KYOSS Arte - dicembre 2018

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.dicembre 2018 - N° 210.

Gustav Klimt | La Medicina Olio su tela | 1901-1907 Dettaglio di 430x300 cm Opera è andata perduta nell’incendio del Castello di Immendorf, nel 1945.

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Salvadori vi invita alla mostra “Tintoretto alla Salute� | 28.09.2018 - 06.01.2019 Pinacoteca Manfrediniana | Chiesa di Santa Maria della Salute | Venezia


dedicato a

ogni donna, ogni uomo

che ama...

VENEZIA • PIAZZA SAN MARCO 67 | VICENZA • GALLERIA PORTI 2 CORSO PALLADIO | salvadori-venezia.eu

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Orari di apertura: Da Lunedì a Venerdì, dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 17 | Sabato, dalle 10 alle 17 | Domenica, dalle 15 alle 17 L’imponente telero de “La cena di Cana” è nella Sacrestia della Chiesa, che sarà chiusa durante le celebrazioni della Festa della Madonna della Salute dal 15 al 22 novembre; nei giorni 25 e 26 dicembre; 1 gennaio. Altre celebrazioni liturgiche e pellegrinaggi potranno imporre la chiusura temporanea.


TINTORETTO alla Salute

Le grandi mostre Kyoss 29.09.2018 - 06.01.2019

Pinacoteca Manfrediniana | Chiesa di Santa Maria della Salute | Venezia

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KYOSS ARTE | Rivista mensile di arte e cultura visiva | Monthly magazine of art and visual culture Registrata nell’anno 2001 presso la Cancelleria del Tribunale di Vicenza con il N° 1002-28/05/2001 | Repertorio ROC N° 19241 DIRETTORE RESPONSABILE | EDITOR IN CHIEF Simone Pavan | simonepavan@kyoss.it | Ordine dei Giornalisti di Venezia N° 124991 | wikipedia.org/wiki/Kyoss_Magazine COMMISSIONE SCIENTIFICA | SCIENTIFIC COMMITTEE PRESIDENTE COMMISSIONE • Riccardo Manfrin (Storico dell’arte) riccardo.manfrin@kyoss.it Andrea Donati (Storico dell’arte) | Salvatore Fazia (Critico dell’arte) | Fabrizio Biferali (Storico dell’Arte - Docente Scuola Normale Superiore di Pisa)

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LA BIENNALE ISTITUZIONE DI VENEZIA

CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO TRENTO

MUVE FONDAZIONE MUSEI CIVICI VENEZIA

FRANCOIS PINAULT FOUNDATION VENEZIA

GNAM - GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA - ROMA

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MAX MUSEO MUSEO DESIGN CHIASSO SVIZZERA

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CHRISTIE’S LONDRA MILANO

PINACOTECA MANFREDINIANA VENEZIA

GALLERIA CIVICA D’ARTE DI TORINO

MUSEO EGIZIO DI TORINO

MUSEO NAZIONALE DEL XXI SECOLO DI ROMA

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Articles

.8 | Arte interrogativi | ...il nulla | Di Salvatore Fazia .12 | Arte e Astrologia | Raffaello | Di Umberto Ciauri .20 | I crimini dell’arte | Andy Warhol | Di Alessandro Meluzzi

Art stories

.26 | Antonello da Messina | Di Andrea Donati .38 | Michelangelo Buonarroti, Dio Fliviale | Di Giorgio Bonsanti

Art in life

.50 | Cosa succede in Città | Di Elena Azzola .56 | Sebastian Herkner | Di Anna Caldera .62 | Turner Price 2018 | Di Beatrice Taylor Searle .68 | Italian in Berlin | Di Simone Pavan .72 | Arte e Magia | Di Melissa Shani

Art expo

.75 | Musei, mostre, eventi e appuntamenti, suggeriti da Kyoss

Art trade

.90 | Moda & Arte, tutela legale | Di Lavinia Savini .92 | Aste Sotheby’s | Milano, New York, Londra, Ginevra .108 | Aste Christie’s | Milano, Londra

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Articles

...il nulla

…consideravo i desideri che nutrivo per la mia vita. Il più importante o il più attraente risultò essere il desiderio di acquisire una visione della vita in cui la vita si rivelasse però al tempo stesso e con non minor chiarezza un nulla, un sogno. Era forse un bel desiderio, il suo desiderare non era un desiderare, era semplicemente un difendere, un imborghesire il nulla. Arte interrogativi Di Salvatore Fazia | Critico dell’Arte

Tutti i moderni, a partire dai primi, i profeti della tecnica, i poeti della tecnica, i tecnici del fare, insomma i pratici dell'organizzazione di ogni cosa in forma macchinica, i meccanici della strutturalità delle cose e della modellizzazione delle cose alla loro strutturalità, vivono con il loro resto inorganico e nel sapore del nulla. Il cui eccesso, a lungo andare, da una parte dona evidenza ai processi e ai flussi, ai loro tagli distruttivocostruttivi, dall'altra apre alla nuova voragine dell'annientamento periodico di tutte le cose, che l'inceneritore in forma di progresso induce e introduce nella storia. Il nichilismo di pratica in pratica, di cosa in cosa, fa posto a quella teologia del nulla che apre tutto lo spazio dell'infinito prossimo venturo alla sua opposta tecnologia del tutto aperto. Sicché ognuno, imprenditore o autore, lavoratore o consumatore, scopre e applica questa legge di produzione e distruzione che tiene in campo la materia e la sua stessa reversione. C'è un episodio di vita che fa da scena a tutto questo, in sé poetico ma del tutto reale, ne presta, per così dire, perfino l'emozione da calendario e di giornata: un giovane studente universitario, forse ancora un liceale, si trova sul monte San Lorenzo a Praga, quando, per la prima volta, ha la sua visione del nulla sotto forma di desiderio, e così la racconta: «sedevo una volta, molti anni fa (è il 1920), certo triste abbastanza, sul declivio del monte San Lorenzo.

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Consideravo i desideri che nutrivo per la mia vita. Il più importante o il più attraente risultò essere il desiderio di acquisire una visione della vita, in cui la vita, pur serbando le pesanti cadute e risalite che le sono proprie, si rivelasse però al tempo stesso e con non minor chiarezza un nulla, un sogno, un che di sfuggente. Era forse un bel desiderio, se io lo avessi veramente agognato. Come il desiderio di inchiodare con meticolosa diligenza artigianale delle assi per farne un tavolo e insieme di non far nulla, ma non in modo che qualcuno potesse dire: - Per lui inchiodare non significa nulla -, bensì: - Per lui inchiodare significa realmente inchiodare e al tempo stesso non significa nulla -, il che avrebbe reso ancor più audace, più deciso, più reale e, se vuoi, più insensato quell'inchiodare. Ma lui non poteva in nessun modo avere un simile desiderio, perché il suo desiderare non era un desiderare, era semplicemente un difendere, un imborghesire il nulla, era un alito di vitalità ch'egli voleva infondere nel nulla in cui non muoveva allora che i primi passi consapevoli, ma che già avvertiva come il proprio elemento. Era allora una sorta di addio che lui dava al fittizio mondo della giovinezza: questa d'altronde non lo aveva mai espressamente ingannato, ma aveva soltanto lasciato che i discorsi di tutte le autorità intorno a lui lo ingannassero». Chi scrive è Kafka che sa già che scrivere è imborghesire il nulla.

Lucio Fontana | Concetto spaziale, Attese | 1964/65


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Art questions | By Salvatore Fazia | Critical of the art

...Nothing ... I was considering the desires that I was harboring for my life. The most important and attractive happened to be the desire to acquire a vision of life where life was revealing itself at the same time and with less clarity as nothing, as a dream. It was perhaps a nice desire, desiring wasn’t perhaps desiring, it was simply defending, gentrifying nothing. Art questions By Salvatore Fazia | “Critical of the art”

All the moderns, starting from the first ones, the prophets of technic, the poets of technic, the technicians of making, those organizing everything in a mechanical form, the mechanics of the structure of things and of the modeling of things to their structure, live with their inorganic remainder and with the taste of nothing. It’s excess, in the long run, on one side gives evidence to the processes and fluxes, to its destructing-constructing cuts, and on the other opens to the abyss of the periodical annihilation of all things, that the incinerator in the shape of progress brings to history. Such nihilism in every practice and in every thing makes space to that theology of nothing that opens the space of the upcoming infinite to its opposed open space technology. So that everyone, entrepreneur or author, worker or consumer, discover and applies this rule of production and destruction that keeps matter, and its reversion, on the ground. An episode of life is the scenario to all this, poetic but real, giving to it an almost matter-offact perception: a young university student, possibly even younger, is on Mount Petrin in Prague when, for the first time, has his vision of nothing in the shape of desire, and so he describes it: “once upon a time, many years ago [in 1920], I was sitting, certainly sad enough, on the hillside of Mount Petrin. I was considering the desires that I was harboring for my life.

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The most important and attractive happened to be the desire to acquire a vision of life where life, although preserving its ups and downs, was revealing itself at the same time and with less clarity as nothing, a dream, something vanishing. It was perhaps a nice desire, if that was what I really wanted. Like the desire to nail together with meticulous craftsmanship some planks to create a table and at the same time to create nothing, but not in a way that someone would say - For him nailing doesn’t mean anything -, but rather - For him nailing really means nailing and at the same time means nothing -, which would have made nailing even braver, more real, and more senseless, if you want. But he couldn’t in any way have a similar desire, because his desiring wasn’t a desire, it was simply defending, gentrifying nothing, it was a breath of life that he wanted to blow into the nothing that he was at that point just discovering, but that he was already perceiving as his element. It was then a sort of farewell that he was giving to the fictitious world of youth: on the other hand, this never really fooled him, but he only allowed all the speeches of all the authorities around him to fool him.” That who writes is Kafka, who already knows that writing is gentrifying the nothing.

Raffaello Sanzio (Urbino, 1483 – Roma, 1520) | Cristo Redentore Benedicente 1505-1506 circa | olio su tavola | cm 31,5x25,5 | Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo


Igor Mitoraj | Hypnos | 2004 | Galleria Contini Venezia | Photo Simone Pavan

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Raffaello “Tanto ardo, che ne mar ne fiumi spegner potran quel foco; ma non mi spiace, perché il mio ardor tanto di ben mi fece, che ardendo ogni ora più d’arder me consumi.” Raffaello Arte e Astrologia | Di Umberto Ciauri

Nascita: 6 Aprile 1483, Urbino. Decesso: 6 aprile 1520, Roma. Raffaello Sanzio, uno dei tre grandi “geni” del Rinascimento, nacque il 6 Aprile 1483 alle 3 di notte nella città di Urbino sotto il Segno dell’Ariete, vivrà gran parte della sua vita tra Firenze a Roma, morirà di venerdì santo all’età di trentasette anni proprio nel giorno del suo compleanno alla stessa ora in cui era nato. Figlio d’arte rimasto precocemente orfano venne poi adottato dall’Arte. Suo padre era Giovanni Santi (da cui deriverà il cognome “Sanzio”), artista e padrone di una fiorente bottega di Urbino. La sua adolescenza fu segnata dalla perdita di entrambi i genitori (il giovane Raffaello perse la madre Maria di Battista di Nicola all’età di otto anni e il padre Giovanni Santi ad 11 anni). È sia nell’opposizione con il lontano Plutone (la perdita dei genitori) che nella congiunzione con Venere, che si manifestano gli eventi dalla sua prima fanciullezza. La congiunzione del Sole natale con la Venere “Celeste” non solo è indice di un bellissimo aspetto fisico oltre che di una natura gentile, ma è catalizzatore astrale di talento, creatività e di attitudini artistiche non comuni. Non a caso Raffaello non solo era amato dalle donne e stimato dagli uomini quasi fosse stato baciato dagli dei (sicuramente dalla Venere astrale) ma venne sempre ricordato dai suoi contemporanei oltre che per il suo ineguagliabile talento anche per la sua affabilità e per i modi sempre dolci e cortesi. Terminato il proprio apprendistato presso “Il Perugino” (Pietro Vannucci) Raffaello nel corso della sua vita si trasferì in diverse città. Ogni cambio (Città di Castello 1500-1504, Firenze 1504-150 ed infine a Roma 15081520) corrispose sempre ad importanti passaggi astrali. Urano segnò la vita di Raffaello con cambiamenti rapidi ed inaspettati. Sarà proprio in concomitanza dell’irripetibile ingresso di Urano nel Segno Zodiacale dell’artista (il passaggio di Urano nell’Ariete accade una volta ogni 84 anni) che Raffaello nel 1508 si trasferì d’improvviso presso la Corte Papale di Roma. Raffaello Sanzio, considerato uno dei più grandi artisti di ogni tempo. È una delle 3 Stelle del Rinascimento: Leonardo, Michelangelo e Raffaello. La sua opera fu di vitale importanza per lo sviluppo del linguaggio artistico e diede vita ad una scuola che fece arte “alla maniera sua” che va sotto il nome di “Manierismo”; la sua influenza è ravvisabile 14

anche in artisti d’avanguardia come Édouard Manet e Salvador Dalí. Raffaello è astrologicamente caratterizzato dalla sublimazione del segno dell’Ariete nella propria polarità astrale, il segno della Bilancia, il segno dell’armonia e della bellezza cosmica. Nella Carta Astrale di Raffaello il Sole si congiunge alla Venere (l’archetipo della Bellezza e della sensibilità artistica) polarizzandosi con un importante Plutone in Bilancia (l’archetipo della rigenerazione e della forza interiore). Non a caso il giovane Sanzio, seppur segnato dai lutti che avevano contraddistinto la sua fanciullezza (la scomparsa di entrambi i genitori) trovò la sua forza e la sua rigenerazione proprio “nella Bellezza e nell’Arte”. È all’interno di questa polarizzazione con l’altra parte del cielo che si caratterizza l’opera artistica del maestro. È attraverso l’integrazione tra la Forza dell’Ariete e la Bellezza della Bilancia che si esalta sapientemente il suo genio creativo. Così anche la Luna in Sagittario fu di grande impatto nella vita dell’Artista. L’archetipo lunare, richiamante Maria e la madre persa all’età di 8 anni, venne più volte rievocato e celebrato. Famosa è la serie delle Madonne col Bambino risalente al periodo fiorentino: la Madonna del Belvedere 1506, la Madonna Esterhazy 1508 e la Madonna del Cardellino 1506 (per citarne alcune). È sempre nella Luna in Sagittario (congiunta a Nettuno, il pianeta archetipo della metamorfosi e della trascendenza) e nella congiunzione del Sole con la Venere che si realizza l’incontro tra Raffaello e la sua Musa e Amante, (presumibilmente) Margherita Luti, la modella della “Fornarina” (Palazzo Barberini, Roma) e della “Velata” (Palazzo Pitti, Firenze). Se la “Fornarina” fosse o no la figlia di un “fornaio”, non è dato saperlo, ma comunque sembra che il termine rimandi a una tradizione linguistica consolidata, in cui “forno” e derivati (“fornaio”, “fornaia”, “infornare”, ecc.) indichino allegoricamente l’organo sessuale femminile. Non è azzardato ipotizzare che Raffaello nella “Fornarina” e nella “Velata” non solo voglia rappresentare l’eterna dualità tra “l’Amor Sacro e l’Amor Profano” ma voglia ritrarre nella “Fornarina” proprio quella Venere Celeste che lo aveva guidato e caratterizzato fin dalla sua nascita (Sole congiunto a Venere).


Raffaello Sanzio | Pala Baglioni - Deposizione di Cristo | 1507 | Olio su tavola | 184x176cm | Galleria Borghese, Roma

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ÂŤQuanto fu dolce il giogo e la catena delle tue candide braccia al collo mio volti, che sciogliendomi, io sento mortal penaÂť

Raffaello

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Raffaello Sanzio | Sposalizio della Vergine | 1504 | Olio su tavola | 174x121cm | Pinacoteca di Brera, Milano

È attraverso la Luna in Sagittario che si consolida il legame tra l’Artista Papa Giulio II della Rovere (guarda caso proprio del segno del Sagittario). Sodalizio che si realizza improvvisamente, in maniera rapida e inaspettata, come accade quando Urano fa il suo ingresso in un segno zodiacale: Raffaello dovette lasciare diverse opere incompiute per recarsi a Roma da Giulio II. Oltretutto Raffaello celebrò astrologicamente l’elezione di Giuliano della Rovere a Papa raffigurando nella Stanza della Segnatura “Urania, il Cielo e le Costellazioni del 31 Ottobre 1503”. È grazie alla propria natura Aretina e ai forti valori in Gemelli ed in Sagittario (il Marte nei Gemelli e così la Luna, il Nettuno e l’Urano in Sagittario sono l’indice astrologico di capacità imprenditoriali oltre che di evidenti doti innovative, educative e comunicative) che Raffaello organizzò con successo in maniera imprenditoriale la propria bottega d’arte favorendo il talento dei propri allievi. Altrettanto importante nel tema astrale di Raffaello fu la presenza di Marte (pianeta archetipo dell’azione) nel segno zodiacale dei Gemelli (il segno della comunicazione). Raffaello nel corso della sua esistenza dimostrò di avere una grande padronanza dei mezzi espressivi: il suo linguaggio si presenta sempre chiaro, preciso e disteso. Sostenuto da una incrollabile curiosità culturale (Gemelli), non solo durante il periodo della sua formazione, ma anche in età matura, osservava e studiava tutto ciò che riteneva interessante (valori in Sagittario) per

arricchire la sua personalità, per rielaborare e reinventare seguendo una spinta creativa personalissima. Raffaello si mosse sempre in modo da assimilare (Plutone in polarità con Venere) il meglio da chi aveva a portata d’occhio, fosse la ricchezza cromatica di un veneziano, la dolcezza di Leonardo o il dinamismo di Michelangelo. Ammirando e imitando in tempi diversi (Marte nei Gemelli, in aspetto armonico con il Plutone in Bilancia), senza mai seguire gli esiti estremi delle poetiche altrui ma piegandole alla propria sensibilità artistica (Sole e Venere in Ariete). Raffaello morì nel 1520, a soli 37 anni, nel giorno del Venerdì Santo. L’evento creò una così profonda emozione tra i suoi contemporanei che in molti affermarono esserci stati al momento della sua morte una serie di eventi soprannaturali quasi che il mondo avesse perduto una divinità. Astrologicamente la scomparsa del Maestro fu preceduta (15 giorni prima) da forti aspetti angolari con Marte, Venere e Nettuno nel segno dei Pesci: probabilmente in tale configurazione potrebbero individuarsi avvenimenti riconducibili o ad eccessi amorosi o ad una errata terapia medica. La sua scomparsa fu salutata dal commosso cordoglio dell’intera corte pontificia. Come egli stesso aveva richiesto fu sepolto al Pantheon. Sulla sua tomba venne scritto: «Qui sta quel Raffaello, mentre era vivo il quale, la gran madre delle cose temette d’esser vinta e, mentre moriva, di morire». 17


Raffaello Sanzio | Scuola di Atene 1509-1511 | Affresco | 5x7,7m Palazzi Apostolici, Vaticano 18


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Raphael and the Celestial Venus Art and Astrology | By Umberto Ciauri

Raphael Sanzio, born April 6, 1483 in Urbino, died on April 6, 1520 in Rome. One of the three great minds of Italian Renaissance, he was born at 3am on April 6, 1483 in the sign of Aries; he will spend most of his life between Florence and Rome, where he will die on the Good Friday of 1520, the same date he was born, at the age of 37. His father Giovanni Santi (hence the name ‘Sanzio’) was an artist himself and owned his own thriving ‘bottega’, workshop. Raphael’s adolescence was deeply affected by the loss of both his parents: he lost his mother Maria di Battista di Nicola when he was 8 and his father Giovanni when he was 11. In both the opposition to the faraway Pluto (representing the loss of parents) and the conjunction with Venus, we can find the main events affecting his childhood. The conjunction of the Sun with the Celestial Venus is indicative of handsome features, of a gentle nature, as well as an astral catalyst of talent, creativity and unusual artistic aptitudes. It wasn’t a case that Raphael was loved by women and admired by men, almost as if he had been kissed by the gods; and he was always remembered by his contemporaries not only for his remarkable talent but also for his good disposition of heart and for his naturally good manners. After completing his apprenticeship with ‘Perugino’ (Pietro Vannucci), he moved amongst different cities, and every change corresponded with astral changes: Città di Castello between 1500 and 1504, Florence between 1504 and 1508 and eventually Rome between 1508 and 1520. Uranus influenced Raphael’s life with unexpected and sudden changes. And it was exactly when Uranus entered in Aries (which occurs only every 84 years) that Raphael moved to Papal Court in Rome. Raphael, considered one of the most important artists of all times, is one of the three stars of Renaissance, together with Leonardo and Michelangelo. His work was vital for the development of the artist expression and started its own school, producing art ‘in his own manner’, hence the name “Mannerism’. His influence can be seen also in avant-guard artists such as Edouard Manet and Salvador Dali. Astrologically speaking, Raphael is blessed with the sublimation of Aries in his astral polarity, and Libra, the sign of harmony and cosmic beauty. In his Astral Chart, the Sun connects with Venus (archetype of beauty and artistic sensibility) polarized with Pluto in Libra (archetype of regeneration and inner strength). So it comes to no surprise that the young Sanzio, although affected by the loss of both his parents, found his strength and his regeneration in beauty and art. It is within the polarization with the other side of the sky that his work finds its character. His creative genius is cleverly expressed through the integration between the strength of Aries and the beauty of Libra. And also the Moon in Sagittarius vastly impacted the artist’s life. The lunar archetype, referencing to the Virgin Mary and the mother lost at the age of 8, was often evoked and celebrated. From this, the famous series of ‘Madonna col Bambino’ [‘Madonna with Child’] of the Florentine period: the 1506 ‘Madonna of Belvedere’, the 1508 ‘Esterhazy Madonna’, the 1506 ‘Madonna del Cardellino’ [‘Madonna with Goldfinch’], to name few.

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And it is also with the Moon in Sagittarius (conjuncted with Neptune, the archetype planet of metamorphosis and transcendence) and with the conjunction of the Sun with Venus, that Raphael meets his muse and lover, (presumably) Margherita Luti, the model of the ‘Fornarina’ (Palazzo Barberini, Rome] and of the ‘Velata’ (Palazzo Pitti, Florence). Whether the ‘Fornarina’ [the young baker] was the daughter of a baker, it is not sure; however the reference to the oven as the female sexual organ is commonly accepted. So it is not too hasty to say that, when painting the ‘Fornarina’, not only he wanted to represent the duality of Sacred Love and Profane Love, but also to represent the Celestial Venus that always guided him since his birth (Sun conjuncted to Venus). It is through the Moon in Sagittarius that the consolidation between the artist and Pope Julius II della Rovere occurs. A relationship that starts suddenly, quickly and unexpectedly, such as when Uranus enters an astrological sign: Raphael had to leave behind several unaccomplished works in order to rush to Rome. Furthermore, Raphael celebrated astrologically the election of Giuliano della Rovere as Pope Julius II when he painted ‘Urania, il Cielo e le Costellazioni del 31 ottobre 1503’ [‘Uranus, the Sky and the Constellations of October 31, 1503’] in the Signature Room. It is through his pragmatism (typical of his mother town, Arezzo) and of the strength of Gemini and Sagittarius, that Raphael managed successfully his workshop, allowing his disciples’ talent to thrive. Also Mars (planet archetype of action) present in Gemini (the sign of communication) played an important role in Raphael’s astral theme. Throughout his existence, Raphael always showed a great ownership of the expression media: his language is always clear and precise. Incredibly curious (Gemini), not only in his younger years, but also at a later age, he observed and studied all that he deemed interesting to enrich his personality, to rework and reinvent, following a very personal thrust. Raphael always worked so to absorb (Pluto polarized with Venus) the best of what he was seeing, whether it be the wealth of a Venetian merchant, the sweetness of Leonardo or the dynamism of Michelangelo. Raphael died on the Good Friday of 1520, he was only 37 years old. The occurrence impacted his contemporaries so much that many assured that several supernatural events occurred at the time of his death, almost as if the world lost a deity. From an astrological perspective, his death was preceded (15 days earlier) by a strong presence of Mars, Venus and Neptune in Pisces: probably, in a similar configuration, one could detect occurrences linked to love excesses or a wrong medical therapy. His departure was saluted by the heartfelt grief of the entire Papal Court. As he requested, he was buried in the Pantheon. On his tomb: “Here lies that Raphael who, whilst alive, feared to win over the great mother of things, and, whilst dying, feared to die”.


Raffaello Sanzio | Tre Grazie | 1503-1504 | Olio su tavola | 17x17cm | Museo Condè, Chantilly

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Andy Warhol Andy Warhol, l’artista più normale della storia. I crimini dell’arte Di Alessandro Meluzzi, psichiatra, psicologo, psicoterapeuta e criminologo con la collaborazione di Andrea Grippo, scrittore, blogger e social media manager e con il contributo di Margherita Lepore dottoressa in psicologia clinica

Non c’è artista più criptico e più incomprensibile di Warhol. Non ci sono antecedenti in grado di illuminare l’operato di un uomo eccezionale. Warhol è stato il fondatore di quella che oggi tutti chiamano ‘pop art’. Un’arte popolare che tutti potevano capire e in cui tutti potevano riconoscersi. Lo stesso Andy era un uomo assolutamente normale con tratti di personalità francamente psicopatologici ma non si poteva certo dire che era un uomo disturbato, sebbene si impegnasse molto per sembrarlo. Andy Warhol si dedica inizialmente alla pittura attraverso l’impianto serigrafico che gli consente di riprodurre in serie i suoi quadri. Ma non si limitava a creare in serie, Warhol riproduceva molte volte la stessa immagine sulla tela, a volte cambiandone i colori. Prendiamo come esempio la Campbell’s Soup Cans: 50 lattine di zuppa su una tela. Warhol dice che la mangiava abitualmente. Sempre lo stesso pranzo ogni giorno per vent’anni. È come se l’artista fosse dominato da comportamenti rituali. Non è chiaro se la zuppa gli piaccia o meno, ma non può fare a meno di sorbirla. È una caratteristica tipica del disturbo compulsivo, che prevede comportamenti ripetitivi che il soggetto si sente in dovere di mettere in atto, riducendo l’ansia o il disagio o a prevenire eventi temuti. Ma che cosa pensava che sarebbe accaduto se non avesse mangiato una zuppa al giorno? È un interrogativo che rimarrà per sempre senza risposta. Tale disturbo è spesso presente nei bambini ma col tempo si dissolve. Anche l’artista pare esserne stato vittima in giovane età, quando si divertiva a proiettare per ore

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e ore, sulle pareti di casa, lo stesso film di Mickey Mouse. Nel caso di Warhol è chiaro che questo tratto caratteriale rimase presente. Tratto di personalità che si evince anche dai suoi cortometraggi, dove le scene sono ripetute fino alla nausea. Collegato a questo disturbo, è sicuramente il fatto che Warhol accumulava compulsivamente gli oggetti di uso comune. Che cosa ne faceva delle lattine di zuppa, dopo averle svuotate? Probabilmente le accatastava finché non erano di intralcio per la sua vita quotidiana. Allora le sistemava dentro una scatola che lui chiamava ‘capsula del tempo’. Nel corso della sua vita riempì esattamente 612 scatoloni. L’artista era assolutamente incapace di disfarsi delle cose possedute. D’un tratto, nel 1968, i tratti disturbati di personalità di Warhol si trasformano in veri e propri disturbi di personalità. Che cosa accadde? Una donna, Valerie Solanas, sparò all’artista, ferendolo gravemente. Le apparizioni dell’artista in pubblico diminuirono drasticamente. Probabilmente questo evento, che provocò un disturbo post-traumatico da stress, fece esplodere quelli che prima erano semplicemente tratti di personalità, potenzialmente malati, in malattie psicopatologiche vere e proprie. Le ossessioni di Warhol divennero reali: pensieri persistenti, vissuti come intrusivi e indesiderati, ignorati o soppressi fino a quel momento, si impadroniscono dell’artista, riducendolo ad un produttore seriale di una quotidianità dimenticata e benefica di cui si vuole riappropriare. Una quotidianità fatta di star del cinema per Andy, che era cresciuto all’ombra di Hollywood.


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I crimini dell’arte | Di Alessandro Meluzzi

Andy Warhol Andy Warhol, the most normal artist in history. By Alessandro Meluzzi - psychiatrist, psychologist, psychotherapist and criminologist In collaboration with Andrea Grippo - writer, blogger and social media manager with the contribution of Margherita Lepore - clinical psychologist

There has probably never been an artist more cryptic and enigmatic than Andy Warhol. There are no precedents to shed light on the work of this exceptional man. Warhol was the founder of the art movement known as “Pop art”. A popular art form which everyone could relate to and understand. Andy himself was an absolutely normal man with psychopathological personality traits, but it certainly couldn’t be said that he was a disturbed man, even though he made a great effort to seem so. Initially Andy Warhol used silkscreen printing to mass produce his paintings. He didn’t stop at just producing his works in series, he produced

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the same subject multiple times, sometimes just changing the colours. Let’s take as an example the Campbell’s Soup Cans: 50 soup cans in a painting. Warhol claimed that he had a can of Campbell’s soup for lunch, every day for twenty years. It’s as if he were caught up in a ritual behaviour. It’s not clear if he really liked the soup or not, but he just couldn’t help eating it. It’s a typical behaviour of a compulsive disorder, where the person feels driven to act out repetitive actions to reduce anxiety or distress or prevent distressing obsessions. But what did he think might happen if he didn’t consume a can of soup every day? It’s a question that we shall never know


the answer to. Such a disorder often begins in childhood but fades with time. The artist seems to have had this disorder when he projected the film Mickey Mouse on the walls of his house for hours on end. In Warhol’s case it’s clear that this character trait remained and is also apparent in his short films where the scenes are repeated ad nauseam. Warhol’s compulsive hoarding of everyday objects is also associated with this disorder. What did he do with the empty soup cans? Probably he stacked them out of the way and then stored them in cardboard boxes which he called “ time capsules “. He filled exactly 612 boxes during his lifetime,

totally incapable of getting rid of any of his possessions. Suddenly, in 1968, Warhol’s character traits exploded into a full blown personality disorder. What happened?. A woman, Valerie Solanas, shot and seriously injured the artist. After this episode Warhol drastically reduced his appearances in public. Probably this event triggered a full fledged psychopathological disorder. Warhol’s obsessions became real: unwanted intrusive thoughts, up until that time, ignored or suppressed, now take him over, reducing him to a mass producer of benevolent forgotten everyday icons and cinema stars.

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Art Stories Saggi e testi scientifici

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Art stories

Antonello da Messina Antonello da Messina, una nuova ipotesi per la Pietà del Museo Correr Di Andrea Donati | Storico dell’Arte

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Antonello da Messina (autoritratto non certo) | Ritratto | 1475-1476 | National Gallery, Londra

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Antonello da Messina | Di Andrea Donati

In occasione della ricerca che ha condotto alla mostra “Tintoretto alla Salute”, mostra accompagnata dalla pubblicazione intitolata “Tintoretto e la scuola della Trinità”, di cui ho parlato il mese scorso su Kyoss, si è scoperto che dalla chiesa del priorato dei cavalieri Teutonici alla punta della Dogana, intitolata appunto alla Santissima Trinità, c’era un dipinto di Antonello da Messina, di cui non si era mai parlato nella letteratura critica moderna. Il siciliano è considerato uno dei più affascinanti pittori di tutti i tempi. Si dice che avesse carpito ai fiamminghi il segreto della pittura ad olio, diffondendo questa nuova tecnica in Italia, dove invece dai tempi prima di Giotto si praticava correntemente la tempera all’uovo. Fu una vera rivoluzione che cambiò il corso della pittura italiana. Antonello da Messina è noto a tutti per alcune immagini iconiche, come la Vergine Annunciata velata da un panno blu notte sul capo, il San Sebastiano della Galleria di Dresda, adolescente dal corpo nudo simile al rocco di una colonna, i ritratti di mercanti dai volti indimenticabili, illuminati da una luce mediterranea e caratterizzati da una finissima psicologia. Dunque non è notizia di poco conto aver scoperto qualcosa in più attorno a un suo dipinto. Il priorato e la scuola della Trinità sorgevano nel sito occupato oggi dalla basilica di Santa Maria della Salute e dal palazzo del Seminario Patriarcale che all’origine era la sede del convento dei padri Somaschi. L’architetto Baldassarre Longhena trasformò radicalmente il volto della punta della Dogana, accanto ai magazzini del sale. Per capire come fosse il sito in precedenza bisogna guardare la veduta di Jacopo de’ Barbari, in cui si riconosce l’aspetto del priorato e della scuola della Trinità. Le fonti ricordano ripetutamente che nella sagrestia della scuola della Trinità c’erano due dipinti di Antonello da Messina e Giovanni Bellini, ma mentre il primo è sempre ricordato come tale, il secondo talvolta viene ricordato come un’attribuzione dubitativa. Il quadro di Antonello raffigurava una Pietà con le Marie. A prescindere che fosse di Antonello o della sua cerchia, risaliva certamente alla fine del Quattrocento, al tempo in cui il priorato della Trinità, cui afferiva l’omonima scuola, apparteneva all’ordine dei cavalieri Teutonici, che aderivano alla regola benedettina e facevano parte degli ordini monastici militari e ospedalieri dei Gerosolimitani,

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ramificati lungo le rotte dell’Adriatico e del Mediterraneo orientale. La Pietà con le Marie getta nuova luce sull’operato di Antonello da Messina, o eventualmente della sua bottega, e sul patrimonio artistico del priorato o della scuola della Trinità a Venezia. Non è chiaro infatti se il dipinto apparteneva in origine ai cavalieri o ai confratelli. Il pittore siciliano non risulta aver avuto rapporti di committenza con i Teutonici, né a Messina, né altrove, ma le lacune storiche sono tali da incoraggiare nuove indagini. Tra i documenti noti si trova che il padre del pittore, Giovanni “maczonus” (scalpellino), fece un altare a Messina nel 1446 per la chiesa di San Giovanni Gerosolimitano, officiata dagli Ospitalieri di Rodi. È una notizia modesta, che però indica come non sia impossibile per Antonello, che viaggiava lungo l’Adriatico, aver intercettato una richiesta dei cavalieri Teutonici a Venezia. Se invece la commissione della Pietà con le Marie fosse pervenuta dai confratelli della scuola della Trinità, bisogna chiedersi quale ruolo ebbe il nobile veneziano Pietro Bon, che fu il principale referente di Antonello a Venezia. La presenza del pittore in città è documentata nel 1476, quando Galeazzo Maria Sforza si rivolse alla Signoria per averlo a Milano, e Pietro Bon rispose chiedendo al duca di consentire che il pittore siciliano finisse almeno la pala di San Cassiano, oggi parzialmente conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Due soli dipinti di Antonello raffigurano la Pietà. Di entrambi non si hanno notizie prima dell’Ottocento. La Pietà del Museo del Prado è in ottimo stato di conservazione, quella del Correr invece rovinata irreversibilmente. Il danneggiamento risale a prima che la tavola entrasse nella collezione di Teodoro Correr. Per evitare eventuali contenziosi dopo la morte, il benemerito collezionista veneziano, a cui si deve la nascita del museo civico (uno dei maggiori in Italia), eliminò ogni traccia dei suoi acquisti, avvenuti per lo più sulla piazza locale tra la fine della Repubblica e il 1830. Si potrebbe pensare che il dipinto Correr corrisponda a quello della scuola della Trinità, descritto dalle fonti in pessimo stato di conservazione. Negli inventari tardi del 1695, 1711, 1722, viene citato “Un Cristo con le Marie, in tavola di Antonello da Messina, tutto logorato in sagrestia”.


