#2. Il mio corpo

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SPAZIO nasce da un’idea di Stefano Cardini, con Elisa Massoni e Margherita Pincioni Direttore responsabile: Elisa Massoni Art direction: Stefano Cardini & Chiara Diana Per SPAZIO numero 2: Coordinamento editoriale e progetto: Elisa Massoni Consulenza editing e contenuti pedagogici: Federica Pascotto Testi: Elisa Massoni, Federica Pascotto e Giovanna Canzi Illustrazioni: Stefano Cardini, Chiara Diana, Filippo Dicchi, Elsa Jenna, Miriam Mosetti, Alessandra Spada Fotografie: Maki Galimberti Immagine di copertina: Chiara Diana “In fondo a me”: illustrazioni e testi di Anna Cairanti e Giuseppe Mazza Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno creduto in SPAZIO! Un grazie particolare a RADIOMAMMA e a Carlotta Jesi, che ha sostenuto con entusiasmo questo progetto editoriale fin dai suoi esordi. SPAZIO, essere bambini è bellissimo Via Soave 24, 20135 Milano spaziocollettivo@gmail.com www.spaziomag.it http://www.facebook.com/spaziomag Registrazione del Tribunale di Milano 190 del 6/04/2012

Quando abbiamo pensato a come fare il secondo numero di SPAZIO, ci è subito venuto in mente di dedicarlo al corpo. Una cosa semplice, a portata di tutti. E invece… ci siamo ritrovati a farci moltissime domande, a cercare di capire come i bambini vivono e sentono il loro corpo, come guardano quello degli altri. Abbiamo capito che serviva anche a noi, che siamo adulti, provare a guardare un corpo, un corpo qualsiasi, normale, non bellissimo o plasticoso come quelli che vediamo sempre fotografati. E poi intorno ci abbiamo costruito delle storie: la pancia che pensa, il cervello che sta zitto, la faccia che è il nostro passaporto per il mondo. Il cuore che ci dice che siamo vivi, i piedi che misurano lo spazio che ci appartiene. Ci siamo divertiti, abbiamo trovato delle risposte, abbiamo anche riso molto perché alcune cose del corpo fanno davvero ridere. E speriamo che vi piaccia percorrere la strada che abbiamo tracciato per voi lungo ciò che abbiamo di più diverso e di più simile agli altri esseri umani: il corpo, appunto. Elisa Massoni

Direttore di SPAZIO

Questo numero di SPAZIO è dedicato a Maurice Sendak. Ciao. Grazie di tutto.


Papà? Mamma? Facendo SPAZIO impariamo molte cose, conosciamo persone interessanti, ci avviciniamo a mondi di cui ignoravamo l’esistenza. Vorremmo condividere con voi la sorpresa che proviamo ogni volta. Ed è a questo che servono le pagine “Per i grandi”. Vi presentiamo le persone che abbiamo coinvolto nella realizzazione di SPAZIO 02, il numero su “Il Corpo”.

Maki Galimberti Mostrare il corpo ai bambini non è stata un’impresa facile. Maki ci ha dato una mano enorme, grazie a uno sguardo delicato e imparziale, rispettoso del nostro progetto: mostrare un corpo vero, androgino, lontano dalle abitudini visive e spesso deleterie per lo sguardo bambino (e anche per noi). Maki Galimberti ha fotografato TUTTI: da Rita Levi Montalcini al Dalai Lama, da Paul Auster a Marco Travaglio. E per noi ha ritratto una pancia, due mani, dei piedi, un sedere, un viso e un petto. Esattamente come ce lo eravamo immaginato: cogliendo la bellezza esatta di un corpo.

SPAZIO numero 2 Indice pag 5

E poi cosa leggo? Consigli per approfondire

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Una storia grande Con il corpo impari il mondo

pag 24

La metropoli bambina Conversazione con Gianni Biondillo

pag 26

Parla come un bimbo Intervista a Nicola Canessa

pag 28

Una storia piccola Eccomi qua

pag 38

Cose grandi dette chiare Regalare il sangue

Gianvito Martino / Nicola Canessa Per parlare di cervello abbiamo voluto vederci più chiaro. Abbiamo interpellato un neurologo e un ricercatore in neuroscienze cognitive. Gianvito Martino è medico neurologo; è direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale San Raffaele, studia il cervello per capire e sconfiggere le malattie neurodegenerative. Nicola Canessa è un giovane ricercatore in neuroscienze, ci ha raccontato come la psicologia e la sociologia si avvalgono di studi neurologici per capire il comportamento degli esseri umani.

Gianni Biondillo In veste di papà Gianni ha pubblicato, con Severino Colombo, un testo dal titolo Manuale di sopravvivenza del padre contemporaneo (Guanda, Parma 2008). Poi nel resto del suo tempo è uno scrittore famoso per i suoi gialli e per il suo talento nello scrivere libri e articoli sulla città, con una passione contagiosa e uno sguardo colto e lucido, ma non pessimista. Gianni ha parlato di corpo e di città su questo numero di SPAZIO.

Anna Cairanti e Giuseppe Mazza Anna Cairanti è una bravissima illustratrice, che per anni si è occupata anche di pubblicità e che ultimamente si dedica totalmente alla narrativa per l’infanzia (per Topipittori e Margherita). Giuseppe Mazza è invece il fortunato fondatore di un’agenzia pubblicitaria unica nel suo genere: si chiama TITA (Titamilano.it) ed è un posto dove nascono cose belle, che fanno sperare che la pubblicità un giorno sia davvero un piacere e non un dovere commerciale. Il loro lavoro converge in un punto per noi importantissimo: la comunicazione ai bambini può essere trasversale senza essere incomprensibile, bella senza essere troppo sofisticata. Per SPAZIO Anna Cairanti e Giuseppe Mazza hanno scritto e illustrato la “Storia Piccola”, un viaggio lungo i confini del corpo.

AbiZero e il progetto Baobab Il Baobab è un albero immenso e affascinante. In Africa è il centro del villaggio: rappresenta la vita, l’unione, l’energia di tutta la comunità. Quasi magicamente il suo nome è la somma delle lettere simbolo dei gruppi sanguigni: b a o b ab.

Ecco perché la onlus AbiZero ha scelto di dare questo nome al progetto legato alla donazione del sangue. Quale immagine migliore di quella di un grande baobab rosso che, come un grande cuore pulsante, porta la vita? Lo vedrete su un camion che gira per la città a raccogliere donazioni: il sangue è un farmaco insostituibile negli interventi chirurgici, nei trapianti e nella cura delle malattie tumorali e non può essere prodotto in laboratorio… la vita di molti pazienti dipende dalla generosità di persone disponibili a periodiche donazioni! Chiara Scolari ci ha raccontato con grande passione di AbiZero e del lavoro che svolge per il Baobab. Proviamo ad aiutarli!


«Chi ha visto uno Scarabocchio / con due nasi e un solo occhio / con un fiore sul ginocchio / con sette dita per mano / e un cappello da cappellano?». Se lo chiedeva Gianni Rodari nella sua canzonetta “Scarabocchio”, nata per soddisfare la curiosità di una mamma alla quale non era affatto chiaro il motivo per cui suo figlio disegnasse mani con troppe dita. Era il 1955 e lo scrittore riceveva così tante lettere da grandi e piccini con domande buffe, serie o strampalate che decise di inaugurare sull’«Unità» una rubrica chiamata “Il libro dei perché” (potete leggere le fantasiose risposte di questo giocoliere delle parole nell’edizione di Einaudi Ragazzi Il libro dei perché). Il motivo di questa libertà espressiva – come ipotizzava Rodari – è che forse i bambini non disegnano ciò che vedono, ma ciò che sanno di una cosa. Ecco allora che prima di scoprire a poco a poco il mistero del proprio corpo e di quello altrui, i piccoli abitano un mondo immaginario che, come sosteneva Jean Jacques Rousseau, è senza limiti e dunque infinito. Un regno bizzarro dove tutto sembra possibile. Qui può capitare che un bambino di nome Teo (Ecciù! di Silvia Serreli e Andrea Castellani, Editrice il Castoro) a causa di un semplice starnuto si trasformi all’improvviso in un gatto dal pelo lungo e morbido, in un fenicottero e persino di un rinoceronte! Oppure può succedere che il piccolo Claudio (Ti piace la tua faccia di Roberto Denti, Il Battello a Vapore) voglia cambiare il colore degli occhi, il naso e le orecchie, convinto, però, che questa metamorfosi non lo porterà a rinunciare a se stesso. E, infine, nel mondo della libertà più sfrenata, può verificarsi una cosa ancora più incredibile: che una persona vada letteralmente “a pezzi” e perda qua e là braccia, piedi, gomiti e ginocchia. È quello che vive il povero signor Bado (Uffa, che rottura! di Emanuela Nava, Giunti) «un uomo fatto ma incapace di badare a se stesso» il cui corpo non può essere ricomposto da bulloni, viti o gesso… per guarirlo nelle articolazioni e nell’anima sarà necessario un racconto davvero speciale. Così, una volta che ogni frammento sarà tornato al proprio posto, i bambini ormai grandi potranno finalmente mostrarsi l’uno all’altro, senza temere di rivelare le proprie fragilità. Questo accade a due adolescenti (L’amore t’attende, di Fabian Negrin, Orecchio Acerbo, un libro a organetto lungo 3 metri) che sdraiati nudi su un prato si contemplano stupiti, scoprendo come l’origine dell’amore non sia da ricercare solo nel cuore o nel cervello, ma in qualsiasi parte di noi quando attraversata dal fremito della passione.

