Sfumature Freezine n.1

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. . . dai Spazio alla tua CreativitĂ

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Numero 1 Gennaio 2011


Il sottile filo fra purezza e immagine si è spezzato. Adesso mi rendo conto di ciò, poichè i mutamenti visibili all'occhio giungono dopo che l'angoscia risveglia i dolori per un mondo perduto, fatto di confusi ma indirizzati pensieri e di quella grande fatica, unica, necessaria a scorgere se stessi, immensa per issare un vessillo che illustri la nostra intrigata strada, amici. Moltitudini di influenze nefaste personificate ci sovrastano, giungono dal passato e le conosco; una volta decisi di allontanarle poichè, ignare dei poteri dell'anima, non potevo attingere dal loro sangue e, frenetiche nei loro versi da aguzzini in carriera, profanavano il silenzio da cui sono nato. Le molteplici sfumature dell'Arte assumono un fondo grigio fumo da cancro al cervello quasi a presagio di una catastrofe ed io coltivo i miei dispiaceri e costruisco la mia distruzione aspettando gli improvvisati paladini che posseggono l'altra metà delle mie note affinchè anche dai più piccoli sguardi . . . . . sorga musica. Let

Sommario

Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Bands VicoloCieco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 Tzacatal . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Fotografia - Henri Cartier-Bresson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 a cura di Tootsie Digitalphotographer

Roots n’Culture - Studio one History

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a cura di Strictly Rockers Sound

Cinema - Ageless movies | Book it Now . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 a cura di Francesca Ferraiola

Arte e Cultura del Mashrek - Ihab Shaker . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 a cura di Angela Mangado

Eventi Gennaio 2011 Roma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .14 in copertina un dipinto di Ihab Shaker

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Editoriale bbiamo deciso di dedicare l'Editoriale di questo inizio anno ad un componimento di Santi Russo, apertamente ispirato alla “Politica con l’Oppio” di Allen Ginsberg il quale, da importante e sensibile precursore di indefiniti tempi, già dal suo, ne cantava i sinistri effetti, urlandoli a un futuro che, scandito da ogni nuovo inizio, si ripete in quelle pagine sempre più attuali . . .

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La politica con la tolleranza zero Omaggio alla “Politica con l’Oppio” di Allen Ginsberg A cosa serve la lotta al terrorismo se muoiono migliaia di civili innocenti? / Se i politici mafiosi raccontano frottole e vengono rieletti, a cosa serve l’informazione se non a farti infuriare? / A cosa serve un comportamento civile se il padrone tratta gli operai come bestie? / A cosa serve il politico onesto se viene sempre messo in disparte? / A cosa serve la poesia che eleva l’animo se le persone leggono e condividono pensieri sgrammaticati e frasi fatte? / Non ho moglie, non ho figli, non ho presidente, non ho altro che me e i miei orizzonti / i miei orizzonti sono umorali, spesso cangianti. / I popoli si solleverebbero se spendessimo tutto in cultura e istruzione? / Importa non aver denaro se vado ancora d’accordo con la mia coscienza? / Tipo, si stava meglio quando non si stava peggio / Tipo, ormai hanno tutti il frigo mezzo vuoto / Tipo, tutti hanno rinunciato alla terza casa, alla barca, a regalare collane d’oro e diamantipersempre a natale, a pellicce di leonesse e tigri, al trattore da mille cavalli che garantisce campo arato e indulgenza plenaria. / Questa crisi avrebbe dovuto ravvicinare l’uomo al suo vero io, alla natura; la consistenza morale scivola tra le banconote dell’ennesimo portafogli. / E’ ancora tutto qui, ciò che era e ciò che resta nostro, Italia - ogni domenica sportiva, ogni rata che rende l’anima padrona di chi la possiede. / Emo adolescenti sitagliuzzanolebracciapiangendo, usano “K” e “X” per sostituire tre o quattro lettere considerate oramai obsolete. / La classe media è sempre

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più piccola e due volte tanto irreale. / Quanto era bello manifestare pacificamente, senza manganelli e infiltrati. / Nessuno odia il singolo carabiniere in quanto persona / E’ quando si incappucciano di passamontagna e cospirano sassaiole in mezzo a disabili e ignari, quando l’unica legge da seguire diventa quella del “me ne frego” e della tenuta antisommossa. / Quando è morto il nostro ancestrale paese delle fiabe? / Chi protegge le persone dalla gente che dovrebbe proteggerle? / Cosa dovrei fare? Scrivere sui blog e agli amici di twitter? / Proteggere il mio piacere privato da Cerberi, movimenti psichici e leggi virtuali? / Ragionevole rispondo civilmente / ma so che così verrò preso a calci nelle palle o accusato di essere troppo oltraggioso perché non ho ancora perso vista e occhi. / Grazie a nessuno non sono nato criminale, a meno che non mi si costringa di leggere tutti i post idioti che circolano in rete e le news dei vari tg di propaganda. / Non posso più commettere crimini con la coscienza pulita, non ne sono rimasti più, hanno rubato anche quelli. Santi Russo

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Bands

VicoloCieco nascono in una fredda serata dell'anno del Signore 2005, giorno 17, mese Gennaio, da una idea del chitarrista Mario Gesualdo, "Il Duca". Come tutte le giovani band sognatrici, anche per loro bastò avere a disposizione un garage assolutamente contro ogni regola edilizia e sanitaria, per dargli una parvenza di "sala prove". I ragazzi quindi si danno da fare per buttare giù bizzarre idee per nuovi brani. Tutto ciò dopo aver dato un nome alla band. Se vogliamo essere dei filosofi possiamo affermare che a quel tempo i ragazzi, cominciando ad osservare il mondo con maggiore attenzione, si resero conto che la loro generazione non aveva molti sbocchi e da quella riflessione optarono per il nome del gruppo, riponendo su corde, microfoni e bacchette la loro voglia di emergere e uscire da questo vicolocieco. Il progetto VicoloCieco era ormai partito e nulla lo avrebbe arrestato. I ragazzi si misero all'opera, dando alla luce la loro prima canzone, di buon auspicio per il progetto, intitolata "Il Sognatore". La loro carriera era solo all'inizio; quattro sconosciuti uniti da un legame comune, la musica. In barba a qualche cambiamento della line up nel primo periodo di attività, la band è in pianta stabile da diversi anni e non si concede più nessuna pausa esibendosi nei contesti piu svariati. Salgono sui palchi col coltello fra i denti pronti a dare

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battaglia ai cattivi con la loro musica, fendono colpi di chitarra e affondano colpi di bacchette. Quasi tutti i locali della capitale vengono invasi dalle loro note, e i baldi giovani si esibiscono ovunque ci sia una presa di corrente, qualcuno disposto ad ascoltare, e soprattutto una cassa di birra. A ritmi forsennati tra concorsi, sagre, festival, concerti, associazioni, riescono con le proprie forze a realizzare un piccolo ma significativo progetto autogestito, con risultati degni di un etichetta indipendente. Molti i consensi per questa giovane band che ha fatto dell'ilarità, della semplicità, della spigliatezza, della simpatia e dell'immediatezza della loro musica il marchio di fabbrica. Il credo è quello di trasmettere la loro passione ai purtroppo sempre troppo pochi ascoltatori che decidono di dare credibilità ai gruppi che compongono musica originale. L'allegoria dei loro testi, con cui trattano sia temi quotidiani che temi sociali e impegnati, cerca di uscire dalla banalità evitando di parlare esclusivamente di tematiche sentimentali. Tematiche come la pena di morte, l’emigrazione, il lavoro, le morti bianche si mischiano ad altre storie autobiografiche, creando un repertorio vasto per tematiche ed emozioni. Nessuno schieramento etico politico o religioso caratterizza la band, l'unica cosa che vogliono è esprimere con la forza della musica le loro impressioni sul mondo che li circonda, evitando di essere scontati.

www.vicolocieco.net

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Bands

zacatal: Grazie in Tojolabal, dialetto delle comunità zapatiste della regione di Morelia, Chiapas, Messico. Il gruppo nasce nel maggio del 2005 a Roma. E’ una piccola ma energica formazione brass (tromba, trombone e sax contralto), impreziosita dal sinuoso movimento di un mantice, da un basso e da molteplici elementi percussivi (batteria congas piccole percussioni). Le composizioni tzacataleñe, originali e di difficile collocazione nei classici generi musicali, hanno sapore latino, cumbiesco, e a tratti perfino un po’ jazz, inciampando in sonorità est europee. Differentemente dalle più tipiche street band europee propone un repertorio cantato e strumentale, i cori gioiosi con i ritmi incalzanti della sezione ritmica coinvolgono il pubblico rendendo ogni momento dell’esibizione una festa improvvisa. Gioiosi, ma non per

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questo privi di concettualità intellettualoide, si propongono di suonare la loro musica in giro per il mondo, sia in acustico che amplificati. Il gruppo Tzacatal viene fondato e da sempre diretto da Ersilia Prosperi, tromba e voce, Stefania Nanni, fisarmonica e cori, e Sabrina Coda, sax alto cori e piccole percussioni. Nel 2005 le tre musiciste approfondiscono i loro strumenti presso la Escuela Nacional De Arte e Musica de l'Habana, e dopo averne toccato con mano lo straordinario universo sonoro decidono di dar vita a questa formazione.

www.tzacatal.it 5


Fotografia gni giorno veniamo bombardati da immagini di ogni tipo, dai manifesti nelle strade a quelle dei mass media. Il Digitale, figlio della globalizzazione, è senza dubbio uno dei “padroni” della nostra epoca. Epoca in cui grazie ai grandi progressi della tecnologia, acquistare una macchina fotografica, che sia compatta o reflex, non è più così difficile, facendo sì che chiunque voglia, possa finalmente utilizzare la fotografia come mezzo di espressione. Ma, proprio ora che la fotografia ha raggiunto una sua autonomia, è alto il pericolo di ignorare tutto un percorso che ha reso possibile quanto appena detto, tralasciando il suo ruolo nella storia e ignorandone totalmente la tecnica. Pensate a quanto è facile reperire informazioni perdendo solo qualche minuto nel web, rischiando di impigliarsi in discorsi lontani e poco affidabili. Sarà dunque la curiosità degli appassionati di fotografia e non, il motore di questa rubrica, che ha il desiderio di sviluppare una certa consapevolezza del “mezzo”, attraverso uno sguardo alla sua storia, alla sua tecnica e ai suoi autori.

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Henri Cartier-Bresson

“È un'illusione che le foto si facciano con la macchina.... si fanno con gli occhi, con il cuore, con la testa.”

Inizia nel 1931 la carriera di uno dei padri della fotografia. Henri CartierBresson, che è riuscito nei suoi scatti a fermare quasi un secolo di eventi. Spinto da una curiosità insaziabile, ha girato diversi anni on the road tra Africa, Europa, Messico e New York, con la sua inseparabile Leica 35mm, allontanandosi sempre di più dall'ambiente borghese che lo circondava, di cui non tollerava la chiusura e la piccolezza degli orizzonti. Nel 1935, opponendosi fortemente alla minaccia del fascismo, tornò a Parigi e diresse 3 documentari per sostenere la Spagna Repubblicana. Si sposa e trova il suo primo lavoro regolare in un quotidiano, chiuso qualche anno dopo, perchè di stampo comunista e H.C.B. fu richiamato sotto le armi. Nel 40 con la disfatta dell'esercito francese fu fatto prigioniero e mandato ai lavori forzati in Germania, dove riuscì a fuggire al terzo tentativo di evasione. Alla fine della guerra inizialmente girò un film sul rimpatrio degli ex prigionieri di guerra e altri deportati e tornò a New York per

lavorare alla sua mostra al MoMA (Museum Of Modern Art), grazie alla quale raggiunse una fama mondiale. Qualche mese dopo, insieme ai suoi amici Robert Capa, David "Chim" Seymour, George Rodger e William Vandivert , fonda la Magnum Photos, cooperativa grazie alla quale fotografi potevano vendere il loro lavoro a riviste, conservando però il copyright ed essendo liberi di fotografare quello che volevano. H.C.B. divenne immediatamente personaggio chiave della più importante agenzia fotografica negli anni migliori del foto-giornalismo. Dal 1948 al 50 è in Estremo Oriente accompagnato da sua moglie, e dal 66 in poi inizia gradualmente a ridurre la sua attività fotografica per dedicarsi alla pittura, che da sempre era il suo primo amore in ambito artistico. "In realtà la fotografia di per sé non mi interessa proprio; l'unica cosa che voglio è fissare una frazione di secondo di realtà". Nel 1988 il Centre National de la Photographie di Parigi, istituisce il Gran Premio Internazionale di Fotografia

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Henri Cartier-Bresson

dandogli il suo nome. Nel 2000, con la seconda moglie e la figlia creano la Fondazione Henri Cartier-Bresson, il cui scopo principale, oltre alla raccolta delle sue opere è quello di creare uno spazio espositivo aperto ad altri artisti. Due anni dopo, la Fondazione è riconosciuta dallo stato francese come ente di pubblica utilità. H.C.B. Muore a 95 anni il 2 agosto 2004. Due giorni dopo i funerali, la notizia fa il giro del mondo. Oramai una vera e propria leggenda, Bresson è il fotografo più citato della storia per la sua capacità di immortalare il momento decisivo (non un attimo qualsiasi), che contiene in sé l'essenza di una situazione (n.d.r.). Osservando l'interezza della sua opera, è grande il divario tra, le fotografie dei suoi anni giovanili, in cui traspare un fresco surrealismo e quelle

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degli anni che partono dalla grande depressione fino al dopoguerra. Tutte la sue fotografie sono intrise di una particolare tensione. La sua concezione di fotografia si basava sulla possibilità di riprodurre in modo fedele la realtà, dove è nascosta la possibilità di verità. La sua opera non impartisce sagge lezioni sul mondo, ma ci sfida in modo rigoroso a impegnarci a discuterlo. Fotografare d'altronde “e' mettere sulla stessa linea di mira la testa, l'occhio e il cuore. È un modo di vivere....[H.C.B.]”

Alessandra Tootsie Tulli

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Roots n’Culture oxsone utilizzava il suo Sound Downbeat per suonare i Dub plates registrati nel suo studio; seguendo la reazione della folla che frequentava le serate, decideva quali dei Dub plates dovevano essere stampati in più copie, per poi poter essere venduti. Molti musicisti che di giorno registravano a Brentford road, la notte seguivano le danze del Downbeat per sentire i loro brani suonati da vari dj. L'avvento a Studio One degli Skatalites segnò una nuova era nella storia della musica giamaicana. Con la nascita dello Ska, la musica giamaicana salì alle luci della ribalta dell'intero panorama musicale mondiale. Dopo aver inizialmente copiato lo stile del Rhythm & Blues americano, Coxsone Dodd e i musicisti di Studio One, divennero consapevoli dell'esigenza di sviluppare un proprio stile musicale, legato alla propria terra ed alle proprie radici. Questo nuovo genere fu lo Ska, caratterizzato dal tipico stile in levare. Non appena lo Ska acquistò un pò di popolarità, molte bands giamaicane, avide di successo, si dedicarono al nuovo genere musicale. In parte fu questo il motivo che portò a Studio One numerosi buoni musicisti, che andarono poi a formare la house-band della nascente casa discografica. Molti dei componenti degli Skatalites provenivano dall' Alpha Boy School, un collegio per orfani, dove questi imparavano a suonare, in particolar modo, gli strumenti a fiato. Johnny Moore, Don Drummond, Rico Rodriguez, Tommy McCook, Wilton Gaynair, Harold McNair, Joe Harriot, Leroy Wallace (scusate se è poco) e molti altri ottimi musicisti dell'epoca sono stati musical-