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Antonello da Messina | Di Andrea Donati

Nel 1705 Martinelli menzionando quest’opera, ripete quello che aveva scritto Boschini, usando però il plurale: “In sacrestia, v’è Christo morto, con le Marie: opere di Antonello da Messina”. Il plurale è un lapsus, o si riferisce a un dittico, o a un trittico? Il quadro compare ancora nell’inventario del 1743. Dopodiché se ne perdono le tracce. Nel 1771 Zanetti ricorda che “delle molte opere ch’erano in Venezia non resta in pubblico che un solo quadro di questo autore, benemerito molto della buona pittura. Sta nel Palazzo Ducale nella stanza degli eccellentissimi capi del Consiglio dei Dieci. Rappresenta Cristo morto, sostenuto da alcuni angeli, figure quasi al naturale. Ha il nome del pittore ma non l’anno”. Il quadro, firmato ANTONIUS MESANE<N>SIS, in realtà è opera di Antonio de Saliba, nipote e imitatore del grande pittore messinese. Poiché quel quadro si trova in Palazzo Ducale fin dal Cinquecento, è escluso che possa essere confuso con quello della Trinità. Dalla descrizione degli inventari della scuola sembra che il quadro raffigurasse una Pietà con le Marie al sepolcro. Nessun dipinto noto di Antonello da Messina, o della sua cerchia, raffigura una simile scena: infatti sia nella versione del Prado che in quella Correr il Cristo in Pietà è sempre accompagnato dagli angeli. Tuttavia si può ipotizzare che l’inventario descrivesse un Cristo su tavola racchiuso da due ante raffiguranti le Marie al sepolcro. L’iconografia dell’adorazione del corpo di Cristo sarebbe stata coerente con la funzione eucaristica di un altare dedicato alla Pietà. In quel tempo Antonello era in “rapporto concorrenziale con Giovanni Bellini”, come si evince dal confronto con la Pietà del Museo di Rimini. Presentando il quadro Correr alla mostra delle Scuderie del Quirinale nel 2006, Mauro Lucco ha sostenuto che “il lato sinistro, e quelli in alto e in basso, recano segni di resecatura. Insomma, era certamente, all’origine, più grande, ma non è possibile sapere quanto, anche se la centratura dell’immagine e il funzionamento compositivo fanno pensare che si sia trattato di una leggera rifilatura”. Ispezionando il dipinto dal vivo, Andrea Bellieni, direttore del Museo Correr, ha confermato le osservazioni di Lucco, accettando di interrogarsi con me sull’ipotesi di un’eventuale provenienza dalla Trinità. È bene ribadire che si tratta ancora di un’ipotesi senza prove. Se però si ammettesse che le Marie di cui parla l’inventario della Trinità fossero state dipinte su uno o due sportelli a chiusura della tavola centrale con un Cristo

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in Pietà, l’anta singola o le due ante laterali potrebbero essere andate perdute. La causa del deperimento poteva dipendere dal pessimo stato di conservazione, sottolineato dalle fonti ed evidenziato dalla tavola stessa del Correr. Quest’ultima, se fosse stata la parte centrale di un trittico o di un dittico a due valve, potrebbe essere pervenuta come frammento nelle mani di Teodoro Correr. Comunque il priorato o la scuola della Trinità al tempo dei cavalieri Teutonici erano un luogo di destinazione ideale per la Pietà Correr di Antonello da Messina. Non bisogna dimenticare infatti che la provenienza veneziana del dipinto, per quanto avvolta nel mistero, è documentabile dal primo Ottocento. I medesimi inventari della Trinità nominano un altro dipinto antico: “La Beata Vergine col Bambino in tavola del Giambelino riposta sopra l’altare”. Silvia Marchiori propone di identificare il dipinto con la Madonna con il Bambino e un devoto, attribuita variamente a Giovanni Bellini o alla sua scuola, conservata presso il Seminario Patriarcale di Venezia. Il dipinto su tavola, non esposto solitamente al pubblico, rimasto finora poco noto, proviene effettivamente dalla scuola della Trinità. Quindi è l’unico dei 33 dipinti citati dalle fonti che sia rimasto in custodia del Seminario Patriarcale; ma è escluso che appartenga alla mano di Giovanni Bellini. Anchise Tempestini ripropone l’attribuzione a Tommaso Bragadin, un seguace di Bellini di cui si conservano pochissime opere certe. La Madonna rimanda al titolo stesso della casa di Santa Maria dei Teutonici in Gerusalemme. Il dipinto, diversamente da quanto riportano le fonti, non raffigura solamente la Madonna con il Bambino, ma anche il donatore, che ha sopra il capo un’aureola posticcia. Il donatore veste l’abito nero, secondo la regola dell’ordine benedettino. In conclusione alla punta della Dogana di Venezia, verso nell’ultimo quarto del Quattrocento, quando i cavalieri Teutonici governavano il priorato della Trinità e alcuni veneziani devoti avevano preso a riunirsi in una confraternita o scuola, qualcuno ordinò un dipinto ad Antonello da Messina che raffigurasse l’immagine del Cristo morto e delle Marie al sepolcro. Che quel dipinto si possa riconoscere nel quadro Correr come il frammento di un altarolo o di un trittico è solo un’ipotesi in attesa di verifica, ma la presenza di un dipinto di Antonello da Messina alla Trinità di Venezia è un dato storico acquisito, con cui tutti d’ora in poi dovranno fare i conti.


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Antonello da Messina | Di Andrea Donati

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Antonello da Messina and a new theory on the ‘Pietà’ at the Museo Correr By Andrea Donati | Storico dell’Arte

During the studies that lead to the exhibition ‘Tintoretto alla Salute’, which I’ve talked about on Kyoss last month, it was discovered that in the church of the Santissima Trinità at the Punta della Dogana in Venice, there is a painting by Antonello da Messina that was never mentioned in the modern art literature. The Sicilian is considered one of the most fascinating painters of all times. Apparently he learnt from the Flemish the secrets of oil painting and brought it to Italy, where, from the times of Giotto until those days, only the egg tempera was in use. That represented a true revolution, changing Italian painting. Antonello da Messina is famous for some iconic images, such as the ‘Vergine Annunciata’, with the head covered by a dark blue veil; the Saint Sebastian, now at the Dresden Gallery, in the body of a young adult; the portraits of merchants of unforgettable expression, lighted by a Mediterranean light and characterised by a very subtle psychology. Therefore, having discovered something new about this painter isn’t of little interest at all. The priorate and the school of the Trinity were on the site where Santa Maria della Salute and the Patriarchal Seminary are now, the latter being originally a convent of Somaschi fathers. Architect Baldassarre Longhena radically transformed the appearance of Punta della Dogana, next to the Salt Warehouse. To fully understand how they looked like in the past, one should look at the view as painted by Jacopo de’ Barbari, where the priorate and school can be easily recognised.

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The sources have always made reference to two paintings in the sacristy of the school, one by Antonello da Messina and one by Giovanni Bellini; although the first one has always been attributed to Antonello da Messina, the second one at times has been doubted upon. Antonello’s painting was a ‘Pietà con le Marie’. Whether it was painted by Antonello or his entourage, it can definitely be dated at the end of the 16th century, the time when the Priorate belonged to the Teutonic Knights, obeying to the Benedictine rule and belonging to the military and monastical order of the Jerusalemites, spread along the Adriatic and Eastern Mediterranean shipping routes. The Pietà with the Maries brings new light on the work of Antonello da Messina, or even of his workshop, as well as on the artistic patrimony of the Priorate and of the school of the Trinity Church in Venice. It still isn’t clear if the painting in fact belonged to the knights or the fathers. There is no record of the Sicilian painter having had any commissions from the Teutonic Knights, neither in Messina, nor else where, but the historical and knowledge gaps encourage new researches. From the known documents we find that his father, Giovanni “maczonus” (stone-cutter) made an altar for the San Giovanni Jerusalemite church in Messina in 1446, belonging to the Knight of Rhodes. It is little news, nonetheless indicative of how Antonello could in fact have received a request by the Knights in Venice. If instead the commission came from the fathers of the school of Trinity, we need to investigate what role Pietro Bon had, since he was Antonello’s main referent in Venice.


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Antonello da Messina | By Andrea Donati

The painter’s presence in the city is documented since 1476 when Galeazzo Maria Sforza asked to have him in Milan, and Pietro Bon replied asking to allow the Sicilian painter to complete the altar piece in San Cassiano, today partially conserved at the Kunsthistorisches Museum in Vienna. Only two paintings by Antonello are Pietà, and for neither of the two we have trace before the 19th century. The Pietà at the Prado Museum is in perfect conditions, the one at the Correr Museum is irreversibly damaged, with the damage occurred before it became part of Teodoro Correr’s collection. To avoid disputes after his death, the Venetian collector, to whom we owe the birth of the Civic Museum (one of the biggest in Italy), erased any trace of his purchases, occurred for the most part locally between the end of the Serenissima and 1830. One could assume that this painting is the same of the school of Trinity, also described by many sources in awful state of preservation. In the 1695, 1711 and 1722 inventories, there is mention of “A Christ between Maries, on a board by Antonello da Messina, all consumed in the sacristy”, In 1705 Martinelli, whilst mentioning this work, repeated what written by Boschini, although using a plural: “In the sacristy, there is a dead Christ, with the Maries: works by Antonello da Messina”. Is the plural a slip? Or does it refer to the a diptych or a triptych? The painting also appears in the 1743 inventory. After that, traces are lost. In 1771, Zanetti remembers that “of this good author’s many works, there is only one still public. It is in the Doge’s Palace, in the room of the Counsel of the Ten. It portraits a dead Christ, held up by angels, almost natural figures. It has the author’s name, but not the year.” The painting, signed by ANTONIUS MESANE<N>SIS, really belongs to Antonio de Saliba, nephew and imitator of the greater painter. And because that painting has been in the Doge’s Palace since the 16th century, it is unlikely that same one that is in the Trinity Church. From the description in the inventories, it depicted a Pietà with the Maries by the sepulchre. No known painting by Antonello da Messina, or by his entourage, depicts a similar scene: in both the Prado and the Correr versions, the Pietà is accompanied by angels. However, one

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can assume that the inventory refers to a board with a Christ, enclosed by two leaves with the Maries at the sepulchre. The iconography for the worship of the body of Christ would be more in line with the function of an altar piece dedicated to the Pietà. At that time, Antonello was in competition with Giovanni Bellini, as we can deduce from the comparison with the Pietà in the Museum of Rimini. When Mauro Lucco introduced the Correr painting in 2006, there was mention that “the left side, as well as the top and bottom, show signs of cutting. Bottom line, it was bigger, however we cannot establish how much bigger, although the centring of the image and its composition lead us to believe that it was only a small trim.” Whilst inspecting the painting, Andrea Bellini, director of the Correr Museum, confirmed what Lucco said, and agreed to question with me the possibility that the painting could be the one from the Trinity Church. It is important to remind that this is just an unsubstantiated hypothesis. However, if we were to accept that the Maries were painted on one or two leaves enveloping the main board with the Christ and Pietà, these leaves could have gone lost. The cause of the deterioration could have been related to the awful state of preservation, as underlined by the sources and by the Correr board itself. The latter, even if part of a diptych or a triptych, could have been handed over to Teodoro Correr as a fragment. Nonetheless, the Priorate or the Trinity Church were the ideal destination for the Pietà by Antonello da Messina. Let’s not forget that the Venetian origin of the painting, as foggy as it is, is documented since the start of the 19th century. In light of the presence of other paintings commissioned by the Teutonic Knights for the Priorate and the Trinity Church, it is not difficult to sustain that the knighthood commissioned a picture of the dead Christ and Maries to Antonello da Messina. Whether the Correr painting can in fact be considered a part of an altar piece is an hypothesis that needs verification, but the presence of a painting by Antonello da Messina in the Trinity Church in Venice is now certain, and from now on everyone will have to come to terms with that.


Antonello da Messina | Annunciata di Palermo | 1475 | Olio su Tavola | 46x34cm | Galleria Regionale di Palazzo Abatellis, Palermo

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Art stories

Michelan «Di Un modello in terra cruda di un Dio Fluviale, opera di Michelangelo Di Giorgio Bonsanti | Storico dell’Arte Segretario Generale dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze

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Michelangelo, «Dio Fluviale » | Di Giorgio Bonsanti

«Il Dio Fluviale recuperato all’Accademia delle Arti del Disegno sarà il fulcro di una nuova sala espositiva a Firenze» L’Accademia delle Arti del Disegno nacque il 13 gennaio 1563, per volere del Granduca Cosimo de’ Medici, ed è pertanto la più antica accademia d’arte al mondo. A consigliarne la creazione era stato Giorgio Vasari; la sua finalità: di ispirare quello che oggi chiameremmo dirigismo artistico nello Stato mediceo rigidamente controllato dal potere granducale. Il primo eletto a farne parte fu Michelangelo, che aveva già ottantott’anni, stava a Roma da un trentennio, e sarebbe morto l’anno dopo. Naturalmente, ci sono state “successive modificazioni”, come si esprime il gergo burocratico; basterà richiamare che oggi l’Accademia unica creata nel 1784 dal granduca Pietro Leopoldo di Lorena si è diramata in una serie di istituti diversi: l’Accademia di Belle Arti, la Galleria dell’Accademia, il Conservatorio di musica, l’Opificio delle Pietre Dure; e, appunto, l’Accademia delle Arti del Disegno. Che sono tre, pittura, scultura, architettura, unite da sua maestà il Disegno, quel denominatore comune che ha sempre distinto la tradizione fiorentina. Agli inizi la finalità didattica della Accademia era forte, ed è in omaggio ad essa che Bartolomeo Ammannati (architetto, scultore, letterato), le fece dono dell’opera più preziosa che possedeva, il modello in terra cruda di un Dio Fluviale, opera di Michelangelo, che Ammannati a sua volta aveva ricevuto in dono dal granduca Cosimo. Era il 28 aprile 1583. Sarebbe stato un modello ineguagliato da osservare, studiare, copiare per gli allievi artisti. Si trattava, e si tratta, di un oggetto assolutamente particolare e raro. Era abitudine degli scultori di eseguire dei modelli in materiali deperibili che dovevano assisterli nella delicata, e costosa, fase della traduzione in marmo o pietra. E che svolgevano anche l’ulteriore funzione di presentare ai committenti l’aspetto finale, per ottenerne l’approvazione. Informazioni tecniche precise su questi modelli si trovano nelle Vite del Vasari, nell’Introduzione alle arti e nella Vita di Jacopo della Quercia. Qui leggiamo che queste figure effimere di terra si costruivano con “…pezzi di legno e di piane (assi) confitti insieme, e fasciati poi di fieno e stoppa, e con funi legato ogni cosa strettamente insieme, e sopra messo terra mescolata con cimatura di panno lino, pasta e colla…riescono nondimeno leggieri e, coperte di bianco, simili al marmo” (Vasari 1568 ed. 1906 II, p.110). Erano oggetti dunque che venivano distrutti intenzionalmente o lasciati all’oblio una volta terminata la loro funzione; a Firenze ne esistono due altri, sempre di quelli finali a grandezza naturale, del Giambologna; ma ripeto, la loro sopravvivenza è un’eccezione.

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Nel nostro caso sicuramente aveva giocato lo straordinario prestigio del nome di Michelangelo e l’affidamento da parte dell’Ammannati all’Accademia, che custodì gelosamente il prezioso oggetto. È vero d’altronde che con il passare del tempo se ne erano perse la memoria e la nozione. La riscoperta del Dio Fluviale risale al 1906, ed è dovuta a uno studioso tedesco, Adolf Gottschewski. Studiando gli inventari medicei, aveva trovato menzione di alcuni bronzetti che riproducevano il Dio Fluviale di Michelangelo, allora ritenuto perduto, e aveva creduto di identificarli in alcuni esemplari del Museo del Bargello. Ne parlò con l’amico Adolf von Hildebrand (famoso scultore tedesco che abitava a Firenze) e questi tranquillamente lo informò che il Dio Fluviale esisteva ancora e si trovava nella sala dei gessi all’Accademia di Belle Arti. Gottschewski si precipitò all’Accademia e constatò che in effetti stava proprio lì, per quanto ricoperto di una sorda coloritura scura a simulare il bronzo. Un altro giovane studioso, tedesco anche lui, Hans Geisenheimer, scoperse nell’archivio dell’Accademia delle Arti del Disegno una serie di documenti cinquecenteschi, che testimoniavano il passaggio all’Accademia dalla casa dell’Ammannati, compresa la paga dei quattro facchini. Dopo la riscoperta l’opera fu concessa in deposito all’adiacente Galleria dell’Accademia, che aveva assunto l’identità di un tempio consacrato a Michelangelo, ospitando il David, i quattro Prigioni, la discussa Pietà di Palestrina. Nel 1965 si volle rilanciare la Casa Buonarroti di Firenze (fatta costruire ai primi del Seicento dal nipote di Michelangelo chiamato Michelangelo il Giovane), che possiede due famose opere giovanili, la Madonna della Scala e la Battaglia dei Centauri, oltre ad un’eccezionale raccolta di disegni autografi. Si chiamò a dirigerla il più noto studioso michelangiolesco, l’ungherese, naturalizzato americano, Charles de Tolnay. Il nuovo direttore volle nel museo soltanto opere originali; rimosse gessi e copie, e ottenne in deposito per la Casa Buonarroti due opere di Michelangelo: il Crocifisso ligneo di Santo Spirito allora riscoperto da poco, e che da qualche anno è tornato alla chiesa; e, dalla Galleria dell’Accademia, il nostro Dio Fluviale. Alla fine del 2017, l’opera è stata esposta alla mostra “Il Cinquecento a Firenze”, tenuta a Palazzo Strozzi; al suo termine, è stata riacquisita dall’Accademia delle Arti del Disegno, sua storica proprietaria, ai fini del progetto di cui dirò più avanti.


