Prima Facoltà di Architettura “Ludovico Quaroni” Corso di Laurea in Urbanistica e Sistemi Informativi Territoriali
Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate dalle origini al progetto
Giuditta Liberio 1
Prima Facoltà di Architettura “Ludovico Quaroni” Corso di Laurea in Urbanistica e Sistemi Informativi Territoriali A.A. 2006/2007
TESI DI LAUREA IN URBANISTICA
Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate dalle origini al progetto
Relatore: Prof. Pietro Garau Laureanda: Giuditta Liberio Matricola: 1015033
Dedico questa tesi alla mia famiglia, perchè ha condiviso con me le difficoltà e le gratificazioni di questi tre anni lontana da casa; a Franco, che mi è stato vicino nonostante la distanza; e ai miei amici dei quali sentirò la mancanza.
3
indice
Preme ssa / I ntrodu z
ione
1. 2. 3. 4. 5. 6.
striale
. 27 )
Qualifi cazion e Sosten
estetic a degli
. 35 )
ibilità
. 49 )
APEA
delle a
. 83 )
. 71 )
( Pag
impian
ree pro
ti indu s
duttive
in Em ilia Ro
Dal PT
( Pag
( Pag
( Pag
( Pag
( Pag
. 11 )
L’ ecolo gia ind u
triali
sul ter
magna
CP di
Moden
: meto
ritorio italian o
a alla
dologi e inno
vative
scelta dell’ar Conve ea rsione in APE Brucia A dell’ ta area p rodutt iva Note u rbanis tiche / Conclu sioni
1 2 3 4 5 6
1. Verso un’ecologia industriale (Pag. 12) 2. Strategie e modelli di riferimento (Pag. 15) 3. Forme di sviluppo eco-industriale (Pag. 17) 4. Il sistema simbiotico industriale (Pag. 19) 5. Il sistema simbiotico misto (Pag. 22) 6. Il sistema simbiotico virtuale (Pag. 23) 7. Una strategia innovativa (Pag. 25)
1. Un nuovo modo di progettare? (Pag. 28) 2. Il mimetismo (Pag. 29) 3. L’esibizione tecnologica (Pag. 30) 4. Postmodernismo ambientalista (Pag. 32)
1. Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate (Pag. 36) 2. Prime sperimentazioni APEA nella Regione Marche (Pag. 38) 3. Strategie nella provincia di Torino (Pag. 41) 4. Il 1° Macrolotto di Prato: criticità e risultati (Pag. 43) 5. Il Progetto Life-Siam (Pag. 47)
1. Contesto normativo di riferimento (Pag. 50) 2. Sperimentazione nella Provincia di Bologna (Pag. 53) 3. Le scelte del PTCP di Bologna (Pag. 59) 4. Ponte Rizzoli-Quaderna (Pag. 63) 5. Atto di indirizzo per la realizzazione di APEA (Pag. 65)
1. Prescrizioni del nuovo PTCP sulle aree produttive (Pag. 72) 2. MOAP NET: sistema di supporto (Pag. 75) 3. Distribuzione e dinamiche delle unità produttive locali (Pag. 78) 4. Individuazione di un’ area produttiva convertibile in APEA (Pag. 80)
1. Quadro pianificatorio provinciale e comunale (Pag. 84) 2. Inquadramento territoriale (Pag. 87) 3. Reti infrastrutturali (Pag. 90) 4. Aspetti idro-geomorfologici e naturalistico-ambientali (Pag. 92) 5. Fattori di rischio (Pag. 96) 6. Sistema produttivo insediato (Pag. 107) 7. Proposta di Linee di Indirizzo per una progettazione e gestione secondo criteri di eco-efficienza (Pag. 109) 8. Proposte di definizione di Accordi Territoriali (Pag. 123)
premessa I temi dello sviluppo sostenibile e della salvaguardia dell’ambiente sono da sempre meta dei miei interessi, anche se con il tempo e con gli studi condotti presso la facoltà di architettura Ludovico Quaroni, hanno assunto una forma più completa inquadrandola in una disciplina quale l’urbanistica. In sede di assegnazione della destinazione del tirocinio previsto come attività da svolgere presso aziende o enti pubblici al fine di mettere in pratica e sperimentare sul campo quanto appreso durante il triennio del corso di laurea, avevo espresso il mio interesse per un programma di azioni internazionali per lo sviluppo sostenibile nel XXI secolo, concordato nel 1992 al Summit della Terra tenutosi a Rio de Janeiro e chiamato Agenda 21. La traduzione a livello locale, regionale e sub regionale di questo programma di miglioramento ambientale costituisce l’Agenda 21 locale, ovvero un processo partecipato per costruire la conoscenza dell’ambiente, valutarne “le capacità di carico” e per definire le basi di un nuovo accordo o “patto sociale” tra tutti gli attori locali, finalizzato alla sostenibilità dello sviluppo di lungo periodo . Grazie all’interessamento del Prof. Pietro Garau, docente del corso di 6
Politiche Urbane al corso di laurea in Urbanistica e Sistemi Informativi Territoriali della Facoltà di architettura Ludovico Quaroni di Roma, ho svolto l’attività di tirocinio presso l’Area Programmazione e Pianificazione Territoriale della Provincia di Modena, diretto da Eriuccio Nora, Presidente del Coordinamento Nazionale Agende 21 Locali italiane. La Provincia di Modena sta apportando una variante generale al proprio PTCP, e il periodo del mio tirocinio, è coinciso con l’inizio delle Conferenze di Pianificazione. In base dunque alle loro esigenze organizzative si è preferito che seguissi questa strada piuttosto che il programma di Agenda 21 locale. Durante il mio periodo di documentazione, mi sono appassionata al tema particolarmente innovativo delle APEA (aree produttive ecologicamente attrezzate) la cui individuazione è prevista da leggi nazionali e regionali. Quindi ho deciso che sarebbe stato questo il tema della mia tesi di laurea. Devo ringraziare, per l’aiuto e la pazienza avuta, l’architetto Bruna Paterni dell’Area Programmazione e Pianificazione Territoriale della Provincia di Modena, la quale mi ha fornito idee e consigli per il mio lavoro, Eriuccio Nora, Nicoletta Franchini, Enrico Notari e tutte le persone che ho avuto il privilegio di incontrare.
INTRODuzione Lo sviluppo sostenibile, definito nelle carte e documenti internazionali da Rio de Janeiro in poi, è quello sviluppo che si propone di soddisfare le esigenze del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future. Un concetto, quello di sostenibilità, che integra oggi gli aspetti ambientali con quelli economici, sociali e istituzionali e che implica un approccio ed un metodo interdisciplinare; un compito e un obiettivo che coinvolge tutti: istituzioni, imprese, associazioni, cittadini e consumatori. Una nuova generazione di politiche di tipo preventiva che richiede inoltre nuovi strumenti conoscitivi, informativi, partecipativi, economici. E’ proprio partendo da questi presupposti che in vari campi si sperimentano forme nuove di risparmio e recupero energetico, ed è in tale prospettiva che si colloca la ricerca alla base di questo testo, analizzando un sistema produttivo che operi nel rispetto della natura, tutelandone i processi e utilizzando fonti rinnovabili. Il sistema produttivo si trova di fronte ad una doppia necessità: da un lato deve dare nel più breve tempo possibile una risposta ai problemi energetici ed ambientali, dall’altro deve essere maggiormente competitivo, attraverso l’innovazione tec-
nologica e di ciclo produttivo, una più efficiente organizzazione territoriale ed una migliore accessibilità e infine riducendo il costo di alcuni fattori di produzione. Il nodo più complicato da sciogliere è quello della tempistica perché se le misure ambientali devono essere applicate nel breve periodo, un’ organizzazione razionale e funzionale del territorio comporta tempi più lunghi. La necessità di ricostruire il giusto rapporto tra territorio e produzione è oggetto di politiche distinte ed in alcuni casi non integrate tra loro. Un esempio è l’introduzione di misure di valutazione ed analisi sempre più complesse e dettagliate che a volte costituiscono dei vincoli per la produzione di piani in un tempo accettabile. L’esperienza delle APEA, aree produttive ecologicamente attrezzate, cerca di dare una risposta a questi problemi suggerendo approcci diversi e innovativi alla pianificazione del territorio, che si appresta ad assumere un ruolo fondamentale nei processi economici e proprio per questo non può fondarsi su strumenti complessi e difficilmente gestibili. Il tema della qualificazione ambientale degli insediamenti produttivi risale agli inizi degli anni ’90 e vede protagonisti delle prime sperimentazioni volontarie volte alla realizzazione di parchi produttivi 7
attenti a minimizzare gli impatti sull’ambiente, gli Stati Uniti, ma anche Asia ed Europa. In questi anni nascono le prime sperimentazioni di Eco-industrial Parks, ovvero comunità di imprese che attraverso forme di collaborazione, trattano questioni ambientali e di impiego delle risorse al fine di ottenere migliori performance ambientali, economiche e sociali. Partendo dallo studio dell’ ecologia industriale, scienza sistemica alla base dei sistemi di produzione a “scarto zero” e dall’applicazione del concetto di simbiosi industriale, in base al quale si individuano le suddette comunità di imprese erogatrici di beni e servizi, si delinea in Italia la volontà di prendere una posizione in questo processo a cominciare dal Decreto Bassanini D.L.gs. n. 112/98, recepito dalle Regioni che hanno sperimentato secondo una prima interpretazione della legge, la formulazione di Linee Guida. Pioniere le esperienze dalla Regione Marche, della Provincia di Bologna e della Provincia di Torino che hanno prodotto ,dopo attente analisi condotte sulle esperienze di “casi pilota” riguardanti la realizzazione di nuove aree produttive e la riqualificazione di quelle già esistenti, delle Linee Guida hanno carattere sperimentale così che possano essere coerentemente va8
lutate ed eventualmente integrate e modificate, fornendo un iniziale punto di riferimento per una loro futura implementazione e per una loro progressiva diffusione. Nel caso dell’ Emilia Romagna la Legge Regionale n. 20/00 prevede l’emanazione di uno specifico atto di coordinamento tecnico per definire le caratteristiche delle aree industriali ecologicamente attrezzate. Tale atto di indirizzo emanato con la direttiva 25 gennaio 2007 costituisce un punto di riferimento per definire le modalità per la realizzazione e gestione delle aree ecologicamente attrezzate in sede di aggiornamento del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Modena. Essa infatti, in questa delicata fase di adozione del Documento Preliminare della variante generale del PTCP, in seguito dell’adesione all’Accordo territoriale deve necessariamente entro Settembre 2007 presentare alla Regione Emilia Romagna uno studio comprendente un’analisi economica delle dinamiche imprenditoriali in atto sul territorio provinciale, ed una ricognizione delle aree di insediamento produttivo industriale ed artigianale in riqualificazione o di nuovo insediamento, distinte in comunali o sovracomunali. In questa attività di ricognizione la Provincia ha proposto ai Comuni di servirsi dei dati contenuti nel
MOAP – Modena osservatorio aree produttive – ovvero un sistema informativo che censisce gli ambiti produttivi pianificati dandone informazioni sintetiche in termine di dimensione, localizzazione, servizi presenti, ente erogatore di servizi di pubblica utilità. Da questo punto in poi comincia la selezione degli ambiti potenzialmente convertibili in APEA e si assiste ad un lavoro di analisi (check list), di individuazione di un soggetto responsabile, e di definizione degli atti principali necessari per la realizzazione dell’area. Così comincia il mio studio dell’area produttiva Bruciata. Giuditta Liberio
9
10
1
l’ecologia industriale Verso un’ecologia industriale Strategie e modelli di riferimento Forme di sviluppo eco-industriale Il sistema simbiotico industriale Il sistema simbiotico misto Il sistema simbiotico virtuale Una strategia innovativa
11
1.1 1.
2 - Verso un’ecologia industriale
L’attuale sistema produttivo industriale parte da un’acquisizione di risorse dall’ambiente terminando con il rilascio di emissioni di vario genere: chimiche e fisiche, sostanze tossiche, rumori. Sia le estrazioni che le emissioni costituiscono forme di impatto ambientale che a scala industriale globale conducono a gravi emergenze di disequilibrio ecosistemico. Per impatto ambientale si intende l’alterazione dell’ambiente, o delle sue caratteristiche di fruibilità, causata dall’interazione con fattori legati alle attività antropiche. Tali alterazioni possono coinvolgere tutte le componenti ambientali (aria, acqua, suolo, ambiente fisico) o un sottoinsieme di esse e possono generare un consumo di risorse e una produzione di rifiuti. Esistono due modalità di prevenzione delle alterazioni: interventi di tipo primario, cioè tutte le misure che riducono o eliminano il fattore d’impatto alla fonte, e interventi di tipo secondario, ossia gli interventi sugli inquinanti, che ne riducono la quantità o li trasformano in sostanze a minor rischio ambientale. Per quanto riguarda la prevenzione primaria ci sono una serie di modalità di azione : • uso di tecnologie innovative che prevedono sostituzione dei trattamenti superficiali con ad esempio il metodo PVD 1 ; • riduzione, in rapporto al prodotto finito, del consumo di materia prima;
1. Nota: La Physical Vapor Deposition, spesso abbreviata in PVD, è un metodo comune per la deposizione di film sottili, è per esempio la tecnica utilizzata per la fabbricazione degli specchi, depositando un sottile strato d’argento su una lastra di vetro. Questa tecnica permette di ottenere in modo semplice film ad alta purezza e con buona struttura. Gli stadi fondamentali del processo sono i seguenti: • sublimazione di un solido od evaporazione di un liquido per formare una specie aeriforme • trasporto degli atomi o molecole dalla sorgente al substrato da ricoprire • deposizione delle particelle sul substrato e crescita del film
12
• recupero di risorse naturali già utilizzate per altri scopi nel ciclo produttivo; • trasformazione della risorsa in un’altra fonte utilizzabile nel ciclo; • adozione di tecnologie che consentano di non produrre o di ridurre la produzione di rifiuti; • interventi sugli scarti prodotti per recuperare le materie prime presenti. Gli interventi di prevenzione secondaria invece determinano una riduzione degli inquinanti, con un loro incapsulamento in altre matrici, o una diminuzione della loro concentrazione se diluiti in un solvente liquido. Il limite di quest’ultima, oltre al dispendio energetico necessario per i trattamenti, è quello di trasferire l’inquinamento da una matrice ad un’altra, con la modificazione e la produzione di altre tipologie di inquinanti. E’ chiaro dunque che la prevenzione primaria è più efficace e costituisce l’indirizzo strategico di una scienza sistemica che si basa sui fenomeni di riciclaggio delle materie presenti nell’ecosistema industriale: l’ecologia Industriale. Sul finire degli anni ottanta con la pubblicazione del rapporto Brundtland che definì il concetto di sviluppo sostenibile, uno sviluppo «che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri», si ha il primo passo concreto verso un nuovo approccio all’ambiente da parte della società industriale. Il punto di partenza per la riconversione del sistema di produzione e di consumo è l’analisi del metabolismo industriale e l’individuazione delle azioni più consone per il riuso e il riciclo, secondo un modello strutturale che imita quello della natura dove lo scarto di un organismo diventa il sostentamento dell’ altro. Esso si occupa di descrivere il legame tra flussi di materia di origine antropica e l’impatto potenziale delle attività economiche sull’ambiente, sviluppando misure volte a garantire la sostenibilità della comunità locale. La nascita dell’ecologia industriale avviene nel 1989 con la pubblicazione di un articolo di R. Frosch e N. E. Gallopoulos sull’American Scientific. Nell’articolo si proponeva di considerare i sistemi industriali come se fossero dei veri e propri ecosistemi e di passare da un processo di produzione lineare secondo cui risorse e capitali sviluppano un sistema produttivo che genera rifiuti (fig.1) ad un sistema a circuito chiuso dove i rifiuti diventano input per nuovi processi (fig. 2). L’ecologia industriale propone, per la realizzazione di un sistema industriale sostenibile, la definizione e l’integrazione di tre differenti percorsi di innovazione: 13
• • •
Biocompatibilità Non interferenza Dematerializzazione
Un sistema di produzione e consumo biocompatibile si fonda sull’uso di risorse rinnovabili che vengono riemesse nell’ecosistema in forma di rifiuti completamente biodegradabili cioè di nuovo assorbibili dall’ambiente. La teoria della non interferenza mira a definire una catena di produzione e consumo ciclicamente chiusa definita “tecnociclo” che riusa tutti i materiali utilizzati in modo da non interferire con i cicli naturali. L’aspirazione che si ottiene ricorrendo al tecnociclo è quella di tendere al limite zero dello scarto. I due termini finora analizzati non possono essere perseguiti in modo simultaneo poiché i due termini implicano il verificarsi di diverse condizioni durante il ciclo produttivo. Infatti se biocompatibilità significa integrazione con l’ambiente , non interferenza equivale a separazione dei materiali utilizzati (che non sono necessariamente biocompatibili). Come risolvere il problema? L’attenzione in questo caso è focalizzata non sui processi produttivi ma sui prodotti finali operando una dematerializzazione della domanda sociale di benessere, ovvero sostituire determinate categorie di domanda del prodotto con il servizio. Un esempio potrebbe essere che anziché comprare il latte al supermercato per poi, una volta finito buttare via il contenitore, avere un servizio a domicilio che lo consegna in bottiglie di vetro riutilizzabili. Questo comporta la riduzione della quantità di materiale e dei flussi energetici necessari per la produzione ordinaria. Fig. 1
Risorse Illimitate
Discariche di Rifiuti Illimitate
Industria
Fig. 2 Industria Energia
Rifiuti Limitati
Industria
14
Industria
1.2 1.
