3 minute read

VENDI CON SUCCESSO

Next Article
FARE RISTORAZIONE

FARE RISTORAZIONE

Lorenzo Dornetti ceo Neurovendita

Il nome del piatto emoziona il cervello del cliente

I clienti nel Never Normal vogliono vivere esperienze indimenticabili ed essere emozionati, per dimenticare lo stress di questa ‘mai normalità’. Tra guerra, paura del covid e timori per l’economia vanno al ristorante per regalarsi uno spazio di relax e socialità. Il momento conviviale diventa una sorta di bolla per estraniarsi dalle negatività del mondo che il cliente vede sui media e social media. Il cliente desidera emozioni positive. Nella ristorazione moderna, guidata anche dalle neuroscienze, tutto deve essere pensato per regalare, un’esperienza wow. I dettagli fanno la differenza. Per questo voglio focalizzare questo articolo sull’importanza del nome delle pietanze. Il nome di un piatto e le parole con cui viene raccontato, sono fondamentali per il cervello del cliente. Le parole generano un’intensa attività cerebrale. Hanno un’enorme capacità di attrarre l’attenzione, emozionare ed essere ricordate. Nei primi secondi in cui il cliente riceve il menù, il cliente è indeciso su cosa ordinare, quello che legge cambia la sua percezione. Il personale di sala può aiutare nella scelta, usando termini specifici. Davvero cambiando il nome di un piatto aumenta la probabilità che il cliente lo scelga e possa emozionarsi? Si!

Tutto dipende dallo straordinario impatto delle parole sul cervello del cliente. NEUROVENDITA, il campo di applicazione delle neuroscienze alla comunicazione commerciale, dimostra che esistono parole che attivano più di altre il cervello del cliente. Gli studi attraverso il potenziale evocato, una tecnica che misura il livello di attività cerebrale di fronte a specifici stimoli, mostrano correlazione significativa tra l’ascolto di alcune parole e l’aumento dell’attenzione nel cliente. È stata dimostra-

ta l’iperattivazione nel cliente quando legge o sente

le parole che appartengono a quattro categorie. Le parole che rimandano al movimento: veloce, rapido, elastico, flessibile, dinamico, scalare, scendere, salire, camminare, scivolare. Le parole che richiamano la sensorialità: morbido, fresco, caldo, dolce, robusto, solido, soffice, chiaro, limpido, luminoso, aromatico, profumato. Le parole onomatopeiche che riproducono un suono: croccante, spumeggiante, roboante, boom, crash, tam tam, wow. Le parole che risuonano emotività: serenità, entusiasmo, gioia, paura, felicità. Scegliere queste parole nella descrizione e nel nome di alcune pietanze attrae l’attenzione del cliente, determinando maggior coinvolgimento attentivo ed emotivo.

Ecco alcuni esempi pratici. Basta provare ad immedesimarsi nel cliente che parla con il personale in sala mentre sta decidendo il piatto da ordinare. Sceglie più facilmente un Filetto di salmone oppure un Filetto di salmone affumicato al profumo di 5 legni? Preferisce un Misto mare o un antipasto che si chiama Gioia di mare. Attira di più la sua attenzione un classico Gelato alla vaniglia o un’“Esplosione di vaniglia ghiacciata”. Valuterà emotivamente attrattivo un Assaggio di formaggi oppure una Ruota di formaggi che scende e sale per l’Italia. Sui vini l’uso di queste parole è ancora più potente. Pensate al semplice valore aggiunto di un vino rosso descritto come ‘robusto, aromatico, forte’ o all’incisività comunicativa di un bianco ‘spumeggiante, aromatico, fresco’. Sulle papille

gustative il cliente vive la verità emotiva. L’attenzione al nome potenzia l’emozione di ciò che il cliente si attende e ne facilita la scelta focalizzando la sua

attenzione. Usare parole cerebrali legate al movimento, alla sensorialità, alla riproduzione onomatopeica e all’emotività attiva il fascio reticolare del cliente verso quel piatto o quel vino rispetto ad altri. Il nome dei piatti ha impatto sul cervello del cliente. Ogni dettaglio contribuisce alla creazione dell’esperienza emotiva.

This article is from: