Novità ottobre

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NOVITA’ IN BIBLIOTECA

2 OTTOBRE 2015

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«Qualunque cosa io dica, so che Shakespeare l’ha già detta» Al Pacino Riccardo III: un uomo, un re di Al Pacino Non è un film "da", ma "su" Riccardo III di W. Shakespeare. Pacino compie una operazione che fonde l'inchiesta urbana, il film sul film, la trasposizione filmica di un testo teatrale: un originale tentativo per misurare la modernità di Shakespeare con intelligenza, energia e passione; un confronto con il personaggio, quasi un guardargli fisso negli occhi per coglierne l'essenza. Già applaudito interprete del dramma sul palcoscenico, Pacino s'interroga sul senso e sui modi dell'operazione, raccogliendo risposte dai collaboratori, dalla gente per la strada, da interpreti e registi shakespeariani (John Gielgud, Kenneth Branagh, James Earl Jones, Vanessa Redgrave, Peter Brook) e da critici (Derek Jacobi, Barbara Everett). In un montaggio alternato che talvolta confonde i piani, si avvicendano i passi salienti della tragedia, le interviste, le prove a tavolino con gli attori. Il vero protagonista di questo docudrama non è il re di Shakespeare, ma lo stesso Pacino con il suo amore sconfinato per il cinema e il teatro. 2


Music: box : quando i fotografi raccontano la musica, a cura di Gino Castaldo “Music:Box”, un cartonato con chiusura magnetica di 480 pagine, in cui sono presentate 338 fotografie a colori e in bianco e nero, di artisti musicali pop, rock, jazz. Un percorso affascinante nel mondo della musica, che ci fa assaporare momenti storici e scorci inediti, sia durante i concerti sia nella quotidianità degli artisti: Jimi Hendrix, John Lennon e Yoko Ono, Michael Jackson, David Bowie, Depeche Mode, Joe Cocker, Johnny Cash, The Beatles, Peter Gabriel, ci appaiono sotto una nuova luce, rispetto all’immagine classica che abbiamo di loro. E sono moltissimi i fotografi a dare il loro contributo: Annie Leibovitz, Ed Caraeff, Simone Cecchetti, Anton Corbijn, Phil Stern, Albert Watson, Philippe Halsman, Guido Harari, Elliott Landy, Neal Preston, Guy Le Querrec, Herb Ritts, Robert Mapplethorpe, Jim Marshall, Terry O’Neill, Dennis Stock sono solo una parte di loro. Icone della musica immortalate da altrettante icone della fotografia, per un prodotto finale d’eccezione. Otto sezioni, costruiscono questa raccolta, ogni sezione è introdotta da un verso di una canzone ricercato con cura dal curatore. Le fotografie presentano i luoghi fisici e ideali in cui la musica popolare è apparsa, si è fatta storia e continua a vivere: dai fan ai locali storici, dalle ville alle sale d’incisione. Ma anche le situazioni, i protagonisti e gli oggetti. Partendo dal palco e il backstage, la notte e la vita quotidiana, passando attraverso il corpo, la chitarra, il cappello per approdare agli occhi, ai dettagli che compongono a livello visivo l’immaginario che gira intorno alla musica.

“La musica ha sempre preteso un’immagine, come indispensabile complemento della sua fuggevole, immateriale natura fisica. E già molto prima dell’avvento dei videoclip i fotografi hanno catturato le scie di fiammeggianti chitarre lanciate a sfidare il cielo, le espressioni intense di facce che portavano note incise sul volto, le notti chiaroscurate del jazz, acconciature, attimi fuggenti, dinamiche mobilità sonore, backstage eccitati o malinconici, metamorfosi, pubblici in estasi, complicità collettive, perfino il beat delle cadenze storiche. A mettere insieme in un’ideale, infinita libreria, tutte le immagini significative che riguardano la musica, verrebbe fuori la più imperiosa e completa sinfonia del Novecento.” Gino Castaldo 3


Monet di Francesco Arcangeli Scrive il grande critico Roberto Tassi, curatore del presente volume: «Che si attribuisse a Monet l’invenzione del plein air poteva sembrare quasi blasfemo nel 1962, quando Arcangeli tenne le due conferenze, che qui presentiamo, alla Galleria d’Arte Moderna di Roma. Arcangeli aveva queste intuizioni fulminanti, rabdomantiche; infatti tutte le enormi novità che qui presenta si sono poi rivelate profondamente vere; ma allora restarono non capite, non accettate. Per Arcangeli il plein air era la geniale invenzione di Monet, sin dall’inizio della sua parabola artistica, con l’immensa tela Le déjeuner sur l’herbe. Lo spettatore che guardava a giusta distanza e poi lentamente si avvicinava, veniva avvolto dall’opera, entrava nella natura, nella palpitazione dell’aria e della luce. Il coinvolgimento doveva essere totale, come lo sarebbe stato, sessant’anni dopo, al termine di un’immensa parabola di lavoro, con i pannelli delle Nymphéas. Nell’ultimo decennio di vita Monet infatti sviluppa, dilata e costruisce senza più limiti, in un’impresa estrema, quelle idee native e nuovissime che nel tempo della sua giovinezza non avevano trovato alcuno disposto a condividerle, ad accoglierle».

Giorgio de Chirico : il mistero laico di Jean Cocteau "Il mistero laico", forse il più profondo studio sull'opera di De Chirico, apparve in Francia nel 1928, anno della rottura definitiva del pittore con il surrealismo, e fu tradotto in Italia solo nel 1979. L'imperdonabile ritardo, considerando l'importanza di questo saggio di Cocteau, è soprattutto dovuto al fatto che per decenni De Chirico venne osteggiato dalla critica ufficiale. Solo la morte del pittore (avvenuta nel 1978) ha costretto i critici a ricredersi, obbligandoli a penetrare nel continente De Chirico. All'ostracismo decretato dall'ufficialità nazionale fa riscontro la partecipazione all'opera di De Chirico della critica straniera. Ne è una testimonianza questo testo di Cocteau, frammentario, aforistico, smagliante e al tempo stesso profondo. Il volume è corredato dai disegni che Giorgio de Chirico creò appositamente, su richiesta del suo grande amico francese. 4


La Russia ai tempi di Stalin nelle fotografie di Emmanuil Evzerichin = Россия эпохи Сталина в фотографиях Эммануила Евзерихина = Stalin’s Russia captured by photographer Emmanuil Evzerikhin = Stalins Russland aus dem Blickwinkel des Fotografen Emmanuil Evzerichin Catalogo della mostra – Torviscosa, 18.04 > 04.10 2015

La fondazione della cittadina di Torviscosa (UD) è legata a una grande azienda italiana, la SNIA Viscosa, che nel 1937 scelse questo territorio per un importante insediamento agricolo e industriale per la produzione e la lavorazione di fibre vegetali da cui ricavare la cellulosa. L’attuale meritoria amministrazione ha organizzato per il secondo anno una mostra dedicata ai fotografi sovietici. L’anno scorso a Arkadij Shaikhet, quest’anno a Emmanuil Evzerichin dal titolo “La Russia ai tempi di Stalin”: una selezione di settanta immagini, finora mai state esposte fuori della Russia. La mostra, ospitata in un vasto spazio museale che ripercorre anche la storia della cittadina e degli stabilimenti, è davvero capace di restituire la determinazione, la forza, l’orgoglio del primo stato socialista del

Novecento. Emmanuil Evzerichin (1911 – 1984) è stato uno dei più importanti fotoreporter russi, conosciuto in tutto il mondo per alcuni celebri scatti della difesa di Stalingrado da parte dell’Armata Rossa. Le fotografie della fontana “Detskij chorovod” (il girotondo dei bambini) e del musicista che mette in salvo il proprio strumento diventeranno straordinari simboli della Grande Guerra Patriottica e della resistenza militare-popolare all’invasione nazifascista. Ma nonostante la fama meritatissima, il livello artistico e il valore documentario e storico del suo lavoro, le sue immagini, tranne in pochi casi eccezionali, non sono mai uscite dai confini dell’ex Unione Sovietica. Evzerichin è stato testimone non solo delle manifestazioni ufficiali più importanti e della guerra, ma anche della vita quotidiana del suo paese, in particolare a Mosca, dove ha vissuto fin da ragazzo lavorando per l’agenzia Tass. Ecco quindi che le sue fotografie mostrano anche la quotidianità di un popolo che progredisce con un decisivo miglioramento delle condizioni di vita di tutti, che va al lavoro nella museale metropolitana di Mosca, che conversa nei caffè, che passeggia nelle vie… e poi le fotografie delle feste popolari, quelle dei complessi architettonici, dei reparti industriali, le piazze e le strade della città…: documenti e testimonianza della realtà sovietica di quegli anni lontani dagli stereotipi della propaganda mediatica dominante.

