Non solo quote. Per la piena cittadinanza.
Il tema di fondo discusso nel gruppo di lavoro è stato quello relativo
agli
partecipazione
strumenti politica
necessari delle
per
donne
e
assicurare se
e
come
la
piena
un
luogo
organizzato di donne come la conferenza possa rappresentare uno strumento efficace rispetto a questo scopo, anche in relazione ad un contesto molto cambiato dagli anni in cui abbiamo approvato lo statuto. Una discussione che abbiamo avviato da qualche tempo anche in vista della partenza del rinnovo degli organismi della conferenza che
avverrà
in
autunno
(a
luglio
abbiamo
approvato
il
regolamento). Nella discussione anche ieri è emerso con nettezza che un luogo serve non solo alle donne ma al Pd e alla definizione del suo profilo e della sua offerta politica. Se il Pd vuole essere il partito che combatte diseguaglianze e discriminazioni, allora è indispensabile il contributo di un punto di vista e di un luogo di confronto delle donne. Siamo in una fase nuova, nella quale grazie alle regole che ci siamo dati e grazie ad una battaglia che tante di noi hanno fatto dentro e fuori il pd, le donne ci sono. Ci sono nel governo paritario, nel parlamento più rosa della storia della repubblica, nei consigli comunali, nelle giunte, nei cda delle aziende quotate grazie
ad alcune buone leggi che stanno cominciando a dare i loro
frutti. Democrazia paritaria è stata la nostra parola d'ordine, che ha caratterizzato
l'orientamento
di
fondo
dello
Statuto,
fissando
l'obiettivo della parità negli organismi dirigenti e in tutti i luoghi dove si decide. Ora ci siamo. Ma attenzione a due questioni: la prima è che si tratta di una conquista fragile perché appena le regole non ci sono
o
non
c'è
una
politica
forte
in
grado
di
battersi
per
quell'obiettivo, si torna indietro o non si va avanti. Quello che è accaduto in tante regioni italiane è significativo.
La seconda: rischia di aprirsi una forbice ed una contraddizione evidente tra la presenza di tante donne nei luoghi della decisione e l'efficacia delle politiche di contrasto alle disuguaglianze tra uomini e donne, politiche verso le quali c'è stata e c'è una grandissima aspettativa da parte delle donne italiane che, non dimentichiamocelo, sono state protagoniste di una fase di chiusura con il berlusconismo anche occupando le piazze come non si vedeva da tempo. In questi 2 anni e mezzo di governo abbiamo fatto indubbiamente cose importanti: approvazione convenzione di Istanbul, la prima vera strategia europea contro la violenza, regole per la parità nella
legge
elettorale
e
nella
riforma
costituzionale,
alcune
misure utili contenute in provvedimenti diversi, dal jobs act alla riforma Pa, per la conciliazione ed il sostegno alla maternità (ancora troppo poco per la paternità!). È di ieri la notizia della reintroduzione di norme efficaci contro le dimissioni in bianco. Di sicuro un lavoro impegnativo. Però rimane la constatazione che possiamo e dobbiamo fare molto di più, con un'azione più innovativa, strategica e di sistema di fronte
alla
gravità
donne
italiane,
e
che
alla è
complessità
tra
le
della
peggiori
situazione in
delle
Europa:
una
disoccupazione femminile che al sud assume i connotati di una segregazione e che si correla con un fenomeno che lo Svimez chiama "tsunami
demografico";
un
gender
pay
gap
per
pensioni
e
retribuzioni insostenibile, che spinge tante donne nell'area della povertà, il fatto che 1 donna su 4 lascia il lavoro alla nascita del primo figlio denuncia se ce ne fosse bisogno la debolezza del nostro sistema di welfare soprattutto in alcune aree del paese. Non è questa la sede per ragionare a fondo sulle proposte: dico solo che c'è bisogno di affrontare queste emergenze come questioni strutturali che impediscono lo sviluppo del paese. E che da questo punto
di vista
non aiuta
l'assenza
di un
ministro
delle pari
opportunità, anzi è un problema e costituisce un arretramento. Cosa c'entra tutto questo con la questione del partito?
