annuale di 50 mila dollari ma si stima un risparmio di 3000 ore di lavoro dei dipendenti della scuola. I giapponesi erano stati invece i primi promotori del gps per i bambini. Nel 2003 gli amministratori di una cittadina del Sol Levante, per prevenire i rapimenti, avevano installato negli abiti dei minori dei chip di localizzazione con tanto di telecomando per lanciare eventuali Sos. Se l’esperimento francese avrà successo, il chip potrebbe essere esportato anche nel nostro Paese. Per la gioia di tutti i genitori, meno per i più piccoli che non potranno più sfuggire all’occhio vigile della tecnologia.


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Se il gps diventa

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un nemico Quante volte ci siamo trovati ad imprecare contro il nostro navigatore satellitare perché ci aveva portato nella direzione sbagliata? Tante, troppe volte il sistema gps di questi apparecchi ultramoderni fa cilecca causando più disagi che vantaggi agli automobilisti che si affidano ingenuamente alla tecnologia.

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urtroppo in alcuni casi il navigatore satellitare può rivelarsi fatale. E’ quello che è accaduto in Spagna dove un uomo è morto dopo essere finito in un lago a causa di un’informazione sbagliata del gps. Il conducente stava tornando con un collega da una fiera campionaria percorrendo strade tortuose della provincia autonoma di Extremadura. I due si erano affidati al proprio navigatore per ritornare a casa, quando un’indicazione ingannevole li ha portati in una vecchia strada ormai non più utilizzata in direzione del lago. Il buio pesto e la probabile alta velocità hanno fatto il resto e così l’auto con i due uomini a bordo è finita dentro le gelide acque lacustri causando la morte del conducente. Vivo per miracolo il passeggero. Non è comunque la prima volta che il sistema Gps mette in difficoltà estrema gli automobilisti. In Svizzera un uomo “aiutato” dal proprio navigatore si è trovato in una stretta

CONTRO

mulattiera di montagna. E’ servito un elicottero per mettere in sicurezza il malcapitato automobilista. Troppo spesso siamo schiavi delle indicazioni del nostro navigatore tanto da fidarci ciecamente ignorando magari il nostro intuito. A Gillingham nel Dorset quattro attori di una compagnia teatrale sono precipitati con il loro furgoncino in un dirupo proprio a causa di indicazioni sbagliate, le stesse che hanno quasi ucciso una ragazza in Galles che si è trovata sui binari con un treno che arrivava spedito alle sue spalle. I casi sono molteplici tanto che su Facebook è anche nato un gruppo dal titolo quanto mai eloquente, “Chi ha fatto incidenti a causa dei navigatori satellitari”. Il navigatore non va comunque guardato come un pericolo bensì bisogna utilizzarlo con buon senso. Serve aggiornare le mappe periodicamente e non riporre cieca fiducia guardando i segnali stradali con attenzione. Alla fine l’ intuito potrebbe essere la migliore guida al volante.


Sport&sociale un binomio vincente Sport e sociale: un binomio vincente confermato dal primo appuntamento di Nice Team presso la sede del Co.Di. di Barcellona Pozzo di Gotto. Una serata all’insegna del sorriso alla quale hanno partecipato, in rappresentanza della Sigma Barcellona, il General Manager Sandro Santoro, il Capo Ufficio Stampa Benedetto Orti Tullo ed il capitano Ryan Bucci. Presenti anche il sindaco di Barcellona Pozzo di Gotto, Candeloro Nania, e l’Assessore allo Sport della Provincia Regionale di Messina, Rosario Catalfamo. A fare gli onori di casa, Antonio Sofia, presidente del Co.Di., che ha manifestato la sua felicità e la sua soddisfazione di ospitare il Basket Barcellona. Si é discusso di sport e disabilità ed é stata lanciata la proposta di coinvolgere maggiormente i diversamente abili nella pratica sportiva. A fine conferenza, Ryan Bucci ha donato al Co.di. Un completo autografato, posando poi per le foto di rito con assistiti e volontari.

Prossimo appuntamento lunedì 13 dicembre presso il Policlinico di Messina Reparto Pediatria.

Non si vincono partite eme! se non si gioca tutti insi Il progetto Nice Team nasce con gli obiettivi di far crescere il sentimento di appartenenza al Basket Barcellona nella provincia di Messina, di comunicare i valori di solidarietà e aggregazione e, non ultimo, di portare un sorriso ai meno fortunati. Con tali fni si organizzeranno 7 incontri, da novembre 2010 ad aprile 2011, presso diverse strutture pubbliche localizzate in zone geografche propedeutiche al progetto. Target di riferimento: bambini, adolescenti, portatori di handicap, istituzioni scolastiche e politiche, associazioni di benefcenza e volontariato, associazioni culturali e mass-media. Plus: medici sportivi, nutrizionisti, staff tecnico, psicologi dell’età evolutiva. Temi: sport, salute, aggregazione, solidarietà. Gli eventi si svolgeranno in strutture e associazioni della provincia di Messina. Ogni incontro prevedrà la partecipazione di una rappresentanza dei giocatori e della società Basket Barcellona.

Calendario 2010/2011 22 novembre Associazione CO.DI – Coordinamento Disabili Barcellona P.G. 3 dicembre Policlinico di Messina - Reparto di Pediatria 24gennaio OspedalePsichiatricoGiudiziario-O.P.G.,BarcellonaP.G. 14 febbraio Scuola Elementare “Giovanni Verga” - Saponara 7 Marzo Associazione Italiana Persone Down - Milazzo 11 Aprile Uffcio Diocesano Migrantes - Messina 22 Aprile Associazione Italiana Sclerosi Multipla - Sant’Agata di Militello

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Cultura

Erice Si trova a

Martina Franca Le location hanno provocato polemiche e baruffe da sempre. Le produzioni seguono il budget, non il cuore, ma nonostante ciò, le discussioni sull’opportunità di scegliere il set in un luogo piuttosto che un altro si alimentano di risentimenti, dotte elucubrazioni e campanilismi. I film raccontano storie sicilianissime e vengono girati in Tunisia, com’è capitato con Baarìa. Ed altri nei paesi dell’est o chissà dove. La serie televisiva dedicata al commissario Montalbano viene girata nel ragusano e la cosa ha fatto arrabbiare gli agrigentini, perché Vigata dovrebbe essere Porto Empedocle nelle storie di Andrea Camilleri. Non è roba da poco, perché tanta gente vuole vedere i luoghi in cui si svolge la storia. Turismo, dunque.

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La voce narrante è sicula che più non si può. E allora la domanda che si pongono quelli di Martina Franca, è la seguente: perché avete scelto una location falsa? Se la strada indica Erice, andatevene ad Erice, ma se arrivate a Martina Franca, il cartello deve indicare Martina Franca, e la voce narrante deve essere quella tarantina. Del resto, la piazza di Martina Franca è riconoscibile grazie all’arco barocco che lo spot mostra generosamente. Michelangelo Borrillo, che ha raccontato su Repubblica, l’arrabbiatura dei martinesi, sostiene che il formaggio è andato di traverso agli abitanti della città in affitto, tanto che la protesta si è insinuata, manco a dirlo, in Internet su Facebook, grazie ad un autorevole testimonial, Donato Carrisi, un nome importante nel mondo del thriller. Carrisi, infatti, ha preso una singolare iniziativa, boicottare lo spot Galbani perché “fingono di essere in Sicilia e siamo orgogliosamente in Puglia”.


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Come si faccia a boicottare lo spot non è comprensibile. Semmai si può boicottare il Galbanino, ma nessuno, nemmeno i martinesi, e lo stesso Carrisi, se la sentono di arrivare a tanto. Lo scrittore di thriller lancia, tuttavia, un appello accorato ai suoi concittadini perché protestino con il sindaco che finora se n’è stato zitto facendosi “rubare” la città dalla Galbani. Qualche considerazione, molto sommessamente, vorremmo farla. La prima riguarda Erice, che è un gioiello di impareggiabile bellezza. Una città medievale rimasta intatta, metà di turisti e di grandi eventi internazionali. La seconda riguarda il movente di questo “falso” geografico. Carrisi dovrebbe chiedersi la ragione di questo “scambio” e cercare una risposta per arrivare al colpevole, che è sicuramente l’azienda di Casale Cremasco, la quale s’è inventata la drittata per fare parlare di sé, potendo contare sui martinesi arrabbiati.

Chi avrebbe mai scritto dello spot di un formaggio, altrimenti?


Cultura di Domenico Danilo La Rosa Giardina

L’eterno conflitto tra scienza e fede. Mondi inconciliabili?

Chiesa e scienza, ragione e fede. Due mondi distanti, due rette parallele che viaggiano nella stessa direzione ma che non riescono a incontrarsi. Si potrà mai trovare un compromesso tra la parte spirituale e quella razionale dell’uomo? L’ultimo caso a sollevare il quesito è quello del Nobel per la medicina al “padre” della fecondazione assistita, Robert Edwards. Lo scienziato, dopo lunghi studi e sperimentazioni, riuscì a vedere compiuto il suo obiettivo nel 1978, quando venne alla luce Louise Joy Brown, la prima bambina concepita “in provetta”. Da allora il metodo Edwards ha permesso a centinaia di migliaia di persone di sperimentare la gioia di diventare genitori. A distanza di trentadue anni il giusto riconoscimento per un uomo che tanto ha dato alla moderna scienza medica. Il Nobel è la chiusura di un cerchio, la celebrazione di una delle menti più brillanti del ventesimo secolo.

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a in mezzo a tante voci plaudenti se ne è sollevata una fuori dal coro. E’ quella del Vaticano che non ha gradito la nomina, ritenendola una “scelta completamente fuori luogo”. Il presidente della Pontificia accademia per la vita, Ignacio Carrasco De Paula, ha elencato i suoi “non pochi motivi di perplessità legati al mercato degli ovociti, agli embrioni congelati, alle mammenonne e agli uteri in affitto”.

di ridefinire molte delle verità religiose riguardo alla creazione dell’uomo. Al di là delle dispute meramente filosofiche, il problema arriva a porsi nel momento in cui l’ingerenza della fede non permette alla scienza di poter seguire il suo naturale percorso di crescita e di ricerca. Nel momento in cui vengono messi dei paletti alle scelte di uomini e donne, come è capitato recentemente proprio in occasione di referendum sulla fecondazione assistita. In Italia molte coppie sono costrette ad andare all’estero per avere Questioni legittime per chi ha la possibilità di ottenere un messo la fede al primo posto nella aiuto per poter avere un figlio. propria vita, ma che non possono, A questo punto una delle due obiettivamente, andare ad intaccare sovrasta l’altra eludendo alcune le esistenze di chi non ha fatto delle libertà fondamentali di la medesima scelta. Ed ecco che ogni uomo.

La storia è piena di scienziati che sono stati oltraggiati, derisi, inquisiti, e anche scomunicati dalla Chiesa, perché le loro scoperte andavano contro i principi della fede. Il fatto più noto è sempre stato quello torna alla ribalta, forte come un legato a Galileo Galilei, tempo, l’eterno conflitto tra scienza reo di andare contro le E’ una disputa filosofica, quella e religione. Potranno mai andare Sacre Scritture con le sue tra scienza e ragione, che non d’accordo? concezioni astronomiche si può certo esaurire nelle ispirate all’eliocentrismo poche righe di un articolo copernicano.Una scoperta di giornale. Di sicuro l’ideale che ha poi portato Galilei di fronte al tribunale ecclesiastico sarebbe che ognuno dentro si sé, in base alle sue convinzioni, che ne decretò la condanna a morte, sventata solo grazie a possa avere la possibilità di scegliere. Nel momento in cui la un’amara abiura dello stesso Galilei. fede imbavaglia la scienza, viene negata questa opportunità a Per non parlare di Charles Darwin e delle sue teorie chi, ad esempio, quella religione non ha mai seguito. E Robert sull’evoluzionismo. Da sempre osteggiato dalla Chiesa, Edwards, pur andando contro alcuni precetti della religione soprattutto negli anni subito seguenti alla sua definizione, il cattolica, ha fatto del bene a tante persone che avevano un darwinismo ha ricevuto delle timide aperture da parte del passato di sofferenze, causato dall’impossibilità di avere figli Vaticano durante il ventesimo secolo. Ma in generale le naturalmente. E non potrebbe essere anche questo un segno parti sono sempre rimaste distanti. In fondo si tratterebbe della presenza di Dio per tutti i credenti?


Presentata a Napoli il 3 dicembre la pubblicazione

“Le dieci Meraviglie del Tesoro di San Gennaro�

L’autore e membro del Comitato Scientifico di Ricerca Armando Arcovito ci anticipa in via esclusiva una delle dieci Meraviglie del Tesoro di San Gennaro

Armando Arcovito ed il Prof. Ciro Paolillo, Presidente del Comitato Scientifico, durante le operazioni di analisi della Mitra Gemmata (1713)

A destra due pagine tratte dal libro

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Una preziosa e dettagliata raccolta di storie, fotografie e particolari descrittivi delle maggiori opere dedicate al santo.


Arte

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di Pasquale Fameli

Joan Mirò

e i miti del Mediterraneo Ha inaugurato il 9 ottobre a Palazzo Blu di Pisa la mostra Joan Mirò I miti del Mediterraneo che resterà aperta fino al 23 gennaio 2011

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’esposizione, curata da Claudia Beltramo Ceppi, con la collaborazione di Teresa Montaner - conservatrice alla Fundació Miró di Barcellona, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa, con il patrocinio del Comune di Pisa e dell’Ambasciata di Spagna in Italia, organizzata da Giunti Arte mostre musei, presenta ben 110 opere, tra dipinti, sculture, litografie, disegni e illustrazioni. Il percorso espositivo si apre con alcune opere dedicate al mito di Dafne e Cloe e a quello del Minotauro. Il primo, con la sua attenzione per l’aspetto bucolico, ben si adatta all’esaltazione da parte di Miró della sua terra e della forza dell’uomo quando è in comunione con essa. Quello del Minotauro, evocato da litografie come L’éveil du géant del 1938, e poi ripreso nel 1970 con la scultura Tête de taureau, oltre a rappresentare la relazione e l’interdipendenza fra l’uomo e la natura, simboleggia la bestialità e la violenza cieca dell’uomo che caratterizza quegli anni di guerra; le serie Archipel Sauvage del 1970 e L’espoir du navigateur del 1973 fanno parte, insieme ad altre importanti tele raramente

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esposte e agli haiku illustrati, di una sezione dedicata ai viaggi come evasione dal contingente verso gli spazi infiniti della mente. Infine, chiudono il percorso espositivo le sezioni dedicate al mito della donna, della Madre Natura e dell’uccello mitologico. Il mito si configura in Mirò (ma anche in altri artisti catalani) quale strumento nella rivendicazione delle proprie origini, dell’identità catalana, necessità dettata dalla tragedia della guerra civile e dall’eccessiva autoritarietà del nuovo governo d’inizio ‘900, e i motivi preferiti di Miró, che poi ritorneranno trasfigurati nel corso di tutta la sua lunghissima produzione artistica (l’artista, infatti, nato nel 1893, morirà nel 1983). Ma al di là di temi e soggetti, lo stile di Mirò conosce una fenomenologia interessante per le varie soluzioni che di volta in volta si palesano sulla tela: le figure degli anni giovanili ancora eccessivamente dettagliate, ben definite e circoscritte nelle sottili ma decise cloisonnes, si ribellano alle ormai superate costrizioni prospettiche per germogliare in uno spazio trasognato, che via via perderà consistenza.

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1. Contadino Catalano al chiaro di luna 2. Il sole rosso 3. Danzando sotto il sole 4. L’adorazione del sole blu e rosso 5. L’oro dell’azzurro 6. Sotto il sole rosso 7. Femme et oiseaux dans un paysage


Arte

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8. Equinozio 9. Ma de proverbis 10. Scultura di Mirò a Parigi 11. Lucertola con mela d’oro

’artista catalano riuscirà così a zoomare con il suo microscopio pittorico sul nucleo dell’onirico, mettendo a fuoco un micro-mondo di ameboidi e forme organiche pulsanti che guizzano e fluttuano in una luce tutta mentale, ormai totalmente endogena, come si evince dai festosi sfondi à plat del pieno e florido periodo surrealista (1925-40). Interessante notare inoltre come il maestro catalano tenti di alternare, nelle sue produzioni relativamente più avanzate, al segno sottile e definito, tentazioni più materiche, a tratti gestuali, cui non riuscirà, per un ovvio limite generazionale, ad arrivare in toto come farà invece la successiva generazione, ovvero quella degli informali come Jean Dubuffet, Jackson Pollock, Willem De Kooning e altri. Acuto e d’estremo interesse il parallelismo che lo storico dell’arte e critico Renato Barilli coglie tra la pittura di Joan Mirò e quella del russo, più vecchio di una generazione, Wassilij Kandinskij (1866-1944): i due artisti condividono, infatti, un immaginario cellulare, microcosmico, organico; e proprio mentre Kandinskij compie la sua svolta in direzione di forme più nette e statiche, Mirò si fa ideale prosecutore del suo biomorfismo pittorico, che ben si presta alla personalissima sensibilità surrealista del più giovane pittore catalano. 11

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roprio in quest’aspetto si potrebbero rintracciare l’originalità e la profondità della pittura di Mirò: egli si allontana in maniera radicale dal più tipico surrealismo di stampo magrittiano o daliniano, in cui le amenità dell’inconscio si manifestano in quelle robuste plasticità pittoriche che mirano a tenere acceso l’ultimo più fioco barlume d’illusorietà mimetica; Mirò reinventa dal nulla un nuovo spazio, semina un mondo altro, che si presenta proprio allo stato embrionale, gametico, quasi a segnare una rinascita epocale, una ripartenza originaria, all’insegna di quella primitività, quel ritorno al grado zero del segno e della forma che ha caratterizzato la grande arte di inizio Novecento.

