Disgregazioni

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DISGREGAZIONI

Poesie di Disegni di

Marco Antonio Sergi

Simone CapriotTi


Marco Antonio Sergi Nato a Frascati (RM) nel 1985, è scritTore e musicista; proprio in funzione delLa sua pasSione per la musica ha il primo apProcCio verso la scritTura componendo i testi del proprio grupPo. Si avVicina più stretTamente al “mondo delLa parola” nel 2010 con la partecipazione ad un corso di scritTura creativa, tenuto presSo la facoltà di letTere e filosfia di Tor Vergata, del Prof. Fabio Pierangeli; partecipa quindi alLa racColta nata dal corso con il racConto “L’ombra di Cagliostro”. PubBlica poi nel 2012, con una picCola casa editrice, alcune sue poesie e il primo lavoro del suo grupPo “Insanity Fair”. Nel 2013 l’incontro con Simone CapriotTi e il sodalizio che darà vita al progetTo “Disgregazioni”. info-marco@tiscali.it - htTp://marcoantoniosergi.blogspot.it

Simone CapriotTi Nato a Roma nel 1981, artista apPasSionato in diverse forme artistiche, sperimenta pitTura, fotografia, scultura, grafica. Inizia il suo apProcCio artistico alL’Istituto Statale d’Arte, apProfondisce le sue esperienze atTraverso corsi profesSionali ed esperienze lavorative. RealizZa prodotTi tipografici in studi grafici e colLabora con aziende di stampa, serigrafia e redazioni di giornalismo locale. Partecipa a progetTi colLetTivi culturali ed artistici. 2009 partecipa al concorso per ilLustratori interno alLa fiera internazionale del libro di Bologna. PubBlica alcuni libri fotografici e di viagGio. Nel 2012 riprende la produzione pitTorica e visiva con nuove opere ed eventi, partecipa alLa “Esposizione ColLetTiva P.A.P.E.R.” al Circolo degli Artisti (Roma), fino ad arRivare a progetTi afFascinanti di fusione prima con l’ilLustratrice Thea Pontecorvo che disegnerà con tecniche digitali sopra le sue fotografie e poi con Marco Antonio Sergi acCostando disegni e poesia. simone.capriotTi@gmail.com - htTp://wWw.simonecapriotTi.it


prefazione Quando Simone Capriotti e Marco Antonio Sergi mi hanno chiesto di scrivere una prefazione per Disgregazioni mi sono chiesto cosa avrei potuto dire io, in qualità di autore di romanzi, sulla pittura e sulla poesia e con quali parole avrei potuto commentare la loro opera, senza rischiare di sciupare le qualità artistiche in essa contenute. Nonostante ciò mi è bastato dare un’occhiata al lavoro per accettare la sfida, perché di questo si è trattato. La presente prefazione, più che esprimere un giudizio tecnico sui singoli elementi artistici che compongono l’opera, vuole rappresentare un suggerimento per il curioso e ignaro “fruitore”. Una specie di avvertenza del tutto analoga a quella che si trova esposta all’ingresso delle giostre spericolate del luna park che ci mettono in guardia dai possibili effetti scatenati da un impatto emozionale improvviso. Per evitare effetti collaterali e poter godere appieno dell’intensità di Disgregazioni, il suggerimento che posso offrire è quello di non perdere mai di vista, nemmeno per un istante, il senso generale dell’opera


che Capriotti e Sergi hanno sapientemente confezionato, a partire proprio dalla scelta del titolo. Entrambi gli autori, infatti, ognuno per il proprio ambito, hanno tenuto fede al significato profondo e multiforme di tale concetto che è strettamente correlato a quelli di disfacimento, scioglimento e smaterializzazione. Credo fermamente che entrare in questa opera sia un po’ - come ci ricorda il poeta Flavio Ermini - “cedere alle illusioni anche i dettagli del proprio destino” e aggiungerei “per intraprendere un cammino nuovo”. E’ possibile cogliere il messaggio di incoraggiamento alla rinascita in alcune sfumature delle poesie di Sergi. E se in “Guida” e in “Ammiraggio” l’autore ci ricorda che il ritorno della “malinconica guida di un tempo” sembra essere l’unico appiglio in questa scalata che è la vita, o che ormai “i motori della realtà sono in avaria”, in altri frammenti poetici trapela sempre un sottile filo di speranza. Fanno da eco a tale interpretazione i disegni di Capriotti che nella maggior parte dei casi rafforzano il citato aspetto della “disgregazione”. I colori che predominano nelle sue opere sono scuri e quasi sempre spenti; i volti raffigurati sembrano appartenere a personaggi di altri tempi e altri mondi. Gli elementi ricorrenti sono


gli occhi, che compaiono con forme disparate per generare sguardi intensi ed intrusivi, capaci di fissare il lettore da ogni angolazione. Sguardi tristi, terrificanti, accecati, sempre associati a volti deformati di uomini che ricordano l’Urlo di Edward Munch. Questo e tanto altro è possibile incontrare nell’opera Disgregazioni. Ho tralasciato l’immensità e l’intensità delle emozioni personali che, in quanto tali, vanno vissute dal lettore senza bisogno di doverle spiegare. Convinto dell’impossibilità di sottrarsi alla prolungata disgregazione della vita e alla successiva ricomposizione della materia per la generazione di nuove forme e nuove energie, non mi resta che augurare buon viaggio ai visitatori di Disgregazioni. Nicola Viceconti