testo di Giovanna Canzi illustrazione di Filippo Dicchi


con

il

corpo

impari il mondo Il corpo è la tua bellissima e complicata certezza di essere di questo mondo. È il freddo sulla pelle, l’emozione nella pancia, la voce nel petto che ti dice che riuscirai a fare quello che vuoi, l’idea nella testa che risolve un problema difficile. Il corpo è un luogo da difendere, da proteggere, da curare. Fidati di lui, delle sue tante voci che non hanno parole. Saprai sempre cosa ti sta dicendo se non smetterai di ascoltarlo. Il corpo è fatto per conoscere il mondo, le giornate di sole, la carezza di un papà, l’abbraccio dell’amico (anche i suoi calci!), l’odore dolce di tuo fratello quando ha appena fatto il bagno, quello assurdo di tua sorella con il pannolino sporco! Grazie al corpo il mondo ti conosce e ti riconosce. Ecco come…

testi di Elisa Massoni fotografie di Maki Galimberti illustrazioni di Stefano Cardini + Chiara Diana


testa + faccia + tronco + + mano m a n o + pancia + + gambe e piedi 07


Una testa. In pratica una scatola molto dura, ricoperta normalmente di capelli, che contiene un oggetto prezioso: il cervello. Un organo ancora molto misterioso, del quale si dice che usiamo solo una piccolissima parte. Eppure con quella piccolissima parte siamo arrivati a comprendere cose incredibili. Grazie a quel bruscolino di neuroni che riusciamo a utilizzare ci siamo fatti un’idea di come funziona l’universo. C’è da domandarsi cosa potremmo fare con la parte più grande. Parlare a distanza senza telefono? Spostare gli oggetti? Volare?

Comunque: la testa.

Un misterioso contenitore dentro al quale accadono cose che si chiamano idee, si accumulano immagini che si chiamano ricordi, si decide come funziona e cosa fa tutto il corpo.

Idee che vanno e vengono, idee che somigliano a parole o a disegni. Idee fatte di numeri, idee che portano gioia o tristezza. Idee che ridono o che gridano arrabbiate. Idee sempre nuove, idee vecchie che a volte non se ne vanno per giorni. Idee che sono solo nostre e rimangono lì tutta la vita. Idee che escono a forma di parole e di movimenti. Idee che entrano, come cose da imparare e da capire. E poi ricordi, ricordi, moltissimi ricordi di ogni istante che passa. Ricordi: sono loro che ci insegnano a stare al mondo. A volte tutto si mescola e nasce un’intuizione, qualcosa di completamente nuovo. E, altre volte, tutto diventa silenzioso, senza parole, senza immagini. Che bello: è il silenzio del cervello.


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Due occhi, un naso, una bocca. In alto la fronte, ai lati le guance, in basso il mento.

Una faccia è fatta così, eppure è difficilissimo vederne due uguali. E, in effetti, il viso è l’immagine che ci distingue dagli altri. Per questa ragione non vale la pena di farne una questione di bellezza o di bruttezza: l’importante è far sapere agli altri che noi siamo noi.

E la faccia è un buon modo per far sì che il mondo se ne accorga. Un’ultima cosa: il viso di un essere umano è la prima cosa che tutti noi abbiamo messo a fuoco quando siamo nati. È quello che impariamo a cercare e a riconoscere da neonati: ne va della nostra sopravvivenza. Quell’immagine è il primissimo ricordo, il primo mattone del tuo mondo.