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errata corrige

Le immagini originali di fianco rappresentate pubblicate nel numero 6 di Mag di dicembre 2009 gennaio 2010 rispettivamente a pag. 17 nella rubrica Stretto ed Immenso ed a pag. 58 nella rubrica Bagaglio a mano sono da attribuire a Marco Crupi.

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12. Per dare respiro 13. Senza titolo 14. Natura morta con conigli

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Per teatri di Gigi Giacobbe foto di Pailo Ranzani

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s d n ie r F & i t t e Brach 0 1 0 2 e t r A a in m r a Tao

Arturo Brachetti piace a bambini e adulti perché stimola la mente a navigare per i mari dei sogni e della fantasia.

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iventi un coetaneo di Alice o di Coraline. Entri in un grande armadione e ti meravigli come questo nipotino di Fregoli riesca in un battibaleno a tramutarsi in cosacco, brasiliana, messicano o cinese. Ti chiedi pure come faccia, nel vederlo solo agghindato con un vestito classico, ad effettuare sorprendenti cambi a vista, diventando parroco, torero, samurai, beduino, pure un fantino di Ascott con tanto di cavallo. Il numeroso pubblico del Teatro greco è andato in visibilio per le sue dimostrazioni di fantasia mimica, in particolare per il “numero del cappello” che in realtà è solo una falda o una rondella di tessuto nero, manipolata come lui sa fare, in grado di dare vita a 25 nuove fogge che si richiamano alle figure di Gloria Swanson, Rossella O’Hara, Napoleone, Fernadel e altri ancora. L’artista torinese non è da solo in questo Brachetti & friends, ma in compagnia di ottimi performer come il giovane illusionista Luca Bono di cui sentiremo ancora parlare, di Otto Wessely, un mago che gioca a fare il mago, caricando i suoi numeri di non-sense e d’una comicità surreale, sbagliando (di proposito) tutti gli effetti. E poi c’è Kevin James, un’illusionista americano che propone una tarantiniana operazione chirurgica, durante la quale con una motosega taglia in due il suo assistente e le due parti del corpo, vive per incanto, tornano alla fine a ricomporsi, con grandi Oh! Oh! del pubblico. E ci sono i formidabili Golden Powers, una coppia di atleti ungheresi, Jula e Alex, che hanno fatto parte del Cirque du Soleil, i quali dipinti in oro eseguono con mani e piedi e con

i loro formidabili muscoli dei numeri scultorei che avrebbero fatto invidia al genio greco dei vari Fidia e Prassitele. Uno spettacolo affascinante di due ore con applausi continui e oceanici alla fine, accompagnato costantemente dalle musiche dal vivo dei cinque Travailleurs de la nuit guidati da Gerardo Balestrieri, durante il quale i sogni si realizzano, la luna può entrare nel pozzo e sul palcoscenico può nevicare nella sera di San Lorenzo.-


NATALE-EPIFANIA 2010 6 dicembre - 11 gennaio 2011

L Daniele Tranchida,

Assessore al Turismo e Spettacolo della Regione Siciliana

Regione Siciliana Assessorato Turismo, Sport e Spettacolo

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a Storia s’incarna in immagini e s’alimenta della forza dei miti. Narra un’antica leggenda che tre ninfe, partite per il mondo per raccogliere ogni possibile splendore della terra, prima di far ritorno ai loro lidi, facessero sosta in un bellissimo angolo del Mare Mediterraneo. E incantate da tanta bellezza, decidessero che quello era il luogo in cui conservare il loro tesoro: e disponendosi ai tre vertici di un triangolo, “crearono” la Trinacria. Miti che diventano realtà lungo un itinerario scandito da storia, cultura, arte, dalla tradizione di una regione straordinaria. Da qui l’idea di animare siti che appartengono alla memoria, ma anche al patrimonio artistico del nostro territorio, coniugandoli con la realizzazione di un circuito, Il Circuito del Mito, fatto di spettacoli ed eventi. Ideato nel lontano 1997 dal maestro Franco Zeffirelli e poi ripreso, in tempi recenti, il Circuito del Mito si propone di rilanciare i temi di una progettualità basata sul rapporto Spazio/Tempo e su quello di Arte/Natura/Cultura, valorizzando il sito ove lo spettacolo è in funzione dello spazio e non viceversa, come avviene di norma, e dove il progetto culturale non è fine a se stesso, ma si affianca alla promozione turistica.. Il fascino dei luoghi, la poesia del teatro, la bellezza dei siti, la grandezza del patrimonio, il calore della gente, l’incanto delle notti, le immagini di paesaggi splendidi: questi gli aspetti più significativi di un percorso alla ricerca delle nostre radici, delle origini, in una parola di un sogno.


75 Il sogno di un’isola, crocevia e cuore del Mediterraneo, ricca di suggestioni, di ricordi, di tracce e persistenze. Un luogo connotato in maniera forte, dove l’archeologia suggerisce una Sacralità sempre sospesa tra Verità e Leggenda, tra Storia e Spiritualità, tra Cultura e Tradizione

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uesta edizione del Circuito del Mito con un programma che spazia tra Musica, Teatro, Letteratura, Poesia e installazioni di mostre d’arte contemporanea si aprirà nella seconda metà di dicembre e proseguirà fino a febbraio 2011 con oltre 70 serate e con all’interno diverse sezioni. La prima “Attraverso la Sacralità” ospitata in chiese e spazi di enorme bellezza come la Cattedrale di Monreale e i Duomi di Messina, Catania, Ragusa e Caltanissetta, e in altre chiese barocche e monumenti, per promuovere con lo spettacolo anche il turismo; poi due mostre di arte contemporanea: una a Siracusa “Sicilia sopra tutti”, ed una a Messina (Villa Pace ed Università centrale): “Crocevie di Culture Contemporanee”; infine il progetto “Attraversa/menti” che include interventi itineranti di Teatro-Poesia e una rassegna di musica etno-folk a Messina, e “Fantastica/mente Sicilia” al teatro Trifiletti di Milazzo, evento incentrato su due performance musicofilmiche, un live concert e tre proiezioni cinematografiche e con la presenza di artisti di fama internazionale. Il festival di spettacoli, curato da Giancarlo Zanetti e patrocinato dall’Assessore al Turismo e Spettacolo Daniele Tranchida, promuove tra l’altro, in Sicilia opere di artisti, tra cui Salvatore Accardo con la sinfonica del Mediterraneo, Alberto Veronesi che dirigerà la V sinfonia di Ciaikovski, “Canti e racconti di Natale” di Peppe Barra, il Coro del Patriarcato ortodosso di Mosca, il “Canto di Natale di Dickens e Liszt”, e l’Opera lirica moderna “Mons Regalis”.

Il Circuito del Mito è anche questo. È festa, è pubblico, è gente, è partecipazione, è entusiasmo.


Benessere di Stefania Brusca

Bisturimania,

arriva la wedding surgery Quando si dice moda all’ultimo grido. In questo caso di terrore. Il nuovo fenomeno si chiama “wedding surgery”, e rischia di trasformare i novelli sposi in Frankenstein il giorno del fatidico sì.

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a bisturimania e il ritocco prematrimoniale arrivano direttamente dagli Stati Uniti. Niente viaggi da sogno e paesaggi tropicali, né posate d’argento e servizi in porcellana ma un bel ritocchino alle labbra e al seno e addominali scolpiti per lui. Attenzione però. L’intervento chirurgico deve avvenire per tempo, da sei a tre mesi prima delle nozze, altrimenti i nostri futuri marito e moglie si sposeranno portandosi dietro cicatrici evidenti che stonerebbero con il romanticismo d’obbligo in queste occasioni. Secondo Alfredo Borriello, direttore dell’unità operativa di chirurgia plastica dell’ospedale Pellegrini di Napoli, “uno dei motivi che ha portato alla nascita di certe tendenze spiega Borriello - è il fatto che ci si sposa sempre più tardi, ovvero quando non si ha più la freschezza dei vent’anni, ciò comporta il desiderio del ritocchino”. Per rispettare la tradizione “gli sposi – aggiunge Borriello - generalmente vanno dal chirurgo in coppia e non separatamente, lo stesso discorso riguarda anche i casi di seconde nozze, ormai sempre più numerose, anche se in questo caso gli interventi richiesti sono diversi e riguardano soprattutto le parti intime o gli occhi”.

Se è vero che ormai non vuole invecchiare più nessuno, non sono solo gli sposi a ricorrere alla chirurgia plastica. Anche le suocere vogliono rinverdire i loro anni ruggenti e si rivolgono allo specialista “per cancellare le rughe o per un sorriso incorniciato da labbra turgide, per sembrare sempre donne in forma”.

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Benessere di Patrizia Mercadante

I portafortuna

funzionano: lo dice una ricerca tedesca Aumentano l’autostima e migliorano le performance

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’è chi incrocia le dita, chi porta in borsa un cornetto rosso (meglio se di corallo) o un chiodo lucido nel borsello prima di affrontare una performance nella speranza che questi oggetti o gesti ci portino fortuna. E pare proprio di sì e lo dimostra una ricerca condotta da Lysann Damisch del dipartimento di Psicologia dell’università tedesca di Köln, pubblicato sulla rivista Psychological Science. Secondo la ricerca, la superstizione contagia in molti, in alcuni casi a livelli patologici con rituali superstiziosi scrupolosamente osservati che finiscono per divenire ossessivi. I portafortuna, tuttavia, un ruolo reale sembrano averlo: di fatto ci influenzano psicologicamente in positivo e quindi è come se portassero veramente fortuna. L’equipe tedesca l’ha dimostrato con 4 esperimenti: i volontari dovevano cimentarsi nel golf e tirare la pallina in buca; in alcuni casi veniva detto loro che la pallina era fortunata, e di fatto questo li faceva vincere. Poi i volontari hanno usato il proprio portafortuna personale e anche in questo caso l’oggetto migliorava la performance al gioco. I ricercatori, infine, hanno cercato il “trucco” con l’ultimo esperimento: i volontari dovevano risolvere anagrammi. I ricercatori ne hanno misurato autostima e perseveranza con e senza portafortuna e visto che entrambe crescevano con l’oggetto portafortuna. Quindi, in sostanza, il portafortuna ci “contagia” psicologicamente inducendoci a credere più in noi stessi.

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Salute di Alessandro Bisconti

I rimedi “verdi� contro i malanni di stagione. Nasce a Messina l’ambulatorio naturale 80


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Una struttura quasi unica nel suo genere. Nasce un ambulatorio di medicina naturale al Policlinico di Messina. Non solo pillole, supposte, aerosol, vaccini. Per combattere i malanni di stagione, esistono anche i rimedi “verdi”.

Artefice del progetto, che nasce in un contesto universitario, è Gioacchino Calapai, 55 anni, associato di Farmacologia presso il dipartimento clinico sperimentale di Medicina e Farmacologia dell’Università di Messina, nonché membro della Commissione europea per l’efficacia dell’erba medicinale che si riunisce a Londra una volta ogni due mesi. “Con questo progetto - ha spiegato - evidenziamo i benefici delle cure con prodotti naturali come erbe medicinali e integratori alimentari. Le piante più usate? Ad esempio l’iperico per la depressione, ginkgo biloba per i disturbi cognitivi in particolar modo per gli anziani, passiflora per l’ansia, la valeriana per l’insonnia”. Erbe, bacche e radici: il tempo sembra tornare all’epoca in cui la natura forniva i rimedi contro ogni malattia. Docente dal 2001, Calapai illustra le caratteristiche del neonato ambulatorio, creato insieme ad altri ricercatori coordinati. “Un progetto nuovo, originale, innovativo. Abbiamo avviato - dice - una collaborazione con l’Istituto superiore di sanità. La gente comincia a venire alla spicciolata. Soprattutto per problemi d’insonnia, guai articolari che curiamo con farmaci naturali, forme depressive, ansia. Ci rivolgiamo a una fascia d’età che va dall’adolescenza in su”. Una struttura aperta al pubblico con cadenza settimanale, (le prenotazioni si prendono ogni giorno, bisogna telefonare al numero 090.2213646).

Esperimento unico nel Meridione, l’ambulatorio peloritano spicca per originalità col suo profilo di indubbia eccellenza, essendo in ordine di tempo il secondo in Italia all’interno di una struttura pubblica - c’è già una struttura simile all’Ospedale di Empoli - ma il primo in un contesto universitario. L’ambulatorio è appena nato, ma si proietta già verso un futuro in ambito nazionale ed internazionale, potendo contare sul valore aggiunto dato dall’attività di Calapai, rappresentante dell’Italia nell’Ema (European Medicines Agency), con sede a Londra, all’interno della quale si è istituita una commissione che valuta i prodotti a base di erbe medicinali, in cui il docente messinese ricopre il ruolo di esperto in farmacologia clinica L’istituto è stato inaugurato il 15 ottobre. “Prospettive? Contiamo di aumentare la frequenza di visite nel giro di pochi mesi - insiste Calapai -. Organizziamo anche eventi collaterali aperti al pubblico. Ad esempio ogni mese pianifichiamo un incontro durante il quale viene affrontato un diverso tema sulla salute: esponiamo i benefici delle cure naturali con esperti del settore. Abbiamo già organizzato un incontro sulla depressione”. Diffidenza? “No, la gente è contenta di avere delle alternative naturali ai farmaci. Le prime risposte sono buone. Sì, avverto grande entusiasmo”.


Salute di Patrizia Mercadante

“Dobbiamo passare dalla medicina della malattia, caratterizzata tra l’altro da costi elevatissimi, a quella della salute, che inizia sin da quando si è sani e permette di mantenerci sani molto più a lungo”.

Stare in salute è possibile, anche in Sicilia Né magie, né oracoli, il futuro è già arrivato con la biologia molecolare e la genetica

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83 Nicola Locorotondo - 66 anni, l’hobby del canto, un ottimismo contagioso e una fede nel futuro da lasciare stupiti - è un biologo siciliano di successo, titolare di un rinomato laboratorio d’analisi a Palermo. Prevede, senza dubbi di sorta, che la “salute” compierà il sorpasso sulla medicina. Proprio così, un sorpasso. Ma che vuol dire? “Vuol dire che bisogna curarsi quando non si è malati”, sostiene sicuro di sé. Non la seguo, dottore. Perché dovrei curarmi se non sto male? “Le patologie arrivano quando non ci si cura per tempo, Ma quando parlo di cura non penso alla medicina, ai farmaci, ma allo stile di vita, all’alimentazione, a tutto ciò che promette lunga vita e buona salute”. Senza pillole, iniezioni e tutto il resto? “Proprio così, accanto agli ospedali bisogna realizzare case della salute, luoghi in cui ci si può informare su come vivere a lungo e bene”. Una rivoluzione… “Certo, una rivoluzione culturale. Deve entrarci in testa che oggi è possibile avere informazioni sui nostri punti deboli e sui nostri punti di forza”. Genetica, genoma, biologia molecolare. È di questo che sta parlando, dottore? “Proprio così, ho investito su questa branca della salute. È questo il futuro, non le pillole da ingurgitare tre volte al giorno…” Mi sta dicendo che dovrei informarmi sugli anni che mi restano, sulla malattia che mi porterà all’altro mondo? “Nemmeno per idea”. Ogni volta che leggo del genoma e dei successi degli scienziati, la questione è proprio questa. Personalmente non ho alcuna voglia di sapere. “La capisco, ma rifletta sull’utilità di sapere ciò che può accorciare i suoi giorni e sulla possibilità, grazie a questa predizione, di scegliere lo stile di vita più adatto, evitando ciò che può favorire l’insorgenza di una patologia. Non si tratta di essere informati su quanto ci resta da vivere – peraltro assai difficile da scoprire – ma di venire a conoscenza di ciò che rema contro di noi. È ben diverso no?” Mi sta dicendo che la mappatura del genoma con tutto quello che è venuto dopo, ha goduto di una cattiva immagine? Per via delle assicurazioni, suppongo, che hanno preso la palla in balzo per utilizzare le informazioni. “Sì, anche per questa ragione, ma oggi occorre prendere coscienza che la prevenzione è andata avanti in modo prodigioso. Non si tratta di fare il solito check-up, magari quando è troppo tardi, ma di avere le notizie utili per

