1991: "The end of the summer days"

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1991: The End of the Summer Days

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1991: The End of the Summer Days 24 settembre 1991. A qualcuno questa data non dirà nulla, ma per molti è la data della propria morte. Sto parlando della data di pubblicazione di “Nevermind”, dei Nirvana, della nascita del Grunge e dell’estinzione delle hair band. Qualche reduce degli anni 80, ancora oggi parla di quel 1991 come l’anno dell’apocalisse, quando tutto il divertimento ebbe fine. In realtà, anche se ci ho messo anni a capirlo, era un processo inevitabile. Perchè? Perché tutto il movimento del Sunset Strip faceva fatica a rinnovarsi e il pubblico iniziava a stancarsi di sentire sempre le stesse cose. Kurt Cobain e le band di Seattle non fecero altro che dare il colpo di grazia ad un genere musicale che era in fase calante, come anni prima fece il punk con il Classic Rock. Si chiamano mode. Hanno un loro ciclo di vita e la loro parabola: nascono, si diffondono, hanno un picco e poi vengono sostituite da altre. Così, mentre il mondo del rock dibatteva se era meglio “Your Illusions” I o II, a oltre 1500 km a nord da Los Angeles, iniziava una vera e propria rivoluzione sonora, che di lì a poco avrebbe scritto la parola fine ai dinosauri dell’hard rock. Ho deciso di scrivere un articolo solo sul 1991, per tre motivi: 1) perché mi sono divertito a riascoltare e a scoprire un sacco di dischi; 2) per dimostrare che nonostante il genere fosse in calo, sono stati pubblicati dei grandi dischi; 3) perché ultimamente sto notando questa tendenza un po’ “snob” nell’idolatrare i gruppi degli anni ‘70 e ‘90, snobbando completamente la decade di mezzo, considerata troppo “frivola” e “spensierata”. Se mi focalizzassi su questo ultimo punto, potrei dire che questi due aggettivi, sono anche sinonimi di divertimento, che è l’essenza stessa del Rock And Roll! Riuscireste ad immaginarvi gli album di Elvis, Beatles o Rolling Stones composti da sole canzoni tristi e cupe? Ovviamente no. Troppo spesso, ci si dimentica che gente come Guns N’ Roses, Europe, Motley Crue, Bon Jovi, Poison o Def Leppard, non solo hanno venduto milioni di copie, ma erano nelle chart insieme a nomi come Madonna e Michael Jackson. È vero, essere nelle classifiche, non è per forza sinonimo di qualità, ma è anche vero che l’Hair Metal in quel periodo era mainstream ed era supportato da autori e budget che ora si possono permettere solo rapper e popstar. Ecco perché l’Hair Metal è una fetta importante della storia del Rock. Sono partito nell’estate di 4 anni fa con un elenco dei migliori album Hair Metal dell’annata, ma stava diventando troppo difficile stilare una lista, così ho deciso di metterci un po’ di tutto, dai “classiconi” ai gruppi underground, dallo sleaze all’hard rock, dai dischi fenomenali a quelli che (forse) non sarebbero mai dovuti uscire. Ho focalizzato la mia attenzione sui gruppi dove cotonature e spandex erano all’ordine del giorno e con nessuna pretesa di stilare la lista definitiva, ma con la speranza di suscitare un po’ di curiosità sui nomi meno noti.

Moreno Lissoni

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SPECIALE

1991

. . . s y a d s r e m m u S e h t f o The end

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1991: The End of the Summer Days 38 Special 8084 Accelerator Adrenalin Kick Airkraft Aldo Nova Alice Cooper Almighty The Angels Aprilz Fool Arch Rival Asphalt Ballet Bad Attitude Bad Candy Bad Romance Bad English Badlands Bad Moon Rising Bai Bang Bang Tango Baton Rouge BB Steal Big House B-Joe Black Cat Moan Blackeyed Susan Blaz-On Bloodgood The Bloody Stools Blue Blue Blood Bonfire Brighton Rock Britny Fox Bryan Adams Bulletboys Cadillac Bratz Casanova Cats:Choir Celebrity Skin Cheyenne China China Rain Circle Of Soul Contraband Crash N’ Burn The CryBabys

Cult Dag Finn Dan Reed Network Danger Danger Dangerous Toys Darby Mills Dare David Lee Roth Desert Rain Desmond Child Diamond Rexx Dillinger Dirty Looks Dirty Rhythm Doctor Rock Dogs D'amour Drivin’ N’ Cryin’ Electrik Enuff Z’Nuff Erika Europe EZ Livin Fighter Flies Of Fire FM Foreigner Four Horsemen Foxx Glorious Bankrobbers Glory GMT Great Big Kisses Great White Gringos Locos Guns N' Roses Hall Aflame Halo Harem Scarem Havana Black Heartland Honeymoon Suite Horsepower Howe II Ice Tiger Idle Cure I Love You I, Napoleon

It’s Alive Jackflash Javan Jax Johnny Law Junkyard Kane Roberts Katmandu Kik Tracee Kingdom Come KingOfTheHill Kix KK Wilde L.A. Guns Klaatu The Knack The Law Law And Order Lee Aaron Legend Lisa Dominique Lita Ford Little Angels The Lost Lost City Love/Hate Love Life Lynyrd Skynyrd Manito Park Mariah Mark Pogue And Fortress John Porter McQueen Street Merzy M.ILL.ION McQueen Street Michael Morales Motley Crue Motorcycle Boy Mr. Big Mr. Meana Mystery Nasty Habit Nasty Idols Nazareth The Neighborhoods

Neverland New Tattoo New Dynasty Novella Nitro Noisy Mama NVS Outlaw Blood Ozzy Osbourne Petra Pink Cream 69 Pleezer Steve Plunkett Powerage Poison Prophet Radio Active Cats Radio Moscow Ransom Rated X Rattlesnake Kiss Ratt Razor White Reptile Smile Return Richard Marx Richie Sambora Roadhouse Royal Tramps Saraya Sargant Fury Scarecrow The Scream The Screaming Jets Shadow King Shanghai Shanghai’d Guts Siloam Skid Row Skull Torben Schmidt Snakepit Rebels Spiders & Snakes Stage Dolls Chrissy Steele The Storm Straight Up

Stranger Stryper Surrender Susie Hatton Sweet F.A. Tall Stories Tangier Ken Tamplin Tattoo Rodeo Tattooed Love Boys Tesla Thunderhead The Throbs Tigertailz Tipsy Wit The Toll Tornado Babies Touris Transit Triple X Tuff Tyketto Ugly Kid Joe The Ultras Under Fire Van Halen Warrior Soul W.E.T White Lion Whitecross Wighthouse Wanderland Rudy Wild Wild August Wild Boyz Wild Horses Wolfsbane Worrall X-Sinner XYZ =Y= Yesterday and Today Zar Dweezil Zappa Zaza Zeros Zodiac Mindwarp

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1991: The End of the Summer Days

38 Special

Accelerator

Airkraft

Alice Cooper

Charisma Records

Intercontinental Records

Curb Records

Epic Records

Gruppo di southern rock fondato a metà anni 70 da Donnie Van Zant. Inizialmente dediti a sonorità care alla band del fratello maggiore, i Lynyrd Skynyrd, nel corso degli anni 80 si sono indirizzati verso un Hard Rock più bluesy e melodico. “Bone Against Steel” arriva dopo il successo commerciale di “Rock And Roll Strategy”, ed è il primo con la nuova etichetta discografica. L’indirizzo musicale si potrebbe definire Aor Sudista, perché il sound rimane sempre in bilico tra i due generi. Da playlist “The Sound Of Your Voice” e “Rebel To Rebel”.

Se al primo impatto il look e il pomposo brano di apertura ci fanno pensare a dei novelli Angel, proseguendo con l’ascolto del disco si capisce subito che al gruppo piace suonare del (canonico) Hair Metal dalla melodia facile. Più osannato dai collezionisti (il CD lo si trova a non meno di 200 dollari) che dalla critica, “Welcome To The Show” scivola nella frangia di quei gruppi arrivati troppo tardi e con un prodotto da 7 meno. Da segnalare la cover di “Rock & Roll Fantasy” dei Bad Company e la presenza del singer Abbie Stancato, poi membro dei Nova Rex.

Piccolo classico dell’Aor per questo combo che diede alle stampe un grande disco, dove compaiono brani già celebri per gli appassionati del rock adulto: “Someday You’ll Come Running” suona anche nei lavori di Mark Free, FM e Venus And Mars, mentre “Heaven” - scritta da Jack Ponti, Vic Pepe e Stan Bush - è ripresa da quest’ultimo in un suo album. In bilico tra Aor elettrico e Melodic Rock, tra Journey e Styx, questo disco non ha ancora smesso di stufarmi anche a distanza di anni.

Dopo il successo di “Trash”, Zio Alice tornò con un disco dove non fa sconti, radunando nuovamente un plotone di musicisti che contribuirono nell’ottima resa di questo lavoro. Un esempio? ...la title-track oltre a raggiungere il numero 78 della Billboard vede come special guest Slash, Joe Satriani e Ozzy Osbourne, ma la lista di ospitate è infinita: i “soliti” Vic Pepe e Jack Ponti, l’immancabile Desmond Child e poi via con Kelly Keeling, Al Pitrelli, Steve West, Zodiac Mindwarp, Ian Richardson, Mick Mars, Nikki Sixx, Jim Vallance… Mr. Furnier ha sempre saputo come fare dei buoni dischi.

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Adrenalin Kick

Swinesong

TAB Music

Ho conosciuto questo gruppo molto tardi rispetto alla loro nascita, per l’esattezza nel 2005 con l’album “The Last Great Train”, ma la band è attiva dagli anni 80 tant’é che questo è il terzo lavoro della loro discografia. Purtroppo il disco arriva dopo la scomparsa del tastierista Charlie Hawthorne, morto in un’incidente stradale alla vigilia di Natale del 1989, di ritorno da un concerto. Questo mini, pur non rappresentando l’apice della loro carriera, darà soddisfazioni agli appassionati di rock melodico con l’Aor di “Call Me”, e il mid-tempo di “Surrender”.

Se l’originalità non è sempre un requisito indispensabile, allora l’esordio degli Adrenalin Kick potrebbe finire nella vostra wish-list. Scioltisi dopo la pubblicazione del secondo disco, i cinque si sono fatti notare per il loro street metal ben fatto a cui manca qualche lampo di genio per uscire dall’anonimato. Fra Skid Row e Kick Tracee, i cinque inglesi riescono comunque a mantenersi su buoni livelli compositivi dando il meglio in pezzi come “De-Humanize”, “Cold, Tired, And Hungry”, “Beware The Stranger”, “Get Up” e “Rough Stuff”.

Bone Against Steel

Satisfation Guaranteed

Welcome To The Show

Bad Reputation

In The Red

Aldo Nova Blood On the Bricks

Jambco/Polygram Dopo 6 anni di silenzio da “Twitch”, il rocker canadese fece la sua comparsa nei negozi di dischi con un nuovo album, realizzato sotto l’ala protettrice di Jon Bon Jovi, con cui aveva collaborato nella colonna sonora di “Young Guns”. L’impronta del frontman della band del New Jersey è molto evidente, si passa così dall’Aor hi-tech degli esordi ad un melodic rock “anthemico”. Tre i singoli estratti: “Blood On The Bricks”, “Medicine Man” e “Someday”, ma nessuno di questi aiutò il musicista di origini italiane a tornare sulla cresta dell’onda. Passò così dalla parte opposta della consolle producendo tra gli altri alcuni album di Celine Dion.

L’Heavy Metal ed il rock’n’roll in generale sono musiche fatte per divertire, per far star bene chi ascolta, per dare nuova energia. Alice Cooper

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Hey Stoopid


1991: The End of the Summer Days

Almighty Soul Destruction Polydor Originari di Glasgow e capeggiati dal frontman Ricky Warwick (ora al microfono dei Black Star Raiders), scossero il Regno Unito con un sound dall’aggressività controllata. Dopo un paio di dischi tornarono nel 1991 con Andy Taylor dei Duran Duran alla regia e con quello che è a mio parere uno dei loro lavori migliori. Blues, sleazy e ... rock viscerale, come se Motorhead e Dogs D’Amour diventassero amici inseparabili di bevute.

Asphalt Ballet Asphalt Ballet Virgin Mentre l’attenzione sulla scena Hair Metal era prettamente focalizzata ad Hollywood, a San Diego nacque questa band legata alla scena più per immagine che per affinità musicali, infatti il loro debutto, dal retrogusto di distillato illegale, ricordava più gruppi come Little Caesar che Poison o Motley Crue. Il mercato discografico non era più quello di qualche anno prima così, nonostante le recensioni positive da parte dei media specializzati, l’album non ottenne il successo commerciale aspettato. Si decise di puntare ad un cambio di sonorità, ma questa scelta non andò giù al vocalist Gary Jeffries che lasciò la band per seguire altre strade, mentre la band tornò con il secondo disco dal titolo “Pigs”, dove troviamo la song “Crash Diet”, scritta da West Arkenn e Axl Rose.

The Angels Red Back Fever

Mushroom Records Nati come The Angels, ma conosciuti anche come Angel City e The Angels From Angel City (cambiarono nome per evitare problemi legali con altri “angeli” americani), si formarono nel lontano 1974, diventando tra i gruppi australiani più apprezzati, tanto che i Guns N‘ Roses li hanno citati tra le loro maggiori influenze. “Red Back Fever” è il decimo album in studio, registrato in parte a Memphis e co-prodotto dal gruppo insieme Steve James, ha raggiunto la posizione numero 14 nelle chart in Australia. Servirebbe però un articolo intero per parlare compiutamente di questa seminale band, ma intanto iniziate a (ri)scoprirli con questo “Red Back Fever”.

Aprilz Fool

Arch Rival

Bad Attitude

Chemical Groove Records

Windmill

Road Line Records

Uscito originariamente solo in cassetta e ristampato nel 2003 su CD con l’aggiunta di 2 bonus track (“City At Night”, “Cry Sofly”), il disco d’esordio di questo quartetto americano è roba destinata esclusivamente agli intenditori e agli amanti delle sonorità Poison-iane. Non aspettatevi l’erede di “Open Up and Say...Ahh!”, ma avvicinatevi a questi 11 brani come veri irriducibili del Sunset Strip senza nessuna pretesa.

Nella sezione “avrebbero meritato più successo” troviamo anche questi quattro rocker dell’Ohio capitanati dal vocalist Steve Snyder e dal bravissimo chitarrista Michael Harris. “In the Face Of Danger” è il titolo della loro prima fatica, un robusto e melodico metal spesso accostato a quello di Dokken, Fifth Angel e Skid Row, che ha la sua massima espressione in “Rock The Night Away”, “Siren’s Song”, “Can You Tell Me Why?” e nella cover di “Revolution” dei Beatles. Di recente il disco è stato ristampato dalla Rock-a-holics Records con l’aggiunta di 4 bonus track e un DVD dal vivo.

I primi “cattivi” dell’annata sono i Bad Attitude, gruppo di buone speranze nato nel 1988 in Pennsylvania e che esordì discograficamente proprio nel 1991 per un’etichetta indipendente. Discreto mix di Fastway e Motley Crue, e anche se i riscontri si rivelarono positivi e i concerti insieme a David Lee Roth, Nazareth e Night Ranger fecero girare il nome della band, non riuscirono ad arrivare al secondo lavoro per colpa dell’arrivo delle camicie di flanella.

Aprilz Fool

In the Face Of Danger

Prisoner Of Rock

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1991: The End of the Summer Days

Bad Candy

Bad Romance

Badlands

Bai Bang

Autoprodotto/Retrospect Records

Mercury

Atlantic Records

Jaguard Records

Originari di St. Louis, in Missouri, i Bad Candy debuttarono nel 1991 con l’ep “Welcome To The Party”. Una vivace attività dal vivo non bastò a salvarli dal fenomeno Grunge che, prima li portò a cambiare la line-up, e poi il monicker in Beggars Playground. Per quanto riguarda la proposta sonora, ci troviamo nelle orecchie un canonico Glam Metal a-là Poison, penalizzato da una registrazione low-budget e da un songwriting un po’ scontato. Materiale per collezionisti che potete trovare grazie alla ristampa della Retrospect Records.

Di Joanna Dean si era già sentito parlare nel 1988 con un album solista, ma qualche anno più tardi insieme a una manciata di rocker del Tennessee e con l’aiuto di Tom Keifer (da brividi il duetto nella cover di “Love Hurts”) torna con “Code Of Honor”, unica traccia lasciata sugli scaffali di dischi da questo progetto. La voce roca della Dean graffia come una tigre a cui sono stati portati via i suoi cuccioli: “The Hunger”, “Eye Of The Storm”, “Bad Romance” e “Love Is Blind” (quest’ultima potrebbe stare benissimo su un disco dei Cinderella), sono tutti pezzi di sporco bluesy hard rock, per nulla banali e scontati.

Un altro supergruppo. Un altro capolavoro. La roboante “The Last Time”, gli hard rock cadenzati di “Show Me The Way” e “Three Day Funk”, la cover di James Taylor di “Fire and Rain”, il blues del delta della title-track e la romantica “In A Dream” sono pezzi che mi fanno ancora venire la pelle d’oca... Purtroppo le forti personalità di Ray Gillen e Jake E. Lee continuarono a scontrarsi fino ad arrivare allo scioglimento. Il 3 dicembre 1993 Gillen morì per AIDS. Il terzo album dal titolo “Dusk” venne pubblicato postumo nel 1999 per la Pony Canyon.

Ristampato di recente dall’Aor Heaven, “Cop To Con” è il secondo album della band svedese. Hard rock melodico dal mood “glammy”, non ancora pronto però a reggere il confronto con le proposte d’oltreoceano, anche se il livello qualitativo è buono ed episodi come la title-track, “Answer”, “Heart On Fire”, “Love Is Strong”, “Adrenalin” ci regalano un piacevole ascolto.

Welcome To The Party

Code of Honor

Voodoo Highway

Cop To Con

Bad English Backlash

Epic Records Questo super gruppo formato da John Waite, Ricky Phillips, Jonathan Cain, Neal Schon e Deen Castronovo, che conquistò con il loro esordio il cuore di tutti i patiti di Aor, sfornò un altro imperdibile capolavoro dopo gli esaltanti riscontri avuti con il disco di debutto. Purtroppo le vendite non saranno quelle desiderate, ma è indiscutibile il valore di questo album, sempre ancorato ai tradizionali dettami del Rock Melodico, regalandoci dei classici del genere come “Straight To Your Heart”, “Time Stood Still”, “The Time Alone With You “ e “Savage Blue”.

Bang Tango Dancin’ On Coals MCA

Bad Moon Rising Bad Moon Rising Pony Canyon

Settembre 1989, il batterista Mark Edwards si rompe il collo durante una gara motociclistica e dice la parola fine ai Lion. Il frontman inglese Kal Swan e il chitarrista Doug Aldrich decidono quindi di lanciare un nuovo progetto, i Bad Moon Rising. Con la partecipazione di Michael Schenker (“Build For Speed”), Chuck Wright, Ken Mary e diversi ospiti prestigiosi, danno alle stampe un album che non si discosta molto da quello che già proposto dalla precedente esperienza, un vitaminizzato hard rock dall’impatto Whitesnake-iano. Dopo la release, entrano stabilmente nella formazione gli ex Hericane Alice Ian Mayo e Jackie Ramos, nel 1993 incidono “Blood” e due anni più tardi “Opium for the Masses”, ma ormai la musica alternativa aveva già fatto mattanza dei gruppi di rock duro.

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Non sono mai stati tra i miei gruppi preferiti della scena Hair Metal, ma bisogna dargli atto di aver scritto un capitolo importante della scena musicale del Sunset Strip con “Psycho Café” e con il singolo “Someone Like You”. Il sound della band si è sempre distinto per un mix di Street Rock e funk, ma in questo secondo disco aleggia anche un’atmosfera notturna che prende le distanze dal Party Metal in voga in quegli anni. La voce ruvida di Joe Lestè e il basso di Kyle Kyle sono gli elementi portanti di un lavoro originale punteggiato da diverse influenze.


1991: The End of the Summer Days

Baton Rouge

Big House

Black Cat Moan

Atlantic Records

BMG/RCA

Microtrain

Un’altra super band. Questa volta vede nelle vesti del burattinaio quel Jack Ponti, musicista, songwriter e produttore, conosciuto non sono solo per aver scritto “Shot Through The Heart” dei Bon Jovi, ma una valanga di hit su i dischi di Bonfire, Trixter, Alice Cooper, Nelson, Doro, Keel, ecc. “Lights Out On The Playground” è un album di Arena Rock leggermente più ruvido del predecessore, un’hard rock cromato con cori anthemici e dall’indole solare e “cantereccia”. L’avventura terminò lo stesso anno, in quanto il cantante e tastierista Kelly Keeling accettò l’offerta di entrare nei Blue Murder di John Sykes. La band tornò con il solo Keeling nel 1997 che pubblicò un disco omonimo per la MTM Music, dove vennero riprese delle vecchie demo.

Hair Metal per il quartetto dell’Alberta che, dopo un Ep pubblicò il loro unico full length. La band si fece notare per qualche singolo ben riuscito, come nell’opener “Dollar In My Pocket”, nel glam metal di “All Nite” (tra Motley Crue e Poison) e nella ballata dal retrogusto sudista “Baby Doll”. Hard Rock graffiante ed allegrotto, dove trovano spazio pezzi ruffiani come “Refuse 2 Run”, la catchy “Can’t Cry Anymore”, il party pop di “L.A.” e “Happiness”, dove sembra di sentire i Cheap Trick che suonano i Kiss. Due curiosità: il bassista Jay Scott King suonò in alcuni demo dei Brunette e l’artwork è stato realizzato dal celebre designer Hugh Syme, conosciuto per aver realizzato le copertine dei Rush.

Con influenze musicali che vanno dai Great White ai Cinderella, dai Tora Tora ai Led Zeppelin, nel 1991 sono apparsi nella scena street questi cinque rocker che a parte il passaporto, hanno davvero poco di svedese: atmosfere western sono alla base dell’opener “Heartbreak Jury” e nella campagnola “Ride On”, mentre è un viscerale rock’n’roll stradaiolo ad impossessarsi di “Breaking The Rules” e “Good Girl Gone Bad”. Con “You’ve Got It” emerge il lato più spumeggiante della band per un album intriso di blues, peccato che anche loro siano stati inghiottiti dal grunge.

Lights Out on the Playground

Big House

Black Cat Moan

Blackeyed Susan Electric rattlebone

Mercury Records

Lasciati i Britny Fox all’apice del loro successo per divergenze musicali, il frontman Dean Davidson forma i Blackeyed Susan, continuando a suonare dello sleaze blues, sulla scia dei concittadini Cinderella (di cui troviamo anche il tastierista Rick Criniti, qui alle prese con la chitarra). In “None Of It Matters”, “Sympathy”, “Ride With Me” troviamo suoni che vengono da lontano, tra atmosfere orientali e divagazioni funk, ma è la matrice blues a riempire le note degli spartiti della band. Nonostante le buone recensioni e un po’ di visibilità, la band fu schiantata dal ciclone Grunge, tant’é che il secondo lavoro “Just A Taste” non venne mai pubblicato sui canali “ufficiali”. Criniti si unì ai LeCompt, mentre Davidson continuò con i suoi progetti solisti pubblicando “A Weekend Soul Massage” (sotto il nome di Jarod Dean), “Drive My Karma” nel 2007, “Three Days” nel 2010 e “Superstar” con il gruppo chiamato Love Saved The Day.

Blaz-On In Our Free Time

B-Joe BB Steal On The Edge

Phonogram I Def Leppard australiani si chiamano BB Steal! Dopo aver pubblicato un album nel 1984 con il nome Boss, il vocalist Craig Csongrady e il chitarrista Kevin Pratt formano i Beg Borrow Steal, ma solo nel 1991 danno alle stampe questo bellissimo album prodotto Phil Collen, registrato tra Los Angeles e Montreal con Rob Jacobs (Bon Jovi, Eagles, Don Henley) e Pete Woodroffe (Def Leppard). A volte è imbarazzante la somiglianza con la band di Sheffield (ascoltate “Big Love”), ma c-h-i-ss-e-n---f-r-e-g-a i pezzi sono fighi e la band sa il fatto suo. “On The Edge” rese meno indolore ai fan dei Leps l’attesa per il seguito di “Hysteria”.

Pwetend Records

B-Joe

Electra Prende il nome dal leader B-Joe Johansen questa band danese attiva nella seconda metà degli anni 80, ma che solo nell’agosto del 1991 rilasciò il loro primo disco, forse non il migliore, ma pur sempre un discreto lavoro di rock melodico con qualche puntatina negli anni 70. Anche se il gruppo è sempre stato accostato alla scena Aor scandinava, nel loro sound si avverte ancora una certa ricerca di identità che verrà attestata con “Ready To Ride” dell’anno seguente, a mio giudizio, la loro miglior release.

Il debutto dei Blaz-On richiama sonorità e band che hanno fatto la fortuna dell’hard rock made in USA, prendendo spunto un po’ qua e un po’ là nel background musicale americano. Una buona alternanza di Class Metal con sferzate stradaiole, il tutto condito dalla voce corrosiva di Mike Wise ed impreziosita dal lavoro alla chitarra di Frank White. Poco altro da aggiungere, il trio della Pennsylvania è riuscito a produrre un lavoro estremamente piacevole, di rock duro tipico di quegli anni.

LE CHITARRE HEAVY SONO QUELLE CHE SUONANO MEGLIO. NON SONO COSÌ COMODE MA SUONANO ALLA GRANDE!

Neal Schon

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1991: The End of the Summer Days commerciali dei Bon Jovi, ne l’impatto devastante degli Skid Row, ma solo della mediocrità. Class Metal reso quasi insopportabile dalla voce di Frankie Long, a Philadelphia c’era sicuramente di meglio...

il nome Blue Blud, debuttarono nel 1989 con l’album dal titolo “The Big Noise” e come nel disco d’esordio, anche il loro come-back ci consegna un gruppo di talento che suona un’hard rock americaneggiante a cui però mancano quei brani anthemici come “One More Night” presenti sul primo lavoro. Gusto per la melodia ed episodi ispirati dal Bon Jovi d’annata, fanno di “Universal Language” un lavoro valido, anche se non li pone tra i primi della classe.

Bloodgood

Brighton Rock

Broken Records

WEA

Nati proprio in quella Seattle che poi sarebbe diventata la città dell’apocalisse per i gruppi Hair Metal, i rocker si accorsero di loro nel 1984 con il demo “Metal Missionaries”. Contraddistinti da sempre da un suono più metal che rock, con “All Stand Together” tentarono la carta mainstream, facendo la felicità dei fedeli dell’AOR piuttosto che dei metalhead, anche se non mancano momenti di Class Metal sublime, come nell’opener “S.O.S.”, ma è in brani come “Escape From The Fire” o “Out Of Love” che si delinea il nuovo corso sonoro della band. Il castigo divino arriverà nel 1994 con lo scioglimento ufficiale durato fino al 2006.

Secondo il vocalist Gerry McGhee, il terzo disco della band canadese era il disco che li rappresentava al meglio a quello che volevano essere: un mix tra Tesla e Kix. La formula sonora quindi si lascia alle spalle il rock melodico fatto sentire su “Take A Deep Breath” per passare a brani di muscolare rock duro come “Bulletproof”, “Mr. Mistreater”, “Love In A Bottle” o la cover di “Cocaine”. Si sciolsero l’anno successivo per riunirsi nel 2001, quando pubblicarono l’album dal vivo “A Room for Five Live”.

All Stand Together

Love Machine

Blue Blue

Eurostar Records Tra i vari progetti del vocalist Marc Storace, bisogna annotare anche i Blue con il chitarrista e produttore Vic Vergeat (Toad, The Bank, Gotthard), conosciuto per le sue collaborazioni con Hawkwind, David Hasselhoff (avete letto bene!) e la “nostra” Gianna Nannini. Dimenticate l’hard rock ruggente dei Krokus, perché qui Storace va in cerca della classe e della melodia, realizzando un sorprendente disco Aor di buon valore, anche se avremmo fatto a meno dell’ennesima cover di “When a Man Loves A Woman”.

The Bloody Stools Meet The Bloody Stools Caroline/Ill Labels Non so come ci sono finiti Richie Sambora e Dave Snake Sabo come ospiti in questo disco, probabilmente erano parenti o compagni di scuola, perché “Meet The Bloody Stools” non ha ne le velleità

Blue Blood Universal Language

Music For Nation Quintetto inglese nato dai membri dei Trespass. Dopo aver inciso qualche demo con

Bonfire Knock Out BMG Tra le formazioni che hanno tenuta alta la bandiera dell’hard rock teutonico negli anni 80, c’erano sicuramente anche i Bonfire. Con “Knock Out” diedero una svolta più soft al loro sound, con qualche critica da parte dei fan di lunga data. Nonostante l’approccio più radiofonico, il disco non raggiungerà i risultati sperati, ma è senza dubbio una delle loro migliori release firmate dall’inconfondibile “penna” di Claus Lessmann. Pezzi più hard si alternano a brani più catchy e alle immancabili ballate, a cui si aggiunge la cover di “The Stroke” di Billy Squire. Anche in questo caso il Grunge giocò un ruolo fondamentale per la carriera della band che tra alti e bassi, e cambi di formazione, continua a pubblicare dischi.

Bryan Adams Waking Up the Neighbours A&M Records Ero indeciso se inserirlo in questa “compilation”. Poi l’ho riascoltato... e cazzo, “Waking Up the Neighbours” ci deve essere perché è un gran disco! Commerciale, pop, ecc. dite quello che volete, ma non potete dire che questo lavoro è un brutto lavoro, anzi, rimane uno dei miei preferiti dell’artista canadese. Fate finta che “(Everything I Do) I Do It For You” non sia nella track-list e

BRITNY FOX Bite Down Hard

East West Records Con l’abbandono di Dean Davidson, la band di Philadelphia dovette cercare un sostituto che trovò in Tommy Paris, cantante di Las Vegas strappato ai Jillson. Il cambio di songwriting ne risente inevitabilmente visto che Davidson era l’autore della maggior parte dei pezzi, passando così da uno sleaze rock sporco e stradaiolo, ad un più cazzuto street metal dove fanno capolino ospiti come Zakk Wylde, nella possente “Six Guns Loaded”, e Rikki Rockett dei Poison nella cover di “Midnight Moses” dei Sensational Alex Harvey Band. Non il disco migliore della loro discografia, ma senza dubbio uno dei più validi di quell’annata.

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1991: The End of the Summer Days del 1992. “Fasten Your Seatbelts” (ristampato nel 2014) è la loro unica testimonianza musicale, un disco di party metal che ha nella radiofonica “Diamond Disease” il pezzo migliore.

sentite il resto dei brani, sono tutti dei frizzanti rock and roll dove si fa sentire pesantemente la mano di “Mutt” Lange, con un paio di pezzi che potrebbero benissimo essere usciti da un album dei Def Leppard (“All I Want Is You”...). Tutti i singoli estratti raggiunsero la vetta delle classifiche in diversi paesi e il disco vendette oltre 4 milioni di copie solo negli Stati Uniti. Per fortuna che Adams affermò che scriveva musica per se stesso e non per cercare di piacere a nessuno...

Cheyenne

Casanova

Rebel Underground

Casanova

Delinquent Records

WEA

Bulletboys Freakshow

Warner Bros Entrato a far parte nelle offerte praticamente ancora prima di uscire, “Freakshow” viene inserito in questa carrellata di titoli più per il nome che per merito, infatti, non fu facile per la band di Marq Torien, tornare sul mercato scrollandosi di dosso l’ingombrante paragone di cloni dei Van Halen e bissare le vendite dell’esordio. Tecnica, carisma e un brano che raggiunse la posizione numero 22 della Mainstream Rock (la cover di “Hang on St. Christopher” di Tom Waits) non li salvarono dall’ondata di musica alternativa.

I Casanova furono un valido progetto nato dal vocalist Michael Voss e dal batterista Michael Eurich, ex membri di Mad Max e Warlock. Prendendo un po’ le distanze dal vecchio sound “metal” delle precedenti esperienze, si buttarono anche loro nel filone “americano”, proponendo un hard rock melodico influenzato dai Bon Jovi e volendo, del nuovo corso dei Bonfire. Ristampato di recente dalla Divebomb Records con 7 bonus-track, il debutto discografico dei tedeschi propone un sound elegante e si fa notare per brani come gli up-tempo “Don’t Talk About Love” e “The Girl is Mine”, nelle ruggenti melodie di “Burning Love”, “Love Lies” (la mia preferita), “Bang Bang” e “Sticky Sweet”... “Hollywood Angels” o la ballata “Heaven Can Wait”, sono brani che dovrebbero essere obbligatoriamente inseriti nelle vostre playlist di rock melodico.

Cats:Choir House Of Dog

Sonic Nirvana Trio di San Francisco formato dal cantante chitarrista Devin Powers, dal bassista Tom Cosgrove e dal batterista Jimmy Sage, dedito ad un’originale hard rock dalle connotazioni psichedeliche e funky. Addirittura quindici i brani in scaletta dove vi segnalo “Dirty Angels” e la Zeppelin-iana “Call Of The Wild”. A modo loro i Cats Choir portano avanti una rivoluzione, prendendo i temi del Rock Classico rivestendoli con le sonorità del XXI secolo.

Celebrity Skin Good Clean Fun

Triple X Records

Cadillac Bratz Fasten Your Seatbelts C.N.A. Manhattan Siamo a Detroit alla fine degli anni 70. Il vocalist Michael Spaz McGoorty gira i club del circuito con i Cadillac Kids, ma agli inizi del decennio successivo si trasferisce in Florida deciso a sfondare. Nel giro di poco tempo recluta nuovi compagni e nascono così i Cadillac Bratz. Da Miami a Tampa la band suona in lungo e largo per lo stato in compagnia di Dokken, Romantics, Edgar Winter Group e REO Speedwagon e vengono addirittura nominati dalla rivista Jam come la miglior rock band

La storia dei Celebrity Skin passa per Germs, Vagina Dentata e Endless Banana. Debuttano nel 1990 con un EP prodotto da Earle Mankey degli Sparks, si fanno strada nella scena californiana con un look effeminato e atteggiamenti eccentrici (il vocalist Gary Jacoby usava vestirsi da Pinocchio durante i concerti) e con un’anima musicale che risiede negli anni 70, tra lustrini, zatteroni e... punk. Dopo lo scioglimento, il chitarrista Jason Shapiro formò i Threeway e suonò con i Redd Kross, il bassista Tim Ferris si unì ai Big Baby e poi ai Cramps, il batterista Don Bolles continuò la sua attività come dj e suonò occasionalmente con i 45 Grave.

Se esistesse un campionato calcistico delle band del 1991, probabilmente i Cheyenne sarebbero a metà classica delle serie B, salvi dalla zona retrocessione e lontani dall’ambire a posizioni di promozione. Se avessero avuto una produzione migliore e qualche arrangiamento più originale, staremmo qui a parlare di meteora sleaze glam, ma dispiace dirlo, i Cheyenne erano una sorta di Faster Pussycat wanna-be con le cose più interessanti sentite in “(Witza) No Win Situation”, “Gonna Drink All Night”, “Coming Home”, “Nighttime Outta Line” e “No Surprise”. Alcuni membri della band si rifecero sentire qualche anno più tardi con il nome di Little Rebel e un paio di dischi sempre per la Delinquent Records.

China

Go All The Way Vertigo Dopo la firma con la Phonogram tedesca e conseguente pubblicazione del disco d’esordio datato 1988, tornano l’anno successivo con “Sign In The Sky” e con il nuovo cantante Patrick Mason. Gli ottimi risultati di vendite, non gli impedirono di cambiare ancora formazione con l’innesto nella band del singer americano Eric St. Michaels, già con i newyorkesi Big Trouble. Il compito di ripetere il successo del predecessore non era dei più facili ed infatti, non riuscì a raggiungere i livelli di “Sign In The Sky”, anche se non mancano le belle canzoni: “Pictures of You”, “Slow Dancing in Hell”, “‘She Did A Real Good Job”, “Don’t Let In the Night”...

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1991: The End of the Summer Days

China Rain

Circle Of Soul

Crash N’ Burn Fever

Where Have All the Good Girls Gone

Dig It International

Hollywood Records

BMG

Receiver Records

Randy Jackson era il cantante e chitarrista degli Zebra, gruppo di New Orleans che ebbe una certa notorietà negli anni 80. Dopo la parentesi Jefferson Airplane (Jackson è un noto turnista) formò i China Rain su suggerimento di Jason Flom (A&R dell’etichetta) con Ronnie Snow alla chitarra, Teddy Cook e Brian Tichy alla sezione ritmica. A completare la squadra Jack Ponti insieme all’immancabile Vic Pepe che, con il loro marchio di fabbrica, producono questo lavoro di spensierato rock a stelle e strisce, che non disdegna qualche capatina in territori Zeppelin-iani. Durante l’ascolto spiccano la brillante “Psychedelic Sex Reaction” (esiste una versione anche dei Babylon A.D.), l’hard rock di “Before It’s Too Late” (con Mark Slaughter alla voce), la lenta “I Loved You Lied” e la melodica “Valerine”.

Sono passati quasi tre decenni, ma ricordo ancora i passaggi del singolo di “Shattered Faith” su VideoMusic (la storica emittente televisiva toscana), non era il Glam Metal che ero solito ascoltare, ma le recensioni positive che continuavo a leggere mi spinsero all’acquisto del CD. La loro musica rispecchia alla perfezione il trend di inizio anni 90, quando il metal venne “contagiato” da altri generi e così, dopo gli Extreme, ecco che arrivò un altro gruppo che si faceva porta bandiera di quel rock dalla forte componente funky e... soul. Non saranno stati il gruppo di punta di questo movimento musicale, ma rimane un’interessante disco che miscela al meglio Living Colour, Crown Of Thorns e… Lenny Kravitz.

In una scena hard rock ormai satura, nel 1991 fecero capolino anche questi quattro rocker inglesi dal cuore texano. Dodici tracce, forse un po’ carenti d’inventiva, ma ottimamente eseguite e con spunti accattivanti come nel il mid-tempo di “Hot Like Fire”, nelle ritmate “Ride The Rainbow” e “Dancin’ With The Devil”, in “River Of Love” e “Bump And Grind”, dove richiamano i Little Caesar. L’infuocato rock and roll stradaiolo di “Wheels Of Fire” e il blues da saloon di “Singin’ The Blues” ci conducono verso la fine del lavoro e mostrano una band dal buon potenziale che avrebbe potuto dire la sua se non fosse stata uccisa da Kurt Cobain.

In quest’annata, non solo hard rock patinato e Hair Metal festaiolo, ma tanto sleaze maleducato riempiva gli scaffali dei negozi di dischi. Tra questi c’erano anche il gruppo inglese nato dalle menti di Honest John Plain (The Boys e di recente visto anche con Lester Greenwsky) e Darrell Bath (The Dogs D’amour, UK Subs, Temple Tudor). I CryBabys si lanciano nel disperato tentativo di salvare il rock and roll, con il loro sound che risente di serate brave fatte di alcol, droga e degli ascolti di Mott the Hoople, Bowie, Rolling Stones e New York Dolls.

Bed Of Nails

Hands of Faith

The CryBabys

Contraband Contraband

Impact Records Non so come definire questo progetto, se una marchetta o un “troviamoci e registriamo qualche canzone per divertirci”. Resta il fatto che durante un’unplugged di Vixen e Ratt per le session di MTV, Bobby Blotzer, Share Petersen e l’ospite della serata, Michael Schenker, decidono di mettere su questo gruppo insieme a Richard Black degli Shark Island e a Tracii Guns, in pausa dai suoi L.A. Guns. Bocciati dalla critica musicale, durarono il tempo shot di tequila ed è un peccato perché a mio avviso è un disco godibile, grazie anche al nugolo di autori ben conosciuti pronti a dare una mano ai cinque: Mark Spiro, Dann Huff, Tim Feehan e una serie di cover divertenti come “All the Way From Memphis” (Mott the Hoople), “Good Rockin’ Tonight” (Roy Brown) e “Hang On to Yourself” (David Bowie).

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1991: The End of the Summer Days

Cult Ceremony

Dan Reed Network The Heat

Dangerous Toys

Beggars Banquet

Mercury Records

Columbia Records

Difficile lasciare fuori un album del genere, nonostante il loro passato non sia proprio Hair Metal. La camaleontica creatura di Ian Asbury e Billy Duffy, centra nuovamente il bersaglio con un lavoro in linea con i tempi pur mantenendo il loro inconfondibile marchio di fabbrica. Ho ancora davanti agli occhi il video di “Wild Hearted Son”, introdotto dalla danza di un pellerossa, si scatenava in un vigoroso hard rock chitarristico, territorio musicale che prende una grande fetta su questo lavoro. “Ceremony” è un album all’insegna di un Rock roboante, che si intreccia con il loro passato oscuro, a tratti ipnotico e travolgente e a tratti feroce ed evocativo.

Ho sempre associato il musicisti di colore al blues, al jazz, al… rap, ed è per questo che quando li vedo suonare Hard Rock (o Aor), mi incuriosiscono più di altri. È il caso del gruppo del South Dakota, che fonde rhythm and blues e funk, al rock classico, risultando un piacevole impasto sonoro di Prince, Living Colour e Aldo Nova. Prodotto dal leggendario Bruce Fairnbairn, “In Heat” è il loro disco della maturità, con brani impegnati e con musicisti di alto livello. Nonostante le buone vendite furono scaricati dall’etichetta discografica e dopo l’inevitabile scioglimento, sono tornati in pista nel 2016 con il disco dal titolo “Fight Another Day” per la Frontiers Records.

Con l’arrivo del grunge, lo Street Metal dopo anni di fuochi d’artificio, iniziò rapidamente a sparare le sue ultime cartucce. La band texana, sulle onde del successo del disco d’esordio, pubblicò il come-back con il noto produttore Roy Thomas Baker (The Cars, Queen, Journey), ma le vendite non andarono come sperato e vennero così licenziamenti dalla Columbia Records. Malgrado questo, il gruppo capitanato dal frontman Jason McMaster realizzò un disco di indiavolato Sleaze Metal, un mix tra Guns N’ Roses, Rose Tattoo e Aerosmith, da ascoltare in auto con un buon impianto stereo e il volume alto… molto alto!

Darby Mills And The Unsung Heroes

Hellacious Acres

Never Look Back WEA

Conosciuta principalmente per essere la voce degli Headpins, in momento di pausa della band, approfittò per dare alle stampe il suo primo album solista, che musicalmente non si discosta molto dalle sonorità della band canadese. Grazie alla sua voce pazzesca, ci esalta nella delicata “Give It All Up” e nella ruggente “Hot Water”, per un disco di grande Aor al femminile. La Mills si pone di diritto nell’Olimpo delle dee del Rock anni 80, in compagnia di Lee Aaron, Lita Ford, Vixen, Saraya e Joanna Dean.

Danger Danger Screw it! Epic

Dag Finn

The Wonderful World of Dag Finn

Lasciate in un angolo le cromature Aor del disco di debutto, i Danger Danger tornarono sul mercato con quello che a mio avviso il loro capolavoro: un album che non solo ti fa divertire, ma ti fa pensare che non esiste altro da fare nella vita. “Monkey Buniness”, “Beat The Bullet”, “Get Your Shit Together”, “Crazy Nites”, “Everybody Wants Some”, sono l’ideale colonna sonora per feste in piscina e scorribande con gli amici e pongono “Screw It!” tra i migliori dischi del settore, di sempre. Se dovessi riassumere con un disco il termine “party metal”, probabilmente userei anche “Screw it!” come esempio.

Mercury Records Dopo un paio di dischi con gli Sha-Boom, il frontman norvegese gioca la carta della carriera solista accompagnato da membri di Dream Police, Da Vinci e da altri nomi noti della scena Scandinava come Svein Dag Hauge e Ole Evenrude. “The Wonderful World of Dag Finn” è un disco in bilico tra un solare party rock e uno zuccheroso power pop e già dall’opener “Here Comes My Love” si capisce subito che è arrivata l’ora di fare festa. La ballata “Bye Bye Baby Goodbye” non nasconde l’amore per i Beatles, mentre nella conclusiva “Big Time Shuffle” le atmosfere si fanno più bluesy. Dag Finn non inventa nulla di nuovo, ma il bello è proprio questo.

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1991: The End of the Summer Days

David Lee Roth A Little Ain’t Enough

Dare

Blood From Stone

Warner Bros.

A&M Records

Dopo gli ottimi risultati ottenuti con “Eat ‘Em and Smile” e “Skyscraper”, Roth perse per strada Steve Vai e Billy Sheehan, il primo approdato alla corte di David Coverdale e il secondo pronto ad iniziare la sua avventura con i Mr. Big. Recluta così il chitarrista Jason Becker e il bassista Matt Bissonette (il fratello Gregg, già batterista della band), ma dopo aver registrato il disco, a Becker venne diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica e non riuscì a partecipare al tour. I singoli “Sensible Shoes”, “Tell The Truth” e “A Lil’ Ain’t Enough”, riuscirono a far ottenere delle buone vendite al disco, ma molto inferiori rispetto alle precedenti release, segnando così l’inizio del “declino” dello showman dell’Indiana.

Band formata dal cantante e tastierista Darren Wharton (Thin Lizzy) e dal chitarrista Vinny Burns (poi nei Ten), che nel 1988 pubblicarono il loro disco d’esordio che ottenne ottimi responsi da parte di critica e pubblico, soprattutto dal frangente più “melodico” dei rocker. Con “Blood From Stone” invece il combo britannico pigiò sull’acceleratore e incise un album lontano dai suoni Aor di “Out Of The Silence”, per la delusione dei vecchi fan, ma per la gioia di quelli più hard rock-oriented. Già dall’opener “Wings Of Fire” Wharton e soci mettono le cose in chiaro, ma è con la bellissima “We Don’t Need A Reason” che iniziano a fare sul serio, un brano di aggressivo Arena Rock. Anche se etichettati come “i Bon Jovi inglesi” e “i nuovi Whitesnake”, la storia non gli ha regalato la stessa fortuna...

Desert Rain

Il rock non è una questione di chitarre. è una questione di pantaloni aderenti David Lee Roth

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Bang Bang

H.E.M. Records Hard Rock melodico infarcito di tastiere per gli svedesi Desert Rain (conosciuti in seguito come Killer Bee). Niente di nuovo, anzi, il disco risente molto delle sonorità del periodo e risulta fin troppo derivativo, sia nelle sonorità che nel songwriting, con pezzi come “Summertime”, che ricorda mille altre party song, “Rough Girl” o “Can’t Bring It Down”... insomma, qualcosa di buono lo trovate anche, ma se cercate l’originalità, state alla larga.


1991: The End of the Summer Days

Desmond Child

Dillinger

Elektra

JRS Records

Chi non conosce il suo nome, probabilmente non ascolta musica, perché questo produttore e compositore di Miami è dagli anni 70 che sforna hit: da “I Was Made For Lovin’ You” dei Kiss a “Livin’ On A Prayer” dei Bon Jovi, da “Dude (Looks Like a Lady)” degli Aerosmith a “I Hate Myself for Loving You” di Joan Jett e poi ancora collaborazioni con Alice Cooper, Cher, Michael Bolton, Scorpions, Meat Loaf… senza dimenticare Richie Martin, Robbie Williams, Katy Perry, Roxette, ...la lista di successi è infinita. Nel 1991 ci regala il suo lavoro solista, con un album dalle sonorità AOR e Pop Rock, dove questa volta si avvale della collaborazione di musicisti come Maria Vidal (Rouge), Butch Walker e Jesse Harte dei Southgang; dei chitarristi Steve Lukather, Vivian Campbell e Kane Roberts; di Joan Jett, Mark Free, Mitch Malloy, Tico Torres e Richie Sambora. Solo per chi ama le sonorità più soft.

I Dillinger fanno parte di quei gruppi che ho scoperto con un paio di decenni di ritardo e non ho ancora capito il perché… Che dire di questi cowboy metropolitani? Semplice, che piaceranno a tutti quelli che hanno nel loro background musicale Bad Company, Lynyrd Skynyrd e quello Street Rock polveroso nutrito con T-Bone al sangue e fiumi di Jack Daniel’s. Sembra che dopo il lunghissimo silenzio la band stia di nuovo lavorando insieme, speriamo in un loro ritorno discografico.

Discipline

Horses And Hawgs

“Golden Gates” è il terzo lavoro per questa band di Chicago incline ad un Glam Metal dalle tinte horror. Li ho sempre considerati un gruppo di seconda fascia, sia musicalmente che a livello di look, un mix tra primi Motley Crue e W.A.S.P., ma mi son sempre sembrati una loro parodia piuttosto che un tributo. L’EP di 6 brani segna l’ultimo capitolo del gruppo dell’Illinois, che ritornerà 20 anni più tardi con “Rexx Erected”, ma se siete degli irriducibili fan di spandex e doppie X, allora vi consiglio di partire con l’ascolto di “Rated Rexx”.

Spesso paragonati agli Skid Row, per via della timbrica vocale di Jeffrey Michael Bonds molto simile a quella di Sebastian Bach, il four-pieces dell’Oregon ottenne buoni riscontri con questo disco grazie ad un mix di melodia e potenza. Figlio di quell’Hair Metal che andava per la maggiore a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90 sulla scia di Cry Wolf, XYZ e Xenon, “Hard As A Rock” forse avrebbe meritato qualcosa di più che qualche recensione positiva su qualche rivista, perché brani come la dirompente “Feel The Fire” e la ballatona “I Can’t Wait” sarebbero state canzoni perfette per le feste dei teenager americani… ma ahimè, poi sono arrivati “Nevermind” e “Ten” e addio party in piscina.

Eye of the Hurricane Outlaw Records

I Doctor Rock and the Wild Bunch non solo altro che gli Harem Scarem con un altro cantante. Diventa inevitabile l’accostamento con il gruppo canadese dal momento che dietro a questo nome troviamo Pete Lesperance, Mike Gionet, Darren Smith, Harry Hess e l’unico “estraneo” Steve Holliday. Sound e melodie richiamano in tutto e per tutto la band di “Mood Swing” e se non fosse per una produzione un po’ rustica e la voce Holliday, saremo qui a parlare di outtake del loro esordio discografico.

China Records

Bootlegs

Red Light

JRS Records

Doctor Rock And The Wild Bunch

Dogs Hits And Bootleg Album

Shrapnel Records

Golden Gates

Hard As A Rock

Dogs D’Amour Dirty Looks

Diamond Rexx

Dirty Rhythm

Tra le tante band influenzate dai fratelli Young, bisogna sicuramente annoverare anche i Dirty Looks, nati nel 1984 dall’unione del cantante danese Henrik Ostergaard (RIP), con la sezione ritmica composta da Jack Pyer e Gene Barnett e dal chitarrista Paul Lidel. Dopo aver lavorato nel circuito underground, debuttarono su major nel 1986 con “I Want More”, in seguito vennero messi sotto contratto dall’Atlantic Records, ma dopo qualche album vennero scaricati dall’etichetta. Fu così che nel 1991 il gruppo tirò insieme i cocci, firmò per la Shrapnel Records e mise sul mercato la raccolta di inediti intitolata “Bootlegs”. Ben presto peròi Dirty Looks iniziarono a perdere i pezzi: Barnett raggiunse i Lillian Axe, Lidel entrò nei Dangerous Toys, mentre Ostergaard fondò i Rumbledog. Pur trattandosi di outtake, “Bootlegs” ci lascia comunque dei buoni momenti di energia stradaiola, a metà strada tra le sonorità “australiane” e i Seventies.

Nel luglio del 1991 una delle band seminali dello sleaze rock è costretta a prendersi una pausa forzata dopo che Tyla si fa male durante un concerto a Los Angeles. Trenta giorni in ospedale e stop degli show. Il bassista Steve James in astinenza da palco forma i The Last Bandits insieme ad Adam Bomb e gira l’Inghilterra, il batterista Bam Bam si unisce ai Wildhearts e il chitarrista Jo Dog fa le prove per lasciare la band. In questo marasma la China Records non se ne sta con le mani in mano e pubblica una compilation con i migliori pezzi della band e con l’aggiunta di “The (Un)Authorised Bootleg Album” uscito nel 1988.

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1991: The End of the Summer Days

Drivin’ N’ Cryin’ Fly Me Courageous Island Records Dopo i primi due album in bilico tra hard rock e rock sudista, e il terzo con un sound più “pesante”, i Drivin’ N’ Cryin’ tornarono sul mercato con “Fly Me Courageous” che suonava decisamente più R.E.M. rispetto ai suoi predecessori, facendo dei Drivin’ N’ Cryin’ uno dei gruppi più eclettici del periodo. Spinto in alto nelle classifiche perché venne erroneamente legato alla Guerra del Golfo: 1) Perché è uscito pochi giorni prima dei bombardamenti; 2) Perché la title-track dell’album venne interpretata come una canzone a favore della guerra, divenne presto disco d’oro. Non per Hair Metaller, ma un buon album Rock.

Flies Of Fire Outside Looking Inside ATCO Dopo aver prodotto gli album di Poison e Faster Pussycat, Ric Browde si mette alla

consolle di questi quattro rocker americani che vedevano alla chitarra Howard Drossin dei Jag Wire. A due anni di distanza dall’esordio, tornarono con “Outside Looking Inside”, disco di sleazy rock and roll tra i più sottovalutati della scena. I Flies Of Fire infuocano le orecchie degli ascoltatori con una manciata di song influenzate dai Rolling Stones (sentite “Cry To Myself”) e con tracce come “Under The Cover Man”, “Hello Mr. Daniels” e “Cold Heart Of Mine”, della serie ecco cosa succede ad ascoltare troppe volte Sticky Fingers. “Rougher Than Love” e “Just Down The Road” rincarano la dose di rock and roll sanguigno, mentre ci pensa il lento “Blues # 33” a chiudere in bellezza, con la struggente interpretazione del vocalist Tim P. “Outside Looking Inside” resta un gran bell’esempio di passionale e genuino sleaze rock.

Europe

Prisoners In Paradise Epic Records Nei tempi d’oro non sono mai stato un grande fan del gruppo svedese. Crescendo ho cambiato opinione e sono riuscito ad apprezzare di più la loro proposta musicale fino a giungere alla conclusione che “Prisoners In Paradise” è uno dei miei album preferiti. Prodotto da Beau Hill (si narra che il prescelto dovesse essere Bob Rock, ma che rifiutò per dedicarsi al “Black Album” dei Metallica), “Prisoners in Paradise” è il quinto disco in studio della band di Joey Tempest, che ci confeziona un lavoro con i fiocchi, con picchi compositivi nella melodica “Halfway To Heaven” (dove troviamo lo zampino di Jim Vallance), nella ballata Aor di “I’ll Cry For You”, nell’hard rock di “Seventh Sign” e nell’intensa title-track. Le scarse vendite fecero prendere un periodo di pausa al gruppo, ma poi sappiamo tutti com’è andata...

Electrik Love Buzz Harmony ECI/BGR Ep di fresco e melodico glammy Power-Pop, sulla scia di Big Bang Babies e Poison. Canzoni solari e spensierate diventate oggetto di ricerca per tutti gli appassionati del genere. Senza essere un capolavoro, “Love Buzz Harmony” si fa voler bene con un sound godibile e spassoso, dove il gusto melodico vince sulle chitarre: dalla zuccherosa “Krush My Groove“ alla ballata “Never Too Much“, i quattro sanno come farci canticchiare. Dal momento che l’edizione originale è pressoché introvabile, segnalo la ristampa della Retrospect Records con l’aggiunta di 4 bonus track.

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Enuff Z’Nuff

Erika

Strenght

In The Arms Of A Stranger

Atlantic Records

Mercury

Il 1990 vide gli Enuff Z’ Nuff in studio per registrare il seguito del fortunato album d’esordio. Il risultato è questo “Strength“, un disco che non delude le aspettative e passa con disinvoltura la prova del nove. Nelle vene di Donnie Vie e Chip Z’Nuff scorre il sangue di Liverpool e così non mancano quelle melodie ricercate che hanno fatto la fortuna dei Beatles, con suoni in bilico tra power pop e il glam più mieloso. A volte lo preferisco addirittura all’esordio, peccato che i quattro di Chicago dopo questo ottimo lavoro, presero una parabola discendente senza più riuscire a tornare nella giusta direzione.

L’ex moglie di Yngwie Malmsteen, si fece conoscere nel panorama AOR europeo con il debutto “Cold Winter Night” e con il singolo “Together We’re Lost”. Con questo secondo lavoro cercò di affermarsi anche nel mercato americano ingaggiando Jack Ponti e Vic Pepe che producono i brani “Danger In Disguise” e “Wake Me Up When The House Is On Fire” (pubblicata anche da Alice Cooper). Nel 1999, dopo qualche album passato in sordina, Erika appende il microfono al chiodo per dedicarsi al giornalismo e alla letteratura.

EZ Livin After The Fire

IRS Intercord Abbandonati i Bonfire durante le registrazioni di “Point Black”, il chitarrista Hans Ziller mise in piedi gli EZ Livin’ e pubblicò “After The Fire”. L’esordio discografico è di quelli che hanno lasciato il segno, con un disco di Hard Rock in bilico tra suoni più “metallici” (“Die For Rock”) e belle melodie, in un grande tributo al Class Metal anni 80: “Body Talk” risente della migliore tradizione party metal, mentre “Too Late For Paradise” gioca su dei chorus da stadio, così come “Take Me” non avrebbe sfigurato nelle radio dell’epoca. Probabilmente un album che non cambierà la storia, ma che bisogna elencare tra i migliori dischi Hard Rock partoriti in Germania.


1991: The End of the Summer Days Four Horsemen Nobody Said it Was Easy Def American La sfiga ha giocato un ruolo fondamentale nella carriera dei Four Horsemen, non solo perché arrivano a pubblicare il debut album mentre il Grunge inizia a fare mattanza di gruppi Hard Rock, ma anche perché nel giro di un anno scomparve il batterista Ken “Dimwit” Montgomery per overdose e il frontman Frank C. Starr ebbe un incidente stradale (morì dopo 4 anni di coma). “Nobody Said it Was Easy” è boogie hard rock rozzo e maleducato, figlio di Lynyrd Skynyrd e AC/DC, con canzoni che ti fanno venir voglia di cazzeggiare con la tua gang di biker attaccabrighe in cerca di pollastrelle facili. Praticamente impossibile rimanere immobili sulle note di brani come “Nobody Said It Was Easy”, “Tired Wings”, “Rockin’ Is Ma Business”, “Let It Rock”, “Moonshine” e nella travolgente “Can’t Stop Rockin’”. Disco più obbligatorio che necessario!

Fighter

FM

The Waiting

Takin’ It To The Streets

Wonderland / Word Records Ltd

Music For Nations

L’hard rock cristiano stava vivendo un periodo molto luminoso e tra i dischi di Stryper, Guardian e Whitecross, spuntarono diversi gruppi dalle indiscutibili qualità, ma che non ebbero un grande successo. Tra questi bisogna annoverare anche i Fighter che si distinguevano dal resto dei discepoli di Dio, per l’alternanza al microfono di Billy Heller e Amy Wolter e per un songwriting più impegnato. In bilico tra AOR e Rock melodico, “The Waiting” si pone tra le migliori release del 1991 di “rock ecclesiastico” in compagnia di Brave e Siloam.

Dopo il successo dei primi due album, la band vede la dipartita del chitarrista Chris Overland (rimpiazzato da Andy Barnett) e affrontano lo strapotere dei gruppi americani con un lavoro che non raggiungerà il livello dei predecessori, ma che comunque si pone tra le produzioni del gruppo inglese meglio riuscite. Già dalla copertina si nota una certa propensione al mercato d’oltre Oceano: lasciano da parte l’AOR e si affidano ad un’Hard Rock raffinato, tinto di blues e valorizzato dalla calda voce di Overland, che esalta la popolare “I Heard It Thorugh The Grapevine” di Marvin Gaye.

Foreigner Unusual Heat

Foxx

Stick It Out

Atlantic Records

Retrospect Records

Il settimo album in studio dei Foreigner, il primo registrato senza Lou Gramm, ma con il bravissimo Johnny Edwards (Montrose, King Kobra e JK Northrup) al microfono, fu stroncato da critica e fan. Il singolo “Lowdown And Dirty” le prova tutte per far volare il gruppo nelle classifiche, ma i risultati di vendite furono così scadenti che venne richiamato all’ovile Gramm, anche lui dopo la deludente avventura con gli Shadow King. Se si chiudono gli occhi e si ascolta il disco senza pensare che sia un disco della band di Mick Jones, si potrebbe pensare ad un buon disco Aor... si, ma dei Bad Company.

Allen McKenzie, prima di fare il bassista nell’attuale formazione dei Firehouse, fondò a metà anni 80 i Foxx. Il gruppo esordì con l’omonimo disco nel 1989, ma tre anni più tardi, dopo la pubblicazione di “Stick It Out” si sciolsero. A noi sono rimaste le ristampe della Retrospect Records e un pugno di buoni spunti come “Don’t Go”, “Need Your Love”, “Lost Without You” e “Let’s Raise Hell”.

UNA BUONA CANZONE E DEI BUONI MUSICISTI POSSONO SPOSTARE LE MONTAGNE. Joey Tempest (Europe)

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1991: The End of the Summer Days

Glorious Bankrobbers Live At The CBGB’s N.Y.C Planet Records Debuttano nel 1984 con Kee Marcello come produttore e si creano subito un’ottima reputazione suonando in giro per la Scandinavia. Arriva anche il secondo disco, “Dynamite Sex Dose” e un video su MTV e così dalla Svezia si passa a suonare nei club della East Coast americana tra cui il celebre CBGBs. La band decide quindi di immortalare questo momento magico con un CD dal vivo, con sette infuocate street rock song! Gruppo da riscoprire.

GMT

War Games Mausoleum Records

Great Big Kisses Aficionados

Great White Hooked

Capitol Records

I.R.S. Intercord Records Realizzando questo articolo ho spulciato in rete alla ricerca di titoli risalenti al 1991, dandomi la possibilità di riascoltare album dimenticati e scoprendo dischi di cui ignoravo l’esistenza. Di quest’ultima categoria fanno parte i GMT, il progetto formato da Chris Glen (Michael Schenker Group, Vengeance), Robin McAuley (Grand Prix, Michael Schenker) e Phil Taylor. Il gruppo suona 5 tracce scritte dell’ex tastierista di Grand Prix e Uriah Heep, Phil Lanzon, originariamente realizzate nel 1985 e pubblicate in seguito dall’etichetta belga. “War Games” brilla soprattutto nell’esibizione di McAuley, con un’Hard Rock che ci riporta direttamente a metà anni 80.

La band di Düsseldorfer ce la mette tutta a realizzare un buon disco, ma le sole buone intenzioni e un ottimo produttore non bastano… ho provato più volte ad ascoltare “Aficionados”, ci sento molti riferimenti agli anni 70, al blues, allo sleaze rock e qualche buono spunto come “Little Miss Lover”, “My Girl” e “Rock And Roll In An Attitude”, l’ho trovato, ma per il resto vince la mediocrità.

Con il quinto disco la band di Orange County raggiunse il 18° posto di Billboard dando una sterzata sonora alla propria proposta musicale, per virare verso un hard rock settantiano. “Call It Rock N ‘Roll” - è proprio il caso di dirlo - è il pezzo che apre le danze, uno scatenato rock and roll che si va ad inserire di diritto tra gli inni della band, ma tutto il disco risente di certe influenze hard blues, enfatizzate per altro dalla produzione di Alan Niven. Curiosità: nell’album sono presenti anche le cover di “Can’t Shake It” dei cult-rocker australiani The Angels e “Afterglow” degli Small Faces, mentre la copertina, opera del celebre fotografo John Scarpati, venne censurata e sostituita con la stessa foto, ma con il corpo della modella immerso quasi completamente nell’acqua.

Guns N’ Roses Use Your Illusion I - II

Glory

2 Forgive Is 2 Forget Alpha Records “2 Forgive Is 2 Forget” è il mio album preferito della band svedese che, dopo aver dato alle stampe “Danger In This Game” nel 1989 e aver lasciato a casa il tastierista Jonas Sandqvist, si ripropone con il secondo album, l’ultimo con il cantante Peter Eriksson (poi sostituito da Goran Edman). Meno Aor e più orientato verso l’hard rock, il disco si fa apprezzare per le grandi melodie e per il lavoro alla chitarra di Jan Granwick, donandoci un album di classe, che si va ad aggiungere al ricco bacino di band scandinave del settore come Treat, Talisman e Bad Habit.

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Geffen Nel settembre del 1991 migliaia di persone si misero in fila per acquistare il successore di “Appetite For Destruction”. Un evento per quella generazione di ragazzi che erano andati fuori di testa per questi 5 personaggi fuori dalle righe. Io ero uno tra quelli. Spesi parte dei miei risparmi per comprare entrambi le edizioni e feci fatica ad assimilarli velocemente perché il sound era meno diretto e violento rispetto al suo predecessore, ma più eterogeneo e con una serie di soluzioni sonore mai usate in passato. La storia dirà comunque che l’inquieta follia di Axl Rose ne uscirà trionfale con un totale di 7 dischi di platino e 14 milioni di copie vendute. Se volete parlare di Street Metal e storia del Rock, allora nella discussione ci deve per forza il loro nome.


1991: The End of the Summer Days

Gringos Locos

Halo

Havana Black

Fazer

Pakaderm Records

Hollywood Records

Arrivano da Helsinki questi quattro rocker che ritroveremo qualche anno più tardi con il nome di Leningrad Cowboys, dove raccolsero sicuramente maggiore fortuna. Nella band troviamo il chitarrista Ben Granfelt, sentito suonare con Wishbone Ash, Los Bastardos Finlandese e Nasty Suicide degli Hanoi Rocks. Proprio come quest’ultimi, sono stati tra i pochi gruppi finlandesi a firmare un contratto discografico con una major. Dopo i buoni riscontri ottenuti con i due precedenti album, “Raw Deal” venne accolto con indifferenza, anche se il loro boogie Aor è di gradevole ascolto.

Cult band per gli estimatori dell’Aor cristiano che nel 1991 escono con il loro secondo album per la storica Pakaderm Records. “Heaven Calling” debutta direttamente al numero 21 nella classifica dei gruppi cristiani (eh si, negli States c’era anche quella classifica) e gli ottimi risultati di vendite, li portano in tour in Sud America, cosa atipica per quegli anni, dove “celebrano messa” nel giorno di Natale, in Guatemala. La band dei fratelli Elefante da il meglio di sé in pezzi come “The Will Be Done”, “Heaven Calling”, “Climb The Mountain”, “In The Eyes Of The Storm”, ma soprattutto in “Jacob’s Dream”, “Saved By Grace” e in “It’s Your Decision”, dando filo da torcere ad altri celebri esponenti del settore come Petra e Idle Cure.

Raw Deal

Heaven Calling

Exiles In Mainstream

Gruppo nato nel 1985 e cresciuto con il Rock Classico dei 70’s, divenne celebre per essere stato la prima band finlandese ad entratre nella Billboard americana con il brano “Lone Wolf”. Gli Havana Black mettono l’accento su un’hard rock dagli ottimi fraseggi chitarristici, dove compaiono indelebili le estrazioni blues dei membri della band, con 10 pezzi di rock caldo. Nel 2009 “Exiles In Mainstream” è stato ristampato con l’aggiunta di 3 tracce: “I’m Gonna Roll”, “I Ain’t Superstitious” e “I Walk This Road (Boogie demo)”.

Honeymoon Suite Monsters Under The Bed WEA Annata positiva per l’AOR canadese, che vedeva anche il ritorno nei negozi della band capitanata da Johnnie Dee, nonostante le insistenti voci di scioglimento. Con due nuovi ingressi, Steve Webster (Billy Idol) e Jorn Anderson (Alannah Myles) il gruppo si presenta al pubblico con un sound più robusto rispetto ai loro standard, suonando un’hard rock dalla decisa carica melodica come nell’opener “Say You Don’t Know Me”, singolo diventato di discreto successo in patria. La band continuò ad andare in tour anche negli anni successivi, anche se con diversi cambi di formazione.

Heartland Heartland

Hall Aflame Guaranteed Forever I.R.S. Records

A&M Records

Harem Scarem Harem Scarem Warner Bros

Il nome Kurdt Vanderhoof ai glamster non dirà molto, mentre ai metallari più incalliti farà drizzare le borchie, in quanto fondatore dei Metal Church. Nel 1986 però, dopo l’uscita del secondo album lasciò la band per formare gli Hall Aflame, lasciando da parte l’aggressività metal del suo vecchio gruppo per sonorità stradaiole dal sapore di distillato illegale, seguendo le strade polverose di gruppi come Circus of Power, Junkyard e Asphalt Ballet.

Il Canada nel 1991 ci diete delle belle soddisfazioni: Bryan Adams faceva incetta di premi con con “W.U.T.N.”, gli scaffali dei negozi di dischi vedevano il ritorno di Aldo Nova e Honeymoon Suite e degli esordi di Big House e Worrall. Ad aggiungersi all’elenco di uscite ci furuno anche gli Harem Scarem, con un disco che è diventato una pietra miliare tra i fan dell’Aor e hard rock melodico. Il tastierista Ray Coburn, dei già citati Honeymoon Suite, Carl Dixon dei Coney Hatch, Paul MacAusland degli Haywire e Dean McTaggart degli Arrows, sono alcuni degli ospiti di questo favoloso album, che ancora oggi non ha cessato di provocare forti emozioni e di sublimare le mie orecchie.

Gruppo storico della scena Aor britannica capitanato da Chris Ousey (Virginia Wolf, The Distance, Newman, ecc.). Con la produzione di James ‘Jimbo’ Barton, la band inglese ci deliziò con un rock adulto dalle melodie ricercate e dal gusto “americano”. Nonostante l’altissimo livello qualitativo del prodotto, il disco passò pressoché inosservato e spesso bocciato dalla critica specializzata. Peccato perché le dieci tracce presenti, offrono una gustosa miscela di Dare, Strangeways, Glass Tiger e Richard Marx.

Horsepower Second Albummah Poko Records Da una band scandinava con in copertina un centauro alato, mi sarei aspettato un disco di metal epico, ed invece i 5 rocker ci sorprendono con il loro boogie rock and roll dal retrogusto sudista, sicuramente più vicino all’Aussie rock piuttosto che all’Aor tanto in voga tra i fiordi. Così, il ritorno sulle scene a due anni dall’esordio, ci consegna un album che non entrerà negli annali dei migliori dischi Rock, ma che si fa apprezzare per brani come “Wicked Soul”, “Rock Wife”, “Decent And Good”, “Neighbourhood Girls” e “Gloria”.

SONO CRESCIUTO ASCOLT ANDO QUEEN E DEF LEPPARD, ADORO LE BAND CON GRANDI CORI E MELO DIE Harry Hess (Harem Scarem)

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1991: The End of the Summer Days di Perth di supportare le date dei Bon Jovi e di Jimmy Barnes, dove il pubblico ha avuto il piacere di apprezzare “Don’t Say”, “All I Need Is A Friend”, “Lonely Heart”, “Paradise” e “Running For Cover”. Un album che non ti aspetti, ma che merita di far parte di qualsiasi discografia Aor che si rispetti.

Howe II

I Love You

It’s Alive

Shrapnel Records

Geffen Records

Megarock Records

Conosciuto principalmente per le sue doti chitarristiche e le sue celebri collaborazioni (tra cui c’è anche Laura Pausini!), Greg Howe a cavallo tra gli anni 80 e 90, incise un paio d’album insieme al fratello Albert alla voce. Il sound è mainstream e richiama i Van Halen d’annata. In seguito il chitarrista si farà notare per il suo gusto jazzy/fusion, generi che affronterà nel suo secondo album solista del 1993, “Introspection”.

Questo gruppo me lo sento osannare da anni come tra quelli più sottovalutati, ma sia ai tempi dell’uscita (ero in un irrecuperabile fase Hair Metal), sia in tempi più recenti (quando pensavo di essere più “maturo” per apprezzarlo), non mi ha mai convinto. Sarà per il loro approccio musicale troppo “alternativo” e per la mancanza di un ritornello che mi resti in testa, ma non lo riesco a considerare un album figo. Lo consiglio quindi a chi è meno limitato di me, e a chi apprezza un certo tipo di sonorità provenienti dallo stato di Washington...

Nel recuperare notizie su questa band svedese, sono venuto a sapere che il cantante, Martin Karl Sandberg oggi si fa chiamare Max Martin, ed è un noto produttore e compositore che, oltre ad aver scritto “Baby One More Time” di Britney Spears, ha collaborato con popstar come Backstreet Boys, Bon Jovi, *N Sync, A-ha, The Ark, Céline Dion, Taylor Swift e ha scritto numerosi brani per Avril Lavigne. Prima di diventare però un pezzo grosso del music-biz si divertiva a calcare i palchi con gli It’s Alive, una sorta di Electric Boys, un po’ hard funk, un po’ Aor.

I Love You

Now Hear This

Idle Cure Inside Out

Frontline Records Penso che nell’immaginario collettivo Long Beach in California, sia più legata a tettute donzelle e surfisti in bella mostra sulla

I, Napoleon I, Napoleon

Geffen Records

It’s Alive

Jackflash Jackflash Dig It

Ice Tiger Love ‘N’ Crime

Long Island Records Se non mi fossi documentato sulla loro provenienza, non avrei mai immaginato di trovarmi di fronte ad un gruppo australiano, perché sound e look, potrebbero far pensare a uno dei tanti - validi - gruppi europei di Hard Rock melodico… L’ottimo successo ottenuto da “Love ‘N Crime” in madrepatria, ha consentito ai 5

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spiaggia, piuttosto che a ragazzini che decidono di formare una band che osanni sua Santità… ma Steve Shannon, Mark Ambrose e Peter Lomakin nella seconda metà degli anni 80, non si fecero intimorire dalla musica del diavolo e iniziarono il loro percorso sonoro che li vedrà diventare tra i migliori - e più sottovalutati - gruppi di Rock Cristiano. “Inside Out” arriva nel momento di maggior successo e ancora una volta il gruppo ci regala un album sopra la media, con un’Arena Rock che mette in mostra Shannon al microfono, per un disco che potrebbe piacere ai fan dei Def Leppard e dei Kiss più pomposi.

Ogni volta che penso a questo gruppo, non posso fare a meno di pensare al racconto di un’amica che ha conosciuto il leader Steve Napoleon a Los Angeles, non ad un concerto, ma bensì dietro a una reception di un motel… Sembra la storia di un film con protagonisti rockstar fallite che giocano a freccette con il poster di Kurt Cobain, ma purtroppo è tutto vero. Fondati dal cantante canadese insieme all’ex chitarrista dei Noize Toys, Doug Stratton incisero un disco non di facile catalogazione dal momento che il loro hard rock, a tratti melodico e a tratti più oscuro, è un ménage à trois tra Lillian Axe, Shark Island e Blackboard Jungle, con la traccia che apre il lavoro, “Perfect Absolution”, spesso e volentieri presente nelle mie playlist.

Hard rock chitarristico per questo combo finlandese formato dal batterista dei Riff Raff Esa Palosaari, dal chitarrista Petteri Hirvanen degli Annica e dal cantante Richard Johnson dei Gringos Locos. I Jackflash spostano il loro baricentro sonoro al di là dell’Oceano proponendo un banale, ma piacevole Hair Metal, dove non si fa fatica a sentire la loro ammirazione per Van Halen e Kiss. Forse non un capolavoro, ma nei 37 minuti si viaggia con la mente verso party selvaggi in piscina.


1991: The End of the Summer Days

Javan

Johnny Law

Amnesia Records)

Metal Blade Records

Dodici brani e circa 48 minuti di Hard Rock con tanta melodia per il combo che a cavallo tra gli anni 80 e 90, sgomitava per farsi notare nella vivace scena musicale tedesca. “Somewhere In The Night” è l’ennesima conferma che al di là delle Alpi, non si beve solo birra e si mangiano crauti, ma si produce della gran bella musica fatta di un pomposo rock duro, con tastiere ariose e ottime composizioni come “Moon”, “Call My Name” e “Back In Life”, portando alla mente gruppi come 1st Avenue o Domain.

Siamo all’inizio del ‘90 quando a Austin, il cantante Erik Larson, il bassista Ron Mcrae, il batterista Matt Dunlap e il chitarrista Brady Hughes formano i Johnny Law ed iniziano ad infuocare i palchi del Texas. Notati dalla Metal Blade Records, vengono subito messi sotto contratto e l’anno successivo pubblicano il loro esordio discografico con il celebre produttore Brendan O’Brien (Tom Petty, Pearl Jam, AC/DC, Bruce Springsteen). “Pieces Of The Bottle”, “Don’t Sacrifice”, “Someone’s Dead” sono riconducibili ad un incrocio tra Drivin N’ Cryin e Tesla, ma è in “Too Weak To Fight” e “We All Get Old” che salta fuori il loro vero DNA proveniente dalla... Georgia e che guarda caso, vede come ospiti Dan Baird e Rick Richards.

Johnny Law

Somewhere In The Night

Jax

New York City Off Road Records La Germania non è di certo rinomata per essere la patria del glam, ma nel corso degli anni è riuscita comunque a regalarci qualche chicca, come nel caso di questo power trio capitanato dal cantante e chitarrista Thom Jack. La parola d’ordine è “party”, con il combo tedesco che non risulta la copia dei più blasonati gruppi del genere, ma piuttosto un tributo al glam rock, con ritmiche danzerecce e canzoni orecchiabili, un ipotetico ponte sonoro che collega Tigertailz e primi Poison, il tutto innaffiato da litri di Weiss. Vista la difficile reperibilità del disco, consiglio l’acquisto di “Half-Cocked & Fully Loaded”, uscito nel 2014 per la FNA Records.

Kane Roberts Saints and Sinners Geffen Records

Junkyard

Sixes, Sevens And Nines Geffen Records Ho conosciuto i Junkyard grazie a una recensione su Hard! (una rivista rock dell’epoca) e a uno spot di un fumetto che aveva come sigla la traccia d’apertura di questo disco, “Back On The Street”. È stato amore al primo ascolto. Sono corso da Mariposa a Milano (storico negozio di dischi meneghino) dove mi sono acquistato la mia bella versione cartonata d’importazione e ho iniziato a documentarmi su questo gruppo nato nel 1988 da ex membri di gruppi punk. Da sempre lontani dalla scena Hair Metal per un sound più ruvido e southern, ebbero una certa notorietà con il disco d’esordio grazie anche alle belle parole spese da Axl Rose nei loro confronti. Questo secondo lavoro ci consegna un’altra performance energica di aspro boogie stradaiolo, con atmosfere da saloon e Gibson roventi. Le hit: “Back on the Streets”, “Slippin Away” e “Misery Loves Company”.

Il muscoloso chitarrista si era fatto notare soprattutto per il suo look alla Rambo e per aver suonato con Alice Cooper. Dopo l’esordio da solista datato 1986 e abbandonata definitivamente la band di Mr. Furnier, si dedicò a tempo pieno al suo progetto pubblicando nel 1991 “Saints And Sinners”. Lascia da parte virtuosismi di sorta per dedicarsi a sonorità molto melodiche, vicine ai Bon Jovi di fine anni 80, infatti troviamo anche Richie Sambora nei credit del singolo “Does Anybody Really Fall In Love Anymore”. Ad impreziosire il songwriting e i suoni del disco anche gli immancabili Jack Ponti, Vic Pepe e un certo Desmond Child.

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1991: The End of the Summer Days

Katmandu Katmandu

Epic Records La band nasce per opera dell’ex Fastway, Dave King (ora nei Flogging Molly) dopo il suo trasferimento dall’Inghilterra a Los Angeles. Recluta Mandy Meyer (Asia, Krokus, Gotthard), Caine Carruthers, Mike Alonso e insieme registrano il loro unico lavoro con John Purdell e Duane Baron in regia. Furono spesso accusati di plagio per la loro somiglianza con Great White e Led Zeppelin, così, neanche il tempo di sentire i singoli “The Way You Make Me Feel” e “When The Rain Comes”, che vennero scaricati dalla Epic e divorati dai Nirvana e dalla musica alternativa.

Kik Tracee No Rules BMG Capitanati dal frontman Stephen Shareaux, che balzò agli onori della cronaca - rock - perché partecipò alle audizioni per sostituire Vince Neil nei Motley Crue e a quelle dei Velvet Revolver, debuttarono sul mercato discografico sotto l’ala protettrice di Dana Strum degli Slaughter. Pur non guadagnando la vetta dell’eccellenza, “No Rules” si stabilisce su buoni livelli, grazie ad un’originale Hard Rock stradaiolo, lontano dai lustrini della loro Los Angeles, ma più vicino all’inquietudine urbana dei Guns N’ Roses e all’eccentrico esordio dei Saigon Kick. La riuscita cover di “Mrs. Robinsons” di Simon & Garfunkle, “You’re So Strange”, “Trash City” e “Big Western Sky” tra i brani migliori.

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Kingdom Come

KingOfTheHill

Polygram

SBK Records

Mentre ora ci si schiera contro e a favore dei Greta Van Fleet per la troppe similitudini con i Led Zeppelin, negli anni 80 le stesse polimiche vennero fatte nei confronti dei Kingdom Come. La band capitanata dallo storico leader Lenny Wolf, con una line-up rinnovata, composta da Blues Saraceno alla chitarra, Steve Burke alla batteria e Voen Van Baal alle tastiere, mise sul mercato il terzo album, dove continuò a rimanere sulla stessa traiettoria del dirigibile, ma con una produzione che risentiva dei suoni del periodo. Cloni o non cloni o semplici estimatori dei Led Zeppelin, poco conta, perché troviamo degli ottimi esempi sonori di quello che molti avrebbero voluto sentire ancora da Plant e soci. I Kingdom Come sono uno dei “furti” meglio riusciti del Classic Rock.

Inizialmente conosciuti come Broken Toyz come una band metal nel circuito di St. Louis, in Missouri, cambiano gradualmente proposta sonora per un’originale party metal dalle tinte funky, scomodando paragoni con Extreme e Bang Tango. Il primo singolo estratto, ‘I Do U’, ebbe una buona visibilità su MTV e li portò a girare gli States insieme a White Lion, Trixter, Lynch Mob e Steelheart. Un disco tutto sommato divertente, al quale è mancata però quella scintilla che gli avrebbe potuti salvare dall’uragano grunge.

Hands Of Time

KingOfTheHill

Kix

Hot Wire East West Records Dopo la sbornia di “Blow My Fuse” che ottenne il disco di platino grazie alla ballata “Don’t Close Your Eyes”, il quintetto del Maryland, tornò alla carica con il quinto disco della carriera. Facendosi portavoce di un solido e classico hard rock figlio di AC/ DC e dello street rock più smaliziato, ci fecero saltellare con la travolgente title-track e con il singolo “Girl Money”, dove omaggiano la band di Bon Scott. Non aspettatevi un disco monocorde, perché “Hot Wire” è pieno di brani dall’impatto stradaiolo, si va da “Bump The La La” a “Same Jane”, fino alla conclusiva “Hee Bee Jee Bee Crush”, passando per quella “Tear Down The Wall” che avrebbe dovuto bissare il successo “Don’t Close Your Eyes”. Dopo un disco dal vivo, i Kix vennero abbandonati dalla Atlantic, passarono alla CMC International con cui pubblicarono “Show Business”, ma passò praticamente innoservato portando così il gruppo allo scioglimento.


1991: The End of the Summer Days

KK Wilde

Klaatu

The Knack

The Law

Platinum Records

Arston

Charisma Records

Atlantic Records

L’originalità nella musica, è merce rara, ma probabilmente non sempre ne siamo alla ricerca. Ecco perché band come i KK Wilde risultano piacevoli senza farti gridare al miracolo. Capitanati da Kid Curry si misero in bella mostra con qualche video e un paio di singoli finiti anche nel film “Resa dei conti a Little Tokyo” (con Dolph Lundgren, Brandon Lee e Tia Carrere), ma non bastò a farli fare il grande salto. Nella migliore tradizione dell’L.A. sound ,“Rock & Roll” piacerà a chi ama i cori anthemici e ritmiche saltellanti, per un lavoro diventato tra i più quotati e ricercati sugli store.

La mia conoscenza del rock polacco non è mai andata oltre ai bravi Lessdress, autori di due ottimi album come “Dumblondes” e “Love Industry”, ma scartabellando per il web ho scoperto anche questi Klaatu autori di un hard rock contagioso, tra il Billy Idol più roboante e gli Extreme più rudimentali: “Lazy Girl”, “Crazy Rock ‘n Roll”, “Nice Boys” e “Do You Feel This?”, sono canzoni che ben rappresentano il loro sound e la loro - ottime - capacità musicali. Nonostante una certa popolarità in madre patria, il fallimento dell’etichetta discografica e i cambiamenti politici di quegli anni, decretarono la fine della loro breve carriera.

Era il 1979 e “My Sharona”, brano estratto dall’esordio discografico dei The Knack diventò il singolo più venduto dell’anno. Non si contano i suoi ascolti in film, spot pubblicitari e cover, ma dopo quella mega hit, la band di Los Angeles visse un po’ di rendita, con il loro power pop fresco e orecchiabile. “Serious Fun”, segna il ritorno della band dopo 10 anni di silenzio, più Aor rispetto ai loro standard, con pezzi che piaceranno a chi ha apprezzato gli Helix di “It’s a Business Doing Pleasure” e Billy Squier.

Tra i supergruppi nati in quegli anni bisogna per forza citare il progetto The Law, partorito dal batterista Kenney Jones (Small Faces/Faces, The Who) e dal frontman Paul Rodgers (Free, Bad Company, The Firm, Queen). Coadiuvati da diversi turnisti e da nomi altisonanti come David Gilmour, Bryan Adams e Chris Rea, non ebbero un grosso successo né di vendite né di critica. Il video di “Laying Down The Law” e il singolo di “Miss You In A Heartbeat” (portata al successo in seguito dai Def Leppard), non fecero decollare il disco, che non fece tempo ad uscire, che già la band si era sciolta...

Rock & Roll

Strange

Serious Fun

The Law

L.A. Guns Hollywood Vampires Polydor Records Hanno venduto oltre 10 milioni di album in tutto il mondo e sono stati insieme a Guns N’ Roses e Motley Crue uno dei più celebri esponenti della scena sleaze metal della città degli angeli... e non solo. Anche se ebbe un’accoglienza tiepida, “Hollywood Vampires” rimane insieme a “Viciuos Circle” uno dei lavori più sottovalutati del gruppo, guadagnandosi un disco di platino e un paio di ospitate nelle soundtrack di Harley Davidson & Marlboro Man (“Wild Obsession”) e di Point Break (“Over the Edge”). Lo sleaze metal a cui ci avevano abituati con i primi due album lascia spazio a uno street rock “notturno”, ma pur sempre efficace, per l’ennesimo classico dei Vampiri di Los Angeles.

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1991: The End of the Summer Days purtroppo qualcosa non deve aver girato nel verso giusto, visto che se ne sono perse le tracce e il suo nome si è risentito solo qualche anno fa quando, insieme a Boy George, pubblicò il pezzo dance “Vampire Love”. È un peccato perché il disco è molto piacevole, tra pezzi più sculettanti e Aor.

Law And Order Rites Of Passage MCA Records Sono passati due anni dall’esordio “Guilty Of Innocence” e il gruppo torna in studio senza il batterista Rob Steele, che abbandonò la nave per problemi personali. Poco male, perché il sound dei Law And Order rimane grezzo e muscolare, mantenendo quel tocco di originalità che li ha sempre distinti dagli altri gruppi del Sunset Strip. Dodici pezzi all’insegna di un creativo hard rock ricco di groove, con la band americana che si trova a metà strada tra un tradizionale Classic Rock Zeppelin-iano e suoni più moderni a cui ci avevano abituati i Saigon Kick.

Legend

Lisa Dominique

Prayerwing

Castle Communication

Per chi avesse avuto nostalgia dei Poison, nel 1991 vennero in soccorso questi cinque rocker americani che neanche nel nome riuscirono ad essere originali. Un disco mediocre per i talebani dell’hair metal, si salvano giusto qualche episodio come “Electric Romeo” e “Bottom Of The Deck”, che ovviamente pescano a piene mani da “Open Up and Say...Ahh!”. Anche se avrebbe potuto spendere meglio i soldi, la Demon Dolls Records l’ha ristampato con l’aggiunta di otto tracce, ma forse ci bastavano già quelle originali...

Qualche giornalista un po’ troppo audace la definì la “Marilyn Monroe of Rock n’ Roll”, ma per quello che ha lasciato ai posteri, forse le sarebbe stato meglio la “Belinda Carlise dell’Aor”... non che sia un’offesa, anzi, l’avvenente front-woman inglese, accompagnata da un’entourage di assoluto valore (David Prater, Glen Burtnick, ecc.), dopo il fortunato esordio e il trasferimento a New York, incise questo “Gypsy Rider” e andò in tour con Bon Jovi, Aerosmith, Ozzy Osbourne e Saxon. A tanto tamtam mediatico ci saremmo aspettati di trovarla nelle chart al fianco di Madonna, ma

Sex and Violence

Gypsy Rider

Lita Ford Dangerous Curves RCA Fresca di premiazione al Circus Rock Hall of Fame, che l’ha resa la prima donna a beneficiare di questo titolo, l’ex Runaways pubblica “Dangerous Curves”, ispirandosi a una canzone che Sammy Hagar le aveva dedicato. Prodotto da Tom Werman, il disco uscì decisamente bene, ma l’avvento del grunge non l’aiutò nelle vendite. “What Do Ya Know About Love”, “Shot of Poison”, “Playin’ With Fire” e “Larger Than Life” sono diventati dei classici nei suoi concerti.

Lee Aaron Some Girls Do

Attic Records La cantante canadese è nella mia top 5 di sempre nella categoria “Rocket Queen”. Nel 1991, tra il successo di “BodyRock” e la svolta jazz, pubblicò uno dei suoi migliori lavori. Al fianco del fedele chitarrista John Albani (co-autore di tutti brani) e coadiuvata da una band con i controcazzi composta dal batterista Randy Cooke (Gypsy Rose, Rik Emmett, Alannah Myles, Alanis Morissette, ecc.), dal bassista Rob Laidlaw (Gypsy Rose, Honeymoon Suite) e da nomi illustri che mettono la loro firma in “Love Crimes” e “Wild at Heart” (Stan Meissner), “(You Make Me) Wanna Be Bad” (Andy Curran), “Can’t Stand the Heat” (Paul Sabu) e “Dangerous” (Jim Vallance). L’elenco degli ospiti è di quelli imponenti, infatti troviamo anche Phil Naro e Harry Hess, anche loro a dare manforte ad un disco bellissimo, con “Sex With Love” o “Some Girls Do”, diventati gioielli di party rock al femminile!

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Little Angels Young Gods

Polydor Records Terzo album per la formazione inglese che ho avuto il piacere di vedere dal vivo nel 1993 di supporto ai Bon Jovi (uno dei nomi più usati per definire il loro sound). Hard rock radiofonico contraddistinto dall’utilizzo di arrangiamenti ricercati e valorizzati dalla produzione di James “Jimbo” Burton e dall’infallibile missaggio della coppia Thompson/Barbiero: hammond, fiati, archi, banjo… funk, folk, rhythm & blues, ma anche chitarre poderose, una sezione ritmica prestante e un massiccio uso dei cori, sono un’istantanea perfetta della musica dei Little Angels.


1991: The End of the Summer Days accaparrarsi gli interessi della Retrospect Records che nel 2007 ha messo sul mercato un CD-R che altrimenti non avrebbero mai visto la luce!

The Lost

Lynyrd Skynyrd

Epic Records

Atlantic Records

1991

The Lost

Vi è mai capitato di acquistare un album perché ve l’ha consigliato un amico o avete letto una bella recensione, poi lo ascoltate, non vi piace e finisce diretto nel dimenticatoio finché qualche strano gioco del destino non lo rifà apparire di fronte ai tuoi occhi? Ecco, l’esordio dei The Lost è uno di quei casi. Lasciato a prendere polvere per anni, mi è ricapitato nello stereo di recente chiedendomi perché mai l’avessi snobbato senza avergli mai dato una seconda possibilità... non lo so ancora, ma dopo averlo riascoltato, posso senza dubbio affermare che la band di New York incise un disco di hard blues di ottima fattura, impreziosito dal contributo di Greg Strzempka e Elyse Steinman dei Raging Slab, da John Popper dei Gov’t Mule e dalla mitica Joan Jett. La rurale “Midnflower”, la Thin-Lizzy-iana “Bijou Dreams”, la cadenzata “Laughing Boy” e la divertente “Cat Got Your Tongue” tra i pezzi migliori, senza dimenticare la cover di “For What It’s Worth” dei Buffalo Springfield e l’hidden track acustica di “Are You Experienced?” di Jimi Hendrix.

Love/Hate Wasted In America

Columbia Records Nonostante i dissapori tra la casa discografica e la band per la direzione musicale da intraprendere con il secondo album, prevalse l’etichetta che li costrinse a scrivere del materiale più in linea con il loro esordio, rifiutando le demo già registrate, ritenute troppo “crossover”. A questo giro forse dobbiamo ringraziare la Columbia Records per questa decisione, visto il risultato finale, perché “Wasted In America” è uno dei migliori album dei Love/Hate! Lyrics al vetriolo e sonorità meno aggressive rispetto all’esordio, sono gli aspetti contraddistintivi del disco, con i singoli di “Wasted In America”, “Evil Twin” e “Happy Hour” diventati autentiche hit street metal. Le vendite furono deludenti e la casa discografica li scaricò come un sacco di letame. I quattro ottennero un altro contratto con la RCA, ma non riuscirono più a mantenere gli stessi livelli qualitativi.

Il 1991 non solo è l’anno è di pubblicazione del “Black Album” dei Metallica, di “Blood, Sugar, Sex & Magik” dei Red Hot Chili Pepper, di “Ten” dei Pearl Jam o “Innuendo” dei Queen, ma è anche l’anno in cui il gruppo di rock sudista per eccellenza, i Lynyrd Skynyrd, realizza il primo album dopo la reunion del 1987 con Johnny Van Zant alla voce (fratello del compianto Ronnie). Il combo di Jacksonville torna con un disco di inediti dopo 13 anni dall’uscita di “Street Survivors” e, anche se non particolarmente apprezzato dalla critica dell’epoca, riesce comunque a regalarci una performance di caldo e puro southern rock, con Johnny che supera brillantemente la difficile prova di sostituire il fratello maggiore, anche se i riconoscimenti per il loro ritorno arrivarono in seguito.

Mariah

Somewhere Between Heaven And Earth Retrospect Records Dovremmo ringraziare etichette come la Retrospect Records se negli ultimi anni abbiamo avuto modo di ascoltare album che altrimenti sarebbero rimasti chiusi in qualche cassetto a fare la muffa. Nell’elenco di questi nomi spiccano i Mariah, uno di quei gruppi che davvero non sono riusciti a fare il grande salto per un niente, infatti la leggenda narra che ad un concerto la band diede la cassetta a Jon Bon Jovi, che ne rimase colpito, e si convinse a collaborare con loro a patto di qualche cambiamento (tra cui quello di cambiare il vecchio monicker Pretty Boy). Ma una serie di eventi sfigati, tra cui i problemi dei Bon Jovi dopo il tour di “New Jersey” e l’imminente arrivo delle band della Sub Pop, spezzò le ali ai Mariah ancora prima di spiccare il volo. Oltre alla ottima qualità dei brani, abbiamo anche una la line-up di assoluto valore che vedeva il chitarrista/tastierista Jimmy Di Lella (D.O.A., Waysted, Doro), Tim Compton (Lynn Allen) e il batterista Johnny Dee (Britny Fox, LeCompt, Doro e molti altri). “Somewhere Between Heaven And Earth” si colloca nella famiglia musicale di cui fanno parte nomi come Bon Jovi, Tyketto, ecc.

Manito Park Manito Park

Self Produced

Lost City Scratch-N-Sniff” Self Produced Probabilmente se ai tempi d’oro del Sunset Strip questo four-piace di Las Vegas non riuscì a trovare uno straccio di contratto, qualche motivo ci sarà pur stato e pur provando a giocarsi tutte le carte per entrare nel giro grosso, vennero anche loro spazzati via dall’uragano grunge. Hair metal dalla vena stradaiola, senza infamia e senza lode, con qualche buona idea che gli è servita per

Love Life Good Bye Lady Jane Blonde Vinyl Una produzione non all’altezza non rende giustizia a questi 11 pezzi di hard rock Slaughter-iano, dove balza all’orecchio anche la bella cover di “Hard Days Night” dei Beatles. Neanche il tempo di un Padre Nostro che la band cambiò nome in Fear Not, appesantì il sound per non farsi annientare dal Grunge, ma servì a ben poco, perché da allora scomparvero.

Unica testimonianza discografica per il quartetto di Washington. Nonostante sia un’autoproduzione, l’omonimo lavoro del gruppo americano potrebbe dare filo da torcere ai gruppi più blasonati, perché il loro melodic rock è ben eseguito e ci regala una serie di canzoni molto interessanti: “Bridges In Prelude”, “Girl In Green”, “Surrender”, “Like Forever”, “Daydreamer”, “Fool For Yesterday”, “Ariel”, “Send A Miracle” e “One Last Look”, anche se penalizzate da una pessima produzione, troveranno estimatori nei fan di Biloxi, Boulevard o compagnia “adulta”.

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1991: The End of the Summer Days

Mark Pogue And Fortress Restoration Pakaderm Solido e convincente AOR dalle tematiche cristiane per questo artista nato in Texas e cresciuto in Tennessee. Nel disco troviamo nomi del calibro di John Elefante, che contribuisce sia alle stesura delle song che alla produzione del disco. Chitarre ben presenti e la voce graffiante e roca di Pogue, sono i due elementi che mi hanno fatto subito apprezzare questo lavoro. Attualmente vive appena fuori da Nashville con la moglie e 2 dei loro 3 figli e continua a scrivere, registrare e produrre musica. Da riscoprire.

McQueen Street McQueen Street

John Porter McMeans Vigilante Man

Subliminal Records Primo ed unico disco solista per John Porter McMeans, conosciuto agli inizi degli 80 per aver militato nei Thunder americani. Dopo anni passati a scrivere pezzi per Steve Earle, Kenny Rogers, recupera quattro brani della sua vecchia band, ne incide due nuovi e pubblica “Vigilante Man” con sonorità Aor dall’aroma sudista. McMeans si è ritirato quasi subito dalle scene e ora si gode la pensione nella sua casa in Tennessee.

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SBK Records Hard rock al testosterone dal songwriting provocatorio e impegnato per il quartetto dell’Alabama prodotto dal celebre Tom Werman, che si scomodò di persona per lavorare con la band dopo aver sentito le loro demo. Anche Jeff Scott Soto e Steve Stevens vollero partecipare alle registrazioni dell’esordio discografico, che alterna con efficacia momenti di irruenza stradaiola ad altri più intimisti e profondi. Lo spietato killer proveniente da Seattle non risparmiò neanche loro: si sciolsero prima di pubblicare il secondo lavoro, che per la cronaca vide la luce solo nel 2003. Alla fine del 2008, il bassista Richard Hatcher si unì al gruppo alternative country degli The High Horse Band, per poi militare in diverse band senza mai lasciare la musica. Al batterista Chris Welsh e al frontman Derek Welsh è andata decisamente peggio, il primo è scomparso nel 1994, mentre il secondo è rimasto in coma farmacologico, dopo una caduta durante una partita di tennis.

Merzy

M.ILL.ION

Iceberg Records

K.M.C Records

Ottenuto un discreto successo con il disco omonimo, soprattutto nel Sol Levante, la band danese ritorna più in forma che mai con questo “Rock The Blues”, dove mette in bella mostra le proprie radici musicali. Si parte con il boogie hard rock di “Good Times” che ci porta direttamente su qualche freeway americana in compagnia degli ZZ Top, si prosegue con la ruspante “Out On The Highway”, mentre “Dead & Gone” è un bluesaccio di quelli della migliore tradizione. Più stradaiola “Elm Street Boogie”, dove partono i primi cenni Whitesnake-iani, che hanno il culmine in “Heaven’s Door”, con la chitarra di Tim Andre che tributa “Give Me All Your Love” del Serpente Bianco. In chiusura si torna sul delta del Mississippi con “Wild Turkey” e si fa sul serio con la ballata “Dreamer”, di circa 10 minuti!

Nel 1991 la scena scandinava era molto ben rappresentata nei negozi di dischi. Tra le nuove leve, si misero in mostra anche questi svedesotti di Göteborg con il debutto dal titolo “No.1”, un disco di melodic hard rock di quelli che si facevano una volta: chitarre ariose, tastiere pompose e tanta melodia. “Sign of Victory”, “Lovers”, “Live It Or leave It” e “Hold Me, Touch Me” tra i pezzi con una marcia in più, ma tutto l’album potrebbe facilmente essere assimilato ed apprezzato da chi pasteggia a birra e melodie. La storia di MILL.ION.S. è continuata tra tour, supporti celebri (Michael Schenker Group, Magnum, Nazareth, Halford , Status Quo, Saxon, TNT, Tony Martin, House of Lords) e dischi di livello.

Rock The Blues

No.1


1991: The End of the Summer Days

Michael Morales Thump

Polydor/Wing Records Mentre Michael Bolton faceva strage di donzelle con “Time, Love & Tenderness” e Louis Michael si faceva apprezzare dagli amanti del rock leggero con “Living For the Music”, un altro Michael cercava di raccogliere il successo dopo anni passati in giro per gli States a suonare nei club: Michael Morales! Texano, di San Antonio, dapprima pubblica nel 1989 il suo primo album solista, entrando nella Top 40 con “Who Do You Give Your Love To?” e con la cover di “What I Like About You” (The Romantics) poi, nel 1991, continua a mietere fan dell’Aor con questo “Thump”, album leggermente più “aggressivo” rispetto al predecessore e che propina autentiche gemme cromate.

Motorcycle Boy Popsicle

Mr. Meana Social Elite

Triple X Records

Royale Recording Corporation

Non mi hanno mai convinto al 100%, anche se una frangia di rocker stravede per loro. Capitanati dalla figura del bassista e frontman Francois, riuscirono a differenziarsi nella giungla di Los Angeles, grazie ad un look ed un sound a metà tra lo sleaze glam e il rockabilly, e per essersi fatti produrre il disco da Sylvain Sylvain (New York Dolls). Le cronache raccontano che furono audizionati per diventare la backing band di Alice Cooper, peccato che i quattro non impararono una sola canzone… e questo la dice lunga sulla loro attitudine, che si rispecchia benissimo in “Popsicle”, un crocevia dove si incontrano Joneses, Stooges, Bo Diddley e Rolling Stones.

Pezzo raro dal sottobosco inglese il mini dei Mr. Meana, gruppo formato dai fratelli Mastrantuono e autori di un anonimo hair metal. Pur muovendosi su un canonico glam metal (anche se la title track è una song speed metal), fanno fatica a guadagnarsi un “se non fosse stato per il grunge...”, dal momento che non bastano la commerciale “Kiss Me One More Time” e la ballata “Carrie Anne” a farli uscire dalla sufficienza.

Mystery Mystery

ARS Productions Nati dalle ceneri di due gruppi metal, gli Ostrogoth e i Crossfire, i Mystery esordirono nel 1991 con un disco dominato dalle tastiere di Chris Taerwe, dalla chitarra di Geert Annys e dalla voce di Peter De Wint (in seguito negli Affair). Il loro pomposo rock melodico si potrebbe associare a quello di Zinatra e 1st Avenue (per ragioni geografiche visto che arrivano dai Paesi Bassi), ma senza raggiungerne il loro livello. In ogni caso un piacevole disco d’esordio che ha avuto anche un seguito, “Backwards”, prodotto da Harry Hess e Pete Lesperance degli Harem Scarem.

Nasty Idols Cruel Intentions HSM Records

Mr. Big Motley Crue Decade Of Decadence ‘81-’91 Elektra Records Dopo aver battuto ogni record con “Dr. Feelgood”, era tempo di festeggiare i 10 anni di eccessi, e quale modo migliore se no con un greatest hits? Così nell’ottobre del 1991 esce “Decade Of Decadence ‘81-’91”, una compilation di brani che raccoglie il meglio dei quattro rocker californiani con l’aggiunta di due inediti: “Primal Scream”, “Angela“ e la loro versione di “Anarchy In The UK” dei Sex Pistols. Poi iniziarono i problemi con il licenziamento di Vince Neil, il grunge, il disco con Corabi, i progetti paralleli e le reunion, culminate nel film The Dirt, pellicola immancabile per qualsiasi amante della scena del Sunset Strip. Tra i più grandi di tutti!

Lean Into It

Molto prima che gruppi come Crashdiët e gang cotonate riuscissero ad attirare l’attenzione sulla scena sleaze scandinava, c’erano una schiera di band svedesi che diedero filo da torcere ai gruppi d’oltre Oceano. Tra i migliori esponenti di quella scena c’erano anche i Nasty Idols che, con il loro secondo disco, raggiunsero l’apice della loro - sfortunata - carriera. “Cruel Intention” è un disco di street metal figlio dei Motley Crue e di quel sound sporco e ruvido che tanto andava in voga tra i rocker più maleducati: “Cool Way of Living“, “Can’t Get Ya’ Off My Mind” e “Trashed ‘n’ Dirty”, confermano quanto fosse capace e competitiva la band di Andy Pearce, frontman navigato e capace, che ci ha lasciato troppo presto.

Atlantic Records Cosa succede se quattro talentuosi musicisti si uniscono e decidono di registrare un’album? Il 99% delle volte esce un disco di prog, nel rimanente 1% invece è un disco dei Mr. Big! “Daddy, Brother, Lover, Little Boy (The Electric Drill Song)”, “Alive And Kickin’”, “Green-Tinted Sixties Mind”, “CDFF Lucky This Time” (scritta da Jeff Paris, celebre musicista Aor) e “Just Take My Heart”, divennero dei classici della band e brani immancabili nelle compilation hair metal. Come il treno della foto di copertina, “Lean Into It” sfondò le classiche di tutto il mondo trainato dalla ballata “To Be With You”. La band continua tutt’ora produrre dischi di buona fattura, anche senza il compianto batterista Pat Torpey.

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1991: The End of the Summer Days

Nasty Habit

The Neighborhoods

New Dynasty

American Records

Third Stone Records/Atlantic Records

Blue Island Records

Rock Hard

Se lo cercate in qualche motore di ricerca, è più facile che lo troviate in qualche blog sud americano o russo, piuttosto che in vendita in qualche store, perché questo Ep sembra sia diventato introvabile. Da non confondere con altri 10 mila gruppi omonimi, questi Nasty Habit, sapevano come farsi voler bene, con canzoni dalle ritmiche serrate e con quel sound energico e stradaiolo che ha fatto la fortuna dello street rock e di gruppi come L.A. Guns. Fossero usciti qualche anno prima, probabilmente avrebbero avuto una carriera dignitosa, o meglio, avrebbero avuto una carriera...

The Neighborhoods

Ho risentito il disco in occasione di questa recensione e me lo sono goduto proprio. Il loro power pop è come una bibita ghiacciata in spiaggia, ti mette di buon umore e non ha nessuna velleità di farti alzare dalla sdraio per fare scorribande. Prodotto da Brad Whitford degli Aerosmith (dove suona anche su due tracce), il gruppo di Boston si rifarà vivo circa vant’anni anni più tardi con con il live “The Last Rat”.

New Tattoo Nazareth No Jive

Griffin Music Uno dei gruppi preferiti da Brian Johnson e Axl Rose, i Nazareth dopo il grande successo degli anni 70, hanno continuato a pubblicare album, anche se nel decennio successivo la loro popolarità aveva preso una parabola discendente. Così, tra dischi non sempre all’altezza del nome e tour solo per i fan europei, arrivò il momento anche di “No Jive”, diciottesimo album da studio, che segnava il ritorno nella formazione dello scozzese Billy Rankin al posto del dimissionario chistarrista Manny Charlton. Il risultato è un lavoro di pigro hard rock, senza picchi, ma neanche senza grosse cadute di stile.

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No Bones About It RFH Records

Ratt, Dokken e Bulletboys sono i primi nomi che mi vengono in mente ascoltando “No Bones About It”: chitarre in primo piano per un class metal che non aveva molto da dire, ma che ci ha lasciato una manciata di buone tracce come “Good Girl Gone Bad”, “Read Me My Rights”, “No Guts No Glory” e “Sealed And Delivered”. Forse un po’ troppo poco per rimanere impressi nel cuore dei fan.

Nitro

H.W.D.W.S. Hot, Wet, Drippin’ with Sweat

Mad Monster Party

Rhino Records Questi quattro sconosciuti rocker della scena underground americana, hanno provato a salire sul treno dell’hair metal senza sapere che era già arrivato a fine corsa. Peccato perché “Mad Monster Party”, sia nei suoni che nell’attitudine, omaggia la scena del Sunset Strip, e seppur molto derivativo, il loro robusto rock risulta un mix credibile di Van Halen, Ted Nugent e Keel. Nulla di trascendentale sia chiaro, ma piacevole.

Non ho mai amato particolarmente la band dell’Arizona, troppi acuti (quelli di Jim Gillette, primo frontman dei Tuff ed ex marito di Lita Ford) e troppi virtuosismi (quelli del chitarrista Michael Angelo) in un solo disco, fanno andare in aritmia il mio cuore sleaze. Diventati celebri nella scena hair metal per le loro cotonature, per la chitarra a forma di X e per le esibizioni del vocalist che frantumava bicchieri con la sua voce, non ebbero però grande fortuna. Per questa seconda fatica discografica, li ricordiamo solo per il videoclip della cover di “Cat Scratch Fever” di Ted Nugent.

Novella One Big Sky

Star Song Records

Noisy Mama

“One Big Sky” è l’album di debutto dei Novella, rocker cristiani capitanati dal bravo Jonathan Pagano. Sebbene preferisca il secondo disco (“A Liquid Earth”), devo dire che anche “One Big Sky” gioca bene le sue carte, con il suo approccio melodico molto 80’s che me li fa accostare ad un mix tra Bon Jovi e Petra, ma con i piedi piantati nei Seventies, soprattutto nei pezzi più lenti e bluesy.

Everybody Has One ATCO

Erano i primi anni 90, ero a cazzeggio in un centro commerciale con amici a scavare nei cestoni delle offerte per vedere se saltava fuori qualche chicca. Tra le copertine di Madonna e Fausto Papetti, sbucarono di-

Neverland Neverland

Interscope Ricordo il singolo “Drinking Again” nella colonna sonora di “Bill & Ted’s Bogus Journey” con protagonista un giovane Keanu Reeves che gli diete un buon airplay radiofonico, ma che non gli permise di scalare le classifiche. È un peccato perché avevano tutte le carte in regola per farsi amare dagli amanti dell’Aor: capello lungo e look curato, brani melodici e qualche ballata strappamutande. “Running On”, “Mama Said” e la già citata “Drinking Again” sono comunque degli ottimi ascolti per chi ha nei suoi scaffali i dischi di Giant e Bad English.