2 - Strategie e modelli di riferimento
L’obiettivo dell’ecologia industriale è quello di modificare l’attività umana per ridurre lo “spreco”, e il concetto di scarto non è più il prodotto ultimo ed inutilizzabile ma viene riconsiderato come prodotto intermedio. Tutto questo per raggiungere il fine più alto dello sviluppo industriale sostenibile, cioè quello di realizzare un sistema di produzione a “scarti zero”. In pratica qualunque scarto deve diventare un input, quindi una materia prima per un nuovo ciclo produttivo. A testimonianza di come questo processo sia possibile si può prendere in considerazione il Padiglione Zeri (fig. 3), presentato all’EXPO di Hannover nel 2000 e che rappresenta in modo eccellente i tre temi chiave dell’esposizione: umanità, natura e tecnologia. La struttura di forma circolare, interamente costruita con materiali naturali come bambù e arboloco, è l’esempio del sistema “scarto zero” sia per la facilità costruttiva rispetto alle costruzioni in cemento e acciaio, e di quanto sia minimo il suo impatto con l’ambiente. Si potrebbe anche prendere in considerazione un altro esempio che riguarda il processo di produzione della birra sperimentato da Gunter Pauli presso la United Nations University di Tokyo; anche se tale processo non portava grossi danni a livello ecologico, è servito come base concettuale da applicare in quanto si basa sul concetto che se tutti gli output di un’attività industriale vengono riutilizzati come imput in altre, la quantità di sostanze nutritive, combustione e fertilizzante potrebbero moltiplicarsi per sette. Gli output riutilizzabili dal processo sono: la massa fibrosa altamente proteica dei residui di orzo, enorme quantità di acqua, lievito esaurito ed energia prodotta dalla fermentazione naturale che possono essere utilizzati nelle coltivazioni agricole. Le applicazioni dell’ecologia industriale sono fondate su strategie agenti o sul prodotto o sull’intero sistema industriale e sono: 15
• •
L ‘analisi del ciclo di vita LCA e il Design Ambientale La simbiosi industriale
L’analisi del ciclo di vita è uno strumento che permette di valutare l’impatto ambientale globale di un prodotto o di un processo dall’inizio alla fine. Esamina gli input al processo produttivo dell’estrazione e del trattamento della materia prima, passando per la costruzione, la distruzione, la vendita al minuto, il consumo e lo scarto del materiale o del prodotto. Il design ambientale considera tutte le potenziali implicazioni di prodotti o della progettazione e costruzione di edifici: l’energia e i materiali impiegati, la fabbricazione e l’imballaggio, il trasporto, il consumo, il riutilizzo o riciclo e lo smaltimento. I progettisti valutano tali impatti e spesso effettuano scambi per trovare una soluzione con minore impatto ambientale. La simbiosi industriale focalizza la sua attenzione sugli impianti fissi e sui processi di produzione, al fine di recuperare le risorse. Sul concetto di simbiosi industriale si definiscono soluzioni progettuali e tecnologiche che conducono alla costruzione di una comunità di imprese erogatrici di beni e servizi che migliorano le performance economiche e minimizzano gli impatti ambientali attraverso la collaborazione e la cooperazione nel riutilizzo degli scarti come prodotto intermedio, nella gestione dell’ambiente, delle risorse naturali e dell’energia. In realtà la minimizzazione degli scarti potrebbe essere attuata anche da una singola industria, anche se diventa senz’altro più praticabile se è attivata all’interno di un circuito di attività tra loro simbioticamente integrate. Il modello che più rappresenta questa integrazione simbiotica tra tutte le attività e tra queste e l’ambiente è il “parco eco-industriale”. Fig. 3
16
1.3 1.
3 - Forme di sviluppo Eco-Industriale
Esistono due forme di sviluppo Eco-Industriale : • •
Parchi eco-industriali (eco-industrial Parks) Reti eco-industriali
Gli eco-industrial parks, teorizzati da Lowe, Moran e Holmes, sono comunità di imprese manifatturiere e di servizio legate ad una gestione comune, che oltre a migliorare le proprie performance ambientali, economiche e sociali, collaborano tra loro nel trattare questioni ambientali e l’impiego di risorse (l’energia, acqua e materiali). Questo approccio integrato porta al raggiungimento di benefici collettivi molto importanti rispetto ai benefici individuali che le imprese otterrebbero singolarmente. Gli obiettivi strategici su cui si fondano gli EIP sono : - utilizzo efficiente delle risorse - riduzione degli impatti ambientali - gestione delle interazioni tra ambiente e comunità circostanti I principi dell’ecologia industriale costituiscono la base a cui gli EIP tendono: tuttavia la totale chiusura del ciclo non può essere raggiunta, sia perché non avrebbe senso conseguire tale risultato in quanto almeno le merci, i prodotti finiti devono uscire, sia perché per alcuni cicli si implicherebbero costi eccedenti i benefici economici. Non si deve neanche dimenticare una legge inevitabile della termodinamica: la materia/energia sottoposta ad un processo di trasformazione subisce un aumento di entropia. Quindi l’obiettivo della chiusura dei cicli è da intendersi come un’aspirazione dell’economia. 17
Questo modello infine, determina mutua dipendenza tra le parti del sistema, con i conseguenti vantaggi e problemi. Lo schema di comportamento collaborativo tra le varie componenti attuato attraverso lo scambio di materiali ed energia spinge ad una sorta di “responsabilità del prodotto”, in quanto un impresa dipende dall’altra; questo aspetto ha un risvolto positivo se il modello funziona perfettamente e tutti i tempi ed i parametri di efficienza sono rispettati, ma anche un risvolto negativo se si verificano degli intoppi e il problema di un‘impresa inevitabilmente ricade sull’altra. Inoltre appare implicito che per realizzare simili traguardi il sistema industriale debba possedere sistemi ad alta tecnologia, avere un atteggiamento preventivo nei confronti dell’inquinamento e operare un riciclaggio dei rifiuti. Per operare una codifica dei tipi di parchi eco-industriali e delle principali strategie ambientali da applicare per la realizzazione di uno di essi, si propone una classificazione basata su tre sistemi tipologici: - simbiotico industriale - simbiotico misto - simbiotico virtuale. Questa classificazione è tesa a valutare le attività produttive di un luogo e la relativa dotazione infrastrutturale, i vincoli presenti, risorse disponibili e limiti; è chiaro che trovandoci in una situazione di progettazione ex-novo, si potrebbero prevedere scenari di aggregazioni simbiotiche industriali senza vincoli di partenza. Le reti eco-industriali invece possono riguardare scambi di rifiuti a carattere regionale e prevedono lo sviluppo di un mercato di sottoprodotti.
18
1.4 1.
4 - Il sistema simbiotico industriale
Il sistema simbiotico industriale è caratterizzato dalla presenza di attività unicamente industriali, localizzate in un’ area fisicamente definita, legate da rapporti di scambio delle risorse-rifiuto, e da sistemi per di gestione integrata. Le principali strategie metaboliche di questi sistemi sono: -
recupero degli scarti e sottoprodotti industriali sistemi energetici in cascata sistemi idrici in cascata servizi integrati
Ognuno di questi legami offre sia vantaggi economici che riduzione della pressione sulle risorse ambientali. Sul concetto di simbiosi industriale nascono soluzioni progettuali e tecnologiche capaci di diventare dei punti di riferimento come il caso del parco ecoindustriale di Kalundborg, sorto negli anni ottanta in Danimarca (fig. 4). La centrale elettrica della SK Power, l’industria chimico farmaceutica Novo Nordisk, la raffineria Statoli, l’industria di pannelli in gesso Gyproc e il municipio della città sono gli anelli di una catena in cui le componenti che entrano in gioco sono responsabili della produzione e dell’utilizzo dei “rifiuti”; infatti aria, acqua, energia e sostanze chimiche si muovono da un’industria all’altra. La centrale elettrica dal 1990 ha avviato un processo di recupero dello zolfo dalle emissioni di gas, ottenendo 3000 tonnellate di zolfo puro, utilizzato dall’ industria Kemira per la produzione di acido solforico, e ricava 100000 tonnellate all’anno di solfato di calcio che viene utilizzato dall’industria di gesso per la produzione di pannelli per l’edilizia. Sempre la Gyproc, compra gas dalla raffineria in sostituzione del carbone e del petrolio risparmiando 19
30.000 tonnellate di carbone l’anno. La Novo Nordisk per la produzione di enzimi prevede la fermentazione di componenti che producono elevata biomassa utilizzata nelle fattorie come fertilizzante. Per la riduzione dei consumi idrici vengono convogliate alla centrale elettrica un milione e mezzo di tonnellate di acque trattate e di raffreddamento, che a sua volta converte in calore distribuito alla rete di riscaldamento residenziale di Kalundborg. (fig.5). Dopo i primi esperimenti avvenuti 15 anni fa, i risultati ottenuti a Kalundborg sono stati veramente sorprendenti: in quell’area industriale sono stati ottenuti cospicui abbattimenti delle emissioni in atmosfera e notevoli riduzioni nella produzione di rifiuti e nel consumo di risorse. L’esempio di Kalundborg è stato interpretato come una risposta intelligente ai mutamenti legislativi che stavano avvenendo in campo ambientale mettendo in difficoltà le produzioni inquinanti. Nessuno poteva immaginare che il processo di simbiosi industriale avviato da queste imprese danesi sarebbe stato la prima applicazione concreta sul territorio di un modello avanzato di ecologia industriale. Un altro caso di parco eco-industriale è quello di Londonderry, realizzato all’interno di un programma di riconversione sostenibile dell’intera città. Il progetto è fondato su: - implementazione di scambi simbiotici tra le imprese - definizione di un opportuno sistema di gestione ambientale - realizzazione di un parco che rispetti l’integrità e la diversità ecologica Si differenzia dal precedente perché è il risultato di una volontà ben precisa dalla municipalità locale, e la comunità spera di trarne il massimo beneficio anche dal punto di vista attrattivo. Fig. 4
20
Fig. 5
pannelli gesso
lievito
gas gesso
ceneri
costruzione di strade
impianti farmace. gas vapore rafďŹ neria centrale elettrica
solfato
consumi di calore
vapore
acido solforico
colture ittiche
riscaldamento
fermentazione amidi
biomassa
fertilizzanti
21
1.5 1.
5 - Il sistema simbiotico misto
Il secondo tipo di parco eco-industriale consiste in un sistema integrato di attività non solo industriali ma anche agricole, residenziali e servizio. La diversità delle funzioni presenti consente di avere maggiori scambi e usi delle risorse. Inoltre è diminuita sensibilmente la mobilità dei lavoratori che abitando all’interno del parco possano rinunciare all’uso delle automobili. Un parco che costituisce un esempio interessante è il progetto di Fujisawa factory (fig.6), che prevede una combinazione di unità industriali, agricole, commerciali, residenziali e ricreative fondate sull’uso condiviso e sul recupero delle risorse. E’ previsto il ricorso a tecnologie che mirano al risparmio energetico, al recupero di energia solare e al trattamento delle acque di scarico. Inoltre è prevista la riconversione degli scarti industriali ed urbani in sostanze come l’ammoniaca, il metano e l’idrogeno utilizzando la combustione di ceneri.
Fig. 6
22
1.6 1.
6 - Il sistema simbiotico virtuale
La terza tipologia di parco eco-industriale è il sistema simbiotico virtuale, ovvero un network di scambi di risorse-scarto tra attività distribuite sul territorio non esclusivamente industriali. In questa tipologia rientra un caso italiano, il progetto chiamato “Closed”. Il progetto prevede la realizzazione di un sistema integrato per la gestione dei rifiuti, delle acque e dei trasporti in tre distretti industriali: quello tessile di Prato, quello cartario di Lucca e quello ortovivaistico di Pistoia . L’ obiettivo dell’iniziativa è la creazione di un parco eco-industriale virtuale attraverso un sistema di gestione ambientale territoriale con l’intento di minimizzare gli impatti ambientali e massimizzare la produttività delle risorse utilizzate dalle aziende. Esempi di azioni sono l’aumento del materiale riciclabile, aumento dei flussi di scambio di scarti, aumento dell’efficienza energetica dei beni e servizi e realizzare sistemi di gestione ambientale d’area. Più in dettaglio avviene: - un riuso dei rifiuti di plastica per la produzione di vasi e sottovasi nell’industria di Pistoia; - un riutilizzo delle pelurie del settore tessile, delle fibre e dei fanghi del settore cartario come ammendante per il terreno del settore ortovivaistico; - recupero dei fanghi per la realizzazione di materiali inerti da utilizzare nel settore dell’edilizia - recupero delle acque reflue per la ricostruzione di zone umide. Il Progetto CLOSED ha consentito di individuare le specifiche criticità ambientali delle aree e dei settori produttivi coinvolti nell’iniziativa, e di valorizzare i vantaggi offerti dalla concentrazione sullo stesso territorio/distretto delle aziende componenti la cosiddetta Filiera. Infatti, la concentrazione 23
territoriale di imprese e realtà produttive con cicli tecnologici omogenei è stata una delle condizioni più favorevoli alla condivisione di problematiche ambientali che hanno richiesto di essere affrontate con una visione di ampio raggio e di soluzioni d’insieme. Tale progetto conclusosi nell’ aprile 2002 è partito dalla valutazione di quattro elementi: 1. l’importanza del sistema delle piccole e medie imprese (PMI) nel quadro dello sviluppo imprenditoriale italiano ed europeo, sia sul piano dell’innovazione tecnologica, di prodotto e di processo, che sul versante dello sviluppo competitivo; 2. la difficoltà del sistema delle PMI ad introdurre rilevanti ed efficaci miglioramenti sul versante della gestione dell’ambiente e della progettazione ambientale di prodotto; 3. la necessità di utilizzare al meglio, il “capitale fiduciario” dei distretti produttivi italiani; 4. la necessità di adottare metodi tratti dalle migliori pratiche nel campo dell‘ecologia industriale e dei parchi eco-industriali, che ponessero in modo corretto il problema del design ambientale e della progettazione sostenibile. I primi tre aspetti hanno trovato, all’interno del progetto, ampia conferma, il quarto è stato invece elemento di discussione e verifica nel corso del lavoro. Il progetto CLOSED ha permesso di evidenziare un notevole miglioramento della conoscenza dei flussi materiali delle economie, inserendo il concetto di metabolismo e di ecosistema industriale fin dal momento della progettazione dei prodotti, dei processi, delle tecnologie, dei siti e delle logistiche.
24
1.7 1.
7 - Una strategia innovativa
Per risolvere la controversa situazione ambientale di un’area industriale, è sorta l’elaborazione di un modello teorico ideale da assumere come strumento strategico per la progettazione di un’area industriale in maniera sostenibile. Tale progettazione deve considerare sia la qualità architettonico-ambientale, sia l’integrazione con il sistema locale, che una eco-compatibilità architettonica e costruttiva. Proprio questi aspetti sono stati spesso trascurati, causando carenze e perplessità. La strategia innovativa di cui si parla è fondata sull’applicazione sinergica di più strategie provenienti da diverse discipline (come quella edilizia, logistica e di partecipazione) che insieme definiscono ogni singola componente di un sistema olistico2 (fig.7). Secondo l’Oxford English Dictionary, Smuts ha definito l’olismo come “la tendenza, in natura, a formare interi che sono più grandi della somma delle parti attraverso l’evoluzione creativa”. L’olismo, o non-riduzionismo, è a volte descritto come l’opposto del riduzionismo. Suggerendo un sistema come tipologia ideale di parco eco-industriale si potrebbe pensare a quello misto integrato tra le sue componenti con l’ecosistema complesso in ci si inserisce. I benefici derivanti dalla realizzazione di un progetto industriale eco-compatibile possono essere riassunti nei seguenti 7 punti: • • •
Incremento della competitività delle imprese Salvaguardia dell’ambiente e delle attività produttive Riduzione dei costi di gestione
2. Nota: La posizione filosofica dell’Olismo (dal graco “holon”, cioè tutto) è basata sull’idea che le proprietà di un sistema non possano essere spiegate esclusivamente tramite le sue componenti. La parola, insieme all’aggettivo olistico, è stata coniata negli anni venti da Jam Smuts
25
• • • •
Miglioramento della qualità della vita e quindi rendimenti produttivi Miglioramento della qualità ambientale Incremento dell’occupazione Promozione dello sviluppo economico locale
Fig. 7 CARATTERISTICHE DI UN P.E.I. INTEGRATO
Sistema complesso composto da attività produttive, residenziali e terziarie compatibilmente integrato con l’ecosistema locale
Edifici Eco-Compatibili
SINERGIE CHIAVE
RECUPERO, RIUSO, RICICLO RISORSE-SCARTO SISTEMA IN CASCATA EFFICIENZA ENERGETICA
Processi Costruttivi Eco-Compatibili
MASSIMIZZAZIONE D’USO DELLE RISORSE RINNOVABILI POLLUTION PREVENTION
Processi Produttivi Eco-Compatibili
PRODUZIONI PIÙ PULITE DESIGN FOR ENVIRONMENT
Progettazione e gestione ambientale compatibile
Progettazione e gestione ambientale compatibile
26
PROGETTAZIONE ECO-ORIENTATA DELL’INTERA AREA E DEI SUB-SISTEMI EDILIZIO ED INFRASTRUTTURALE FORMAZIONE ED INFORMAZIONE INFORMATIZZAZIONE DEL SISTEMA
2
qualificazione estetica degli impianti industriali Un nuovo modo di progettare? Il mimetismo L’esibizione tecnologica Postmodernismo ambientalista
27
2.1 2.
1 - Un nuovo modo di progettare?
Come è possibile rendere ecologicamente sostenibile qualcosa che per antitesi è sempre stato associato a degrado ed inquinamento? Nell’immaginario collettivo siamo abituati al concetto che l’industria deve necessariamente collocarsi in periferia, lontano dai centri abitati perché così siamo sicuri che l’enorme “mostro” possa fare meno male. Anche dal punto di vista percettivo le aree industriali rispecchiano un senso di disumanità e di sgradevolezza. Ma se l’industria fosse eco-compatibile, esteticamente gradevole e non invadente potrebbe essere integrata al contesto urbano e potrebbe essere un opera progettata e realizzata con cura ed elevatezza architettonica. L’architetto potrebbe sperimentare le forme innovative della bio-edilizia per progettare prestando attenzione alla climatizzazione naturale, al risparmio energetico, al rispetto del suolo e dell’aria. In questi ultimi anni molti architetti come Piano, Foster, Isozaki, Soleri ecc. partecipano al tema con sperimentazioni di architettura Bioecologica3 e grazie anche al loro contributo sono sorte tendenze progettuali che possono essere ricondotte a tre tipi di approccio: il mimetismo, l’esibizione tecnologica e il post-modernismo ambientalista.
3. Nota: L’architettura bioecologica o bioedilizia costituisce una risposta allo stato di degradazione progressiva dell’ambiente antropizzato (aree urbane e rurali). Essa prevede l’applicazione di tecniche edilizie in linea con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, privilegia l’uso di materiali rinnovabili e la ricerca delle soluzioni ecologiche nell’edilizia abitativa e produttiva. I materiali vengono scelti sulla base di bilanci ecologici, valutandone non solo il costo monetario, ma anche quello derivante dall’impatto ambientale, sia in relazione ai costi ambientali legati alla produzione, al trasporto, alla messa in opera, sia in riferimento ai possibili effetti dannosi per l’uomo derivanti dalla presenza di componenti tossici dei materiali.
28
2.2 2.
2 - Il mimetismo
Il mimetismo del sistema industriale è spesso adottato erroneamente in forma di occultamento, pensando che la maniera per risolvere il binomio industria natura sia il ricorso a recinzioni verdi e a ingenui tentativi di abbellimento naturalistico. L’utilizzo del verde non si basa solo su criteri puramente estetici, ma soprattutto su criteri funzionali, in quanto contribuisce al controllo microclimatico degli ambienti.
29
2.3 2.
3 - L’esibizione tecnologica
Molto spesso nella costruzione degli impianti viene volutamente evidenziata tutta la rete impiantistica sia per facilitarne la sorveglianza che l’accessibilità. L’unico limite allo svelamento degli impianti deriva dall’isolamento termico, acustico, protettivo, antincendio, problemi che sono stati risolti da operazioni di “cosmesi”. Questa strategia di progetto che esalta la componente impiantistica si traduce in una nuova tendenza che ci fa apprezzare casi dirompenti ed esemplari come il Centre Pompidou (fig.8). Questo esperessionismo tecnologico può diventare in un certo senso una nuova modalità del costruire. Interessante è l’esempio fornito dall’architetto Shin Takamatsu che reinterpreta elementi compositivi attuali e del passato dal forte impatto visivo (fig.9).
30
Fig. 8
Fig. 9
31
2.4 2.
4 - Postmodernismo ambientalista
Questo approccio è invece fondato sulla non invasività e sull’integrazione delle componenti artificiali nei processi naturali. Gli impianti nella loro logica e funzione possono essere espressi con intelligenza attraverso immagini coerenti ed efficaci che forniscano una nuova interpretazione della tecnologia, in modo da indurci a guardare le aree produttive con un occhio affascinato. Il pensiero ecosistemico infatti ha modificato il concetto di modernità introducendovi un’idea antica: quella del “concinnitas” che vuol dire adeguatezza, convenienza; in base a tale principio è lecito avere richiami. Sono un esempio di questo tipo di architettura lo stabilimento della Benetton a Castrette (fig.10) in cui gli architetti Afra e Tobia Scarpa fanno riferimento alla memoria storica del passato utilizzando i contrafforti delle cattedrali gotiche; oppure il progetto del technocentre Renault di Guyancourt (fig.11), dell’architetto Jean Francois Schimit, che dimostra come alcune tipologie costruttive della rivoluzione industriale siano ancora riproponibili come opera di architettura contemporanea.
32
Fig. 10
Fig. 11
33
34
3
sostenibilità delle aree produttive sul territorio italiano Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate Prime sperimentazioni APEA nella Regione Marche Strategie nella provincia di Torino Il 1° Macrolotto di Prato: criticità e risultati Il Progetto Life-Siam
35
3.1 3.
1 - Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate
Se a livello internazionale la questione della sostenibilità applicata agli insediamenti produttivi sta riscontrando un notevole interesse e successo attraverso la realizzazione volontaria di parchi produttivi ispirati ai principi dell’ecologia industriale, in Italia solo recentemente tali temi hanno destato un adeguata attenzione. La gestione ambientale delle aree industriali era fino a qualche anno fa un argomento nuovo, basato su esperienze condotte principalmente all’estero, del quale era ancora difficile immaginare un’applicazione alla realtà italiana, mancando allora uno scenario normativo, ma soprattutto culturale, adeguato all’applicazione di questi nuovi modi di concepire gli insediamenti produttivi. Sulla base di quelle prime idee la situazione nel nostro Paese si è rapidamente evoluta, segno di un’evidente attenzione ed interesse politico ed amministrativo al tema della gestione, non solo ambientale, delle aree industriali. Queste, infatti, sono importanti strumenti di qualificazione economica e sociale di un territorio ma, allo stesso tempo, potenziale fonte di pressioni sull’ambiente e sulle comunità circostanti. A testimonianza della rapidità con cui il tema delle aree produttive come “luoghi ambientali” si stia diffondendo, è stato prodotto a livello nazionale il Decreto Bassanini 4 D.L.gs. n. 112/98 che prevede esplicitamente all’art. 26 che “le Regioni disciplinino, con proprie leggi, le aree industriali e le aree ecologicamente attrezzate, dotate delle infrastrutture e dei sistemi necessari a garantire la tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente”. Le APEA, aree produttive ecologicamente attrezzate, si caratterizzano per la loro particolare qualità ambientale, superiore agli standard, ottenuta nel 36
rispetto dei principi di prevenzione e controllo integrati dell’inquinamento, nonché dei principi di gestione sostenibile e miglioramento progressivo delle prestazioni ambientali. La qualifica di APEA costituisce uno strumento di valorizzazione economico-ambientale del territorio, ma è al tempo stesso un ‘operazione strategica per la crescita di competitività del sistema produttivo. Anche se approcci al tema delle aree produttive ecologicamente attrezzate adottati dalle varie Regioni, sono piuttosto diversi, tuttavia è possibile evidenziare alcuni fattori comuni: • la progettazione coerente con il territorio, • la presenza di un referente dell’area industriale (il Soggetto Gestore) che attua un Programma Ambientale condiviso con gli Enti locali, • la partecipazione delle imprese alla gestione del loro ambito produttivo. L’innovazione della gestione ambientale non deriva quindi esclusivamente dagli aspetti progettuali ed infrastrutturali. La gestione ambientale condivisa, il dialogo con gli Enti Locali e la partecipazione delle imprese al processo sono elementi per l’avvio di una governance territoriale innovativa, che indirizzi e sostenga una politica ambientale di sostenibilità degli insediamenti produttivi. L’area produttiva, ed in particolare quell’ Ecologicamente Attrezzata, è quindi descrivibile quale luogo di dialogo ambientale in cui sono condivise esperienze, risorse ed obiettivi di tutti gli attori coinvolti nel processo della sua formazione, sviluppo ed attività. Un luogo dove si sperimentano ed attuano azioni in forma partenariale, indirizzate non solo al rispetto delle normative ma più in generale al soddisfacimento delle esigenze ed aspettative ambientali delle imprese insediate e delle comunità locali.
4. Nota: è riportato in seguito l’estratto del decreto: ….Art. 26. Aree industriali e aree ecologicamente attrezzate 1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano, con proprie leggi, le aree industriali e le aree ecologicamente attrezzate, dotate delle infrastrutture e dei sistemi necessari a garantire la tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente. Le medesime leggi disciplinano altresi’ le forme di gestione unitaria delle infrastrutture e dei servizi delle aree ecologicamente attrezzate da parte di soggetti pubblici o privati, anche costituiti ai sensi di quanto previsto dall’articolo 12 della legge 23 dicembre 1992, n. 498, e dall’articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, nonche’ le modalita’ di acquisizione dei terreni compresi nelle aree industriali, ove necessario anche mediante espropriazione. Gli impianti produttivi localizzati nelle aree ecologicamente attrezzate sono esonerati dall’acquisizione delle autorizzazioni concernenti la utilizzazione dei servizi ivi presenti. 2. Le regioni e le province autonome individuano le aree di cui al comma 1 scegliendole prioritariamente tra le aree, zone o nuclei gia’ esistenti, anche se totalmente o parzialmente dismessi. Al procedimento di individuazione partecipano gli enti locali interessati.
37
3.2 3.
2 - Prime sperimentazioni APEA nella
Regione Marche Per la produzione e diffusione delle APEA, la Regione Marche nell’ambito della sperimentazione tecnica amministrativa svolta dalla Autorità Ambientale Regionale ha condotto: una rassegna di “Buone Pratiche” basata sulle esperienze delle aree produttive svoltesi a livello nazionale ed internazionale e tale raccolta è stata pubblicata in occasione della III edizione della Biennale “Eco-efficiency 2005”; ed un resoconto degli studi effettuati sui casi pilota della Regione Marche, riguardanti l’area industriale “Piana di Talacchio” nel Comune di Colbordolo, l’area industriale “ZIPA 4” del Comune di Jesi, l’area industriale “San Filippo” del Comune di Porto Sant’Elpidio. Le Marche è stata la prima regione ad emanare delle linee guida sperimentali (Delibera Giunta Provinciale157 /2005) e pubblicare la raccolta di “buone pratiche”. Con la legge regionale n.10 del 17/05/1999 ha recepito le indicazioni del D.Lgs n. 112/98 in materia di “aree ecologicamente attrezzate”, stabilendo che è compito dell’ Amministrazione regionale disciplinare le aree industriali e le aree ecologicamente attrezzate. Al fine di promuovere la progressiva diffusione di questo modello , la regione Marche ha individuato le seguenti linee di intervento: • Definizione di un quadro normativo di riferimento; • Acquisizione di un sufficiente stato di conoscenze tecniche in merito,attraverso l’avvio di studi e sperimentazioni; • Organizzazione e finanziamento di un programma di interventi finalizzati a promuovere l’applicazione nel territorio del nuovo modello di area produttiva ecoefficiente. 38
Per quanto riguarda il primo punto la Regione ha prodotto un “Testo Unico delle norme in materia industriale, artigiana e dei servizi alla produzione”, promuovendo la diffusione delle aree produttive ecologicamente attrezzate e prevedendo un sostegno finanziario per la loro realizzazione. Successivamente con la legge regionale n.16 del 23/02/2005, si sono stabiliti i contenuti delle future linee guida per la loro progettazione e gestione: • I requisiti urbanistico-territoriali, edilizi ed ambientali di qualità; • le infrastrutture, i sistemi tecnologici ed i servizi di cui devono essere dotati le aree, la loro modalità di utilizzo da parte delle imprese nonché le loro forme di gestione unitaria; • I criteri, i tempi e le modalità per la caratterizzazione dei nuovi insediamenti come aree produttive ecologicamente attrezzate; • I criteri per riqualificare le aree produttive esistenti secondo gli standard delle aree produttive ecologicamente attrezzate; • I criteri per la semplificazione amministrativa a favore delle attività produttive insediate nelle aree produttive ecologicamente attrezzate; • le modalità per favorire l’implementazione di sistemi di gestione ambientale, anche di aree successivamente certificate; • le modalità per l’eventuale acquisizione dei terreni compresi nelle aree produttive ecologicamente attrezzate. Vista la novità del tema trattato e le scarse esperienze a livello nazionale, la regione Marche ha avviato uno studio tecnico-amministrativo finalizzato alla definizione di indirizzi per la progettazione e la gestione delle aree produttive secondo elevati standard ecologici ed ambientali. A seguito delle informazioni prodotte da tale studio, è stato elaborato ed approvato, con Delibera della giunta Regionale n. 157/05, il documento “Linee Guida per le aree produttive ecologicamente attrezzate della Regione Marche”. Tali linee hanno un carattere sperimentale, in modo tale da essere coerentemente valutare, modificate ed integrate e rappresentano il punto di riferimento per tutti i soggetti (pubblici e privati) che vogliono attivare iniziative volontarie di realizzazione e gestione delle aree produttive secondo criteri di ecoefficienza. In particolare le linee guida sono applicabili al contesto territoriale della Regione marche e riguardano: • la definizione, per ogni aspetto ambientale, delle possibili infrastrutture e servizi collettivi che dovrebbero caratterizzare le aree produttive eco39
logicamente attrezzate, ed in particolare la gestione delle acque reflue, la fornitura delle acque industriali e potabili, la gestione dei rifiuti, la produzione e la fornitura di energia, la gestione delle emissioni in atmosfera, delle acqua meteoriche e della mobilità e della logistica. • La modalità di gestione dell’area in chiave ambientale al fine di garantire le migliori performance attraverso specifiche azioni, il coinvolgimento delle imprese nel raggiungimento di obiettivi ambientali, e le modalità di gestione e istituzione di rapporti di dialogo con gli enti e le comunità locali • I requisiti urbanistici, territoriali, edilizi ed ambientali delle aree produttive ecologicamente attrezzate • l’ipotesi di un percorso autorizzativo per la realizzazione di un’area produttiva ecologicamente attrezzata. Infine la Regione Marche ha avviato un programma di interventi finalizzati alla promozione delle Apea sul proprio territorio organizzando nel 2004 un corso di formazione in “esperto in progettazione e gestione delle aree produttive ecologicamente attrezzate” finanziato con il fondi Europei, cofinanziando interventi per la loro realizzazione, e tramite un bando pubblico, dando contributi agli Enti Locali e ai Consorzi di sviluppo industriale per l’elaborazione di studi di fattibilità tecnica, economica ed organizzativa delle aree produttive. Sulla base di queste prime importanti esperienze applicative, di quanto disposto nelle linee giuda sperimentali e sulla base degli esiti del processo di consultazione e concertazione dei soggetti coinvolti, la Regione in conformità con la legge regionale 16/2005, sta definendo le linee giuda regionali ufficiali in materia di Apea.
40
3.3 3.
3 - Strategie nella Provincia di Torino
Il PTCP di Torino sul tema delle aree per attività produttive persegue l’obiettivo di razionalizzare la distribuzione delle aree industriali anche in considerazione della grande quantità di territorio dismesso presente nel territorio. Il Piano prevede nello specifico : l’assunzione della vocazione industriale dei poli provinciali differenziando le possibilità di espansione e definizione di nuovi insediamenti il contenimento del consumo di suolo privilegiando il recupero del patrimonio esistente l’orientamento degli strumenti regolatori comunali alla ricerca della qualità ambientale, paesistica e urbanistica il miglioramento delle aree a vocazione industriale e la loro qualificazione con dotazione di infrastrutture e servizi Il PTCP della provincia di Torino suddivide le aree industriali in tre categorie selezionando i territori utilizzati che presentano le migliori potenzialità qualitative e fornisce indirizzi per al loro qualificazione: nei Bacini di valorizzazione produttiva il PTCP indirizza le nuove previsioni di aree a destinazione produttiva che dovranno essere definite in maniera coordinata dagli strumenti urbanistici comunali nei Bacini marginali sono previsti interventi di completamento e riordino degli ambiti produttivi esistenti nei Bacini con fattori limitanti, che presentano limitazioni territoriali e ambientali è previsto il completamento dei distretti produttivi unicamente per questioni di esigenze locali. Nell‘ambito della sperimentazione del progetto Qualità Ambientale delle Aree Industriali, elaborato dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale 41
è stato prodotto un “Atlante delle Zone Industriali” il cui scopo è stato quello di fornire una mappatura completa delle aree esistenti analizzandole sotto il profilo dei servizi alle imprese, della modalità di gestione e della pressione che esse esercitano sul sistema ambientale. Inoltre il comune di Torino ha prescritto che la concessione dell’agibilità per i nuovi capannoni fosse subordinata alla costruzione di un consorzio che sovrintendesse alle attività svolte sia nella fase di cantiere, sia con un sistema di gestione certificato alla norma ISO 140015 . Grazie a questo lavoro e alla “buone pratiche” già presenti sul territorio e che sono servite come sperimentazioni pilota, come la creazione nel 2001 Consorzio Ambientale Castello di Lucento, società consortile che raggruppa tutte le imprese insediate, che si è posto come missione quella di gestire,nel senso più generale del termine, lo sviluppo dell’area con particolare riferimento agli aspetti ambientali, la provincia cercherà di evolvere verso il concetto di APEA la gestione e la progettazione delle aree produttive,e sarà inoltre necessario definire meccanismi premianti ed agevolazioni per i soggetti che operano nelle aree per divenire future APEA. Per come è stato creato, il Consorzio è di fatto diventato il fulcro di tutte le attività di carattere ambientale legate all’area di riferimento e rappresenta il referente permanente verso il Comune di Torino. Un’altra area in cui sono stati implementati sistemi di gestione ambientale è quella nel comune di Chivasso , sull’asse Torino-Milano, in cui è presente un S.p.A. dal capitale prevalentemente pubblico chiamata Chind, che svolge una funzione di supervisione e controllo nei confronti dei progettisti e delle imprese impegnate presso i cantieri, e seguendo un orientamento alla gestione di carattere ambientale.
5. Nota: La sigla ISO 14000 identifica una serie di standard internazionali relativi alla gestione ambientale delle organizzazioni. La sigla «ISO 14001» identifica uno di questi standard, che fissa i requisiti di un «sistema di gestione ambientale» di una qualsiasi organizzazione. Lo standard ISO 14001 (tradotto in italiano nella UNI EN ISO 14001:2004) è uno standard certificabile, ovvero è possibile ottenere, da un organismo di certificazione accreditato che operi entro determinate regole, attestazioni di conformità ai requisiti in essa contenuti.
42
3.4 3.