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STUDIO ONE HISTORY 2° parte

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Clement “Coxsone” Dodd Clement "Coxsone" Dodd

mente formati proprio all'Alpha Boy School. Gli anni '60 hanno rappresentato sicuramente il periodo più prolifico della storia musicale della Studio One. L'attività di Coxsone continuò a dividersi fra lo studio di Brentford Road, il Downbeat e i numerosi music-shops, tutti chiamati Muzik city. Questa complessa struttura, costituita da uno studio di registrazione, da diversi soundsystems, da un'etichetta musicale e da svariati negozi ha costituito un'importante punto di riferimento per la maggior parte dei produttori giamaicani che hanno operato nel periodo successivo. La compagnia "Coxsone's Jamrec Publishing" divenne in breve tempo un modello di efficienza e di organizzazione senza pari. Le leggi sui

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diritti d'autore, fin dalla nascita dell'industria musicale giamaicana, sono state assolutamente inadeguate (se non completamente inesistenti); solo nel 1990 il primo ministro P. J. Patterson (che è stato anche una sorta di manager degli Skatalites negli anni '60) ha promulgato delle leggi per proteggere i diritti d'autore dei musicisti.

Rubrica a cura di:

Strictly Rockers Sound per la produzione e diffusione della cultura e della musica Reggae

Continua nel prossimo numero

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Cinema assione, colori, suoni, immagini, sogno, realtà, arte, fantasia, provocazione...Questo e molto altro è il cinema. La forma d'arte moderna per eccellenza nonché uno dei più grandi fenomeni culturali, nata alla fine del XIX secolo, nota anche come la settima arte. Ma cos’è realmente il cinema? Se vogliamo, ogni persona ha una propria idea di cinema. Per coloro che producono il film, il cinema è la cinepresa, il set, gli attori, il copione; per coloro che lo distribuiscono, il cinema è un investimento, un bilancio economico se vogliamo; per coloro che lo proiettano, il cinema è vedere la pellicola che si trasforma in immagini e suoni. Per me come per la maggior parte di voi il cinema e’intrattenimento, e’

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| Ageless movies | Non ci resta che piangere AAAAAA..questo per eccellenza è il film della mia infanzia. Nella mia famiglia tutti lo sappiamo a memoria compresi i rumori e le risate! “Non ci resta che piangere” è un film scritto, diretto e interpretato dai grandissimi Roberto Benigni e Massimo Troisi. Dei miti per me.Il film, purtroppo l'unico realizzato in coppia dai due autori, giusto per fare qualcosa di divertente insieme, si rivelò un enorme successo nell’ 84 piazzandosi davanti a film come Indiana Jones e Ghostbuster. Partiti in automobile da Frittole, paesino nei dintorni di Firenze, Saverio (R. Benigni), maestro di scuola elementare, e Mario (M. Troisi), bidello, si ritrovano per uno strano scherzo del caso nel 1492. Un capolavoro indiscutibile del cinema italiano. Troisi e Benigni si calano nel ruolo di viaggiatori del tempo con leggerezza ed umorismo. La loro interpretazione è così spontanea e naturale da far ridere persino nelle pause, nei silenzi nei piccoli gesti. Loro si divertono davvero e cosi facendo anche lo spettatore si sente parte di quel viaggio al limite dell’ inverosimile. Una commedia leggera ma basata su una genialità colta e ironica che solo due artisti del loro calibro avrebbero potuto creare. Solo loro potevano far giocare a scopa Leonardo da Vinci o mandare una lettera in stile Toto’ e Peppino a Savonarola. Uno di quei film che fa bene allo spirito. Nel 2002 è uscita un'edizione in DVD con un contenuto extra inaspettato: una nuova versione del finale del film della durata di 39 minuti. Da non perdere. CURIOSITA’: Benigni e Troisi in un'intervista hanno dichiarato che l’indimenticabile scena in cui passano la dogana è stata girata più e più volte perché non riuscivano a restare seri. Addirittura la coppia ha dovuto rinunciare alla scena come da copione ed è così rimasta quella che tutti possiamo vedere, con i protagonisti che ridono a crepapelle. Anche la scena in chiesa dove Troisi dice «Si, si, ho capito» è stata improvvisata; la frase di Troisi è spontanea, così come la risata di Monni e di Benigni.