Con la faccia entro nel mondo. Il viso è la prima cosa che mostro di me stesso. Sorrido, rido, piango. Sulla faccia passa ogni istante una parola senza suono, che sa parlare meglio di qualsiasi altra lingua. Si chiama espressione ed è la voce di come ci sentiamo: cambia con noi, parla con noi. Per questo il viso è un foglio bianco che lentamente si riempie di segni. Una scrittura che racconta la nostra storia, il libro pieno di pagine di una vita. Il tuo viso è ancora liscio, senza neanche un segno. Il mio viso ha due rughe profonde in mezzo agli occhi, perché passo le giornate ad aggrottare le sopracciglia. E quelle due rughe raccontano di me più di quanto possa fare io con la voce e le parole.


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Se abbassi gli occhi puoi vedere il tuo petto che si alza e si

abbassa. È il tuo respiro che lo fa muovere così: riempi

e svuoti i polmoni più o meno venti volte al minuto, a seconda della tua età. In questo modo i polmoni possono assorbire l’ossigeno che serve a far funzionare il corpo. E buttano fuori quello che resta e che non viene utilizzato, trasformandolo in anidride carbonica. Complicato? Forse un po’. Ma la cosa importante è tenere a mente questo: il movimento del tuo petto che si alza e si abbassa è come un’onda che ti tiene in vita, leggera come il vento. Ogni tanto puoi provare a lasciarti trasportare. Se appoggi una mano al centro del petto senti un

inconfondibile tum-tum. È il rumore che fa il tuo

cuore. È il rumore che fai tu perché sei vivo. Quando fai una corsa o sei emozionato il cuore va più veloce. Quando dormi o sei tranquillo, il battito rallenta. Il cuore è così: risponde a quello che succede a te e al resto del tuo corpo con ritmo perfetto. Il suo rumore pare assomigli al suono del Big bang, la musica della creazione del mondo. Di certo il suo tum-tum è la prima voce che hai sentito mentre ti preparavi a nascere, la musica piena di forza del doppio ritmo di due cuori: il tuo, velocissimo e sincopato; quello di tua mamma, lento e sicuro.

Il seno. Non so cosa serva a un uomo, ma alle donne serve per essere belle e per nutrire i propri piccoli.

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Ed è inutile dirlo: il primo sapore che hai sentito è il sapore del latte di tua madre. Lo conoscevi prima di assaggiarlo, è una di quelle cose che fa parte del nostro istinto di sopravvivenza: un meccanismo fisico esatto, che ci ha portato sani e salvi fino a questo stadio della nostra evoluzione.


Gli esseri umani sono dotati di due mani con cinque dita. Che significa dieci unghie da tagliare una volta alla settimana. Le mani dei primati – uomini e scimmie – hanno una cosa che si chiama pollice opponibile: un aggettivo strano che significa che il nostro primo dito può piegarsi sul palmo, permettendoci di afferrare e manipolare le cose. Sembra assurdo a pensarci, ma è proprio il pollice che ci ha permesso di diventare sempre più intelligenti e capaci di camminare utilizzando solo gambe e piedi. Due dettagli che ci allontanano dagli altri animali e fanno sì che noi siamo così diversi, sotto certi punti di vista.


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Sulle mani, con le mani siamo arrivati fino a qui: fino alla luna, fino allo spazio, fino al più piccolo pezzo di mondo, a cui abbiamo dato il nome di atomo. Sulle mani e con le mani costruiamo ogni cosa che ci serve, coltiviamo la frutta e la verdura, ci arrampichiamo in montagna e nuotiamo nel mare. Sulle mani si posa un mondo che può essere assaggiato: marmellata, terra, capperozzi del naso. Con le mani ogni giorno riusciamo a tornare alle cose più belle: una carezza, la pancia morbida della mamma, le braccia dure del papà. E con le mani ti ho visto fare una cosa: seguivi le rughe profonde, e poi quelle più leggere sulla faccia di tua nonna. Per finire sulla sua guancia a riposare.


C’è una pancia. Una pancia come quella che hai tu, gentile abbastanza da ospitare un ombelico, forte abbastanza da perdonarti quando mangi troppa cioccolata. In questa pancia ci sono dei suoni che non diventano mai parole. Hai già notato come il corpo riesca a parlare senza parole, vero? E quanto è forte la sua voce? Ci sono anche pensieri che rimangono silenziosi, ma sanno farsi sentire quando ti emozioni o quando hai dei dubbi e non sai come comportarti. Un gorgoglio qui, un dolorino là… E non è dolore, non è malanno. È pensiero di pancia. C’è chi dice che i ricordi e i sentimenti stanno tutti nel cervello, che sono un complicato miscuglio di correnti elettriche e sostanze chimiche. Ma sappiamo tutti benissimo che non è proprio così: ci sono cose che solo la pancia sa. E la testa non può che dirle grazie. Perché da sola proprio non basta.

