Speleologia n. 58 - giugno 2008

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N Museum Metallicum

La collezione di Ulisse L’ Grazie alla sensibilità degli speleologi, il “Museum Metallicum” di Ulisse Aldrovandi fa parte del patrimonio della Biblioteca “F. Anelli” Paolo Forti

Sopra: sezione longitudinale di una stalagmite A fianco: eccentriche di aragonite (flos ferri)

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entusiasmo e la generosità di molti speleologi italiani ha fatto sì che, anche in un periodo non florido, sia stato possibile dotare il Centro di Documentazione Speleologica di una copia del “Museum Metallicum” di Ulisse Aldrovandi. Era un’occasione irripetibile: dato che il volume mancava di 4 fogli (comunque non di interesse speleologico carsico e sostituiti da fotocopie) il prezzo era davvero basso (tremila euro), ma fuori della portata dei fondi ordinari della biblioteca. Per questo si è pensato di fare un appello agli iscritti alla lista Speleo.it ed il ritorno è stato eccezionale: moltissimi hanno dato il loro contributo, soci e non della SSI. In un paio di settimane si è raccolto quasi il costo completo del volume, che quindi è stato immediatamente acquistato. Ma perché il “Museum Metallicum” è così importante?

Cercherò di spiegarlo soffermandomi essenzialmente sugli interessi speleologici che, comunque, rappresentano una minima parte di questa monumentale opera. L’opera - tre volumi per 992 pagine in “in folio” con centinaia di illustrazioni - è stata pubblicata postuma nel 1648 da Bartolomeo Ambrosino, curatore del Museo e dell’Orto Botanico di Bologna ed è dedicata alla descrizione puntuale della grande collezione di rocce e fossili (oltre 17.000) raccolte da Aldrovandi tra il 1549 e il 1605, anno della sua morte (Vai & Cavazza, 2003). La collezione, lasciata per testamento a Bologna, nel tempo fu accorpata e smembrata, tanto che oggi non se ne ha più traccia. Solo pochi anni fa (Forti & Marabini 2004), da una rapida ricognizione sul “Museum Metallicum” conservato nel Museo Capellini, si scoprì che nella collezione Aldrovandi vi erano anche frammenti di speleotemi, in particolare stalattiti, da lui chiamate “stelechiti” per la somiglianza con tronchi d’albero. Ora, disponendo senza limiti di tempo di una copia dell’opera, ho potuto verificare quante concrezioni facessero parte della collezione Aldrovandi. Il lavoro non è stato facile dato che, seguendo i dettami del tempo, i campioni sono stati descritti non sistematicamente, ma seguendo il concetto di similitudine morfologica: per esempio le stalattiti, per i loro cerchi concentrici, sono assieme a coralli e alberi fossili. La ricerca, per ora effettuata solo confrontando le figure con la descrizione, ha comunque dato un buon risultato: sono state scoperte varie altre immagini di speleotemi. Prima tra tutte quella di eccentriche di aragoni-


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