Tesi di laurea di Simone Girgenti

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ZISA_SPAZIO_ZERO Nuove sale per musica e teatro e definizione del bordo ovest dei Cantieri Culturali della Zisa

Tesi di laurea di: Simone Girgenti Relatore: prof. arch. Giuseppe Marsala Correlatore: prof. ing. Teotista Panzeca Matricola: 0517801

UniversitĂ degli studi di Palermo_FacoltĂ di architettura Corso di laurea in architettura LM4 a.a 2012/2013



INDICE Introduzione 1 I Cantieri Culturali della Zisa: da area industriale a spazio per la cultura 1.1 Nascita ed evoluzione delle Officine Ducrot 1.2 La riconversione delle Officine Ducrot in spazi della cultura 2 ZAC_Zisa Arti Contemporanee e Lo zisaLab 2.1 ReOpening ZAC. Workshop di azioni e progetti di trasformazioni urbane 2.2 Artville, un’istallazione luminosa 2.3 Il giardino di Zac, un esercizio di terzo paesaggio 3 I Cantieri Culturali e il tessuto urbano 3.1 I Cantieri Culturali e l’ambito urbano 3.2 Dentro il recinto dei Cantieri Culturali 4 Temi ed obiettivi 4.1 Attraversare il recinto 5 Il piano 5.1 Il masterplan dei Cantieri Culturali 6 Zisa_Spazio_Zero 6.1 Casi studio 6.2 Nuove sale per musica e teatro e definizione del bordo ovest dei cantieri culturali alla zisa Bibliografia



“Siamo nell’epoca del simultaneo, nell’epoca della giustapposizione, nell’epoca del vicino e del lontano, del fianco a fianco, del disperso. Viviamo in un momento in cui il mondo si percepisce più come una rete che collega dei punti e che intreccia la sua matassa, che come una grande vita che si sviluppa nel tempo”. FOUCAULT M., “Spazi altri. I principi dell’Eterotopia” in Lotus Internetional, n 48-49, 1985-86, p. 9



Introduzione

Questa prova finale è stata elaborata all’interno dello ZisaLab, un laboratorio di laurea costituito da studenti di architettura 4s, lm4 ed sda della facoltà di architettura di Palermo. I singoli progetti rappresentano l’esito conclusivo di un percorso collettivo che si è avvalso di riflessioni teoriche comuni e esperienze concrete all’intero del luogo i progetto: i Cantieri Culturali della Zisa. Attraverso il workshop Reopening Cantieri, svoltosi durante i mesi di novembre e dicembre, si è avuta l’opportunità di partecipare attivamente al rilancio di questi luoghi ma soprattutto di confrontarsi, osservare e prendere coscienza delle potenzialità e contemporaneamente delle criticità dei Cantieri culturali della Zisa e del suo intorno. Se durante gli anni ’90 l’attenzione si era focalizzata soprattutto al recupero dei singoli manufatti, oggi un definitivo rilancio dell’ex area industriale può avvenire soltanto attraverso uno sguardo più amplio che modificando il suo punto di osservazione, si focalizza sull’intorno. Quindi mediante nuove relazioni e connessioni, si guarda ai Cantieri non come un’isola all’interno della città, ma come parte di essa. Ribaltando il punto di vista, la strategia generale d’intervento punta ad un ripensamento del sistema di penetrazione con una conseguente rigenerazione che investe l’intorno. I vuoti inedificati, gli interstizi tra le cose, gli spazi residuali saranno punti chiave della seguente riflessione, elementi che, se guardati nel loro insieme, possono divenire occasioni per ripensare parti importanti della città contemporanea, ricreando nuovi episodi urbani li dove non ci si sarebbe aspettato nulla. Sarà a partire dall’area industriale dismessa, considerata come realtà facente parte dell’eterogeneo contesto urbano, che si innescano delle dinamiche trasformative della città il cui materiale viene così rimesso in gioco, modificato ed arricchito di nuovi sensi.


1 I CANTIERI CULTURALI DELLA ZISA : DA AREA INDUSTRIALE A SPAZIO PER LA CULTURA

1.1. Nascita ed evoluzione delle Officine Ducrot

Quelli che oggi sono stati battezzati “Cantieri Culturali della Zisa” rappresentano una delle pochissime aree di archeologia industriale novecentesca della città di Palermo. Si tratta di un’area di 55.000 mq la cui contiguità con il castello della Zisa e con il giardino retrostante il monumento normanno conferisce al complesso un valore aggiunto. Già attiva come fabbrica di mobili Golia all’esposizione Nazionale di Palermo del 1891-92, l’area acquista rilievo quando ne assume la direzione Vittorio Ducrot, ambizioso ingegnere francese che iniziò la collaborazione con Basile nel 1899 diventando appena 3 anni dopo, nel 1902, proprietario unico dell’impresa. Ci troviamo nel periodo in cui alla progettazione e produzione di mobili in stile si accompagna la sperimentazione nel campo dell’elaborazione di “mobili moderni”.

Le Officine Ducrot diventano così un importante centro di innovazione che si avvale del contributo di alcuni tra i progettisti più importanti del periodo. Sarà proprio qui che verranno infatti prodotti quei mobili che giungeranno nelle case altoborghesi di Palermo, nel Grand Hotel Villa Igiea, sulle navi da crociera dell’imprenditore Florio e persino a Montecitorio, i cui arredi sono firmati Basile-Ducrot. Un aspetto interessante risiede nell’organizzazione stessa del processo produttivo: una separazione tra progettazione (lavoro intellettuale) e produzione (lavoro manuale) che porta alla nascita della figura del progettista di mobili e ad una crescita di competitività data dall’accelerazione dei tempi di produzione. Nel periodo che fa tra il 1915-18 gli impianti vengono adattati per la produzione di idrovolanti cacciabombardieri per il governo italiano,


francese ed inglese e nel 1919 inizia la produzione di arredi navali. Nel 1930 la società conta più di 2500 dipendenti (contro i 200 del 1903) e in quegli anni si ritorna alla progettazioni di mobili moderni escludendo la produzione in stile.