A volte la pancia è una pancia di femmina, come quella della mamma. E allora si fa silenziosa per ascoltare un altro cuore che batte, in attesa di una nuova vita che sta crescendo. Miracoli della pancia. Dentro ci crescono i bambini, in effetti. In media un bimbo ci mette nove mesi per poter nascere. A volte un po’ di più, altre un po’ di meno: non si può mai prevedere. Dicono che là dentro si sentano suoni, si vedano colori, si ascoltino le canzoni che canta la mamma. Dicono che sia il posto migliore dove stare. Lo è sicuramente, per un bimbo minuscolo. Ma il mondo è un altro bellissimo posto dove stare e, a volte, assomiglia proprio alla pancia della mamma.

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Il sedere è una cosa fantastica, non ce n’è come lui. Due morbidi cuscini sui cui appoggiarsi quando ci si siede. Un luogo meraviglioso per affondarci la faccia e farci delle pernacchie indimenticabili. Uno spazio da proteggere quando tua madre minaccia sculacciate. Una scusa per inseguire tua sorella che corre nuda per casa dopo il bagnetto, facendo finta di volerle rubare le chiappe più morbide del mondo (un gioco da fare solo con le sorelle sotto i tre anni: la gente tende ad arrabbiarsi, dopo). Se poi giri intorno al sedere puoi trovare due cose diverse, a seconda se hai a che fare con un maschio o una femmina. In generale, comunque, sedere e tutto il resto sono cose private, che uno tiene per sé. Se mai avessi qualche dubbio in proposito, chiedi a un adulto.

Ciò che il sedere produce merita un discorso a parte. Nelle giornate buone, una volta al giorno, dal sedere esce la cacca. Un’esperienza fantastica a ben pensarci: è la prima cosa che produciamo tutta noi. È roba nostra, dall’inizio alla fine. Forse, dando un’occhiata alla cacca e tutto soddisfatto dopo averla fatta, a un certo punto ti verrà in mente di poter essere il felice produttore di qualsiasi altra cosa. Una storia, un disegno, una scultura: la sensazione di felicità e di pienezza che sentirai è proprio simile. 17



C’è un luogo al mondo che ti appartiene completamente. È lo spazio dove poggiano i tuoi piedi.

Quello è il tuo regno, da difendere con forza quando qualcuno vuole rubartelo. Il tuo posto su questo pianeta è tuo. Non ci sono discussioni. Chiunque lo metta in dubbio ti sta rubando qualcosa di prezioso. Quindi difenditi: è una delle poche occasioni in cui ti sarà concesso di tirare uno spintone e di gridare. Il posto che i tuoi piedi occupano diventa grande, enorme, quando cammini. Si allarga, cresce con te e con la tua capacità di camminare lontano e di desiderare di andare ancora e ancora, sempre più in là. Vedrai moltissime cose, se apri gli occhi mentre cammini. Si chiama viaggiare, ma di questo parliamo un’altra volta. E se riesci a mettere i piedi per aria, è un pezzetto di cielo a diventare tuo. Vale la pena di provare, ogni tanto..

C’è un’altra cosa che i piedi sanno fare, oltre a portarti a spasso. Sanno tenerti attaccato alla terra e ti permettono così di sentirti parte di questo pianeta. Attraverso i piedi ascolti il tuo pianeta: quando cammini sulla sabbia, quando batti il ritmo, quando salti. Quando balli e anche quando cammini a lungo dentro a un bosco. I piedi sono il tam tam che la Terra ascolta, il nostro modo per dirle che sappiamo che è sempre lì, a sostenerci, ad accoglierci. Come una mamma grandissima. 19


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Gianni Biondillo

“La città è come un corpo” illustrazione di Miriam Mosetti

Gianni Biondillo è uno scrittore, una di quelle persone che vive grazie al fatto che passa molto tempo a scrivere libri. Che libri scrive? Libri gialli, dove c’è sempre un poliziotto che cerca di risolvere un mistero.