4 - Il 1° Macrolotto di Prato: criticità e successi
L’area industriale del 1° Macrolotto comprende 600.000 mq. di edifici industriali che ospitano 301 imprese e trovano impiego circa 3500 addetti. Qui è attivo, fin dal 1990, il più grande impianto centralizzato di riciclo delle acque industriali in Europa, in grado di distribuire, tramite il connesso acquedotto industriale ed antincendio, alle aziende operanti nella lottizzazione circa 3.500.000 mc/anno di acqua riciclata ottenuta dall’ulteriore trattamento delle acque reflue del depuratore comunale. Nel I° Macrolotto è in corso un programma di miglioramento ambientale e sociale della mobilità. Tale programma è stato predisposto e viene gestito dalla Società di Servizi senza scopo di lucro CONSER. Fin dal 1998 il CONSER con il Comune di Prato e la CAP (Cooperativa Autolinee Pratesi, che gestisce il trasporto pubblico nella provincia di Prato) hanno promosso un’approfondita e capillare indagine tra tutti i 3.500 addetti delle aziende operanti nel 1° Macrolotto per conoscerne gli orari di entrata e di uscita, le provenienze, le percorrenze, i tempi impiegati, i mezzi di trasporto utilizzati, etc. L’indagine si è anche estesa alla movimentazione dei mezzi per il traffico merci. Una volta acquisite le notizie di base per avere chiara la dimensione del problema “mobilità indotta dal 1° Macrolotto”, il CONSER ha immediatamente compreso che la mobilità dovrà essere uno degli obiettivi principali del programma di miglioramento ambientale necessario per la Registrazione EMAS. In questo ambito il Mobility Manager 6 di Area ha stipulato una Convenzione con il Comune di Prato per l’acquisto di un parco auto ecologiche (trazione elettrica) da utilizzare all’interno dell’area industriale del I°Macrolotto di Prato. Nel mese di aprile 2004 sono arrivati i quindici pulmini ecologici a trazione elettrica iniziando così il servizio di Car Pooling. 43
Dato l’elevato numero di automezzi privati per il traffico merci gran parte dei quali a motore diesel, è stata ipotizzata la realizzazione nel 1° Macrolotto di una stazione di distribuzione di bio-diesel, al fine di diffondere l’uso di questo combustibile a bassa emissione che non richiede la sostituzione degli attuali veicoli. Questa infrastruttura risolverebbe alla base il maggior problema creato dal bio-diesel: la difficoltà di rifornimento. Infatti quasi tutti gli autoveicoli merci delle aziende svolgono la loro attività prevalente all’interno del distretto tessile pratese e quindi al termine della giornata lavorativa tornano nell’area industriale, in cui potrebbero trovare una stazione di rifornimento di carburante ecologico. Al fine di incentivare l’uso di mezzi elettrici da parte delle imprese, è prevista la realizzazione nel 1°Macrolotto di una piazzola di ricarica gratuita delle batterie dei mezzi pubblici, come pure sono previste colonnine di ricarica gratuita presso i singoli lotti, ciò al fine di eliminare alla base il problema relativo a dove reperire le stazioni di ricarica delle batterie. È stata infine prevista all’interno dei lotti, la possibilità di realizzare “parcheggi a pensilina fotovoltaica” per ricaricare le batterie con energia alternativa. Tuttavia c’è da dire che la compatibilità ambientale del 1° Macrolotto non riguarda la qualità architettonico-ambientale, perché la sua costruzione ha comportato un intenso sfruttamento del suolo e il relativo depauperamento del verde, e la gestione dei processi produttivi determina ugualmente consumi idrici ed energetici.
6. Nota: Decreto Legislativo del 27 marzo 1998, Mobilità sostenibile nelle aree urbane, prevede l’istituzione di due differenti figure di “mobility manager”: il mobility manager Aziendale, che deve essere nominato da ogni Azienda con un numero di dipendenti superiore alle 300 unità, ed il mobility manager di Area, di nomina Comunale o Provinciale. Il compito principale dei mobility manager Aziendali è quello di operare per il contenimento della domanda di mobilità privata dei dipendenti. I manager Aziendali, attraverso un processo d’indagine ed analisi della situazione interna ed esterna all’Azienda, e di definizione di un insieme coerente di obiettivi conseguibili e degli interventi da realizzare (tra cui il telelavoro), formulano i programmi di attuazione, denominati Piani degli spostamenti casa - lavoro. Tali Piani, da concordare con il Comune o la Provincia e da aggiornare con cadenza annuale, dovranno prevedere un’informazione periodica del personale da parte dell’Azienda ed una valutazione dei risultati conseguiti. Il mobility manager di Area, invece, definisce e coordina gli interventi proposti dai manager Aziendali.
44
MOBILITÀ Utilizzare veicoli elettrici per il trasporto collettivo ed individuale a ricarica forovoltaica o a gas naturale compresso
Eliminare i parcheggi lungo la sede stradale, realizzare piste ciclabili-pedonali e minimizzare l’inquinamento acustico
Rifacimento del manto stradale e ridefinizione delle pendenze per il convoglio dell’acqua
Creare pergolati con graticci e rampicanti stagionali con funzione di ombreggiatura
Creare tettoie fotovoltaiche per la ricarica dei mezzi di trasporto elettrici e barriere acustiche verdi
Usare un’illuminazione a ricarica fotovoltaica garantendo la massima visibilità e progettarne la tecnologia e il design per integrarla con l’ambiente
Usare nei parcheggi pavimentazioni permeabili realizzate con cavi in CLS riempiti con terra di coltura per la crescita dell’erba da prato
Progettare la cartellonistica garantendo la massima visibilità, caratterizzazione estetica e integrazione ambientale
Realizzare punti informativi telematici
Sostituire le recinzioni con quinte verdi
Creare pensiline coperte alle fermate delle navette
45
SPAZI APERTI Creare zone cuscinetto tra l’area industriale e le comunità limitrofe
Usare la vegetazione come elemento di regolazione microclimatica e di rigenerazione atmosferia
46
Modellare il suolo con movimenti di terra e riporti per consentire il deflusso delle acque meteoriche
Creare un sistema di corridoi verdi e rinaturalizzare aree libere piantumanto specie autoctone
Creare tetti giardino e piantumare alberi lungo tutte le strade
Differenziare le tessiture e le colorazioni delle pavimentazioni dei percorsi pedonali
Creare gazebi e chioschi nel verde in struttura leggera
Utilizzare una vegetazione a foglie caduche per schermare gli edifici dal sole nei periodi caldi
Creare aree ricreative per gli addetti e la comunità
Minimizzare l’inquinamento acustico e luminoso attraverso un uso strategico del verde
Creare percorsi pedonali ed aree di sosta con pavimentazioni permeabili realizzati con elementi lapidei per consentire l’infiltrazione idrica
Creare canali drenanti superficiali ed interrati per migliorare il deflusso delle acque
Rinverdire le attuali aree verdi degradate utilizzando alberature di varia grandezza
Creare una barriera frangivento costituita da gruppi arborei sempreverdi a filari intensificati alla base da arbusti cespugliosi
3.5 3.
5 - Il Progetto Life-Siam
La collaborazione tra l’Enea e altri 19 partner, ed il sostegno finanziario del 50% con fondi europei, ha dato vita al progetto Life-Siam (Modello di area industriale Sostenibile) attraverso il quale è stata elaborata un azione dimostrativa di sistema con le seguenti finalità: ridurre l’impatto ambientale derivato dalla presenza di aree industriali favorire lo sviluppo di sistemi di qualità ambientale e dell’utilizzo di energie pulite apportare benefici al contesto territoriale in termini ambientali e socio-economici. Il Progetto prende in considerazione 8 aree industriali localizzate in diverse regioni italiane: una in Puglia, due nel Lazio e nel Veneto, una in Abruzzo, una in Toscana. Le finalità sono perseguite attraverso la definizione ed applicazione di un Modello di area industriale Sostenibile basato sull’uso, l’adattamento e l’integrazione di tre differenti strumenti comunitari: la valutazione ambientale strategica (VAS), secondo la Direttiva 2001/42 CE; l’Emas secondo il regolamento 761/2001/CE, la Contabilità Ambientale ed il Libero Accesso all’Informazione sull’ambiente, secondo la Direttiva 90/313/CEE. Le principali fasi (task) sono: censimento delle Aree Ecologicamente Attrezzate per adeguarle ai nuovi requisiti di modello sostenibile coinvolgimento, attraverso appositi forum e comitati, delle parti interessate a livello locale analisi ambientale iniziale delle otto aree 47
validazione di otto programmi Ambientali territoriali di Area redazione di Linee Guida per l’applicazione del modello sviluppato dal Progetto Siam formazione di trenta nuove figure professionali disseminazione dei risultati Sono inoltre stati definiti gli strumenti che dovranno essere seguiti nel corso del progetto e riguardano: valutazione ambientale, economica e sociale nell’ubicazione e progettazione delle aree industriali individuazione del soggetto rappresentativo attribuzione di compiti e responsabilità individuazione di un regolamento disciplinante definizione dei requisiti infrastrutturali, di protezione ambientale e sicurezza per i lavoratori pianificazione del miglioramento sostenibile definizione di un monitoraggio delle diverse prestazioni Attualmente questo progetto è in fase di realizzazione.
48
4
APEA in EMILIA ROMAGNA: metodologie innovative Contesto normativo di riferimento Sperimentazioni nella provincia di Bologna Le scelte del PTCP di Bologna Ponte Rizzoli-Quaderna Realizzazione di Apea in Emilia Romagna
49
4.1 4.
1 - Contesto normativo di riferimento
Per quanto riguarda l’Emilia Romagna, la Legge n. 20/00 prevede l’emanazione di uno specifico atto di coordinamento tecnico per definire le caratteristiche delle aree industriali ecologicamente attrezzate. Più specificamente, l’art. A–14 della L.R. 20/2000 prevede che gli “Ambiti specializzati per attività produttive costituiscano aree ecologicamente attrezzate quando siano dotati di infrastrutture, servizi e sistemi idonei a garantire la tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente”, e stabilisce che le nuove aree produttive di rilievo sovracomunale assumano i caratteri propri delle aree ecologicamente attrezzate. In particolare il comma 2 art. A-14 L.R. 20/2000, indica gli aspetti che devono essere presi in considerazione nel definire le caratteristiche e le prestazioni delle Apea: a) la salubrità e igiene dei luoghi di lavoro; b) la prevenzione e riduzione dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del terreno; c) lo smaltimento e recupero dei rifiuti; d) il trattamento delle acque reflue; e) il contenimento del consumo dell’energia e al suo utilizzo efficace; f) la prevenzione, controllo e gestione dei rischi di incidenti rilevanti; In attesa della definizione dell’Atto di coordinamento tecnico la Regione ha emanato la Direttiva sull’attuazione della L.R. 9/99 “Disciplina della procedura di valutazione dell’impatto ambientale” (Delibera G.R. n. 1238/2002), vengono sancite le condizioni necessarie per essere Apea. Tale delibera fornisce prima di tutto dei macro-requisiti necessari per la loro determinazione: 50
1. individuazione del Soggetto Gestore delle infrastrutture, dei servizi e delle attrezzature (già esplicitato dal D. Lgs. 112/98) 2. contenuti urbanistici-territoriali di qualità da attuare preliminarmente 3. condizioni di gestione ambientale di qualità, da mantenere e monitorare nel tempo. A questi macro-obiettivi, segue un elenco di “requisiti” suddivisi secondo le seguenti categorie: a) Contenuti di assetto territoriale di qualità, b) Opere ed infrastrutture per l’urbanizzazione dell’area, c) Dotazioni ecologico-ambientali, d) Condizioni di gestione ambientale di qualità (principi generali). Nel 2004 Ervet (Società della Regione Emilia-Romagna per la Valorizzazione Economica del Territorio) è stata incaricata dalla Provincia di Bologna, e in particolare dai settori Ambiente, Pianificazione Territoriale e Attività produttive, della conduzione di un progetto sperimentale sulla qualificazione di tre ambiti produttivi provinciali affinché fossero ecologicamente attrezzati. Nell’ambito di tale progetto l’ Ervet ha proposto un elenco di “requisiti indispensabili” affinché un’area produttiva possa essere considerata ecologicamente attrezzata, operando una rilettura in un’ottica sistemica delle categorie di aspetti ambientali indicate nel Regolamento CE n.761/2001. Tale organizzazione è la stessa utilizzata dalla Regione nella bozza di Atto di Indirizzo (bozza dicembre 2005). Sulla base di tali considerazioni il gruppo tecnico di lavoro della Provincia di Bologna, ha operato una revisione per integrare il sistema di requisiti indispensabili, nel tentativo di introdurre ulteriori fattori di qualità e costruire un quadro maggiormente organico, facendo particolare riferimento ai criteri e obiettivi di sostenibilità elaborati a livello europeo, nazionale e regionale, già presi a riferimento nelle VALSAT 7 dei piani provinciali, generale e di settore. Una scelta di questo tipo ha portato all’abbandono della lettura sistemica proposta da Ervet, in favore di un’organizzazione basata sulle componenti ambientali (metodologia fra le più diffuse).
7. Nota: La Valutazione di Sostenibilità Ambientale e Territoriale (ValSAT) prevista dalla L.R.20/2000 è un processo sistematico di valutazione delle conseguenze ambientali di proposte politiche, programmatorie e pianificatorie, finalizzato ad assicurare che queste vengano incluse in modo completo fin dalle prime fasi del processo decisionale. Essa consente di valutare gli effetti cumulativi e sinergici dell’insieme delle scelte di pianificazione anche se relazionate ad iniziative che non necessariamente si traducono in progetti.
51
Tuttavia i progettisti incaricati per l’attività di sperimentazione sui casi pilota hanno trovato difficoltà nel tradurre le azioni di “qualità” in progetti pratici anche perché non abituati ad un’ottica di progettazione urbanistica eco-sistemica.
52
4.2 4.
2 - Sperimentazioni nella Provincia di Bologna
Pertanto, allo scopo di fornire uno strumento che fosse di supporto operativo ai progettisti e gestori degli ambiti produttivi, il gruppo di lavoro della Provincia di Bologna ha deciso di approfondire i temi sviluppati dall’ecologia industriale e indagare le sperimentazioni in atto su questi temi. A tale scopo di particolare interesse sono risultate: le linee guida per le aree produttive ecologicamente attrezzate della Regione Marche e la connessa rassegna di buone pratiche; il “Manuale per la progettazione integrata “energy saving” elaborato dell’ambito del progetto Prefer (Milano Metropoli Agenzia di Sviluppo, Fabbrica del Sole); i dossier di Envipark; materiali sulla bioedilizia, in particolare il sistema SB100 (ANAB); regolamenti edilizi quali quello del Comune di Perugia. Questa analisi ha condotto all’individuazione di temi ed obiettivi che in parte hanno trovato riscontro nelle prescrizioni introdotte dal PTCP. Adattandoli alla specifica realtà bolognese è stato possibile dunque elaborare una serie di macro-obiettivi, i quali sono stati declinati in 28 obiettivi prestazionali, da perseguire nella progettazione, riqualificazione e gestione delle Aree Ecologicamente Attrezzate, organizzati secondo 10 temi (o componenti ambientali).
53
Elenco Temi ed obiettivi SISTEMA SOCIO-ECONOMICO E INSEDIATIVO: OB1. Includere destinazioni d’uso, spazi e servizi che assicurino sostenibilità ambientale, qualità sociale e competitività economica. OB2. Realizzare una gestione comune delle emergenze e della sicurezza, garantendo gli spazi e i servizi necessari OB3. Ottimizzare la configurazione delle reti e degli impianti tecnologici, e realizzare sistemi avanzati per le telecomunicazioni. TRASPORTI E MOBILITA’: OB1. Massimizzare la sicurezza stradale e ottimizzare la circolazione internamente all’area, mediante un’adeguata configurazione delle aree di sosta, della rete viaria e ciclo pedonale, e una opportuna regolamentazione del traffico OB2. Attuare i necessari presupposti infrastrutturali e adeguate misure gestionali, al fine di realizzare una mobilità sostenibile delle persone e delle merci ACQUA: OB1. Garantire la sicurezza idrogeologica dell’area (ridurre le portate di deflusso e contribuire alla ricarica della falda sotterranea) e la qualità ambientale del reticolo idrografico superficiale OB2. Dotare le aree di un opportuno sistema di gestione delle acque meteoriche di dilavamento (deviazione delle acque di prima pioggia, smaltimento e trattamento naturale in loco delle acque di seconda pioggia) OB3. Ridurre i consumi e differenziare gli approvvigionamenti in funzione degli usi, attraverso l’adozione di sistemi per il riutilizzo dell’acqua meteorica e dei reflui recuperabili OB4. Ridurre lo scarico delle acque reflue attraverso un sistema di smaltimento a reti separate, e garantire un sistema di depurazione dei reflui che riduca l’impatto ambientale dei processi depurativi tradizionali SUOLO e SOTTOSUOLO: OB1. Preservare i suoli da contaminazioni e sversamenti accidentali OB2. Garantire la protezione da radon e materiali radioattivi 54
HABITAT e PAESAGGIO: OB1. Garantire l’armonizzazione dell’intervento con gli elementi del paesaggio naturali ed antropici in cui si inserisce OB2. Contribuire al potenziamento della biodiversità e alla realizzazione della rete ecologica OB3. Garantire la qualità degli spazi aperti (aree verdi, strade, parcheggi e aree di pertinenza dei lotti)e dell’edificato in termini di assetto complessivo e scelte realizzative ARIA: OB1. Ridurre le emissioni inquinanti e in particolare le emissioni di CO2 e di altri gas serra OB2. Garantire buone condizioni di qualità dell’aria esterna e interna agli ambienti di lavoro ELETTRO-MAGNETISMO: OB1. Minimizzare il livello di campi elettrici e magnetici a bassa frequenza (50 Hz), generato da impianti per la trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica OB2. Differenziare / ridurre l’utilizzo delle fonti non rinnovabili per l’approvvigionamento energetico e massimizzare l’utilizzo di fonti rinnovabili ENERGIA: OB1. Differenziare / ridurre l’utilizzo delle fonti non rinnovabili per l’approvvigionamento energetico e massimizzare l’utilizzo di fonti rinnovabili OB2. Ridurre i consumi di energia primaria per riscaldamento e/o raffrescamento e garantire il comfort termoigrometrico negli ambienti interni OB3. Ottimizzare le prestazioni dei sistemi di illuminazione naturale e artificiale negli ambienti interni ai fini del risparmio energetico, del comfort microclimatico e visivo OB4. Perseguire il contenimento dell’inquinamento luminoso nell’illuminazione pubblica e privata OB5. Energy Management MATERIALI / RIFIUTI: OB1. Garantire la qualità ambientale e la salubrità dei materiali utilizzati OB2. Ridurre i rischi e garantire la sicurezza nella gestione rifiuti OB3. Ridurre la produzione di rifiuti tendendo alla chiusura del ciclo 55
RUMORE: OB1. Garantire un buon clima acustico ambientale, esterno ed interno all’area, con particolare attenzione ai ricettori presenti (aree, spazi comuni, unità con permanenza per motivi di lavoro e non) OB2. Garantire un buon clima acustico all’interno degli edifici con particolare attenzione agli ambienti sensibili presenti (spazi comuni, unità con permanenza per motivi di lavoro e non) Questi 28 obiettivi costituiscono l’ossatura delle Linee Guida per la Realizzazione delle Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate nella Provincia di Bologna, approvate con Delibera della Giunta Provinciale N. 407 del 21 novembre 2006, e costituiscono i criteri per la progettazione urbanistica, ambientale ed edilizia, nonché per la gestione di queste aree. La Provincia di Bologna intende quindi fornire alle Amministrazioni, ai progettisti e agli imprenditori, uno strumento operativo di supporto che: definisce quali sono gli obiettivi prestazionali da perseguire; indica i criteri da seguire e le principali azioni da effettuare nella progettazione urbanistica, ambientale ed edilizia (da tradursi in un piano urbanistico, in un corretto layout territoriale e in apposite norme tecniche), separando nettamente ciò che è “progettazione delle nuove espansioni” da ciò che è “riqualificazione dell’esistente”; indica quali siano le modalità e le principali azioni per attuare efficacemente una gestione comune dei servizi e delle infrastrutture per l’intero ambito; costituisce uno strumento di supporto alla valutazione dell’effettivo raggiungimento dello status di Apea. Ad ogni obiettivo prestazionale infatti corrispondono delle azioni operative e specifiche. Le azioni individuate in delle schede sono distinte in base al diverso livello di attuazione a cui esse assolvono:
56
L.A.
LIVELLO DI ATTUAZIONE
U
=
A
=
Pianificazione Urbanistica strutturale, operativa e attuativa: scelte localizzative, lay-out, Infrastrutture comuni, ecc. Architettonico/Edilizio: spazi e dotazioni impiantistiche degli ambienti privati interni ed esterni
G
=
Gestione: azioni gestionali, e che quindi non necessitano di opere strutturali, che fanno capo al Soggetto Gestore (per quanto riguarda i servizi comuni) o alle imprese (per quanto riguarda i singoli impianti, come ad esempio una corretta ma nutenzione degli stessi) Sono inoltre specificati gli strumenti attraverso i quali è possibile realizzare le singole azioni proposte: S
STRUMENTO DI ATTUAZIONE
oltre RUE, A.T. A.A. P.A.
ai noti etc): = = =
acronimi degli strumenti urbanistici (PTCP, PSC, POC, PUA, Accordo Territoriale Analisi Ambientale Programma Ambientale
Sulla base delle normative vigenti, e tenendo conto ovviamente della realtà territoriale e del tessuto produttivo bolognese, sono state individuate le azioni ritenute necessarie a raggiungere lo “status” di Apea (azioni prioritarie) e quelle ritenute auspicabili allo scopo di ridurre ulteriormente nel tempo (sulla base di un programma ambientale di miglioramento), gli impatti sull’ambiente e migliorare la qualità delle aree produttive, secondo anche un rapporto costi-benefici. L.P.
LIVELLO DI PRIORITÀ
1
=
2
=
3
=
priorità molto elevata (ovvero si tratta di azioni fortemente raccomandate, che comportano costi non eccessivi e ritorni in tempi brevi; sono azioni ritenute indispensabili per la qua lifica di Apea, tuttavia negoziabili sulla base di comprovate motivazioni, fermo restando l’indispensabile dimostrazione del raggiungimento dell’obiettivo). priorità elevata (ovvero azioni pur sempre utili per raggiunge re l’obiettivo ma che comportano un extracosto e tempi più lunghi di ritorno dell’investimento) priorità media (ovvero azioni che comportano il raggiungi mento di performance di eccellenza a fronte sia di un extraco sto considerevole e lunghi tempi di ritorno dell’investimento, 57
oppure azioni che incidono in modo diretto sull’organizzazio ne del processo produttivo). Inoltre, a capo ed in coda di ogni scheda, sono presenti: - un’introduzione descrittiva del tema trattato, in cui sono individuati gli obiettivi generali a cui tendere, - i principali riferimenti normativi.
58
4.3 4.
3 - Le scelte del PTCP di Bologna
Il processo di qualificazione proposto dalla Provincia di Bologna, in sede di approvazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP), nel marzo 2004, è stato quello di compiere una duplice scelta: far sì che tutti gli Ambiti Produttivi di rilievo sovracomunale acquisiscano la qualifica Apea di escludere la possibilità di prevedere nuove aree produttive che intacchino ulteriori parti del territorio agricolo non compromesso, e razionalizzare le possibilità di trasformazione degli ambiti esistenti. La Provincia di Bologna fa tesoro delle esperienze maturate nel campo dell’ecologia industriale e degli Eco-Industrial Park, perseguendo quale obiettivo ottimale la chiusura dei cicli. Operando però principalmente in un contesto consolidato, caratterizzato dalla forte diffusione di piccole e medie imprese, e quindi estremamente dinamico ed elastico, si è preferito agire sul sovrasistema “area industriale” (favorendo la realizzazione di infrastrutture comuni, la condivisione di reti e di servizi ambientali), allo scopo di ridurre gli impatti cumulativi, incidere anche sui singoli “sistema impresa”, incentivando anche le PMI a migliorare le proprie performance ambientali. In particolare esse sono invitate a: l’utilizzo di infrastrutture e servizi comuni di elevata qualità che non sarebbe in grado di possedere e gestire singolarmente; la promozione della certificazione ambientale (supporto sia dal punto di vista tecnico che economico); il supporto nell’espletazione delle pratiche amministrative necessa59
rie, introducendo semplificazioni amministrative in presenza di un Soggetto Gestore responsabili di impianti e infrastrutture comuni; il coinvolgimento e la progressiva responsabilizzazione delle imprese nel processo di miglioramento continuo delle performance ambientali dell’area. Delle 190 aree censite sul proprio territorio, 38 sono individuabili come ambiti sorvacomunali poiché hanno dimensioni e caratteristiche tali da influenzare il territorio di più amministrazioni. In particolare le possibilità di espansione sono concentrate nei 14 ambiti produttivi di rilievo sovracomunali (fig. 12) che presentano minori fragilità ambientali e sono meglio serviti dal sistema viabilistico di livello regionale, (soprattutto il Passante Autostradale Nord in previsione). Per i restanti ambiti produttivi sovracomunali si prefigura un percorso di riqualificazione interno e nel rapporto con il territorio circostante, in modo da assicurarne la sostenibilità a livello locale.
Fig. 12
60
Per gli ambiti produttivi “di consolidamento” sono previste politiche di contenimento dell’espansione , esclusivamente indirizzate a soddisfare esigenze delle imprese gia insediate. Inoltre è previsto dal PTCP il ricorso alla “perequazione” come strumento per la condivisione ad area vasta dei costi e benefici derivanti dall’assetto territoriale previsto, per le imprese coinvolte. Questo al fine di assicurare sia l’ equità tra i diversi territori evitando la concorrenza tra i comuni per “aggiudicarsi” funzioni pregiate, sia garantire le risorse finanziarie necessarie per la concreta attuazione delle politiche di riqualificazione delle aree produttive. Gli strumenti grazie al quale è possibile l’assetto territoriale previsto sono i Piani Strutturali Comunali (PSC) , e la sottoscrizione di Accordi Territoriali da parte di tutte le Amministrazioni locali appartenenti all’Associazione di Comuni di riferimento, con la costituzione di “fondi di compensazione” ovvero risorse locali che hanno lo scopo di individuare le risorse locali connesse alle scelte di trasformazione e sviluppo degli insediamenti produttivi e di razionalizzarne l’utilizzo. Sono dunque stati individuati: l’Accordo Territoriale come il “luogo” in cui poter definire gli impegni per diventare Apea, e il Fondo di Compensazione come il principale strumento di finanziamento pubblico per supportare l’avvio dell’insediamento e dell’attività del Soggetto Gestore dell’intero ambito. Ora è possibile procedere nella definizione degli impegni necessari per raggiungere la qualifica di Apea, e dei termini con cui questi dovranno essere concordati all’interno dell’Accordo Territoriale per la pianificazione di ambiti produttivi sovracomunali. In particolare sarà necessario: 1. Garantire in tutti gli strumenti di pianificazione urbanistica (PSC, POC, RUE, PUA8 ) il raggiungimento degli “Obiettivi Apea” attraverso la declinazione in specifiche misure e azioni. 2. Richiedere in sede di convenzionamento del PUA l’istituzione di un Gestore per le nuove aree in oggetto. Il PUA dovrà disciplinare l’istituzione di un Soggetto Gestore “transitorio”, ovvero di un organismo (consorzio) formato
8. Nota: Il PRG si compone di PSC (che conforma il territorio ma non è operativo), RUE (che disciplina il territorio urbanizzato, non urbanizzato e rurale) e POC (disciplina le attività di trasformazione del territorio). Questi ultimi due sono strumenti di pianificazione operativi. Le norme e le prescrizioni del Piano regolatore che rinviano ad un ulteriore grado di pianificazione, non essendo immediatamente eseguibili, sono attuate attraverso piani urbanistici attuativi (PUA).
61
dai soggetti attuatori dell’intervento urbanistico e dalle nuove aziende che progressivamente si insediano nell’area. A tale organismo spetterà il compito di gestire le infrastrutture e i servizi relativi alle nuove aree, nell’attesa che si istituisca un Soggetto Gestore per l’intero ambito. 3. Richiedere che i Comuni coinvolti promuovano ed incentivino l’istituzione di un Soggetto Gestore, stabilendo che questo sia formalizzato entro un anno dall’entrata in esercizio del Fondo di Compensazione. 4. Attribuire il ruolo di verifica (parere tecnico sui PUA, approvazione del Programma Ambientale e della relativa Analisi Ambientale, controllo sulla corretta attuazione del Programma Ambientale, riconoscimento della “qualifica Apea”) al Collegio di Vigilanza dell’Accordo Territoriale. 5. Riconoscere una “Qualifica Apea” per l’intero ambito solo dopo che: gli strumenti urbanistici comunali (PSC, POC e RUE) abbiano opportunamente declinato gli “Obiettivi Apea” contenuti nelle Linee Guida, che saranno allegati agli Accordi Territoriali; sia stata valutata una reale eccellenza nella progettazione dei PUA attraverso cui si attuano i nuovi ampliamenti, eccellenza che deve essere dimostrata dal raggiungimento degli “Obiettivi Apea”; siano stati approvati un’Analisi Ambientale e un Programma Ambientale per l’intero ambito produttivo (nuovo ed esistente). 6. La qualifica sarà periodicamente confermata con una verifica di una corretta attuazione del Programma Ambientale e dimostrazione del conseguimento di un miglioramento ambientale. Sono stati sottoscritti quattro accordi che riguardano 11 ambii produttivi nelle Associazioni Quattro Castelli, Valle dell’Idice, Terre di Pianura e Valle del Samoggia. Altri due Accordi per Associazioni sono in avanzata fase di elaborazione e riguardano altri 12 ambiti produttivi.
62
4.4 4.
4 - Ponte Rizzoli-Quaderna
Ozzano dell’Emilia compreso tra Bologna e Imola si sviluppa in lunghezza a causa del suo posizionamento tra montagna e pianura ed è posto proprio lungo la via Emilia. Costituisce uno degli insediamenti più importanti di Bologna est, in cui sono insediate piccole e medie industrie, artigiani e una fascia cresciuta parallelamente di tessuto residenziale.Ad ovest è attraversato e segnato da due limiti che costituiscono la sua frattura: l’Autostrada A14 e la ferrovia Bologna-Ancona. E proprio tra questi importanti assi che si sono sviluppati l’insediamento Quaderna, e l’insediamento Ponte Rizzoli, composti in totale da circa 200 unità produttive: meccanica, editoria, elettronica. Questo insediamento è raggiungibile dalla complanare sud in prossimità della tangenziale di Bologna e dai collegamenti ordinari garantiti dalla presenza di via Emilia. Il casello stadale è inoltre a pochi chilometri di distanza, nelle vicinanze di Castel S. Pietro Terme. La mobilità personale è garantita dai trasporti pubblici su gomma e su ferro; infatti dalla Stazione di Ozzano parte un servizio di bus navetta. Inoltre l’area è ben dotata di una propria rete stradale migliorata dalle indicazioni del vigente PRG, di una rete fognaria di tipo dinamico con scarico finale diretto all’impianto di depurazione gestito dall’Hera S.p.A., e da un piano di sicurezza idraulica per ovviare alle possibili esondazioni del bacino idrografica minore. Carente è invece la rete telematica veloce per la quale si attendono investitori, al contrario di quella mobile di cui è ben fornita. Il comune di Ozzano dell’Emilia forma insieme con Castenaso e S. Lazzaro l’Associazione Intercomunale della Valle dell’Idice . Una delle importanti azioni comuni è stata la costruzione di un ufficio di 63
piano per formare insieme un Piano Strutturale ed un Regolamento Edilizio associato, al fine di raggiungere regole comuni per evitare la concorrenza tra territori ed assicurare la trasparenza agli operatori economici. L’assetto normativo ed urbanistico del PTCP trova gli ambiti produttivi dei tre comuni congelati dallo stato di fatto esistente e questo mette a dura prova le aziende che vorrebbero ampliarsi ma che sono costrette a delocalizzarsi. I comuni allora prendendo atto della pianificazione sovraordinata , hanno sottoscritto un patto territoriale in cui decidono che solo Ozzano dell’Emilia possa sviluppare nuove aree produttive, per favorire l’ambito produttivo Ponte Rizzoli-Paderna che diventa polo produttivo sovracomunale. La scelta operata porta alla: costituzione di un fondo di perequazione in cui si stimano le potenziali entrate di oneri ed imposte comunali sugli immobili con studi degli effetti sul lungo periodo e costituiscono il fondo composto proprio da queste entrate trasformazione del polo in APEA a seguito di un dibattito che coinvolge i comuni, il settore ambiente, le attività produttive, gli enti e la Provincia di Bologna costituzione di un gestore unico, che nonostante la difficoltà nell’individuarlo a causa della mancanza di normative in merito, si è risolto con l’avvio di uno studio di fattibilità per la costituzione di una struttura gestionale La conclusione di questa sperimentazione è avvenuta con l’approvazione del progetto urbanistico (Fig. 13) della nuova area, e rappresenta un modello di riferimento per la realizzazione delle APEA in tutta la Provincia di Bologna. Fig. 13
64
4.5 4.
5 - Realizzazione di APEA in Emilia Romagna
La regione Emilia Romagna si appresta ad approvare ai sensi della legge 20, un atto di indirizzo per la definizione delle modalità di realizzazione e gestione delle APEA. Tale atto considera le seguenti tipologie di aree : aree ecologicamente attrezzate nuove, in cui si interviene su terreni non edificati o dimessi in cui è possibile una realizzazione del tutto diversa dalla precedente,in modo da indirizzare fin da subito alla progettazione di APEA aree ecologicamente attrezzate esistenti per le quali è stabilito tramite un accordo tra istituzioni ed imprese coinvolte, un programma di miglioramento progressivo delle dotazioni e delle prestazioni ambientali; condizione indispensabile è la partecipazione dei soggetti privati insediati nell’area. L’ atto di indirizzo inoltre definisce la necessità di seguire un percorso attuativo e gestionale che individua le seguenti fasi: 1. definizione dei criteri per l’identificazione delle aree più idonee ad ospitare un insediamento produttivo e ad essere gestite secondo i migliori parametri urbanistico territoriali ed ambientali 2. individuazione delle aree sulla base dei criteri stabiliti e regolamentazione delle stesse 3. attribuzione delle responsabilità in merito all’attività di indirizzo e controllo nell’attuazione dell’area ecologicamente attrezzata, con l’eventuale costituzione di un comitato di indirizzo 65
4. individuazione di un soggetto responsabile che ha la responsabilità della gestione dell’area produttiva ecologicamente attrezzata, attraverso il coinvolgimento attivo delle imprese insediate 5. definizione degli atti principali necessari per la realizzazione dell’area: - definizione di accordi territoriali con gli enti pubblici coinvolti e degli accordi con le imprese insediate o interessate ad insediarsi; tali accordi dovranno contenere l’impegno delle imprese a rispettare le linee di indirizzo espresse nel programma ambientale e le condizioni economiche e finanziarie dell’insediamento; - definizione di un programma ambientale dell’area. 6. attività di monitoraggio al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi di miglioramento continuo delle prestazioni dell’area ecologicamente attrezzata. Per quanto riguarda le funzioni di indirizzo e controllo spetta alle Province il compito di disciplinare le aree di rilievo sovracomunali di nuova realizzazione, mentre i Comuni esercitano funzioni di indirizzo e controllo per le restanti aree di rilievo comunale. In qualità di soggetti titolari di tale compito sia le Province che i Comuni devono: • definire le linee di indirizzo per l’effettuazione dell’analisi ambientale iniziale dell’area ecologicamente attrezzata; • definire le linee di indirizzo per la redazione del Programma Ambientale dell’area ecologicamente attrezzata; • definire il contenuto degli accordi da stipulare con le imprese interessate ad insediarsi nell’area ecologicamente attrezzata; • individuare un soggetto responsabile della gestione dell’area ecologicamente attrezzata con il coinvolgimento delle imprese insediate nell’area; • svolgimento dell’attività di controllo sul monitoraggio effettuato dal soggetto responsabile della gestione al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi fissati nel programma ambientale. Inoltre le Province e i Comuni, nello svolgimento dell’attività di indirizzo e controllo devono avvalersi di un Comitato di Indirizzo in cui fare convergere i diversi interessi pubblici e privati direttamente coinvolti nella realizzazione e gestione dell’Area Ecologicamente Attrezzata e assicurare con continuità lo svolgimento della funzione di indirizzo, coordinamento e vigilanza sulla area stessa per tutto l’arco di tempo necessario alla pianificazione, realizzazione 66
e consolidamento della gestione della stessa. Mentre le Province sono tenute a stipulare Accordi Territoriali come previsto dall’art. 15 comma 2 della L.R. 20/2000, i Comuni possono stipulare accordi con i privati ai sensi dell’art. 18 della stessa Legge Regionale. Gli accordi dovranno contenere in entrambe i casi: a) studio di prefattibilità, che fornisca informazioni sulle tipologie di attività che si prevede debbano essere presenti nell’area, sugli impatti e fonti di emissioni, sulle interrelazioni virtuose possibili tra i vari processi produttivi, e sulle soluzioni di massima ipotizzate per dotare le infrastrutture ed i sistemi di rete dell’area dei requisiti ambientali di qualità; lo studio dovrà contenere anche informazioni sulla fattibilità economica; b) le linee di indirizzo, che costituiscono la base dell’accordo stesso, e saranno concretizzate nella Politica Ambientale dell’area ecologicamente attrezzata; c) eventuali criteri per la scelta del Soggetto Responsabile. Nella tabella sotto riportata sono raccolte alcune caratteristiche atte a qualificare le aree produttive in APEA; tale elenco deve essere integrato a seconda dei contesti al quale và applicato
67
68
Partendo da una situazione esistente, si dovrà invece intervenire migliorando progressivamente le dotazioni e le prestazioni ambientali attuali dell’area, con l’obiettivo di avvicinare gradualmente le caratteristiche e le performances ambientali dell’area agli standard di qualità richiesti per le aree ecologicamente attrezzate. La disciplina urbanistica, sia nel caso di trasformazione di un’area produttiva esistente che nel caso di una nuova realizzazione, è operata dal Piano Operativo Comunale (POC). Tale strumento dovrà essere elaborato sulla base di un accordo tra il Comune e le imprese già insediate nell’area, ai sensi dell’art. 18 della L.R. n. 20 del 2000. L’accordo dovrà definire modalità partecipative di redazione, da parte del Soggetto Responsabile dell’area, del Programma di miglioramento e riqualificazione progressivo, in modo da assicurare l’adesione allo stesso delle imprese chiamate sin dall’inizio a rispettarlo. Nell’area ecologicamente attrezzata sarà possibile sperimentare forme nuove di interazione tra le imprese e la pubblica amministrazione. Grazie all’individuazione di uno Sportello Unico che costituisce un’ interfaccia privilegiata nel rapporto con le imprese sarà possibile individuare velocemente i segnali di difficoltà sul territorio, e gestire in maniera unitaria gli aspetti amministrativi complessi dell’insediamento. Inoltre l’atto di indirizzo esplica la possibilità di standardizzazione e la semplificazione delle procedure di insediamento delle 69
imprese, prevedendo agevolazioni e accelerazioni dell’iter amministrativo e rilascio delle autorizzazioni necessarie. La Regione tramite gli interventi previsti dalle leggi regionali, promuove la realizzazione delle aree produttive ecologicamente attrezzate anche tramite la concessione di benefici economici a favore sia delle imprese che degli enti locali. A tal proposito la Regione Emilia Romagna e le Province hanno firmato il 15 marzo 2007 un Accordo per la realizzazione delle APEA in base al quale la Regione ha messo a disposizione un ammontare complessivo di 8 milioni di euro per co-finanziare le spese di realizzazione delle infrastrutture energetiche, ambientali e telematiche nelle aree individuate. Ogni Provincia ha a disposizione 1 milione di euro e la possibilità di supportare nella misura massima del 40% la realizzazione di suddette infrastrutture. Il percorso da seguire per arrivare all’identificazione delle aree più idonee a diventare ecologicamente attrezzate è : a) ricognizione delle aree produttive interessate da riqualificazione o nuovo insediamento che ogni Provincia, entro settembre del 2007, deve effettuare comprendendo un analisi economica delle dinamiche imprenditoriali; b) la Regione provvederà ad emanare un invito alle Province a presentare proposte progettuali corredate di un piano finanziario e del contributo richiesto; c) i Comuni interessati dovranno elaborare proposte progettuali coerenti con quelle provinciali. L’approvazione dei progetti che otterranno il finanziamento regionale avverrà durante una Conferenza di Programma estesa a comuni, province ed organizzazioni sociali ed economiche interessate.
70
DAL PTCP DI MODENA ALLA SCELTA DELL’AREA
5
Prescrizioni del nuovo PTCP sulle aree produttive MOAP NET: Sistema di supporto Distribuzione e dinamiche delle unità produttive locali Individuazione di un area produttiva convertibile in APEA
71
5.1 5.
1 - Prescrizioni del nuovo PTCP sulle
aree produttive La Provincia di Modena, attraverso il PTCP, individua, d’intesa con i comuni interessati, le aree produttive “idonee ad essere ampliate per assumere rilievo sovracomunale” e “gli ambiti più idonei alla localizzazione delle nuove aree produttive di rilievo sovracomunale“ e stabilisce “l’assetto infrastrutturale e le caratteristiche urbanistiche e funzionali. Il PTCP in tali ipotesi assume il valore e gli effetti del PSC”. Il Consorzio per le Attività Produttive di Modena (CAP) ha sostenuto l’andamento economico dell’industria modenese a partire dal 1975. Il CAP ha predisposto un documento di Linee Guida per la realizzazione delle APEA, che costituisce un utile riferimento anche per la definizione in sede di PTCP dei criteri e delle condizioni per la realizzazione delle APEA. Le linee guida individuate prevedono infatti interventi che riguardano il risparmio energetico, la logistica, la telematica, la demotica9 , la bioedilizia, lo smaltimento dei rifiuti, il ciclo delle acque e includono inoltre una gestione unitaria per energia, logistica e ambiente. Grazie alle linee guida, vengono definiti parametri energetici e di integrazione paesaggistica attraverso la progettazione del verde e alla manutenzione con impiego dei materiali ottenuti dalla potature per fini energetici. Per ogni area risulta centrale il tema dell’approvvigionamento e della produzione di energia: dopo l’analisi dei fabbisogni e interventi di razionalizzazione nel consumo è prevista la creazione di un vero e proprio consorzio per la gestione dei servizi energetici.
9. Nota: disciplina che sperimenta tecnologie atte al miglioramento della qualità della vita negli ambienti antropizzati
72
Il sistema di mobilità delle aree viene definito in modo da promuovere modalità alternative sia rispetto al trasporto collettivo sia rispetto all’utilizzo di veicoli meno inquinanti. Il progetto di razionalizzazione e di miglioramento della logistica che viene realizzato deve mirare da una parte a portare benefici economici e competitivi per le aziende e dall’altra deve comportare diminuzioni dell’impatto ambientale e dell’inquinamento atmosferico derivanti dalla diminuzione dei mezzi circolanti. Rispetto alle risorse idriche si punta al riutilizzo delle acque meteoriche (per irrigazione, lavaggio automezzi, sistema antincendio, sistemi di raffreddamento) e si va nella direzione di tenere sotto controllo i consumi industriali e potabili. Altri obiettivi sono il contenimento della produzione dei rifiuti e la raccolta differenziata collettiva (carta, vetro, legno, oli, rifiuti da destinare alla filiera del compostaggio). L’attuale PTCP ,in vigore dal 1998, affronta l’argomento delle aree produttive individuando i poli industriali di rilievo provinciale, introducendo un approccio che prevede l’attuazione di alcune esperienze pilota che sono ora in corso di realizzazione con il supporto operativo del Consorzio Attività Produttive di Modena. Il nuovo PTCP è orientato ad applicare i seguenti criteri generali: - definizione dell’APEA come ambito territoriale in cui, a prescindere dalla dimensione territoriale di suolo occupato, si collocano attività produttive che nel complesso instaurano con il territorio e con il sistema socioeconomico un insieme di relazioni che in misura significativa sono di carattere extra-locale; di conseguenza si determinano condizioni di forte selezione nell’individuazione di tali aree, in quanto la sola distribuzione su un ambito territoriale che interessa più comuni non determina tali condizioni; - finalità generale del PTCP è quella di progressivo avvicinamento delle APEA alle esperienze degli eco-industrial parks, con l’obiettivo trasversale di migliorarne le performances ambientali, in particolare attraverso l’impiego coordinato delle risorse (fonti energetiche, acqua, materiali) e la creazione di filiere ecologiche tra imprese e lavorazioni (ciclo dei rifiuti, produzione e recupero energetico, integrazione dei cicli produttivi attraverso il reimpiego di scarti/materie seconde). Gli obiettivi del PTCP per quanto riguarda le aree produttive sono: - Selezione degli ambiti produttivi che negli scenari di attuazione del PTCP 73
dispongono delle potenzialità per svolgere un ruolo territoriale di rilievo e per concorrere ai processi di riorganizzazione del sistema produttivo in alcuni settori chiave dell’economia modenese. - Definizione per ciascun ambito (connotato da caratteri propri) di obiettivi prestazionali che il PTCP assegna, d’intesa con i comuni e gli operatori coinvolti, al fine di delineare un ruolo territoriale delle aree (che concorrono ad una serie di altri obiettivi della pianificazione, in primis di riqualificazione di ambiti urbani) ed una coerente strategia di gestione per la loro trasformazione in aree ecologicamente attrezzate. Le politiche territoriali e le azioni attraverso il quale si compiono tali obiettivi sono: - Definizione, perimetrazione e classificazione delle aree produttive di rilievo sovracomunale in base a criteri omogenei fissati dal PTCP - Definizione degli obiettivi specifici e delle prestazioni da assegnare agli ambiti produttivi sovracomunali, e delle modalità di progressiva trasformazione in APEA - Contenuti degli Accordi Territoriali da definire e caratteristiche dei soggetti gestori.
74
5.2 5.
2 - MOAP NET : sistema di supporto
Il MOAP, monitoraggio aree produttive, nasce nei primi anni del 2000 e consiste in un sistema informativo che raccoglie, organizza e pubblica i dati relativi alle aree produttive del territorio modenese. Esso consente la ricerca e la visualizzazione dei dati sottoforma di schede che permettono di interfacciarsi con delle immagini cartografiche messe a disposizione da SisTeMo Net. Quest’ultimo infatti è il sistema informativo territoriale della Provincia di Modena. La finalità del MOAP (fig. 14) è quella di creare uno strumento dinamico di gestione e pianificazione territoriale che informi gli utenti e i cittadini in maniera rapida ottimizzando l’offerta insediativa. Inoltre permette di svolgere studi a carattere economico tramite analisi di imprese, strutture ed infrastrutture presenti sul territorio e all’interno delle singole aree produttive. Quindi è possibile mettere in diretto contatto l’utente interessato con le informazioni di cui necessita, dal proprio computer e verificando le differenti localizzazioni. La ricerca delle aree si divide in tre categorie: • ricerca per comune che consente di estrarre dal database gli ambiti produttivi presenti nel territorio comunale; • ricerca per ambito che consente di consultare il database a seconda delle caratteristiche omogenee degli ambiti (infrastrutture, trasporti e servizi disponibili in loco); • ricerca per area che consente di filtrare la ricerca non solo per comune, ma anche in base alle connotazioni che assume l’area che può essere 75
consolidata, dismessa o in espansione nel caso della localizzazione di nuovi ambiti produttivi. Inoltre è possibile una ulteriore classificazione in base alla destinazione d’uso, se industriale, artigianale, commerciale, ecc.. Il sistema informativo MOAP censisce circa 212 ambiti produttivi pianificati suddivisi rispettivamente in 243 aree consolidate, 248 di nuovo insediamento e 10 aree dimesse da rifunzionalizzare. Di questi 212 ambiti occorre considerare solo quelli a destinazione industriale e artigianale (secondo quanto previsto dall’Accordo tra Province e Regione Emilia Romagna) con una superficie territoriale complessiva superiore ai 30 Ha, di cui 10 Ha destinati all’espansione. Inoltre devono essere localizzati entro i 10 Km da caselli autostradali e scali ferroviari e collegati attraverso la rete primaria della viabilità di interesse provinciale e interprovinciale al fine di minimizzare l’attraversamento nelle zone edificate e l’utilizzo della rete secondaria di viabilità.
Fig. 14
76
La legge 20/00 fornisce ulteriori elementi da considerare prioritari nella scelta delle aree produttive da destinare ad APEA: a) la valenza di polo produttivo sovracomunali10 definita dal vigente PTCP e dai PSC adottati o approvati; b) la presenza di aree di espansione di proprietà pubblica e di aree interessate da Piani per Insediamenti Produttivi; c) la presenza di aree soggette a Piani Particolareggiati di iniziativa pubblica o privata, purchè oggetto di apposite convenzioni pubblico-private che garantiscano risultati certi sul fronte del rispetto di tempi stabiliti per la progettazione e realizzazione dell’area e sul fronte della calmierazione dei prezzi dei lotti. La presenza di aree di proprietà pubblica e la localizzazione dei PIP offre maggiori garanzie di governo del processo di realizzazione dell’area e di fattibilità economico-finanziaria e gestionale, e garantisce la calmierazione dei prezzi di vendita dei lotti.
10. Nota: ai sensi dell’art. 50 del vigente PTCP i poli produttivi provinciali sono costituiti da zone per insediamenti produttivi che per loro consistenza e collocazione sul territorio, rispetto alla sostenibilità ambientale e alla dotazione infrastrutturale, devono essere interessati prioritariamente da progetti di sviluppo e qualificazione a servizio di tutto il territorio provinciale.
77
5.3 5.
3 - Distribuzione e dinamiche delle unità produttive locali
Storicamente, tutte le province attraversate dalla Via Emilia presentano caratteristiche economiche di grande dinamicità e sono strutturalmente simili tra di loro. Nel loro ambito, Modena riveste una posizione centrale e l’elevato valore aggiunto pro-capite prodotto nell’area viene stimato, al 1995, pari a 20.555 euro. Tale valore è tra i primi posti nella graduatoria delle province italiane anche a dieci anni di distanza. L’importanza dell’assetto economico modenese si esprime attraverso un tessuto imprenditoriale fitto e dinamico, caratterizzato da un’elevata diversificazione interna delle attività produttive, per un diffuso decentramento produttivo e per la significativa apertura verso il mercato estero (stringendo rapporti con Germania, Francia e Stati Uniti). Lo sviluppo economico provinciale, inoltre, è favorito da una forte rete associativa che, oltre a rappresentare politicamente le categorie di riferimento, garantisce agli associati, alcuni servizi di grande utilità quali: l’accesso al credito, la consulenza su argomenti di gestione amministrativa e generale, la selezione del personale, la consulenza tecnica, ecc. L’elevato grado di sviluppo economico raggiunto e la propensione all’export (l’export modenese costituisce il 2,6% del complesso delle esportazioni del Paese e colloca Modena entro le prime dieci posizioni nella classifica delle province italiane esportatrici) rappresentano due aspetti fortemente interdipendenti, in quanto Modena ha sperimentato una crescita in larga parte grazie alla capacità di penetrazione sui mercati esteri. I comparti economici di maggior peso, sono il metalmeccanico (1.977 milioni di euro) con apparecchiature e meccanica di precisione per l’industria ed il 78
comparto ceramico (1.822 milioni di euro, il 22% delle esportazioni italiane nel settore) che comprende in prevalenza piastrelle in ceramica; segue l’esportazione di macchine agricole e industriali (1.431 milioni di euro), di mezzi di trasporto, automobili sportive, corriere, ecc. (802 milioni di euro) e il comparto maglieria e abbigliamento (922 milioni di euro). Per quanto riguarda in specifico il settore dei trasporti si registra, per la movimentazione delle merci, un sostanziale consolidamento piuttosto che uno sviluppo, probabilmente perché in questo settore l’area modenese ha raggiunto un livello di sviluppo già elevato con forte anticipo rispetto ad altri contesti territoriali della provincia; una delle prossime sfide del settore potrebbe quindi riguardare l’obiettivo di decentrare in altri luoghi i compiti connessi allo smistamento dei prodotti. Dal punto di vista della specializzazione industriale, il distretto meccanico si riconferma il settore di maggiore importanza, occupando circa la metà degli addetti, mantenendo peraltro un andamento positivo anche durante tutto l’ultimo decennio. Il settore tessile segue successivamente per importanza rientrando nella categoria del settore manifatturiero. Negli ultimi 10 anni si possono riscontrare fenomeni analoghi a quelli determinatisi in tutto il versante Nord della provincia: il tessile è in diminuzione, e di questa perdita percentuale se ne avvantaggiano il meccanico e l’alimentare, che nello specifico detiene un peso elevato rispetto alle medie provinciali; anche in questa area prosegue la crescita delle imprese legate al biomedicale11 ed alle apparecchiature di precisione in genere. Il numero complessivo di unità locali insediate resta tuttavia pressoché invariato rispetto al dato del 1995, a seguito delle compensazioni tra comparti.
11. Nota: attività introdotta negli anni 60’ che prevede l’introduzione nel mercato di prodotti monouso per uso medico.
79
5.4 5.