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Ageless / Book it now svago, e’ quel momento di viaggio stando comodamente seduti sulla poltrona di casa. E’ quella valvola di sfogo nei giorni proprio “no” e la ciliegina sulla torta in quei giorni perfetti. E‘ quel mondo in cui tutti vorremmo entrare ma che solo pochi eletti hanno la fortuna di vedere da vicino. Ed e’ proprio sul buon cinema che si svilupperà questa rubrica. Spero tanto che vi piacerà. Sarà’ divisa in due parti: una, la “AGELESS MOVIES” dedicata ad un vecchio film che almeno una volta nella vita secondo me bisognerebbe vedere, e l altra, la ”BOOK IT NOW” dedicata ad un nuovo film nelle sale, nel mese della rivista che vi consiglio di non perdere. Beh . . . che altro dire..enjoy the movies!

| Book it Now | We want Sex Un bel film ma soprattutto un film utile. Nonostante le tante critiche, non tutte infondate, questo nuova pellicola di Nigel Cole (il Cole dell’”erba di Grace”) racconta in modo leggero ma non banale la grande lotta sindacale combattuta nel 1968 da 187 donne, capaci di bloccare la fabbrica della Ford più grande d’Europa, pur di ottenere gli stessi diritti nei confronti dei colleghi uomini. Attraverso il racconto del film, inoltre, emergono molti altri problemi della donna lavoratrice: il basso salario, infatti, fa comodo anche ai mariti, che mantengono cosi nelle loro mani il ruolo di capo famiglia, al quale spettano solo le decisioni: mentre alle donne spettano, oltre al lavoro mal retribuito, le camicie da lavare e stirare, la cura dei figli, e il sentirsi comunque sempre inferiori. Questa condizione faticosa e ingiusta riguarda le operaie così come le mogli dei dirigenti che, anche se brillantemente laureate, per i mariti sono solo elementi della casa. Per questo, fra donne, si creerà una solidarietà che va al di là dall'appartenenza sociale. Colpisce nel film la determinazione di queste donne, la voglia di lottare senza lasciarsi intimidire dalle minacce di nessuno . Una storia vera, di donne che decidono di non poterne più. Ce l’hanno fatta e nel lontano ’68 hanno ottenuto la parità salariale e il rispetto dei propri diritti, soprattutto quello di essere considerate persone. Una bella storia vera che ci fa riflettere e magari chiederci: e adesso? Cosa è realmente cambiato? Francesca Ferraiola

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Arte e Cultura

Ihab Shaker Traduzione dall’ Arabo a cura di:

Angela Mangado quadri di Ihab Shaker ritornano nell'ultima sua esposizione "ritmo" o (ritmo) per il cubo, per la decorazione e per alcune caratteristiche di forma cubica e la loro bellezza e la loro peculiarità precedente. Malgrado l'etica del pensiero che cerca di conoscere il rapporto tra il musicista ed il suo strumento musicale poichè la conferma del ritmo del movimento , del colore e dell'ingrandimento , ci trasferisce subito nel mondo dei sensi , come non è in grado di fare la letteratura. I quadri di Ihab Shaker ci affascinano attraverso la forte precisione d'equilibrio e della profondità, in modo che ogni dipinto rappresenta di per sé un progetto artistico che è indipendente verso la sua" esecuzione musicale" cromatica, il mondo della musica popolare e mistica, nella vastità dei suoi generi, attraverso i suoi musicisti, con le loro caratteristiche incise : il Tarbus , i vestiti che li contraddistinguono, le sue ballerine piegate alle varie moine del genere femminile orientale, ai suoi strumenti che distinguiamo subito come il tamburello, il flauto locale, lo strumento a corde come il Kanun, il violino ed altri. Il soggetto del quadro è modellato secondo un'unica forma di quadrato ed è possibile distinguere al suo interno, altri piccoli blocchi che appaiono individualmente o fusi nel tutto. Grazie alle linee, alla stesura del colore,