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Michelangelo, «Dio Fluviale» | Di Giorgio Bonsanti Perché “dio fluviale”? Appartiene a una tipologia ampiamente diffusa nel mondo antico, e ne cito uno per tutti, di Fidia, proveniente dal Partenone e oggi al British Museum di Londra. Erano rappresentati come dei vecchi semidistesi, spesso con un attributo, come una specie di cornucopia, che ne identificava e rendeva manifesta la funzione di origine di vita: del resto sappiamo che tutte le grandi civiltà più antiche nacquero e si svilupparono nei territori attorno ai grandi fiumi. A Roma spesso definivano il termine materiale degli acquedotti. Michelangelo ne aveva previsti ai piedi dei due monumenti funebri dei Duchi nella Sagrestia Nuova di San Lorenzo, cui lavorò negli anni Venti del Cinquecento, e lo sappiamo da documenti di varia natura fra 1524 e 1526. Esiste addirittura un meraviglioso disegno per un dio fluviale, dove Michelangelo aveva schizzato a tratti rapidissimi la figura ancora dentro il blocco di marmo. Gli studiosi hanno discusso a lungo sulla seriazione dei vari progetti michelangioleschi per la Cappella, e le figure di dei fluviali hanno fatto parte del dibattito. Quel che conta in definitiva è che nel progetto finito non siano stati realizzati; amo immaginare che non si sia trattato di una

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ragione contingente, ma che lo stesso Michelangelo li abbia scartati considerando che avrebbero appesantito fortemente i monumenti funebri dei duchi Giuliano e Lorenzo. La figura di cui stiamo parlando doveva trovarsi, con ogni probabilità, sul lato destro della tomba di Lorenzo. Oggi il modello ci è pervenuto in una modifica della posizione originale che ce lo consegna steso sul dorso, mentre all’origine doveva, come gli altri, appoggiarsi sul fianco destro. Questo spiega anche come mai le gambe non siano complete: non si tratta di rotture intervenute successivamente, ma di un’incompiutezza all’origine, perché le gambe sarebbero terminate all’interno della parete davanti alla quale sta la figura. Grazie a una copia in materiali sintetici realizzata a integrazione del recente restauro, è stato possibile sperimentare una ricollocazione e capire l’effetto che Michelangelo aveva previsto ad alcuni stadi nella sua elaborazione della decorazione della Sagrestia Nuova. Purtroppo il restauro recente non ha potuto recuperare la posizione originale (che comunque sarebbe stata in qualche misura ipotetica) a causa di alcuni ferri di sostegno inseriti nel corpo dell’opera, ad un’epoca probabilmente determinabile nella seconda metà del Settecento,


quando fu anche realizzata la base in legno su cui la figura poggia tuttora. Fu probabilmente a quel momento che venne anche tinta a finto bronzo, secondo un’abitudine diffusa e che ha lasciato a Firenze numerosi esempi. Il restauro (2016-2017) è stato iniziato grazie all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, istituto a ordinamento speciale del Ministero per i Beni Culturali; condotto da Rosanna Moradei e diretto da me, in collaborazione con Laura Speranza dell’Opificio, è stato proseguito e portato a termine ancora dalla signora Moradei dopo il suo pensionamento, grazie a un finanziamento generosamente pervenuto dall’Associazione dei Friends of Florence presieduta da Simonetta Brandolini d’Adda. Il restauro è consistito (dopo una serie di operazioni diagnostiche e conoscitive) nel consolidamento della superficie, la revisione delle stuccature e integrazioni, e in particolare nel riscoprimento dell’antica e assolutamente originale coloritura a biacca che lo rendeva (ricordate Vasari?) “simile al marmo”. Ha fatto seguito un restauro pittorico assolutamente minimale e rispettoso, diretto sostanzialmente ad abbassare l’impatto delle lacune e ridurre quello delle abrasioni; fondamentale era il mantenimento dell’aspetto

scabro della figura, che non doveva apparire simile ad un’opera d’arte finita, come non era mai stata. Il Dio Fluviale recuperato all’Accademia delle Arti del Disegno sarà il fulcro di una nuova sala espositiva che si ha in animo di realizzare al pianterreno del Palazzo dei Beccai di Via Orsanmichele, sede dell’Accademia che lo ha in uso dal Demanio. Lo accompagneranno pochissime altre opere di autori in rapporto con Michelangelo di proprietà dell’Accademia: una lunetta dipinta da Francesco Granacci, un bellissimo Crocifisso ligneo dell’atélier dei Sangallo, ambedue restaurati anch’essi di recente, e un rilievo in marmo di Agostino di Duccio che stiamo recuperando dal deposito presso il Museo del Bargello (lo scultore aveva iniziato a scolpire il blocco da cui Michelangelo quarant’anni dopo avrebbe tratto il David). Il progetto è dello studio P&M di David Palterer e Norberto Medardi, ambedue Professori della nostra secolare Accademia, che troverà così sempre meglio nella sua grande storia passata le ragioni per un futuro che si auspica comunque luminoso, anche se i tempi di Michelangelo sono ormai lontani.

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Michelangelo, «Dio Fluviale» | Di Giorgio Bonsanti

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Michelangelo Buonarroti «Dio Fluviale» The Accademia delle Arti del Disegno (Academy of Drawing Arts) was founded on January 13, 1563 by Granduke Cosimo de Medici, and is therefore the most ancient art academy in the world. Giorgio Vasari suggested its starting with the aim to ‘manage and direct’, to use modern terms, the arts within the Granduchy, in those days strictly ruled by the Medici family. Its first member was Michelangelo, at that time 80 years old, living in Rome already for three decades, and who would have died the following year. Some changes occurred over the years, including the splitting into many different branches: Accademia di Belle Arti, Galleria dell’ Accademia, Conservatorio di musica, Opificio delle Pietre Dure [literally, ‘Factory of the Hard Stones’] and finally the Accademia delle Arti del Disegno. Three are the arts: painting, sculpting and architecture, all linked by ‘its majesty’, Drawing, the common denominator that has always distinguished the florentine tradition. Initially the teaching aspect of the Accademia was playing a prominent role, and for that reason, on April 23, 1583, Bartolomeo Ammannati (architect, sculptor and literate) donated the most precious work he owned, the model of a Dio Fluviale, a fluvial god, by Michelangelo, that Ammannati received as a gift from Granduke Cosimo himself: this would be a perfect model for the disciples to observe, study and copy. It was, and still is, a very precious and rare object. It was customary in those days for the artists to create these models using simple means with the intent to both assist them in the creation of the final work [in more expensive materials] and also to seek the approval of the customer by giving them an idea of the final results. In the “Vite” [Lives] by Vasari, we can find more precise information on this practice: these provisional models were made “with pieces of wood put together, bound with straws and ropes, covered with a mix of linen, paste and glue... they come out very light indeed, and very similar to marble” (Vasari 1568, 1906 edition, page 110). They were later destroyed or forgotten once their function was done. In Florence you will be able to find two more, in normal size, by Giambologna; however, their existence is exceptional. In our case, a major role to its survival was played by Michelangelo’s name associated to it and the fact that Ammannati gave it to the Accademia, which treasured it. It is also true that over time, it was somehow forgotten.

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It resurfaced in 1906 thanks to Adolf Gottschewski, a German scholar, who found some mention of it in the Medici inventories and who believed to have identified it with some items at the Museo del Bargello. He talked about it with his friend Adolf Von Hildebrand, a popular sculptor living in Florence, who informed him that the Dio Fluviale was in fact still in existence and could be found at the Accademia di Belle Arti. And there Gottschewski found it, although covered with dark paint, almost to simulate a bronze finish. Another young German scholar, Hans Geisenheimer, discovered in the Accademia delle Arti del Disegno’s archives some documents dating back to the 15th century recording its move from Ammannati’s home to the Accademia, including the payroll of the four stevedores. After the discovery, the work was given in custody to the nearby Galleria dell’Accademia, which by then gained the role of Michelangelo’s vault, hosting his David, the four Prigioni, the Pietà di Palestrina. In 1965, with the intention to re-launch Casa Buonarroti in Florence, which had been built at the start of the 17th century by Michelangelo’s nephew, called Michelangelo the Young, and which displays two famous works of his young years, the Madonna della Scala and the Battaglia dei Centauri (as well as a vast collection of original drawings), the Hungarian, now American, Charles de Tolnay, the most famous Michelangelo expert, was called to direct it. He wanted only original works, so he removed gypsum copies and gained two works: the wooden Crocifisso (cross) of Santo Spirito (then recently discovered and more recently returned to the Church) and ‘our’ Dio Fluviale from the Galleria dell’Accademia. At the end of 2017, the work was on display at the ‘Il Cinquecento a Firenze’ exhibition in Palazzo Strozzi; and afterwards was taken back to the Accademia delle Arti del Disegno, its historical owner, for the project that I will explain later. Why ‘fluvial god’? It stems from a type of sculptures very common in the ancient world, one of the most famous being by Fidia, coming from the Parthenon and now hosted at the British Museum in London. These gods were represented as old men, reclining, with an attribute such as a cornucopia, to symbolise of ‘start of life’: we know that all ancient civilisations started and developed by a river. In Ancient Rome, they were often used at the physical end of the aqueducts. Michelangelo was planning to have some of them at the foot of funeral monuments of the Dukes in the Sagrestia Nuova di San Lorenzo, where he worked at the start of the 16th century, and we know it through different


The model of a Dio Fluviale, by Michelangelo By Giorgio Bonsanti | Storico dell’Arte Segretario Generale dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze

documents dated between 1524 and 1526. There is also a wonderful drawing of a fluvial god by Michelangelo, where he briskly drew its shape inside the marble block. Scholars have been long debating about Michelangelo’s different projects for the Chapel, and the fluvial gods have been a part of that debate. The bottom line is that they were never realised: I like to think that Michelangelo himself decided not to add them as they would have considerably weighed down the funeral monuments of dukes Giuliano and Lorenzo. The model has come to us is a different position, with the god lying on his back, whereas the original was very likely, similarly to the other ones, reclining on his right side. This would explain why the legs are not finished: they do not appear as breakages occurred over the years, and instead more of an original unfinished act, because the legs would have ended inside the wall in front of which the statue would sit. Thanks to a recent integration in synthetic materials as part of the restoration project, it was possible to identify and figure out the possible effect that Michelangelo might have considered whilst planning the Sagrestia Nuova. Unfortunately the most recent restoration wasn’t able to identify the original position (which still remains hypothetical) due to some metal supports that were inserted in the model possibly during the 17th century, at the time when the current wooden base was also added. And it was possibly at that time that the model was painted in bronze colour, following a practice rather common at the time, as can be witnessed in many examples around Florence. The restoration (2016-2017) commenced thanks to the Opificio delle Pietre Dure in Florence, a special institution of the Ministero dei Beni Culturali. Carried out by Rosanna Moradei, and directed by me, in cooperation with Laura Speranza from the Opificio, it has been concluded by Mrs Moradei after her retirement thanks to the financial support of the Friends of Florence and its president Simonetta Brandolini d’Adda. After some initial tests and analysis, the restoration consisted in the consolidation of its surface, the revision of stuccoes and integrations, and specifically of the resurfacing of its original colouring that was making it ‘similar di marble’ (remember Vasari?). It was followed by a minimal paint work, mainly to reduce its gaps and reduce the abrasions; it was fundamental to maintain the basic aspect of the figure, as it doesn’t have to appear as finished work, because it never was. This Fluvial God, after its restoration, will be the centre of a new exhibition hall within the ground floor of Palazzo dei Beccai in Via Orsanmichele, the headquarter of the Accademia. It will be together with other very few works by artists related by Michelangelo: Francesco Granacci, the atelier Sangallo (with a beautiful cross) and Agostino di Duccio (the sculptor who commenced working on the marble block later used by Michelangelo for the David). The project belongs to P&M of David Parterer and Norberto Morandi, both teaching at the Accademia, thus brightening the future stemming from the glorious past of the Accademia, although Michelangelo’s times are far away.

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Art in Life vivere l’Arte

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Art in life

Cosa succ Dal Codice Leicester di Leonardo da Vinci ai murales di Banksy, la selezione di mostre da nord a sud dell’Italia è quanto mai ampia e variegata in questo numero. L’obiettivo è dare spunti a chi cerca stimoli culturali nelle belle città della Penisola, aldilà del loro fascino urbanistico e architettonico, partendo dalle grandi esposizioni da non perdere a quelle magari più di nicchia, ma foriere di grandi sorprese, in alcuni casi anche per le location in cui sono ospitate. A cura di Elena Azzola

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ede in Città

Padova | Gauguin e gli impressionisti A Palazzo Zabarella di Padova, fino al 27 gennaio 2019, sono di scena i tesori francesi del museo danese di Ordrupgaard: capolavori di Cézanne, Degas, Gauguin, Manet, Monet, Berthe Morisot, Renoir e Matisse. La Fondazione Bano e il Comune di Padova sono entrati, infatti, unici in Italia, nel pool di quattro grandi sedi mondiali, selezionate ad accogliere la celebre collezione danese, eccezionalmente disponibile

per il completo rinnovo del museo ad essa dedicato a nord di Copenaghen. La collezione, creata ai primi del Novecento dal banchiere, assicuratore, consigliere di stato e filantropo Wilhelm Hansen e da sua moglie Henny, è considerata una delle più belle raccolte europee di arte impressionista. Info: zabarella.it.

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Cosa succede in Città | A cura di Elena Azzola

Napoli | Escher: il genio e le influenze Fino al 22 aprile 2019 un approfondimento su Escher è atteso al PAN, Palazzo delle Arti Napoli. La mostra presenta, oltre alle opere dell’incisore e grafico olandese che visse a lungo in Italia, anche un’ampia sezione dedicata all’influenza che il suo lavoro e le sue creazioni hanno esercitato, dai dischi ai fumetti, dalla pubblicità al cinema: un percorso di 200 opere che parte da Escher per arrivare ai giorni nostri. Info: mostraescher.it.

Milano | Focus su Giuseppe Pellizza da Volpedo Nella città che ospita i suoi maggiori capolavori (Fiumana alla Pinacoteca di Brera e Quarto Stato al Museo del Novecento), Giuseppe Pellizza da Volpedo è protagonista, fino al 22 dicembre, alle Gallerie Maspes (via Manzoni 45) ed Enrico (via Senato 45), in occasione dei 150 anni dalla nascita. Si tratta della prima personale del pittore piemontese a Milano dopo un secolo (l’ultima era stata organizzata nel 1920 alla Galleria Pesaro): in mostra alcune fra le sue opere più famose, provenienti da collezioni sia pubbliche che private, in particolare relative al ventennio fra il 1887 e il 1907, dai ritratti e dalle nature morte del primo periodo ai bellissimi paesaggi dell’ultimo, passando per i celebri quadri di denuncia sociale, particolarmente cari all’autore. Info: galleriemaspes. com. 54


Firenze | La Abramović a Palazzo Strozzi Fino al 20 gennaio 2019 Palazzo Strozzi di Firenze ospita una retrospettiva su Marina Abramović, una delle personalità più celebri e controverse dell’arte contemporanea, che con le sue opere ha rivoluzionato l’idea stessa di performance, mettendo alla prova il proprio corpo, i suoi limiti e le sue potenzialità espressive. Video, fotografie, dipinti, oggetti, installazioni e la riesecuzione dal vivo

di sue celebri performance, per le quali è possibile consultare un apposito calendario, offrono una panoramica della carriera dell’artista, dagli anni Sessanta agli anni Duemila. L’esposizione, che nasce con la collaborazione diretta della Abramović, fa sì che Palazzo Strozzi prosegua, dopo Ai Weiwei e Bill Viola, la serie di mostre sui maggiori esponenti dell’arte contemporanea. Info: palazzostrozzi.org. 55


Cosa succede in Città | A cura di Elena Azzola

Roma | Pollock e la scuola di New York Anticonformismo, introspezione psicologica e sperimentazione sono le linee guida che accompagnano lo spettatore della mostra “Pollock e la Scuola di New York”, di stanza fino al 24 febbraio 2019 presso l’Ala Brasini del Vittoriano a Roma. Attraverso circa 50 capolavori (uno dei nuclei più preziosi della collezione del Whitney Museum di New York) - tra cui il celebre Number

27, la tela di Pollock lunga oltre tre metri, resa iconica dal magistrale equilibrio fra le pennellate di nero e la fusione dei colori più chiari -, il viaggio si dipana fra colori vividi, armonia delle forme, soggetti e rappresentazioni astratte, per dar conto dell’energia e del carattere di rottura dell’esperienza degli “Irascibili” nell’ambito dell’espressionismo astratto. Info: ilvittoriano.com.

Palermo | “Scrivere con la luce” La mostra “Scrivere con la luce”, fino al 9 gennaio 2019 nella Sala delle Armi e nella Sala delle Verifiche di Palazzo Chiaramonte Steri, sede del Rettorato dell’Università di Palermo, vuole raccontare come l’intuizione e la folgorazione della luce, attraverso i capolavori di grandi pittori, a partire da Caravaggio, abbiano improntato il processo creativo nella realizzazione delle scene di importanti film di grandi registi internazionali. In particolare, di Vittorio Storaro, vincitore di tre premi Oscar come direttore della fotografia di “Apocalypse Now”, diretto da Francis Ford Coppola, “Reds” di Warren Beatty e “L’ultimo imperatore” di Bernardo Bertolucci. La mostra è il risultato di cinquant’anni di ricerche sul linguaggio dell’immagine fotografica e cinematografica: rappresenta il substrato teorico per l’ideazione figurativa di tutti i film, a cui Storaro, recentemente insignito dall’Università di Palermo della Laurea Honoris Causa in “Scienze dello Spettacolo”, ha lavorato. 56


Milano| Achille Castiglioni, creatore di icone del design “A Castiglioni” è la mostra monografica che la Triennale di Milano dedica dal 6 ottobre 2018 al 20 gennaio 2019 al maestro del design italiano, nel centenario della nascita (1918-2002). Un percorso curato da Patricia Urquiola, che di Castiglioni è stata allieva (essendosi laureata con lui al Politecnico di Milano nel 1989) e forse in qualche modo erede (per la sua capacità di sorprendere attraverso il progetto), in collaborazione con Federica Sala. In primo piano la prolifica produzione di Castiglioni:

i tanti oggetti di design industriale (di cui 9 vincitori del Compasso d’Oro), gli allestimenti e i progetti di architettura. Materiale proveniente in larga parte dalla sua Fondazione (660 documenti cartacei, 165 modelli in scala e 86 oggetti), ma anche dall’archivio CSAC di Parma, dall’ADI e dai tanti archivi delle aziende, con le quali il designer ha creato numerose icone del design del Novecento: Flos, Zanotta, Alessi, Brionvega, Driade, B&B Italia e Kartell. Info: triennale.org. 57


Art in life

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Sebastian Herkner, il designer trentasettenne che negli ultimi dieci anni ha ricevuto circa trenta premi per il suo lavoro innovativo, con uno sguardo attento alla tradizione. Di Anna Caldera | Redattrice per il Design

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Il Design in Tavola | Di Anna Caldera

