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EDITORIALE

Benhur Tondini presidente sala&cucina

Un mondo nuovo

Così sembrerebbe, così dovrebbe essere. Ognuno di noi ha questa speranza, di tornare a vivere tenendo sempre presenti gli errori del passato per non commetterli più. Ma come si fa a non dimenticare le cose brutte, come si fa a tenere presenti gli errori? Condividendo le esperienze, non avendo paura, mai, di ammettere di aver sbagliato, a volte perché tratti in inganno, a volte per la fretta di fare le cose, altre per incompetenza su alcuni argomenti o tecnologie. Capita tutti i giorni, a tutte le persone, perché dunque vergognarsene? Condividere significa, oltre a gettare fuori una parte pesante di sensi di colpa che non fanno bene alla salute, imparare dai propri e dagli altrui errori a non commetterne più. Non siamo abituati a questo in Italia, troppi pregiudizi, troppe ipocrisie hanno fatto sì che nessuno abbia troppa voglia di mettere in piazza i suoi bisogni di condivisione, di relazione. Eppure quella è l’unica strada da percorrere se si vuole migliorare. La mia esperienza di sindaco mi ha insegnato molto sul concetto di comunità: mi ha insegnato che non sono fatto per la politica partitica come è oggi; ma sono fatto per vivere in una comunità, migliorarla, condividerne la storia e gli aspetti sociali e culturali. E il cibo aiuta in tutto questo! Lavorare, come facciamo noi, a stretto contatto con il cibo, in ogni sua forma, serve a capire molto della società in cui viviamo, serve a capirne le esigenze e i bisogni e, molto spesso, in questo periodo storico, anche il fatto che il cibo non è più il pensiero principale delle persone, o non lo è più nella sua accezione più negativa: la fame. Almeno non nei paesi industrializzati. Qui di cibo invece si parla, lo si consuma, a volte in maniera eccessiva, lo si apprezza per la capacità di unire le persone attorno a un tavolo che è sempre meno quello di casa e sempre più quello di un ristorante o di una pizzeria. Allora prestiamo maggiore attenzione al cibo che consumiamo, cerchiamo, tutti quelli che compongono la lunga filiera del cibo, di produrre e distribuire cibo buono e sano. È questo il cambiamento più importante che, per noi che con la ristorazione ci parliamo e ci lavoriamo tutti i giorni, è necessario. È fondamentale che al cibo venga riconosciuto valore. È urgente cambiare le regole del gioco, non discutere più sul prezzo e basta, che più basso è meglio è. Un cibo dai costi bassi, o troppo bassi, non può essere buono, non può essere sano, non può provenire da una filiera controllata. Quel cibo, che gli americani paragonano al junk food, non deve più riempire le celle dei frigoriferi dei ristoranti e questo le persone lo hanno capito per prime. Questo non significa tornare obbligatoriamente alla terra, significa invece ricercare anche e soprattutto quelle aziende produttrici, piccole o grandi che siano, capaci di trattare bene sia la materia prima sia il processo di trasformazione dando il giusto compenso a chi lavora con loro. Vuol dire, in pratica, avere un’etica nei rapporti con clienti e fornitori, rispettare le regole. Questo è il mondo nuovo che tutti, spero, stanno auspicando.

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