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Arkady Shaikhet : un maestro della fotografia russa degli anni Venti e Trenta Catalogo della mostra: Torviscosa, 8 marzo2014, a cura di Valerij Stigneev Nel 2014 il comune di Torviscosa e il Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia, in collaborazione con Foto Soyuz di Mosca, hanno organizzato – nell’ambito di un progetto di valorizzazione dei beni archivistici, fotografici e documentari relativi alla storia di Torviscosa, città-fabbrica di fondazione costruita tra 1938 e il 1942 - una mostra dedicata a Arkadyi Shaikhet. Particolare interesse ha suscitato nel percorso espositivo la comparazione delle fotografie prodotte negli anni ’30, quando venne avviata la costruzione di Torviscosa, con l’ esperienza diametralmente opposta della Russia sovietica dove venivano avviati grandi progetti di pianificazione e di trasformazione delle campagne. In Russia già nel 1926 erano apparsi giornali come Sovietskoje foto e Fotograf e l’agenzia Soyuzfoto iniziava a funzionare. Maxim Gorki, che aveva già messo in evidenza il ruolo della fotografia, fece sì che nel 1930 nascesse SSSR na stroike (L’URSS in costruzione) che ebbe un ruolo di primo piano: giornale della propaganda tra il 1930 e il 1941 informò sui grandi lavori connessi ai piani quinquennali e all’edificazione del socialismo in un solo Paese. El Lissitsky e Sophie Lissitsky-Kuppers disegnarono il layout, Aleksandr Rodchenko e sua moglie Varvara Stepanova curarono la

realizzazione di molte copertine. Come ricorda lo storico Aleksandr Lavrentiev, “…fu tuttavia il fotoreportage la tendenza più significativa della fotografia negli anni ‘20 e ‘30. I fotoreporter servivano tutta la stampa periodica di quegli anni e le agenzie Sojuzfoto e Press-cliche delle foto di attualità in politica, economia e cultura. Sempre in viaggio per lavoro in tutto il paese Max Alpert, Dmitrij Debabov, Nikolaj Petrov, Gheorghij Petrusov, Mikhail Prechner, Anatolij Skurikhin, Semjon Fridland, Jakov Halip, Ivan Schaghin, Arcadij Shaikhet sono i nomi che appaiono quale ossatura del corpo dei fotoreporter nel 1928 alla mostra "10 anni di fotografia sovietica". Questo gruppo curava anche la rivista Fotografia proletaria (1931-1932)… L`apparecchio fotografico al servizio del terzo e decisivo anno del quinquennio…" era uno degli slogan nel 1931 sulle pagine della rivista Sovietskoje Foto (che dal settembre di quell`anno diventò Fotografia proletaria) nella quale appaiono alcuni articoli su come la fotografia aiuti a costruire il socialismo..”. Nella mostra Maestri dell`Arte Fotografica sovietica nel 1931 le fotografie documentarie vennero esposte come opere con un proprio valor. Nel 1924, Shaikhet iniziò a lavorare per la Rabochaya Gazeta e per la rivista Ogonyok (Piccolo fuoco): il suo nome divenne subito celebre in quell’epoca di povertà e di indicibile entusiasmo; divenne membro dell’ Unione dei Fotoreporter Proletari Russi e lavorò anche per SSSR na stroike. A partire dal 1930, Schaichet collaborò a SSSR na stroike e a Nashi dostizhenya (I Nostri Successi), lavorando come fotogiornalista durante la seconda guerra mondiale. La mostra ha dunque presentato uno spaccato di assoluto rilievo della fotografia in Russia negli anni ’20 e ’30 con le opere di un Autore che hanno caratterizzato quell’epoca. 6


Giardini in tempo di guerra di Teodor Ceric

Frank Lloyd Wright : la rivoluzione dell'architettura a cura di Francesco Gurrieri Forse Frank Lloyd Wright (1887-1959) non è stato il più grande architetto del Novecento, ma certamente è quello che più di tutti ha impersonato il mito dell’architetto. Il suo intenso rapporto creativo con l’opera, la sua prorompente personalità nel dialogo con la committenza, il suo perfezionismo nel dettaglio, ne fanno il più grande «artigiano dell’architettura». E’ stato anche l’architetto più eretico del Novecento: avvertì per primo l’ opportunità di concepire un’architettura nuova come necessità radicale. Intorno alla sua concezione di architettura organica, si sviluppa tutto un modo di pensare e di progettare antiaccademico e anticonformista che oggi, a più di mezzo secolo dalla sua scomparsa, vale la pena riscoprire. Wright era convinto che l’architettura doveva affrancarsi dalle stilizzazioni formali imposte dalle élite, quelle degli accademici, e soprattutto doveva liberarsi dai dogmi coniati da una critica arrogante. «All’architettura non occorre monumentalità, se non quella che è in sé insita nella bellezza naturale».

Nel 1992, quando scoppia la guerra in Bosnia, Teodor Ceric, studente di Lettere e poeta, lascia Sarajevo: per sette anni, cerca rifugio sulle strade d’Europa, lavorando dove capita e visitando giardini, spesso sconosciuti, marginali, nati dai sogni e dai desideri più intimi dei loro creatori. Il vagabondare conduce Cerić dal giardino-cimitero di Derek Jarman a quello delle Tuileries a Parigi, dove lavora alla messa a dimora dei bulbi di tulipani nelle aiuole. A Roma il ragazzo elegge come luogo dell’anima i giardini di Monte Caprino sul colle del Campidoglio. In Grecia il poeta impara da Anatholiòs Smith, cantante e oppositore del regime dei Colonnelli negli anni ‘60 e ora strano eremita che vive in una grotta, che il vento e gli uccelli determinano a caso la nascita dei cespugli e degli alberi che circondano il bosco. Durante la sua lunga erranza, Ceric elabora un pensiero sul giardino fondato su una concezione romantica della natura, coglie la dimensione poetica ed esistenziale di luoghi visitati e soprattutto intravede in essi la possibilità di sfuggire al disastro della Storia, alla perversione della civiltà. In questo libro Ceric diventa così la guida di un’escursione letteraria e bucolica, tra sogno e metafora, alla ricerca di un rifugio, il giardino, in cui il mondo diventi finalmente abitabile. 7


Storie in cucina : ricordi, racconti e ricette di Caterina Stiffoni ; fotografie di Gianni Berengo Gardin Il primo libro di storie, ricette, ricordi e passioni di Caterina Stiffoni, impreziosite dalle atmosfere conviviali e culinarie evocate dalle fotografie in bianco e nero di suo marito Gianni Berengo Gardin che immortalano di volta in volta fornelli, tavole imbandite e cibo.

Il volume è diviso in sei parti: Le cucine dell’infanzia, In tempo di guerra, La cucina del viaggio, Nuovi sapori, Una storia, una ricetta, Le mie cucine e i miei menu. Dalle vecchie cucine di famiglia alle ricette in tempo di guerra, dalla Parigi dei grandi chef alle medine del Marocco fino ai palazzi indiani: 40 storie, oltre 80 ricette e 10 menu raccontano la passione di Caterina Stiffoni per la cucina. Grandi cucine profumate, nonne severe e orti misteriosi fanno da cornice a ricette semplici ma irrinunciabili, legate al territorio e alla memoria, accompagnate da racconti pervasi da affetto, nostalgia e una continua, divertita curiosità. Il libro, pagina dopo pagina, prosegue come un lungo viaggio alla scoperta di nuovi sapori, dove ogni luogo diventa ancora più indimenticabile se legato a un piatto o a una ricetta speciale, magari carpita a un cuoco famoso, per poi cedere il passo alla fantasie e a piccoli racconti ispirati al cibo. Ma non solo, in questo libro c’è anche spazio per un prezioso manuale che raccoglie e suddivide le ricette in antipasti, primi piatti, secondi, contorni e dolci e propone 10 semplici e versatili menu tematici. 8


Disordine armonico : leadership e jazz di Frank J. Barrett Che cosa hanno in comune Duke Ellington e Miles Davis con i manager del terzo millennio? L’arte dell’improvvisazione. E non solo, la capacità di leadership e la conoscenza delle dinamiche di gruppo. Docente di management e global public policy e noto pianista jazz, Barrett mostra come tra Jazz e leadership ci sia un rapporto che va oltre la pura metafora: evidenzia come i gruppi jazz siano di fatto organizzazioni progettate per l’innovazione e come gli elementi progettuali insiti nel jazz possano essere applicati a tutte quelle organizzazioni che vogliono innovarsi. Così l’autore usa l’improvvisazione jazz come punto di contatto per delineare sette principi che rappresentano la struttura di supporto necessaria a comprendere e coltivare l’improvvisazione e l’innovazione strategica. I Sette principi, che diventano i titoli dei sette capitoli del libro, alternano esempi tratti dal mondo del jazz e storie del mondo imprenditoriale. Il volume offre quindi un kit di strumenti in materia di improvvisazione, ovvero misure concrete che i leader possono adottare per diffondere una cultura che valorizzi il concetto di improvvisazione.

Convinzioni : forme di pensiero che plasmano la nostra esistenza di Robert Dilts, Tim Hallbom, Suzi Smith Un testo da uno dei fondatori e maggiori esponenti della programmazione neurolinguistica: un sistema di sviluppo personale sviluppato nei primi anni ’70: si tratta di una modello non solo analitico, ma anche operativo, che facilita il cambiamento, e che utilizza un insieme di strumenti costituito da un insieme di tecniche, assiomi e postulati (frutto anche dell'integrazione tra psicologia, linguistica, cibernetica e teoria dei sistemi) relativi alla comunicazione, alla percezione umana e all’esperienza soggettiva. Il libro insegna le tecnologie più avanzate del campo per: 1) cambiare le convinzioni su cui si fondano abitudini dannose (il fumo, l’alimentazione eccessiva, l’abuso di sostanze tossiche, ecc.), 2) modificare il processo di pensiero che crea le fobie e le paure irrazionali, 3) riaddestrare il sistema immunitario a eliminare le allergie e a combattere le cellule cancerose, l’aids e altre malattie, 4) imparare strategie per trasformare convinzioni ‘patologiche’ in costrutti stabili che siano fonte di benessere e di salute. 9


Paura : una storia culturale di Joanna Bourke Paura della morte, dell’inferno, di essere seppelliti vivi, paura del dolore. Timore dei disastri, degli incendi, dei naufragi, dei tumulti. Angosce senza oggetto, isterie sociali. Panico da bombardamento, sindrome da stress postraumatico. Spettro del cancro, dell’Aids, della catastrofe ambientale, dell’immigrazione, dello stupro, del terrorismo. Una storia culturale che illustra l’impatto delle paure sul grande bacino informe dell’immaginario collettivo. Alle idee la Bourke preferisce le testimonianze, alle teorie ‘dure’ la loro popolarizzazione attraverso i media, ai grandi scenari le esperienze dei singoli e le microstorie. Ecco che il libro diventa una storia del ’900 attraverso il sentimento e l’emozione della paura e dei modi in cui la si è affrontata o si è cercato di provocarla o manipolarla, o di spiegarla e curarla. Ma anche dei modi in cui la paura è cambiata, in conseguenza dei cambiamenti della società in cui viviamo, dei suoi conflitti e contraddizioni – di classe prima, poi sempre più ‘etnici’ e politici, ‘scientifici’, medici, ecologici.

Sul dialogo di David Bohm David Bohm è stato uno dei più noti fisici del Dopoguerra. La ricerca sulla meccanica quantistica, suo principale campo d’interesse, lo condusse a sviluppare una riflessione originale anche sui temi della creatività, della comunicazione e della conoscenza. In questo importante lavoro sul dialogo Bohm propone una via per costruire, in tutti gli ambiti della vita umana, uno scambio comunicativo finalizzato all’accrescimento delle potenzialità creative individuali e collettive. A partire da quest’opera si sono sviluppate e diffuse in tutto il mondo una particolare metodologia e una particolare pratica di dialogo, applicate soprattutto ai gruppi, alle organizzazioni, insomma al “pensare insieme”. Ma più che dare una ricetta per il dialogo, Bohm cerca di mostrare che esso presuppone un atteggiamento nei confronti della realtà, dell’ambiente e dell’essere umano fondato sulla “sospensione” di assunti, presupposti e convinzioni. 10


La terra bianca : marmo, chimica e altri disastri di Giulio Milani 17 luglio del 1988. Esplode il serbatoio di un pesticida altamente nocivo nello stabilimento Montedison del polo industriale al confine tra Massa e Carrara. La stampa nazionale parla di una ‘nuova Seveso’. La nube tossica e la fuga della popolazione dalla città appartengono alla memoria collettiva, come testimonia un articolo di Giuliano Fontani su "Il Tirreno" nel decennale della tragedia: "Una nube giallastra invase l'area dello stabilimento, si diresse verso il mare, si abbassò fino alla chioma degli alberi. La gente si svegliò in preda a un incubo. Prima ancora di qualsiasi piano di evacuazione si mise in marcia un esercito di sfollati. Migliaia di persone fuggirono in auto, verso Viareggio come La Spezia, a Parma come a Reggio Emilia, sulle strade della montagna o in autostrada che qualcuno, in preda al panico, imboccò controsenso." E continua Fontani: "Ciò che non era accaduto fin lì, nonostante la volontà popolare espressa nel referendum, si verificò in un attimo, travolgendo anche le resistenze di chi lottava per conservare il posto di lavoro. Fu il primo caso di dipendenti che chiedevano la chiusura dello stabilimento. L'avversione della gente nei confronti della fabbrica dei veleni, che si era fatta negli anni sempre più evidente, esplose all'indomani dello scoppio in una clamorosa contestazione nei confronti di tre ministri – Ruffolo, Lattanzio e Ferri – al termine di una riunione

in prefettura. La polizia caricò la folla, provocando un ulteriore risentimento tra i manifestanti e il giorno successivo, in occasione dello sciopero generale di tutta la provincia, la tensione si allentò soltanto quando il sindaco Pannacchiotti annunciò di aver firmato l'ordinanza di chiusura della fabbrica e dell'inceneritore". Venticinque anni più tardi, uno scrittore entra per caso in contatto con un ex operaio e con suo fratello, che all’epoca aveva combattuto per la chiusura della fabbrica. Prende così avvio un’inchiesta fatta di analisi delle fonti, verifica del racconto dei testimoni, momenti di confronto tra generazioni. Milani ci fa conoscere una realtà complessa, che parte dalla famigerata esplosione per arrivare al braccio di ferro sulle cave che ha tenuto banco in questi mesi. Attraverso il racconto dei cavatori, degli anarchici, dei soldati apuani in Russia e dei partigiani, dei lavoratori del polo chimico e degli ambientalisti, Milani affronta il tema del conflitto tra ambiente e lavoro, o meglio “tra interessi collettivi e interessi privati”: a Massa Carrara come nel resto d’Italia pare si debba sempre aspettare il disastro per chiudere il discorso. Scopriamo che il vero business del marmo non sono i blocchi, ma il carbonato di calcio che si ricava dalla polverizzazione delle Alpi Apuane: ogni anno ne scompaiono 9 milioni di tonnellate, producendo più costi sociali che benefici: la provincia è “al 76° posto della classifica nazionale per la qualità della vita, per il tasso di disoccupazione al doppio della media regionale, per il degrado urbano e il dissesto del territorio”. Una storia esemplare che spiega perché nel nostro paese si è considerato normale morire di lavoro; accettabile avvelenare l’aria e l’acqua; razionale distruggere un paesaggio e un territorio dalle potenzialità straordinarie. 11


Sola con te in un futuro aprile di Margherita Asta e Michela Gargiulo Stragi : quello che Stato e mafia non possono confessare di Rita Di Giovacchino Passione, nostalgia, voglia di verità. Con Stragi, Quello che Stato e mafia non possono confessare, la giornalista Rita Di Giovacchino ci consegna l’inchiesta più aggiornata sulla catena di avvenimenti drammatici che ha accompagnato il violento passaggio tra Prima e Seconda Repubblica. Chi ha deciso le stragi, quale obiettivo politico si nascondeva dietro la barbara uccisione di Falcone e Borsellino o dietro il crepitio di bombe dell’estate 1993? Fu davvero «guerra di mafia» o un golpe messo in atto da un sistema criminale troppo potente in Italia per essere liquidato alla fine della Guerra Fredda? L’autrice, senza far sconti a nessuno, scava nei buchi neri delle indagini, nei depistaggi processuali, nelle tante trattative intercorse tra boss e uomini di Stato. Un viaggio negli anni più torbidi del nostro Paese, in cui il lettore viene catapultato tra le macerie di Capaci e via D’Amelio a caccia di impronte e tracce di T4 lasciate da «operatori distratti», artificieri addestrati in zone di guerra, misteriosi telefonisti della Falange armata, mafiosi ed ex terroristi protetti dalla stessa struttura parallela che ha firmato tutte le stragi d’Italia.