Libri sulle città, perché Biondillo ama Milano ed è stato per molto tempo un architetto. Libri su come si diventa papà, perché per Gianni essere papà non è cosa scontata o facile. Né cosa da prendere poco sul serio!

Mi piace pensare a Milano come a qualcosa di vivo: un corpo, con i suoi occhi, le sue braccia e le sue mani, le sue gambe. E i suoi pensieri. Perché anche una cosa complicata come una grandissima città diventa comprensibile se le diamo la forma di un corpo, di qualcosa che conosciamo molto bene. Milano ha il suo cuore, anzi i suoi molti cuori. Sono le piazze, un luogo che abbiamo inventato noi italiani. È un luogo dove le persone si incontrano, si parlano, diventano amiche. E da dove poi partono per tornare alle proprie vite, sicuri però che esiste un’umanità con un volto e una voce anche nella grande città. La città ha i propri occhi, anche. Le finestre dei palazzi, che guardano, scrutano; occhi grandi e accoglienti dai quali osservare il mondo che scorre, là sotto. Occhi che di notte si accendono, come per rassicurare chi cammina nel buio, per dirgli: “Stai tranquillo, qui ci sono persone sedute intorno a un tavolo, o che si stanno infilando il pigiama! Sono vicine, non sei solo.” Milano ha un sangue che scorre. È fatto di persone, delle milioni di persone che abitano e si muovono in una metropoli. È un sangue meticcio, misto, fatto di tante voci, di tante storie, di diverse nazionalità, di molte lingue. È la vita della città, le persone sono il motivo per il quale la città può continuare a esistere, la ragione della sua storia e del suo futuro.

Gianni Biondillo ha raccontato una città immaginaria a SPAZIO. Una città che assomiglia a un corpo vivo, con un cuore che batte, con degli occhi, con una vita che scorre incessante.

Di un corpo bisogna prendersi cura. Bisogna nutrirlo, tenerlo pulito, in salute. Non ci vogliono molti soldi, anzi è quasi meglio lasciar ogni tanto da parte i soldi e pensare alla città come a un luogo amico, che ci può dare da bere gratis (Milano è piena di fontanelle!), che ci nutre con poco, soprattutto che ci dà occasioni di divertirci, di fare cose interessanti senza spendere neanche un euro. Provate a pensarci: i parchi, le strade, una gita in metropolitana… Che avventure! Che quantità di cose, di immagini, di storie. Ma soprattutto mi piace pensare che la città, esattamente come il nostro corpo, ci appartiene. È nostra. Possiamo farne quello che vogliamo, trasformarla come ci piace. Coprirla di cose belle così come si indossa una bella maglietta colorata. E pensare, ogni tanto, che Milano ci accoglie e ci coccola, fra le sue immense braccia vecchissime, eppure ancora pronte a cambiare, a crescere. Io sono sempre stato grassottello, fin da bambino. Ma non è una cosa che mi dà fastidio o che mi ha impedito di essere felice e tranquillo. Anzi: credo che noi attraverso il nostro corpo parliamo col mondo. E io, con il mio corpo abbondante, ho un linguaggio generoso, uno scambio altrettanto rotondo, prodigo e magnifico con la mia città. Milano forse deve solo ingrassare un pochino, diventare un corpo generoso e accogliente!


Nicola Canessa è un ricercatore che studia il cervello: lui, come molti altri in tutto il mondo, vuole capire non solo come è fatto il cervello, ma come funziona. La disciplina di cui si occupa ha un nome complicato: neuroscienze cognitive, sono le scienze che studiano il sistema nervoso (neuron è l’antico nome greco per i nervi), di cui il cervello fa parte. Nicola, ci spieghi in poche parole cosa fa il cervello?

Il cervello fa moltissime cose, ma se proprio dobbiamo semplificare, possiamo dire che sono tre le grandi azioni che compie: recepisce gli stimoli esterni, li rielabora, ci dice cosa fare. Per esempio: sento profumo di torta, il cervello rielabora il profumo, mi viene l’acquolina in bocca e così decido di mangiare. Oppure: sento odor di bruciato, il cervello mi dice che c’è qualcosa che brucia, forse un incendio; e allora scappo. Quindi le nostre azioni e i nostri comportamenti derivano da una successione di eventi, hai presente il domino? Metti tanti pezzetti in fila, colpisci il primo e così tutti a uno a uno cadono? È qualcosa di simile! Da una conversazione con Nicola Canessa, e da Il cervello. La scatola delle meraviglie, di Gianvito Martino. Illustrazione di Alessandra Spada

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Abbiamo sentito parlare di neuroni-specchio, ci dici come si comportano?

