PROSTITUZIONE E TRATTA. QUALI VISIONI E QUALI POLITICHE
Giovedì 16 aprile ore 16:00 Sala Conferenze Partito Democratico, Via Sant’Andrea delle fratte
Lella Palladino, Presidente Cooperativa EVA, Associazione D.i.Re
Condivido molto l’idea veicolata dal titolo dato all’incontro di oggi, le politiche non possono prescindere dalle visioni. Ed è su una visione che voglio impostare il mio intervento, una visione che lascia spazio alla complessità, che accoglie i diversi punti di vista, che mai negherebbe la libertà di vendere in piena autonomia il proprio corpo ma che interpreta la prostituzione, luogo di oggettivazione per eccellenza,come estrema manifestazione della generale negazione della soggettività e dell’ esercizio concreto di cittadinanza delle donne. Una visione che intende allargare gli ambiti di riflessione e provare a fornire un contributo nello scardinare gli stereotipi sulla sessualità, nel portare allo scoperto, per la loro banalità, tanti luoghi comuni sul “mestiere più vecchio del mondo”, vecchio quanto la disparità di genere e l’egemonia del maschio dominante. Prima ancora di immaginare interventi che regolamentino il mercato del sesso in un modo o in un altro e pensare che la legge Merlin abbia fatto il suo tempo, resta fondamentale ancora una volta contrastare quella visione che considera la prostituzione un istituto necessario al buon funzionamento delle comunità e, colloca il cliente in una dimensione di volta in volta goliardica, di iniziazione, patologica, salvifica. Espressione ludica di cameratismo tra amici, sfogo fisiologico dell’esuberante sessualità maschile, unica opportunità di relazione con l’altro sesso per uomini con difficoltà di vario tipo, possibilità di vivere esperienze forti e trasgressive, scappatoia alle noie e alle strettoie di storie fisse, rivolgersi al mercato del sesso viene ancora vissuto e raccontato come un normale avvenimento dell’esistenza maschile, realtà imprescindibile ed immutabile. Il cliente, sul quale mai si è focalizzata l’attenzione, visto che per anni tutte le politiche si sono concentrate per intervenire sull’offerta e sul suo mutevole mondo ma mai sulla domanda, esposto ora ad un’ipocrita criminalizzazione finalizzata a nascondere la prostituzione spingendola sempre più dalla strada al chiuso, oggetto di multe, evidenzia la contraddizione di sanzionare comportamenti che di fatto sono profondamente legittimati da un punto di vista culturale. Del resto le immagini, il linguaggio, gli agiti del mondo della politica, della comunicazione, del marketing veicolano, ancor più che in passato, il valore assoluto di un’estetica stereotipata, di plastica, di corpi senz’anima e senza volontà, proponendo una mercificazione sempre più spinta dell’oggetto del desiderio, in primis delle donne, condizionando profondamente l’immaginario erotico e le pulsioni sessuali. Nell’inconsapevolezza generale, in un contesto in cui il denaro gioca un ruolo centrale e le dinamiche relazionali non sfuggono alla logica di questo tipo di consumo, la sessualità maschile viene ancora rappresentata come naturalmente aggressiva, rapace, predatrice, quindi strumento di oppressione e dolore. E’ importante quindi supportare il frammentato e dispersivo “discorso” pubblico intorno al tema della prostituzione che nel nostro paese, grazie ad un cliente d’eccezione quale l’ex presidente del consiglio Berlusconi, ha assunto centralità politica
aprendo il varco a modalità nuove di legittimare la mercificazione delle donne sdoganando, il vecchio machismo all’italiana e la prostituzione stessa e donando ad entrambi un tocco post-moderno1 , E’ da tutto questo che una vera riflessione deve partire, lontano dalle luci soffuse, le tende rosse, i velluti, le donnine allegre, dalle atmosfere che qualche nostalgico vuole evocare, nel consapevolezza che ci muoviamo in un quadro al contrario tristissimo, complesso, mutevole, soggetto a logiche ciniche e aberranti e contraddistinto da relazioni di dominio di un genere su di un altro e di una parte del mondo su un’altra. Non è possibile ignorare che sulle strade e nei locali la maggior parte delle persone coinvolte nel sex business proviene da aree di grave povertà e scarso sviluppo socio-economico e che “l’emancipazione e la conquista di diritti uguali agli uomini da parte delle donne nel mondo occidentale si accompagna, in questi ultimi anni, ad uno sfruttamento delle donne e dei bambini che provengono da altre parti del mondo dove l’uguaglianza di genere non è neppure immaginata e dove inferiorità e subordinazione costituiscono elementi fondamentali della visione del mondo delle donne, dei poveri, dei bambini. Un uso delle donne e dei bambini regolato e controllato prevalentemente da uomini, dove la logica patriarcale di molti paesi del sud del mondo bene si coniuga con l’atteggiamento consumistico delle società del benessere economico” E’ evidente che il problema di cui ci stiamo occupando è relativo alla violazione sistematica di diritti fondamentali, non riguarda una parte residuale