1991: The End of the Summer Days giusto qualche anno prima stava per essere strangolata dallo stesso frontman, dope che quest’ultimo si era scolato qualche bottiglia di vodka di troppo. Disco diventato un classico per gli amanti del genere,

Petra Unseen Power

verse copie dei Noisy Mama, nome a me sconosciuto. L’equazione copertina “rock” + foto con gruppo di “cappelloni” + etichetta discografica (era quella degli Enuff Z’ Nuff) + canzoni con titoli piacevolmente banali (“Dirty Dog”, “Daddy Long Legs”, “Long Way Home”), non mi fecero esitare un secondo e spesi 4.900 Lire per portarmelo a casa. Il disco? Hard rock bollente che sa di asfalto, whiskey e… Australia, un piacevole compromesso tra Kix, Aerosmith e Asphalt Ballet con le “scratchy” vocal di Paul Skowron a graffiare e i Marshall alla massima potenza. Il poco successo dovuto anche all’avvento del grunge e a una proposta troppo stereotipata, fecero sciogliere il gruppo. Alcuni membri li ritroveremo con gli Hounds Of Desire e di recente negli E-THR, mentre il chitarrista Dave Scott si unì ad un altro gruppo meno noto della scena hair metal, i Tuff Luck.

decade in meno sulle spalle. Hard rock a stelle e strisce, poco brillante nel songwriting e un po’ carente nella produzione, ma apprezzabile nell’opener “Steel Rain”, nel melodic rock di “Mr Invisible”, nella funky “R U Daddy” e nella lenta ”Just Like You”.

non, cambiano registro e l’album diventa l’ennesimo successo, facendo rimanere il “potere invisibile” per ben 7 mesi nella top ten degli album cristiani, trainato dal singolo “Hand On My Heart”. Nel 2000 sono stati inseriti nella Gospel Hall of Fame.

Pink Cream 69

Dayspring/Word

One Size Fits All

Uscito alla fine dell’anno, “Unseen Power” è il tredicesimo lavoro di uno dei nomi più rappresentativi della scena rock cristiana, che con questo album cercano di distaccarsi dall’arena rock che aveva contraddistinto le sonorità dei dischi usciti negli anni 80. Assumono alla regia Neil Ker-

Dopo un debutto un po’ sottotono, il gruppo tedesco tornò nei negozi di dischi con “One Size Fits All”, un lavoro superbo, che pur dibattendosi sempre ai confini tra l’Hard Rock a stelle e strisce e il Class Metal teutonico, riesce ad entusiasmare l’ascol-

Sony Music

Outlaw Blood Outlaw Blood Atco

Ozzy Osbourne No More Tears

In un’annata dove il crossover era diventato mainstream e il Grunge bussava alla porta, c’erano un pugno di irriducibili dei suoni più vintage che non volevano darla vinta a contaminazioni di sorta. Così ecco arrivare sul mercato gli esordi di Black Cat Moan, Kick Tracee, Katmandu e di questo quintetto americano che si è distinto con il suo bluesy street rock fresco e maleducato, che sembra uscito da una session tra Aerosmith e Tora Tora. Sei delle tracce sono firmate da Jeff Paris che, oltre ad occuparsi della produzione, suona le tastiere (il brano “Last Act” finirà anche nel suo disco solista “Smack”), mentre le rimanenti vengono marchiate dal chitarrista Marti Frederiksen (poi diventato un ricercato songwriter con collaborazioni con Ace Frehley, Eric Martin, Motley Crue, Brother Cane, Buckcherry, Def Leppard e… nella soundtrack di “Almoust Famous”). Il bravissimo frontman Marc McCoy è scomparso nel 2000 a causa di un tumore.

Epic Records

NVS NVS

Ninety Volt Records Ascoltando questo disco qualcuno riconoscerà le tracce pubblicate dai Mechanix nell’album “Regenerator”, uscito nel 2002 per l’Escape Music, infatti gli NVS non sono altro che lo stesso gruppo, ma con una

Del “Signore delle tenebre” si è già detto di tutto e di più, sia per la sua musica che per le sue bizzarrie. In una fase della sua vita dove le cose potevano andare solo in discesa, gioca il jolly con “No More Tears”, un album da molti considerato il migliore della sua carriera solista. Con uno Zakk Wylde in stato di grazia, “No More Tears” si guadagna cinque dischi di platino e altrettanti milioni di copie vendute nei soli Stati Uniti, vince un Grammy e si pone come una delle migliori uscite Hard & Heavy della prima metà degli anni 90. Mi piace ricordare la collaborazione con il compianto Lemmy in “I Don’t Want to Change The World”, “Hellraiser” e “Mama, I’m Coming Home” dedicata alla moglie Sharon Osbourne, che

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1991: The End of the Summer Days tatore con la Dokken-iana “Livin’ My Life For You” e con la power ballad “Where The Eagle Learns To Fly”. Balzati agli onori della cronaca (metal) più per l’avvicendamento del frontman Andi Deris, che rimpiazzò Michael Kinske negli Helloween, che per il loro dischi, i Pink Cream 69 rimangono comunque una delle più valide band nate in Germania in quel periodo, insieme a Roko, Coracko, EZ Livin e Thunderhead.

“So Mysterious”. A parte l’insolita cover di “Louie, Louie” (The Kingsmen), Plunkett gioca con un’Aor spassoso a cui aggiunge il giusto di elettricità e vagonate di melodia.

Poison

Prophet

Capitol Records

Halycon Records

In quel periodo stravedevo per i Poison. Bootleg, singoli e qualsiasi cosa riuscissi a trovare, finanze permettendo, cercavo di comprarla. Di “Flesh & Blood” ormai ero arrivato alla seconda copia in cassetta (la prima l’avevo consumata!) e quindi le voci che davano dei dissidi all’interno della band, mi mettevano di malumore. Ad alleviare questa sensazione, prima di Natale mi regalai il loro nuovo disco, un album dal vivo che doveva dimostrare la loro - criticata - abilità come musicisti… Il risultato non fu dei migliori, ma divenne ugualmente la colonna sonora di quel Capodanno… Le 4 bonus track, erano palesamente recuperate da qualche “scarto”, anche se ci sono ancora gruppi che farebbero la firma per scrivere pezzi come “So Tell Me Why” o “Only Time Will Tell”. Purtroppo “Swallow This Live” segnò la fine dell’era dei Poison, culminata con una scazzottata nel backstage degli MTV Video Music Awards del 1991 tra Michaels e DeVille…

Negli anni 80 erano considerati una delle migliori cover band del New Jersey, debuttarono con l’omonimo album nel 1985, un lavoro dalle sonorità tipiche di quel periodo, accostabili ai Bon Jovi degli esordi. Inizialmente nel gruppo militarono Ted Poley alla batteria (poi nei Danger Danger) e il compianto Dean Fasano, sostituiti rispettivamente da Michael Sterlacci e Russell Arcara dei Surgin e, con questi ultimi innesti, incisero “Cycle Of The Moon”, considerato il loro disco di punta. Sulle ali dell’entusiasmo e ancora con qualche cambiamento nella line-up pubblicarono “Recycled”: chitarre, tastiere e melodie a farla da padrone, e anche se meno ispirato del predecessore, rimane un valido esempio di yankee melodic rock.

Swallow This Live

Powerage Down ‘n’ Dirty Semaphore

Pleezer Pleezer

Millionaire Entertainment Dalla Motor City americana, Detroit, arrivano questi 4 rocker capitanati dal frontman Aaron Letrick e dal bravo chitarrista Paul Kramer. Insieme a loro a completare la line-up troviamo il batterista R.C. Helwood e il bassista Kevin Chown, in seguito nei Magnitude 9 e Edwin Dare. Non siamo di fronte ad un capolavoro, ma ad uno di quei dischi che si può acquistare per “completezza” della propria discografia Hair Metal. Lo stile può essere accostato a quello di Keel, Dokken o Hurricane, ma senza lo stesso livello compositivo.

Loro si chiamano Powerage, hanno il poster di Bon Scott appeso nella sala prove e scorte Franziskaner nel baule della Volkswagen. Provano a rielaborare qualche refrain e melodia che non li faccia sembrare gli ennesimi cloni, ma purtroppo, su questo disco non gli riesce molto bene. Tra i pezzi anche la cover di “Balls To The Walls” degli Accept, giusto per tributare anche chi è riuscito BENE ad omaggiare la band australiana.

NA VITA HO AVUTO U UCCESSI DI GRANDI S MA ANCHE ERDITE DI GRANDI P (Poison) Bret Michaels

Recycled

Radio Active Cats Radio Active Cats Warner Bros.

Steve Plunkett My Attitude

Quality Records Dopo la pubblicazione del terzo disco, l’etichetta discografica perse interesse negli Autograph che di lì a poco si sciolsero. Il frontman Steve Plunkett decise così di proseguire con la carriera solista pubblicando il suo primo - ed unico - disco: “My Attitude”. Noto anche come songwriter, scrisse diversi brani anche per i gruppi dell’epoca e così ecco che Butch Walker e Jesse Harte (SouthGang) contraccambiano il favore firmando il brano

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Anche se li abbiamo già visti diverse volte tra le pagine di Slam!, non possiamo lasciarli fuori proprio questa volta, quando si parla dei dischi usciti nel 1991. Ricordo Wayne Campbell e Garth Algar (i protagonisti del film “Wayne’s World”), lanciare il loro video di “Bed Of Roses”, uno spettacolare esempio di spassoso Rock N’ Roll, un riuscito mix tra i Bon Jovi di fine anni 80 e i Great White più campagnoli. Atmosfere Western e Blues, slide-guitar, fiumi di melodie e una manciata di pezzi dall’attitudine spaccona come “Shotgun Shack”, “Hold On Tigh”, “Cheap Mascara” e “Knock Knock”, valgono da soli l’acquisto. Per la cronaca, il bassista Shel Graves e il chitarrista Ian Espinoza, tornarono due anni più tardi con i TV In Flames e l’album “Drool”.


1991: The End of the Summer Days

Radio Moscow

Rated X

Bellaphon Records

Seld Produced

Quello dei Radio Moscow è un Aor che va a braccetto con il Classic Rock, come sapevano fare i Bad Company di quel periodo. Fondati dal chitarrista dei Diamond Head Brian Tatler, che fa giusto in tempo a registrare le chitarre del disco per poi lasciare il posto a Rob James, vedono nella line-up il bastterista Rich Battersby (poi dietro le pelli dei Wildhearts), il cantante Paul Bridgewater (Slowburner, Parche) e registrano questo “World Service” che si schiera insieme a quei titoli meritevoli, ma a cui è mancato quel qualcosa per fargli fare il grande salto.

Erano gli anni 90. La fame di glam era tanta e la ricerca di cibo per le mie orecchie era frenetica. Scambi di demo con giapponesi e canadesi sembrava l’unico modo per sopravvivere, così mi “mangiai” cassette con gruppi mai sentiti, tra cui quella di un gruppo di Hollywood chiamato Rated X, che aveva inciso dei demo con Dana Strum degli Slaughter. Poison al 100%. Mi piacevano tantissimo. Così, appena vidi ad una fiera un disco intitolato “Words” per la Long Island Records, pensai subito si trattasse dello stesso gruppo che era riuscito a trovare un contratto. Invece no. Questi Racer X sono un gruppo svizzero che aveva nelle sue fila anche il chitarrista Dominique Favez, che tra il 2002 e il 2007 ha suonato con i Krokus, e che con il glam non aveva nulla a che fare. Delusione.

World Service

Ransom Ransom

Intense Records Pubblicano il loro primo album nel 1991, ma il gruppo era già noto alla fine degli anni 80 per aver partecipato alla compilation “California Metal II” e per i numerosi show fatti nei club di Hollywood. Dopo qualche demo, finalmente raggiungono il sospirato contratto discografico e debuttano con l’album omonimo. Il loro Class Metal viene messo in luce dalla voce della brava Lisa Faxon e dal lavoro alla chitarra di Tony Ortiz, regalandoci le immancabili power ballad (“Tonight” e “When I Die”) e pezzi di Christian Metal ruggente, dove spiccano il singolo “Lasting Love” e quella “Fool That I Am” che plagia la nota “Wait” dei White Lion.

Sex It All

Ratt

Rattlesnake Kiss

Ratt & Roll 81-91 Atlantic Records

Rattlesnake Kiss

Sovereign Records Tra un “dove cazzo è finito il CD?” e un “a chi l’ho prestato?”, sono dovuto ricorrere a YouTube per riascoltarmi l’omonimo dei Rattlesnake Kiss, quintetto inglese che debuttò con il singolo “Sad Suzie”, a cui seguirono un’EP e l’omonimo album d’esordio. Fortemente influenzati dallo sleaze rock e dal rock sudista, i Rattlesnake Kiss sono senza dubbio debitori ai suoni americani, con uno street rock vicino a quello di Cinderella o Blackeyed Susan, ma penalizzato da una resa sonora scadente e da un songwriting ancora un po’ acerbo.

Prima che il Grunge scrivesse il testamento dell’Hair Metal, alcuni gruppi storici riuscirono a sparare le ultime cartucce: i Poison con un live, mentre Motley Crue e Ratt con la pubblicazione di due greatest hit. Il gruppo di San Diego nonostante si fosse giocato la carta Desmond Child in “Detonator” non ottenne il successo sperato, ricevendo “solo” un disco d’oro. Pian piano iniziarono i problemi con il chitarrista Robbin Crosby che lasciò la band per problemi di droga. L’Atlantic Records vista la parabola discendente del gruppo, a settembre provò a buttare sul mercato questa compilation che raccoglieva gran parte del materiale pubblicato su “Detonator”, con la speranza di rilanciarne le vendite… niente di tutto questo si concretizzò e l’anno successivo il gruppo si sciolse.

Razor White

Just What The Doctor Ordered Thunder Records Qualche scheletro nell’armadio ce l’hanno sia i Pantera che Phil Anselmo, infatti prima di diventare i cowboys from hell che tutto il mondo conosce, la band di New Orleans pubblicò un paio d’album di metal in spandex, mentre il frontman ha militato per un periodo in questi Razor White. Tra i nomi minori della scena americana, traevano la loro forza principalmente dalla produzione di Steve Blaze e non è un caso se canzoni come “Made In Paradise” sembrano uscite da uno dei primi dischi dei Lillian Axe. Dosi massicce di Dokken, quelle che deve aver prescritto il dottore alla band prima di scrivere le canzoni, ascoltate “Backdoor To Heaven” o “The Day We Said Goodbye” e poi ditemi...

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1991: The End of the Summer Days

Reptile Smile

Richard Marx

Who Makes The Rules

Rush Street

Sony

Capitol Records

Definiti come un incrocio tra Aerosmith, Cinderella e AC/DC, tra hard rock, blues e sleaze, si presentarono per la seconda volta nei negozi di dischi con “Who Makes The Rules”, un lavoro capace di rendere brani come “Crack The Riddle”, “Senorita Lucy”, “Wild Life”, “In My Face”, “Rattlesnake Valley”, “Get Down (Get With It)”, “Hush Hush” e “Rag ‘N’ Bone Man”, convincenti sin dal primo ascolto, anche se dotati di scarsa fantasia. Nel 1994 registrarono il terzo album, ma ancora oggi non è stato pubblicato.

Terzo disco multi-platino consecutivo per il rocker di Chicago che, trainato dal singolo “Hazard” (la storia di un uomo accusato erroneamente di omicidio nell’omonima cittadina del Nebraska), divenne numero 1 nelle classifiche mondiali. Aiutato da una lista di stelle del panorama rock e pop mondiale (cito solo qualche nome o finirei con fare l’elenco telefonico di New York), da Terry Bozzio a Bill Champlin, da Bruce Gaitsch a Randy Jackson, da Billy Joel a Michael Landau, da Tommy Lee a Steve Lukather, da Jeff Porcaro a Janet Gardner, “Rush Street” è l’album della maturità di Marx, un mix di FM Rock e pop.

Return Fourplay

Columbia Records Ho conosciuto ed apprezzato la band norvegese solo nel 1992 con “V”, ed incuriosito andai a ritroso nella loro discografia acquistando gli LP di “Attitudes” prima, e “Fourplay” poi. È proprio quest’ultimo di cui vado a parlare, un disco di rock scandinavo pieno zeppo di melodie e chitarre acustiche, con la voce sublime di Knut Erik Østgård a dettare legge. Trainati dal singolo “Tell Me”, “Fourplay” ebbe un ottimo successo in madrepatria, ma il grunge aveva già iniziato ad invadere le terre del Nord e pian piano i Return scomparvero dalla circolazione per rifarsi vivi nel 2005 con il disco omonimo.

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Roadhouse Roadhouse Vertigo

Richie Sambora Stranger In This Town Mercury Records Registrato mentre i Bon Jovi si presero una lunga pausa dopo il tour di “New Jersey”, “Stranger In This Town” è il primo lavoro solista di Mr. Sambora. Con l’aiuto dei suoi compagni Tico Torres, David Bryan e del bassista Tony Levin, scrisse un disco che si discosta dalle sonorità tipiche dei Bon Jovi, per abbracciare un caldo rock blues tinto di soul. Nella track list compaiono tracce non proprio sconosciute ai fan più accaniti della band, infatti “Ballad Of Youth”, “One Light Burning” e “The Answer” vengono ripescate dal repertorio degli Shark Frenzy (uno dei gruppi dove militava Sambora prima di entrare nei Bon Jovi), mentre “Rosie” la troviamo spesso in qualche bootleg di outtakes di “New Jersey”. Nel singolo di “Mr. Bluesman” è l’idolo di sempre Eric Clapton a fare la sua comparsa. Grande chitarrista.

Progetto formato da Pete Willis che si fece conoscere per aver suonato nei primi album dei Def Leppard, e poi allontanato dalla band per motivi di alcol. Ingaggiati una manciata di musicisti pressoché sconosciuti, il chitarrista pubblica questo lavoro che inevitabilmente risente delle influenze della band di Sheffield, soprattutto nei chorus e nelle guitar working, mentre arrangiamenti e ritmiche sono più vicine all’FM rock che spopolava in quegli anni. Aor fresco e arioso quindi, con incursioni pompose e validi brani che prendono il nome di “All Join Hands”, “Time”, “Loving You” e “Hell Can Wait”. Willis ha abbandonato il music business nel 2003 ed è a capo di un’azienda famigliare.


1991: The End of the Summer Days The Scream Let it Scream

Hollywood Records

Royal Tramps

Dangerous and Extremely Unhealthy Red Light

È entrato di diritto nel libro “I 100 Migliori Dischi Glam Metal” della Tsunami Edizioni, questo gruppo di Los Angeles che annoverava nelle sue fila gli ex Racer X, Juan Alderete e Bruce Bouillet, e gli ex Angora, Scott Travis (poi sostituito da Walt Woodward III) e John Corabi (attualmente frontman dei The Dead Daisies). Le coordinate sonore parlano, o meglio, suonano un genuino street rock sporcato di blues e notti brave, e subito dall’iniziale “Outlaw” si capisce che abbiamo a che fare con un disco sopra la media, dove vengono rielaborate le influenze old fashioned del gruppo, per farne un sound fresco e incisivo. Uno dei migliori dischi d’esordio pubblicati nel 1991.

Credo che la Scandinavia in quel periodo fosse seconda solo agli Stati Uniti per numero e qualità delle band. Dai nomi storici fino a quelli che hanno avuto meno successo, c’era solo l’imbarazzo della scelta, tra gruppi Aor, Glam o Sleaze. I Royal Tramps fanno parte di quella categoria composta da band che non hanno mai raggiunto il vero successo commerciale, anche se il loro rock sanguigno dal background musicale settantiano era decisamente piacevole. Nella formazione troviamo il chitarrista Olli Kykkänen, ora nei Los Bastardos Finlandeses e il compianto bassista Vesa Hautala.

al lentone “Runaway Renèe” e alla cover di “Brother Louie” finirà in seguito nell’esordio degli Arabia (gruppo formato da ¾ degli Scarecrow dopo il deludente “A Touch of Madness” del 1995). I pezzi da playlist non mancano e quindi ecco arrivare “The Heart Is A Lonely Hunter” (tra Blue Murder e Bangalore Choir) e “Bang Bang”, scoppiettante hard rock a stelle e strisce. Gli estimatori del class metal sapranno apprezzare i suoni ruvidi e le chitarre taglienti di questo buon disco.

The Screaming Jets All For One

Polygram Records Nascono nel 1989 a Newcastle, ma al posto di trasferirsi a Los Angeles in cerca di fortuna come hanno fatto in molti, loro vanno controcorrente e si stabilizzano a Sydney, dove si fanno le ossa suonando di supporto ai The Angels. Spinti dai singoli “C’mon” e “Better”, gli Screamign Jets divennero brevemente popolari, tant’è che il loro debutto raggiunse la posizione numero due delle chart australiane. Se in passato avete già alzato il volume con i loro pezzi, magari è giunto il momento di ripescare questo disco e far tremare le finestre ai vostri vicini. Threshold. La band pubblicò altri due album nei 4 anni successi, ma il loro esordio rimane indiscutibilmente il lavoro migliore.

Saraya

When The Blackbird Sings Polygram Dopo aver aver tentato la fortuna a Los Angeles, la band torna nel New Jersey dove incontra Sandy Lizner che li portò alla firma con la Polydor Records e a pubblicare l’omonimo disco d’esordio nel 1989. Qualche cambio di line-up non ostacolò l’uscita di “When The Blackbird Sings”, ma nonostante fosse più “duro” e con una manciata di buone canzoni, il fenomeno grunge e la scarsa considerazione da parte del pubblico, portarono allo scioglimento del gruppo: Chuck Bonfante raggiunse i Drive, She Said e poi formò i Flesh And Blood, Tony Bruno suonò con Joan Jett, Rihanna, Danger Danger, Barry Dunaway e Yngwie Malmsteen, mentre Gregg Munier morì nel 2006. La band si è riunita nel 2010 per suonare al Firefest Music Festival.