2 aprile 1985, ore 8.35 Un’autobomba esplode a Pizzolungo, vicino Trapani. Il bersaglio dell’attentato, il giudice Carlo Palermo, è vivo per miracolo. A fargli da scudo è l’automobile di Barbara Asta che sta accompagnando a scuola i due figli di 6 anni, Giuseppe e Salvatore. Dei loro corpi non resta quasi niente. Su quella macchina avrebbe dovuto esserci anche l’altra figlia, Margherita, che quel giorno ha 10 anni. Ma i suoi fratellini non volevano saperne di vestirsi, per non fare tardi ha chiesto un passaggio a un’amica. Anche lei da quel momento è una sopravvissuta. Quando ha saputo il nome di quel giudice, Margherita ha pensato che fosse colpa sua se la sua famiglia era stata disintegrata. Ma crescendo ha voluto capire, ha iniziato a seguire il processo sui mandanti della strage. Il suo strazio non poteva rimanere un fatto privato. Oggi è un’attivista di Libera, combatte la mafia raccontando la storia di quelle vittime innocenti. Il giudice Palermo, invece, per le conseguenze di quell’attentato e le continue minacce ha lasciato la magistratura. Sono riusciti a incontrarsi solo molti anni dopo, ricomponendo in un abbraccio i frammenti del loro destino. 12


Il tradimento : Gramsci, Togliatti e la verità negata di Mauro Canali Fu sempre Togliatti, finché fu in vita, a decidere cosa rendere pubblico dell'opera e della storia di Gramsci. Solo grazie a dirigenti comunisti "eretici" o espulsi qualcosa riuscì a trapelare. Scomparso Togliatti non fu comunque possibile affermare esplicitamente quello che ormai appariva sempre più evidente: nell'ottobre 1926, la rottura tra Gramsci e Togliatti ci fu e fu radicale. Si è dovuto attendere oltre settanta anni dalla morte di Gramsci per giungere alla verità. Mauro Canali la ricostruisce e fa chiarezza sulle ragioni, le complicità, i tentativi della cognata di Gramsci, Tatiana Schucht, per portare a galla i fatti, i mezzi con cui Togliatti riuscì a legittimarsi come assertore del pensiero gramsciano, e perciò suo naturale erede politico, e a dissimulare, nel contempo, la persistente fedeltà allo stato sovietico dietro la parola d'ordine, mutuata dalle riflessioni gramsciane, della "via nazionale al socialismo". Questo libro scopre le carte e permette di passare dall'immagine del Gramsci "togliattiano" alla realtà che emerge dalla documentazione proveniente dal fondo Gramsci, nella fattispecie le preziose lettere inedite di Tatiana Schucht alla famiglia.

Il pallido dio delle colline : sui sentieri della Palestina che scompare di Raja Shehadeh “Quando ho cominciato a fare passeggiate sulle colline palestinesi non mi rendevo conto di attraversare un territorio che stava scomparendo”. Così Rajah Shehadeh introduce questo suo libro dove mette a fuoco uno dei tanti problemi causati dall’occupazione israeliana della Palestina: la distruzione del paesaggio, il fatto di renderlo inaccessibile ai suoi abitanti, di snaturarlo, di incapsularlo in fili di ferro, muri, posti di blocco, e colate di cemento. Quello stesso paesaggio che era rimasto inviolato per secoli. Il libro si compone di sette camminate - collocate in un intervallo temporale di circa trent’anni - tra le colline e i villaggi della Cisgiordania, della zona di Gerusalemme e intorno al Mar Morto. Zone che hanno subito pesanti sconvolgimenti dall’occupazione israeliana e dagli insediamenti dei coloni. L’autore mette a confronto i paesaggi dei suoi ricordi con la situazione presente, raccontando uno scenario naturale e umano in rapidissima disgregazione; la descrizione del paesaggio si trasforma dunque nel racconto della tragedia di un popolo e del completo stravolgimento di un antichissimo scenario naturale. 13


Rio de Janeiro di Bruno Barba L'Avana di Lorenzo Pini Rio de Janeiro è una città che inquieta, coinvolge e appassiona. A cominciare dagli incomparabili panorami godibili dal monte Corcovado, sormontato dal Cristo Redentore e dall’altura del Pão de Açúcar. La cidade maravilhosa rimane, nell’immaginario collettivo, la “capitale” del Brasile, l’ideatrice della cultura e delle mode tropicali, e anche una miniera di stereotipi: dalle mulatte da favola ai malandros delle favelas, dalla passione che “brucia” il Carnevale più conosciuto al mondo al futebol... Luogo di suggestioni infinite, di bairros bohémiens e di favelas pericolose ma anche feconde e creatrici. Di spiagge affascinanti – da Ipanema a Copacabana – dove, oltre che riposarsi, si “vive” e si lavora, ci si mostra e ci si identifica. Rio si caratterizza soprattutto per quel gusto naturale all’incontro, quella facilità di relazione che contraddistingue lo stile di vita carioca. Rio, infine, è una città di personaggi indimenticabili: da Garrincha a Vinícius, da Niemeyer a Getúlio. Oltre ai protagonisti di un’originalissima contaminazione musicale che ha saputo fondere il samba con la bossa nova: da Caetano Veloso a Gilberto Gil, da Tom Jobim a Carmen Miranda. Una città capace di evocare la propria ricca storia di ininterrotto incontro di popoli, stili di vita e musica, che si appresta oggi a vivere anni di frenetica modernizzazione.

Gli odori invadono L’Avana: carburante grezzo, cibo fritto, frutta tropicale e tabacco si mischiano nelle strade affollate della capitale cubana. La luce è implacabile, così come i temporali che, nei mesi estivi, si abbattono sulla città. La storia e il clima sono stati in grado di produrre qualcosa di unico in questo angolo del Golfo del Messico. L’Avana splendente città coloniale e ricco porto dei Caraibi, città dei casinò e del gioco d’azzardo e infine capitale di uno Stato comunista. Lorenzo Pini ci guida nella sua esplorazione provando a decifrare i codici della sua storia attraverso il filtro della letteratura, del cinema e dei riti quotidiani della popolazione. Un reportage narrativo che descrive i principali quartieri fino alle periferie Est e Ovest, fuori dai percorsi turistici, in una geografia che si ricompone pezzo dopo pezzo inseguendo le pagine di numerosi libri ambientati a L’Avana. Un viaggio che si addentra nel mito del Che e di una Rivoluzione che resiste al tempo e si incarna ancora nell’egemonia dei Castro. Una guida per invitare il viaggiatore a perdersi nello spirito della città, che affonda le radici in un complesso intreccio di vicende storiche all’origine della cultura creola e della cubanidad: quel sentimento sfuggente che si assapora soltanto vivendo l’Avana. 14


Il giro del mondo in bicicletta : la straordinaria avventura di una donna alla conquista della libertà di Peter Zheutlin Annie "Londonderry" Kopchovsky non era un'attivista né una benestante cosmopolita, ma diventò un simbolo della libertà femminile perché fu la prima donna a fare il giro del mondo in bicicletta, sfidando le proprie difficoltà economiche e i pregiudizi altrui. Ebrea lettone emigrata negli Stati Uniti, sposata e madre di tre bambini, nel giugno del 1894, all'età di ventitré anni, in seguito a una scommessa ("Nessuna donna è in grado di compiere in quindici mesi il giro del mondo") abbandonò la famiglia e partì da Boston in bicicletta portando solo un cambio di biancheria e un revolver con il calcio di madreperla. Arrivò fino in Cina, passando per Parigi, Gerusalemme e Singapore, superando incredibili difficoltà e sopportando innumerevoli calunnie ("troppo mascolina per essere una donna", "deve essere un eunuco travestito") e persino la prigione, fino al suo ritorno in patria, dove ebbe un'accoglienza trionfale e venne eletta simbolo della lotta femminile: "Sono una Nuova Donna, e questo significa che adesso sono in grado di fare qualunque cosa faccia un uomo". Si dedicò al giornalismo, ma nonostante la celebrità, dopo la sua morte, avvenuta nel 1947, la sua vicenda è stata completamente dimenticata. Oggi, grazie al lavoro del suo pronipote, il giornalista Peter Zheutlin, abbiamo la possibilità di rileggere una delle più importanti avventure che abbiano avuto luogo nel XIX secolo.