Nel 1936 la ditta, a seguito di difficoltà economiche, riduce l’estensione degli stabilimenti di Via P. Gili a solo 8.500 mq mentre nei rimanenti 2/3 dell’aria la S. A. Aeronautica Sicula, per la quale viene realizzata un edificio per uffici da Salvatore Caronia Roberti, assorbe gran parte del personale eccedente della Ducrot. Pochi anni dopo, nel 1939, la ditta viene rilevata da un gruppo finanziario genovese capeggiato da Tiziano De Bonis il quale la trasforma in “Anonima Ducrot Mobili, sede Genova- officine Palermo”. Vittorio Ducrot morirà a Roma nel 1942. Nel periodo tra il 1955 e il 1968 vengono realizzati pochi incarichi: l’operato del De Bonis non è caratterizzato da particolari slanci imprenditoriali e culturali e così inizia per la fabbrica un lungo periodo di crisi. Il 15 dicembre 1968 i macchinari si fermano definitivamente, gli stabilimenti di via Gili cessano la produzione e l’organico viene ridotto a 80 operai. L’abbandono permise una variante al Prg del 1962 che ne prevedeva la demolizione per farne area edificabile. Viene così abbattuta la parte orientale dello stabilimento occupata dagli edifici più antichi antecedenti al 1912. Sopravvissuta miracolosamente alla logica speculativa della città del sacco l’area venne acquistata negli anni ’90 dal comune di Palermo.


1.2 La riconversione delle officine Ducrot in spazi della cultura

Il processo di riconversione che ha investito l’area delle officine Ducrot durante gli anni ’90 va inserita in quel panorama internazionale che già dagli anni ‘70 vedeva il tema della dismissione delle aree industriali come un’opportunità di ripensamento degli equilibri urbani. Queste aree, “vuoti nel sistema insediativo, dissociati da ogni attività, dalla gente, dal loro ambiente e dalle loro memorie” (G. De Francisci, “Rigenerazione urbana. Il recupero delle aree dismesse in Europa, Longobardi, 1997 p.9) possono diventare così occasione di rigenerazione urbana. Secondo la concezione che vede questo patrimonio pregno di valori storici e culturali, l’obiettivo non è solo quello di riempire questi vuoti con costruzioni e attività ma soprattutto di riempirli di significati. Inoltre il ragionamento relativo ai Cantieri Culturali della Zisa non va visto esclusivamente come base per un ragionamento sugli spazi negati alla città ma anche come un ripensamento più generale di bene pubblico, bene privato e bene comune. Dimenticati dalla memoria collettiva a partire dal 1970, nel 1995 l’area venne acquistata dal Comune con l’obiettivo di fondarvi un luogo interamente dedicato alla cultura e all’arte.

Per prima cosa la Sovrintendenza, ricordandosi dell’abusivismo edilizio che nel “passato recente” non si era fermato neanche di


fronte alla più antica area delle officine, quella che ricadeva nella parte orientale (in corrispondenza della via Gili), vincolò l’intera area. Successivamente iniziarono i restauri e si realizzò un Piano d’Uso per ogni padiglione grazie al lavoro del prof. Ajroldi , con il proposito di stabilire le rispettive funzioni agli spazi. L’idea attorno alla quale si costruì l’attività dei Cantieri fu quindi quella della ricognizione puntuale delle forze creative e culturali della città. Gli spazi dei Cantieri costituiscono infatti un patrimonio di grande importanza a partire dal quale poter ricostruire un percorso di rinascita culturale e attraverso cui rilanciare la sperimentazione artistica. Il modello è stato quello di utilizzare gli edifici come contenitori che potessero ospitare laboratori di progettazione e realizzazione di prodotti culturali, mostre temporanee, istallazione site-specific, rassegne musicali e teatrali.

Un grande contenitore di produzione di beni immateriali che per la peculiarità di essere “neutro” e non “specifico” potesse rispondere ad usi mutevoli nel tempo. Oggi l’area ospita la sede del Centre Culturel Francais de Palerme et de Sicile, la sede del Goethe Institut, la biblioteca dell’Istituto Gramsci e la sede palermitana della Scuola Nazionale di Cine-


ma appartenente al Centro Sperimentale di Cinematografia. Altri spazi nel tempo sono stati concessi dal Comune all’Accademia di Belle Arti: la Galleria Bianca, la Grande Vasca, la Sala Blu Cobalto, Lo spazio Nuovo e lo Spazio Ducrot. Dopo un’ intraprendente fase iniziale il complesso oggi attende ancora un modello di gestione complessivo che possa strutturare gli interventi e coordinare gli attori che nel tempo sono venuti ad abitare gli spazi dei Cantieri. La recente attenzione rivolta all’area ha messo in risalto l’esigenza di interventi a scala architettonica ed urbana. Oltre ad un ripensamento a livello impiantistico che possa rispondere alle attuali esigenze legate ai consumi e alla sostenibilità ambientale, è di primaria importanza anche un ragionamento che risolva le problematiche legate alla permeabilità dell’area e al suo rapporto con la città.


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ZAC_ZISA ARTI CONTEMPORANEE E LO ZISALAB

2.1 ReOpening ZAC. Workshop di azioni e progetti di trasformazioni urbane Il Workshop ReOpening Zac, all’interno del quale ha preso spazio lo ZisaLab, laboratorio di laurea coordinato dal prof. Giuseppe Marsala, è stata un’occasione in cui si è avuta la possibilità di lavorare concretamente al ripensamento dello spazio interno del padiglione 19, sede oggi di ZAC, e degli spazi esterni dei Cantieri. Questo intervento va considerato in relazione a quel processo che già dal 2011, grazie al movimento “ I Cantieri che Vogliamo”, aveva messo di nuovo al centro del dibattito cittadino il tema dei Cantieri, della sua fruizione e organizzazione.