.......................................... Nicola Viceconti, scrittore, sociologo, laureato in Sociologia e in Scienze della Comunicazione, appassionato di storia e cultura rioplatense con particolare riferimento alla tematica dei diritti umani. Autore di quattro romanzi, tre dei quali pubblicati contemporaneamente in Italia e in Argentina. www.nicolaviceconti.it



TERRORE DEL VUOTO Suono zitTito di rabBia folLe, d’amore spezZato. AvVerto gli sguardi asSenti in bilico sul volto delL’eroe caduto. Una sola campana acCompagna la strada che scricChiola silenziosa, in discesa nel cuore del pianto. NelL’ultimo gesto impietrito si perde la mente non c’è parola che posSa distrarmi dalL’ondata di nulLa che sento. Non c’è nome, suono, a cui posSa agGrapParmi, scivolo sulLa vertigine del pozZo profondo. E’ AtTraente il terRore del vuoto.


GUIDA ArRiva nel sogno l’abBracCio. Profuma d’alcoOl la barba pungente e provo la pace, nel sogno. Ha un volto morente, sereno, avVolgente. SulLa sua giacCa afFondo lo sguardo, comMosSo m’avVolgo delL’ultima voce stentata. Malinconica guida d’un tempo, ritorni, unico apPiglio di questa scalata. ScorRono le briciole delLa memoria nel lieve ragGio delL’alba che filtra, pesante, negli ocChi.



SPECCHIO

SPECCHIO ImMersi e come l’universo imMensi a fugGir da se stesSi



Il branco è in rotTa; fugGono fra rovi asSetati, come pazZi i miei fratelLi. Lupi spauriti, dilaniati dalLa ritirata, (unica?) seducente via d’uscita. La linea nemica; ne atTraverso il confine imponente mistero, custode da sempre, d’ogni realtà fatTa e finita. Seguo la tracCia, naso per terRa sotTovento nascosto, ringhio e il folLe sorRiso deforma il mio volto. La preda è vicina, non posSo vederla; ne avVerto l’esSenza, la linfa, antico tormento di questa esistenza. Luna è con me, abBaglia la strada, scolpisce la forma nelL’ombra lontana, imMobile, oscura, delLa sua tana. ScatTo verso il centro delL’unico pulsante desiderio. SerRo i denti cercando un sapore, un odore di lei. Polvere e nebBia, spietata trapPola... Il confine è lontano, perduto. E’ ancora nelL’aria la tracCia tremenda e ostinata. Riprendo la cacCia, ululando di rabBia alLa preda, alLa luna, al suo inganNo.

TROU DE LOUP IL POETA, LA LUNA E IL SUO INGANNO




DISTRATTO Nel suo sguardo l’amore e così tanto pieno di sé e di se fosSe stato perfetTo. Era il suo canto. “Li senti? Li senti?” strapPava i capelLi il poeta sordo alLe voci, solo un susSurRo delLe anime acCanto. DistratTo. “TutTi perduti” e folLe rideva e scalciava contorto sul mare di sé e di se fosSe stato fatTo di sogno. EcColo ancora il suo canto e così era il suo sguardo abBagliato. Un cieco e il dolore di quanto s’è perso. Doveva vedere quel mondo riarso e così tanto cantarlo era il proprio dovere.



Qualcosa mi sfugGe e il quadro oramai è quasi completo. Dei bianchi, dei neri rimasti

LO SCACCHISTA

pochi, inermi al piano ordito guido i respiri e i pasSi in fondo che sono se non pezZi di osSa?

SOLITARIA

Una mosSa e un’altra ancora decisivo il più delLe volte impongo la mano col fare di un Dio delL’ultima ora. Solo il matTo negli ocChi Pochi spazi, sono certo di chiudere e lento comincio a befFarmi di chi non ho di fronte. EpPure qualcosa mi sfugGe muovo l’alfiere e afFondo e tremo alLa voce “Sicuro di volerla tagliare quelL’ultima diagonale?” L’eco nascosto del mio nemico.

SCACCO AL RE

Tengo il coltelLo piantato lì sotTo lo so non si adDice ma è così belLo guardare il volto di lui con ocChi rapaci, e sua è la pace ovatTata, di chi sta per pagare lo scotTo in un gioco a un solo finale.


AMMIRAGGIO Sul margine di un erRore porto in stalLo il nostro volo, rischio tutTo fino a sentire il vivo terRore. Gli ultimi atTi e la scia del disastro densa sfrenata inatTesa meta tropPo logica è questa discesa e quasi ambita. I motori delLa realtà ormai in avaria la pista così lontana, ecCo ciò che abBiamo tanto temuto lo schianto di un amMiragGio. DipingemMo il mondo più di una volta di noi, ora solo sfumate imMagini in un tempo imperfetTo, è questo a far più paura.



Credo fermamente che entrare in questa opera sia un po’ come ci ricorda il poeta Flavio Ermini:

“cedere alLe ilLusioni anche i detTagli del proprio destino” e agGiungerei

“per intraprendere un camMino nuovo”

edizione 2014


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