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l'ombreggiatura, nell' apparire della munificenza dei particolari dipinti. Nei personaggi di Ihab Shaker emerge la presenza di numerosi elementi erotici, si tempra il femminile ed il maschile, attraverso le linee rette, curve ed armoniose, in modo affascinante specialmente nel rapporto del musicista con il suo strumento. Lo strumento è, in genere, ciò che occupa il punto centrale del quadrato ed il musicista lo impugna o lascia la sua presa. Si trasforma in un corpo umano che simula uno strumento musicale , come accade al musicista del violoncello per definizione. Nei dipinti delle danzatrici si distingue fortemente la componente erotica a causa della presenza della bellezza delle parti femminili procaci nelle ballerine, e grazie alle linee curve, alle loro intersezioni con lunghi tratti di colore o a zigzag che rappresentano gli abiti del ballo ed anche la loro oscillazione. I personaggi di Ihab Shaker pulsano, grazie al movimento della bocca e delle dita, allo sviluppo della linea da dentro a fuori e vice versa. L'estremità del Tarbus ed i lacci variopinti che contraddistinguono gli abiti folcloristici dei musicisti, oltrepassano, in via eccezionale, il blocco unico; e si sparpagliano nell'estremità esterna illimitata del quadrato, il ritmo e l'armonia dei suoni musicali. Nel dipinto del musicista del violoncello le linee decorative a zigzag ci trasferiscono dall'esterno all'interno, come se tutto ciò venisse fuso nel legame delle dita con le corde degli strumenti. Mentre le corde del violoncello sono un tutt'uno con i musicisti, perciò il

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Il Mashrek ‫ﻕﺭﺵﻡ‬ quadrato appare come se fosse uno strumento unico a due teste, come le linee tonde (come se ci fossero cerchi prodotti l'uno dall'altro) racchiudono le corde tirate ed oblique tanto che la corda diventa una linea che taglia la circonferenza del blocco e la fissa al tempo stesso. Il quadrato è costituito raramente da una coppia di musicisti, di fatti troviamo solitamente tre persone che suonano o vi è una sola persona isolata nel dipinto. Il tema di quest'ultimo raggiunge una maturità ed una verosimile simmetria nei confronti della figura del concerto con i suoi tre movimenti armonici. Le persone nel modo di suonare appaiono come se fossero di fronte ad un vero pubblico o un obbiettivo di una macchina fotografica, ciò crea un rapporto d'unione diretta tra il centro di raccolta ed il tema del quadro. Malgrado la staticità di tale disposizione, tuttavia il movimento degli individui all'interno del quadro, non sfugge agli occhi, ed oscilla tra gioco delle corde con le dita, il cantare, ed il movimento di flessibilità sullo strumento, il quale viene racchiuso all'interno del corpo del musicista. Ihab Shaker lascia in bianco una parte considerevole del quadro, la quale talvolta viene disturbata con il grigio o con leggere sfumature vicino all'estremità delle linee. Tra le sfumature e la luce c è un legame che realizza nuove caratteristiche; tra gli elementi del quadro non ci sono delle differenze le quali si presentano solo tra i particolari decorativi, alle volte con lo scopo d'ingrandire, altre volte con l'intenzione di per sé d'assortimento e di tinteg-