Attraverso buone pratiche e progettazione partecipata, è stato intrapreso così quel percorso che vuole fare dei Cantieri non solo un luogo legato alla cultura e all’arte ma anche uno spazio pubblico di incontro e scambio. Gli obiettivi sono quelli di ripercorrere gli originari propositi che avevano animato gli anni ’90 e contemporaneamente risolvere i problemi legati alla permeabilità dell’area, i temi su cui oggi bisogna soffermarsi più che mai. La prima fase di questo percorso è stata la manifestazione del 16 dicembre 2012 con l’inaugurazione di ZAC, acronimo per Zisa Arti Contemporanee. Il padiglione 19, concepito molti anni fa come sede del Museo d’Arte Contemporanea della Città di Palermo, nel 2008 era stato restaurato. Nonostante fosse uno spazio ultimato e rifinito non è stato mai né aperto né utilizzato.


Oggi invece questo luogo, dove un tempo venivano realizzati gli idrovolanti , ha aperto le porte presentandosi alla città come un laboratorio di ideazione e realizzazione dell’opera d’arte e spazio di incontro tra artisti, cittadini ed istituzioni. Prima iniziativa di ZAC è stato il progetto/laboratorio “Artisti per ZAC”, un’azione performativa, un work in progress in cui gli artisti sono stati invitati alla condivisione dello spazio durante l’arco di tempo che è andato da Dicembre a Marzo.

L’intervento ha occupato l’intero percorso perimetrale del grande hangar delle Ex Officine Ducrot con i tempi, modi e linguaggi differenti: gli artisti hanno intercettato le loro presenze in un’opera plurale che è diventata simbolo di una tensione dialogica tra il loro lavoro e la città. Gli artisti invitati sono stati divisi in due differenti gruppi: IN WORK rappresentato da giovani artisti ai quali è stato affidato lo spazio di ZAC per l’intero arco dei 3 mesi; ATTRAVERSAMENTI ha accolto un numero consistente di 100 artisti di generazioni diverse che hanno interagito con l’opera attraverso modalità e temporalità diverse per ognuno di loro. A ciò è seguito un periodo punteggiato da incontri, dibattiti e momenti di approfondimento che hanno costituito l’oggetto dei TRANSITI dove artisti, curatori, galleristi ed operatori del mondo dell’arte hanno dato un contributo durante i mesi in cui si è sviluppato il progetto.


2.2. Artville, un’istallazione luminosa

Durante il workshop coordinato dal prof. Marsala ci siamo soffermati sul ripensamento tanto dello spazio interno dello ZAC quanto dell’esterno. Per l’inaugurazione del 16 dicembre, su idea del pittore Francesco De Grandi, abbiamo realizzato l’istallazione “Artville”. Dopo aver ricevuto da ogni singolo artista il rilievo del proprio studio ne abbiamo rappresentato in scala i confini sul pavimento del grande padiglione. All’interno di ogni perimetro gli artisti invitati hanno collocato la propria lampada. Questa istallazione si è presentata così come una metafora di riappropriazione da parte degli artisti di uno spazio che gli era stato a lungo negato. Sulla parete di fondo è stato pensato un sistema costituito da 6 teloni sui quali sono stati proiettati, a velocità differenti, le immagini dei lavori degli artisti che nel corso dei 3 mesi successivi hanno lavorato all’interno dello spazio.


2.3 Il giardino di Zac, un esercizio di terzo paesaggio

Riguardo lo spazio esterno gli interventi sono stati molteplici e di varia natura. Il primo tra questi è stato quello di recuperare lo spazio attiguo sud di ZAC, dove, prima degli interventi di restauro, vi era un padiglione prefabbricato a struttura intelaiata con capriate in ferro e tetto in eternit. Dopo la demolizione, è diventato un’ area di risulta, il “retro” del padiglione, dove negli anni si sono accumulati detriti di vario genere, e terra di risulta. Da subito è stato chiaro che questo spazio avesse delle notevoli potenzialità per la sua posizione strategica, tra Zac, l’acquedotto romano, con la vista sulla Zisa e vicino all’ingresso di via P. Gili. Ritenendo la vegetazione spontanea, cresciuta nel tempo, con diverse essenze autoctone, la materia principale; l’idea cardine è stata quella di dar luce a un «giardino in movimento», spazio in cui la natura non è assoggettata e soffocata dalle briglie di un progetto, di uno schema preconfezionato, e dove spesso è più prezioso sapere cosa non fare piuttosto che intervenire e aggredire. Alla rimozione dei rifiuti effettuata dall’amia, è seguito un momento di osservazione su questo spazio indeciso, per poi mettere in atto una strategia di sperimentazione. Infatti la sperimentazione consiste nel lasciare le cose come stanno, intervenendo per piccoli ritocchi successivi, intervenendo dopo un lungo periodo di osservazione . Un attento lavoro di sottrazione di alcuni elementi, per dar vita, a delle geometrie che in parte ci danno le tracce del passato, con una nuova forma e materia. Quasi al centro dello spazio un filare di bassi arbusti (miscanti) segnano un binario e l’interasse dei pilastri del padiglione demolito, essendo cresciuti nei solchi da loro lasciati. La parte adiacente all’acquedotto romano è rimasta integralmente nel suo stato originale, ma resa fruibile con alcune opere di pulitura e potatura. In corrispondenza dei due ingressi sud di Zac, sono stati realizzati dei nuovi tracciati, che un danno vita ad un nuovo sistema di accessi e orientamenti, recuperando la vista privilegiata sul castello della Zisa. E’ stato interessante constatare come il risultato finale , in principio, era stato solo parzialmente definito, è stato il processo, che poco alla volta, ci suggeriva quali azioni portare avanti, e quali azioni frenare. Una vera e propria operazione di Terzo paesaggio, in divenire, dove l’evoluzione del sistema (…) non obbedisce ad un programma, ma alle necessità di adattamento, dove si osservano i residui, gli scarti e il loro funzionamento . La fase successiva è stata finalizzata a migliorare l’accessibilità, ren-