Sargant Fury

Shadow King

Still Want More WEA

“Still Want More” è un disco di solido class-rock melodico nella migliore tradizione europea, dove non mancano intermezzi più soft come nel caso della ballata “Love Me”. Parte del merito della buona riuscita del lavoro va soprattutto alla bella interpretazione del vocalist Andrew “Mac” McDermott, scomparso nel 2011 e conosciuto per aver fatto parte dei prog metalller

Shadow King

Scarecrow Scarecrow

Red Light Records Da quell’inesauribile riserva di gruppi americani nati sul finire degli anni 80, dobbiamo citare anche gli Scarecrow, formati dall’ex batterista dei Keel, Bobby Marks. Apre la roboante “Till The Day I Die”, che insieme

Atlantic Dopo aver lasciato i Foreigner e aver pubblicato due album come solista, Lou Gramm si porta dietro Bruce Turgon e Vivian Campbell, recluta il batterista Kevin Valentine e dà vita al progetto Shadow King. Giusto il tempo di pubblicare il disco e suonare all’Astoria di Londra, che il gruppo si sciolse, soprattutto a causa

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1991: The End of the Summer Days Disco che ho riascoltato molto volentieri e da cercare nella parrocchia dove praticano anche i Guardian.

della dipartita di Campbell, chiamato a sostituire Steve Clark nei Def Leppard. La tracklist propone momenti di classico Hard Rock Melodico, ed altri di Aor radiofonico che esaltano la voce di Gramm.

di pezzi come “Monkey Business” e della title-track o nelle ballate, diventate un loro must. Sempre sotto la direzione di Michael Wagener, il disco raggiunse il nº 1 nella classifica di Billboard. Una bestia feroce. Estinta, purtroppo...

Siloam Sweet Destiny

Image 7 Music

Shanghai Take Another Bite

Teikiku Records Prodotto da James Christian (House Of Lords) con l’aiuto di Jeff Cannata, la gang del Connecticut mi fece spendere un sacco di soldi per acquistare la versione giapponese di “Take Another Bite”, in realtà l’unica versione pubblicata… Con gli Shanghai siamo in pieno delirio da Sunset Strip: artwork con chiappe al vento, look alla Roxx Gang e sound che pesca dall’Hair Metal più stradaiolo. Prendete un po’ di Motley Crue, Skid Row, Poison e XYZ, fondeteli tra loro, e otterrete un’orgia di di canzoni sculettanti e trasandate.

Shanghai’d Guts Out Of Tune

EastWest Records Ho sempre avuto un debole per questo gruppo di Amburgo cresciuto con la musica di Rolling Stones e Faces. Più volte definiti i Quireboys tedeschi, debuttarono sulla lunga distanza proprio nel 1991 dopo l’Ep “With Love From St. Pauli”, diventato oggetto di culto per i collezionisti. Prodotto dal chitarrista dei Nazareth Manni Charlton, “Out Of Tune” è a mio parere il loro miglior lavoro, con un sound che gravita intorno al gruppo di Spike e a tutti cliché dello sleaze rock and roll arrogante. Qualcuno diceva che è molto semplice essere felici, ma è molto difficile essere semplici. “Out Of Tune” riesce nella sua semplicità a rendere felici.

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“Sweet Destiny” è il primo dei 3 album pubblicati dai “cristiani” Siloam, gruppo canadese che ha avuto la sfiga di esordire mentre “Smells Like Teen Spirit” si impossessava delle Modulazioni di Frequenza, accompagnando alla porta quella moltitudine di rocker sgargianti e colorati. Arena rock pulito, a tratti energico, con un grande uso di cori e con tastiere che non infastidiscono.

Shotgun Messiah Second Coming

Relativity Records Nati in Svezia come Kingpin, cambiano il nome dopo il “trasloco” a Los Angeles dove pubblicano il primo album omonimo con Zinny J. Zan alla voce. L’abbandono del frontman, porta al microfono il bassista Tim Skold e danno una svolta al loro sound che colpisce per qualità del songwriting e per la furia sonora di pezzi come “SexDrugsRockN’Roll”, nella cover di “Babylon” (New York Dolls) e in brani più mainstream (“Heartbreak Blvd”, “Living Without You”). “Second Coming” è la prova che senza di loro, molti degli attuali act Scandinave non sarebbero mai esistiti.

Skid Row Slave to the Grind

Atlantic Records Chi conobbe la band del New Jersey per le ballate “18 & Life” e “I Remember You”, rimase spiazzato quando ascoltò “Slave To The Grind”. I 5 rocker confermarono di trovarsi a loro agio tra la violenza sonora

Skull

No Bones About It Music For Nations Progetto nato dalla mente di Bob Kulick (fratello del più celebre Bruce, ex-Kiss), che stacca la spina dalle sue mille collaborazioni per dedicarsi a questo lavoro. Facendosi accompagnare da un gruppo impeccabile composto da Dennis St. James, Bobby Rock e Kjell Benner, riesce a sorprendere con un disco senza troppi fronzoli, all’insegna di un’Hard Rock americano con arrangiamenti tipici del periodo. Il progetto non ebbe un seguito, ma Kulick tornò sul mercato due anni più tardi con i Blackthorne.

Torben Schmidt A Bit On The Side Epic Records Chi segue la scena Aor, sicuramente avrà almeno un disco degli Skagarack, gruppo danese autore di interessanti album negli anni 80. Terminata l’avventura con gli Skagarack, il frontman Torben Schmidt si circonda di una serie di musicisti tra cui Kee Marcello (che suona in 4 brani) e da alle stampe il suo prima disco solista. ”Good Day To Be Living”, “When I Hold You In My Arms”, “I Gave My Soul To Rock N’ Roll“ e “Same Old Song, Same Old Story” fanno bene il loro mestiere di canzoni catchy e melodiche, per un lavoro di tutto rispetto e per un nome essenziale nelle migliori discografie di Aor scandinavo.


1991: The End of the Summer Days cane, sostando in motel scadenti e bevendo una Bud, mentre lo sceriffo del paese ti guarda minaccioso.

Snakepit Rebels Snakepit Rebels

Chrissy Steele

Four Leaf Records I più caparbi appassionati del street rock conosceranno già il quintetto svedese formato dal vocalist Ubbe Rydeslätt (Bang Bang, Steel Arrows) e dai chitarristi dei Guardian Angels, Anton Solli e Kricke Zetterqvist. Apparsi e scomparsi nel giro di un paio di anni, ci hanno lasciato come testimonianza due album di buona fattura, tra cui questo disco omonimo di rock stradaiolo e ruffiano, con “Sex Booze And Tattoos” e “You Left Me”, tra i brani migliori.

Magnet of Steel

Chrysalis Records Veterana della scena canadese con i suoi Room Service e Reform School, fu scelta dal chitarrista Brian MacLeod per unirsi agli Headpins, dopo la dipartita di Darby Mills. I due collaborarono alla realizzazione di “Magnet of Steel”, facendosi aiutare in sede di songwriting anche da Tim Feehan, Jeff Paris, Mark Slaughter e Mutt Lange, per un bellissimo disco di graffiante Hard Rock Melodico. I singoli “Love You ‘Til It Hurts” e “Love Don’t Last Forever” sono il guanto di sfida verso le “rivali” Lee Aaron e Saraya, ma visto com’è andata, non sembra esserci stata nessuna vincitrice...

Southgang Tainted Angel

Charisma Records

Spiders & Snakes Arachnomania

Self Produced Stephen Perry, meglio conosciuto come Lizzie Grey, è un musicista che di gavetta nella Los Angeles dei tempi d’oro ne ha fatta tanta, e per un soffio non è diventato una “vera” rockstar. Ha suonato nei Sister e nei London, ha contribuito a scrivere “Public Enemy #1”, portata poi al successo dai Mötley Crüe e ha formato gli Ultra Pop, poi diventati la sua ultima creatura: gli Spiders & Snakes. Prodotto dallo stesso chitarrista, “Arachnomania” si fa apprezzare per cinque tracce che si rifanno palesemente a glam britannico. Tre brani originali e due cover (“Little Willie” degli Sweet e “Billion Dollar Babies” di Alice Cooper), hanno fatto diventare i Ragni e Serpenti uno dei gruppi più solari e glamour degli anni 90, una della poche e valide band che hanno tenuto alta la bandiera di lustrini e zatteroni.

Nati in Georgia, con il nome di Byte The Bullet si trasferirono presto nella mecca del Rock dell’epoca, Los Angeles, dove vennero notati dalla Virgin che li mise sotto contratto dopo il cambio di monicker in Southgang. Con Howard Benson e Desmond Child in regia, Kane Roberts, Steve Plunkett e Mark Free com guest, pubblicarono un ottimo disco dove ci sparano nove brani di Party Metal elettrico e melodico (“Boys Nite Out”, “Love for Sale”, “Tainted Angel”, “Big City Woman” e “Russian Roulette”) e due ballate (“Georgia Lights” e “Aim for the Heart”). Sponsorizzato dalla critica, venne però praticamente ignorato dal pubblico. I risultati di vendite del secondo disco e il Grunge diedero il colpo di grazia e la band si sciolse. Il bassista Butch Walker ha continuato come solista ed è al momento uno dei più talentuolsi autori del nord america.

Stage Dolls Stripped

Polygram Era il periodo che vedevo Video Music anche mentre “studiavo”. Ogni pubblicità era buona per cambiare canale e vedere se sull’emittente toscana passava qualche

gruppo di cappelloni. In una di queste occasioni, passarano questa ballata dal titolo “Love Don’t Bother Me” (con una giovane Kate Moss come protagonista) e ne rimasi subito colpito. Non conoscevo il gruppo, così convinto da qualche recensione positiva sulle riviste di settore mi procurai la cassetta, che per qualche settimana mi tenne compagnia nei viaggi in metropolitana da casa a scuola. Scoprì che erano uno dei più noti gruppi rock norvegesi, che si stavano godendo il successo ottenuto con il singolo “Love Cries” e che erano appena stati in tour con Faster Pussycat, Warrant, Blue Murder e Mr. Big. Con Ron Nevison dietro il vetro e con l’aiuto in fase compositiva di Mark Spiro, realizzarono un album che torna alle radici del rock, con sonorità ideali per un viaggio introspettivo, su una decappottabile tra le praterie ameri-

The Storm The Storm

Interscope Records Tra i “supergruppi” del periodo troviamo anche i The Storm, nati come side-project di alcuni membri dei Journey, con una line-up composta da Kevin Chalfant, Josh Ramos, Gregg Rolie, Ross Valory e Steve Smith. L’ascoltatore non sarà travolto da una “tempesta”, ma bensì da un uragano di emozioni tradotte in Aor, con brani di brillante rock elettrico e al tempo stesso ricco di pathos. I The Storm danno vita a un disco che riesce a soddisfare i palati più raffinati e gli amanti dell’hard melodico, dove non troviamo nessun riempitivo, ma un susseguirsi di hit che sono finite direttamente nell’olimpo del Rock Adulto.

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1991: The End of the Summer Days

Straight Up Faster and Deeper

Can’t Stop the Rock

Stryper

Susie Hatton

Sweet F.A.

Wire Records

Hollywood Records

Giant Records

Charisma Records

Infuocato debutto per questi rocker svedesi, capaci di far scatenare l’ascoltatore con un ipervitaminico Street Metal, tanto semplice, quanto coinvolgente. A metà strada tra l’irruenza dei Guns N’ Roses e la volgarità sleaze dei Faster Pussycat, “Faster And Deeper” è da ascoltare sorseggiando una birra gelata guardando film per adulti. “Fist Fucking Generation”, “Mama“, “Feeling” e “Straight Up In Your Pussy”, sono solo alcune delle tracce che vi travolgeranno con la loro dirompenza sonora.

Pubblicata nell’estate del 1991, la raccolta può considerarsi a tutti gli effetti l’ultimo colpo di coda degli Stryper prima dello scioglimento, che si concretizzò nel febbraio dell’anno seguente con l’abbandono del vocalist Michael Sweet. Forse non sapremo mai i veri motivi che portarono il gruppo a prendere questa decisione, ma col senno di poi, ricordo di essermi goduto questa compilation che raccoglieva il meglio del quartetto californiano e due tracce inedite: “Believe”, ispirata alla Guerra del Golfo e l’heavy rock di “Can’t Stop the Rock”.

Quando si parla della bella cantante del’Ohio è impossibile non fare il nome di Bret Michaels: a) perché ha avuto una breve storia con la vocalist; b) perché il frontman dei Poison ha prodotto “Body & Soul”, unica traccia discografica lasciata dalla Hatton nel music business. Con il cantante americano in veste di coordinatore e compositore, ne esce un disco di piacevole arena rock al femminile, una sorta di Vixen più “commerciale”, dove è necessario alzare il volume in brani come “Blue Monday”, “Believe In Me” e nella title-track, mentre è esclusivamente per i fan dei “veleno” il duetto Hatton/Michaels nella cover di “Brown Sugar” dei Rolling Stones. Dopo il disco, la Hatton ha interpretato alcuni piccoli ruoli per la TV americana e per un breve periodo ha continuato a cantare nei club di Los Angeles.

Ad uso e consumo degli amanti dell’hard rock americano il secondo lavoro del gruppo dell’Indiana, tornati sul mercato a due anni di distanza dal promettente esordio. “Temptation” è un disco di graffiante rock stradaiolo, con un songwriting in linea con il periodo ed impreziosito da un team composto da Howard Benson, Steve Thompson e Michael Barbiero. Un sound più volte definito come un incrocio tra Bulletboys, Faster Pussycat e Tesla. gli Sweet F.A. riuscirono a farsi voler bene con una manciata di tracce ricche di groove.

Stranger No More Dirty Deals

Thunderbay Recording Da Tampa, arriva una delle band più sottovalutate band del panorama musicale. Nati alla fine degli anni 70 con il monicker di Romeo, passano gli anni 80 tra alti e bassi, ma tornano nel 1991 con questo “No More Dirty Deals”, un lavoro che si mantiene su sentieri già tracciati nel precedente “No Rules”, un Hard Rock senza troppe menate, in cui convivono l’anima più melodica e spensierata e quella più settantiana e bluesy. “Let Me Rock N Roll”, “She’s a Dancer”, “I Know I Tried” e “Long Gone” (dedicata allo scomparso Stevie Ray Vaughn) sono i pezzi che ascolto con maggior frequenza.

Body and Soul

Surrender Surrender

Self Produced Tra i pezzi di culto dei collezionisti Aor, trova spazio anche l’omonimo album d’esordio del terzetto americano. Registrato nella seconda metà degli anni 80, credo sia diventato oggetto di ricerca più per la sua scarsa reperibilità che per il suo effettivo valore. Intendiamoci, “Surrender“ è bel dischetto, brani come “Never”, “Sunrise Goodbye”, “Nikki”, “Feel The Burn” e “Last Time I Say Goodbye”, sono degli ottimi esempi di pomposo Aor, ma ben lontani dalla parola “capolavoro“. Vista la grossa richiesta, l’album è stato ristampato nel 2005 con il titolo “Better Late Than Never” con l’aggiunta di 3 bonus track.

A BRET PENSO CHE ABBIA PRESO ALLA SPROVVISTA IL FATTO CHE MOLTE DELLE MIE CANZONI PREFERITE ERANO DEI VECCHI LYNYRD SKYNYRD E DI ELTON JOHN Susie Hatton

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Temptation


1991: The End of the Summer Days

Tall Stories

Ken Tamplin

Tattoo Rodeo Rode Hard - Put Away Wet

Psychotic Supper

Epic Records

Intense Records

Atlantic Records

Geffen Records

Nelle classifiche dei dischi Aor usciti negli anni 90, l’esordio del gruppo di Steve Augeri merita sicuramente il podio. Gli accostamenti con Steve Perry, alla fine l’hanno portato a vestire i panni del cantante dei Journey con cui pubblicherà tre lavori. Diventato nel corso degli anni un titolo indispensabile per gli estimatori dell’aor, l’esordio dei Tall Stories è suonato ad altissimi livelli e ti fa chiedere che cosa ne sarebbe stato di loro se fossero usciti dieci anni prima. Nel 2009 sono tornati con “Skyscraper” per la Frontiers Records e di recente abbiamo visto il cantante sul palco del festival organizzato dall’etichetta parteneopea.

Nel curriculum del cugino di Sammy Hagar saltano subito all’occhio gli album con gli Shout e i credit come compositore in film come “Charlie’s Angels”, “Major League III” e nelle serie di “Baywatch” e “Friends”. Ma la sua carriera è soprattutto costellata da molti lavori discografici, divisi tra diversi progetti e dischi solisti. Di quest’ultimi ne fa parte anche “Soul Survivor”, che apre i battenti con l’hard blues di “Media Mania” e prosegue con 9 tracce dove si percepiscono le diverse sfumature di questo disco, che attinge anche da altri generi musicali, ma che in definitiva risulta un ottimo lavoro di rock “ecclesiastico”.

Nati dalle costole dei pomp rocker White Sister, di cui recuperano “Tell Me Why” e “Everybody Wants What She’s Got”, i Tattoo Rodeo si distinsero dagli altri gruppi della scena Hair Metal per il loro approccio musicale più “rustico” e meno “bombastico”, dettato dalle influenze di Led Zeppelin, Bad Company e Lynyrd Skynyrd. Il risultato del loro lavoro sono 13 brani di polveroso Hard Rock venato di blues, ideale colonna sonora per una partita a biliardo in qualche malfamato club sull’Interstate 15. A dimostrazione di quanto detto ascoltate “Strung Out”, “Sweet Little Vikki”, “Been Your Fool”, “Let Me Be The One” e “Shotgun Johnny”.

Dopo essere stati catapultati - quasi per caso - nel mondo delle Rockstar con “Five Men Acoustical Jam”, il quintetto di Sacramento torna sul mercato con l’album che gli ha consacrati come uno dei migliori gruppi Hard Rock. Con quasi 70 minuti ad alto voltaggio, i Tesla ci sbattono in faccia uno dei loro dischi migliori, dove le chitarre taglienti di Hannon-Skeoch dettano legge, sia nei pezzi più elettrici (“Change In the Weather”, “Edison’s Medicine”, “Don’t De-Rock Me” e “Had Enough”), sia in quelli più acustici come (“Call It What You Want”, “What You Give” e “Song & Emotion”, dedicata allo scomparso Steve Clark, con cui avevamo appena condiviso il tour in com-

Tall Stories

Tangier Stranded

Atco Records Philadelphia, oltre ad aver dato i natali a Cinderella (con cui divisero più volte lo stage e il produttore Andy Johns) e Britny Fox, vide nascere anche questo combo che probabilmente non passerà mai alla storia, ma che tra la fine degli 80 ed inizio degli anni 90, contribuì a far spendere soldi ai fan dell’Hard Blues. “Stranded” segna il ritorno dell’originale vocalist Mike LeCompt (che poi continuerà con la sua carriera solista) e con un team che comprendeva John Purdell e Duane Baron in sede di produzione e qualche ospite illustre (come l’amico Eric Brittingham dei Cinderella), ma anche una giovane Pamela Anderson nel video della title-track. L’ascolto diventa obbligatorio se amate la band di Tom Keifer, Aerosmith e i “compaesani” Graveyard Train.

Soul Survivor

Tesla

Tattooed Love Boys

No Time Fo Nursery Rhymes Music For Nations A cavallo tra gli anni 80 e 90, dopo i successi di gruppi come Wrathchild, Babysitters, Dogs D’Amour, Last of Teenage Of Idols, Quireboys e Tigertailz, la scena sleaze glam inglese faceva fatica a rispondere alle proposte in arrivo dagli States. Gruppi come Kill City Dragons, CryBabys, Soho Roses, Horse London e Red Dogs facevano a spallate alla ricerca di successo, ma trovare un po’ di spazio diventava sempre più complicato. A far parte di questi gruppi minori, c’erano i Tattooed Love Boys, quintetto fondato dal batterista Mick Ransome dei Praying Mantis e autori di un onesto sleaze rock dalle atmosfere fumose. Con il loro secondo lavoro “No Time Fo Nursery Rhymes”, non si accaparrarono grandi riscontri di critica e fan, ma si sono fatti apprezzare per canzoni come title-track, “Mistery Train” e “Fat Cat”. Curiosità, nella band ha militato anche il bassista CJ, poi passato nei Wildhearts.

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1991: The End of the Summer Days pagnia dei Def Leppard). Un pick-up che viaggia nelle praterie americane, mischiato all’odore di Denim e sigarette, ecco cos’è per me “Psychotic Supper”.

Tornado Babies Eat This

Bad N Dangerous

The Throbs

The Language of Thieves and Vagabonds

Thunderhead Crime Pays

Music For Nations Anche se molto noti in madrepatria, i Thunderhead non hanno avuto molto successo al di fuori del loro paese seppur tra il 1989 e il 1999 hanno pubblicato una serie di validi album di hard’n’heavy. “Crime Pays” è da molti considerato la loro miglior release, dove sono stati scomodati nomi come Motorhead, Skid Row ed AC/DC per definirne il sound, con undici brani che meritano di essere ascoltati e che fanno venire la voglia di addentrarsi ancora di più nel loro catalogo.

Geffen Records Recentemente ristampato dalla Rock Candy con l’aggiunta delle bonus track “Rainbow” e “The Queen of Borrowed Lights”, “The Language Of Thieves And Vagabonds” emana tutta quella psichedelica decadenza dei ghetti di New York e l’amore per i Rolling Stones (“Honey Child”). Distante anni luce dai suoni cromati in voga in quegli anni, i The Throbs come avete capito, realizzarono un disco di crepuscolare Sleaze Rock di grande impatto, dove oltre al produttore Bob Ezrin, si sono scomodati anche Little Richard (in “Ecstasy”) e l’ex Alice Cooper Freddy Mandel (“It’s Not the End of the World” e “Rip It Up”). Insieme a Dogs D’Amour, i portabandiera dello Sleaze Rock decadente.

È di qualche anno fa la ristampa della Demon Doll Records di “Eat This!”, disco d’esordio di questo trasandato gruppo di Göteborg. Anche se non si tratta di un masterpiece, riuscì comunque a dare filo da torcere ai gruppi americani come Britny Fox, Kix, Johnny Crash e Jackyl, nomi non citati a caso, dal momento che il sound della band svedese è chiaramente imparentato con lo Street Metal di origine… australiana. Da “Can U Dig It” fino alla conclusiva “Stay Wild”, sguaiato rock stradaiolo!

Touris Big Plans

Tipsy Wit Songs & Dreams

Tigertailz Banzai!

