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EDITORIALE

MUSICA, LINGUAGGIO RIBELLE

La musica definisce le nostre tradizioni e la nostra identità, per questo riesce a toccare le persone come linguaggio puro, di verità, di denuncia. È pura forza da cui scaturiscono emozioni, plasmando idee e nuove aperture culturali. Un canale di comunicazione talmente imponente da riuscire a rivoluzionare la società dando voce a chi è imbavagliato e prigioniero. La musica influenza la società e, al tempo stesso, la società influenza la musica. Non a caso sono soprattutto i giovanissimi che sbocciano e tracciano il cammino della musica. Spesso nati in piccole metropoli o in Paesi occupati da oppressori, gli artisti attraverso la musica denunciano il degrado e le barbarie per strapparsi il bavaglio che gli è stato imposto. Kalush Orchestra con il brano “Stefania” ha trionfato all’Eurovision Song Contest ed è l’ultimo dei grandi esempi di questa potenza dirompente della musica. Davanti a più di 200 milioni di spettatori, hanno fatto sentire la voce di una nazione martoriata. Vincendo per sé stessi, ma soprattutto per il loro Paese occupato. «Questa vittoria è per tutti gli ucraini. SLAVA UKRAINI!», ha urlato il cantante Psjuk subito dopo l’annuncio della loro vittoria, «aiutate l’Ucraina e Mariupol, aiutate Azovstal», aveva detto alla fine dell’esibizione, accolta dall’ovazione di tutto il pubblico presente alla manifestazione musicale più importante d’Europa, facendosi così, all’Eurovision, portatore di valori di libertà. L’Eurovision non è una manifestazione non politica, come più volte sottolineato dai conduttori, ma attraverso la musica non può che cogliere la spinta del pensiero collettivo, il mutamento. La musica ha lanciato ancora una volta un segnale di pace. Pensate a “Born in the USA”, a “Give Peace a Chance”, a “Immagine”. Certo il confronto tra John Lennon o Bruce Springsteen e Kalush Orchestra sembra un’assurdità, ma anche ricordiamo che canzoncine come “È arrivata la bufera” di un giovane Renato Rascel, hanno fatto la loro parte nella storia.

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Andrea Cosimi

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