campare a lungo e con una buona qualità della vita. Abbiamo tutto da guadagnare con la conoscenza”. Come si fanno questi esami della salute? “Un semplice tampone boccale. La chiamiamo medicina predittiva, un metodo personalizzato che indica se un individuo ha o meno la predisposizione a sviluppare determinate patologie, dando la possibilità di definire la strategia terapeutica ottimale e personalizzata. Si ottengono informazioni e strumenti necessari per gestire in prima persona il processo di invecchiamento, aumentando la qualità della vita. Scopriamo così i pliformismi predittivi di patologie. Niente miracoli, né oracoli funesti. Occorre sapere per tempo. Fare un pap test a 50 anni serve a ben poco, tanto per fare un esempio. Guardo alla biologia molecolare e alla genetica come alla medicina del futuro, abbiamo davanti a noi scenari impensabili. Ho investito nella realizzazione di strutture avanzate”. Che cosa è, dunque, la casa della salute? “Il luogo in cui si può essere informati sulla maniera migliore per vivere bene e a lungo. Se ciò avviene, avremo ottenuto risparmi notevoli di risorse pubbliche, efficienza e migliore produttività nei posti di lavoro. Occorre cambiare mentalità, curando la salute”. Lei, dottor Locorotondo, opera a Palermo, in Sicilia. È un pesce fuor d’acqua? “In Sicilia ci sono aree di alta professionalità in uno stagno”. La sanità è diventata il fiore all’occhiello del governo. “L’assessore sta lavorando, ma prevedo tempi lunghi. Ci sono abitudini radicate, difficili da estirpare”. Può fare una diagnosi più precisa? “Razionalizzare il settore, eliminando gli sprechi. Esuberi del personali. Mi rendo conto, ci sono padri di famiglia che non possono essere mandati a casa. Il problema andava affrontato a monte. È prevalso il clientelismo, ora sono dolori anche per chi deve affrontare il problema con la voglia di cambiare le cose. Un’impresa titanica”. Semplificando, qual è la patologia della sanità siciliana? “Eccessiva politicizzazione. Piuttosto che carriere professionali, sono state incoraggiate carriere politiche. E chi ha investito, e continua a farlo, sull’eccellenza, viene trattato allo stesso modo di chi fa cassa giorno dopo giorno. I “prodotti” ed i “servizi” non sono uguali. È stato sequenziato il genoma, la scienza è andata avanti, le tecnologie aiutano a vivere di più e meglio, ma le risorse vengono investite come se nulla fosse successo”. Dottore, non mi dica che il suo ottimismo sta venendo meno? “Ho fiducia nella scienza, nel mio lavoro, nelle nuove tecnologie. Sono ottimista perché consapevole dei grandi risultati ottenuti. Vorrei che la Sicilia entrasse nella nuova era. Per quanto mi riguarda ho, come si dice, la coscienza a posto: investo nel futuro e so di fare bene”.



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Salute

speciale NUTRIZIONE

di Patrizia Mercadante

A Natale tutto è permesso, ma... Alessio Calderone: “L’escamotage intelligente è quello di sostituire la carne con il pesce”

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poco meno di un mese dalle feste natalizie nelle famiglie siciliane si comincia a pensare al pranzo della vigilia e al classico cenone di San Silvestro. Lo scorso anno in Italia si è avuta una spesa per la cena di Natale di circa 2,8 miliardi di euro e per la maggioranza degli italiani è stato un Natale casalingo: ben in 54 milioni, ovvero il 91% hanno evitato i ristoranti. Ma nonostante la recessione è stato anche un Natale relativamente ricco: la spesa media si è attestata a 119 euro, in aumento del 14% rispetto al 2008. E pare che quest’anno si faccia il bis, l’importante, tuttavia, è non farlo a tavola con il rischio, dopo l’epifania, di ritrovarsi con qualche chilo in più. Infatti onorare le feste molto spesso è sinonimo di onorare la tavola e non sempre si mangia correttamente. Secondo gli esperti, quindi, anche in queste occasione bisogna stare molto attenti perché una fetta di panettone o un bicchiere di spumante in più potrebbe, è il caso di dire, “conciarci per le feste”. Se guardiamo all’interno della nostra terra, non è difficile capire che le ricette natalizie della nostra isola sono senza ombra di dubbio tra le più gustose, ma nel contempo parecchio caloriche: sfincione (pizza base di cipolla), scacce ragusane, cardi in pastella e gallina in brodo, insalate di arance con aringa e cipolla, agnello al forno, sformato di anellini al forno con ricotta, pasta con le sarde e sarde a beccafico (ripiene di mollica, pinoli, bucce di arance, foglie di alloro e uva passa), carne con pancetta coppata con contorno di sparaceddi e caponata. Per i dolci, buccellati di Enna (dolci tipici ripieni di fichi secchi), cassate e cannoli, i mustazzoli a base di mandorle, cannella e chiodi di garofano e cubbàita (torrone di miele con nocciole e mandorle o pistacchi). E così anche i vini, da non dimenticare che questi si ottengono esclusivamente dalla fermentazione dell’uva, frutta con valori molto alti di zuccheri.

Abbiamo chiesto ad Alessio Calderopando una serie di malattie cardione, specialista in Scienza dell’alimenvascolari. Il colesterolo circola nel tazione come non sforare e rimanere sangue legato ad alcune molecole. con il nostro peso anche dopo le feViene definito di due tipi LDL catstività natalizie tivo, quindi pericoloso, e HDL con“Un escamotage intelligente è quello siderato il colesterolo buono. L’LDL di sostituire la carne al pesce, meglio si deposita sulle pareti delle arterie ancora se pesce azzurro, perché un’ favorendo la formazione delle placalimentazione scorretta, troppo ricche aterosclerotiche”. ca di grassi animali e povera di frutta e verdura, porta ad una condizione Molti pensano che saltare un pasto fa molto comune al giorno d’oggi che è stare bene e non si prende peso definita di ipercolisterolemia. Infatti, il “La giusta alimentazione prevede una colesterolo presente nel sangue, sudieta che segua i canoni della dieta perate determinate concentrazioni, mediterranea; quindi abbondanza di può rappresentare un rischio per il frutta e verdura e un maggior consucuore e per i vasi sanguigni, svilupmo di carboidrati a discapito di grassi

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e proteine. La giornata tipo prevista da una dieta di tipo mediterranea è suddivisa in 5 pasti. Molto importante, e da non saltare mai, è la prima colazione che deve contenere il 20/25% delle calorie totali giornaliere: ad esempio un frutto, una tazza di latte o un vasetto di yogurt e 5/6 biscotti secchi, meglio se questi ultimi sono di farina integrale. Inoltre, buona regola è quella dell’utilizzo dell’olio extravergine di oliva, possibilmente usato a crudo che contiene elevate quantità di tocoferolo (Vitamina E) e altri antiossidanti quali: tirosolo e idrossitirosolo”.


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Si può chiudere un pranzo con una fetta di panettone o di pandoro? “A Natale tutto è permesso, tuttavia una piccola fetta di panettone può chiudere un pranzo o la cena, ma senza esagerare, poiché in media una fetta di panettone contiene in media circa 300/ 400 calorie. Quindi sarebbe opportuno che questo tipo di dolce venisse consumato magari a merenda”. La frutta secca, tipica della nostra regione, è davvero così dannosa per la nostra dieta? “Ci sono pro e contro. Se da un lato la frutta secca contiene oligoelementi, come il rame, lo zinco e il selenio che ha un’azione antiossidante e fa da scavenger nei confronti dei radicali liberi, principale causa dell’invecchiamento precoce della pelle, di contro è una alimento ipercalorico: ad esempio 100 grammi di noci contengono circa 650 calorie”.

tengono proteine a basso valore biologico (carenti in aminoacidi solforati) e per il loro contenuto in carboidrati possono essere ottimi sostituti di pane e pasta. Da non dimenticare che soprattutto la carne rossa è ricca di ferro, costituente dell’emoglobina, la molecola che trasporta nel sangue l’ossigeno. Il ferro presente nella carne rossa è facilmente assimilabile, al contrario di quello di origine vegetale che per la presenza di fibre quali ossalati e fitati è difficilmente assorbibile dall’organismo”. Parliamo di diete. Ne esistono in quantità: a zona, dissociata, del minestrone, della banana, solo frutta. Molte, esportate dagli Stati Uniti. Sono efficaci? “Di sicuro fanno perdere peso, ma provocano l’effetto yo-yo, ovvero tutti i chili persi ritornano con gli interessi. Meglio una dieta mediterranea, magari con un minore apporto calorico, che faccia perdere peso in maniera costante e con un giusto equilibrio tra i nutrienti.

Parliamo dei vini “Il vino va bevuto con moderazione. Per le sue capacità antiossidanti, un bicchiere a pasto meglio rosso, fa Come ci può aiutare la natura, e cosa bene all’organismo per il suo con- chiedere in farmacia per aiutarci dopo tenuto elevato di polifenoli, tra cui un pasto abbondante il più famoso è il resveratrolo. Non “Sicuramente la natura ci aiuta con le è da dimenticare, infatti il concetto sue piante officinali. Per esempio per di “paradosso francese” proposto la colite è consigliabile il finocchio e da Serge Renaud, un professore il carbone vegetale. Queste piante dell’Università di Bordeaux che tracsono utili, infatti, nel trattenere a licia la divergenza dei tassi di mortavello gastrico l’aria formata durante lità tra la popolazione francese del i pasti e a livello intestinale a bloccaSudOvest e il resto della Francia, in re le fermentazioni anomale dei cibi. seguito utilizzato per contrapporre Per i calcoli biliari è utile il carciofo e l’intera popolazione francese al montarassaco. Le foglie del carciofo intedo anglosassone. In soldoni, questo re o ridotte in frammenti favoriscoconcetto si basa sulla correlazione no la produzione della bile, nonché tra bassa mortalità per malattie coun miglioramento delle funzionalità ronariche e consumo di vino”. del fegato. Per quanto riguarda il tarassaco, che viene utilizzata la radice, Cereali e legumi come sostitutivi deloltre a favorire la produzione di bile, la carne, è giusto? per la presenza di inulina, un probio“Da un punto di vista nutrizionale tico, aiuta a mantenere attiva la flora questi alimenti hanno ben poco in batterica intestinale”. comune. Sicuramente i legumi con-


Salute

speciale NUTRIZIONE

a cura Dott. Alessio Calderone Specialista in Scienza dell’Alimentazione

La dieta mediterranea T

utti noi la conosciamo con il nome di dieta mediterranea, ma il termine dieta è comunque improprio poiché più che di un vero e proprio programma dietetico, si tratta di uno stile alimentare fatto di regole e di abitudini ispirate alla tradizione mediterranea. Negli anni 50 Ancel Keys, un nutrizionista americano, si accorse che le popolazioni del bacino mediterraneo erano meno suscettibili ad alcune patologie rispetto agli statunitensi. Da questa osservazione nacque l’ipotesi che la dieta mediterranea fosse in grado di aumentare la longevità di chi la seguiva. Lo stesso studioso, tornato in patria, proseguì per anni tali ricerche, che culminarono nella stesura del libro Eat well and stay well, the Mediterranean way”. In questo libro furono riportati i risultati del famoso “Seven Countries Study”, che per vent’anni monitorò dieta e condizione di salute di 12.000 persone di età compresa tra i 40 ed i 60 anni, residenti in diversi Paesi come Giappone, Usa, Olanda, Jugoslavia, Finlandia e Italia. L’ipotesi iniziale di Keys era a quel punto confermata e la dieta mediterranea fu proposta al mondo intero come il regime alimentare ideale per ridurre l’incidenza delle cosiddette “malattie del benessere”. In seguito, a partire dagli anni ‘70 si cercò pertanto di diffondere le abitudini alimentari tipiche della dieta mediterranea anche negli Stati Uniti. Cereali, verdure, frutta, pesce ed olio di oliva furono proposti come alternativa ad una dieta troppo ricca di grassi, proteine e zuccheri. Solo negli anni ‘90, fu proposta una semplice piramide alimentare che riportava la distribuzione in frequenza e quan-

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tità degli alimenti nell’arco della giornata. In particolare alla sua base si trovavano gli alimenti da consumare più volte al giorno mentre all’apice vengono riportati i cibi da limitare. Ma quali sono i punti cardine? La dieta mediterranea è incentrata soprattutto sulla corretta scelta degli alimenti, mentre l’aspetto calorico gioca un ruolo di secondo piano. Ad un uomo adulto occorrerebbero ogni giorno circa 2500 calorie di cui il 60% dovrebbe provenire da carboidrati, il 20% da lipidi e solo il 10% da proteine. I principi più importanti della dieta mediterranea sono contenuti nelle seguenti linee guida: • maggiore consumo di proteine vegetali rispetto a quelle animali • riduzione dei grassi saturi a favore di quelli vegetali insaturi • riduzione della quota calorica globale • aumento dei carboidrati complessi a sfavore di quelli semplici • elevata introduzione di fibra alimentare • riduzione del colesterolo Il consumo di carne bianca è prevalente rispetto a quella rossa, ed è comunque limitato a una o due volte la settimana. Maggiore è invece il consumo di pesce e legumi, mentre i dolci sono consumati solo in occasioni particolari. La dieta mediterranea prevede inoltre una drastica riduzione del consumo di: insaccati, super alcolici, zucchero bianco,burro, formaggi grassi, maionese, sale bianco, margarina, carne bovina e suina, strutto e caffè.


L’aiuto viene dagli acidi

Omega 3

Gli Omega 3 sono acidi grassi polinsaturi, di cui i più noti sono EPA e DHA. Definiti essenziali perché l’organismo non è in grado di sintetizzarli e devono essere assunti con la dieta. L’alimento che ne contiene maggiori quantità è il pesce azzurro. Gli Omega 3 intervengono nella fluidificazione del sangue abbassando la concentrazione dei trigliceridi e del colesterolo a livello ematico. Vari studi hanno evidenziato che il consumo di pesce azzurro riduce il rischio di trombosi e di altero sclerosi e quindi dell’infarto al miocardio. Gli Omega 3 abbassando i livelli di colesterolo cattivo (LDL) nel sangue riducono la probabilità che questo si depositi sulle pareti delle arterie favorendo la formazione delle placche aterosclerotiche. Il DHA è indispensabile per lo sviluppo del sistema nervoso centrale e dell’occhio del neonato, per questo motivo alle gestanti si consiglia l’integrazione di Omega3 soprattutto nell’ultimo trimestre di gravidanza. Inoltre nell’adulto, in patologie quali la schizofrenia e le demenze (Alzheimer) gli Omega 3 migliorano la sintomatologia nonché le funzioni cognitive dell’anziano. L’EPA e il DHA giocano un ruolo chiave nei processi di riacutizzazione di malattie quali l’artrite reumatoide e il morbo di Crohn intervenendo in tutti quei processi che favoriscono la flogosi che è il fattore scatenante di queste patologie. Inoltre, il consumo di pesce azzurro riduce il rischio di asma tra gli adolescenti. Esiste una sinergia tra la vitamina E (tocoferolo) e gli omega 3, i quali insieme contrastano l’azione dei radicali liberi e quindi l’insorgere di fenomeni di tipo degenerativo, quali invecchiamento precoce della pelle e cancerogenesi. Una integrazione regolare di acidi grassi Omega 3 va quindi promossa tenendo presente che due normali pasti settimanali a base di pesce azzurro (sgombro, sarde) sono sufficienti per coprire i livelli di assunzione raccomandati.


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La passione per il mio lavoro, che dal 1991 è diventata sempre piu forte, mi ha portato a scegliere i miei partner con molta attenzione per assicurare gioielli e orologi di altissima qualità. Ritengo che la mia missione sia generare emozioni ai clienti attraverso la cura dei dettagli, la preziosità dei materiali e l’esclusività del design. Ogni gioiello e ogni suo minimo particolare rappresenta una sintesi di artigianalità, estro, design, esperienza produttiva e arte tramandata di generazione in generazione. Sono convinto che rendere felice un cliente, uomo o donna che sia, significhi consigliarlo nella scelta di un’emozione da indossare. Ecco allora che l’oggetto stesso prende vita e diventa parte integrante della persona che lo indossa, creando così un abbraccio di gioia. “Rendere un essere umano felice vuol dire meritare d’esserlo”.


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Sarajevo di Maria Andaloro

Milazzo Sarajevo Milazzo...

U

n giorno ti alzi alle 3 e mezzo del mattino, dopo aver deciso d’impulso di partecipare ad una spedizione in luoghi che distano meno delle tante mete turistiche che spesso raggiungiamo. E così la vita ti trascina in un viaggio diverso. Duro, speciale, profondo, meditativo, sorprendente. Ti ritrovi con persone che conosci poco o non conosci affatto. Ti lega la volontà di fare del bene, ma stavolta attraverso un’ esperienza forte, inviare sms sarà utile ma troppo comodo, cancella la realtà (e a volte i sensi di colpa).