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Culture diverse, stili di vita e abilità alimentano l’ispirazione di Sebastian Herkner, il designer trentasettenne che negli ultimi dieci anni ha ricevuto circa trenta premi per il suo lavoro innovativo, con uno sguardo attento alla tradizione. E proprio dalla fondazione nel 2006 del suo studio nel sobborgo di Offenbach am Main a Francoforte, Sebastian si è concentrato senza sosta alla creazione di progetti e prodotti che fondono in maniera non accademica l’artigianalità e la creatività, rimanendo sempre attento alle nuove tecnologie. Un processo innovativo che non tralascia il percorso fondamentale del design: quello di ricostruire la purezza originale del rapporto tra forma e funzione, quasi una necessità mentale di riportare gli oggetti a quella che avrebbe dovuto essere la loro forma vera originaria. Un approccio che ben si manifesta ad esempio nel tavolo “Bell”, dove emerge il concetto dell’ispirazione aldilà del rapporto classico con l’oggetto. Un amore incondizionato per l’artigianato è il filo conduttore del suo percorso, ancor prima che il mondo del design in generale si accorgesse di questo importante legame e cavalcasse l’onda modaiola nella progettazione. Accostare materiali diversi è sempre una sfida perché le persone non sono abituate a vedere certe combinazioni e spesso sminuiscono un prodotto solo perché hanno la primordiale abitudine visiva ai materiali tradizionali. Infatti, proprio per il tavolo “Bell”, il cui piatto in acciaio e ottone si “accoccola” su una base di vetro soffiato a mano, ci sono voluti tre anni prima che vedesse la luce del giorno attraverso il brand ClassiCon. Eppure Sebastian non si è dato per vinto e ha continuato a cavalcare il confine tra tradizione e modernità nella convinzione di far rivivere le forme tradizionali di artigianalità, prima che si perdano per sempre, poiché parti integranti del nostro patrimonio culturale. Azzardare l’ipotesi che Sebastian Herkner sia vicino alla concezione dell’oratore romano Quintiliano in fatto di tradizione, non è poi una forzatura. Tutti e due, in epoche lontane anni luce una dall’altra, sono accomunati dalla convinzione che il termine tradizione indichi qualcosa che si diffonda per trasmissione e passando di mano in mano si replichi e si riproduca, apparentandosi da un lato e contrapponendosi dall’altro alla moda. A dimostrazione che spesso l’età, di anni Sebastian ne ha 37, ha poco valore di fronte a certe riflessioni che scaturiscono da un insaziabile appetito per le sfide. Formatosi alla Offenbach University di Arte e Design, ha progettato un po’ di tutto, dalle biciclette agli occhiali, fino alle bottiglie di profumo, facendo delle incursioni importanti nel mondo dell’interior. Sebastian è quel tipo di designer che ha fame di creare, tanto da farlo andare da Stella McCartney per uno stage sul colore, quello che oggi possiamo annoverare alla base del suo inconfondibile stile. Un tipo di particolare intreccio tra arte e design che regolarmente utilizza un mix di tecnologie avanzate, come possono essere ad esempio le macchine a controllo numerico per la fresatura, e processi tradizionali appartenenti ad un artigianato raffinato. Cosa che ad esempio è accaduta nella realizzazione della sedia “118” per Thonet, dove la piegatura a vapore del legno è stata affiancata da fresature di precisione fatte a macchina. Insomma, un irriducibile delle forze di quella tradizione che non si oppone all’avanzata del progresso. E Maison&Objet, la fiera parigina che ha sempre cercato di individuare e riconoscere i designer la cui originalità fosse indiscussa, per l’edizione del 2019 (che si terrà dal 18 al 22 gennaio nel “Parco delle espozioni”) conferirà nel corso della manifestazione, il premio a Sebastian come “designer dell’anno”. Un riconoscimento importante che giunge dopo un sorprendente percorso di continua ricerca tra forma artistica e curiosità, quella sana, infantile, che non si esaurirà facilmente, essendo destinato a rimanere ben impresso nelle pagine del Design, proprio quello con la D maiuscola. sebastianherkner.com


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Sebastian Herkner By Anna Caldera | Editor for the Design

Diverse cultures, lifestyles and ability nurture Sebastian Herkner’s inspiration. This 37 year old designer has, over the last 10 years, received over 30 awards for his innovative work. In 2006 he opened his studio in Offenbach am Main, Frankfurt. He creates design projects and products combining contemporary technology, craftsmanship and creativity . An innovative process which doesn’t ignore the importance of design: recreating the original relationship between form and function. This approach can be seen clearly in the”Bell” table where the concept of inspiration beyond the classical relationship with the object emerges. Unreserved appreciation for hand craftsmanship is the guiding principle of his work. Combining contrasting materials is always a challenge because people have preconceived ideas and don’t always appreciate innovative concepts.

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In fact the “Bell” table with a brass and steel tabletop nestled on a hand blown glass base, took over three years to be appreciated but this didn’t stop Sebastian from embracing the boundaries between traditional and modern , recreating the traditional forms which are an integral part of our cultural patrimony . To hazard a guess that Sebastian Herkner is close to the Roman orator Quintiliano’s concept of tradition, is not so much of a stretch. Both of them, though living in eras light years away from each other, share the conviction that the term tradition means something that must be passed down ,replicated and reproduced, akin to and opposite of fashion. It goes to show that age, Sebastian is 37, is of little significance where an insatiable appetite for new challenges is concerned. A graduate from the Offenbach University of Art and Design, he designed a little of everything, from bicycles to spectacles, even perfume bottles,

all the while taking important steps into the world of interior design. Sebastian is that type of designer who revels in creating, even spending a year as an intern with fashion designer Stella McCartney to learn more about colours, and his expert use of colours is one of the halmarks of his unmistakable style. A particular intertwining of art and design using a combination of modern technology, like numerically controlled milling machines and the traditional skills of an expert craftsman . As with the creation of the “118” chair for Thonet, where traditional steam wood bending and high tech precision milling are used side by side. An indomitable traditionalist who doesn’t oppose progress. During the 2019 edition of Maison&Object, the important trade fair for interior design in Paris, Sebastian Herkner will receive the “Designer of the Year” award in recognition of his astonishing career and his relentless quest for innovative yet traditionally crafted creations.

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Art expo

Turner Prize 2018

A Space for Socio Political Art

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Il Premio Turner fu fondato nel 1984 da un gruppo chiamato Mecenati della Nuova Arte. Questo premio viene consegnato ad artisti inglesi o artisti che lavorano principalmente in Inghilterra. Di Beatrice Taylor Searle | Corrispondente da Londra

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Turner Price 2018 | Di Beatrice Taylor Searle

Durante i suoi primi anni, l’evento finì coll’attrarre molte critiche in quanto metteva in buona luce artisti contemporanei, spesso considerati controversi. Tutto nasce dal fatto che il premio é intitolato a J.M.W. Turner, artista noto per aver creato nella sua epoca opere innovative e di rottura. Per i primi anni furono escluse le donne, sia come artiste che giudici, fino al 1997 dove furono chiamate ad esporre unicamente donne. Il premio si concentra sullo sviluppo dell’arte britannica e non i percorsi dei singoli artisti. Molti attendono con ansia questa mostra per ritrovarsi davanti un lavoro “scioccante” come Can also be seen as tradesman’s enterance di Anthea Hamilton o un lavoro iper-concettuale come Lights going On and Off di Martin Creed. Il pubblico vuole questo dall’arte contemporanea esposta al Premio Turner, richiede alti livelli di innovazione e concettualizzazione, ma quest’anno saranno scioccati dalla mera mancanza di tutto ciò. Le opere esposte quest’anno permettono una fruizione politica e sociale quasi interattiva e senza confini. Sembra che dopo anni di critica il premio Turner abbia scelto quattro artisti che danno allo spettatore l’opportunita di sentirsi parte del lavoro. I quattro artisti esposti sono Forensic Architecture, Naeem Mohaiemen, Charlotte Prodger e Luke Willis Thompson, i quali presentano quattro film, ognuno che racconta una moltitudine di storie contemporanee con grande varietà di linguaggi. Non è la prima volta che il Turner seleziona un collettivo più prossimo all’architettura che all’arte, nel 2015 Assemble a vincere il premio.

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Quest’anno l’opera di Forensic Architecture presenta un elevato valore sociale trasportando lo spettatore sulla scena di un crimine compiuto in un villaggio Beduino di Nagev/Naqab dove la polizia Israeliana ha provato a nascondere la morte di due civili. La selezione e esposizione di quest’opera è importante perché rafforza nello spettatore la percezione dell’arte non più come un oggetto ma come progetto e la consapevolezza che l’arte può essere prodotta anche da un collettivo artistico con più anime e punti di vista e non necessariamente da un singolo autore/artista. Inoltre è importante segnalare che entrambe i collettivi presentati e le loro opere si distanziano dalla produzione classica delle gallerie d’arte tradizionali esponendo e intendendo le loro opere per spazi vissuti dalla comunità. Il percorso del Turner quest’anno da l’opportunità allo spettatore di pensare e riconsiderare problemi contemporanei senza dover svelare strati di pensieri concettuali, che a volte rendono l’arte inaccessibile. Quest’arte è sociale per il messaggio che porta, ma soprattutto per il modo e la semplicità con cui lo racconta. Ci regala la possibilità di riconsiderare il sesso di una persona, il modo in cui le notizie vengono divulgate, le nostre idee sulla razza, così come il formarsi della nostra storia attraverso i ricordi. Il premio Tuner ha fatto un passo in avanti verso la società in cui viviamo: una mostra politica che parla a tutti. Speriamo che questo cambiamento sia largamente accolto nei prossimi anni per gettare una nuova luce sull’importanza e il significato dell’arte contemporanea per il largo pubblico. Del resto l’arte pretenziosa e indecifrabile all’osservatore non serve a nessuno.


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Turner Prize 2018 A Space for Socio Political Art The Turner prize was established in 1984 by a group called the Patrons of New Art. This prize is awarded to British artists or artists who are based primarily in the UK. By Beatrice Taylor Searle | Correspondent from London

During the initial years, this prize caused trouble since it was a way to praise up and coming art, often referred as controversial. This boils down to the prize being named after J.M.W. Turner known to be controversial and innovative for his time. Throughout the first years, women artists and judges had been excluded, until in 1997 only female artists were exhibited. The prize concentrates on the development of British art, and not necessarily on the lifetime achievements of an artist. Many look forward to the Turner prize awaiting for a piece of work to be “shocking” such as Anthea Hamilton’s “Can also be seen as tradesman’s entrance” or something overly conceptual such as Martin Creed’s Lights Going On and Off. Contemporary art in the general public’s view need to have either of these factors, but this year they would have been shocked by a lack of these elements. Walking through this year’s Turner Prize, we can look at art and think politically and socially. It feels that after years of criticism the Turner Prize has decided to shortlist four artists that allow the viewer to participate and feel part of the work. We are introduced to four films, each one telling us a variety of contemporary stories and each one having a different sculptural feel. The four shortlisted artist are: Forensic Architecture, Naeem Mohaiemen, Charlotte Prodger and Luke Willis Thompson.

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This is not the first time that the Turner prize nominates an architecture-like collective, in 2015 Assemble took the prize home. This year the most socially active piece is by Forensic Architecture which presents us an elaborate investigation on Bedouin communities of Nagev/Naqab. It takes us on site, where the police killed two Palestinians and tried to cover it up. This nomination is important as it shows the viewer that art isn’t merely just stuff, and that can be made by groups that don’t only include artists. It is also worth mentioning that both collectives take a step away from traditional art making for galleries, but instead for communities. The artwork presented to us this year allows the viewer to think and reconsider contemporary issues without having to unveil layers of conceptual thoughts that the artist has, which become inaccessible to the viewer. This art is social through the way it has an impact on the world, but also on the way the viewer will read it. It allows us to rethink gender, the way the news are distributed, race and the way we create our own histories through memories. The Turner Prize has shifted forward into our society, it is political and speaks to everyone. Hopefully we will see this shift continue throughout the next year’s exhibition to pour a new light on the general public’s meaning of British contemporary art. For art to be pretentious and undecipherable to the viewer’s eye is no use to anyone.


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Art expo

Italian in ITALIAN IN BERLIN Fino a Mercoledì 9 Gennaio 2019. Lo scopo della mostra é quello di mettere in evidenza le realtà artistiche di spicco del nostro Paese in un contesto come quello berlinese particolarmente sensibile ed aperto all’arte. Di Simone Pavan

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Berlin

Gianfranco Facco | Nell’opera “Vita” | 2016

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Italians in Berlin “Italians in Berlin” é un progetto espositivo che nasce e prende vita da pubblicazioni editi da Mondadori. Il successo a RAI DUE nella rubrica Eat Parade del primo volume, le innumerevoli presentazioni in tutta Italia, la partecipazione al Food&Book di Montecatini Terme, la presentazione al Salone Internazionale del Libro di Torino della seconda edizione, hanno dato la conferma del successo editoriale di queste pubblicazioni e hanno spinto l’editore a organizzare un’esposizione per valorizzare gli artisti stessi. Una esposizione di opere dedicata agli artisti dei volumi de “L’Arte in cucina”. L’idea di realizzare una collettiva di artisti selezionati tra i volumi scaturisce dalla stessa volontà di promuovere le eccellenze artistiche italiane che ha dato vita ai libri stessi. Seguendo il medesimo principio che ha voluto mettere in evidenza gli artisti immortalandoli sotto una luce diversa ed in una veste nuova ed inusuale, il progetto “Italians in Berlin” vuole fare un ulteriore passo verso l’internazionalizzazione di un progetto artistico in quella che oggi é la capitale europea dell’arte e della cultura. Scopo della mostra é quindi mettere in evidenza le realtà artistiche di spicco del nostro Paese in un contesto come quello berlinese particolarmente sensibile ed aperto all’arte. Il giorno dell’inaugurazione, sabato 24 Novembre, si terrà un vernissage particolarmente ricco di eventi ed iniziative tra cui la performance artistico-musicale del pittore Rudy Mascheretti e la partecipazione del giovane e già noto chef Jonathan Pardini - consulente in entrambe le edizioni de “L’Arte in Cucina”- che realizzerà una serie di piatti gourmet rigorosamente made in Italy, una deliziosa iniziativa che rafforza il legame tra il progetto “Italians in Berlin” e “L’Arte in Cucina”. Al party di inaugurazione saranno invitati i rappresentanti dell’Istituto italiano di cultura e del Consolato italiano a Berlino, oltre a manager, galleristi e appassionati di arte e cultura italiana. Curatore della mostra e relatore sarà Giammarco Puntelli, coadiuvato dal coordinamento editoriale de “L’Arte in Cucina”. Gli artisti avranno l’opportunità di far conoscere il proprio lavoro in una delle gallerie più belle della città, la “LACKE & FARBEN”, una grande vetrina in una delle strade più belle e meglio frequentate di Berlino, a due passi dalla porta di Brandeburgo.

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From Saturday, November 24th, 2018 to Wednesday, January 9th , 2019 Inauguration: Saturday, November 24th, 2018 at 17.30 “Italians in Berlin “ is an exhibition inspired by the series of books “Art in the kitchen” published by Mondadori. The success of the first volume on the TV programme Eat Parade on RaI 2 channel, the numerous presentations throughout Italy, the participation at the Food&Book fair in Montecatini Terme and the presentation at the International Book Fair in Turin all confirmed the success of this series of books and prompted the publisher to organise an exhibition to highlight the artist’s work. The aim of the exhibition is to promote Italian artistic excellence in an international venue like Berlin which is one of the European capitals of art and culture. The inauguration is Saturday, November 24th and will include artisticmusical -culinary events with the artist Rudy Mascheretti and the well known chef Jonathan Pardini who will prepare gourmet Italian dishes. Representatives from the Italian Cultural Institute and the Italian Consulate will be present as well as gallery owners, art dealers and Italian Art and Culture enthusiasts Gianmarco Puntelli is the speaker and curator of the exhibition assisted by the editorial coordinator of “Art in the kitchen “. The artists will have the opportunity to showcase their work in “LACKE&FARBEN”, one of the most beautiful galleries in Berlin , a prestigious location near the Brandenburg Gate.


Gianfranco Facco | Inner Self | 2017 | Olio su tela | 90x120cm

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Art expo

Arte e Magia Il fascino dell’esoterismo in Europa Rovigo, Palazzo Roverella Fino al 27 Gennaio Di Beunida Melissa Shani | Redattrice

“Arte e Magia: il fascino dell’esoterismo in Europa”, un titolo evocativo e mistico che riesce a donare una chiara immagine della mostra attualmente esposta a Palazzo Roverella. Un percorso di indagine proteso alla scoperta dei rapporti tra le correnti esoteriche presenti tra il 1860 e gli anni susseguenti la prima guerra mondiale. Un intreccio speciale tra il pensiero magico irrazionalista e la sua capacità di farsi spazio tra le arti figurative nel fin de siècle. Le sale di Palazzo Roverella danno luce al movimento simbolista con una grazia atipica e profonda, la mostra riesce a sottolineare come l’occultismo - vissuto con serietà scientifica- sia stato un luogo culturale fondamentale per poter dar vita ad un esteso mosaico di raffigurazioni, sculture e grafiche degne di nota. Il matrimonio mistico tra occultismo e simbolismo ha permesso all’artista di vivere una Perdita malinconica tra le strade di mondi fantastici, oscuri, misterici, artisti perennemente tentati da forme di bellezze perverse e oscure demonoloatrie. I Paesi che più apprezzarono queste inclinazioni furono la Francia e il Belgio, dove si registrò spesso un incrocio tra arti figurative e letterature dedicate all’occultismo. All’epoca la moda esoterica fu talmente gradita che in poco tempo il volume di Alfred Schurè “I grandi iniziati” divenne una sorta di Bibbia per gli aspiranti discepoli della nuova dottrina. La mostra inizia con Arpocrate che ricorda il cosiddetto “segno iniziatico” cioè il dovere di silenzio: il gesto evocativo della mano o del dito posto davanti la bocca è magistralmente illustrato da opere di Hawkins, Boleslas Biegas, Pierre Fix Masseau. 74

Il percorso si muove poi verso l’indagine dell’architettura esoterica, soffermandosi sul concetto estetico di tempio e di altare con attenzione critica alle allusioni simboliche spesso nascoste tra un’architrave e l’altra. La parte più oscura - in senso animico- della mostra è rappresentata dall’esposizione di quegli autori che si sono dedicati allo studio degli archetipi dell’inconscio collettivo, temi cari alla psicologia alchemica di Carl Gustav Jung. Mi riferisco alle opere di Johannes Itten, Marcel Duchamp e Julius Evola. La dottrina spiritistica a fine ottocento prende forme sempre più intense tanto da divenire anche oggetto di raffigurazioni figurative, una sala della mostra, interamente dipinta di un rosso fuoco ed accesso, presenta non solo un tavolo per sedute spiritiche ma anche due dipinti inquietanti ed inquieti che accolgono lo spettatore in una dimensione dove il tempo sembra divorare lo spazio. Una saletta dalle forti energie, indefinita ed indefinibile. Altro punto degno di nota dell’esposizione è il manifesto originale dei Rosa Croce, emblema del cosiddetto Rinascimento Occultista al quale aderirono grandi nomi del giornalismo, della letteratura e della musica come Erik Satie. Un tragitto composto di undici sezioni, ognuna avente un suo specifico significato, ognuna con un segreto da svelare e tutelare, al contempo. La mostra a Palazzo Roverella non solo si conferma uno prezioso scrigno di bellezza ma anche un luogo magico, pieno di luce in grado di svegliare le coscienze collettive riguardo temi dimenticati eppure incredibilmente intensi, vivi.