dendo quest’area permeabile, a dotandola di nuovi attraversamenti. La rimozione della recinzione, e la demolizione in alcune parti, del muretto di confine, ha definitivamente restituito una rinnovata area verde alla città. Questi due elementi sono stati in parte eliminati, in parte riutilizzati per svolgere nuove funzioni: il muro basso diviene una seduta, infatti alcune parti di esso, vengono posizionate tra la vegetazione, dando occasione di nuovi punti di osservazione del paesaggio circostante. La recinzione è utilizzata come struttura portante, di elementi di ridefinizione dello spazio. Il gruppo frigo dell’impianto di condizionamento, coperto con dei pannelli bianchi, diventa il totem di accesso e insegna di Zac. E’ la materia esistente che da occasione di piccole trasformazioni. In tutta l’operazione un solo nuovo materiale viene introdotto, la ghiaia, di ridotta granulometria, che invade e rende continua la superficie, pronta per accogliere gli artisti e le loro opere en plain air, così lo spazio espositivo si estende sino all’esterno. Il 6 gennaio 2013, è stato collocato l’Orologio della Concordia di Emilio Tadini, appena restaurato, acquistato nel 1998 per essere il nucleo della collezione d’arte contemporanea del museo. Successivamente anche gli artisti hanno posizionato alcune opere, conferendo a questo spazio di risulta, privo di funzioni una nuova identità. Tutta l’operazione, apparentemente minimalista, racchiude in sé, e si fa portavoce di tante tematiche, proprie della città e della società contemporanea. L’attenzione per i caratteri locali dei luoghi, il riciclo e il rifiuto come risorsa, la distanza tra i tempi della produzione artificiale e naturale. Un intervento che mostra come i cambiamenti, possono essere la rielaborazione dell’esistente, non avendo necessariamente a disposizione ingenti risorse.


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I CANTIERI CULTURALI E IL TESSUTO URBANO

3.1 I Cantieri Culturali e l’ambito urbano

L’area oggetto di studio si trova oggi inserita all’interno di un tessuto abbastanza eterogeneo: punto d’incontro tra la città ottocentesca, le borgate storiche della Zisa e della Noce e l’anonima città del sacco, l’area dei Cantieri è racchiusa all’interno di un recinto che accentua la separazione con le reti stradali e nega qualsiasi relazione con gli abitanti del quartiere. Da un lato trova posto la città consolidata, dall’altro invece la città in espansione in cui la circonvallazione ha determinato la direttrice del recente sviluppo urbanistico. “Un arcipelago di figure ed organismi […] isole, recinti, perimetri, rette, ritagli, bolle piastre […] sottosistemi perfettamente funzionanti al loro interno, ma che non si curano di dialogare con i loro vicini”. L’area, un tempo luogo di zone verdi e terreni coltivati, ora fa parte integrante della realtà cittadina, di difficile identificazione e lettura e densamente popolata. Essa appare come una sommatoria di diverse realtà passando dall’edilizia di borgata a schiera, alla città ottocentesca di via Dante fino ad arrivare all’edilizia più moderna. In tale contesto ricadono elementi di grande importanza come il castello della Zisa, Villa Florio, Villa Malfitano. Inoltre “la caotica espansione edilizia non ha previsto la realizzazione di aree a verde pubblico e la zona risulta conseguentemente aggravata da una densità di popolazione fra le più elevate di Palermo”. Oltre al recinto dei Cantieri è possibile individuare quello delle vicinissime Officine Gulì separato dalle ex Officile Ducrot dalla presenza di Via Perpignano. Se considerassimo queste realtà come una unica si darebbe luogo ad un macro isolato delimitato da Via Perpignano, Polito, dei Mulini a Zisa, Guglielmo il buono e dalla piazza di Principe di Camporeale. In base a questa panoramica risulta evidente come il futuro dei cantieri dipenda soprattutto dalla sua fruibilità e dalla capacità di relazionarsi con la realtà urbana circostante. Un progetto non può prescindere da un ripensamento dell’accessibilità e da un collegamento con i quartieri circostanti. Oggi l’unico accesso è quello su Via Gili, sottodimensionato rispetto alle potenzialità dei Cantieri.



3.2 Dentro il recinto dei Cantieri Culturali

L’area dei Cantieri Culturali è caratterizzata da un principio insediativo che si fonda su tracciati ortogonali che si sviluppano all’interno di un recinto che la separa dal resto della città. Il recinto confina a sua volta con diverse strade che sembrano irradiarsi dal centro storico fino alla campagna urbanizzata. La funzione industriale dell’area ha portato questa ad essere chiusa all’interno di un recinto senza alcuna possibilità di contatto con la città, nessun passaggio, nessuna relazione prospettica. Il recinto è costituito da un bordo che acquisisce differenti spessori. Lungo il lato su via Polito il confine è dato da un muro che da semplice linea di separazione acquisisce spessore inglobando parte delle botteghe dei Cantieri. Sul lato lungo Via Perpignano il confine diviene un bordo spesso costituito dalla schiera di case separate dai padiglioni attraverso una fascia interstiziale priva di qualità e luogo di accumulo. Analoga situazione è presente lungo la via Gili dove il bordo aumenta considerevolmente di sezione e altezza in quanto costituito da edifici residenziali multipiano di nuova costruzione. In netta contrapposizione è invece il confine sul lato Sud in cui l’unico elemento di separazione con il retrostante giardino di villa Notarbartolo è un acquedotto bizantino. I padiglioni che costituiscono l’insediamento sembra si siano sommati gli uni agli altri seguendo un principio unitario di addizione su una sorta di maglia regolare. Gli edifici disposti parallelamente e ortogonalmente tra di loro formano una città dentro la città: il rapporto continuo tra le scale è evidente nell’alternanza tra edifici di grandi dimensioni ed edifici di piccole dimensioni che posti l’uno vicino all’altro delineano percorsi la cui sezione non è costante, ma varia continuamente. I padiglioni che costituiscono il complesso presentano caratteristiche differenti in base al periodo di realizzazione. Le fasi principali di crescita del quartiere sono due: una che coincide con il periodo successivo al 1912, l’altra con quello successivo al 1939. Nel 1912 il complesso si espande per di più su quell’aria orientale prospiciente Via Gili che verrà distrutta successivamente per far posto all’edilizia residenziale,.