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Nelle foto i momenti salienti del viaggio, l’arrivo a Sarajevo, il lavoro dei ragazzi per lo smistamento di tutti gli scatoloni, il commovente incontro con i bambini

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artire dalle nostre case sicure e sapere di arrivare in un territorio ferito, segnato da cicatrici che stentano a chiudersi è una scelta consapevole, di confronto con la storia recente, con la guerra , seppur finita da 15 anni, ma anche con se stessi. Attraversiamo luoghi di guerra, teatro di violenze inaudite, dolore e morte, non è un film, non è un documentario, non possiamo cambiare canale. Stiamo andando lì. Alle 5 del mattino imbarchiamo a Messina, direzione Ancona, dove ci incontreremo con altri 15 furgoni provenienti da tutta Italia, per sbarcare a Spalato, da dove inizia il viaggio. Raccontare è difficile, le foto, forse, aiuteranno un pò più delle parole. L’organizzazione è perfetta, passaporti alla mano oltrepassiamo dogane, controlli, burocrazia che ci rallenta, ma è necessaria. Il carico di beni raccolto tramite il passaparola fra amici e parenti viene distribuito grazie all’ organizzazione straordinaria di un uomo che ogni mese porta con la sua associazione beni in questi posti con un presente che vive nel passato.


Sarajevo

Il rientro a Messina

Milazzo Sarajevo Milazzo... “Quello che noi facciamo è davvero solo una goccia nell’oceano ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno…” Santa Madre Teresa di Calcutta

18 furgoni pieni di generi alimentari, detergenti per la persona, detersivi e pannolini vengono razionati in base alle necessità che ogni mese emergono dalle visite alle comunità. I bambini ti accolgono nei loro spazi comuni e ti rapiscono. I loro sorrisi riempiono di gioia e ti strappano il cuore contemporaneamente. Prometti, senza conoscere il serbo o il croato, che tornerai. Si passa da Medjugorje, luogo di spiritualità, di ricerca, di sosta. Ognuno ha qualcosa a cui pensare e su cui riflettere. Per il rientro la prima nave utile parte da Durazzo e quindi torniamo verso l’Italia attraversando la Croazia, il Montenegro.Percorrendo una strada lungo la costa spettacolare, che sembra lontana migliaia di km dai luoghi appena visitati, ma è impossibile oramai dimenticare Entriamo in Albania e pernottiamo a Scudari, dove è nata Santa Madre Teresa di Calcutta, la quale sosteneva “Quello che noi facciamo è davvero solo una goccia nell’oceano ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno….” Grazie ad Alberto Bonifacio

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Il gruppo che ha reso possibile questo piccolo miracolo

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Sport di Fabio Porcino

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SICILIAN SENIOR OPEN 2010

IL GRANDE GOLF NELL’ISOLA L Grande spettacolo nella meravigliosa cornice del “Picciolo Golf Club”

1. Il vincitore del Senior Tour Domingo Hospital 2. I vincitori della ProAm, Bruner, Abate, Arcidiaco e Silvestri 3. Barbara Merlin 4. Alessandra Merlin 5. Michelangelo Rampulla 6. Much Mair e Peter Runggaldier 7. Costantino e Valeria Marini, madrina dell’evento 8. Costantino Rocca e Salvatore Leonardi, Delegato Regionale FederGolf 9. Veduta aerea del Picciolo Golf Club

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’European Senior Tour finalmente, dopo più di un anno di assenza, è ritornato in Italia; dal 22 al 24 ottobre si è infatti svolto, a Il Picciolo Golf Club di Castiglione di Sicilia, il Sicilian Senior Open 2010, penultimo appuntamento della stagione 2010 dell’European Senior Tour. Tale importante manifestazione golfistica rientra nel più ampio progetto “Sicilian Open Golf 2010/2012”, ideato e fortemente voluto dalla Regione Sicilia, organizzato in collaborazione con la Federazione Italiana Golf che vedrà nei prossimi due anni altri importanti appuntamenti: Pga European Tour nel maggio 2011 presso il Donnafugata Golf & Resort di Donnafugata (RG) e il Pga European Tour nel maggio del 2012 presso il Verdura Golf SPA & Resort di Sciacca (AG). “La Sicilia punta su una nuova visione strategica per potenziare il flusso turistico - sottolinea Raffaele Lombardo, Presidente della Regione Sicilia - un progetto di tre anni sul golf professionistico, su tre diverse località dell’isola, tre importanti appuntamenti golfistici internazionali che determineranno ricadute economiche e visibilità per l’indotto turistico.” Ancor più significativo che la prima tappa del Sicilian Senior Open Golf si sia tenuta a “Il Picciolo Golf Club” che è stato il primo campo da golf 18 buche in terra siciliana, collocato nella meravigliosa cornice del parco naturale dell’Etna,

non lontano da alcuni dei luoghi più belli della Sicilia come la costa di Taormina, la Valle dell’Alcantara e gli stupendi vigneti della Strada del Vino dell’Etna. Tale strada virtuale che parte dal comune di Riposto accarezzando le colline tra i terrazzamenti ed i tornanti che si snodano verso il vulcano, tra i caratteristici muri a secco di nera pietra lavica, tra gli antichi casolari contadini, le masserie e le sontuose ville dei nobili di un tempo, attraversa i territori dei comuni di Giarre, Mascali, Santa Venerina, Zafferana Etnea, Milo, Sant’Alfio, Piedimonte Etneo, Linguaglossa, Castiglione di Sicilia, Randazzo, Nicolosi, Pedara, Viagrande e Trecastagni. Comuni antichi, ricchi di storia e di beni artistici e ambientali con centri storici in cui dominano e convivono diversi stili architettonici e con chiese, palazzi e paesaggi unici che non possono lasciare indifferenti i loro visitatori. In un simile scenario l’aver organizzato un evento golfistico di così ampia risonanza ha costituito un’occasione di grande visibilità e sponsorizzazione delle nostre attrazioni culturali e naturali; il golf, infatti, non deve essere considerato, secondo un luogo comune ancora purtoppo da noi radicato, esclusivamente come uno sport per pochi ricchi eletti, ma deve invece essere considerato come un grande catalizzatore di sviluppo per il mercato turistico-immobiliare di tutta la filiera del settore hospitality il cui mix ottimale


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è dato dalla corretta combinazione di golf, turismo, real estate e viabilità efficiente. Si stima che ogni singolo campo da golf regga, mediamente, un flusso turistico, di primissimo livello, tra seconde case e alberghi, di 2.000 persone per circa 850 unità residenziali. L’evento sportivo principale è stato preceduto, il 21 ottobre, dallo svolgimento della Pro AM di (gara in cui 24 squadre si sono sfidate sulle 18 buche del percorso con ciascuna squadra formata da 3 giocatori dilettanti e un campione internazionale. La Pro Am di ha visto sfidarsi, tra gli altri, ex atleti e campioni come Alessandra e Barbara Merlin indimenticabili protagoniste della valanga rosa; Peter Runggaldier, l’unico sciatore italiano ad aver vinto la Coppa del Mondo di Supergigante nel ’95; il siciliano Michelangelo Rampulla, portiere di massima divisione e oggi tecnico della Juventus per i portieri; Much Mair discesista della nazionale italiana degli anni ’80. Il Senior Tour ha invece visto cimentarsi 73 atleti provenienti da tutto il mondo; i colori della bandiera italiana sono stati difesi, tra gli altri, dal “campionissimo” Costantino Rocca e Giuseppe Cali. Da segnalare anche la partecipazione dell’inglese Carl Mason, settimo nel ranking dell’European Senior Tour. La vittoria del Senior Tour è andata allo spagnolo Domingo Hospital che ha vinto la prima edizione del Sicilian Senior Open (Senior Tour) disputato sull’impegnativo percorso del Golf Club Il Picciolo, a Castiglione di Sicilia. Il 52enne spagnolo di Barcellona (211 - 70 67 74) ha superato con un par alla prima buca di spareggio l’argentino Horacio Carbonetti (211 - 70 68 73) con il quale aveva chiuso alla pari le 54 buche del torneo. È rimasto fuori dal play off per un colpo il canadese Graham Gunn, leader nel turno iniziale, giunto terzo con 212 colpi, mentre sono terminati quarti con 213 lo statunitense Jerry Bruner, l’argentino Luis Carbonetti, l’inglese Carl Mason e lo scozzese Andrew Ol-

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dcorn. Ha rimontato ancora Giuseppe Calì, 14° con 217 (79 67 71), è rimato a metà graduatoria Costantino Rocca, 35° con 224 (80 71 73), e hanno concluso al 54° posto con 229 Silvano Locatelli (83 75 71) e Romolo Napoleoni (76 70 83). A Hospital il primo titolo nel Senior Tour ha fruttato un assegno di 37.500 mila euro su un montepremi di 250 mila euro. Il grande Costantino Rocca, per lasciare comunque un buon ricordo della sua presenza, è ricorso agli effetti speciali realizzando una “hole in one” alla seconda buca (144 metri, par

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di Donnafugata (RG) e nel maggio del 2012 presso il Verdura Golf SPA & Resort di Sciacca (AG). “La nostra è la prima Regione d’Italia ad aver puntato sul golf per potenziare il flusso turistico” ha spiegato Antonio Belcuore, funzionario delegato del Dipartimento Turismo della Regione Sicilia. “ I giocatori del Senior Tour, giunti da tutto il mondo a Castiglione di Sicilia per questo importante appuntamento golfistico, saranno i nostri migliori ambasciatori. Ciò significa che l’obiettivo del progetto ‘Sicilia Open Golf 2010/2012,

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3). Ha chiuso con un parziale di 73 e al termine ha donato la pallina imbucata, con tanto di autografo, ai responsabili de Il Picciolo. La “quattro giorni” al Picciolo Golf Club ha dimostrato l’importanza della vocazione e della tradizione della Sicilia nella promozione dello sport, attraverso il progetto “Sicilia Open Golf 2010/2012”, ideato dalla Regione Sicilia e organizzato in collaborazione con la Federazione Italiana Golf che vedrà nei prossimi due anni altri importanti appuntamenti: infatti si svolgeranno tornei dell’European Tour nel maggio del 2011 presso il Donnafugata Golf & Resort

ovvero promuovere la nostra regione anche attraverso lo sport, è stato perfettamente centrato”. Infine è doveroso sottolineare i meriti dei fratelli Leonardi, creatori e proprietari dello stupendo impianto del Picciolo che, oltre ad avere, per primi in Sicilia, creduto ed investito nelle potenzialità del Golf con enorme impiego di propri capitali, anche a dispetto dello scetticismo pubblico e privato, hanno, ancora una volta, messo a disposizione tutta la loro professionalità ed il loro impegno per la perfetta riuscita di un evento di così grande importanza sportiva e turistica.


Sport

Ma è sempre

colpa

La professionalità, la preparazione, l’efficienza, l’onestà dei direttori di gara sono un falso problema. Gli arbitri, anche se di qualità eccelsa, non potranno mai competere con gli strumenti tecnologici di cui oggi si dispone. Le partite vengono riprese da venti telecamere, i software sono in grado di misurare ogni movimento, il battito di ciglia.Tutto. E’ fatale che il direttore di gara soccomba: deve prendere le sue decisioni in una frazione di secondo ed ha due occhi soltanto. Le telecamere, invce, setacciano ogni centimetro del campo e riprendono ogni movimento di ciascun “essere vivente”.

dell’arbitro? La sfuriata contro gli arbitri è un evento stagionale come l’influenza, le allergie primaverili e gli scioperi autunnali nelle scuole di secondo grado. Solo che c’è una escalation preoccupante di insulti, sospetti, delazioni, conflittualità, accuse che tengono in tensione tutto l’ambiente calcistico nazionale, gettando ombre sulla regolarità del campionato e, quindi, danneggiando l’immagine dello sport più amato dagli italiani.

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Invece che utilizzare le tecnologie più avanzate per regalare certezze ai direttori di calcio e credibilità a tutto ciò che avviene in campo, si discetta sulle designazioni, su come e quando farle, sul sorteggio ed altre diavolerie che non affrontano in alcun modo il problema. L’uso dei mezzi disponibili è diventato non più procrastinabile. E’ già avvenuto nel basket, perché non dovrebbe avere successo nel calcio? Ci sono remore incomprensibil, che lasciano sospettare un atteggiamento “corporativo” da parte dei massimi dirigenti del calcio mondiale, con l’eccezione di Platini, il quale ha detto e ribadito mille volte che bisogna aiutare gli arbitri a non sbagliare invece che discettare sulle qualità di questo o quel direttore di gara. Che cosa c’è dietro le resistenze si chiedono in molti? La risposta più facile, forse ingenerosa, è la voglia di non cedere funzioni e poteri alle “macchine”. Più contano gli arbitri, più contano i dirigenti delle Federazioni. La rinuncia alle decisioni “unilaterali”, insomma, è assai difficile da accettare, perché è come cedere lo scettro del “regno”. Il risultato non può essere in alcun modo “suggerito”. Queste considerazioni sono maligne, autentiche illazioni, ma è questo che tanti tifosi pensano quando un arbitro sbaglia clamorosamente, magari in buona fede. Crediamo che agli arbitri, anche a loro, convenga “armarsi” di mezzi che li aiutino a non commettere errori. Si potrebbe affidare a loro la scelta di utilizzare o meno, la moviola. Responsabilità uguali, ma maggiori “sussidi” e strumenti.


E’ incredibile, per esempio, che non si vogliano utilizzare arbitri e telecamere in grado di stabilire se la sfera di cuoio ha superato la linea bianca, concedendo o meno il goal. Alcune partite dell’ultimo mondiale di calcio furono segnate da episodi legati a goal fantasma. Perfino mister Blatter, restio dapprima e da qualche tempo propenso a cambiare qualcosa , comunque assai ondivago, riconobbe, assediato dagli eventi, che bisognasse cambiare le regole e introdurre la tecnologia. Non se n’è fatto niente.Finché le cose rimangono così, arbitri, giocatori, direttori tecnici, presidenti di società avranno un alibi per giustificare campagne acquisti sbagliate, schemi errati, sconfitte, errori tecnici. Dovrebbe interessare a tutti migliorare la quantità di ”verità” accertabile in tempo reale, visto che altrimenti si assiste alla solita litania di sospetti, accuse che inquinano il mondo del calcio. A meno che non si voglia fare come la Rai che, al fine di risolvere il problema, ha accecato la moviola. Occhio che non vede, cuore che non duole.


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Speciale Natale

Un Natale nel segno degli angeli Presepi e novene in ogni angolo della Sicilia

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el segno degli angeli. In Sicilia, come d’altra parte in tutto il resto del mondo, la magica festa del Natale viene celebrata sotto tutti i punti di vista. Tradizioni antiche e nuove, religiose, folcloristiche e gastronomiche si condensano per rendere unico questo periodo dell’anno.

A Messina va in scena “il Natale degli angeli”. Eventi culturali, visite guidate, spettacoli di danza e teatro e interventi di arredo urbano. “Un messaggio di speranza - ha detto il sindaco Giuseppe Buzzanca - che vogliamo dare alla città per superare le avversità”. A piazza Cairoli verrà allestito un grande albero ecologico interamente bianco, mentre in alcune zone della città si alterneranno particolari effetti di luce e la presenza delle zampogne nelle ore serali per diffondere le tipiche melodie natalizie.

A Catania si pensa all’organizzazione di un presepe in cui i personaggi sono fatti di una “pastiglia” particolare e

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rivestiti di pittura resinosa, seguendo un’origine di radice settecentesca. Verrà rinnovato l’appuntamento con i mercatini di Natale in Fiera, a piazzale Sanzio. Oltre 200 spazi espositivi tra spettacoli, artigianato e gastronomia.

A Palermo ha invece suscitato polemica la scelta di

piazzare a Mondello un presepe al centro di una strada. Durante il periodo natalizio viale Regina Margherita, importante arteria della borgata marinara, sarà chiusa da un fabbricato in posizione trasversale rispetto alla strada e tanto ingombrante da invadere anche parte del marciapiede. È la prima volta che si svolge questa iniziativa a Mondello. La struttura che accoglierà il presepe (organizzato dal parroco della chiesa Santissima Maria Assunta di Valdesi, padre Antonio Severino), è larga dieci metri e lunga sette. È tutto un fiorire di Presepi, di diverse fogge, tipi e materiali come il legno, l’oro, l’argento, l’avorio ed il corallo che troviamo in molte località. Antica tradizione risalente al XVI secolo, questi ultimi sono la rappresentazione iconografica per eccellenza del Natale.


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olti, invece, sono i paesi siciliani che si trasformano in presepi viventi, dove gli abitanti tra il suono delle zampogne ed i canti delle Novene, spesso commissionate da committenti privati, si vestono di antichi abiti ed inscenano antichi mestieri. Il più antico di questi è quello di Custonaci, in provincia di Trapani, all’interno della grotta di Mangiapane. A Longi, in provincia di Messina, i presepi sono accompagnati da canti dialettali natalizi o da suoni di strumenti antichi come la zampogna “a chiave” utilizzata a Monreale (in provincia di Palermo), o quella “a paio” suonata a Licata (in provincia di Agrigento). L’antica arte di questi suonatori viene tramandata con la manifestazione “La Zampogna d’Oro”, che si svolge ad Erice (in provincia di Trapani), evento che coinvolge zampognari che giungono da tutta Italia. Caltagirone, si distingue per i presepi realizzati prima di creta, poi di ceramica, talmente belli da fare di questa arte popolare, nel corso dei secoli, un’attività artigianale. Pregiati anche quelli che a Noto che si trovano nella cripta dei Cappuccini e sulla scala di Santa Maria del Monte, quello di Ispica (in provincia di Ragusa), risalente al XVIII secolo e visibile nella Chiesa della Santissima Annunziata. A Catania esiste un presepe in cui i personaggi sono fatti di una “pastiglia” particolare e rivestito di pittura resinosa. È quello d’origine settecentesca di proprietà del barone Scammacca.