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Autobiografia di un vagabondo di W.H. Davies

I miei portacenere di Florence Delay

Dopo aver lavorato come apprendista da un corniciaio, W.H. Davies viaggiò per gli Stati Uniti, attraversò molte volte l’Atlantico su navi per il trasporto di bestiame, perse un piede tentando di saltare su un treno, divenne un venditore ambulante e cantore di strada in Inghilterra. Visse l’esperienza del vagabondaggio, facendo parte in prima persona di quel fenomeno dai contorni quasi epici che caratterizzò l’America tra la fine del XIX e i primi decenni del XX secolo. In seguito, divenuto ormai celebre come poeta, decise di scrivere la propria storia. Pagine forti che raccontano un’esperienza straordinaria senza cercare lo scandalo e il clamore, ma tentando di spiegare il significato dell’abbandono delle convenzioni. Lo stile di Davies non appare mai affettato, ma esprime dignità e amore per la vita concreta e genuina, rendendo preziose le avventure del quotidiano. La sua Autobiografia di un vagabondo ha ispirato intere generazioni di scrittori e musicisti, che dalla sua vita e dalle sue poesie hanno tratto spunti e riflessioni. Acclamato tra i migliori poeti georgiani, visse sempre e comunque con il minimo indispensabile, seguendo i precetti di un’esistenza semplice e senza sprechi.

Per raccontarsi c’è chi sceglie le camere di albergo nelle quali ha dormito, le persone che ha incontrato, i libri che ha letto. Florence Delay assume un punto di vista piú minuto, piú irrisorio, piú fragile: i portacenere che riempiono le sue case e scrivanie, restituendo “le prove della mia esistenza con uno zelo poliziesco”. Regalati, incrociati per caso in un mercatino o rubati, come si conviene ai feticci personali, provenienti dai quattro angoli della terra, di ceramica, d’argento o di latta, nobili o plebei, ognuno di essi è un concentrato di ricordi, fantasie, intuizioni, umori – un mondo in miniatura che può dare la vertigine. I portacenere contengono un’immensa ricchezza andata in fumo, sono testimoni del passato, compagni devoti delle migliori pause del presente, evocatori del futuro in cenere – che rendono amichevole, quasi domestico. E poi, fanno saltare le parole e le immagini come giocolieri: dal Mercoledí delle Ceneri a Cenerentola, dalla zingara gitana alle Gitanes, dal grigio cenere ai pensieri grigi che se ne vanno in fumo, l’autrice fa risuonare tutto il vocabolario della sigaretta, indice puntato sulla vita e la morte, sulla realtà e l’immaginazione. 16


Il gallo d'oro di Juan Rulfo Il povero e malconcio Dionisio Pinzón prende con sé un gallo moribondo dopo un combattimento. Il gallo, guarito per le sue cure e vincitore di molti combattimenti, gli cambia la vita e lo conduce fra le braccia della Caponera, affascinante cantante e donna allergica a mura domestiche. Il gallo d'oro e la Caponera sono due oggetti d'amore e anche due straordinari portafortuna che si passano il testimone nella vita di Dionisio, diventato via via molto ricco. Ma la vita degli uomini non sembra dissimile da quella dei galli da combattimento: si può vincere diversi incontri consecutivi ma prima o poi si perde. Tutto. Con questo racconto lungo, Rulfo ha concluso la sua opera letteraria, limitata in quantità ma fondamentale per qualità e per l'influenza che ha avuto su scrittori come Garcìa Márquez e Vargas Llosa. Tutti i personaggi di El gallo de oro, a ben vedere, non sono uomini o donne alla ricerca di un proprio fare dentro la storia, ma figure del destino condannate a ripetere per l'eternità la propria parte. Forse è per questo che i luoghi dove si svolgono i fatti sono quasi sempre palcoscenici o simulacri di palcoscenico. Palcoscenici grandi come un paese o una città sono le fiere; palcoscenico sono le arene per i combattimenti dei galli o i tavolati più o meno improvvisati su cui canta La Caponera; palcoscenico, infine, è anche il tavolo del gioco d'azzardo su cui tutto si vince o tutto si perde. Senza un possibile senso ulteriore. dalla prefazione di Ernesto Franco

Ritornerai a Region / Juan Benet Scrittore che aveva come maestri Proust e Faulkner, Benet ha creato con questo suo romanzo - pubblicato in Spagna, per la prima volta, nel 1967 - un nuovo territorio mitico, Region, come fece negli stessi anni Garcia Marquez creando Macondo in Cent’anni di solitudine. Con un andamento sinuoso e originale della narrazione, Benet riflette in questo romanzo sulla caduta della condizione umana e sulla storia della Spagna, drammaticamente segnata dalla Guerra Civile. Ingegnere civile, estraneo al mondo letterario, incurante del successo, Juan Benet, è considerato uno dei romanzieri più originali della narrativa castigliana. A lui importava poco che cosa pensasse la gente: egli aveva concluso un patto letterario con se stesso, vi si era attenuto, indifferente alle reazioni del pubblico; se avesse ceduto a queste per raggiungere il successo, egli si sarebbe considerato uno sconfitto. Juan Benet non ha mai visto un proprio libro capeggiare la rivista dei best seller, ma le storie della letteratura spagnola considerano questo scrittore una delle figure di maggior rilievo della narrativa contemporanea, una delle letture obbligate nei programmi liceali. 17


Le Ateniesi : romanzo di Alessandro Barbero Atene, 411 a.C. Siamo in campagna, appena fuori dalle porte della città, dove, in due casette adiacenti, abitano due vecchi reduci di guerra, Trasillo e Polemone. Anni prima hanno combattuto insieme nella ingloriosa battaglia di Mantinea, che ha visto gli Ateniesi sbaragliati dagli Spartani, sono sopravvissuti e ora vivono lavorando la terra e senza mai decidersi a trovare un marito per le loro due figlie, Glicera e Charis, che però iniziano a mordere un po' il freno. Per i due vecchi l'unica cosa che conta è la politica. Atene ha inventato la democrazia ma deve difenderla, i ricchi complottano per instaurare la tirannide: anche il vicino Eubulo, grande proprietario che si ritira in una villa poco distante quando le fatiche della vita nella polis richiedono un po' di riposo, è guardato con sospetto. Ma Charis e Glicera pensano che i padri vivano fuori dal mondo: per loro il giovane Cimone, figlio di Eubulo, ricco, disinvolto e arrogante, è un oggetto di sogni segreti. È così che, quando tutti gli uomini si radunano in città per la prima rappresentazione di una commedia di Aristofane, le ragazze violano tutte le regole di una società patriarcale e accettano di entrare in casa di Cimone, lontane dagli occhi severi dei padri. Mentre in teatro l'ateniese Lisistrata e la spartana Lampitò decretano il primo, incredibile sciopero delle donne contro gli uomini per invocare la fine di tutte le guerre, la notte nella villa di Eubulo prende una piega drammatica. Con la sua straordinaria capacità di far rivivere per noi la storia tra le pagine, Alessandro Barbero compie un'operazione affascinante e spregiudicata: mette in scena nell'Atene classica un dramma sinistramente attuale e al tempo stesso porta sul palcoscenico una commedia antica facendoci divertire e

appassionare come se fossimo i suoi primi spettatori. Le Ateniesi è un romanzo sorprendente, a tratti durissimo, che narra con potenza visionaria la lotta di classe, l'eterna deriva di sopraffazione degli uomini sulle donne, l'innocenza e la testardaggine di queste ultime, la necessità per gli uni e le altre di molto coraggio per cambiare il corso della storia.

