Speleologia n. 67 - dicembre 2012

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Recensioni L’acqua che berremo Viviamo in un pianeta per la maggior parte ricoperto d’acqua, il nostro corpo è in buona percentuale costituito d’acqua e la vita stessa dipende dalla disponibilità di acqua. Ma un giorno, neanche troppo lontano, proprio questa indispensabile risorsa potrebbe venire a mancare. Negli ultimi quarant’anni la richiesta di acqua dolce, pulita e potabile si è più che triplicata, in concomitanza con l’accrescimento della popolazione mondiale, ed è prevedibile che aumenterà ancora. Gli acquiferi carsici, i “serbatoi naturali” di cui è dotata la Terra, rappresenteranno sempre più la riserva cui attingeremo per fare fronte alle sempre maggiori necessità. Ma sarà possibile soddisfare il nuovo fabbisogno e trovare un equilibrio soltanto se, a partire dal presente, sapremo proteggere gli ambienti carsici ed il loro prezioso contenuto. Infatti, si tratta di riserve

Immagini dal carso sloveno 1545-1914 L’attempato speleostorico Trevor Shaw (classe 1928, ha incontrato le grotte del Carso nel 1950) non finisce mai di stupire, regalando quasi ogni anno alla speleologia un nuovo libro. L’ultima sua fatica, condivisa con la collaboratrice Alenka Čuk, ci mostra il Carso della Slovenia non come ci si presenta ora, sia direttamente, sia attraverso le immagini che ci pervengono attraverso i media, ma come era proposto ai nostri avi dai media di allora. Si tratta di 258 fra quadri, incisioni, foto, illustrazioni di libri, cartoline, ritratti e riproduzioni di documenti, che vanno dal 1545 al 1914. Le immagini di grotta sono raggruppate in undici siti ben definiti, che partono dalla Grotta di Postumia - Postojnska jama, per finire a Kocevje e al Dobro Polje, passando attraverso le Grotte di San Canziano Škocjanske jame e la Grotta di Corniale - Vilenica jama; a queste si aggiungono un capitolo dedicato a grotte varie ed uno al Carso superficiale. Chiudono il volume, scritto in inglese, venticinque pagine di note biografiche, un ampio riassunto in sloveno, un corredo di 433 note esplicative e bibliografiche nonché vari indici. Come gli Autori precisano nell’introduzione, il libro non riporta tutte le immagini – acquarelli, oli, foto ecc. – conosciute, ma, per ogni grotta o gruppo di grotte, soltanto quelle storicamente più significative, cioè quelle più adatte a far conoscere lo sviluppo e l’evolversi nel tempo del modo di “vedere” la grotta. Per raggiungere tale scopo gli Autori hanno dovuto attingere ad archivi privati, musei,

enormi, ma non infinite, che devono essere gestite con oculatezza; utilizzo, non sfruttamento. “L’acqua che berremo”, edito con i contributi della SSI e della Federazione Speleologica Veneta, è la quarta edizione di quello che, originariamente, era poco più di un opuscolo e che, nel tempo, è stato sempre più ampliato ed arricchito di nuovi spunti. Il libretto, pur scientificamente rigoroso, ha un tono decisamente divulgativo, proprio per poter essere apprezzato anche da un pubblico non specializzato, e affronta con parole semplici ed esempi mirati una tematica che non si dovrebbe mai smettere di divulgare. Luana Aimar L’acqua che berremo. Speleologi e Istituzioni difendono la risorsa più preziosa / revisione a cura di Paolo Gasparetto, Francesco Sauro, Andrea Ceradini, Marco Baroncini, Giovanni Ferrarese. Federazione Speleologica Veneta, Grafiche Tintoretto, Treviso, 2011, p. 120.

collezionisti, istituti di ricerca vari: grazie al loro lavoro ora è possibile ammirare quadri che si trovano nei più prestigiosi musei di Vienna, Londra, Ljubljana, Berlino, Trieste, Parigi, per citarne solo alcuni. Ma se la maggior parte del libro è rivolta agli estimatori del bello (in questo caso speleologico) forse la sezione più importante è costituita dal Biographical Lexicon (pagg. 179-202), 90 schede biografiche, ordinate alfabeticamente, di speleologi e di artisti che hanno avuto a che fare con il mondo delle grotte: una carrellata di storie di vita iniziata da Wolfgang Lazius (1514-1565) e chiusa da Josip Kunaver (1882-1967). Esistono molti “Lexicon”, rrivolti alle categorie più disparate (stati, attività lavorative, atenei, associazioni, a gilde), ma ne manca uno dedicato alla g speleologia: l’ha fatto qualche nazione (la s Slovenia, nell 1988), qualche società speleologica, ma Sl 1 non c’è uno che comprenda tutti. Il lavoro di Trevor Shaw e di Alenka Čuk può essHre considerato un ulteriore passo in questa direzione, dopo quello pubblicato sugli atti di ALCADI ’92, dedicato, allora, alle persone che avevano operato sottoterra nell’Europa centro orientale. Ritengo che, per poter capire il presente e pianificare il futuro, sia necessario conoscere il passato costruito, appunto, dagli speleo che ci hanno preceduto. Pino Guidi Slovene caves & karst pictured 1545-1914 / Trevor Shaw, Alenka Čuk. Zalozba ZRC, ZRC SAZU, Ljubljana, 2012, p. 230, ISBN 978-961-254-369-3.

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