C'entra, perché io credo che più di ogni altra cosa noi abbiamo bisogno di elaborazione politica, cultura, progetto. Ed anzi, ieri abbiamo detto di più: che se insieme alle regole e alle norme non facciamo
camminare
elaborazione
e
le
forza
idee
ed
femminile,
i
le
luoghi
quote
dove
diventano
costruiamo sempre
più
occasione di cooptazione e non affermazione di sé da parte delle donne. Le grandi riforme delle donne che hanno cambiato il paese - per citarne alcune: diritto di famiglia, aborto, divorzio, fino alle leggi contro la violenza - sono state l'esito di un movimento collettivo e di un confronto tra punti di vista e culture diverse, che hanno condotto una battaglia comune costruendo un'alleanza che ha cambiato il senso comune del paese. Allora
il
tema
del
partito
è
il
tema
della
partecipazione
democratica alle scelte, della costruzione di una cultura politica in grado di offrire una traiettoria, un senso, un progetto, che tenga insieme la dimensione individuale e quella collettiva. Se rinunciamo a reinventare le forme della partecipazione, che oggi
sono
in
discussione,
la
politica
diventa
un'altra
cosa:
tecnica, oligarchia, cesarismo. Una politica che cambia le cose e non è
semplice carta assorbente
degli
si
interessi
è
una
politica
che
pone
il
tema
della
partecipazione democratica alle scelte. Nella discussione di ieri abbiamo ribadito alcuni punti fermi e tematizzato scelto,
a
alcuni cui
si
problemi: aderisce
il
luogo
delle
volontariamente,
donne
come
luogo
aperto
anche
alle
realtà più esterne e alle non iscritte; un luogo non separato ma autonomo in cui le portavoci sono scelte dalle donne ai diversi livelli territoriali e in quello nazionale e che costruisce, anche in
virtù
di
questa
autonomia,
una
sua
soggettività
e
un
suo
profilo che è fattore di ricchezza per tutto il pd. E poi ci sono questioni aperte, sulle quali cercare ancora: come vive l'autonomia nel contesto di un partito plurale, nel quale le donne finalmente cominciano ad esserci a tutti i livelli? Come si incrocia l'elaborazione, la proposta politica di questo luogo con
l'offerta politica del pd? Da questo punto di vista in tante hanno rivendicato
con
forza
la
necessità
che
la
coordinatrice
delle
donne sia (almeno invitata!) nelle segreterie a tutti i livelli, territoriali e nazionale. E poi il tema del radicamento territoriale, del coinvolgimento di tante donne, dentro e fuori il pd, del ruolo delle iscritte nella valorizzazione delle forze
in una rete flessibile, orizzontale e
verticale. E ancora quello del rapporto con le giovani generazioni e
della
formazione,
rispetto
al
quale
lavorare
con
maggiore
sistematicità (anche con la fondazione Nilde Jotti). Quella delle donne è stata una delle culture fondative del Pd, abbiamo avuto questa ambizione. Oltre ai temi di discussione, vorrei rendere conto dei sentimenti che hanno attraversato ieri il gruppo, il primo dei quali è stato il coraggio di fronte alle sfide nuove che abbiamo di fronte: quelle poste dai diritti umani delle donne nel mondo, della lotta contro le diseguaglianze e la povertà. Coraggio nel rideclinare parole che devono essere ri-significate nella
crisi
che
stiamo
vivendo
e
dopo
anni
di
berlusconismo:
libertà, eguaglianza, responsabilità, dignità. Coraggio nel rispondere in maniera moderna e avanzata alle domande di diritti e libertà delle donne e degli uomini, di lottare contro pregiudizi, stereotipi, discriminazioni. Il
partito
classi
può
essere
dirigenti
certamente
(della
dell'amministrazione,
il
luogo
contendibilità,
possibilmente
di come
buona,
selezione si del
usa
delle dire)
presente,
dell'organizzazione delle primarie...ma se non è anche il luogo che
produce
partecipazione
democratica,
orientamento
cultura e forza di cambiamento, allora è la democrazia
politico, che va in
crisi. E di questo modello di partito, come comunità, vorremmo essere protagoniste.