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Sold at $ 450.3 mil.

Christie's 2017

Leonardo da Vinci Salvator Mundi | 1499 circa Olio su tavola / Oil on wood | cm 65,6x45,4 76


Art Expo Musei, mostre, eventi

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Art Expo

Carlo Carrà | Palazzo Reale Milano Carrà | Milano | Fino al 3 febbraio 2019

Carlo Carrà | Gentiluomo Ubriaco | 1916 | Olio su tela | 60x45 cm

A trent’anni dall’ultima rassegna dedicatagli a Palazzo Reale, la mostra ripercorre l’intero percorso artistico del Maestro attraverso le sue opere più significative. Dalle prove divisioniste ai grandi capolavori che ne fanno uno dei maggiori esponenti del Futurismo e della Metafisica, ai 78

dipinti ascrivibili ai ‘valori plastici’, ai paesaggi e alle nature morte che attestano il suo ritorno alla realtà dagli anni Venti, non senza trascurare le grandi composizioni di figura risalenti agli anni Trenta.


Pablo Picasso | Palazzo Reale Milano Metamorfosi | Milano | Fino al 17 febbraio 2019

La mostra Picasso Metamorfosi in programma dal 18 ottobre a Palazzo Reale segna la stagione autunnale milanese: dedicata al rapporto multiforme e fecondo che il genio spagnolo ha sviluppato, per tutta la sua straordinaria carriera, con il mito e l’antichità , si propone di

esplorare da questa particolare prospettiva il suo intenso e complesso processo creativo. 79


Art Expo

Paul Klee | Mudec Klee | Milano | Fino al 3 marzo 2019

Paul Klee, un grande artista tedesco in una prospettiva inedita, l’opera nel fermento primitivista di ritorno alle origini che caratterizzò l’Europa agli inizi del XX secolo. In un mondo in cui la modernità sembrava diventare sempre più incalzante, veloce, quotidiana e anche inquietante, si fece largo nella cultura europea l’idea che il ritorno ad uno stile di vita primordiale 80

potesse rappresentare una salvezza per l’anima e per la cultura umana, in una convinzione diffusa che non mancò di condizionare larga parte delle avanguardie storiche. Da Paul Gauguin a Jean- Jacques Rosseau, considerati i precursori del Primitivismo, da Picasso a Carlo Carrà, da Modigliani a Klee, temi quali il recupero di valori, la spontaneità e l’ingenuità entrano a far parte della produzione artistica.


Antonn Van Dick | Galleria Sabauda Pittore di Corte | Torino | Dal 16 novembre 2018 al 3 marzo 2019

Antoon Van Dyck (1599-1641), il miglior allievo di Pieter Paul Rubens, rivoluzionò l’arte del ritratto del Seicento. La mostra “Van Dyck. Pittore di corte” vuol fare emergere l’esclusiva relazione che il pittore ebbe con le corti più importanti, italiane ed europee, per le quali dipinse innumerevoli ritratti, capolavori unici per elaborazione, qualità cromatica, eleganza e dovizia nella riproduzione soddisfacendo le esigenze di rappresentazione delle classi regnanti.

Personaggio di fama internazionale e amabile conversatore dallo stile ricercato, Antoon Van Dyck fu pittore ufficiale di alcune delle più grandi corti d’Europa ritraendo nelle sue opere principi, regine, gentiluomini e nobildonne delle più prestigiose famiglie della nobiltà dell’epoca dagli aristocratici genovesi ai reali di Torino passando per altre importanti casate europee. 81


Art Expo

Leonardo da Vinci | Uffizi Firenze Codice Leicester | Firenze | Fino al 20 gennaio 2019

Il Codice Leicester di Leonardo da Vinci a Firenze sarà un’anteprima di assoluta grandezza delle celebrazioni leonardiane che si svolgeranno in tutto il mondo nel 2019 in occasione dei 500 anni della morte. Lo presta in mostra alla città il suo proprietario, Bill Gates, che lo ha acquistato da Armand Hammer nel 1994, e sarà esposto agli Uffizi dal 29 ottobre 2018 al 20 gennaio 2019. Sarà davvero un evento eccezionale perché consentirà di vedere una delle opere più importanti del Maestro con le conoscenze e le sensibilità che oggi abbiamo maturato verso i temi dell’acqua e dell’ambiente. Un’opera fitta di geniali annotazioni e di straordinari disegni di Leonardo tra il 1504 e il 1508, anni per lui di intensa attività artistica e scientifica. Era infatti il periodo nel quale effettuava gli studi di anatomia nell’Ospedale di Santa Maria 82

Nuova, cercava di far volare l’uomo, era impegnato nell’impresa, poi non condotta a termine, della pittura murale raffigurante la Battaglia di Anghiari a Palazzo Vecchio e studiava soluzioni avveniristiche per rendere l’Arno navigabile. I 72 fogli del Codice saranno collocati nell’Aula Magliabechiana degli Uffizi. Grazie ad un innovativo sussidio multimediale, il Codescope, il visitatore potrà sfogliare i singoli fogli sugli schermi digitali, accedere alla trascrizione dei testi, e ricevere molteplici informazioni sui temi trattati. Saranno esposti anche alcuni spettacolari disegni originali di Leonardo, prestati da prestigiose istituzioni italiane e straniere, realizzati in quegli stessi anni, una stagione davvero ‘magica’ della storia di Firenze.


Marc Chagall | Palazzo Mazzetti Asti Colore e Magia | Asti | Fino al 3 febbraio 2019

Il mondo poetico e visionario di Marc Chagall, presentato in un percorso che indaga aspetti inediti della sua vita e della poetica, attraverso una selezione di opere presentate raramente al pubblico provenienti da importanti e inaccessibili collezione private. Si potranno vedere opere di varie epoche: dai primi lavori degli anni ’20 alla fuga dall’Europa durante la seconda guerra mondiale fino agli ultimi anni. Tra i lavori in esposizione le tavole dedicate all’Antico Testamento e alle favole di La Fontaine. Il suo è un mondo intriso di stupore e meraviglia. Opere in cui coesistono ricordi d’infanzia, fiabe, poesia, religione e guerra. Un universo di sogni dai colori vivaci, ricchi di sfumature che danno vita a paesaggi popolati da personaggi, reali o immaginari. 83


Art Expo

Maurits Cornelis Escher | PAN Escher | Palazzo delle Arti di Napoli | Fino al 22 aprile 2019

Palazzo delle Arti di Napoli ospiterà la grande retrospettiva di Maurits Cornelis Escher, l’incisore e grafico olandese conosciuto per le sue incisioni su legno, litografie e mezzetinte che tendono a presentare costruzioni impossibili, esplorazioni dell’infinito, tassellature del piano e dello spazio e motivi a geometrie interconnesse che cambiano gradualmente in forme via via differenti. 84

La mostra presenterà oltre alle opere del visionario genio, amatissimo dal pubblico, anche un’ampia sezione dedicata all’influenza che il suo lavoro e le sue creazioni esercitarono sulle generazioni successive, dai dischi ai fumetti, dalla pubblicità al cinema: un percorso di 200 opere che parte da Escher per arrivare ai giorni nostri.


Andy Warhol | Vittoriano di Roma Warhol | Roma | Fino al 3 febbraio 2019

Negli spazi del Complesso del Vittoriano - Ala Brasini, un’esposizione interamente dedicata al mito di Warhol, realizzata in occasione del novantesimo anniversario della sua nascita. L’esposizione, con le sue oltre 170 opere, vuole riassumere l’incredibile vita di un personaggio che ha cambiato per sempre i connotati non

solo del mondo dell’arte ma anche della musica, del cinema e della moda, tracciando un percorso nuovo e originale che ha stravolto in maniera radicale qualunque definizione estetica precedente.

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Art Expo

Freiheit (Libertà) | 1918 - 1935 Berlinische Galerie | Berlin L’arte del gruppo di novembre | Berlino | Fino al 11 marzo 2019

Nel tumulto rivoluzionario del 1918 pittori, scultori e architetti a Berlino fondarono il gruppo di novembre come “Unione di artisti visivi radicali”. Il loro obiettivo era “il più vicino mix di persone e arte”. Fino al 1932 il gruppo presentava circa 3.000 opere di oltre 470 artisti, molti dei quali erano modernisti classici, ma anche artisti che stanno ancora aspettando di essere riscoperti. Dopo il crollo del Kaiserreich, i membri del gruppo di novembre erano convinti che la loro arte potesse aiutarli a costruire una società democratica ea formare un nuovo essere umano. Aperti a tutti gli stili, dal cubismo, dal futurismo e dall’espressionismo a Dada fino all’astrazione e alla nuova oggettività, hanno sfidato le abitudini di 86

visualizzazione. Questo atteggiamento liberale nei confronti delle diverse posizioni artistiche corrispondeva ai principi democratici della giovane repubblica, il cui declino era accompagnato dalla fine del gruppo di novembre. La mostra presenta circa 120 mostre, tutte esposte nelle mostre del gruppo di novembre. Trasmette una nuova prospettiva sull’arte d’avanguardia durante la Repubblica di Weimar e sul suo contenuto sociale e utopico.


Pinault Collection | Venezia Dancing With Myself Punta della Dogana | Venezia Fino al 16 dicembre 2018

Albert OehlenCOWS BY THE WATER Palazzo Grassi | Venezia Fino al 6 gennaio 2019

“Dancing with Myself” mostra collettiva, indaga l’importanza primordiale della rappresentazione di sé nella produzione artistica dagli anni ’70 a oggi e del ruolo dell’artista come protagonista e come oggetto stesso dell’opera. Attraverso un’ampia varietà di pratiche artistiche e linguaggi (fotografia, video, pittura, scultura, installazioni…), di culture e provenienza, di generazioni ed esperienze, la mostra mette in luce il contrasto tra attitudini differenti: la malinconia e la vanità, il gioco ironico dell’identità e l’autobiografia politica, la riflessione esistenziale e il corpo come scultura, effigie o frammento, e la sua rappresentazione simbolica.

La mostra traccia un percorso lungo la produzione di Albert Oelhen attraverso una selezione di oltre 80 opere, dalle più note a quelle meno conosciute, realizzate dagli anni ‘80 ad oggi e provenienti dalla Pinault Collection e da importanti collezioni private e musei internazionali. Un allestimento inedito, non cronologico ma organizzato secondo diversi generi e periodi, sottolineando così il ruolo centrale della musica nella produzione dell’artista, metafora del suo metodo di lavoro dove contaminazione e ritmo, improvvisazione e ripetizione, densità e armonia dei suoni diventano gesti pittorici. Albert Oehlen si afferma come uno dei protagonisti del contemporaneo grazie alla continua evoluzione nel superamento dei limiti formali. 87


Art Expo

Pablo Picasso Musée D’Orsay Paris Bleu et Rose | Parigi | Fino al 6 gennaio 2019 Il museo d’Orsay e il Museo nazionale Picasso-Paris organizzano un evento d’eccezione dedicato ai periodi blu e rosa di Pablo Picasso. Questa mostra è la prima collaborazione di grande portata tra i due musei. Da un lato, riunisce dei capolavori dall’altro propone una rinnovata lettura degli anni 1900-1906, periodo cruciale della carriera dell’artista che nessun museo francese aveva finora trattato nel suo insieme. La presentazione di questa mostra al Musée d’Orsay dimostra il desiderio di includere il giovane Picasso nel suo tempo e riconsiderare la sua opera sotto il prisma della sua appartenenza al XIX secolo. La mostra riunisce un cospicuo numero di dipinti e di disegni e aspira a presentare in modo esaustivo le sculture e le incisioni realizzate dall’artista tra il 1900 e il 1906.

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Andrea Mantegna e Giovanni Bellini The National Gallery Mantegna e Bellini | Museum of modern and contemporary art of London Fino al 27 gennaio 2019

Una storia di due artisti e cognati, “Mantegna e Bellini” racconta una storia di arte, famiglia, rivalità e personalità. La geniale innovazione compositiva di Andrea Mantegna e i paesaggi naturali e atmosferici di Giovanni Bellini erano rivoluzionari: nessuno aveva mai visto niente del genere. Seguendo le rispettive carriere a Padova e Venezia, e la fama di Mantegna come pittore di corte della

potente famiglia Gonzaga nella vicina Mantova, “Mantegna e Bellini” è la prima mostra in assoluto per esplorare i legami creativi tra questi artisti. È un’opportunità irripetibile di vedere a Londra prestiti rari di dipinti e disegni provenienti da tutto il mondo da due degli artisti più influenti del Rinascimento. 89


Sold at GBP 5.303.500

Christie's 2018

Antonio Canova Bust of Peace | 1814 Marmo Bianco / White Marble | cm 53

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Art Trade Mercato dell’Arte

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Art trade

Moda&A Quale tutela per la moda in Italia? La creazione di collezioni di alta moda e prêt-à-porter, è frutto di un costante lavoro di ricerca e quindi deve essere tutalata.

Lavinia Savini, avvocato partner dello studio legale IDEALex, esperto di diritto del mercato dell’arte e proprietà intellettuale Attorney at law partner at IDEALex law firm, expert in intellectual property and art market law.

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Arte

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Moda & Arte | Di Lavinia Savini

La moda può essere considerata come lo specchio della società, scenario di incessanti e radicali mutamenti sociali, politici, economici, tecnologici e culturali. La produzione delle collezioni di alta moda e prêt-à-porter è stata notevolmente condizionata anche dal progresso della tecnica che ha condotto gli stilisti sulla via di una sperimentazione sempre più azzardata, consistente nell’adozione di nuovi stili e nell’utilizzo di materiali innovativi. In tal modo ogni singolo capo di abbigliamento è qualcosa di altamente esclusivo, frutto di un costante lavoro di ricerca, e la creazione di moda diviene sempre più simile e assimilabile a una qualunque altra opera d’arte. In passato non sono mancati, inoltre, casi di importanti nomi come G. Klimt, S. Delaunay, R. Dufy che hanno collaborato con grandi maisons alla creazione di tessuti e modelli. Proprio per tale motivo, si è costantemente sviluppato negli anni un vero e proprio fenomeno di musealizzazione della moda, che negli ultimi tempi sta raggiungendo il suo apice. L’imprescindibile rapporto tra arte e moda sembra essere confermato anche dall’idea di moda come spettacolo performativo ove le creazioni di moda vengono sempre più frequentemente ritenute espressione della personalità e dell’estro creativo dello stilista, parimenti a qualunque altra opera dell’ingegno. Sorge spontaneo chiedersi quale tipo di riconoscimento giuridico e tutela abbiano le creazioni di moda nel nostro ordinamento, in considerazione anche del fatto che costituiscono sempre di più una delle massime espressioni dell’eccellenza italiana nel mondo. Ad oggi le creazioni di moda sono state solitamente tutelate attraverso la normativa di diritto industriale come “disegni o modelli”, ai sensi del Codice della Proprietà Industriale, di cui al d.lgs 10 febbraio 2005 n.30. Secondo tale normativa è possibile ottenere la tutela mediante la registrazione presso gli uffici competenti di un disegno, nel caso di opera bidimensionale (come una stampa o una fantasia da utilizzare per borse, foulard, ecc.), o di un modello, nel caso di opera tridimensionale (si pensi ad un modello di pantaloni, di giacca, ecc.). Condizione imprescindibile ai fini della registrazione è la presenza dei requisiti di novità e di carattere individuale delle singole creazioni, così come qualificati agli artt. 31 e ss. del Codice della Proprietà Industriale. La tutela di diritto industriale, laddove si sia proceduto al deposito come disegno o modello, è limitata a una durata massima di 25 anni dalla data del primo deposito. È importante rilevare che a norma dell’art. 11 del Regolamento CE n. 6/2002, disegni e modelli non registrati che presentino i requisiti di novità e di carattere individuale sono automaticamente soggetti a una tutela di fatto, valevole tre anni a partire dalla data della prima divulgazione in tutto il territorio comunitario, senza che sia necessario procedere ad una preventiva registrazione presso gli uffici competenti. Tale importante forma di tutela di fatto è stata introdotta proprio al fine di assecondare l’esigenza sempre maggiore delle industrie della moda di rinnovare frequentemente le collezioni e la conseguente necessità di doverle tutelare per periodi molto limitati nel tempo che, di fatto, non rende economicamente conveniente effettuare i depositi presso gli uffici competenti. Di contro in Italia è stata, incomprensibilmente, poco utilizzata per le creazioni di moda la tutela di diritto d’autore, di cui alla Legge sul Diritto d’Autore, Legge n. 633 del 22 aprile 1941. Tutela certamente preferibile, sia per la maggiore durata temporale sia perché non necessita di particolari formalità. Questa legge riconosce agli autori di opere dell’ingegno, nonché ai