Economia di essepi

Avere tanta informazione non significa automaticamente sapere come stanno le cose.

Economia, la girandola dei dati. Un maledetto imbroglio Prendiamo l’economia. Ogni giorno giornali, radio, televisioni e rete riferiscono parametri, indici, dati Istat provenienti da agenzie di rating internazionali e nazionali, Ministeri, Istat, banca d’Italia, sindacati e i raccontano come stanno le cose. Il risultato è che il lunedì il nostro Paese rischia un febbrone che potrebbe portarlo all’altro mondo e il giorno dopo è sano come un pesce, dotato degli anticorpi utili per proteggersi. Ogni indice, dato, parametro viene riferito con il suo corollario di opinioni, giudizi, commenti e previsioni che quasi mai coincidono, e soprattutto non portano a conclusioni assimilabili, così una volta la crisi economia è alle nostre spalle e l’altra soffia sul nostro collo, ci rincorre e potrebbe portarci all’altro mondo. Ci sono i dati sul Pil, quelli sull’occupazione e la disoccupazione, sugli ordinativi delle imprese, l’evasione fiscale, la spesa pubblica trattati con l’ottica più conveniente a seconda se le osservazioni arrivano dal governo o dall’opposizione, dalla Confindustria o dalle Confederazioni sindacali. Non è che si abbia unicamente la voglia di portare l’acqua al proprio mulino, si guarda a ciò che succede con l’ottica diversa. Così anche quando sono galantuomini a raccontarci come vanno le cose, non ci si capisce niente ugualmente. Se poi a questa diversità inoppugnabile e, sotto certi aspetti, fisiologica, si aggiungono le furbizie dei politicanti, al governo e fuori, allora è proprio un disastro. La gente non ci capisce più niente e viene turlupinata con una facilità che grida vendetta. E allora, direte voi giustamente, che ci stanno a fare gli economisti, quelli che studiano la materia e sono in grado di estrapolare dai dati diversi e giudizi disparati, quello che conta. Dovrebbero uscire fuori dal particolare e informare correttamente sulla qualità dei dati che vengono riferiti e delle previsioni annunciate. Le fonti sono tantissime: le agenzie di rating, la Banca Europea, il Fondo mondiale internazionale, l’Unione europea, la Banca d’Italia, l’Istat, il Ministero dell’economia, la Confindustria. Questi organismi hanno gli strumenti e le competenze per cogliere la complessità, dopo avere snocciolato numeri sul Pil o sull’occupazione, o annunciato indici e parametri dovrebbero riferirci sullo stato di salute dell’economia, se dobbiamo preoccuparci e fino a che punto. Soprattutto quali categorie potrebbero trarre svantaggio o vantaggio dalla congiuntura. Gli economisti, dal canto loro, dovrebbero esercitare una sorta di controllo, esaminare le analisi compiute dalle agenzie e farci sapere se sono corretti, quanto c’è di vero o falso, e suggerire rimedi o altro. Sappiamo bene che non tutto può essere previsto, perché se la Grecia ha il raffreddore, l’Italia deve aspettarsi il contagio o prendere il vaccino, che spesso è doloroso oltre che costoso. Lo stato

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dell’arte è confuso. I cittadini vengono tenuti all’oscuro, di fatto, perché il linguaggio che adoperano gli economisti e le agenzie – pubbliche e private – può essere codificato dagli addetti ai lavori, e subisce i filtri di una divulgazione interessata. Sin dal primo giorno della crisi, in Italia, ci è stato detto dal governo che l’Italia non ne avrebbe subito le conseguenze, che eravamo in una botte di ferro, poi ci è stato fatto sapere che era ormai passata la tempesta e non c’era ragione di preoccuparsi, poi – di punto in bianco – il governo ha varato una manovra economica che ha rotto le ossa agli impiegati pubblici, tagliato investimenti e spesa corrente, mandando sul lastrico un sacco di gente. Ci è stato spiegato anche che non si può fare diversamente perché altrimenti saremmo finiti come la Grecia. Ma come, qualcuno si è chiesto, non eravamo in una botte di ferro? Il Presidente del Consiglio se la prendeva con i pessimisti che vedevano tutto nero, con i loro giornali e i loro uccellacci del malaugurio, facendo immenso danno. Berlusconi se la prese con i telegiornali della Rai, che volevano affossare il Paese e con i giornali di opposizione. Suggerì che fossero puniti dalle imprese, togliendo loro la pubblicità, così avrebbero imparato la lezione. Ma nessuno ricorda più niente di tutto questo, perché i media non fanno nulla per ricordarcelo. Non accade perché il destino ci è ostile, ma perché i telegiornali pubblici e privati sono ben orientati e non sono attrezzati per dare giudizi severi sull’economia e i suoi protagonisti. Spetterebbe ai professori, dunque, il compito di informare. Ammesso che ne abbiano la voglia, mancherebbero loro i canali per farlo. Ci sarebbe la Confindustria. Sulla carta ha interesse di raccontare come stanno le cose. Ma solo sulla carta. Se vuole avere buoni rapporti con il governo, deve smussare gli angoli, lenire le ferite, evitare giudizi severi, lasciare spazio alla trattativa. Quindi, è inutile sperare che da questa parte arrivino lumi. Nei giorni scorsi sono stati diffusi dati confortanti sullo stato dell’economia italiana da parte del Ministero dell’economia e dalle agenzie economiche internazionali. Subito dopo, però, la Banca d’Italia ci ha riferito che non c’è da stare allegri, tutt’altro: il debito pubblico è cresciuto enormemente e le entrate tributarie sono diminuite, mentre gli evasori sono aumentati. Lo Stato ha incassato di meno e speso di più, nonostante il severo Ministro dell’economia Tremonti abbia vigilato sui conti e posto il veto su tanti propositi. Allora, siamo ancora malati o abbiamo avuto una ricaduta? La risposta non l’avremo mai. Dobbiamo accontentarci, letteralmente, di quello che passa il convento. O meglio, il governo, ed attrezzarci per capirci qualcosa. Magari dando uno sguardo al nostro portafogli. Che non ci dirà mai bugie.


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Speciale Braille di Elena Di Dio foto di

La Stamperia Braille di Catania

Il libro in un bit …

E lo leggi sul telefonino Alcune delle più importanti scultura ospitate al museo tattile

Vietato non toccare. Vietato proprio. Come nei musei. Solo al contrario. Qui si tocca. Si toccano il David di Donatello, la Venere di Milo, il Discobolo. La testa di Medusa di Antonio Canova e ogni (più piccolo) particolare dei templi di Agrigento.

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A

l museo tattile di Catania, fra le “ultime” costole della Stamperia Braille guidata da un direttore che ne è insieme guida, programmatore e “genio”, si tocca. La Stamperia “inventa” e mette a servizio dei trentacinquemila non vedenti siciliani e dei novantamila ipovedenti, opere d’arte, percorsi sensoriali e pure un bar. Un bar al buio. Ritrovo non per i ciechi, a ben pensarci. Che nell’oscurità delle immagini già vivono. Il bar al buio è per i “normodotati”, quelli a cui gli occhi funzionano. Nel bar al buio i disabili sono i normali. Il banconista è non vedente. A lui bisogna rivolgersi per un caffè, un tè, una tisana. A lui bisogna chiedere il conto e ottenere uno scontrino fatto apposta per i non vedenti. In braille, cioè. Un percorso al contrario insomma. Per ribaltare i punti di vista. E per integrarli anche. Come nel caso dello show room che la Stamperia ha aperto per mettere a disposizione dei non vedenti o ipovedenti siciliani tutta quella enormità di piccole comodità quotidiane altrimenti introvabili nei negozi.


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Pino Nobile: il direttore della Stamperia Braille

Stamperia Braille: gli impianti di stampa di Catania

La Stamperia Braille di Catania, nata con una legge regionale del 1978, ha abbattuto questi muri. “Ci tengo a dirlo. Il sognatore di questa Stamperia, di tutti i nostri progetti, è il presidente Giuseppe Castronovo” si schernisce subito il direttore della Stamperia, Pino Nobile che della struttura è anima. Grazie a lui, infatti, molti dei “ritrovati” tecnologici trovano la luce. “Io sono programmatore” continua a minimizzare Nobile. Ma è grazie alla sua creatività tecnologica, insieme ai collaboratori che lavorano nelle strutture della Stamperia, del polo tattile, del museo, del giardino sensoriale e del bar al buio, che è nato per esempio il progetto “Il libro in un bit”. Cos’è? “Abbiamo ideato un software che consente ai non vedenti, grazie all’acquisto di un normale telefonino – unico obbligo che sia Nokia, l’unico a supportarlo – che consente ai proprietari di scaricare un libro intero nel proprio cellulare. Senza costringerli a dover acquistare telefoni dal prezzo esorbitante di 1800 euro. Il software è stato approvato dal ministero della Pubblica Istruzione”.

Presidente e direttore: il presidente della Stamperia, Giuseppe Castronovo e il direttore Pino Nobile


Speciale Braille di Elena Di Dio

Giardino sensoriale: Il giardino sensoriale aperto dal polo multimediale in via Etnea

All’esperienza degli anni trascorsi, alla capacità innovativa dei trascrittori, alla passione dei circa 300 lavoratori che fra le otto cooperative impegnate nella collaborazione con il stamperia e il personale stesso in servizio nella struttura catanese, si deve anche la creazione di altri progetti: “Circa quindici anni fa – ricorda ancora Nobile – ero in stamperia e ho ricevuto una telefonata da un signore che mi ha chiesto un metodo per insegnare a leggere, lui non vedente, alla figlioletta vedente. Mi faccia pensare, gli ho detto. Ci sentiamo domani”. Da questa conversazione è nata la stampa congiunta nerobraille. Dove “nero” sta per i caratteri stampati sulla carta che si vedono ma non si toccano e sono il buio per i non vedenti. La Stamperia dunque. Per ultima, ma non certo per importanza, né per storia e nemmeno per “volume” d’attività, la Stamperia, dal 1980 realizza riviste per l’Unione italiana ciechi. Oggi copre il 90% del fabbisogno nazionale nel campo delle riviste e dei periodici specializzati. E si occupa soprattutto della trascrizione e stampa dei libri di testo per gli studenti siciliani. “Che sono circa 500 e per i quali è necessaria una collaborazione più stretta con gli istituti scolastici a cui chiediamo di rispettare la scadenza del 12 giugno per l’indicazione dei libri di testo” spiega ancora il direttore della Stamperia Braille di Catania, l’unica in Sicilia, fra le due o tre che operano a questi livelli in tutta Italia. “Il motivo c’è: a circa 60 pagine di un volume “tradizionale” per così dire – racconta Nobile – corrispondono circa due volumi di libri in Braille. Dipende dal carattere che deve essere usato. Ma anche dalla “trascrizione” ovvero dalal rielaborazione della scrittura sempre più creativa che dobbiamo rendere ai nostri “lettori”, i grassetti, i testi colorati, le immagini”. Alta sartoria, libri come vestiti su misura. Elaborati ma essenziali: un esempio? Con sei punti della scrittura Braille, variamente composti, si rappresentano 63 caratteri del nostro linguaggio. E noi saremmo normali?

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Due esempi di libri baille prodotti dalla Stamperia Braille

La riproduzione del Giudizio Universale della Cappella Sistina ospitata al museo tattile di Catania

Showroom: lo shop store Lo show room aperto nel polo tattile multimediale. In vendita nella struttura anche giochi che consentono di interagire fra bimbi non vedenti e normali per una integrazione reale. Per info: www.stamperiabrailleuic.it Il Polo tattile multimediale in via Etnea 602 è aperto dal lunedì al venerdì dalle 8.30 -13 e nel pomeriggio 15-19 e il sabato solo al mattino dalle 8.30 alle 13.


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Tradizioni di Gaspare Danilo LaUrso Rosa

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SANTA LUCIA Una devozione forte, senza confini ma allo stesso tempo composta e silenziosa. Siracusa è pronta per accogliere la sua Patrona, Santa Lucia, e renderle omaggio nel giorno della sua festa, il 13 dicembre.

cessione vestiti di verde e con grossi ceri. Insieme alla Santa anche una carrozza settecentesca che segue la processione fino all’arrivo alla Borgata, in serata. Da quel momento prende il via il periodo dell’Ottava. Durante tutta la settimana si svolge in città, alla Borgata, il quartiere dove c’è il sepolcro di Santa Lucia e dove fu martirizzata, il 13 dicembre del 304, la fiera con decine di bancarelle. In questo periodo viene anche realizzata la “cuccìa”, dolce tipico a base di grano con ricotta o miele. Eventi collaterali sono anche concerti, dibattiti e mostre ma soprattutto l’arrivo il 15 dicembre di Lucia di Svezia. Nel paese della Scandinavia, infatti, ogni anno, viene eletta una “Lucia” al termine di un concorso che vede sfidarsi La città si riunirà, come ogni anno in piazza Duomo, nel cen- ragazze che durante l’anno si distinguono in attività tro storico di Ortigia per attendere l’uscita dalla Cattedra- sociali e che hanno anche doti canori. Lucia rapprele del simulacro argenteo della vergine e martire siracusana. senta in questo caso il ritorno della luce in ScandiQuest’anno, ospite della festa sarà il cardinale Salvatore De navia e la Lucia svedese, ogni anno arriva a Siracusa Giorgi che presiederà la Santa Messa del 13 dicembre. dove incontra le istituzioni, visita i bimbi del reparto di Le celebrazioni di quest’anno assumeranno poi una conno- Pediatria dell’ospedale “Umberto I” e poi, il 20 dicemtazione particolare perché sarà ricordato il ventennale del bre partecipa alla processione dell’Ottava. Mentre il terremoto che nel 1990 colpì Siracusa ed in maniera ancora 13 dicembre, infatti, il simulacro della Patrona viene più grave la provincia provocando 17 morti, centinaia di feriti portato a spalla dalla Cattedrale alla basilica di Santa e 15 mila senzatetto. A “custodirla” e sorreggerla per tutto il Lucia al sepolcro, il 20 dicembre, viene fatto il percor“cammino” dalla chiesa di piazza Duomo alla basilica di Santa so inverso con la statua argentea che fa ritorno in OrLucia alla Borgata saranno i “berretti verdi”, che porteran- tigia e nell’edificio di piazza Duomo. La processione no a spalla il simulacro, e le portatrici che li precederanno dell’”Ottava” è segnata da due momenti sentitissimi: “scortando” le reliquie della Patrona. Il legame tra la città di il passaggio di Santa Lucia dal Santuario della Madonna delle Siracusa e Santa Lucia è segnato da eventi miracolosi, come lacrime dove c’è l’incontro con il quadretto della Madonnina quello del maggio del 1646 quando si attribuisce proprio alla dal quale nel 1953 sgorgarono lacrime umane e poi la “visita” martire la fine di una lunga carestia. Ed è proprio per questo della Patrona agli ammalati dell’”Umberto I” con il simulacro che la prima domenica di maggio, la città si stringe attorno alla che entra nel cortile dell’ospedale. A portare il simulacro, per Patrona per la festa delle “quaglie” con il tradizionale lancio un breve tratto, è una delegazione dei vigili del fuoco, corpo delle colombe. Il 13 dicembre, invece la Santa, lentamente, da sempre vicino a Santa Lucia. Ad accogliere il ritorno nel seguita da migliaia di persone, e tantissimi fedeli, sia uomini centro storico è uno spettacolo pirotecnico sul mare. Poi, che donne, seguiranno la statua argentea durante tutta la pro- tutto si quieta, e la devozione torna nell’intimo di ciascuno.


Animali

Cani e gatti donano il sangue

Volontari a quattro zampe in coda per donare il sangue.