Sony Records “Bezerk”, il secondo album della band gallese, diventa un successo. Dopo il tour con gli UFO però, la Music For Nations non gli conferma il contratto. Subentra la Sony che per questioni di diritti, fa cambiare nome alla band in Wazbones e mette sul mercato “Banzai!”, ma per il solo mercato Giapponese. Il loro glam metal si fa più cattivo e a tratti moderno, ci buttano dentro un paio di inusuali cover di Metallica e Megadeth, ma questo non bastò per salvarli dalle grigie nubi provenienti da Seattle.

Semetery Records I Tipsy Wit sono uno dei pochi esempi di Hard Rock a stelle e strisce partorito dai cugini francesi. Formati nel 1989 da musicisti provenienti da diverse parti d’Europa (tra cui un italianissimo Luigi Salvatore), registrano “Songs & Dreams” in Germania, sotto la guida di Jorg Michael e Gary Wagner. C’è poco comunque del vecchio continente, perché “Songs & Dreams” è un album di estrazione americana, soprattutto nei suoni delle chitarre, con 11 tracce che reggevano il confronto con quelle dei più blasonati gruppi d’oltre Oceano. Unico difetto di questo lavoro è che non ha mai avuto un seguito.

The Toll

Sticks and Stones and Broken Bones Geffen Records I Toll erano diversi dagli altri gruppi del periodo. Un look sobrio, un sound che va alle radici del Rock e un songwriting impegnato. Ma quindi che ci fanno qui? ...Semplice, sono qui perché in “Sticks and Stones and Broken Bones” si sentono quelle atmosfere urbane e nichiliste che ti catapultano nel vicolo sbagliato, in compagnia di prostitute e spacciatori, dove il punk incontra la tradizione musicale americana e si mescola con lo street rock.

Ice Productions I “piani” di Tony Touris saranno stati grandi, ma qualcosa non deve aver funzionato visto che “Big Plans” non è andato oltre al feticcio per qualche maniaco dell’hard rock anni 80. La mia copia originale non me la sono ancora procurata, così ho approfittato di internet per ascoltarlo e per scoprire gli altri lavori solisti del vocalist americano, che mi ha regalato un’oretta di Hard Rock melodico a stelle e strisce dai cenni Bonjovi-iani, ma dallo skip facile...

VICINI, MI APPENA ARRIVATO A L.A.,I MIEI BAND CHIAMATA PORTARONO A VEDERE QUESTA VOCE... ANGORA, CON JOHN CORABI ALLA PIENO ZEPPO ERA FANTASTICO. IL CLUB ERA DI RAGAZZE Stevie Rachelle (Tuff)

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1991: The End of the Summer Days

Transit

Triple X

Tyketto

Ugly Kid Joe

K-Tel

Substitute Records

Geffen Records

Stardog Records

Di stanza in Svizzera, ma con anima americana, i Transit nel corso degli anni sembrano aver imparato alla perfezione gli insegnamenti musicali provenienti dal nuovo continente. Formati nel 1982, pubblicano due album tra il 1985 e il 1989 e vengono consacrati nel 1991 dalla TV elvetica tra i migliori dieci gruppi del paese. “Heartcore” si presenta sul mercato con il singolo “Need My Number” confermando le sorprendenti abilità del gruppo, con ritornelli accattivanti e ritmiche pulsanti, pane per i denti degli hard rocker più scanzonati. Forse meno conosciuti dei connazionali Krokus, Gotthard o China, ma sicuramente da riscoprire.

I Triple X sono una delle numerose band che hanno fatto una fugace comparsa a cavallo tra gli anni 80 e 90 e che per un pelo non hanno raggiunto il successo. La loro attività live li ha visti dividere il palco con Motley Crue, BulletBoys, Don Dokken, Trixter e hanno pubblicato due dischi, diventati merce di ricerca per i collezionisti. Quello che rimane però di loro, è qualche video dal vivo sul web, dove era il mullet a farla da padrone e una manciata di brani in bilico tra Rough Cutt e Quiet Riot. Probabilmente fossero nati in California e non nell’indutriale Pennsylvania, qualche chance in più l’avrebbero avuta.

Annunciati come gli eredi dei Bon Jovi, il gruppo capeggiato dall’ex Waysted, Danny Vaughn, debuttò nel 1991 con un disco prodotto da Richie Zito (Cheap Trick, Poison, Bad English, White Lion). “Forever Young”, “Wings” e “Standing Alone” sono diventate canzoni simbolo del loro repertorio e degli amanti dell’hard rock a stelle e strisce. Con il successore “Strength In Numbers” la band cercò di replicarne la formula e il successo, ma ormai la scena hair metal era al tramonto e le luci della ribalta si spensero. Tra cambi di formazione e side-project, i Tyketto sono sopravvissuti e li possiamo ancora ascoltare con Vaughn ancora in grande forma.

Ignari di una scena musicale sempre più cupa, cinque ragazzacci californiani facevano i bulli per le vie di Isla Vista con l’auto di papà e i Black Sabbath a tutto volume. Non sapevano ancora che il singolo di “Everything About You” sarebbe diventato un clamoroso successo, ma avevano già pubblicato un’EP che anticipava il full length. “Madman”, “Whiplash Liquor” e “Too Bad”, le sentiremo anche sul debut album, poi la deludente svolta alternative. Fino a metà anni 90, gli Ugly Kid Joe sono stati il gruppo più vicino al termine “party metal”.

Heartcore

Bang

Don’t Come Easy

As Ugly as They Wanna Be

Tuff

What Comes Around Goes Around Atlantic Records “What Comes Around Goes Around”, è un’album uscito nella parabola discendente del Glam Metal. Uno dei migliori dischi usciti in quell’annata. Ci sono tutti i cliché richiesti dal genere: tematiche festaiole, pezzi ruffiani e le ballate strappamutande (la lenta “I Hate Kissing You Goodbye” raggiunse la terza posizione nella classifica di MTV). L’esordio discografico dei Tuff rappresenta a tutti gli effetti lo stereotipo dell’Hair Metal solare, quella musica che ha fatto sbavare migliaia di ragazzine e fatto rubare ai dai teenager americani lacca e trucchi alle sorelle maggiori.

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1991: The End of the Summer Days

White Lion

The Ultras

Main Attraction

The Complete Handbook Of Songwriting

Atlantic Records

Triple X Records Arrivano da “Hollyweird” questi sfrontati rocker dal look da cheerleader trasandate. In periodo in cui la scena glam viveva un momento di transizione tra l’hair metal e il bubblegum, pubblicarono quella che è l’unica traccia lasciata del loro vagobandare sul Sunset Strip: “The Complete Handbook Of Songwriting”. L’ep vive di chiaroscuri e di un cocktail ben riuscito di songwriting pungente e sonorità melodiche e decadenti. “Galactic Kid”, “Piece Of the Rock” e la spassosa “Kodachrome”, non saranno le punte di diamante del genere, ma godibili pezzi di rock col rossetto.

Van Halen F.U.C.K.

Warner Bros Questo album segna il ritorno del loro storico produttore Ted Templeman, pronto nuovamente ad esaltare la chitarra di Eddie con trovate casuali come l’uso del trapano elettrico. Si racconta che il tecnico della manutenzione dello studio (il celebre 5150), prese in mano il trapano, ma questo fosse collegato alla chitarra e… il resto è storia! Testi pieni di riferimenti sessuali per mano di quel discolo di Sammy Hagar, fanno da cornice ad un album che conquistò i primi posti nelle classifiche e ne rimase per oltre un anno: “Runaround” raggiunse il primo posto delle chart, mentre “Right Now” si posizionò al numero 55 di Billboard, in compagnia di “Top Of The World” e “Poundcake”. Fa sorridere sapere che il primo concerto visto da Kurt Cobain fu uno show del Red Rocker nel 1983 e che un decennio più tardi dovessero contendersi i primati nelle classifiche.

Whitecross

Under Fire

In The Kingdom

Flames

Star Song

Vertebrae Avere tanti CD a volte mi causa qualche difficoltà, infatti mi capita di acquistare titoli doppi o di pensare di avere dischi che in realtà non ho. “Flames” fa parte di questo ultimo caso. Dopo aver perso dieci minuti abbondandi nella lettera “U“ del mio mobile dell’Ikea, mi rendo conto che questo disco non l’ho mai avuto, confondendomi con il disco omonimo uscito nel 1997. Va bè, la vecchiaia... Torniamo agli Under Fire e al loro “Flames“ che cerca di tenere accesa la fiamma dell’Hair Metal, ma un songwriting deboluccio e una produzione poco incisiva, resero vano il tentativo.

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Un altro di quelle release che non fu accolta molto bene dalla critica, che accusava il Leone Bianco di aver fatto il compitino. In effetti “Main Attraction“ non riuscì a bissare il successo dei dischi precedenti, raggiungendo solo il 24° posto della classifica Mainstream Rock Songs. Il lavoro non cambia formula rispetto ai precedenti dischi, con un’hard rock chitarristico che si fa apprezzare nel singolo “Broken Heart” (già edita sull’esordio) e nel loro tributo a Stevie Ray Vaughan con “Blue Monday”. Le vendite scarse e divergenze musicali tra i membri, portarono lo scioglimento del gruppo, ma rimangono tutt’ora tra i capisaldi della scena Hair Metal.

Warrior Soul

Drugs, God And The New Republic DGC Records Ho questa convinzione: il gruppo di New York o piace alla follia o fa decisamente cagare. Io devo ancora capirlo, anche se, quando vidi il video del singolo di “Wasteland”, rimasi a bocca aperta e non ci pensai due volte ad acquistare la cassetta “Drugs, God and the New Republic”. Per uno come me che era in pieno trip hair metal, fu difficile assimilare questo gruppo feroce, ipnotico e politicizzato. Le dodici sventagliate sonore presenti sul disco, vanno a braccetto con un songwriting insurrezionalista, arricchito dalla chitarre esperte di John Ricco e dalla voce di Kory Clarke.

W.E.T

Rock N’ Roll Meltdown HSM Records Da non confondere con il gruppo formato da Erik Martensson e Jeff Scott Soto, questi W.E.T nascono nel lontano 1987 a Linkoping, Svezia e iniziano a suonare guidati dall’amore per gruppi come Van Halen e Montrose. “Rock n Roll Meltdown” attira da subito l’attenzione del pubblico, il video della lenta “Under The Blue” viene spesso trasmesso dalla tv regalandogli un certo seguito in Scandinavia. Seguirono altri due album, “Weird Electric Tension” nel 1995 e “Walking Straight” nel 1998, ma non sono mai riusciti ad andare oltre al gruppo di culto.

Ho sempre considerato i Whitecross come la versione dell’oratorio dei Ratt, probabilmente perché la voce di Scott Wenzel mi ricorda molto quella di Stephen Pearcy. Costituiti a Chicago, la band pubblica il loro primo album nel 1987, che attirò subito l’attenzione dei fan del Class Metal grazie anche al talento alla chitarra di Rex Carroll. Con “In The Kingdom” giunsero alla quarta fatica discografica, dove il party metal di “No Second Chances” e la corale title-track li faranno diventare uno dei gruppi di riferimento della scena White Metal. Nel 1998 Scott Wenzel si prese una pausa per dedicarsi ad altri progetti e a una missione in Sud America per tornare nel 2005 con l’album da titolo “Nineteen Eighty Seven” per la Retroactive Records, contenente vecchie canzoni ri-arrangiate e un nuovo brano strumentale.


1991: The End of the Summer Days

Wighthouse Wanderland Wighthouse Wanderland Geffen Records Rarità discografica e oggetto di ricerca da parte dei più incalliti fan del rock melodico, questo unico lavoro del gruppo finlandese. Dopo lo scioglimento, continuarono ad incidere buona musica con il nome di Electric Sun, pubblicando un disco omonimo nel 1994. Per provenienza e sonorità, potrei azzardare un paragone con una versione più aor dei Dream Police, dove spicca l’ottima prova del singer Christopher Anderson, dalla voce roca e potente. Quando l’Aor si unisce al blues.

Wild August

Wild Horses

Wolfsbane

Retrospect Records

Atlantic Records

Def American

Nei primi anni 90 Ana Black, Pretty Vacant, Hard Knox e questi Wild August, erano tra i nomi più ricorrenti negli scambi di demotape. Mi innamorai del loro Street Rock a stelle e strisce e di pezzi come “One More” e andai alla ricerca del loro materiale, riuscendo a recuperare anche una copia in cassetta del lavoro solista del cantante Sullivan Bigg (sentito anche nei Masquerade americani). Occorre però restringere il campo dei possibili target, e in questo caso è obbligatorio consigliare i Wild August solo a chi non pretende a tutti i costi una produzione da major e sonorità originali.

Grande sound per questi cavalli selvaggi nati dagli ex Buster Brown e Montrose, Johnny Edwards (che prima di registrare il disco abbandò il progetto per sostituire Gramm nei Foreigner) e James Kottak. A completatare la formazione troviamo Rick Steier, i bassisti Chris Lester e Jeff Pilson, e il nuovo frontman John Levesque. Hard Rock senza troppi effetti speciali e intinto di Blues, in equilibrio tra quello più virile e tradizionale dei Whitesnake e quello più spensierato e “americano” dei Van Halen. La power ballad “The River” entra di diritto nella top-list dei lentoni strappalacrime.

Faccio un mea culpa per averli sempre snobbati. Per qualche strana ragione non me li sono mai filati. Conosciuti soprattutto per la presenza di Blaze Bayley, che ricordiamo negli Iron Maiden al posto di Dickinson nella seconda metà degli anni 90, firmano un contratto con la Def American e vanno in studio con Rick Rubin che gli produce il primo album, “Live Fast, Die Fast”. Prodotto da un’altra leggenda, Brendan O’Brien (Black Crowes, Offspring, Pearl Jam), questo secondo disco si fa trascinare dai singoli “Ezy” e “After Midnight” nelle chart. Hard Rock con gli anabolizzanti e che richiama i Van Halen, sia per sound, sia per la timbrica vocale di di Bayley. Da rivalutare.

Wild August 2

Bareback

Down Fall The Good Guys

Rudy Wild Wild One

Platinum Records International Nello stilare l’elenco di gruppi da inserire in questo articolo, mi sono reso conto di: 1) non avere diversi album fondamentali; 2) di essere convinto di avere diversi album fondamentali; 3) di non aver mai sentito nominare molti gruppi. Rudy Wild fa parte di quest’ultimo punto. Scopro che il musicista americano, dalle possibili origini italiane, tradisce le mie pessime - aspettative, regalandomi dieci canzoni all’insegna di un frizzante Party Metal, un po’ derivativo, ma dal facile ascolto. L’acustica “Losing You”, la cover di “Blue Suede Shoes” di Carl Perkins, due pezzi da inserire nelle compilation .

Worrall Worrall

SPY/A&M

Wild Boyz Unleashed!

Polaris Records Forse non costituiranno il massimo dell’originalità, ma i Wild Boyz mi hanno da sempre ispirano simpatia. Sarà per le “Z” ricorrenti, sarà per il look decisamente anni 80… non lo so, ma la forza di “Unleashed!” sembra che stia proprio nell’essere kitsch. Dopo qualche demo come Dorian Gray debuttarono con questo album sulla scia di Poison, Pretty Boy Floyd e Warrant, con “Pleazure N’ Pain”, “Cowboy Ride”, “I Don’t Wanna Cry No More” e “Forever” da ascoltare rigorosamente in macchina diretti verso la spiaggia!

Il progetto nato dai fratelli Steve e Rick Worrall entra subito nella top 30 canadese con il singolo “In The Heat Of The Night”. Il loro rock è un’AOR brillante con tastiere ariose, morbide linee di basso e ottime parti di chitarra che possono ricordare le sonorità del Rick Springfield d’annata o di Stan Meissner. “Summertime Radio”, “Catch Me” e la cover di Van Stephenson “Suspicious Heart”, sono pezzi convincenti, che potevano destreggiarsi con disinvoltura nelle stazioni radio. Steve Worrall è rimasto nel circuito producendo altri artisti e aprendo una scuola di musica.

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1991: The End of the Summer Days

X-Sinner

=Y=

Pakaderm Records Popolari soprattutto nella scena White Metal, gli X-Sinner si distinguevano dalle altre band cristiane per il loro granitico hard rock, figlio non solo del Signore Onnipotente e della Vergine Maria, ma anche di AC/ DC e Def Leppard (primo periodo). Con la produzione del celebre John Elefante e con l’aiuto di Jamie Rowe (Guardian, AdrianGale) pubblicarono il loro secondo disco, che pur senza superarlo, conferma quanto di buono avevano espresso con l’esordio “Get It”, in assoluto uno dei migliori album targati X-Sinner.

Peace Treaty

Y&T

Zar

Yesterday and Today Live

Sorted Out

Mega Records

Metal Blade Records

Bellaphon

Sono un coglione perché avevo questo mini CD e ora è diventato praticamente introvabile. Non mi ricordo neanche con cosa lo scambiai, ma ora mi pento di questa decisione. Formati da nomi noti della scena scandinava come Yenz Cheyenne (Brats, Geisha, Iron Savior), Toni Nemisto (Geisha, ma meglio conosciuto come Tony Reno, primo batterista degli Europe), Hal Patino (Force of Evil, Pretty Maids, King Diamond) e Oliver Steffensen (Mike Tramp, Freak of Nature), misero sul mercato questo EP come antipasto del loro full length che uscirà un anno più tardi. Hard rock stradaiolo per questa band, impropriamente definita “minore”.

Neanche il tempo di entrare a far parte della storica band californiana che Stef Burns, ora con Vasco Rossi, abbandonò la ciurma per unirsi alla scuderia di Alice Cooper. Ma i tempi in cui il gruppo di San Francisco si portava a casa dischi d’oro erano finiti e prima di passare dalle stelle alle stalle, ci deliziarono con questo album dal vivo, ufficialmente registrato con Dave Meniketti alla voce, Phil Kennemore al basso, Jimmy DeGrasso alla batteria e dal già citato Stef Burns alla chitarra. Per il sottoscritto, è stato un piacere risentire grandi pezzi come “Meanstreak”, “Hard Times”, “ Don’t Stop Runnin’” e “Hurricane”, anche se mi son sempre chiesto perché mancasse nella scaletta “Summertime Girls”...

L’esordio discografico degli Zar è datato 1990 con l’album dal titolo “Live Your Life Forever” dove fecero subito drizzare le orecchie dei fan di Europe e TNT. Con questo secondo lavoro però, il gruppo di Stoccarda cambia un po’ registro sonoro ed irrobustisce il suo hard rock, ora più heavy e in linea con quello dei connazionali Axxis. La nuova direzione musicale non aggrada il cantante John Lawton che lasciò il posto Thommy Bloch, fresco di backing vocals con gli EZ Livin.

=Y=

XYZ Hungry

Capitol Records Dopo l’esordio prodotto da Don Dokken, il gruppo di origine francese e trapiantato a L.A. pubblicò “Hungry”. Per mantenere alto il livello del suono, decisero di arruolare Neil Kernon e George Tutko, che diedero al disco un sound più corposo e meno levigato rispetto al predecessore, spingendoli verso un Hard Rock più tradizionale e “bluesy”. Il risultato del lavoro di team dimostrò che la band non era un clone dei Dokken, come molta critica musicale sosteneva, ma un gruppo in grado di scrivere 11 canzoni (la dodicesima è la cover di “Fire and Water” dei Free) che brillano di luce propria con atmosfere tipiche di quel rock duro che tuonava nelle radio americane. Seattle e scarse vendite fecero perdere il contratto con la casa discografica con conseguente scioglimento.

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1991: The End of the Summer Days

the Zeros 4 - 3 - 2 - 1... The Zeros Restless Records Con un look fumettistico e un sound che fonde glam, punk e power pop, ecco arrivare da L.A. i The Zeros! Spassosi e sarcastici, i quattro coloratissimi glam rocker californiani capitanati da Sammy Serious, incisero una delle pietre miliari del bubblegum glam, un disco fatto da melodie zuccherose, dove i Ramones si sbronzano con i Cheap Trick ad un party dei Banana Split. Dopo qualche album, il chitarrista Joe Normal insieme al bassista Danny Dangerous formarono gli psychobilly Cold Blue Rebels insieme a Mickey Finn dei Jetboy e a Spazz Draztik dei Glamour Punks, mentre Sammy Serious ha proseguito come Sammy Suicide. Se cercate l’antitesi di “Nevermind”, probabilmente la troverete in “4 - 3 - 2 - 1... The Zeros”!

Dweezil Zappa Confessions

zaza

Party With The Boys

Food For Thought

BMI

Essere il figlio di un’icona della musica non deve essere stato facile, soprattutto quando cerchi di fare lo stesso mestiere di un’artista così ingombrante. Con gli amplificatori saldamente piantati nell’hair metal anni 80, il chitarrista non tradisce le aspetattive dando vita ad un album eclettico, portato sulla giusta strada dalla produzione di Nuno Bettencourt e dalla carellata di ospiti che vede membri di Extreme, Zakk Wylde, Warren DeMartini, Steve Lukather, ecc. Da segnalare le due cover, “Anytime At All” dei Beatles e la stravagante “Stayin’ Alive” dei Bee Gees con alla voce Donny Osmond. Buon sangue non mente.

Prima di dedicarsi completamente alla carriera solista e di diventare uno dei più quotati guitar hero americani, Neal Zaza incise due dischi di party metal con alcuni musicisti della scena di Cleveland, tra cui Stick E., Ray Liptak (che lo accompagneranno anche più avanti nella sua carriera) e il cantante David Dennis (in seguito con i giapponesi Still Alive e nei palestrati Double D). “Party With The Big Boys” è il loro secondo disco, che pur avendo una produzione deboluccia, presenta delle belle canzoni in bilico tra Class Metal e Aor, dove ci pensano “Bright Lights”, “Wild And Forever”, “Can’t Stop Rockin” e “‘Carolyn” a farci alzare il volume.

Zodiac Mindwarp And The Love Reaction Hoodlum Thunder Musidisc Zodiac Mindwarp... Probabilemente tra il rocker inglesi più sottovalutati di tutti i tempi. Ha avuto numerosi estimatori, uno su tutti Alice Cooper, con cui collaborò per incidere “Feed My Frankenstein”, brano presente sia in questo “Hoodlum Thunder” che nel celebre “Hey Stoopid”. Una produzione “bombastica” ci da modo di riscoprire un disco superbo, eccessivo, ironico e coinvolgente, con le stoccate vincenti in “Elvis Died For You”, “Trash Madonna”, “Chainsaw”, “Tomorrow Belongs To The Love Reaction” e “Airline Highway”.

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