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giature. Come pure Ihab Shaker unisce e utilizza molto spesso anche il colore rosso e le sue tonalità, tanto che prende parte ad alcune sezioni armoniche del quadro; ad esempio armonizza le alte note musicali o il colore dell'unica esecuzione musicale che perciò di conseguenza, predomina per un momento e non smette di spegnersi, predominando una seconda volta, in una nuova scena. Ma qui il colore non ha lo scopo dì assomigliare alla realtà, ma è l'elemento fondamentale della decorazione geometrica. Talvolta della linea viene arrestata la sua libertà - con totale cura dell'artista - talvolta è indipendente tra due linee tanto da diventare un oggetto di bellezza in sé, adatto alla meditazione, senza tener conto del suo aspetto principale che non ha forme oggettive. Ciò dipende dall'attenzione di Ihab Shaker per la geometria delle forme e la linea fianco a fianco all'armonia del colore, che talvolta appare con le forme vicino all'originalità nell' uso audace del colore, la sua limitazione e la sua produzione. Come pure talvolta mostra una vicinanza ad alcuni quadri del cubismo nella loro celebrazione con le spaccature. Ma Ihab Shaker ha successo nella pubblicazione della spaccatura all'interno di un unico componimento cubico e nel quadrato compatto; in questo caso la frantumazione si trasferisce nel mondo dei sensi e della suggestione che è emanata dai suoi colori, dai sensi con la musica e la suggestione con il movimento. www.ihabshaker.com Testo estratto dalla rivista egiziana Ibda

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Eventi Gennaio 2011 Roma 01/01/11 - Chagall, il mondo sottosopra - Museo dell'Ara Pacis 05/01/11 - Pelussje - Init 06/01/11 - Does It Offend You Yeah? - Circolo degli Artisti 07/01/11 - Nesli - Atlantico 08/01/11 - Bill Frisell e Vinicius Cantuaria - Auditorium Parco della Musica 10/01/11 - Reload - Ex Officine di Via Ghisleri 12/01/11 - Resiliencia, fotografia Latinoamericana Contemporanea - Istituto Cervantes 13/01/11 - Quio - Dal Verme / Ardecore - Auditorium Parco della Musica / Lo Spazio Delle Parole - Maxxi 14/01/11 - Caribou (dj Set) + Pilooski - Brancaleone / Belladonna + Shooting Star - Init / Shlomi Aber - Room 26 15/01/11 - Perturbazione - Circolo degli Artisti / Dubfire - Brancaleone / Nicky Siano - Room 26 16/01/11 - Bloodbuster - Altroquando 18/01/11 - Unavantaluna - Auditorium Parco della Musica / Alice Si Meraviglia - Teatro Furio Camillo 19/01/11 - Helloween & Stratovarius - Atlantico 20/01/11 - Damo Suzuki & Afterhours - Circolo degli Artisti / Festival Delle Scienze Trans: La Chiave Segreta Verso L’immortalità - Auditorium Parco della Musica 21/01/11 - Europunk, la cultura visiva Punk in Europa - Accademia di Francia a Roma / Puma Jaw - Init / Marnero + Desperate Living - Dal Verme / Son Of Dave + Black Friday - Circolo degli Artisti / Max Gazzè - Auditorium Conciliazione 22/01/11 - Dj Hype + Mc Daddy Earl - Brancaleone / Julie’s Haircut - Circolo degli Artisti / Turbomatt - Sinister Noise / Seth Troxler - Rashmoon Club 23/01/11 - Lezioni Di Giornalismo - Auditorium Parco della Musica / Witch House Fest - Del Verme / Wi-fi Art - Circolo degli Artisti / Rein - Beba do Samba 25/01/11 - IperCritica, 3 giorni di full immersion con Pasolini - Keaton / Woman Next Door: Hommage À Truffaut - Università La Sapienza 26/01/11 - Prima Live di "Sfumature" - Sotto casa di Andrea / Verdena - Circolo degli Artisti / Analog Trio - Beba do Samba 27/01/11 - Anja Schneider - Goa / Verdena - Circolo degli Artisti 28/01/11 - Giorgio Canali & Rosso Tipeido - Beba do Samba / Combichrist - Alpheus / Morgan - Stazione Birra 29/01/11 - Gary Powell (The Libertines) Dj Set - Radio Cafè / Mamavegas + The Jacqueries Circolo degli Artisti / Radiodervish - Auditorium Parco della Musica / Chambers - Del Verme 30/01/11 - Wi-fi Art - Circolo degli Artisti

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