Nel periodo risalente alla seconda guerra mondiale la fabbrica Ducrot aveva raggiunto la sua massima estensione. L’area attuale può considerarsi divisa in due parti dalla strada principale di accesso ortogonale rispetto alla Via Gili. I fabbricati che si trovano a destra (Nord) sono quelli di più antica costruzione e sono caratterizzati da dimensioni notevoli e da una spazialità interna che evidenzia una ripetizione di pilastri liberi in mattoni a pianta quadrata che sorreggono grandi capriate lignee. Sono spazi di dimensioni considerevoli che coincidono con l’intera struttura del capannone, organizzata in senso longitudinale con uno spazio unico. Gli interni sono illuminati attraverso grandi aperture sui muri perimetrali e originariamente anche dall’alto attraverso sistemi d’illuminazione posti nelle coperture. Altri padiglioni hanno invece dimensioni più ridotte e presentano un sistema di divisione trasversale. Di più recente costruzione sono invece i padiglioni che ricadono nell’area a Sud. Tra questi gli edifici destinati alla costruzione dei cacciabombardieri militari e la palazzina degli uffici per l’aeronautica sicula, sede oggi del centro di francese e del Goethe institut. I padiglioni presentano un sistema costruttivo caratterizzato da coperture in elementi prefabbricati in calcestruzzo, ad arco ribassato, e sorrette da pilastri. Questi fabbricati, il più grande dei quali è il padiglione 19, sede di ZAC (Zisa arti contemporanee), prospettano sulla piazza dei Cantieri in corrispondenza della quale si incrociano le due strade principali della cittadella della cultura. Sono spazi dalle grandissime potenzialità che ad oggi non sono state sfruttate al meglio.


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TEMI ED OBIETTIVI

4.1 Attraversare il recinto

“Fare architettura è essenzialmente far recinti. Il significato essenziale dell’architettura sta forse nel suo essere recinto, nel costruire un ambito di spazio controllato separando un interno da un esterno tramite un muro. Costruendo un muro, un recinto chiuso – intorno a sé, l’uomo sottrae una porzione di spazio allo spazio ostile della Natura, la fa propria, la pone sotto il proprio incontrastato dominio. (…) L’architettura a recinto è all’origine della civiltà ed è antica quanto l’uomo.” (L’idea di recinto, Di Domenico 1998). Nell’architettura contemporanea si ritrovano continuamente dei richiami alle architetture e alle figure del passato, che creano una sorta di filo conduttore e di continuità, avanti e indietro nel tempo. Che siano diretti o indiretti, espliciti o impliciti, voluti o non voluti, questi richiami ci vogliono forse dire quanto alcuni elementi non possano non ritornare o non essere presenti ancora oggi nonostante le loro antichissime origini. Un elemento di questi è il recinto. recinto (letter. o tosc. ricinto) s. m. [uso sostantivato di recinto, part. pass. di recingere]. Spazio scoperto cinto intorno e racchiuso da muri, siepi, filari di piante, reti metalliche e palizzate, o anche da capanne e piccole case: il r. di un parco, di una villa; un r. in muratura, di filo spinato; entrare nel r.; uscire dal r.; il perimetro stesso formato dagli elementi di recinzione: un r. di antiche mura circondava la città. Recintare un luogo o uno spazio può essere considerato come un primo atto istitutivo, di fondazione. La stessa parola recinto deriva dal verbo latino recingere, che significa cingere tutt’intorno, avvolgendo o stringendo o chiudendo. In greco antico invece il recinto era indicato dalla parola temenos, che definiva lo spazio sacro racchiuso e delimitato. Questo termine deriva a sua volta dal verbo temno, che significa “tagliare”. Ri-tagliare quindi un “brano di mondo”. L’atto del recingere un luogo nasce dalla necessità dell’uomo di sicurezza, protezione e intimità, e genera degli spazi chiusi e finiti che si contrappongono nettamente agli spazi esterni, aperti e “infiniti” della natura. È un atto di demarcazione precisa tra dentro e fuori, tra ciò che è noto, sicuro, misurato e ciò che invece è infinito,


misterioso, pericoloso, separato dall’esterno. Escludendo e sottraendo una porzione di spazio all’ambiente naturale e separandosi da esso, l’uomo perde però quella relazione diretta e quel rapporto di continuità che lo legava alla natura. Di conseguenza, si innesca dentro l’uomo un meccanismo che lo porta a voltarsi indietro e a tornare sui suoi passi: cerca di recuperare all’interno della casa degli spazi dedicati ed ispirati alla natura. Nascono così frammenti di spazio aperto, corti, frammenti di natura nel contempo realtà e simbolo. Questo processo si ripete ogni qual volta si debba compiere un atto di architettura, è un processo logico che sta al di sopra di soglie o limiti temporali, è il farsi stesso dell’architettura. Nell’architettura contemporanea, questa figura si può leggere in moltissime opere e trova le più svariate declinazioni. Si pensi ad esempio al Padiglione di Barcellona di Mies van der Rohe, in cui il recinto non è chiuso, ma è frammentato e spezzato in elementi che dilatano lo spazio e che stanno in una diretta relazione con la corte, comunicazione diretta con l’esterno. Il recinto quindi si propone come elemento di continuità nella storia, presente fin dalle origini dell’architettura ai più moderni edifici, declinandosi in varie forme senza mai perdere il suo significato originario. La città oggi è composta da un mosaico di frammenti distinti e con una forma ben definita. Questi frammenti sono circondati da recinti più o meno significativi che negano l’interazione tra di essi, ma allo stesso tempo proteggono e aiutano a mantenere la loro identità.


