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PRODUZIONE
from FAIC_Dic2022
Autrice: Simona Vitali
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La masculina da magghia del Golfo di Catania
Tenere viva un’antichissima tradizione di pesca già presente ai tempi di Omero in tutto il Mediterraneo e sorprendentemente attuale per la sua insita ecosostenibilità è quello che una piccola cooperativa di pescatori e trasformatori., la cooperativa del Golfo, perpetra ogni giorno nel golfo di Catania - da capo Mulini a capo Santa Croce, nella provincia di Augusta - con la pesca delle masculine da magghia. È così che nel gergo locale sono chiamate le alici, catturate con le menaidi o tratte, piccole reti con una particolarità, come vedremo.
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La pesca con le menaidi
Descriviamo brevemente quella che potremmo definire una ritualità, scandita da tempi e accorgimenti dettati da antichi saperi trasmessi di generazione in generazione, precisi indicatori più ancora delle nuove tecnologie. Sono piccole imbarcazioni di pescatori, quindi già per definizione non impattanti, quelle che di notte verso l’alba salpano dalla marineria di Ognina tra la primavera e l’estate, quindi da aprile a luglio, per gettare a mare reti sottilissime che hanno la funzione di sbarrare la strada alle masculine di passaggio. È proprio la dimensione della maglia (a magghia) della rete, di un centimetro quadro, ad agire da selezionatore, lasciando passare gli esemplari più piccoli e trattenendo quelli più grandi, che rimangono impigliati con la testa nella rete stessa. Il dissanguamento naturale che ne consegue nel tentativo di divincolarsi permette di conservare le caratteristiche organolettiche del prodotto e lo rende ancora più gustoso e pregiato. Tirate le reti in barca i pescatori liberano una a una le masculine dalla maglia che le tiene bloccate per poi venderle fresche sul mercato catanese ‘a Piscaria’ oppure sottoporle a salagione. Modalità di lavorazione che, forse non tutti lo sanno, a inizio secolo scorso i nostri emigrati siciliani in Spagna hanno insegnato agli spagnoli, a beneficio dell’acciuga del Cantabrico.
Una sostenibilità che parte da molto lontano nel tempo
Basta ascoltare il racconto appassionato di Gaetano Urzì, pescatore da generazioni e presidente della cooperativa del Golfo, per capire come di certi mestieri bisognerebbe farne una disciplina, una materia di studio, proprio per quell’approccio rispettoso del mare e della sua biodiversità che porta con sé. La tecnica della pesca a magghia infatti contempla che rimangano impigliati nella rete quegli esemplari che hanno fatto almeno un ciclo di vita e quindi una riproduzione all’attivo, mentre quelli di taglia piccola vengono lasciati andare. In più non impatta su altre specie accessorie, nel senso che non comporta catture involontarie di pesce. Intanto dal 2003 nasce il presidio Slow Food per tutelare questo mestiere e la tecnica di salagione del prodotto. E anche qui Gaetano Urzì è in prima linea, nella veste di responsabile del presidio.
I segreti del mestiere tramandati oralmente “Sembrerò un nostalgico del mondo che fu – riflette il presidente della coperativa del Golfo - ma l’unica via che oggi ci può fare ritornare ad una pesca compatibile e rispettosa dei cicli biologici del pesce è il modello della piccola pesca costiera che i nostri padri praticavano ancora negli anni Sessanta. Lì per millenni, attraverso la trasmissione orale e quotidiana dei saperi, attraverso l’esperienza di ogni notte e di ogni giorno, il piccolo pescatore costiero di-
ventava architetto del mare, costruendosi un atlante della memoria, diveniva al tempo stesso meteorologo,
biologo, astronomo, geografo ed economo del suo stesso destino”. Nozioni che vengono tramandate oralmente fra pescatori e che ancora oggi sanno essere più puntuali della tecnologia sopraggiunta, di cui tutte le imbarcazioni
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sono ormai dotate. “Mio padre Carmelo, pure lui pescatore, era solito dire che per chi usa la menaide sono i cicli naturali di vita del pesce, in questo caso della masculina, a guidare il tempo delle attività di pesca. E più che l’ecoscanda-
glio contano e bisogna conoscere i venti, le cor-
renti marine, i diversi fondali. Per fare una grande pescata di masculina è importante sapersi regolare con l’apparizione di alcune stelle nell’orizzonte durante le notti di primavera e d’estate, interpretare i movimenti della luna, cogliere i momenti giusti all’alba o al tramonto”. Gaetano Urzì è un uomo tenace, il primo ad adoperarsi perché ci sia un futuro per la masculina da magghia. È pure anche profondamente consapevole che tolto quel piccolo nucleo strutturato che è la cooperativa che rappresenta, ci sono poche altre realtà, a Pisciotta e in qualche centro della costiera del Cilento, in cui si ricorre a questa tecnica di pesca e salagione. E poi il nulla. Da qualche tempo sta pensando seriamente alla possibi-
lità di far partire progetti pilota per riportare questo
mestiere in altri punti del Mediterraneo e c’è da scommetterci che ci metterà tutto sé stesso. Avere un mestiere raro fra le mani e capire che fermarsi lì è farlo un po’ morire è il presupposto di una mente aperta, che a suo tempo all’Università ha fatto studi di urbanistica ma ha scelto di dedicare la sua vita al mare. Il passaggio successivo, notevole, è di capire che ci sono
casi in cui quello che “si coltiva” non può essere solo
per sé stessi. Ma questo non è da tutti.
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Carmelo Urzì, padre di Gaetano