Questo è molto interessante: si è scoperto, studiando il cervello, che a seconda di quello che succede si attivano delle aree diverse. Quindi, se vedo qualcuno che sta male ed è triste, si attivano i neuroni specchio: sono gli stessi che si attiverebbero se fossi triste io! Così mi fanno capire che l’altra persona è infelice. Si chiama empatia, e serve a relazionarsi con gli altri! Ma come avete fatto a capire tutte queste cose?

Siamo molto fortunati: negli ultimi 20 anni si sono sviluppate nuove tecnologie che ci permettono di “fotografare” cervelli al lavoro, così vediamo cosa si muove e cosa si riposa a seconda di ciò che accade. Stiamo imparando moltissimo su ciò che avviene all’interno della nostra testa e su come questo si traduce in azione ed emozioni – ma c’è ancora molta strada da fare!


umano o l l ciali e o che e e v p r s e c e . l ) n i, cellunni: è il temp n so di uPan di Stelle o e r p u l e i uesto i grandi di simi i nvello. 3171 aua testa! q s i t a n c a r i t azioni, abitano è c 2 pacch no l tuo cer ntro la t m o : r s o o z : f z e n i l e i u di che ioso e cell pongono euroni de a o s i l l o d 1kg e matica, quanto t e i n v d r e in liar com à spavterno del ce luogo mister t i t (in pr 100 mi lizzate che ontare tutti n a u q n n e una E così è all’i mozioni. È u specia heresti a c r e n e t uò con Britannica. sazioni, le e impieg p , o i z nche a n a p e a i i s s d h i e g e d l p n lo o i, sono lualabria! n saccfamosa Encicgini, i profum i u t r a e h c ma la ello rotoli (mare della C s i l Il cervte quelle deel nsieri, le imene cura! , i neuronare fino al i o 5 vol ricordi, i p na prenders u t i angia o v i i m r t r t e i a u g o t , o u e a s i i t tante, bi nd seguirli angi tto il corp gue. e r m p o : l l a i r e i sterno erv ia che tu o dal san labr fila... Puo impo e c a l C o I d ! o i n o l a Regge li metti in cervel % dell’energviene portat nienti dal mo che si o o t n s a l i e u i 0 Da M i 1 metro) etito, qappa lui il 2 eno, che gli segnali provlei interruttoro senza fili. p p a d e Ch cco: si p più i ossig rasformare averso deg ioso telefon d e a r s t u un ma! Si n di t ’altro attr i meravigl i c a p a u no c da uno all a specie d sti! cons o s i n o I neurtrasmetterli . è come un ripetuti giu e di ano sinapsi.. saggi vanno chiam e qui i mes Anch


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Regalare il sangue C’è una parte del nostro corpo che possiamo regalare perché ne abbiamo in abbondanza e perché non è pericoloso per la nostra salute. È il sangue. Il sangue è un liquido di un bel rosso intenso, che scorre ovunque dentro di noi e che porta nutrimento in ogni parte del corpo. È indispensabile alla nostra vita e per questa ragione se ne produce in continuazione, tanto da poterne ogni tanto dare un po’ a chi ne ha più bisogno. Non è un gesto qualsiasi. Non è come condividere un panino o un gioco. È un dono molto più grande, perché niente è più nostro del corpo. Così decidere di regalare del sangue è difficile, forse fa anche un po’ paura. Molte persone adulte non riescono a farlo. Ma il coraggio e la voglia di condividere di alcuni è sufficiente per salvare molte vite. Ci sono situazioni di pericolo, come gli incidenti ad esempio, in cui l’unica cura possibile per permettere al corpo di funzionare nuovamente è il sangue di qualcun’altro. Nel mondo ci sono tante persone che hanno salvato delle vite, che sono degli eroi senza quasi saperlo e, soprattutto, senza dirlo troppo in giro. Chissà, forse un giorno anche tu sarai uno di loro. Per donare il sangue bisogna pesare almeno 50 chili, godere di buona salute, avere almeno 18 anni. Hai molto tempo davanti per pensarci!

da una conversazione con Chiara Scolari di Abizero testo di Elisa Massoni e Giada Maramaldi illustrazione di Elsa Jenna



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