La funzione industriale dell’area dei cantieri, ha portato questa ad essere chiusa all’interno di un recinto senza alcuna possibilità di contatto con la città, nessun passaggio, nessuna relazione diretta. La natura di questo recinto è molto diversificata; vi è un bordo spesso costituito da case a schiera e spazi residuali sul lato lungo Via Perpignano, continua in via Gili dove il recinto aumenta la sua sezione perché costituito da edifici residenziali multipiano in linea per poi passare al confine con la villa Notarbartolo dove il recinto è un acquedotto bizantino. Lungo via Polito il recinto trova la sua più semplice espressione, un muro. Questo muro viene enfatizzato dal salto di quota che vi è tra la via Polito e l’area dei cantieri, ma anche dalla presenza di un edificio, le botteghe, che gli si addossa e marca ancora di più il confine tra cantieri e città. La presenza di un confine, margine, bordo, recinto è necessaria per una migliore gestione dell’area, ma esso si presenta come una lama a doppio taglio che da un lato chiude e protegge dall’atro isola e nasconde. È evidente come il futuro dei cantieri dipenda soprattutto dalla sua fruibilità e dalla capacità di relazionarsi con la realtà urbana circostante, e quindi vi è la necessità di un progetto che tenga in considerazione la possibilità di attraversare, scavalcare, frantumare o alleggerire questa barriera che li circonda, ripensando al rapporto con i quartieri circostanti.



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IL PIANO

5.1 Il masterplan dei Cantieri Culturali

Attraverso l’esperienza condotta all’interno del workshop e del laboratorio di tesi è stato possibile definire alcune linee guida volte a risolvere una serie di problematiche insite nell’area. Da un’analisi attenta dell’intorno urbano e dello spazio in esso contenuto, quello dei Cantieri, si evince come le metodologie di intervento devono puntare in primo luogo verso un’effettiva integrazione dell’area nella città. L’ambito oggetto di studio presenta caratteristiche di alta densità in cui alla trama molto fitta del tessuto costruito ottocentesco e di borgata se ne contrappone un’altra poco penetrabile in prossimità di via Regione Siciliana. Sebbene qui il tessuto sia più slargato, i sistemi degli isolati che costituiscono queste parti residenziali sono elementi molto chiusi in quanto circoscritti tutti da recinti. Ciò pone in evidenza un problema di permeabilità non risolto che manda in crisi il funzionamento dei Cantieri Culturali stessi. Lavorando per sistemi e sequenze, più per punti e reti che non per trasformazioni radicali, è stato possibile definire un masterplan generale attraverso cui alcune criticità trovano risoluzione. Attraverso un’analisi estesa a tutto il territorio urbano esterno ai Cantieri, la nostra proposta di funzionamento ha individuato alcuni temi importanti come quelli degli interstizi e dei recinti Il ripensamento degli accessi a partire dalla circonvallazione, l’adozione di percorsi pedonali, il progetto di spazi pubblici contemporanei che conferiscano qualità non solo ai Cantieri ma al quartiere della Zisa in generale, risulta di primaria importanza. La presenza della Via regione Siciliana, quale infrastruttura strategica in un ragionamento rivolto alla percorrenza dell’intera area, ha indirizzato alcune riflessioni sulla parte in prossimità dei cantieri che si sviluppa a monte. A partire da un parcheggio esistente attiguo alla circonvallazione, che secondo le direttive del masterplan viene ridimensionato e dotato di alcuni servizi, si innerva un sistema di percorsi che se da un lato utilizzano le strade esistenti, dall’altro creano nuovi attraversamenti mediante l’apertura di passaggi tra i recinti stessi. Questa rete a percorrenza variabile (pedonale, carrabile o ciclabile) trova una pausa in corrispondenza di un grande vuoto urbano nella parte terminale di Via degli Emiri: un vero e proprio terrapieno incolto che suggerisce la possibilità di un progetto di architet-


TRA RECINTO E STRADA Riconfigurazione dello spazio pubblico e redefinizione della sede stradale Tesi di laurea di Enrico Palumbo

TRA I RECINTI Nuovo attraversamento tra i recinti delle scuole

DENTRO IL RECINTO Zolla di Via degli Emiri, impanti sportivi nuova piazza urbana e servizi Tesi di laurea di Debora Lamia (23.04.2013)

INTERSTIZI Configurazione di percorsi pedonali e ciclabili e nuovi servizi

INTERSTIZI Riconfigurazione delle unità edilizie esistenti e nuovi servizi Tesi laurea di Bruna Cattano (23.07.2013)

INTERSTIZI Nuovo attraversamento dentro il recinto residenziale dell’edilizia libera

DENTRO IL RECINTO Nuovi attraversamenti dentro il recinto dell’edilizia libera Tesi di laurea di Debora Lamia (23.07.2013)

ZISA_SPAZIO_ZERO Nuove sale per musica e teatro e definizione del bordo Ovest dei Cantieri Culturali alla Zisa Tesi di Laurea di Simone Girgenti (26.02.2014)

ATTRAVERSO I RECINTI Nuova piazza e accesso ai Cantieri Tesi di laurea di Debora Lamia (23.07.2013)

DENTRO IL RECINTO Riconfigurazione spazio Officina, e allestimento ZAC Tesi di laurea di Silvia Tusa (26.10.2013)

DENTRO IL RECINTO ZAC un nuovo attraversamento urbano come spazio per l’arte e la cultura Tesi di laurea di Marco Ingrassia (08.04.2013)