S

uccede a Milano, dove il 1 ottobre ha aperto i battenti il primo centro pubblico per le trasfusioni in campo veterinario d’Italia. Oggi l’inaugurazione ufficiale con il sindaco Letizia Moratti, ma la voce si era gia’ sparsa fra i proprietari di cani e gatti della metropoli. E nella clinica veterinaria dell’universita’ Statale si sono gia’ presentati diversi aspiranti donatori. L’ultimo ‘candidato’ e’ un gatto meticcio, accompagnato da una signora di mezza eta’ che l’ha salvato dalla strada e ora vorrebbe che aiutasse amici a quattro zampe meno fortunati di lui. Perche’ il sangue che verra’ stoccato nel centro puo’ salvare la vita di cani e gatti che finiscono sotto i ferri per interventi molto complessi o sono vittime di emorragie, ustioni e malattie infettive (e non) che implicano gravi perdite di liquidi. Non solo animali milanesi. A beneficiarne potranno essere anche pazienti a quattro zampe di altre province. Perche’ il sangue si puo’ esportare, vendendolo a basso prezzo a tutti i medici veterinari che ne avessero bisogno. Le prime sacche di sangue sono gia’ al sicuro nei refrigeratori dell’emoteca del nuovo centro. E la speranza dei camici bianchi del Dipartimento di scienze cliniche veterinarie e’ che si riesca a riempirla tutta (la capienza e’ di una cinquantina di sacche). L’appello ora e’ rivolto ai cittadini perche’ portino Fido e Micio a donare. “Per diventare donatori di sangue gli animali devono essere in buona salute, avere un’eta’ compresa fra uno e 8 anni e un peso adeguato: la soglia e’ di 25 chili per i cani e 5 per i gatti”, spiega Elisabetta Ferro, direttrice del Dipartimento di scienze cliniche veterinarie. Il neonato reparto di medicina emotrasfusionale ha a disposizione 4 stanze e attrezzature (come la macchina per centrifugare il sangue) da 40 mila euro, donate da una famiglia di benefattori, i Lamotte. E si trova in una posizione strategica, ben collegato con le strutture della clinica: 7 ambulatori di medicina interna, tre di chirurgia dotati di due sale operatorie, un reparto di ginecologia e ostetricia (con ambulatorio e sala operatoria).

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Milazzo Tour

MILAZZO é BELLA B

ella come piccole altre perle del turismo siciliano, no messinese, sanno essere. Sì perché inutile negarlo: la concentrazione dei flussi turistici in Sicilia ha il suo fulcro proprio in un triangolo, tracciato con la linea sulla cartina geografica e che taglia la punta est della Sicilia di traverso, legando Taormina con Giardini Naxos, Castelmola, con le spiagge di Mazzeo, Mazzarò, Letojanni, Sant’Alessio Siculo fino all’arcipelago delle isole Eolie. Passando per Milazzo. Passando, appunto. Mentre

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certamente è una città da riscoprire. Perché la cittadina che non è certo alle prese con le esigenze del pubblico blasonato di Taormina, vive una stagione di profonda ripresa culturale. In cammino. Ma c’è. E la dimostrazione sono alcuni degli eventi che a partire dal Natale ormai dietro l’angolo, hanno prediletto Milazzo ad altri più “importanti” centri. L’individuazione della città affacciata sul tirreno delle più note sette isole, come una delle mete del Circuito del Mito, il tour di spettacoli, che da luglio a settembre, ogni


Poco da dire. A dispetto dei pregiudizi che la avvolgono. A dispetto di alcune scelte del passato che ne hanno compromesso la vocazione turistica. Vocazione assoluta. E’ bella.

anno coinvolge una quarantina di luoghi storici e simbolo della bellezza siciliana. Milazzo nel programma invernale è fra le tappe del circuito del Mito, riconoscendo alla cittadina a una quarantina di chilometri da Messina, il valore che merita. Bella, esteticamente perché affacciata sul mare, specie a ponente dall’altra parte di quel Capo che da solo nasconde bellezze paesaggistiche straordinarie. Superba, architettonicamente con il recupero dello splendido Palazzo D’Amico restaurato, che questa estate per la prima vol-

ta è stato teatro di parte delle manifestazioni del Milazzo Film Festival, giunto alla sua quinta edizione. Ospitale, con la varia scelta di location dove organizzare eventi come nel caso dell’atrio della Chiesa del Carmine. E perché no, anche “esotica”, con le straordinarie atmosfere spagnoleggianti del borgo sotto il Castello. Stradine strette, acciottolati perfetti, scalinate linde che portano giusto ai piedi del Castello cresciuto e sviluppato inepica normanna e sveva, oggi dichiarato monumento nazionale.

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Milazzo Tour Editoriale ma g

MILAZZO é BELLA Circuito del Mito

Sei eventi a partire dal 20 Dicembre fino al 9 Gennaio

Ed è in queste certezze architettoniche e storiche, che Milazzo fonda la sua rinascita culturale. Il Circuito del Mito, dicevamo che sarà ospitato al restaurato Teatro Trifiletti, che l’amministrazione guidata dal sindaco Carmelo Pino vuole finalmente fare decollare affidandosi per la consulenza artistica al regista Salvo Presti, già direttore artistico del Milazzo Film Fesrtival, realtà definitivamente riconosciuta fra gli addetti al settore. E’ proprio Presti ad aver stilato il programma delle tappe del Circuito del Mito che saranno ospitate al Trifiletti, contribuendo così ad un cartellone più complessivo che prenderà il via a partire dal 9 dicembre. Ma non sono quelle al Trifiletti le uniche attività culturali programmate e fortemente volute dall’assessore ai Beni culturali, la grintosa Stefania Scolaro che sulle offerte culturali della sua città dice: “Milazzo si è arricchita di location che uniscono storia, arte e cultura. Non solo il Trifiletti, anche Palazzo D’Amico, il Duomo Antico (dove si terrà nel periodo di Natale un concerto di musica classica, sotto il patrocinio della Regione siciliana). Quest’ultimo in particolare offre ai visitatori testimonianze artistiche di grandissimo pregio ospitando rappresentazioni pittoriche del Gagini. E poi il museo regionale, l’Antiquarium di prossima apertura che ospiterà che ospiterà importanti reperti di archeologia marina”.

Sei eventi a partire dal 20 dicembre fino al 9 gennaio. Ricercatezza culturale e proposte innovative, 2 performance musico–filmiche, 1 live concert, 3 proiezioni cinematografiche. Al Teatro trafiletti andranno in scena “Flatus Voci”, iperventilazioni dell’anima intorno a storie di uomini e terre. Le musiche di Fabio Sodano accompagneranno le scelte di immagini e parole che il regista Salvo Presti ha messo su pellicola per incastonare la contraddittoria realtà del nostro tempo. In Sicilia. Immagini e Musica anche per “A Fleur”, l’amore è un fiore. La straordinaria vena artistica di un siciliano doc, come Giuseppe La Spada, unico italiano a vincere, nel 2007, i Webby awards (“The Internet’s highest honor” The New York Times), che trasmette in immagini le alchimie dei fiori d’amore saranno accompagnate dale musiche sensuali e avvolgenti di Giuseppe Cordaro, primo artista siciliano a lavorare con l’etichetta inglese Moteer. La musica sarà protagonista anche della straordinaria esibizione di Rita Botto, catanese, dotatissima artista del canto che in Rosa Balistreri individual il suo modello interpretativo. Quindi la rassegna cinematografica con autentiche chicche: Italianamerican di Martin Scorsese in cui la madre del grande regista americano di origini italiane, racconta la sua vita, la storia dell’emigrazione in famiglia, il ripercorresi in terra straniera delle abitudini italiane; Malavoglia, pellicola firmata da Pasquale Scimeca in cui il regista si assume l’ambizioso progetto di portare in immagini uno dei romanzi più importanti della letteratura moderna dopo che un mito come Luchino Visconti lo ha già fatto con indiscutibile successo. E infine “Auguri Don Gesualdo”, il docu-film sul grande scrittore e pensatore siciliano voluto e diretto da Franco Battiato.

Castello di Milazzo Orari di apertura al Pubblico Tutti i giorni escluso il lunedì Visite guidate: 9,30 - 10,30 - 11,30 - 17 - 18 - 19 per info: tel. 090 0231292/293 Palazzo D’Amico Biblioteca Comunale Via Marina Garibaldi - tel. 090 9222860 Orario di Apertura da lunedì a venerdì: dalle 9.00 alle 13.00 - dalle 16.00 alle 18.00 Apertura Mesi di Luglio e Agosto: dalle 09.00 alle 13.00

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Moda di Chiara Celona

Moda e Tecnologia:

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contaminazioni Se la tecnologia inizia a parlare di tendenze, oggetti cult, must-have… può la moda restare a guardare? E se moda e bellezza iniziano a sfruttare tessuti o formule di ultima generazione, può il mondo dell’hi-tech non prestarsi ad uno stimolante sodalizio? E’ proprio dall’interessante connubio fra moda, bellezza e tecnologia che nascono custodie griffate per gli ultimi gingilli tecnologici, applicazioni studiate appositamente per il mondo del fashion, formule cosmetiche all’avanguardia o, semplicemente, linee e colori d’ispirazione assolutamente tech.

E’ innegabile: la moda ha trovato nella tecnologia un fantastico alleato e la tecnologia ha definitivamente ceduto alle lusinghe del patinato mondo delle griffe. Abbiamo voluto descrivere questo incontro con un puzzle di oggetti, link e storie che riassumono i diversi modi di mescolare digitale e vanità.


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In principio fu il touchscreen, che si prestava benissimo a raccontare le immagini di moda. Iniziarono poi a moltiplicarsi le applicazioni, create per iPhone e iPad, con cui ogni casa di moda poteva intrattenere i propri clienti, in un universo disegnato per l’interattività e la personalizzazione. Basta infatti cercare le ultime “app” di Chanel, Gucci, D&G o Tiffany&Co (le trovate nell’Apple Store) per seguire sfilate, aggiornarsi su gli ultimi accessori, avere consigli di look. Ma le nuove tecnologie hanno permesso anche di assistere in diretta alle ultime sfilate, tramite Facebook, iPhone e iPad. Ad esempio, la sfilata primavera/estate 2011 di Dolce&Gabbana era disponibile in streaming con una regia del tutto particolare, che ha sapientemente offerto agli spettatori un misto di inquadrature provenienti ora dalla passerella e ora del backstage, dove era possibile vedere gli stilisti alle prese con gli ultimissimi dettagli prima dell’ingresso in scena delle modelle. Chissà se è avvenuto per suggellare questa riuscita contaminazione o per non lasciarsi sfuggire la possibilità di entrare nel dorato regno dell’Ipad, che già di per sé faceva parlare di tendenza del momento, fatto sta che molte grandi firme hanno disegnato e realizzato custodie di ogni colore e materiale per vestire la “preziosa” tavoletta tecnologica.

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CLASSICO Custodia per iPad in tela Monogram, Louis Vuitton (da 260 euro) ULTRASOTTILE Custodia per iPhone in tela Damier Graphite, Louis Vuitton (da 185 euro)

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100% MAT Smalto Sense Tech colore nero, Deborah Milano (7,80 euro)

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PERFORMANCE TRIDIMENSIONALE Mascara Absolute Hi-Tech, Deborah Milano (12 euro)

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FLUO Custodie per iPad in silicone, Marc Jacobs (60 euro)

PER LEI Custodia per iPad in pelle matelassé nera, Chanel (1.150 euro)


Moda di Chiara Celona

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Solo per fare qualche esempio, Louis Vuitton è stato il primo ad avvolgere, con la sua classica stampa Monogram e poi con quella Damier Graphite, l’ultimo gioiellino di casa Apple. Nati per essere regalati, personalizzabili e comunque da portare sempre con sé, i case per iPad hanno scatenato la fantasia anche di Trussardi, che le definisce “iPad jacket” e del raffinato marchio Chanel, che ha declinato la sua custodia nella versione in pelle matelassé nera con logo. Il mondo della moda e quello della bellezza si sono però lasciati trascinare dalle seduzioni del “futuro” anche in altri ambiti. Abbiamo tutti sentito parlare di tessuti tecnici, di formule hi-tech per la cosmesi, di performance innovative dei prodotti. Ed ecco che le passerelle ci propongono capi ed accessori di color acciaio o tessuti in nylon; le confezioni di creme e cosmetici rimandano, nelle cromie e nelle forme, ad oggetti di design, innovativi e precursori di una nuova era. Dominano nero, silver, bianco ottico e colori fluo. Le linee sono essenziali, tutto sembra sospeso in un tempo che non è ancora arrivato. Anche sulle confezioni dei profumi si imprimono i simboli propri di ogni dispositivo tecnologico: “Play” e “Play for Her” di Givenchy amano giocare con questa simbologia, a cui accostano la purezza assoluta delle linee, nella versione maschile, o una variazione più femminile e sofisticata nella versione per lei.

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TESSUTO TECNICO Sneaker in pelle e camoscio, Hogan (240 euro)

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DESIGN TECNOLOGICO PER LEI Play for Her Eau de Parfum Intense, Givenchy (50 ml da 72 euro)

FORMULA BREVETTATA Génifique - Concentrato occhi attivatore di giovinezza, Lancôme (61,50 euro)


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+ IPAD JACKET Nelle versioni camouflage, nero e leo, Trussardi 1911 (140, 160 e 260 euro)

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Ama, infine, la moda, farsi ritrarre. Sono numerosi i cortometraggi visti nelle ultime stagioni per presentare nuove linee, collaborazioni, collezioni. Karl Lagerfeld, direttore creativo di Chanel, ha voluto lanciare con un cortometraggio, “La Lettre”, la sua capsule collection disegnata in collaborazione con il marchio Hogan. Sembra piacere agli stilisti poter mostrare gli abiti in modi non convenzionali, al di fuori dalle passerelle, su schermi piccoli e grandi. E’ una ricerca di nuovi linguaggi e di nuovi strumenti di comunicazione, per innovare e per conquistare il pubblico, sempre attratto dalle novità. Spazio quindi ad oggetti avveniristici, che ci proiettano in un futuro dalle tinte assolute e che sanno declinare il nostro desiderio di immaginare.

BIANCO OTTICO Sfilata Autunno/Inverno 2010-11, Versace

BIOLOGIA MARINA Con Ninfa Nera Concentrata di Alga Vitale, Le Soin Noir, Givenchy

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SHINING Dior Addict High Shine, Dior

NYLON Mantellina in nylon lucido imbottita in piuma, con tirazip in raso di seta, Fay (398 euro)

Indirizzi Moda e Bellezza Deborah Milano: www.deborahmilano.com Cartier: 02 30261 Chanel: 840 000210; www.chanel.com Givenchy: www.givenchy.com Dior: www.dior.com Fay: 02 77225501 Hi-Fun: www.hi-fun.com Hogan: 02 77225700 Lancôme: www.lancome.it Louis Vuitton: 800 308980; www.louisvuitton.com Marc Jacobs: 02 76016357; www.marcjacobs.com Trussardi 1911: 02 8068821 Versace: 02 69430694; www.versace.com Qualche link: • • • •

“La lettre”, il cortometraggio: http://www.hoganworld.com/#it/mondi-e-collezioni/il-film L’app di D&G: http://itunes.apple.com/us/app/d-g-fashion-channel-summer/id317816259?mt=8 L’app di Gucci: http://itunes.apple.com/us/app/gucci/id334876990?mt=8 L’app di Tiffany&Co.: http://itunes.apple.com/us/app/tiffany-co-engagement-ring/id375427126?mt=8

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SILVER Coco Cocoon in pelle argento effetto matelassé, Chanel (1.660 euro)


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Libri di Salvatore Parlagreco

Vargas Llosa e la guerra della fine del mondo sono libri che durano una vita ed altri < Ci che non ricordi di avere letto il giorno dopo. Come gli amori. I libri, però, non ti fanno mai del male, anche quando ti mettono sottosopra e ti costringono a misurarti con le tue nefandezze, gli obbrobri, le cose terribilmente sbagliate che hai fatto. Si adagiano sulla coscienza e ti accarezzano anche quando portano allo scoperto ciò che hai rimosso, abbandonato, seppellito, anestetizzato.

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Mi aspetto sempre che qualcuno mi chieda qual è il libro della mia vita, ma non è mai accaduto. Se mi venisse chiesto, sarei in grande imbarazzo. M’innamoro del libro buono che ho appena letto e me lo tengo accanto a lungo fino a che non ne leggo un altro che si fa largo e mette nello scaffale il primo. Perché i libri non stanno solo nelle librerie, ordinati con il dorso bene in vista, stanno anche dentro di noi, si adagiano in qualche posto senza sgomitare e qualche volta si fanno vedere. Dovessi mettere in fila i miei “amori” relativamente recenti, darei un posto d’onore a Gore Vidal (Impero), Lionel Shriver (“Dobbiamo parlare di Kevin”), Mordecai Richler (“La versione di Barney”). Ma prima di loro ce ne sono stati altri, e ancora prima altri. Questa porta girevole non manda via nessuno, quando è il momento, i libri che lo meritano si appropriano della memoria e guadagnano la prima fila. Come “Le memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar, o “La guerra della fine del mondo” di Mario Vargas Llosa, lo scrittore peruviano insignito del Premio Nobel.

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Pochi hanno ricordato questa opera, ne hanno citate tante, ma non “La guerra della fine del mondo”. Devo avere letto questa opera venticinque anni fa, ma potrei ricordare persino i particolari dell’epopea del piccolo esercito di straccioni, storpi e delinquenti, che al seguito di un personaggio, di un santone dai trascorsi controversi, giorno dopo giorno si conquistano una confusa fede e trovano la forza di sacrificare la loro vita. Una fede vandeana ma soprattutto voglia di libertà che, paradossalmente, deve misurarsi con la nascente democrazia del paese sudamericano in cui si svolge la storia.. È uno scontro impari, che la metamorfosi degli straccioni trasforma in un epopea leggendaria. Gli storpi e i delinquenti diventano guerrieri coraggiosi, non conquistano terre, invece che una bandiera seguono la statua di una Madonna, simbolo della libertà conquistata. Tutti sanno di non potere vincere, ma questo non importa niente a nessuno. Che avessero idee confuse, non sapessero veramente ciò che stavano facendo aveva poca importanza. Impossibile condividere le ragioni della guerra degli straccioni, impossibile non rimanere affascinati dalla loro epopea, dal bisogno di riscatto che gli “ultimi” della terra manifestavano confusamente. Lottavano, senza saperlo, si sentivano “vivere” mentre morivano. Una ebbrezza che non avevano mai provato.