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Gli anni di Annie Ernaux Annie Ernaux è il perfetto punto di incontro di due tendenze che caratterizzano la letteratura francese contemporanea (e non solo contemporanea): da una parte una forte inclinazione sociologica, dall'altra una vena autobiografica. Pubblicato in Francia nel 2008, questo romanzo è quello che si dice il libro di una vita, quello che Ernaux non ha mai smesso di scrivere o di meditare, il punto più alto di una lunga e coerente ricerca artistica. Si tratta di un'autobiografia “esterna”, indiretta, dove non è mai utilizzata la parola “io”. Al suo posto si alternano la terza persona, la prima plurale, e l'impersonale “si”. A questa peculiarità grammaticale corrisponde un modo di rappresentare la materia sociale, collettiva, storica di cui è composto l'individuo. La profondità psicologica, i nostri piccoli segreti, tutto ciò a cui attribuiamo un valore assoluto rispetto alla nostra identità, sembra escluso dal racconto. In primo piano, a partire da una serie di descrizioni di fotografie in cui si riconosce, mai nominata, la scrittrice, vediamo sfilare un lungo repertorio di fatti storici: la politica, la cultura, le merci, la tecnologia, dalla fine della guerra (Ernaux nasce nel 1940) a oggi. È un ritratto generazionale, la storia di una borghesia di sinistra sempre più disincantata e disaffezionata alla politica, che ha creduto nella rivoluzione, poi in Mitterand, ed è finita

a votare Chirac contro Le Pen nel 2002, ritrovandosi infine, insieme ai propri figli, a consumare prodotti bio e serie tv in un clima di ripiegamento individualistico. Numerosi riferimenti alla società francese non diranno molto al lettore italiano, ma c'è qualcosa di più profondo ed essenziale che rende questo romanzo un libro in qualche modo universale, e una delle opere autobiografiche più originali degli ultimi anni: un sentimento filosofico che prende corpo nelle fluttuazioni della storia, nelle peripezie sociali, nelle vicende di una vita (quella di Ernaux, della società, del lettore, o chiunque sia il protagonista di questa storia) dove tutto ciò che conta – infanzia, amore, malattie, morte – sembra collocato su un piano cartesiano (elenchi, inventari), neutro e oggettivo come lo stile piatto, atono, della scrittura. Eppure tutto pesa, tutto è carico di intensità.

L'oro dei folli di Maro Duka Il romanzo d’esordio di Maro Duka reca come titolo il nome di una pietra comune, la pirite, che, per il suo ingannevole brillio è nota anche come “loro degli stolti o dei folli”. La trasparente metafora scelta dalla scrittrice greca è chiamata a simboleggiare il dolente percorso di una generazione (la sua) che ha attraversato gli anni dell’impegno militante contro la dittatura dei colonnelli, vivendo intense passioni personali e collettive per conoscere poi, col recupero di una democrazia malferma, il sapore amaro della delusione e del rammarico per tutti i sogni non realizzati. 19


I due hotel Francfort : romanzo di David Leavitt Julia e Pete Winters sono americani molto per bene e a Parigi hanno cercato una fuga dalla loro ordinaria vita matrimoniale, Edward e Iris Freleng sono eleganti, ricchi con noncuranza, due bohémien che hanno girato la costa francese sperando fino all'ultimo di non doverla lasciare. Invece il giugno del 1940 li sorprende tutti e quattro bloccati nell'atmosfera precaria, al tempo stesso seducente e trasandata, del neutrale porto di Lisbona. Dai confini di molte nazioni ormai risuonano i colpi di mortaio, ma loro aspettano senza troppa ansia l'arrivo della nave SS Manhattan che li porterà in salvo a New York, non del tutto convinti di voler rimpatriare. Si conoscono al Café Suiça ed è subito evidente una tensione tra loro: entrambe le coppie nascondono un segreto che senza essere esibito le lega insieme fin dal primo istante, entrambe le coppie sono tormentate dalle convenzioni sociali e sessuali dell'epoca. Come l'Europa fatica a tenere in vita gli ultimi equilibri e affonda inesorabilmente nella guerra, così anche la stabilità dei Winters e dei Freleng comincia a cedere... Dopo sei anni di silenzio, David Leavitt torna con un romanzo esplosivo e lirico: una storia sul potere della manipolazione, sui modi in cui le persone possono cambiare in circostanze eccezionali e non essere più le stesse. La fotografia di un continente alla vigilia del disastro. Una Lisbona affollata di espatriati in attesa di essere portati in salvo, preoccupati di quello che stanno per perdere eppure abbandonati alla languida sospensione della città. Il ritratto politicamente carico di quattro destini che devono fare i conti con il violento contrasto tra le convenzioni del loro mondo e i personalissimi, scandalosi desideri di felicità. 20


feroce, costruito sulla storia vera ed estrema di un gruppo criminale che ha osato combattere la camorra con le sue stesse armi.

Teste matte di Guido Lombardi e Salvatore Striano Quartieri spagnoli. Il centro di Napoli. Negli anni Ottanta il paradiso della criminalità. C'è un clan che domina tutto e tutti, la famiglia Viviani. E c'è un bambino, Sasà, già stanco di sottomettersi. Lui e suo cugino Totò sono artisti del furto, mariuoli sempre alla ricerca di occasioni. Tra contrabbando, prostitute, soldati americani, troveranno presto un protettore, il ladro più abile del quartiere, 'o Barone. La madre, Carmela, prova a frenare quel figlio che cresce troppo in fretta. Lei sa cos'è la malavita: suo fratello è in carcere per omicidio, da allora combatte contro chi si vuole vendicare. Così Sasà si trova di fronte a una scelta paradossale, eppure l'unica possibile: entrare nella camorra per difendersi dalla camorra. Non ancora maggiorenne incontra i due uomini che gli cambieranno la vita: un trafficante di coca che tutti chiamano Rummenigge e un bandito detto Cheguevara per il suo spirito rivoluzionario. Insieme combatteranno contro il boss dei Quartieri spagnoli, 'o Profeta, dando vita alla prima vera scissione nella storia della camorra napoletana. Da questa guerra nascerà qualcosa di mai visto prima: le teste matte. Ragazzi così pazzi da sfidare tutti i clan di Napoli. Un romanzo

Dopo aver passato otto anni in carcere, ha stupito tutti recitando nel film GOMORRA di Matteo Garrone e in CESARE DEVE MORIRE dei Fratelli Taviani, Orso d’oro a Berlino. Ora Salvatore (Sasà) Striano, con il regista, sceneggiatore e scrittore Guido Lombardi, racconta il suo passato

Nessuno può sfrattarci dalle stelle : romanzo di Diego Cugia La notte in cui Mandela muore in Sudafrica, Massimo Pietro Cruz è uno dei centoventi milioni di europei caduti in povertà. Dopo un passato come autore di musical e varietà televisivi ha perso tutto. Ora è solo, in un casale nel bosco, con l'unica compagnia di due cani lupo e una pecora, ad aspettare che, all'alba, il padrone di casa e l'ufficiale giudiziario arrivino a rendere esecutivo lo sfratto. Improvvisamente, sente un rumore al piano di sotto. Scende le scale e trova un piccolo intruso. Sulle prime pensa a un ladruncolo. Ma chi è davvero quel ragazzino che dice di chiamarsi come lui e sogna di scrivere il romanzo di un bambino che incontra se stesso a sessant'anni per scoprire come sarà da grande? E quella del piccolo sosia non è che la prima delle imprevedibili visite che Massimo Pietro riceverà quella notte... Cugia scrive una favola incantata che contiene una parte di confessione autobiografica e una riflessione sul destino e sulle costellazioni familiari, le scelte nostre e dei nostri antenati che ci hanno portato a essere quel che siamo. 21


accanto ai protagonisti emergono come in un coro le voci di quei cittadini anonimi che sognano la giustizia, un risanamento delle istituzioni e l’avvento di una rappresentazione democratica.