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rispettivi eredi, diritti patrimoniali e diritti morali d’autore sulle opere create. I diritti patrimoniali, previsti e disciplinati dalla Sezione I “Protezione dell’utilizzazione economica dell’opera” del Capo III l.d.a. (artt. 12 e ss.), hanno per oggetto lo sfruttamento economico dell’opera in ogni modo e forma, sono trasmissibili a terzi e sono tutelabili per un arco temporale pari alla durata della vita dell’autore e per i settant’anni successivi alla sua morte. I diritti morali d’autore sono, invece, espressamente riconosciuti dalla alla Sezione II “Protezione dei diritti sull’opera a difesa della personalità dell’autore” del Capo III l.d.a. (artt. 20 e ss.). Essi appartengono all’autore indipendentemente dal fatto che l’opera di riferimento sia stata oggetto di cessione. Trattasi di diritti imprescrittibili, inalienabili ed irrinunciabili, tra i quali vi è il diritto di rivendicare la paternità della propria opera e il diritto di opporsi a qualsiasi sua deformazione, mutilazione o altra modificazione e ad ogni atto, a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio all’onore ed alla reputazione dell’autore. L’art. 23 l.d.a. prevede che dopo la morte dell’autore i diritti morali possano essere fatti valere senza limiti di tempo esclusivamente dai soggetti ivi indicati. Prima di valutare la possibilità di qualificare le creazioni di moda quali opere dell’ingegno è, però, opportuno premettere che la giurisprudenza in materia è scarsissima e che la stessa dottrina se ne è di rado interessata, questo nonostante l’importanza nevralgica del comparto moda per l’economia e l’immagine del nostro paese. L’elencazione delle opere dell’ingegno tutelate dall’ordinamento è contenuta all’art. 2 della l.d.a. che non contiene, però, un’espressa previsione relativa alle creazioni di moda. Questo a differenza di ordinamenti come quello francese, ove è espressamente riconosciuta la tutela di diritto d’autore per le creazioni di moda all’art 112-2 del Code de la propriété intellectuelle (ove vi è un elenco dettagliatissimo: «Sont considérés notamment comme ouvres de l’esprit au sens du présent Code: 14° les créations des industries saisonnières de l’habillement et de la parure Sont réputées industries saisonnières de l’habillement et de la parure les industries qui, en raison des exigences de la mode, ronouvellent fréquemment la forme de leurs produits, et notamment la couture, la fourrure, la lingerie, la broderie », la mode, le chaussure, la ganterie, la maroquinerie, la fabrique du tissus de haute nouveauté ou spéciaux à la haute couture, les productions des paruries et des bottiers et le fabriques de tissus d’ameublement”). L’art. 2 l.d.a. sopra citato contiene un’elencazione meramente esemplificativa e l’assenza di ogni riferimento alla moda non deve far pensare a un’esclusione dalla categoria delle opere tutelate. È da rilevare come le opere dell’ingegno per poter fruire della tutela autoristica debbano possedere un carattere creativo, da intendersi però come creatività semplice, anche meramente rappresentativa di idee o di nozioni di pubblico dominio. Per quanto concerne la tutela dei capi di moda sotto l’egida della l.d.a., i diritti patrimoniali che potrebbero essere oggetto di violazione nel particolare caso di una riproduzione dei capi non autorizzata, sono il diritto di riproduzione e il diritto di pubblica esposizione delle opere dell’ingegno (artt. 12 e 13 l.d.a.) o, in aggiunta, il diritto di elaborazione dell’opera (artt. 4 e 18 l.d.a.). L’estensione della tutela del diritto d’autore alle creazioni di moda quali modelli tridimensionali è stata in passato sostenuta dalla dottrina, e confermata dalle rare pronunce giurisprudenziali, tramite una riconduzione delle creazioni di moda nel novero delle “opere delle arti applicate all’industria” di cui all’art. 2 n. 4 l.d.a..


Tale classificazione era, tuttavia, applicabile soltanto ai casi in cui fosse stato possibile scindere il valore artistico delle creazioni dal carattere industriale del prodotto, criterio di fatto assai difficilmente adattabile alle creazioni di moda. Con il d.lgs. 95/2001 (di attuazione della Direttiva 98/71/CE) è stata modificata la legge sul diritto d’autore introducendo tra le opere protette dall’art. 2 n. 10 l.d.a. “le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico”. Pertanto è stata formalmente riconosciuta una tutela di diritto d’autore anche all’industrial design avente non solo carattere creativo ma anche valore artistico. La scarsa giurisprudenza e la dottrina successiva a tale modifica legislativa hanno cercato di applicare tali criteri, in via analogica, anche alle creazioni di moda per cercare di tutelarle attraverso il diritto d’autore. A conferma di tale nuovo orientamento nel luglio del 2016 la Sezione Specializzata in materia d’Impresa del Tribunale di Milano ha emanato un’importante sentenza (n. 8628/2016) con la quale è stata espressamente riconosciuta la tutela di diritto d’autore alle creazioni di moda - nella fattispecie si trattava di un accessorio, gli stivali Moon Boots della Tecnica Group s.p.a. - attraverso l’applicazione analogica dell’art 2 n. 10 della l.d.a.. I giudici milanesi, nel riconoscere ai doposci Moon Boots carattere creativo e valore artistico, requisiti necessari ai fini di una tutela ai sensi della sopra richiamata normativa sul diritto d’autore, hanno categoricamente escluso che il carattere industriale del prodotto

ne potesse impedire un apprezzamento anche da un punto di vista estetico. Inoltre, hanno affermato che l’aspetto estetico della calzatura, nonché la sua capacità rappresentativa ed evocativa, sono dotati di una valenza di notevole impatto non soltanto in relazione al settore merceologico di appartenenza, alla stregua di un qualsiasi altro oggetto di design largamente apprezzato dal pubblico. Per quanto riguarda invece le creazioni bidimensionali di moda aventi carattere creativo - quali disegni e fantasie – ne è stata sempre riconosciuta sia dalla giurisprudenza che dalla dottrina la tutelabilità attraverso il diritto d’autore. Questo perché anche quando era vigente il requisito della scindibilità del valore artistico rispetto al prodotto industriale suddetta scindibilità era facilmente ravvisabile nei disegni applicati alla moda. Anche di recente in giurisprudenza è stata ribadita la possibilità di tutelare col diritto d’autore i disegni applicati alla moda quale opera dell’arte del disegno, ai sensi dell’art. 2 n.4 l.d.a.: nella fattispecie si trattava di un disegno di Ken Scott denominato China Gold che era stato riprodotto e commercializzato su abiti di Dolce & Gabbana. Conclusivamente è auspicabile che anche in Italia si comprenda la necessità di valorizzare le creazioni di moda, quale eccellenza italiana nel mondo, attraverso il loro espresso riconoscimento quali opere dell’ingegno, come avviene nell’ordinamento francese. È necessario, però, che siano gli stessi stakeholder del settore a sensibilizzare l’opinione pubblica, e conseguentemente il legislatore, sulla necessità di riconoscere alle proprie creazioni tale qualifica al pari delle altre arti.

Disegni di Sonia Delaunay, pittrice e stilista francese di origine ucraina, 1885-1979.

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How to protect MADE IN ITALY fashion? Lavinia Savini, Attorney at law partner at IDEALex law firm, expert in intellectual property and art market law.

Fashion can be considered a reflection of society, the scenario of continuous and radical social, political, economical, technological and cultural changes. The production of both ‘haute couture’ and ‘ready-to-wear’ collections has been highly influenced by technological innovation, thus leading designers to experiment more daringly, adopting new styles and using innovative materials. Therefore, every garment is highly exclusive, the result of tireless research, so that fashion creations can be compared to a work of art. Furthermore, in the past, important names in the world of the arts, such as Klimt, Delaunay and Dufy, have collaborated with some big ‘maisons’ to create fabrics and models. Over the years we have seen the phenomenon of the ‘museumification’ of fashion, reaching its apex in more recent times. The connection between fashion and art appears to be getting stronger by the view of fashion as a performing art, where its creations are more and more often considered an expression of the designer’s creativity, equally to any other work of art. It is therefore interesting to understand what kind of protection the law in Italy is giving to fashion, also in light of the role fashion plays as the expression of one of Italy’s excellences. Up until now, fashion creations have been protected by the 2005 legislation on industrial designs and models, which gives the possibility to register a design (in the case of a bi-dimensional work such a print, a pattern, a fabric etc.) or a model (in the case of a tridimensional work such as trousers, jackets, etc.). The aspect of novelty and uniqueness of the work must be as detailed on the Code for Industrial Property. The patent, and its protection, last 25 years from its registration. It is also important to note that by an EU regulation of 2002, designs and models, although not registered, however with the requisites of novelty and uniqueness, are still protected for 3 years from the date of their first distribution in the EU territory. This very important regulation has been designed to ward the need of the fashion industry to come up with increasingly frequent collections and being able to protect the collections for a limited time period without having to go through the lengthy process of the patent registration. Strangely enough, in Italy, the copyright for fashion creations has been seldom used, although granted by a 1941 act, which requires very little formalities for its application and provides a very long term coverage: the act recognises to the authors, and also to their heirs, patrimonial and moral rights over the copyright on their works. The patrimonial rights refer to the economical exploitation of the work, it can be transferred to third parties and have a duration of the life span of the author plus another 70 years after the death. The moral rights instead belong unequivocally to

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the author, even when the work in question has been sold or handed over to a third party, and include the possibility for the author to oppose to any deformation, mutilation or modification of the work if this damages the reputation of the author. Having said that, and before considering the possibility of including fashion work as a work of ingenuity, it is important to note that the jurisprudence on this topic is very scarce and that the topic itself has been seldom worked on, despite the key role played by the fashion industry in Italy’s economy. The list of what is considered work of ingenuity is included in the act, and although it merely lists examples, it doesn’t specifically mention fashion creations, contrary to the legislation in other countries, such as France for instance. It is worth mentioning that for works of ingenuity to be granted copyright, they must have a creative characteristic, although simple, even if merely representing ideas and notion of public domain. As far as the protection of fashion works under the legislation, we can refer to the ‘right of reproduction’ and the ‘right of public exhibition’, or even to the ‘right of elaboration’ of the work. The coverage of copyright law to the work of fashion (considered as tridimensional models) has in the past been stretched by the legislator through an inclusion of the work of fashion as ‘work of art applied to the industry’. However this classification has been applied only on those cases where it was possible to separate the artistic value of the creation from its industrial characteristics, which turns out to be very difficult for a fashion creation. With a 2001 modification to the copyright law, ‘the works of industrial design that present a creative characteristic and an artistic value’ have been included. The scarse jurisprudence and the doctrine following this change have tried to apply these new criteria also to fashion creations with the intention to ward their copyright. To confirm this new orientation, in 2016 the Tribunal of Milan has decreed that the after-sky boots Moon Boots, by Tecnica Group s.p.a., actually fit the copyright criteria mentioned above and that their industrial characteristics weren’t preventing them from being appreciated aesthetically. Furthermore they established that their shape, together with their evocative abilities, had to be valued as any other design object, and not only within its commercial bracket. In a nutshell, also Italy, similarly to what France has done, needs to understand the importance of valuing fashion creations by recognising them as works of ingenuity, and a lot of work needs to be done by the stakeholders to influence the public opinion, and thus the legislator, to recognise fashion creations as works of art.


Gustav Klimt | Ritratto di Adele Bloch-Bauer | 197 | olio su tela | 138x138cm | New York, Neue Galerie

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Art trade

Sotheby’s Milano - 50 anni in Italia Dal 1744, Sotheby’s mette in relazione direttori di museo, mercanti, operatori e collezionisti e oggi opera in 40 paesi del mondo dalle sue 90 sedi. Nel 1968 inaugura a Firenze a Palazzo Capponi la sede italiana che compie quest’anno 50 anni di attività.

Giambattista Tiepolo | 1724 | Olio su tela | 250x520 cm | Ulisse scopre Achille tra le figlie di Licomede Nella pagina a destra: Giorgio de Chirico | Le muse inquietanti | 1916-1918 | colore ad olio | 97x66 cm

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Art trade

Sotheby’s Milano Asta del 18-19 aprile. 100% sold e record Italiano per un’opera di Fontana

Arnaldo Pomodoro | Sfera con Sfera | 1995/97 | Bronzo

L’asta serale di Sotheby’s Milano improntata ad una ricca selezione di opere di Fontana in vista della grande mostra newyorkese, presentava 14 opere, vendute al 100%, che le curatrici dell’asta Beatrice Botta e Marta Giani hanno selezionato cercando di offrire ai collezionisti quasi tutte le tecniche usate dal poliedrico artista milanese, e dunque, tagli, oli, gessi e stucchi, arte ambientale, sculture in ceramica e terracotta e carte. E il proposito di questa parte della vendita è stato pienamente centrato con un totale per i 14 lotti fontaniani, tutti venduti, pari a € 6.934.500. Lo squarcio e graffiti d’oro del 1963-64 ha più che duplicato la stima massima e, da € 450.000, è andato aggiudicato a €1.089.000, così come la terracotta del 1956, (solo 11 gli esemplari di questa tipologia), ha realizzato il prezzo world record per una formella di €321.000. Dopo il “Concetto Spaziale” del 1967 che occupa la prima posizione nella lista top ten, i 4 tagli sono andati a € 2.409.000 registrando il record italiano per un’opera di Fontana. In terza postazione va segnalato il world auction record per un soffitto, la suggestiva opera d’arte ambientale del 1954 di Fontana che da € 300-400.000 ha trovato un nuovo collezionista a € 1.029.000.

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Anche tutti gli arredi di Osvaldo Borsani (era la prima volta che Sotheby’s vendeva in Italia opere di Design), hanno dato ottimi esiti. Vedi ad esempio i lotti 29 e 30 venduti, rispettivamente, la bella specchiera con illuminazione al neon (come il soffitto) andata a € 62.500 e la mensola en suite a € 25.000. I due magnifici Dorazio tra i quali “Un bel Niente” del 1958, world auction record per €489.000, da una importante collezione europea sono andati entrambi in un’altrettanta illlustre collezione privata d’oltreoceano. Bene i due Castellani, quello argento (ricordiamo che sono solo 30 i Castellani argento) è andato venduto a € 393.000. Ha superato la valutazione più alta l’arazzo di Boetti del 1988 ed è stato combattutto sino a € 417.000. Il “Bianco” di Burri dalle piccole dimensioni, solo 22x27 cm, del 1960 proveniente dalla collezione privata del noto storico e critico d’arte tedesco Paul Wember, hanno convinto un collezionista ad aggiudicarserlo per € 321.000. Tutte vendute le sculture dell’asta, citiamo, tra gli altri i € 489.000 realizzati per la “Sfera con Sfera” di Arnaldo Pomodoro e i € 309.000 per il poetico “Hotel Dieu” del 1967 di Fausto Melotti.


Sotheby’s | Milano | Sale MI0337 | Arte Moderna e Contemporanea | 18-19 aprile 2018 Total EUR 13,631,875 | Sold by Lot 75.8 % Lot Price (EUR) Estimate (EUR) Buyer 12 2,409,000 1,000,000/1,500,000 Anonymous Lucio Fontana, Concetto spaziale, Attese, idropittura su tela, cm 73x60, 1967 Italian auction record for the artist 4 1,089,000 350,000 - 450,000 Anonymous Lucio Fontana, Concetto Spaziale, 1963-64, olio, squarci e graffiti su tela, oro,cm 55 x 46 31 1,029,000 300,000 - 400,000 Anonymous Lucio Fontana Soffitto: Concetto Spaziale - 52/54 Due forme in gesso e stucco, illuminazione al neon World auction record for a ceiling by Lucio Fontana 37 729,000 700,000 - 1,000,000 Anonymous Lucio Fontana - Concetto spaziale, Attesa idropittura su tela, arancione cm 61x50 Eseguito nel 1964 28 489,000 350,000 - 450,000 Anonymous Arnaldo Pomodoro, Sfera con sfera, 1995-97, diametro cm 80, bronzo 16 489,000 100,000 - 150,000 Anonymous Piero Dorazio, Un bel niente, olio su tela, cm 105x100, 1958 World auction record for the artist 25 489,000 400,000 - 600,000 Anonymous Michelangelo Pistoletto, Palloncino giallo con sgabello, 1982, cm 230x125 24 465,000 400,000 - 600,000 Anonymous Lucio Fontana, Concetto spaziale - 1961 olio su tela cm 100x80, cat rais n. 61 O 66 6 417,000 280,000 - 350,000 Anonymous Alighiero Boetti, Oggi Ventunesimo..., ricamo su tessuto, 107,5 x 113 cm; eseguito nel 1988 11 393,000 300,000 - 400,000 Anonymous Enrico Castellani, Superficie argento, 2008, cm 120x120, n. 08-030 101


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Sotheby’s Londra Exceeds Expectations to Bring £110.2m / $146.4m / €125m 77% increase (GBP) / 83% (USD) on June 2017

98% Sold by Lot The Night Was Led by Lucian Freud’s Late Masterpiece At £22.5 million / $29.8 million / €25.5 million The Most Valuable Work by the Artist Sold in London Sotheby’s Worldwide Sales of Contemporary Art Up 27% (USD) On Year-to-Date 2017 102


Sotheby’s | London | Sale L18022 | Contemporary Art Evening Auction | 26 giugno 2018 Total 110,239,550 GBP (125,044,502 EUR) | Sold by Lot 97,7 % Lot Price GBP (EUR) Estimate GBP Buyer 6 £22,464,300 (€25,481,211) £17,000,000 - 20,000,000 Lucian Freud, Portrait on a White Cover, 2002-3, oil on canvas * THE MOST VALUABLE PAINTING BY THE ARTIST SOLD AT AUCTION IN LONDON*

Anonymous

13 £14,674,200 (€16,644,916) £7,500,000 - 10,000,000 Anonymous Jean-Michel Basquiat, Untitled, 1982, acrylic, oilstick, spray paint and Xerox collage on canvas 26 £11,287,200 (€12,803,048) £10,000,000 - 15,000,000 Anonymous David Hockney, Double East Yorkshire, 1998, oil on canvas, in two parts 19 £8,126,000 (€9,217,306) £7,000,000 - 10,000,000 Anonymous Jean-Michel Basquiat, New York, New York, 1981, acrylic, oil stick, spray paint, silver spray paint and paper collage on canvas 25 £7,674,400 (€8,705,057) £6,000,000 - 8,000,000 Peter Doig, Daytime Astronomy (Grasshopper), 1998-99, oil on canvas

European Private

5 £6,771,200 (€7,680,559) £5,500,000-7,500,000 Anonymous Yves Klein, Untitled Anthropometry (ANT 5), 1962, dry pigment and synthetic resin on charred card laid down on a wooden panel 3 £3,892,250 (€4,414,971) Jean-Michel Basquiat, Untitled, 1982, oilstick and ink on paper.