DENTRO IL RECINTO Percorso da Via Polito al Castello della Zisa attraverso l’acquedotto

DENTRO IL RECINTO Nuova piazza, parcheggio e connessione con il Castello della Zisa Tesi di laurea di Arianna Battaglia (18.07.2013)

ATTRAVERSO I RECINTI Un nuovo edificio e configurazione di tre piazze

ATTRAVERSO I RECINTI Connessioni e attraversamenti tra Cantieri e castello

INTERSTIZI Nuovo acceso ai giardini e ai Cantieri Culturali

INTERSTIZI Riconfigurazione dell’accesso dei Cantieri su via Perpignano Tesi di laurea di Bruna Cattano (23.07.2013)

ZISA_SPAZIO_(IN)COLTO Spazi pubblici e residenze per artisti ai Cantieri Culturali alla Zisa Tesi di Laurea di Federica Tutino (26.02.2014)

INTERSTIZI Nuovo accesso alla biblioteca

INTERSTIZI Nuovo accesso di Via Perpignano

INTERSTIZI Lo “square” di Piazza Principe di Camporeale Parcheggi, servizi e spazi urbani


tura con un programma funzionale rivolto ad un potenziamento dei servizi dell’area: parcheggi e attività sportive. Il terminale di questo percorso intercetta infine il recinto dei Cantieri in un punto compreso tra la Galleria bianca ed il padiglione 22 (rudere) a partire dal quale si avvia un passaggio in quota che, sviluppandosi parallelamente al padiglione di ZAC, scende in una piazza urbana. Da questo punto si apre la possibilità ancora di passare e di arrivare al castello della Zisa riconnettendo due realtà che pur essendo collegate visivamente, non lo sono dal punto di vista della percorrenza.. Dal lato opposto rispetto alla Via degli Emiri prende avvio un ragionamento che utilizza l’esistente Via Perpignano e la Piazza Principe di Camporeale come due episodi che se ripensati nel loro funzionamento complessivo, migliorerebbero sia l’accessibilità dei Cantieri che la qualità degli spazi urbani limitrofi. Lo Square di piazza principe di Camporeale, luogo dei flussi e consumato da usi impropri, rappresenta un punto nevralgico a partire dal quale diverse strade urbane si diramano. Questa caratteristica ha suggerito un ripensamento dei suoi confini e l’inserimento di servizi, parcheggi e spazi urbani in grado di dare qualità a questa grande piazza le cui potenzialità, a causa del grande traffico veicolare, non vengono sfruttate al meglio. A partire dalla via Perpignano, invece, è stato portato avanti un ragionamento sull’interstizio urbano. Dopo aver osservato come la strada, ad alto traffico veicolare nonostante le ridotte dimensioni, non offrisse la possibilità di una percorrenza pedonale, si è individuato uno spazio risorsa generatosi tra il sistema lineare, continuo e riconoscibile delle unità edilizie che si sviluppano sulla strada ed i recinti che gli stanno alle spalle (il recinto dei cantieri ed i recinti dei condominii che nel frattempo sono stati costruiti). La strategia prevede operazioni di ricucitura, innesti e piccole demolizioni in grado di rendere più vitali gli ambienti urbani esistenti, ridurre il consumo di suolo e diversificare l’ambiente urbano. Dalla parte a monte si innerva una rete connettiva a percorrenza lenta che alcune volte si sviluppa sul retro delle unità edilizie ed altre volte ricompare su strada diventando non solo un luogo di transito ma anche spazio pubblico di qualità, piattaforma potenziale per attività sia individuali che collettive.



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ZISA_SPAZIO_ZERO

6.1 Casi studio

arch. Franco Antonelli Auditorium San Domenico Foligno

arch. Renzo Piano auditorium Paganini Parma


Embaixada Casa Dos Cubos Tomar

arch. Giuseppe Marsala Teatro Nuovo Montevergini Palermo


arch. Lina Bo Bardi Centro Culturale Sesc Pompeia Sao Paulo

Bicocca Milano


arch. Luis Bellido y Gonzรกlez Matadero Madrid

Fabbricone Prato


Officine grandi riparazioni Torino

Fabbrica del vapore Milano


Teatro india Roma

Fonderie Limoni Torino


6.2 Nuove sale per musica e teatro e definizione del bordo ovest dei Cantieri Culturali alla Zisa “Non si vive in uno spazio neutro e bianco; non si vive, non si muore, non si ama nel rettangolo di un foglio di carta. Si vive, si muore, si ama in uno spazio quadrettato, ritagliato, variegato, con zone luminose e zone buie, dislivelli, scalini, avvallamenti e gibbosità, con alcune regioni dure e altre friabili, penetrabili, porose.” Utopie Eterotopie, M. Foucault Il riuso delle aree industriali è un tema di estrema attualità, sul quale si scrive e si discute da almeno due decenni. La ragione di tanta attenzione legata all’argomento è facile da capire: agire sul recupero delle aree ex industriali è il principale, se non l’unico, metodo di intervento nella città contemporanea. Recycling e post production sono due termini che recentemente hanno indicato una strada da percorrere per la progettazione di questi “vuoti” industriali della città contemporanea. Percorrendo questa strada, abbiamo cercato di riciclare e post produrre l’area dei Cantieri Culturali alla Zisa elaborando un masterplan che riempisse di significato questa area industriale dismessa. Il mio tema inizialmente era quello della conversione di un padiglione, lo Spazio Zero, in un luogo dedicato alla musica e al teatro. Durante l’analisi e la progettazione di questo spazio, ci siamo resi conto che non potevamo ignorare altre problematiche presenti nelle vicinanze dell’area da me studiata. Uno dei problemi principali dell’area industriale è l’accesso. In particolare mi sono occupato del bordo ovest dell’area; un bordo costituito da un muro che divide l’area dei cantieri dalla via Polito. Lavorare sul bordo, mi ha fatto ragionare molto sul senso e la na-