4 - Individuazione dell’ambito produttivo potenzialmente adatto
La Provincia di Modena ha ritenuto necessario aggiornare i dati del MOAP rilevati per la prima ed unica volta nel 2002 dando tale incarico alla Sig. ra Giulia Malagodi. Avendo a disposizione sei mesi, il suo compito sarebbe stato quello di censire tutti gli ambiti produttivi dei 47 comuni della provincia aggiornando gli eventuali cambiamenti avvenuti come l’introduzione di misure di risparmio energetico, variazioni perimetrali, prezzo al mq, infrastrutture ecc.. L’inizio del suo incarico è coinciso con il mio interesse per le aree produttive ecologicamente attrezzate, perciò è parso utile che la affiancassi durante alcune interviste condotte presso il Comune di Formigine, e il CAP che come ho detto è un consorzio che si occupa della gestione delle aree produttive di 13 comuni modenesi. Avendo così un ottica più chiara di che aree considerare, ho scelto di occuparmi di un’ambito raggiungibile facilmente per svolgere le mie analisi, orientando la mia ricerca sul territorio comunale di Modena. L’area che potenzialmente aveva tutte le caratteristiche idonee per divenire APEA era l’area produttiva Bruciata. Nella tavola seguente vengono localizzati gli ambiti produttivi di rilievo comunale e sovracomunali all’interno del comune modenese. (Tav 1) L’area di rilievo sovracomunale situata a nord-est pur avendo un estensione superiore ai 30 Ha non prevede aree di nuova realizzazione e quindi non vi è la possibilità di prevedere aree ecologicamente attrezzate ex-novo nella misura di 10 Ha. L’area produttiva Bruciata localizzata a nord-ovest di Modena, si estende lungo la via Emilia ed è caratterizzata dalla presenza di tre aree di nuova espansione, che corrispondono a tre PIP (piani per insediamenti produttivi). 80
In particolare il PIP 8 in buone parte attuato, il PIP 9 e il PIP 10. Il Comune di Modena, ha adottato il Piano delle aree destinate ad insediamenti produttivi (art. 27 delle Legge 22 Ottobre 1971, n. 865) nel 1993, ma a seguito dei dati emersi dalle valutazioni urbanistiche complessive sull’intero territorio, si è resa necessaria la definizione di una variante (variante approvata con d.c.c. n. 102 del 20 luglio 2000) basata sulla verifica del dimensionamento delle 15 aree previste da tale piano, con l’aggiunta di altri 3 comparti in cui è ammesso l’insediamento di un Impianto di Distribuzione Carburante. La realizzazione dei comparti prevede l’intervento attuativo del CAP realizzando forme di collaborazione pubblico/privato previste dalla normativa vigente. Tav 1
81
82
CONVERSIONE IN APEA DELL’AREA PRODUTTIVA BRUCIATA
6
Quadro pianificatorio provinciale e comunale Inquadramento territoriale Reti infrastrutturali Aspetti idro-geomorfologici e naturalistico-ambientali Fattori di rischio Sistema produttivo insediato Proposta di Linee di Indirizzo per una progettazione e gestione secondo criteri di eco-efficienza Proposta di definizione di Accordi Territoriali 83
6.1 6.
1 - Quadro pianificatorio provinciale e comunale
Il PTCP della Provincia di Modena individua nella tav.12 del Quadro Conoscitivo “gli insediamenti produttivi e le relazioni con i sistemi territoriali” distinguendo le aree consolidate, dimesse, in espansione e in espansione con superficie superiore ai 100.000 mq (fig.15). Come è possibile notare l’area produttiva Bruciata presenta aree consolidate ed in espansione con una superficie superiore ai 100.000 mq. Il PRG di Modena prevede per quest’area destinazione industriale ed artigianale. Esso si compone di tre strumenti urbanistici fondamentali: il PSC, il RUE ed il POC. Il PSC, Piano Strutturale Comunale, è uno strumento urbanistico che conforma il territorio comunale, ma in se non è operativo. Tra i contenuti del PSC vi è la classificazione del territorio comunale in urbanizzato, urbanizzabile e rurale;inoltre individua gli ambiti del territorio comunale e definisce le caratteristiche urbanistiche e funzionali degli stessi, stabilendone gli obiettivi sociali, funzionali, ambientali e morfologici e i relativi requisiti prestazionali. Il RUE, Regolamento Urbanistico Edilizio, ha il compito di disciplinare il territorio edificato, urbanizzato e rurale facendo principalmente riferimento ai tessuti edilizi dei centri abitati e dei centri storici. Il POC, Piano Operativo Comunale, ha durata quinquennale e disciplina le grandi attività oggetto di trasformazione del territorio, siano esse di nuovo impianto o di recupero urbanistico, nonché ambiti interessati da concertazione con i privati, definendo i contenuti urbanistici e programmandone l’attuazione. Il RUE prevede tra gli strumenti attuativi all’art. 5.4 il Piano Delle Aree Destinate ad Insediamenti Produttivi. 84
1. Il Piano delle aree destinate ad insediamenti produttivi prevede, in esecuzione delle previsioni del Piano Regolatore e con efficacia di Piano particolareggiato, la definizione dettagliata dell’assetto urbanistico, l’acquisizione da parte del Comune e l’urbanizzazione delle aree per gli insediamenti destinati a funzioni di tipo industriale, artigianale, commerciale, direzionale, turistico e agroindustriale. 2. Al Piano delle aree destinate ad insediamenti produttivi si applicano le medesime norme disposte o richiamate per il Piano per l’edilizia economica e popolare dal precedente art. 5.3. (...) 4. Nei casi in cui dalla originaria zona P.I.P. sia stata scorporata la parte da destinare all’intervento privato, così come indicato nel POC, la zona P.I.P. deve essere progettata congiuntamente alla adiacente area, disciplinata da piano particolareggiato di iniziativa pubblica o privata. Fermo restando il perimetro complessivo, lo sviluppo della progettazione urbanistica attuativa potrà modificare il confine fra le due zone, mantenendo inalterati i rispettivi parametri urbanistici. Il PIP 8, facendo riferimento alla L.R. 47/ 1978, antenata della legge 20/2000, ed essendo in parte già attuato, non prevede misure di risparmio energetico o di depurazione, anche se le imprese insediate non hanno un carattere particolarmente inquinante. I PIP 9 e 10 invece sono conformi alle prescrizioni della L.R. 20/2000 che prevede che le dotazioni siano rispettose dell’ambiente. Ai sensi dell’art. 27 della Legge 22 Ottobre 1971 n. 865, il Comune di Modena ha adottato Il Piano delle aree da destinare ad Insediamenti Produttivi nell’ Aprile del 1993. Nel Luglio 2000 si propone una Variante al Piano delle Aree destinate ad Insediamenti Produttivi determinando: che il rapporto tra la superficie edificabile e la superficie fondiaria è stato rivalutato modificando in riduzione o aumento il perimetro del comparto. che la capacità insediativa per attività produttive è stata confermata che per il comparti confermati tra cui il PIP 8 è stata ricalcolata la dotazione di aree per servizi di quartiere (15% della ST) che per i PIP 9 e 10 la superficie dei servizi è eccedente lo standard in quanto una quota è desinata ad area vincolata a Forestazione Urbana localiz85
zata nella fascia di rispetto della Tangenziale. Tale variante si compone di 6 articoli facente parte delle norme tecniche di attuazione a carattere generale che trattano di: 1. 2. 3. 4. 5. 6.
Fig. 15
86
campo di applicazione e elenco delle proprietĂ comprese nel Piano elementi costitutivi della variante funzione degli elaborati costitutivi della variante modalitĂ di progettazione indicatori ambientali rapporto con la disciplina del Piano Regolatore
6.2 6.
2 - Inquadramento territoriale
Il territorio del Comune di Modena è attraversato dalle autostrade A1 e A22 e dalle linee ferroviarie Bologna-Milano e Modena-Mantova-Verona. La città è tagliata dalla via Emilia in senso est-ovest, è circondata dalla tangenziale a nord e dalle complanari all’autostrada a sud con circa 840 km di strade e 802 veicoli circolanti/1000 abitanti (Italia 575). Gli spostamenti/giorno ammontano a 500.000 dei quali 300.000 interni. Il trasporto merci ha un’incidenza pari al 19% circa e un ingombro veicoli ponderato pari al 28 %. L’area produttiva Bruciata è situata a nord-ovest di Modena, all’interno del perimetro comunale e ai margini dell’area urbanizzata (fig. 16). E’ circoscritta dalla tangenziale nord Luigi Pirandello che all’incrocio con via Emilia diviene Tangenziale sud. Via Emilia ovest, da sempre considerata una strada sulla quale si articolano le più fiorenti attività produttive, attraversa l’intero comparto consolidato che è delimitato a nord da Via Ponte Alto, e a sud da Rio Bergamozzo, piccolo fosso di scarsa portata. In queste aree sono stati individuati dei PIP ( piani per insediamenti produttivi), in particolare il PIP 8 in buona parte attuato ed i PIP 9 e10. Gli ultimi due sono da considerare utili ai fini di aree per nuove realizzazioni produttive in quanto il CAP che si occupa della vendita dei lotti e della gestione dell’area sta raccogliendo le proposte degli acquirenti ma non ha predisposto alcuna vendita. La superficie territoriale di ciascun ambito è rispettivamente per il PIP 9 di 173.596 mq, e per il 10 una superficie territoriale di 160.820 mq. 87
Fig. 16
88
89
6.3 6.
3 - Reti infrastrutturali
Il Comune di Modena può vantare un moderno sistema di reti già dai primi del novecento. Nel 1912 viene fondata e resa operativa un’azienda municipalizzata che, dotata di grandi motori diesel F. Tosi, produceva e distribuiva energia elettrica e collegava con tram i quartieri periferici al centro e alle due stazioni ferroviarie. L’elettricità per l’illuminazione pubblica era arrivata in città otto anni prima. Dopo numerosi e travagliati confronti e complesse vicende amministrative all’azienda viene affidata a partire dal 1919 l’illuminazione pubblica a gas e la produzione di gas per il riscaldamento, fino ad allora gestiti da un’azienda privata. Nei decenni successivi tutta la rete elettrica cittadina e la relativa distribuzione di energia sarà definitivamente gestita dall’azienda pubblica municipalizzata, condizione molto particolare nel panorama nazionale, che fino alle recenti privatizzazioni affidava anche le reti urbane al monopolio nazionale. Dalla metà del XIX secolo, l’Amministrazione Comunale decide di affrontare la costruzione di un acquedotto. Il primo progetto per un acquedotto cittadino risale al 1865. I lavori iniziano nel 1910 con la realizzazione del primo stralcio, che convogliava le acque dalla sorgente di Semelano di Contese, per poi essere completato nel 1926. Il progetto di un sistema fognario, concepito secondo moderni schemi viene preso in esame dall’Amministrazione Comunale fin dal 1901. La realizzazione viene preceduta da numerosi studi e proposte ad opera dell’Ufficio Tecnico Comunale per il risanamento igienico cittadino e si conclude negli anni ‘20. 90
E’ opportuno fare una distinzione della rete infrastrutturale considerando da un lato i collegamenti ed i trasporti, e dall’altro le infrastrutture tecnologiche intendendo la rete di energia elettrica, di gas metano, di acqua potabile e del loro smaltimento. Per quanto riguarda il primo caso, ai fini dell’individuazione di potenziali APEA, si considera la vicinanza entro 10 Km dalle vie di collegamento statale e provinciale. In questo caso la Tangenziale nord e la via Emilia ovest sono localizzate all’interno del comparto. Il casello autostradale A1 Modena nord si trova a 2 km di distanza, mentre la stazione ferroviaria con scalo merci è a 5 km. Le aree di nuova espansione collocate a nord e a sud del comparto, destinate a nuovi insediamenti, oltre a quelli già presenti, costituiranno un polo importante di attrazione del traffico veicolare. Sono presenti fermate di trasporto pubblico su gomma sulla via Emilia, ma non ci sono adeguati attraversamenti e percorsi ciclo-pedonali. Nel secondo caso le reti di energia elettrica, gas metano, acqua potabile presenti sono gestite dell’ Ente META, mentre la rete di smaltimento acque bianche e nere e l’impianto di depurazione sono gestite dal Comune di Modena. Mancano invece la rete di acqua industriale, di antincendio, di smaltimento di acque miste e di acque industriali. Assente anche un’ isola ecologica.
91
6.4 6.
4 - Aspetti idro-geomorfologici e naturalistico-ambientali
L’acqua ha un ruolo fondamentale nel territorio modenese in quanto ne ha per secoli condizionato lo sviluppo economico e insediativo. La cartografia proposta (tav. 2) indica in modo efficace come l’area sia solcata da una rete di corsi d’acqua e dalla presenza di dossi, aree depresse e conoidi alluvionali. I principali sono i fiumi Secchia e Panaro, entrambi affluenti del Po. Sono poi presenti numerosi corpi idrici secondari naturali e altri artificiali realizzati nel corso dei secoli per l’utilizzo della risorsa a scopi irrigui, per la produzione di energia meccanica e, come nel caso del Canale Naviglio, per il trasporto di merci. L’azione antropica ha avuto inoltre l’obiettivo fondamentale della sicurezza idraulica del territorio e della città, perseguito sin dalle origini attraverso interventi intensi e continui di bonifica e regimazione delle acque. L’area di studio è caratterizzata da tracce paleoidrografiche, che testimoniano la mobilità dei fiumi (tav. 3). I conoidi alluvionali sono l’accumulo dei materiali trasportati dai fiumi e depositi ai piedi dell’Appennino. I dossi fluviali sono fasce di terreno sopraelevate rispetto al piano campagna circostante. Le aree depresse tra un alto morfologico e l’altro sono aree ben circoscritte, caratterizzate da litologie argillose, dove si hanno le quote topografiche più basse. I paleoalvei a livello della pianura sono forme lineari sinuose, alla stessa quota del piano campagna circostante, che si rinvengono principalmente nella media pianura con direzione analoga a quella dei dossi.
12. Nota: si fa riferimento alla formazione e costituzione delle rocce.
92
La presenza di una capillare rete di canali di scolo denota il carattere prevalentemente rurale dell’area circostante quella industriale, con presenza di seminativi di importanza ambientale a nord e di carattere periurbano a sud del comparto. Dal punto di vista litologico (tav. 4) l’area di studio è composta in gran parte da depositi prevalentemente argillosi ad esclusione della parte terminale in prossimità di via Ponte Alto all’innesto con la Tangenziale, composta da depositi limosi. Per quanto riguarda i caratteri naturalistico ambientatali l’area circostante si presenta per la maggior parte agricola con sporadiche presenze di arbusteti localizzati in ambiti interstiziali. Alcuni corsi d’acqua sono composti di vegetazione ripariale prevalentemente canneto, e sempre sporadicamente si avvistano filari alberati. Questi ultimi sono spesso assenti lungo le strade principali.
tav. 2
93
tav. 3
94
tav. 4
95
6.5 6.
5 - Fattori di rischio
Il carico antropico sull’ecosistema urbano e territoriale, nei due secoli scorsi, ha modificato i problemi di pericolosità ambientale e di vulnerabilità. Per un lungo periodo il decadimento della qualità delle principali matrici ambientali: suolo, acqua, aria è stato di origine biologica, tuttavia non per questo meno rilevante per la qualità della vita degli abitanti di Modena di quei tempi. Anche gli impatti prodotti dall’azione antropica sulle matrici ambientali sono sostanzialmente cambiati, soprattutto nel secolo scorso. La qualità delle acque superficiali è andata progressivamente degradandosi per effetto in particolare dell’inquinamento chimico connesso all’attività agricola intensiva e industriale. Solo recentemente sono stati registrati significativi miglioramenti. La matrice più decisamente attaccata, soprattutto nell’area urbana, è l’aria la cui qualità è compromessa oggi dal traffico veicolare, mentre si riduce l’effetto determinato dalle attività industriali, un tempo prevalente, in conseguenza dell’evoluzione tecnologica e della dismissione dei cicli produttivi più inquinanti. Le linee di trasporto dell’energia elettrica e le antenne per le telecomunicazioni hanno generato una nuova tipologia di impatti sul paesaggio e sull’uomo, connessi alle radiazioni non ionizzanti. Negli ultimi anni lo sviluppo delle infrastrutture connesse con il trasporto e la distribuzione dell’energia elettrica e la diffusione delle telecomunicazioni ha determinato, soprattutto nell’ambiente urbano, un inevitabile aumento delle sorgenti di campi elettromagnetici sia a bassa frequenza (ELF) che ad alta frequenza. Le principali sorgenti artificiali di campi ELF sono gli elettrodotti a bassa, media ed alta tensione ed i campi elettromagnetici da essi generati dipendono dall’intensità della corrente elettrica nonché dal numero e dalla disposizione geometrica dei conduttori. I ripetitori radiotelevisivi e gli impianti 96
per telefonia cellulare rappresentano invece le principali sorgenti di campi elettromagnetici ad alta frequenza e differiscono fondamentalmente per la potenza di emissione: molto contenuta nel caso delle stazioni radiobase, decisamente più consistente per quelle radio e TV. Nella carta proposta (tav. 5) sono poste in evidenza le principali linee di distribuzione dell’elettricità (elettrodotti), con la relativa fascia di rispetto, individuata ai sensi delle norme vigenti. Sono inoltre localizzati gli impianti radio televisivi e le stazioni radiobase per la telefonia mobile presenti nel territorio alla data del 31.10.2002. Il rischio idraulico, fondamentale nella storia della città, si è decisamente ridimensionato e resta sostanzialmente dipendente dagli effetti di precipitazioni locali intense, sul sistema scolante urbano. L’area individuata per la realizzazione del PIP 9 e del PIP 10 (tav. 6) e in generale buona parte del comune di Modena è caratterizzata da problemi di deflusso delle acque ed è pertanto necessario mantenere stabili i livelli di invarianza idraulica. Il CAP ha già adottato in alcuni suoi insediamenti particolari disposizioni per la raccolta delle acque bianche e lo stesso Comune di Modena sta già lavorando da tempo alla realizzazione di un regolamento per la gestione del rischio idraulico. L’area produttiva Bruciata si trova nella condizione in cui si ha: difficile smaltimento delle acque forme a livello della pianura circostante (es. paleoalvei e aree con tracce di corsi d’acqua a canali intrecciati estinti) caratterizzate da materiali prevalentemente limosi od argillosi, ove il potenziale ristagno delle acque è unicamente correlabile alla natura dei depositi presenti, sono ampiamente diffuse su tutto il territorio indagato. morfologia convessa a facile smaltimento delle acque indipendentemente dalla litologia, non permettono il ristagno delle acque, sono ampiamente diffuse in tutta l’area. Per la valutazione degli aspetti qualitativi risulta interessante il rilevamento della contaminazione da composti azotati e nello specifico da nitrati delle acque di falda. Elevate concentrazioni che le norme stabiliscono in un massimo di 50 mg/litro ne limitano l’utilizzo a scopo potabile. L’inquinamento da nitrati nelle acque sotterranee è causato dall’eccessivo apporto di inquinanti azotati organici ed inorganici di origine antropica sul suolo agricolo e da possibili dispersioni nelle reti di collegamento delle acque reflue. Sempre nell’area di riferimento (tav. 7) si riscontra la presenza di andamenti delle concentrazioni dei nitrati rilevati tra gli anni 1994 e 2002, (riferite al limi97
te di legge di 50 mg/litro) in una misura che va dai 30 mg/litro ai 50 mg/litro. Per quanto riguarda le sorgenti emissive nel 2002 è stato condotto uno studio da parte dell’ ARPA (agenzia regionale prevenzione e ambiente) che interessa la produzione di PM10 nelle aree industriali e sulle strade di maggior traffico veicolare (tav. 8). Per finire nella carta del rumore misurato è rintracciabile il maggior inquinamento acustico lungo le arterie stradali principali, sulla quale ogni giorno viaggiano una quantità rilevante di mezzi pesanti (tav. 9)
98
tav. 5
99
tav. 6
tav. 7
100
tav. 8
101
102
tav. 9
103
SINTESI VALUTATIVA DEI PRINCIPALI PARAMETRI AMBIENTALI
104
105
Le schede di valutazione ambientale rappresentano uno strumento sintetico in grado di verificare le compatibilità ambientali del territorio in relazione alle scelte di Piano Regolatore Generale. Per ogni area elementare, definita dal P.R.G., è fornita la caratterizzazione geologica ed idraulica sulla base di “indicatori vocazionali” quali: -
portanza dei terreni subsistenza esondabilità deflusso delle acque superficiali grado di protezione degli acquiferi rischio di inquinamento carico idraulico
Gli “indicatori” descrivono le caratteristiche intrinseche del territorio e consentono di valutare, preventivamente, il grado di adattabilità del sito alle sollecitazioni indottegli dal sistema insediativo. Le caratteristiche geologiche ed idrauliche, relative ad ogni area, vengono espresse valutando la percentuale della porzione di territorio su cui ricade “l’indicatore vocazione” preso in considerazione.