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Quando ho saputo che il Premio Nobel era stato assegnato a Vargas Llosa, ho ripassato quel libri nella mia memoria e ho provato una intima contentezza, quasi che avessi contribuito a quella scelta felicissima. Non è affatto cosÏ, ma è bello crederci, poter dire a se stessi di avere amato qualcuno che meritava di essere amato.


Libri Recensioni a cura di Giulio Giallombardo

NARRATIVA

NARRATIVA

XY autore: Sandro Veronesi • editore: Fandango Libri prezzo: € 19,50

Il cimitero di Praga autore: Umberto Eco editore: Bompiani • prezzo: € 19,50

Un albero ghiacciato, di un rosso vivo, pulsante, intriso di sangue. È la prima immagine che appare a don Ermete, Zeno e Sauro. Una strage indicibile si è consumata ai piedi di quell’albero, e solo una prodigiosa nevicata ha lenito l’orrore di quegli undici corpi straziati da undici cause di morte diverse, avvenute contemporaneamente, in un lampo. I quarantadue abitanti di Borgo San Giuda, travolti dall’onda d’urto di quel massacro, si ritrovano al centro del mondo mediatico. Semplici testimoni del male, diventano i protagonisti dimenticati di questa storia, e tutti insieme scivolano nella follia. Don Ermete non può abbandonare la sua gente e insieme a Giovanna Gassion, giovane psichiatra della ASL in fuga da un amore finito, cercherà in tutti i modi di mettere in salvo quel mondo di poche anime perse e mute, che sembrano lontanissime ma che in realtà siamo noi. Pagina dopo pagina sembrerà di essere lì a calcare forte il passo per non essere spazzati via da quel vento che tira gelido e senza sosta, di entrare in quelle case modeste dove germina la follia, di incrociare quegli sguardi disperati e soli, e infine di sentirsi lievi e salvi, una volta arresi davanti al mistero. X e Y, uomo e donna, fede e scienza, si incontrano e si scontrano fin quasi a sovrapporsi in un’eroica liberazione dalla dittatura della ragione, umiliata dall’assurda danza del male.

Trent’anni dopo “Il nome della rosa” Umberto Eco torna in libreria con un nuovo giallo di ambientazione storica. Lungo il XIX secolo, tra Torino, Palermo e Parigi, troviamo una satanista isterica, un abate che muore due volte, alcuni cadaveri in una fogna parigina, un garibaldino che si chiamava Ippolito Nievo, il falso bordereau di Dreyfus per l’ambasciata tedesca, la crescita di quella falsificazione nota come “I protocolli dei Savi Anziani di Sion”, che ispirerà a Hitler i campi di sterminio, gesuiti che tramano contro i massoni, massoni, carbonari e mazziniani che strangolano i preti con le loro stesse budella, un Garibaldi artritico dalle gambe storte, i piani dei servizi segreti piemontesi, francesi, prussiani e russi, le stragi nella Parigi della Comune, orrendi ritrovi per criminali che tra i fumi dell’assenzio pianificano esplosioni e rivolte di piazza, falsi notai, testamenti mendaci, confraternite diaboliche e messe nere. Ottimo materiale per un romanzo d’appendice di stile ottocentesco, tra l’altro illustrato come i feuilletons di quel tempo. Un particolare: eccetto il protagonista, tutti i personaggi di questo romanzo sono realmente esistiti e hanno fatto quello che hanno fatto.

NARRATIVA

Il sorriso di Angelica autore: Andrea Camilleri • editore: Sellerio • prezzo: € 14,00 Gli anni non impediscono a Montalbano di riaccedere alle venture e agli incanti dell’esperienza adolescenziale: all’inadeguatezza emotiva, alle fantasticaggini, ai risalti del cuore, ai turbamenti, alla tenera e trepida lascivia; alle affezioni precipitose, anche: dagli scoppi d’ira, agli schianti di gelosia. Conosce a memoria la poesia “Adolescente” di Vincenzo Cardarelli. Recita a se stesso i versi sul “pescatore di spugne”, che avrà la sua “perla rara”. E sa, non senza diffidenza e discorde sospetto di decrepitezza, quando più e quando meno, tra il lepido e il drammatico, che “... il saggio non è che un fanciullo / che si duole di essere cresciuto”. Non crede invece, alla sua “saggezza”, la fidanzata Livia. E scambia per un tratto di guasconeria la confessione di un tradimento, fatta con la schiettezza propria dell’età men cauta. Montalbano è stato folgorato dalla bellezza, sensualmente sporca di vita, della giovane Angelica. Un misterioso personaggio, nascosto in un gomito d’ombra, confonde il commissario con una giostra di furti architettati geometricamente, secondo uno schema d’ordine di pedante e accanita astuzia. Quale sia la posta in gioco è da scoprire.

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La manomissione delle parole autore: Gianrico Carofiglio editore: Rizzoli • prezzo: € 13,00 Le parole servono a comunicare e raccontare storie. Ma anche a produrre trasformazioni e cambiare la realtà. Quando se ne fa un uso sciatto e inconsapevole o se ne manipolano deliberatamente i significati, l’effetto è il logoramento e la perdita di senso. Se questo accade, è necessario sottoporre le parole a una manutenzione attenta, ripristinare la loro forza originaria, renderle di nuovo aderenti alle cose. In questo libro, atipico e sorprendente, Gianrico Carofiglio riflette sulle lingue del potere e della sopraffazione, e si dedica al recupero di cinque parole chiave del lessico civile: vergogna, giustizia, ribellione, bellezza, scelta, legate fra loro in un itinerario concettuale ricco di suggestioni. Il rigore dell’indagine - letteraria, politica ed etica - si combina con il gusto anarchico degli sconfinamenti e degli accostamenti inattesi: Aristotele e don Milani, Cicerone e Primo Levi, Dante e Bob Marley, fino alle pagine esemplari della nostra Costituzione.

SAGGISTICA

La pancia degli italiani. Berlusconi spiegato ai posteri autore: Beppe Severgnini editore: Rizzoli • prezzo: € 16,00 Perché la maggioranza degli italiani ha appoggiato e/o sopportato Silvio Berlusconi per tanti anni? Non ne vede gli appetiti, i limiti e i metodi? Risposta: li vede eccome. (Anche) per questo, spiegare il personaggio ai connazionali è una perdita di tempo. Ciascuno di noi ha un’idea, raffinata in anni di indulgenza o idiosincrasia, e non la cambierà. Ogni italiano si ritiene depositario dell’interpretazione autentica e discuterla è inutile. Utile è invece provare a spiegare Berlusconi ai posteri: un giorno si chiederanno cosa è successo in Italia. Questo libro è un viaggio. La guida è acuta e incisiva, generosa di notizie, dettagli e informazioni, pronta a far discutere destra e sinistra.

RAGAZZI Sesto viaggio nel regno della fantasia

autore: Geronimo Stilton editore: Piemme • prezzo: € 23,50 Un grande pericolo si insinua nel regno della fantasia... Vermelia, la regina delle regine e custode del grande rubino di fuoco, vuole impossessarsi di un’altra potentissima pietra, lo zaffiro blu... Se ci riuscirà, l’intero Regno cadrà nelle sue mani. Inizia così un’altra fantastica avventura per Geronimo! Età di lettura: da 9 anni.

i PIù LETTI

La caduta dei giganti autore: Ken Follett editore: Mondadori prezzo: € 25,00

Le ricette di casa Clerici autore: Antonella Clerici editore: Rizzoli prezzo: € 15,90

Leielui autore: Andrea De Carlo editore: Bompiani prezzo: € 18,50

Momenti di trascurabile felicità autore: Francesco Piccolo editore: Einaudi prezzo: € 12,50

Io e te autore: Niccolò Ammaniti editore: Einaudi prezzo: € 10,00


Dischi di Paolo Turiaco

Ma che musica è?!?! < Il dubstep è la stagnazione del suono. >

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usica della profondità massima, trasfigurazione dei passi della musica nera, sospensione assoluta; la sua forma sgraziata e compatta, la sua pulsante natura di suono, insieme avveniristico e quanto mai legato alle radici ne hanno fatto una delle correnti principali della musica moderna. Benvenuti al terzo millennio. Strutture sonore dense, bassi profondissimi, suoni sincopati…questa è la ricetta del suono dubstep. Una componente allucinatoria notevole, capace di dilatare la percezione con il ritmo frenetico che richiama cuore e mente. Artefice principale di questo movimento è Burial. Un produttore senza nome e senza volto, un ragazzo della bassa periferia londinese che ne ricostruisce con amarezza e malinconia i contorni. Un ragazzo che si emoziona ricordando di quando andava a scuola in bus ascoltando in cuffia il suo eroe preferito, Tricky e si commuove parlando del suo cane: “… quello che amo è il ritmo malato della strada, produco solo nel cuore della notte quando, o fai un pezzo che ti ipnotizza o le alternative sono due: ti addormenti o ti metti a giocare alla play station” - “…il suono su cui sono concentrato è qualcosa tipo… quando esci da un club e hai quell’eco in testa della musica che hai appena ascoltato…”. Il rotolamento del suono, digitale o naturale, è alla base della sua produzione, ad oggi ancora povera (solo due albums); ascoltandolo hai la sensazione del vuoto, di una corsa sfrenata

Discografia consigliata

Burial Hyperdub 2006

Burial Untrue Hyperdub 2007

Skream Tempa 2006

Skream Outside The Box

Tempa 2010

Benga Diary Of An Afro Warrior

Tempa - 2008

verso il nulla. Il beat del futuro. È molto difficile definire gli strumenti musicali all’interno delle sue opere, tutti i suoni vengono campionati e sintetizzati fino all’estremo. Facilmente una chitarra vi sembrerà un sax e un basso una batteria. Siamo ad un punto di rottura con la musica del gli anni novanta: un punto di non ritorno. Per una generazione, quella cresciuta con le elettroniche post house, è come vedere la morte in faccia e scoprirci l’immagine accattivante della vita. Iniziate ad ascoltare Burial e continuate se riuscite a superare l’impatto, con Benga e Skream, artisti nuovi della stessa scena dubstep. Alla fine il buio della strada non è poi così profondo. È stato solo un piacevole incubo…buon ascolto.

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Cinema di Patrizia Mercadante

E’ bella, bellissima. Tutti la ricordano per “Sapore di mare” di Carlo Vanzina, ma lei, appena ventenne, ha vinto il David di Donatello con “Le occasioni di Rosa” di Salvatore Piscicelli.

L’insostenibile leggerezza di

Marina Suma Dal cinema ai monili con la grazia della semplicità

Incontro Marina Suma, non ha un filo di trucco, i lunghi e ribelli capelli raccolti, vestita semplicemente con jeans e maglietta. La sua risata è contagiosa, il suo parlare veloce e allegro ci fanno venire in mente alcune scene dei suoi film più divertenti. Quanto ti pesa essere ricordata per Sapore di mare. “Sapore di Mare è un film che ha avuto tanto successo di pubblico ed io ne sono uscita fuori a livello popolare. Però, la gente mi ricorda anche per i tanti film che ho girato, tanta fiction e tanto teatro”. Infatti, quasi trenta film, qual è quello che senti più tuo? “I film girati negli anni Ottanta sono quelli che mi appartengono in modo particolare, perché è lì che si colloca l’inizio della mia carriera cinematografica. Film che hanno avuto un grande successo di pubblico, penso a Cuori nella tormenta, a Dio li fa e poi li accoppia con Johnny Dorelli. Ma ho girato anche con Lino Banfi, con Renato Pozzetto, Ezio Greggio e Adriano Celentano. Inoltre ho avuto anche la possibilità di provarmi come attrice drammatica con il film Caramelle da uno sconosciuto, film tutto al femminile dove nel cast c’erano anche Barbara De Rossi e Sabrina Ferilli. Nel 2005 ho partecipato al film Pater familias, e ho vinto un premio come attrice non protagonista”.

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E poi anche tanto teatro... “E sì, tanto teatro. A me piace molto confrontarmi con il pubblico, sentire il palcoscenico e la partecipazione della gente. Sento delle emozioni molto vive e stimolanti. Ma anche tanta televisione con fiction come Il ricatto di Vittorio De Sisti, Gente di mare, film-tv che ha riscosso un grande successo di pubblico. Oppure Un posto al sole o Donne assassine che è andato in onda su Sky; film bellissimo che ho girato in Argentina e che è stato visto da milioni di telespettatori, dove io interpretavo il ruolo di Laura, con una sceneggiatura molto interessante ed intrigante. Lo ricordo come una bellissima esperienza perché ho interpretato il ruolo di una donna sofferente, dunque un ruolo drammatico”. Nella tua carriera hai incontrato tanti registi, uno diverso dall’altro, ma con quale ti sei sentita più a tuo agio? “Voglio essere sincera: io ho lavorato molto bene con Salvatore Piscicelli, il regista del mio primo film, ma sono stata bene anche con Francesco Patierno, che è un regista molto esigente ma tanto bravo, e poi con Vittorio De Sisti o con lo stesso Vanzina”


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Da poco hai finito di girare un film con un regista emergente. “Si, ho terminato le riprese di questo film che ancora è in sala di montaggio con un regista emergente del Centro sperimentale di Roma, Edoardo De Angelis. Ne ho girato un altro, Linea di confine che uscirà il 5 novembre, diretto da un giovanissimo regista napoletano Fabio Massa. Un film questo che racconta un po’ quello che succede nei meandri della Napoli di oggi. Mentre a gennaio torni in teatro. A gennaio torno in teatro con questa performance che porto in giro da due anni, che si intitola Pene d’amor perdute di Shakespeare con una compagnia di Ascoli Piceno che si chiama Synergie Teatrali. Una compagnia giovane con attori molto in gamba. E’ uno spettacolo molto elegante, ma anche molto divertente dove si mettono in gioco i sentimenti come l’amicizia, l’amore, il corteggiamento”. Accanto alla tua attività di attrice da qualche anno ti occupi di tutt’altro, con lo stesso impegno e la passione che metti nel recitare. Io disegno una collezione di monili in cartapesta, ed è una cosa che mi piace tmolo fare perché ho tanta manualità. Mi piace creare, dipingere e amo i colori. Questa passione era da sempre dentro di me, ma forse neppure io l’avevo capita. Poi man mano si è maturata. Creare qualcosa per le ragazze e poi vederle indossate mi riempie di gioia. Ormai sono quattro anni che creo questi monili e sono molto soddisfatta. E poi c’è Salina... Il mio rapporto con Salina (n.d.r. una delle isole Eolie) è un rapporto viscerale. E’ come se io fossi nata lì. Mi ha segnata in tante cose nel corso della vita. Sono molto legata a questa bellissima isola perché a Salina ho trascorso la mia infanzia, l’adolescenza, ho avuto i miei primi amori, le amicizie quelle vere, quelle che ti accompagnano nel tempo. Un legame affettivo molto forte, come dicevo prima: viscerale.


X-Mag

di Stefania Brusca

Siciliano di Catania, ha vinto il festival “25esima ora”

Marinaro

e il “corto” di successo “La vita è una tragedia in primo piano, ma una commedia in campo lungo”. Cita Chaplin Alessandro Marinaro, regista siciliano, vincitore con “Motore” della sesta edizione del festival del corto “25esima ora”. Una metafora che si adatta al suo modo di intendere il cinema, di raccontare e leggere la realtà. Il suo film è andato in onda su La7.

Il protagonista è Guido, un giovane che va in analisi da uno strambo psicologo, entrambi interpretati dall’attore catanese Carlo Ferreri. Guido racconta al suo terapeuta un incubo ricorrente: un individuo lo insegue, lo terrorizza. Alla fine si accorgerà invece che si tratta di qualcuno di cui ha estremo bisogno, un cameraman. E’ qui che Guido, precario che lavora come meccanico, deciderà di tornare al suo grande amore, il cinema.