Cosa aspettano le scimmie a diventare uomini di Yasmina Khadra Senza macchia apparente di Alicia Plante Una giovane studentessa viene assassinata nella foresta di Bainem, alle porte di Algeri. A dirigere l’inchiesta è chiamata Nora Bilal, una donna onesta e combattiva, che non si rende conto del pericolo che corre in un paese governato da squali e predatori, assetati di potere. Nora si trova ad affrontare uno degli «intoccabili» che controllano l’Algeria di oggi in ogni settore, figure di potere che mai vengono menzionate ma che tutti conoscono. Inizia così un viaggio nel lato oscuro di un paese stremato dalla corruzione, afflitto dall’ingordigia della classe dirigente e dei suoi complici che nessuno riesce a fermare. Khadra ritorna al genere che gli ha dato una grande popolarità, unendo le caratteristiche del romanzo noir a una denuncia contro il crimine organizzato e i suoi agganci con il mondo politico. Un romanzo crudo e cosparso di una violenza necessaria a spiegare cosa sia, oggi, l’Algeria che ai suoi vertici economici e politici ha archiviato la rivoluzione e ride del popolo che ancora ci crede. La scrittura efficace e incisiva crea un’atmosfera tesa e soffocante, in cui

La morte di due persone sconvolge una tranquilla comunità che vive tra i mille canali del delta del Paranà. Dopo il ritrovamento sul luogo della tragedia di una lettera d'addio, la magistratura si affretta a chiudere il caso e lo archivia come duplice suicidio. Ma le dicerie che nel frattempo hanno iniziato a circolare tra gli abitanti delle isole raccontano un'altra storia. Julia, una professoressa dell'università di Buenos Aires, che passa gran parte del tempo sul fiume, insospettita dalle voci decide di indagare ed entra di nascosto nella casa dei due presunti suicidi. All'improvviso la sua curiosità fa affiorare dalle acque limacciose del fiume un'antica ferita che non si è mai rimarginata e che ora minaccia la vita di molte persone: un ex militare, un costruttore corrotto, un ragazzo a cui è stata sottratta l'identità, uno sceneggiatore che si è improvvisato ricattatore. “Il nuovo romanzo di Alicia Plante è un noir sorprendente, con numerosi rimandi alla prosa di Rodolfo Walsh.” El Mundo 22


L'altro lato del mondo di Mia Couto Un ragazzino di undici anni non ha mai visto una donna nella sua vita. Accade allora che la prima volta che ne incontra una la sorpresa è così grande da farlo scoppiare in lacrime. Quel ragazzo ha vissuto per otto anni all’interno di un Parco Safari abbandonato, e conosce solo il padre, il fratello, lo zio e un ex militare, al tempo stesso amico e servitore. Gli è stato detto che sono gli unici sopravvissuti, che non ci sono contatti col mondo, che sono in attesa di un cenno da parte di Dio e che in questo luogo non è ammesso né piangere né pregare. Dopo la morte della moglie, il padre ha deciso di troncare ogni legame e ha scelto di esiliarsi in quel posto remoto e inaccessibile convincendo i familiari che il mondo che li circonda è scomparso. Jesusalém, questo è il nome che gli viene dato, è un luogo apocalittico, un Paradiso alla rovescia, dove l’uomo si è costruito un suo microcosmo per riuscire a dimenticare la realtà che gli ha portato solo dolori, dominata dal caos e dalla violenza. Il fratello maggiore ha dei vaghi ricordi del passato e del mondo esterno, al quale vorrebbe tornare. Per questo mantiene un legame con ciò che si sono lasciati alle spalle e ne fa partecipe il fratello minore, insegnandogli in segreto a leggere e a scrivere. Il bambino subisce il delirio di annientamento del padre e ne diventa complice, ma trova una segreta via di fuga nella scrittura. È lui il grande riconciliatore, e il narratore di questa storia. Fin quando un giorno, a Jesusalém, appare una donna, quella donna – bianca, portoghese, giunta in Africa alla ricerca del marito. Con lei arriva una energia nuova e assieme un turbamento. In qualche modo la sua estraneità spezzerà l’incantesimo di quelle vite. Paragonato a J. M. Coetzee, questo romanzo

di Mia Couto, forse il maggiore scrittore di lingua portoghese al mondo, finalista al Man Booker International Prize 2015, è un’opera profondamente gioiosa, di malinconica e poetica luminosità. E il suo linguaggio sempre rifugge la normalità, la maniera, per trovare nelle parole, nelle immagini, nei simboli, uno spazio di inarrivabile libertà.

In una storia famigliare, il racconto di un figlio alla ricerca delle verità che il padre non ha saputo svelargli. In un universo letterario pieno di invenzione, ironia e poesia, il ritratto toccante del Mozambico reale e immaginario. «Nella recente letteratura internazionale questo di Mia Couto è un romanzo inaspettato e magnifico» L’Humanité

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Nove vite di Bernice Rubens

Il caso Crump di Ludwig Lewisohn

Donald Dorricks ha una missione precisa: uccidere nove psicoterapeuti. Nel suo diario descrive i dettagli di questa “crociata”, la scelta casuale delle vittime, gli appostamenti, le attese e la ritualità dei delitti, compiuti immancabilmente con una corda di chitarra stretta intorno al collo. Senza alcun indizio o testimone attendibile, l’ispettore Wilkins cerca di trovare il serial killer, spostandosi da una parte all’altra del Regno Unito (e persino oltremanica) nel corso di svariati anni. Quando alla fine Donald viene fermato, però, si professa innocente e la moglie Verine crede nella sua buona fede: gli omicidi sembrano solo una mostruosa cornice al loro matrimonio e ai due amatissimi figli gemelli. Ma chi è davvero Donald e perché continua a dichiararsi non colpevole? Nove vite è un thriller pieno di suspense e sottile ironia, che con un ritmo serrato e un linguaggio diretto ed essenziale racconta l’alienazione e i rapporti di coppia nelle loro assurde, toccanti e imprevedibili sfumature.

Per Thomas Mann questo romanzo era “vita”, Sigmund Freud lo celebrò come un capolavoro, eppure la società dell’epoca giudicò la storia di Herbert Crump un atto di sabotaggio all’istituzione del matrimonio. Il libro ha come protagonista il giovane Herbert, musicista dall’animo nobile, cresciuto tra Chopin, Beethoven, i suoni della Carolina del Sud e i canti dei neri nelle chiese. Sua moglie Anne è, al contrario, altera, chiassosa e feroce, totalmente priva di gusto. I due finiscono per dar vita a un’unione infelice, in cui dominano la volgarità e la sopraffazione, davanti alla quale per l’uomo esiste una sola, drammatica via d’uscita. Scritto intorno alla metà degli anni Venti, rifiutato da tutte le case editrici americane, Il caso Crump venne pubblicato in Francia nel 1931 con una prefazione di Thomas Mann, e arrivò negli Stati Uniti solo nel ’47, seppur in una versione edulcorata. Un romanzo controverso, che fu caro a molti artisti e intellettuali del primo Novecento e che torna ora a disposizione dei lettori di oggi. 24


La deviazione di Gerbrand Bakker Una donna decide di sparire nella campagna del Galles. Abbandona casa, marito, lavoro, genitori, cellulare. La sua famiglia la cercherà con preoccupazione prima moderata e poi crescente, mentre lei gradualmente costruisce da sola una vita temporanea, già distante da un passato dimenticabile e da un futuro che non arriverà troppo lontano, attenta solo al presente. Scritto dall’olandese Gerbrand Bakker La deviazione ricostruisce due mesi della vita di Agnes nell’inverno in cui deve separarsi dal mondo. La ragione la scopriremo con la dovuta lentezza, seguendo il suo prendere possesso di una casa e di una campagna non sue, di un gruppo di oche, l’amicizia con un ragazzo e il suo cane, e dall’altro lato le incerte ricerche del marito, che più che riportargli la moglie lo metteranno a contatto con se stesso e con una vita diversa da quella che avrebbe voluto per sé e per lei. A costellare il libro i versi mandati a memoria da Agnes di Emily Dickinson, poetessa amata e odiata, specchio in cui vedere i propri difetti e accettare le inevitabili imperfezioni della vita.