tura del recinto. In un area come questa la presenza del recinto risulta necessaria, soprattutto per marcare ancor di più l’identità dell’area. Ho lavorato sulla costruzione di un bordo, che non fosse una semplice linea. Ho pensato all’inserimento di un muro spesso, un edificio, che accolga delle attività commerciali e che attraverso un varco consente l’accesso ai cantieri. La geometria di questo edificio viene presa in prestito da un altro edificio presente nel bordo ovest dei cantieri, le botteghe, un edificio stretto e lungo può essere scomposto idealmente in otto quadrati. Il quadrato è stato l’elemento generatore del mio edificio, che non allineandosi alle botteghe, ma allineandosi al sistema ortogonale dello Spazio Zero genera una dilatazione della via Polito. Uno spazio di sosta necessario in questa via che presenta una sezione trasversale ridotta. Nell’area racchiusa tra il bordo interno di questo edificio e lo Spazio Zero ho pensato alla realizzazione di un parcheggio sotterraneo con accesso carrabile diretto da via Polito. Il tetto di questo parcheggio costituisce una piazza che permette una lettura d’insieme dello Spazio Zero e degli edifici annessi. Accostati allo Spazio Zero vi sono dei piccoli edifici che grazie alla loro posizione si prestano bene ad accogliere delle funzioni complementari. Infatti in questi edifici ho inserito degli uffici per la gestione dell’auditorium, ma anche una caffetteria ed un ristorante. Vi è anche una parte nuova di backstage, fruibile solo dagli artisti, costituita da una zona spogliatoio e camerini. Questo spazio costituisce il perno su cui ruotano le tre sale per musica e teatro. Una di queste sale si trova proprio al di sopra dei camerini; la geometria di questa sala nasce dall’esigenza dell’edificio di deviare e piegarsi per via della presenza di un albero. Inoltre la sala presenta un aggetto la cui fine viene determinata dall’asse della via d’accesso ai cantieri. Quindi questo elemento funge anche da terminale visivo per questa. Le altre due sale si trovano all’interno dello Spazio Zero, e sono divise da un elemento forte, un cavalletto che accoglie la funzione di doppio palcoscenico. All’occorrenza le sale possono funzionare autonomamente grazie alla presenza di un sistema di pannelli che riesce a chiudere il collegamento tra le due sale. Il pavimento delle sale è costituito da una serie di pedane mobili, che grazie al variare della loro altezza possono configurare lo spazio in infiniti modi.

















BIBLIOGRAFIA Generale L. Crespi (a cura di), Città come / The City As. Sguardi d’interni sui territori dello spazio aperto, Maggioli, Segrate (Milano) 2011 S. Boeri, L’anti Città, Laterza Editori, Bari 2011 G. De Francisci, “Rigenerazione urbana. Il recupero delle aree dismesse in Europa”, Longobardi, 1997 (a cura di) A. Bondonio, G. Callegari, C. Franco, L. Gibello “STOP&GO. Il riuso delle aree industriali dismesse in Italia. 30 casi studio” Alinea Editrice, Firenze 2005 (a cura di) Pippo Ciorra e Sara Marini , catalogo Re-cycle. Strategie per l’architettura, la città, il paesaggio, Edizioni Electa, Roma 2012

Cantieri Culturali alla Zisa AA.VV. “Cantieri culturali alla Zisa”, Città di Palermo, Assessorato alla Cultura, Palermo E. Sessa, “Ducrot-Mobili ed arti decorative”, Novecento, Palermo 1989 S.G. Di Benedetto, “ L’ Espansione della città’ di Palermo fuori le mura. Le borgate - i quartieri”, Palermo 1996 Ajroldi C.,(a cura di) “Le Borgate di Palermo”, Salvatore Sciascia editore, Roma 1984..

Antologia - Auditorium San Domenico, Foligno - Auditorium Paganini, Parma - Casa dos cubos, Tomar - Teatro nuovo Montevergini, Palermo - Centro culturale Sesc Pompeia, Sao Paulo - Matadero, Madrid - Progetto Bicocca, Milano - Fabbricone Prato, Firenze - Officine grandi riparazioni, Torino - Fabbrica del vapore, Milano - Teatro India, Roma - Fonderie Limoni, Torino


Periodici L. Giacomini, “Dal “frammezzo” all’in-between. Un archetipo “tra” spazio mistico e spazio architettonico” in Territorio, n 48, 2009 M. Foucault, “Spazi altri. I principi dell’Eterotopia” in Lotus Internetional, n 48-49, 1985-86 “Recinti” in Rassegna n°1, 1979 “I territori abbandonati” in Rassegna n°42, 1990

Tesi di laurea ZAC un nuovo attraversamento urbano come spazio per l’arte e la cultura Tesi di laurea di Marco Ingrassia (08.04.2013) relatore prof. arch. Giuseppe Marsala Nuova piazza, parcheggio e connessione con il Castello della Zisa Tesi di laurea di Arianna Battaglia (18.07.2013) relatore prof. arch. Giuseppe Marsala Zolla di Via degli Emiri, impanti sportivi nuova piazza urbana e servizi Tesi di laurea di Debora Lamia (23.04.2013) relatore prof. arch. Giuseppe Marsala Riconfigurazione delle unità edilizie esistenti e nuovi servizi Tesi laurea di Bruna Cattano (23.07.2013) relatore prof. arch. Giuseppe Marsala Riconfigurazione spazio Officina, e allestimento ZAC Tesi di laurea di Silvia Tusa (26.10.2013) relatore prof. arch. Giuseppe Marsala

Siti internet www.osservatorionomade.net/tarkowsky/tarko.html www.urbantactics.org/index.html spaziresiduali.blogspot.it/2012_04_01_archive.html www.temporiuso.org www.esterni.it www.pazac.it



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