“ ‘Motore’ nasce dall’esigenza di voler raccontare una storia che parlasse dell’amore che nutro verso il cinema, dal bisogno di omaggiare i maestri che mi hanno folgorato nel corso della mia crescita umana e personale. Federico Fellini, Woody Allen, Sergio Leone, Emir Kusturica, Stanley Kubrick, che in qualche modo cerco di richiamare, anche a volte inconsapevolmente, nei miei lavori”. In realtà c’è anche una nota autobiografica… “Il mio film voleva essere un atto d’amore nei confronti del cinema ma ho voluto anche raccontare quanto sia difficile

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in Sicilia sentirsi realizzato e affermato facendo le cose che ami. Ho voluto far emergere attraverso un sogno la condanna di fare cinema nella mia terra. C’è molta Sicilia in “Motore”, ma ho voluto renderla in maniera diversa, non stereotipata, “fictionara”. Il film è ambientato nelle terre ragusano, bruciate dal sole, fantastiche, mitologiche. Volevo parlare del rapporto fatto di amore e odio che tutti noi nutriamo nei confronti della Sicilia. Vuoi scappare ma poi ci resti”. Intorno ai tuoi lavori ruota sempre lo stesso team di talenti. Come si è formato il vostro gruppo? “Lavoro per una società che opera nel campo pubblicitario, la 095mm. Sono responsabile del reparto video, dove mi occupo di sceneggiatura e regia. Siamo tutti ex colleghi universitari, lavoriamo insieme da quasi sette anni e loro hanno sempre seguito i miei lavori cinematografici. Oltre ad essere attori molto bravi, Carlo Ferreri e Evelyn Famà, sono anche amici. Poi c’è il montatore Fabrizio Famà che è anche l’operatore alla macchina dei miei film. Finora abbiamo autoprodotto i nostri lavori”. Nei tuoi corti ha un grande ruolo la comicità. “Amo moltissimo la comicità, Buster Keaton diceva che fare il comico è una cosa seria e io sono d’accordo con lui. Sono convinto che la tragicommedia sia il genere più vicino alla realtà. E’ anche quello più affine a me, mi piace raccontare certi drammi della vita con ironia senza prendermi molto sul serio. Se si riesce a strappare un sorriso con disincanto si possono ottenere grandi risultati, come ci hanno insegnato ad esempio Allen o i film del primo Moretti. Quanto è difficile per un attore risultare credibile in questo campo? “Un attore deve essere portato verso l’ironia e autoironia, sinonimo di intelligenza. Tutto parte essenzialmente da una dote di natura, non ti puoi improvvisare comico. Alcuni, ad esempio, ridono delle proprie battute. Un comico non ride, un comico fa ridere. Essenzialmente i miei attori li ho conosciuti come persone, il modo in cui parlavano, come gesticolavano. Mi mettevo lì ad osservarli e mi rendevo conto che per il tipo di storie che volevo raccontare erano perfetti. Mi ispirano”.

Qual è il tuo rapporto con il mondo del fumetto? “Ho realizzato due cortometraggi a fumetti: ”Italian Comics”, del 2004, e “Fumetti all’italiana” che ha partecipato tra l’altro al Milazzo Film Festival. Quando ero adolescente mi appassionavano molto Dylan Dog e Diabolik. Volevo sperimentare un linguaggio nuovo perché mi sono reso conto che l’Italia è diventato un Paese talmente ridicolo che la comicità attraverso i fumetti mi dà modo di creare delle caricature di ciò che siamo diventati, di esasperare i toni. Mi serve per raccontare certe storture, certe manie, certi vizi italiani attraverso questa comicità dirompente. Ti permette di lavorare sugli attori in maniera straordinaria grazie all’uso del corpo, alla mimica. Quando dico ai miei attori di recitare come se fossero dentro un fumetto, come, ad esempio stare immobili non essendolo, hanno modo di caricare gesti espressioni in modo da creare situazioni assurde, a mio avviso molto divertenti”. Quali sono i suoi progetti futuri? “Sto lavorando alla sceneggiatura per un lungometraggio. Devo ammettere di avere un po’ paura di fare questo salto. Non so ancora cosa diventerà. La prima stesura è finita ma posso dire solo che come in “Motore”, il cinema c’è e anche la Sicilia. Poi mi piacerebbe far diventare una sitcom “Fumetti all’italiana”. Ad ogni puntata mi piacerebbe trattare un tema diverso, sempre attraverso la comicità”.


In a Box

Piazza Armerina 1° Premio internazionale visual- art d’autore

Manifestazione celebrativa della figura e dell’opera di “Antonello da Messina”

Premiati i messinesi che hanno recato lustro alla propria terra di origine

Venerdi 10 dicembre Cortile di via Monte 1 Piazza Armerina Hotel Suite D’autore Ore 18.00 - inaugurazione evento pubblico Ore 21 - concorso fotografico tema la “musica” L’evento sarà accompagnato da un trio jazz Sabato 11 Ore 10,00 - apertura collettiva d’arte e inizio estemporanea durante la giornata, Note di jazz dalle Ore 16,00 Casting per il progetto cinematografico “Pagate Fratelli” regia di Salvatore Bonaffini Ore 16,00 - scatti d’autore (stage per fotografi professionisti ad iscrizione) Domenica 12 dalle ore 10,oo alle ore 18,oo Mostra permanente ed estemporanea Ore 12,oo - concerto aperitivo Ore16,oo - Premiazione estemporanea Dalle 10,00 - Casting per il progetto cinematografico “Pagate Fratelli” regia di Salvatore Bonaffini Ore 17,oo - presentazione dei libri di Cesare Sposito e Dario Russo “Suite d’autore”

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na IV edizione davvero brillante la manifestazione “Antonello da Messina” svoltasi il 15 e 16 ottobre scorso a Roma nella Basilica di S. Maria degli Angeli. Nella lista dei premiati vi sono stati intellettuali, artisti, musicisti, scrittori, ricercatori; siciliani che orgogliosamente si sono saputi distinguere non solo nella loro terra ma anche fuori. Pittori come Piero Guccione e Alvaro sono stati premiati e per la prima volta vi è stato un premio per l’arte argentiera assegnato ad un messinese doc Francesco Cosio. Lia Fava Guzzeta ha ricevuto invece il premio per la saggistica; per la narrativa è andato allo scrittore e giornalista Vanni Ronsisvalle, mentre per la musica i premi sono stati assegnati al compositore Calogero Giallanza ed al maestro pianista Roberto Metro. Per le professioni al dottor Andrea Costanzo, al giornalista Giuseppe Loteta ed al critico Sergio Palumbo. Per l’imprenditoria culturale è stato premiato Lucio Falcone mentre un premio per la land art è stato assegnato ad Antonio Presti. Al maestro compositore pianista Rolando Nicolosi è andato il premio alla carriera ed infine per i giovani ricercatori sono stati premiati la Professoressa Benedetta Bessi, il professor Dario Brancato ed il professor David Carfì. • In alto Francesco Cosio riceve il premio da Rev.mo, Parroco Mons. Renzo Giuliano. • Foto in basso, Maria Grazia Cucinotta riceve il premio realizzato da Cosio al Taormina Film Fest edizione 2010

Se il benessere individuale significa il malessere collettivo, significa che i conti dell’economia non tornano (Carl William Brown)

simone gatto lemon factory Gli Architetti di Urban Future Organization (UFO) candidati al premio Mies van der Rohe Award 2011

Obiettivo principale del progetto è creare un nuovo edificio per uffici su tre livelli fuori terra che ospiti spazi pubblici per i dipendenti e i visitatori ed i nuovi uffici dirigenziali e laboratori di ricerca. Dal punto di vista concettuale il progetto si rifà al concetto del “folding”, con strisce strutturali autonome che si uniscono, si aggregano ai diversi livelli, per poi biforcarsi e scindersi formando una vivacità e fluidità spaziale-distributiva sia in pianta che in sezione.


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Il mio migliore amico è lo specchio, perché quando io piango non ride mai. (Jim Morrison)

CHE COS’è IL TEATRO

di Gigi Giacobbe Armando Siciliano Editore

Presentato il 5 novembre al Teatro V. Emanuele da Rocco Familiari, Vincenzo Bonaventura, Maurizio Marchetti e Dario Tomasello.V errà presentato il 29 dicembre ore 19:00 a Palermo, nello spazio teatrale “La Vicaria” di Emma Dante oltre che da lei stessa, da Salvatore Rizzo (critico teatrale e caposervizio di cultura e spettacoli del Giornale di Sicilia) da Vincenzo Pirrotta (attore- regista) e dallo scrittore.

Neo-coppie,

meglio beni separati

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nche in Sicilia sono in aumento tra le coppie che si sposano quelle che preferiscono il regime di separazione dei beni invece della comunione legale. Lo dicono i numeri: un sondaggio effettuato dall’Istat nel 2008 in tutti gli 8000 comuni della penisola, il 60,7 per cento dei coniugi siciliani ha scelto la separazione di beni. All’apice della classifica, la Valle d’Aosta con il l 74,2. Fanalino di coda, la Sardegna dove soltanto il 49,4 per cento delle neo-coppie ha scelto la separazione di beni. Sono dati emersi durante l’incontro di due giorni a Mondello sul tema ‘Gli strumenti di tutela del patrimonio personale”. L’evento è stato promosso dal Consiglio notarile di Palermo in collaborazione con la società di formazione, studi e ricerche Optime di Torino. “Il regime di comunione di beni – spiega Renato Caruso, presidente del Consiglio notarile di Palermo – è nato nel 1975 come regime ordinario per tutelare in quella fase il coniuge più debole, ovvero la donna. Oggi, il costume è cambiato e la tendenza è quella di preferire la separazione di beni. In ogni caso, la mutazione di regime, si può fare in qualunque momento con l’ausilio di un notaio”. Tra gli strumenti di tutela del patrimonio personale, il fondo patrimoniale è quello più utilizzato nelle regioni meridionali d’Italia. “Per quanto riguarda il ‘trust’ – dice Renato Caruso questo strumento è ancora poco utilizzato nel Meridione anche per l’incertezza giuridica dell’istituto, di origine anglosassone, che non ha una regolamentazione legislativa interna, ma fa riferimento ad una legislazione straniera scelta nel momento della costituzione del trust”.

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mosaicoon spot estremo... La Sicilia si veste di moda

“Nello sviluppo della comunicazione per SFV ci siamo mossi lungo due linee principali: rappresentare come l’arrivo del Fashion Village avrebbe sconvolto, dal punto di vista della moda e dello stile, la vita di tutti i Siciliani e presentare una Sicilia che rompesse definitivamente con tutti i luoghi comuni e stereotipi associati ad essa. Quindi niente più coppole, scacciapensieri, cannoli e cassate. Abbiamo pensato qualcosa di totalmente nuovo che comunque fosse in linea con quelle che noi (da siciliani) riteniamo caratteristiche fondamentali della nostra terra e dei suoi abitanti: creatività, fantasia e solarità. La sifida è stata quella di legare questi tre valori al concetto di “moda accessibile a tutti”, ciò che il Sicilia Fashion Village rappresenta, senza cadere nel banale. Per questo abbiamo deciso di rappresentare alcuni dei momenti quotidiani di un piccolo borgo (come Agira) di qualche migliaio di abitanti, immaginando come una novità assoluta, ovvero l’arrivo del SFV a pochi km di distanza, avrebbe potuto cambiare radicalmente la vita dei suoi abitanti. La rivisitazione del tipico vecchietto siciliano in trendsetter per stili di abbigiamento è proprio l’anello di congiunzione tra i due universi valoriali che volevamo mettere in collegamento: il mondo della moda, sempre in evoluzione e la Sicilia tipicamente legata alla staticità e alla tradizione.” http://www.youtube.com/ watch?v=VPBRiDhrRqA


In a Box

Un vero amico è colui che entra quando il resto del mondo esce W.Winchel

Suore digitali Il web come sistema per contribuire all’evangelizzazione. È questa la nuova frontiera dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma dove, a partire da dopodomani e fino al 20 gennaio, si terrà un corso per le suore di tutti gli ordini religiosi intitolato “La suora nell’epoca digitale”. L’obbiettivo è istruire le religiose all’utilizzo delle risorse offerte da internet il quale, secondo gli organizzatori del Regina Apostolorum, può diventare “un aiuto significativo al dialogo, alla pace e alla cultura del terzo millennio”. Ogni giovedì, per tre ore, alle allieve verranno insegnate tecniche pratiche per la navigazione e informazioni utili riguardanti l’approccio dei giovani con il web. Tra gli insegnanti , anche lo psichiatra Tonino Cantelmi che affronterà il tema “Psicologia e mass media”. Le suore, insomma, non possono né devono essere escluse dal continuo processo di rinnovamento che investe la società contemporanea. Per chi di loro, grazie all’esperienza, non lo avesse già capito, internet può essere considerato un efficace strumento di unione e non solamente una “strada che conduce al male”.

Ipod,

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Italia è pizza, mafia e scooter

l comitato di vigilanza sulla tv e sui media ‘’Osservatorio Antiplagio’’, con una lettera inviata al ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla, denuncia che in un’applicazione per iPhone, iPod e iPad della Apple chiamata ‘’What Country’’, per viaggiare stando comodamente seduti in poltrona, identifica l’Italia con pizza e mafia. Nella scheda di presentazione, scrive l’ufficio stampa dell’Osservatorio Antiplagio, ogni Paese e’ identificato con foto e situazioni caratteristiche. La Spagna è rappresentata dalla gente calorosa e dalla paella; la Francia dalle piazze romantiche e dal vino; la Svizzera dalle banche e dalla cioccolata; gli Usa dal sogno americano e dall’hamburger. L’Italia, invece, viene identificata (come dimostra il link http://www.iphoneitalia.com/what-countryviaggia-per-il-mondo-re stando-comodamenteseduto-in-poltrona-149702.html) con pizza, mafia e scooter. L’Osservatorio Antiplagio invita il ministro Brambilla ad attivarsi a nome del Governo Italiano per chiedere spiegazioni alla Apple, anche perche’ l’approfondimento dell’applicazione recita:‘’La mafia in Italia e’ grande. Nessuna sorpresa! E’ nota come Cosa Nostra. Le altre sono la camorra e la ‘ndrangheta. La mafia italiana forse e’ meglio conosciuta per le sue tradizionali attivita’ criminali, come l’estorsione e il racket della prostituzione. La mafia oggi in Italia, tuttavia - continua la presentazione dell’applicazione per iPhone - e’ diventata molto piu’ sofisticata e ha diversificato il suo portafoglio di attivita’ criminali. La mafia in Italia costituisce una formidabile forza economica che rappresenta circa il 10% del Pil. Il fatturato annuo della mafia italiana e’ stimato intorno a 10 miliardi di euro’’. © Riproduzione riservata

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2010 anno della TIGRE Proteggiamo le tigri con il WWF Il 2010 è sato l’anno della tigre, fa che non sia l’ultimo. Il felino più grande del mondo viene letteralmente fatto a pezzi, da secoli. Le tigri sono cacciate per sport, per paura, per superstizione. Per alcune culture le ossa tritate rendono più forti, gli organi genitali aiutano la virilità. Gli occhi curano le malattie della vista. La pelliccia è merce pregiata, un simbolo ambito di lusso e potere. E poi il suo habitat e le prede di cui si nutre scompaiono giorno dopo giorno… Il declino è costante. Un’emergenza enorme che possiamo risolvere. I WWF di 10 paesi si sono uniti per raccogliere i circa 4 milioni di euro necessari ogni anno ad invertire la rotta verso l’estinzione con la creazione di nuove regole nei Paesi dove vive la tigre, Istituzione di nuove aree protette, Sorveglianza 24 ore su 24 contro i bracconieri che si infiltrano anche nei Parchi Nazionali.


Il 2 dicembre si è tenuta presso la Confindustria di Catania la Conferenza sull’Istituto della Conciliazione


MagMap ma g

Gli eventi ed i luoghi delo presente elenc sere potrebbero es li

dicembre/gennaio 2010-2011

suscet tibi di va riazione

MESSINA

TAORMINA

PALERMO

trapani

CATANIA caltanissetta

02/12 Dic. RITA PELUSIO SALA HARPAGO CATANIA

enna AGRIGENTO

SIRACUSA

05 Dic. IL LAGO DEI CIGNI T. TENDA RAGUSA 08 Dic. IL LAGO DEI CIGNI T. METROPOLITAN CATANIA

dicembre/gennaio

2010-2011

10 Dic. FABRI FIBRA ATLANTICO ROMA

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11 Dic. LIOLA’ T. MAUGERI ACIREALE 12 Dic. CAVALLERIA RUSTICANA T. CANNATA MELILLI (SR) 12 Dic. DALLA-DE GREGORI T. GOLDEN PALERMO 13 Dic. DALLA-DE GREGORI T. METROPOLITAN CATANIA 14 Dic. S.P.A. SOLO PER AMORE T. MAUGERI ACIREALE

RAGUSA

17 Dic. RENZO ARBORE T. METROPOLITAN CATANIA 18-19 Dic. IL MONDO DELLA LUNA PICCOLO TEATRO CATANIA 20 Dic. CLAUDIO BAGLIONI T. MASSIMO PALERMO 26 Dic. MODA’ PALARISCIFINA MESSINA 29 Dic. CONCERTO LIRICO SINFONICO PER IL NATALE T. CANNATA MELILLI (SR)

16 Gen. L’EREDITà DELLO ZIO CANONICO PICCOLO TEATRO CATANIA 13>23 Gen. DARIO CASSINI SALA HARPAGO CATANIA 15 Gen. SPIRITO ALLEGRO T. MAUGERI ACIREALE 29/30 Gen. LA METAMORFOSI PICCOLO TEATRO CATANIA

08/09 Gen. IL LIBERTINO PICCOLO TEATRO CATANIA

Eventi

ROMA


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Ad ognuno il suo Mag!




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