£1,500,000 - 2,500,000

Anonymous

28 £3,150,000 (€3,573,039) £3,000,000 - 4,000,000 European Private Francis Bacon, Study of a Figure, 1954, oil on canvas 7 £3,010,000 (€3,414,237) £750,000 - 950,000 European Private Cecily Brown, The Skin of our Teeth, 1999, oil on linen 36 £2,290,000 (€2,597,592) £2,000,000 - 3,000,000 European Private Alexander Calder, Untitled, 1956, painted sheet metal and steel wires

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Sotheby’s New York Asta del 14 maggio. Impressionismo & Arte Moderna

Il Modigliani, Nu couché (sur le côté gauche), raggiunge i 157.2 milioni di dollari, prezzo di vendita all’asta più alto nella storia di Sotheby’s.

New York, 14 maggio 2018. Sotheby’s ragginge le vendite record di 318.3 milioni di dollari con l’asta di Impressionismo & Arte Moderna. Simon Shaw, commenta così l’Asta di Impressionismo & Arte Moderna: “Tre artisti hanno oltrepassato la soglia dei 150 milioni di dollari, ma il vero record è di Modigliani, per avere attraversato due volte quella soglia. Negli ultimi anni abbiamo registrato un aumento rapido dell’apprezzamento per le sue opere. La star di questa vendita serale è stata il capolavoro di Amedeo Modigliani NU COUCHÉ (SUR LE CÔTÉ GAUCHE) che è stata acquistata per 157.2 milioni di dollari. Il prezzo di vendita all’asta più alto nella storia di Sotheby. La stessa opera fu acquistata dall’ultimo proprietario nel 2003 per 26.9 milioni di dollari, quindi con questa ultima vendita il prezzo e lievitato di sei volte. Solamente Amedeo Modigliani, Pablo Picasso e Leonardo da Vinci hanno superato la soglia dei 150 milioni di dollari.

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New York, 14 May 2018 – Simon Shaw, Co-Head of Sotheby’s Worldwide Impressionist & Modern Art Department, commented: “Three artists have broken the $150 million barrier at auction, but tonight Modigliani became the only artist to have crossed that threshold twice – evidence of the rapid rise in appreciation for his work that we’ve seen in recent years. Tonight’s price is even more remarkable when you consider that the painting last sold for $26.9 million in 2003. Just as artists like Modigliani, Picasso and Monet performed well tonight, so did those who are expanding the boundaries of our market and attracting new collectors each season, such as Rufino Tamayo, Joaquín Torres-García, Georgia O’Keeffe and Mary Cassatt.” The star of this evening’s sale was Amedeo Modigliani’s 1917 masterpiece Nu couché (sur le côté gauche), which sold for $157.2 million – the highest auction price in Sotheby’s history. The work was purchased at auction by the most recent owner in 2003 for $26.9 million, making tonight’s result a nearly six-fold increase in value. Modigliani belongs to a rarefied league of only three artists to break the $150 million barrier at auction, along with Pablo Picasso and Leonardo da Vinci.


Sotheby’s | New York | Sale N09860 | Impressionist & Modern Art | 14 maggio 2018 Total $318,313,599 | Sold by Lot 71.1 % Lot Price (USD) Estimate (USD) Buyer 18 $157,159,000 Estimate Upon Request Anonymous Amedeo Modigliani, Nu couché (sur le côté gauche), 1917, Oil on canvas HIGHEST AUCTION PRICE IN SOTHEBY’S HISTORY 8 $36,920,500 $25,000,000 - 35,000,000 Asian Private Collector Pablo Picasso, Le Repos, 1932, Oil on canvas 15 $20,550,000 $18,000,000 - 25,000,000 Anonymous Claude Monet, Matinée sur la Seine, 1896, Oil on canvas 20 $11,518,000 $12,000,000 - 18,000,000 Asian Private Collector Pablo Picasso, Famille d’Arlequin, 1905, Gouache and ink on card laid down on cradled panel 9 $11,292,200 $4,000,000 - 6,000,000 European Private Collector Georgia O’Keeffe, Lake George with White Birch, 1921, Oil on canvas 36 $11,292,200 $10,000,000 - 15,000,000 European Private Collector Edvard Munch, Sommernatt (Summer Night), 1902, Oil on canvas 25 $5,873,000 $5,000,000 - 7,000,000 Anonymous Rufino Tamayo, Perro aullando a la Luna (Dog Howling at the Moon), 1942, oil on canvas 16 $5,873,000 $6,000,000 - 8,000,000 Anonymous Fernand Léger, Le Damier jaune, 1918, Oil on canvas 29 $5,308,500 $4,000,000 - 6,000,000 Anonymous Pablo Picasso, Femme au chapeau assise, buste,1962, Oil on canvas 11 $4,518,200 $700,000 - 1,000,000 Anonymous Mary Cassatt, A Goodnight Hug, 1880, Pastel on brown paper laid down on board RECORD FOR A WORK ON PAPER BY THE ARTIST AT AUCTION 105


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Sotheby’s New York New York 20 luglio 2018 Robin Williams

Sotheby’s to Present THE COLLECTION OF MARSHA AND ROBIN WILLIAMS In a Dedicated Auction This Fall in New York Proceeds to Benefit Charities Championed by Marsha and Robin

NEW YORK, 20 July 2018 – Sotheby’s is honored to announce that we will offer works from the collection of beloved entertainer Robin Williams and his wife of over 20 years, film producer and philanthropist Marsha Garces Williams, in a dedicated auction in New York on 4 October 2018. Creating a Stage: The Collection of Marsha and Robin Williams will offer works spanning Marsha’s and Robin’s diverse interests and careers, all reflecting their shared passion for collecting. The autumn auction will showcase: film and entertainment memorabilia, including autographed scripts, awards, props and wardrobe associated with projects across Marsha’s and Robin’s careers; Contemporary art, including sculpture by Niki de Saint- Phalle and street art by Banksy, Shepard Fairey and Invader; more than 40 watches from Robin’s personal collection; a selection of bicycles and sports memorabilia; furniture and decorative art from their residences; and more. A portion of the proceeds from the auction will benefit a number of organizations championed by both Marsha and Robin, including The Juilliard School, Wounded Warrior Project, the Challenged Athletes Foundation, and the Christopher & Dana Reeve Foundation. The sale will be preceded by a public exhibition in Sotheby’s York Avenue galleries, opening 29 September. 106


© Artur Grace

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Sotheby’s Ginevra In asta a Ginevra il 12 novembre 2018

Gioielli Reali dalla famiglia Borbone - Parma Una delle più importanti collezioni di gioielli reali presentata in asta Splendidi gioielli appartenuti alla Regina Maria Antonietta, alla collezione di Re Carlo X di Francia, agli Arciduchi d’Austria e ai Duchi di Parma

La vendita del 12 Novembre da Sotheby’s Ginevra, che presenterà una delle più importanti collezioni di gioielli reali mai prima proposta in asta, attirerà l’interesse del collezionismo di tutto mondo. Intitolata “Royal Jewels from the Bourbon-Parma Family”, l’asta attraverserà secoli di storia europea, dal regno di Luigi XVI fino alla caduta dell’Impero Austro-Ungarico ed offrirà suggestivi spunti sulla magnificenza di una delle più importanti dinastie reali d’Europa. Discendente da Luigi XIV di Francia e da Papa Paolo III, la famiglia Borbone–Parma è legata da rapporti di stretta parentela con le più importanti famiglie d’Europa – dai Borboni agli Asburgo. I membri di queste dinastie includono i re di Francia e Spagna, gli Imperatori d’Austria e i Duchi di Parma. Questa eccezionale discendenza è testimoniata nella straordinaria ricchezza e provenienza dei pezzi della collezione - non esposta in pubblico da 200 anni - ed in particolare da un incredibile gruppo di gioielli appartenuti a Maria Antonietta, la regina di Francia anche nota per il suo drammatico epilogo.

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I Gioielli di Maria Antonietta Nel corso della storia il destino di una regina mai è stato così strettamente associato ai propri gioielli come quello di Maria Antonietta. Il suo grande amore per le perle e i diamanti è ben noto ed alcuni storici hanno riportato l’opinione di Napoleone riguardo alla cosiddetta “storia della collana di diamanti”, scandalo che danneggiò la reputazione della regina nel 1785 e al tempo stesso fu ritenuto una delle cause della Rivoluzione Francese. Il maestoso ensemble di gioielli, che verrà offerto quest’autunno a Ginevra, ha una storia straordinaria. Nel marzo 1791, Re Luigi XVI, Maria Antonietta e i loro figli iniziarono a preparare la loro fuga dalla Francia. Secondo gli scritti della dama di compagnia di Maria Antonietta, Madame Campan, la regina trascorse un’intera serata al Palazzo delle Tuileries, avvolgendo nel cotone tutti i suoi diamanti, rubini e perle, prima di sistemarli in una cassa di legno. Nei giorni successivi, i gioielli furono inviati a Bruxelles dove regnava la sorella della regina, l’arciduchessa Maria- Cristina ed era dimora del conte Mercy Argentau. Il conte, ex ambasciatore austriaco a Parigi, era uno dei pochi uomini che avevano mantenuto la fiducia della regina. Fu lui, infatti, a prendere in consegna i gioielli e a inviarli a Vienna, dove sarebbero stati custoditi dall’imperatore austriaco, nipote stesso di Maria Antonietta.


Royal Jewels from the Bourbon Parma Family Sotheby’s Geneva November 2018 A stunning diamond pendant, supporting a natural pearl of exceptional size - Estimate: $ 1-2 million) A pair of natural pearl drops | Estimate: $ 30,000 – 50,000 A fabulous necklace featuring 119 natural pearls | Estimate: $ 200,000 – 300,000 A breath-taking diamond parure composed of 95 diamonds Includes five solitaire diamonds that belonged to Marie-Antoinette’s daughter | Estimate: $ 300,000 – 500,000 A diamond tiara of foliate scroll design given by Emperor Franz Joseph, Created by Köchert | Estimate: $ 80,000 – 120,000 A magnificent diamond bow brooch adorned with a 6-89 carat Burmese ruby | Estimate: $ 200,000 – 300,000 A diamond ring set with impressive fancy orangey-pink diamond of 2.44 carats | Estimate: $ 120,000 – 180,000 A diamond brooch adorned with an impressive 30.70-carat sapphire from Ceylon | Estimate: $ 150,000 – 250,000 A pair of diamond girandole earrings | Estimate: $ 150,000 – 250,000 A large diamond pendeloque brooch | Estimate: $ 25,000 – 35,000 109


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Christie’s Milano Asta dell’11 aprile. Il meglio dell’arte italiana del XX Secolo

Lucio Fontana | Concetto spaziale, Attesa | 1967

Milano – La sera dell’11 aprile 2018 Christie’s ha offerto la sesta edizione dell’asta Milan Modern and Contemporary che ha raggiunto un risultato totale di €14.693.500, con il 91% dei lotti venduti e il 97% del valore complessivo. Nel corso dell’asta sono stati ottenuti sei nuovi record per Osvaldo Licini (lotto 8), Leoncillo (lotto 18), Antonio Donghi (lotto 29), Piero Dorazio (lotto 32), Fausto Pirandello (lotto 43), Claudio Parmiggiani (lotto 56). La selezione di opere d’arte figurativa italiana è stata molto apprezzata da numerosi collezionisti, come dimostrato da Ritratto di giovane di Umberto Boccioni del 1905-1906 aggiudicato per €379.500, ben al di sopra delle stime. Tutte e tre le collezioni private offerte in asta hanno fatto un’ottima performance: la collezione di Sergio Tomasinelli (lotti 6-9) di Torino è stata venduta per un totale di €1.536.250: la sola opera Ammiraglio di Salvatore Scarpitta del 1958 è stata aggiudicata a €1.015.000. Due dei top lot della serata provenivano da un’importante collezione privata milanese (lotti 20-23), tra questi il Concetto Spaziale di Lucio Fontana del 1966 che è stato battuto per €991.500. Anche le opere offerte da una collezione privata di Vicenza (lotti 30 e 36) hanno riscosso un notevole successo. 110

3 TOP LOT DELLA SERATA: Lotto 11 - Piero Manzoni, Achrome, 1958, venduto a €2.970.000 Si tratta di una delle prime opere dell’omonima serie dell’artista. Mai offerta prima sul mercato, conservata nella stessa collezione dal 1976 ed esposta nella retrospettiva dedicata all’artista a Milano nel 2014, oltre che documentata in tutti i cataloghi di Manzoni, l’opera ha visto numerosi rialzi nel corso dell’asta. Lotto 17 - Lucio Fontana, Concetto spaziale, Attesa, 1967, venduto a €1.687.500 Questa iconica tela rossa con un unico taglio perfetto, fu realizzata nel 1967, esattamente a 10 anni dall’inizio della serie dei tagli di Lucio Fontana. Lotto 6 - Salvatore Scarpitta, Ammiraglio, 1958, venduto a €1.015.500 Opera straordinaria appartiene alla famosa serie delle tele ‘fasciate’ o ‘bendate’ di Scarpitta, nella quale l’artista ha decostruito l’anatomia tradizionale dei dipinti su tela, ricostituendone le componenti fisiche per dar vita ad un mezzo di espressione assolutamente nuovo.


Umberto Boccioni | Ritratto di giovane | 1905-06

Christie’s | Milano | Sale 15614 | Modern and Contemporary | 11 aprile 2018 Total €14,693,500 | Sold by Lot 91 % Lot Price (EUR) Estimate (EUR) Buyer 11 PIERO MANZONI (1933-1963) Achrome, circa 1958 2,970,000 1,800,000 - 2,500,000 Anonymous 17 LUCIO FONTANA (1899-1968) Concetto spaziale, Attesa, 1967 1,687,500 700,000 - 1,000,000 Anonymous 6 SALVATORE SCARPITTA (1919-2007) Ammiraglio, 1958 1,015,500 800,000 - 1,200,000 Anonymous 20 LUCIO FONTANA (1899-1968) Concetto Spaziale, 1966 991,500 800,000 - 1,200,000 Anonymous 21 ALIGHIERO BOETTI (1940-1994) Tutto, 1989 535,500 350,000 - 500,000 Anonymous 32 PIERO DORAZIO (1927-2005) Jeux d’air, 1962 WORLD AUCTION RECORD FOR THE ARTIST 451,500 100,000 - 150,000 Anonymous 8 OSVALDO LICINI (1894-1958) Amalassunta su fondo rosso chiaro, 1949 WORLD AUCTION RECORD FOR THE ARTIST 427,500 400,000 - 600,000 Anonymous 30 UMBERTO BOCCIONI (1882-1916) Ritratto di giovane, 1905-06 379,500 250,000 - 350,000 Anonymous 44 ALBERTO BURRI (1915-1995) Pittura, 1951 367,500 220,000 - 340,000 Anonymous 52 MICHELANGELO PISTOLETTO (N. 1933) Tovaglia sporca di vino, 1979 319,500 280,000 - 340,000 Anonymous 111


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Christie’s London Results | London | For immediate release | 16 JULY 2018 July Classic Week Totals £72,376,000 / $95,809,981 / €81,738,228 Strong Online Bidding and Global Participation from 65 Countries, Including Institutions 14 World Record Prices at Auction Set for Artists or Mediums Sir Quentin Blake’s Collection Realised £768,625 / $1,015,968 / €867,778 for Charity Science & Natural History Auction Saw 70% Lots Sell Online – a New High for a Various Owner Sale

Ferdinando Tacca | Ercole | Bronzo | 57,8x54,5x38,1 cm

London – Comprising a total of 14 live auctions and online sales, with works of art dating from antiquity to the 20th century, Christie’s London Classic Week sales in July 2018 collectively realised £72,376,000 / $95,809,981 / €81,738,228. The top lot of the series was a gift from Louis XIV to his son, the Grand Dauphin, Hercules Overcoming Acheloüs, circa 1640-50 by Florentine sculptor Ferdinando Tacca (16191686). The bronze sold in The Exceptional Sale 2018 for £6,758,750 / $8,935,067 / €7,637,387, setting a new world record price for the artist at auction (estimate on request: in the region of £5 million). This was followed by Ludovico Carracci’s Portrait of Carlo Alberto Rati Opizzoni in armour which sold for £5,071,250 / $6,704,193 / €5,730,513 in the Old Masters Evening Sale, becoming the second highest price for the artist at auction. The group of works by Thomas Rowlandson from the Collection of the late Baron Alain de Rothschild in the Old Master & British Drawings & Watercolours sale and also the group of works by Simeon Solomon from a private European collection in the Victorian Pre-Raphaelite & British Impressionist Art sale were both 100% sold. With strong online participation throughout the sales, including the most successful Japanese Prints online sale to date, the Science & Natural History auction saw 70% of lots sell online through Christie’s LIVETM, a notable figure only previously surpassed by Private Collection sales, such as Audrey Hepburn. 112

In this centenary year of women’s suffrage, Christie’s offered a notable group of works by talented female Victorian artists, including a recently discovered work by Emma Sandys which set a new world record price for the artist at auction; a portrait by old master painter Elisabeth-Louise Vigée Le Brun also sparked fierce competition, resulting in the second highest price for the artist at auction. Quentin Blake: A Retrospective; Forty Years of Alternative Versions saw a new record achieved for a work by Sir Quentin Blake with Charlie, Willie Wonka and Grandpa Joe and realised a total of £768,625 / $1,015,968 / €867,778; proceeds will benefit House of Illustration, Roald Dahl’s Marvellous Children’s Charity and Survival International. In total, 14 records were achieved with new world record prices for the artist also set for Clifford, David, Fuseli, Koe, Peruguni, Mainardi, Nosadella, Reid Dick, Rosi, van Veen and Ximénez. New records for the medium were realised for works on paper by Waterhouse and Cooper Gotch, with the Plantin Polyglot Bible, formerly in the Spanish royal collection at El Escurial, also setting a new record for a Plantin production, in the Valuable Books and Manuscripts sale which achieved the second-highest total for a London sale in this category (£6,200,000). 2018 also marks the 300th anniversary year of Thomas Chippendale’s birth. The magnificent Dundas Sofas sold after sale for an undisclosed sum, exceeding the record price for Chippendale at auction.


Ludovico Carracci | Ritratto di Carlo Alberto Rati Opizzoni | Olio su tela | 102x86,2 cm

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Raffaello Sanzio 114


Tre Grazie | 1503-1504 | Olio su tela / Oil on canvas | cm 17x17 Museo CondĂŠ, Chantilly

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