della società, ma interroga tutti per le implicazioni etiche connesse allo sfruttamento e al traffico degli esseri umani e per le relazioni tra i generi ancora così profondamente condizionate da una cultura maschilista. Certo non tutti gli uomini sono clienti, alcuni e non pochi lo sono. Ma ricordiamo che la prostituzione è un’azione umana frutto di contesti storici e di volontà, le motivazioni che portano un individuo a scegliere di farvi ricorso vanno indagate demistificando e smontando menzogne e ipocrisie, accogliendo la pluralità dei punti di vista. La svolta non può essere nascondere alla vista con un’operazione di decoro urbano le persone in strada come la polvere sotto il tappeto. Sulla regolamentazione e la tassazione delle prestazioni sessuali può essere utile ricordare che, ad eccezione di una parte residuale dell’offerta (forse il 10%) costituita da donne italiane quindi libere (forse solo non dalla povertà o dai modelli di consumo dominanti) e non prostituite, la maggior parte delle persone che lavora attualmente per le strade e/o al chiuso è rappresentata da donne e minori migranti spinti nella gran parte dei casi, dalle difficili situazioni economiche e sociali dei loro Paesi di provenienza, dalla presenza delle guerre, dalla violenza di genere presente nella biografia di molti di loro. Se parliamo di interventi di cambiamenti quindi facciamo riferimento al dovere civile che ci spinge ad intervenire per contrastare la violazione dei diritti, la disuguaglianza, l’esclusione, la marginalità, e a riflettere conseguentemente su come agire per arginare lo sfruttamento di migliaia di donne e bambini nel nostro paese. Non serve adottare prospettive abolizioniste, prendiamo le distanze dalle ordinanze antiprostituzione e dalla caccia al cliente e alle prostitute che spingono solo nell’invisibilità e nel sommerso il mercato del sesso senza mettere in discussioni le sue leggi e,
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Cfr Amalia Signorelli “ Le equivoche pari opportunità e il nuovo maschilismo” Atti dal convegno sul berlusconismo , Firenze 14-17 ottobre 2010
aggravando la posizione di precarietà delle donne, le espongono ulteriormente al rischio e alla violenza e limitano per loro la possibilità di uscita dalla schiavitù. Piuttosto che pensare a riformare le leggi esistenti o a proporre nuove forme di regolamentazione sarebbe importante far funzionare le leggi che l’Europa ci invidia e che funzionano come l’istituzione dell’art. 18. Perché quindi non pensiamo a potenziare e rifinanziare il sistema antitratta di cui si sono completamente azzerate le risorse? Riteniamo al contrario che bisogna agire sulla domanda, sulle ragioni per le quali gli uomini ricorrono alla prostituzione che sono legate, come è già stato chiarito, alle condizioni culturali e storiche specifiche che si sono determinate attorno alla sessualità degli uomini. L’idea è che queste condizioni possono evolversi e nello stesso modo possa evolversi anche la sessualità maschile e la domanda di rapporti mercificati. La prostituzione, come la violenza intrafamiliare e la violenza sessuale rappresentano un continuum connesso al problema della differenza di genere e al conflitto tra i sessi, sono il prodotto culturale dell’età e della società in cui esse esistono e non attengono all’immutabile natura dell’uomo. Io credo che per affrontare il problema della prostituzione oltre le politiche repressive e di sicurezza, che si sono dimostrate inefficaci e pericolose oltre che funzionali al punto di vista dominante, il nodo critico non sia tanto nella scelta politically correct delle riduzioni del danno a valle, in alternativa alla eliminazione a monte dei fattori di ineguaglianza e ingiustizia, ma lo sforzo di ricominciare a pensare e ad agire come se fosse possibile cambiare radicalmente il mondo, rendendolo più agevole per le donne e pertanto migliore per tutti. Concludo con le parole di una grande economista femminista, Antonella Picchio, che mi sembrano pertinenti alle cose di cui stiamo parlando: “Fino a quando gli uomini adulti non porteranno nello spazio pubblico e politico il loro disagio del corpo e della mente e non collegheranno in modo più sano tempi di vita e di lavoro, desideri e realtà, potere e libertà, beni e relazioni, partendo dai loro corpi, insicurezze, emozioni, non c'è speranza di arrivare ad una buona vita liberata dalle devastazioni del lavoro salariato, della crescita insana, del consumo alienante, delle relazioni personali viziate dai rapporti di potere, fino all'intimità delle relazioni sessuali in cui anche il potere di un misero salario riesce a unire, in una vergognosa complicità maschile, Berlusconi e un operaio, uniti dall'uso, reale e fantastico, del corpo delle donne”2
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Atti del convegno "La buona vita e l'economia" organizzato da Associazione Orlando, da Femminile e Maschile Plurale, Assessorato Pari Opportunità Comune di Ravenna e da Donne CGIL e SPI CGIL , Ravenna 5 Marzo 2011