La dimora di Michel Layaz L’immaginazione e la faconda inventiva dello scrittore di Losanna fanno scintille in questo racconto contemporaneo composto di ventiquattro capitoli. Il candido diarista che fa da narratore risiede nella Dimora, un “collegio” poco normale nel quale vivono adolescenti ancora meno normali. La Dimora accoglie ragazzi incapaci di adattarsi al mondo. Una piccola delirante comunità che prende forza e originalità dalla sua imperiosa presidentessa-direttrice generale, Madame Vivianne, e dalle altre figure che la abitano, insegnanti, inservienti, segretarie, cuoche. Un piccolo strano mondo sempre in bilico tra dolcezza e disperazione. Ma chi sono gli abitanti della Dimora? Degli internati, dei prigionieri, dei disadattati, dei delinquenti, dei pazzi? Forse solo un po’ di tutto questo, o forse niente di tutto questo. O forse uno specchio dell’essere umano e del suo deviare a volte dalle strade più regolari. 25


resta un "signorino" dall'aria svagata, dalla mancanza di rispetto per l'etichetta, dalla disarmante sincerità. Insegna matematica ad allievi chiassosi e zucconi e in mezzo a insegnanti arroganti, disonesti e ipocriti. Dovrebbe rassegnarsi e capire che l'ipocrisia sta diventando norma nel Giappone moderno, ma non cessa un solo istante di difendere con impulsività e commovente ingenuità l'antico senso dell'onore.

Il signorino di Natsume Soseki Bocchan: così si chiama in giapponese questo celebre romanzo di Natsume Soseki, che costituisce forse l'opera più letta nel Giappone moderno. Bocchan è il nome affettuoso che si usa in Giappone per rivolgersi a un bambino maschio. Le domestiche, ad esempio, chiamano bocchan il bambino della famiglia presso cui prestano servizio. È un nome che potrebbe corrispondere al nostro "signorino", se non fosse molto meno formale e deferente e, soprattutto, se non assumesse una sfumatura negativa quando, usato ironicamente, prende il significato di ragazzino immaturo, irresponsabile, ingenuo. Il protagonista del libro è inguaribilmente bocchan, un "signorino" nella duplice accezione del termine giapponese. In età infantile, disprezzato dal padre e ignorato dalla madre, viene chiamato affettuosamente bocchan da Kiyo, la domestica di casa, una donna all'antica che considera il legame con lui alla stregua di quello che univa servitore e padrone in epoca feudale. Diventato adulto,

Autre di Afo Sartori Pisa, Roma, l’isola d’Elba: un triangolo geografico, un triangolo sentimentale. “Chi non fosse avvezzo alla prosa sartoriana, sappia che si troverà di fronte ad un testo strabordante che potrebbe lasciarlo senza fiato, colmo di neologismi…, stranguglioni sintattici, intermittenze, anacronismi indecenti, frenate e ripartenze infinite. Afo quando scrive è un fiume in piena e il lettore si deve solo predisporre ad accoglierlo. Un testo dove la lingua vale almeno quanto il racconto. Il racconto, stavolta, non è né pisano, né jazzistico, né vinicolo, né politico (in realtà non manca nulla di tutto questo, ma in dosi omeopatiche) è “autre”, appunto.” Dalla pref. di D. Guadagni 26


Vita e opinioni del cane Maf e della sua amica Marilyn Monroe di Andrew OʼHagan Nel novembre del 1960, Frank Sinatra regalò a Marilyn un terrier maltese. Lei lo chiamò Mafia Honey. Il cane era nato in Scozia. Coltissimo e geniale, aveva un talento tutto suo per la storia del ventesimo secolo. Per la politica. Per la psicoanalisi. Per la letteratura e la filosofia. Per l’arredamento degli interni. Questa è la sua storia. Rimase con Marilyn durante i suoi ultimi due anni di vita: lei lo portava con sé ovunque, alle sedute psicoanalitiche e ai corsi all’Actor’s Studio, ai party con Edmund Wilson, Carson McCullers, Allen Ginsberg e John Kennedy, e in Messico per le pratiche di divorzio da Arthur Miller. Maf diventa così il testimone, narratore e interprete di una deliziosa, intrigante commedia letteraria in cui si parla di arte contemporanea, di letteratura e di cultura pop, di gatti che s’intendono di poesia, di criminalità organizzata e di filosofia da boudoir. Attraverso Maf l’autore ha voluto raccontare la donna più famosa del mondo da una prospettiva tutta originale: quella dell’«universo del pavimento» in modo da lasciar venire fuori la sua parte segreta, quella che nessuno ha mai scorto: «La Marilyn che ho conosciuto io era una persona maleodorante, spiritosa e artistica fino al midollo», dice il narratore.

Su e giù per le scale di Monica Dickens Pronipote di Charles Dickens, cacciata da un’esclusiva scuola femminile e decisamente insofferente verso i balli delle debuttanti, Monica Dickens decise che era arrivato il momento di entrare nella vita vera. Rispolverò un corso di cucina francese e si fece assumere come cuoca, salutando la propria celebre e borghese famiglia. In questo divertente e arguto memoir, l’autrice racconta il dietro le quinte delle case benestanti in cui si trovò a lavorare, le ardue conquiste, gli abusi e le battaglie, con il tipico humour anglosassone. Tra soufflé afflosciati, arrosti caduti e scottature continue la giovane cuoca scopre la passione e la curiosità per un lavoro concreto e onesto. 27


Chi è veramente Edward Bloom: un ormai vecchio commesso viaggiatore contaballe ottusamente radicato nei racconti fantastici con cui ha descritto la sua vita o un personaggio misterioso e mitologico, un avventuriero dalla vita straordinaria? Agli occhi del figlio Will la risposta è certa: Ed Bloom altro non è che una figura lontana e patetica, incapace di affrontare la realtà e colpevole di averla sempre sfuggita con il ricorso alle fiabe con cui l'ha rivestita. Giunto al capezzale del padre vecchio e malato dopo tre anni di distanza e di silenzio, a Will non resta che tentare di decifrarne la vita partendo proprio dai racconti che Ed Bloom si ostina a ricordare: il suo incontro con una vecchia strega e con un gigante gentile, il suo strano soggiorno nello sperduto paesino di Spectre, la sua gavetta nel circo fra nani e uomini-lupo, la sua mirabolante impresa nella guerra di Corea, la romantica conquista della moglie e infine quella continua ricerca del "Pesce Gigante", simbolo di una tensione alla dimensione magica dell'esistenza mai sopita. La vera scoperta sarà capire come nella vita realtà e magia siano perfettamente conciliabili, a patto che si sia in grado di accogliere la vita stessa con occhi nuovi e con una nuova capacità di ascoltare. Realizzato a seguito della morte del padre e mentre lo stesso regista stava preparandosi a diventarlo, "Big Fish" può essere considerato un punto di svolta nella carriera di Tim Burton, il suo "film della maturità": non più mondi fantastici popolati da uominipipistrello, scheletri sognatori o Frankenstein ingenui, ma luoghi dell'anima in cui realtà e immaginazione possono finalmente incontrarsi. E il cuore ingenuo dell'America rurale, l'Alabama delle piccole cittadine senza tempo, diventa lo scenario per questo toccante e visionario ritratto di padre.

Big Fish : le storie di una vita incredibile, un film di Tim Burton

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Classiche storie di gatti : dai più grandi scrittori di ogni epoca Fascinosi ed enigmatici, i gatti non deludono mai. La fama popolare della loro immortalità (le loro famose nove vite) è il segno di straordinarie qualità che anche i grandi scrittori hanno riconosciuto e narrato. Gatti generosi e pronti a offrire subito il proprio affetto, oppure perfidi e capaci di architettare trappole terribili, o ancora povere vittime dell’egoismo umano, e poi pasticcioni, filosofi, spioni, rubacuori, innamorati, selvatici… la lista dei gatti celebrati dalla letteratura di ogni tempo è senza fine. I racconti riuniti in questo volume – usciti dalla penna di Émile Zola, Mark Twain, Ambrose Bierce, Guy de Maupassant, Charles Morley, William Alden, Mary Freeman, Pierre Loti, Saki, Howard P. Lovecraft, fino ai nostri Alfredo Cattabiani e Silvana De Mari – offrono al lettore un ricchissimo caleidoscopio di stili e ambienti, di epoche e generi, di emozioni e sentimenti, tali da soddisfare il gusto e la curiosità di qualunque lettore appassionato… di gatti.

BUONA LETTURA p.bernardini@comune.pisa.it

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