106
6.6 6.
6 - Sistema produttivo insediato
L’area produttiva Bruciata è uno dei più fiorenti comparti industriali del comune modenese; grandi imprese produttrici si alternano a piccole imprese, attività commerciali e artigianato. Le prime di collocano in prossimità della via Emilia, mentre le ultime sono più marginali e concentrate maggiormente a sud del comparto (tav. 10). Esaminando l’area dal punto di vista della specializzazione industriale, il distretto meccanico si riconferma il settore di maggiore importanza, in quanto sia le grandi che le piccole imprese producono per la maggiore, pezzi di ricambio, componenti meccaniche. Tra le grandi imprese troviamo la Caprari ( pompe ed elettropompe), la TetraPak, l’ IrisBus ( produzione componenti per autobus, camion), la Salami ( prodotti di oleodinamica), l’ RTMO ( ricambi trattori), la Stilma Acciaierie, la Fiat ecc. Molte le attività commerciali di vario genere, dalla vendita di automobili a quella di vestiario. Varie anche le piccole imprese che si occupano di meccanica in generale, fabbricazione di tende da sole, società di trasporto su strada. Tra queste è indispensabile individuare un soggetto gestore responsabile delle infrastrutture e degli impianti. E’ importante sottolineare che non ci sono imprese che producono particolari sostanze tossiche o gravemente nocive, ma che comunque ci sono casi in cui i materiali di scarto sono dannosi per l’ambiente e devono essere trattati con attenzione.
107
tav. 10
108
6.7 6.
7 - Proposta di Linee di Indirizzo per una
progettazione e gestione secondo criteri di eco-efficienza
Trattandosi dunque di un area produttiva di rilievo comunale, la loro individuazione e regolamentazione spetta ai Comuni interessati ed è contenuta nella pianificazione urbanistica generale. La definizione delle Linee di Indirizzo è il risultato delle elaborazione sia delle Linee Guida del PTCP di Bologna che di quelle del CAP. È opportuno in questa fase definire degli obiettivi e delle azioni per la realizzazione di APEA nell’area Bruciata distinguendo 9 macro campi tematici ripresi dall’atto di indirizzo e coordinamento tecnico: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.
Attrezzature e spazi comuni Dotazioni ecologico-ambientali Reti tecnologiche e telecomunicazioni Sistema di gestione dei rifiuti Sistema dei trasporti (esterni ed interni) Sistema di approvvigionamento energetico Sistema di approvvigionamento idrico Sistema fognario e depurativo Sistema insediativo
Questi macro campi interessano sia le aree di nuova realizzazione in quanto costituiscono il parametro di riferimento per la progettazione, sia per le aree esistenti che possono essere qualificate come ecologicamente attrezzate. 109
ATTREZZATURE E SPAZI COMUNI Obiettivi: 1. Includere destinazioni d’uso, spazi e servizi che assicurino sostenibilità ambientale, qualità sociale e benessere per i fruitori Azioni: 1. Prevedere nelle aree destinate alle dotazioni territoriali spazi per i servizi comuni per le imprese, come: aree per lo stoccaggio dei rifiuti assimilati agli urbani (stazioni ecologiche), un’area dove realizzare l’eventuale autoproduzione di energia 2. Riservare una quota di SU, sufficiente ad ospitare un Centro Servizi ovvero un luogo a servizio delle imprese e degli addetti ma fruibile anche dalla comunità locale (ufficio postale, albergo/residence con centro congressi, centri per la formazione, aree verdi attrezzate, farmacia, centro ricreativo, attrezzature sportive, locali di intrattenimento serale, ecc). 3. Favorire la localizzazione della sede del Soggetto Gestore all’interno di tale Centro Servizi 4. Collegare tali servizi ai percorsi ciclo-pedonali interni all’area. 5. Definire criteri progettuali (spazi esterni, volumi, materiali) tali da garantire elevate condizioni di benessere e comfort e ridotti impatti ambientali, oltre che un’elevata qualità architettonica.
DOTAZIONI ECOLOGICO-AMBIENTALI Obiettivi: 1. Non rendere invasivo l’intervento per gli elementi del paesaggio naturali ed antropici in cui si inserisce 2. Contribuire al potenziamento della biodiversità e alla realizzazione della rete ecologica 3. Garantire la qualità degli spazi aperti come aree verdi, parcheggi e aree pertinenziali 4. Prevedere misure di mitigazione per l’inquinamento elettromagnetico ed acustico 110
Azioni: 1. Realizzare fasce di mitigazione non inferiori a 10 m lungo le arterie viarie e a protezione della zona residenziale 2. Le specie da utilizzarsi devono essere autoctone e la fascia deve essere sviluppata sul piano sia arbustivo che arboreo 3. Prevedere una vasca di laminazione delle acque meteoriche (o il risezionamento di canali) e/o un impianto di fitodepurazione, che oltre alla loro funzione specifica, dovranno avere una funzione ecologica e paesaggistica e dovranno essere progettati in coerenza con il progetto urbanistico – paesaggistico divenendone parte integrante e funzionale 4. Infittire la rete ecologica mediante creazione di nuovi corridoi ecologici e potenziare quelli preesistenti 5. Utilizzare specie autoctone 6. Garantire la presenza più diffusa possibile di filari arborei e siepi arboreo-arbustive lungo strade, percorsi pedonali e ciclabili 7. Prevedere parcheggi ombreggiati con specie arboree 8. Predisporre assetti degli spazi aperti che favoriscano l’orientamento dei fruitori all’interno dell’area 9. Realizzare interventi finalizzati al controllo dell’irraggiamento solare, in osservanza del concetto di “diritto al sole”, e della corretta schermatura dei fronti esposti maggiormente nel periodo estivo 10. Predisporre un progetto urbanistico – architettonico integrato di ristrutturazione di strade, parcheggi, aree verdi e aree di pertinenza dei lotti 11. Minimizzare il livello di campi elettrici e magnetici a bassa frequenza (50 Hz), generato da impianti per la trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica 12. Minimizzare il livello dei campi elettrici e magnetici ad alta frequenza (radiofrequenza e microonde: 100kHz-300GHz) generato dai sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi se presenti
RETI TECNOLOGICHE E TELECOMUNICAZIONI Obiettivi: 1. Ottimizzare la configurazione delle reti e degli impianti tecnologici, e realizzare sistemi avanzati per le telecomunicazioni. 111
Azioni: 1. Alloggiare le reti tecnologiche in appositi “cunicoli unici“ (o “cunicoli intelligenti”). In alternativa prevedere che tutte le reti di distribuzione compatibili seguano comunque un unico tracciato, la cui larghezza e il cui manto di copertura consentano di eseguire opere e manutenzioni senza interventi distruttivi (corridoio di manto erboso, piuttosto che in terra battuta tale da ospitare verde decorativo o un percorso ciclo pedonale, cunicoli ispezionabili a lato strada…) 2. Progettazione e gestione di un sistema informativo territoriale utile al monitoraggio ambientale e alla gestione dei servizi erogati. 3. Adottare reti di telecomunicazione a tecnologia avanzata 4. Nominare un Soggetto Gestore con il compito di garantirne (direttamente o indirettamente) la manutenzione e regolarne l’utilizzo da parte delle aziende fruitrici
SISTEMA DI GESTIONE DEI RIFIUTI Obiettivi: 1. Ridurre la produzione di rifiuti tendendo alla chiusura del ciclo produttivo 2. Ridurre i rischi di dispersione nell’ambiente e garantire la sicurezza nella gestione rifiuti 3. Garantire la qualità ambientale e la salubrità dei materiali utilizzati Azioni: 1. Prevedere l’utilizzo di materiali e tecniche costruttive che richiedano basso consumo energetico per la manutenzione e la pulizia In particolare escludere l’utilizzo di materiali di cui non si conosce il grado di tossicità; preferire materiali e componenti facilmente mantenibili, di lunga durata, facilmente riciclabili e con elevata protezione antincendio. 2. Lo stoccaggio dei rifiuti deve essere realizzato in modo da non modificare le caratteristiche del rifiuto compromettendone il successivo recupero. 3. La movimentazione e lo stoccaggio dei rifiuti liquidi o solidi deve avvenire in modo che sia evitata ogni contaminazione del suolo e dei corpi 112
ricettori superficiali e/o profondi 4. Predisporre aree comuni (isole ecologiche) per lo stoccaggio dei rifiuti assimilati agli urbani, differenziato in relazione alla tipologia o alla possibilità di riutilizzo. Le aree di deposito temporaneo devono essere: coperte da tettoia adeguatamente areate protette dall’azione del vento, qualora fossero presenti sostanze polverulente impermeabilizzate, depresse provviste di illuminazione artificiale provviste di acqua corrente (nel caso di più di 8 contenitori e di dimensioni superiori ai 10 mq) ubicate tenendo conto delle prescrizioni igieniche (in particolare evitare localizzazioni che possano favorire la produzione e il trasporto di sostanze inquinanti e maleodoranti) deve essere consentita un’agevole movimentazione 5. Indire appositi bandi che consentano di conoscere (o selezionare) in anticipo le aziende che si insediano, regolandone la localizzazione. 6. Regolare e indirizzare l’insediamento delle attività produttive in modo tale da favorire lo sviluppo di rapporti di simbiosi industriale; in alternativa, organizzare i lotti e i comparti dell’insediamento raggruppandoli in funzione delle tipologie di cicli produttivi. 7. Utilizzare materiali e tecniche di costruzione/installazione che consentano lo smontaggio differenziato (costruzioni a secco e sistemi prefabbricati) 8. Redigere un Piano di Gestione dei Rifiuti che dovrà essere monitorato annualmente e rinnovato periodicamente.
SISTEMA DEI TRASPORTI (INTERNI ED ESTERNI) Obiettivi: 1. Massimizzare la sicurezza stradale e ottimizzare la circolazione interna dell’area, mediante un’adeguata configurazione delle aree di sosta per scarico e carico, della rete viaria e ciclo pedonale, e una opportuna regolamentazione del traffico 2. Attuare adeguate misure gestionali della mobilitazione, al fine di realizzare una mobilità sostenibile delle persone e delle merci 113
Azioni: 1. Realizzare o riqualificare aree di sosta e di manovra apposite per mezzi pesanti 2. Prevedere e prolungare la rete interna ciclo-pedonale e di marciapiedi garantendone la continuità e sicurezza e realizzare parcheggi per biciclette coperti e localizzati nelle immediate vicinanze degli ingressi agli stabilimenti e adeguatamente illuminati 3. Garantire che le fermate servano tutto l’ambito (considerando come area d’influenza della singola fermata un raggio di 300 m). 4. Garantire l’adeguata visibilità, riconoscibilità e protezione dagli eventi metereologici avversi (protezione dalla pioggia, dal sole, ecc.), progettando le fermate in modo da risultare confortevoli e sicure 5. individuare i criteri e le modalità di selezione delle attività che devono insediarsi in modo tale da favorire la riconcentrazione degli insediamenti produttivi, così da eliminare flussi di merci che coinvolgono in modo improprio il territorio. 6. Istituire la figura del Mobility Manager dell’Apea 7. Dovranno essere prese in considerazioni varie soluzioni, ad esempio: - stipulare convenzioni con gli operatori del trasporto pubblico per adattare l’offerta esistente ai bisogni delle imprese in termini di fermate, frequenze, e beneficiare di tariffe preferenziali (con il contributo finanziario delle imprese). - organizzare BUS navetta (o vere e proprie linee) in collegamento con i centri urbani e le principali stazioni di mezzi pubblici. - promuovere/incentivare il trasporto collettivo (premi, parcheggi riservati al car pooling, al car sharing, introdurre una tariffa sui parcheggi liberi, etc). - organizzare un parco mezzi dell’Apea: veicoli (ecologici) per il car sharing, o per altre forme di utilizzo collettivo, (biciclette elettriche, etc.). - promuovere presso i singoli stabilimenti la dotazione di appositi servizi per gli addetti che utilizzano la bicicletta. - promuovere una differenziazione degli orari (flussi merci/persone).
114
SISTEMA DI APPROVIGGIONAMENTO ENERGETICO Obiettivi: 1. Differenziare / ridurre l’utilizzo delle fonti non rinnovabili per l’approvvigionamento energetico e massimizzare l’utilizzo di fonti rinnovabili 2. Ridurre i consumi di energia primaria per riscaldamento e/o raffrescamento e garantire il comfort termoigrometrico negli ambienti interni Azioni: 1. Predisporre la realizzazione di pannelli fotovoltaici su nuovi edifici , considerando che tali sistemi possono essere installati su tetti o facciate. Occorre pertanto prevedere appositi spazi, possibilmente integrati alla struttura dell’edificio (tetti a falda oppure shed), in grado di sfruttare un’esposizione a Sud +/–15%. 2. Installare impianti geotermici con pompe di calore per riscaldare, per produrre acqua calda sanitaria e per sistemi di raffrescamento estivo (freecooling system). 3. Realizzare un impianto centralizzato di cogenerazione per la produzione di energia termica e elettrica, con generatori termici ad alta efficienza modulari (quindi implementabili) e integrati con generatori alimentati da fonti rinnovabili. La produzione mediante cogenerazione deve fornire un risparmio di energia primaria (calcolato in conformità della lettera b della Direttiva 2004/8/CE dell’11 febbraio 2004), maggiore del 30% rispetto ai valori di riferimento per la produzione separata di elettricità e di calore. . La scelta del combustibile del generatore a cogenerazione cade normalmente sul gas metano per la sua flessibilità, le ridotte emissioni inquinanti e il costo. Non è da escludere la possibilità di utilizzare residui cellulosici (carta, stracci, cartoni, legno di scarto) o biomasse naturali, quando le condizioni locali di approvigionamento lo consentono; il risparmio che si ottiene è del 21 per cento (196 mila euro all’anno) con l’utilizzo del teleriscaldamento, con la cogenerazione e servizi come il gestore unico e la domotica 4. prevedere il progressivo allacciamento delle parti esistenti all’ impianto di cogenerazione. Il percorso dalle cabine di trasformazione site presso i singoli utenti seguono la rete stradale, mantenendo la linea a media tensione (15.000 V) tranne in casi particolari di lunghi tragitti di collegamento. 5. Realizzare la rete di teleriscaldamento (derivato dalla cogenerazione) 115
rispetto ad una geometria di distribuzione ottimale alle esigenze dell’area produttiva ad esempio ramificata o a lisca di pesce, con asse principale e secondari, senza sottostazioni se non presso le utenze finali. Per ridurre i costi di manutenzione è opportuno interrare i tubi non sotto il manto stradale, ma in una striscia che resta mantenuta a verde, al fianco ed esterna al manto stradale. All’interno della centrale, oltre ai cogeneratori ed alle caldaie di supporto, sono installate le seguenti apparecchiature, inerenti l’intera rete di teleriscaldamento: i collettori principali, dimensionati per la potenza complessiva di tutta l’area le pompe di circolazione i vasi di espansione 6. In caso di ristrutturazione o nuova costruzione, migliorare la resistenza termica dell’involucro attraverso la riduzione delle dispersioni di calore e ottimizzazione della temperatura superficiale interna dell’involucro opaco. 7. In caso di ristrutturazione o nuova costruzione, ottimizzare il rendimento degli impianti termici attraverso il recupero di calore dai processi produttivi.
SISTEMA DI APPROVIGGIONAMENTO IDRICO Obiettivi: 1. Favorire l’alimentazione della falda sotterranea e garantire la sicurezza idrogeologica 2. Garantire un uso efficiente e razionale della risorsa idrica evitando il prelievo dalla falda e l’uso improprio dell’acqua potabile 3. Dotare le aree di un opportuno sistema di gestione delle acque meteoriche di dilavamento (deviazione delle acque di prima pioggia, smaltimento e trattamento naturale in loco delle acque di seconda pioggia) al fine di recuperarle per diversi usi Azioni: 1. Evitare il tombamento di fossi, canali e corsi d’acqua prevedendone invece una rinaturalizzazione. 2. Limitare le operazioni di movimento terra ed in particolare evitare di 116
modificare i flussi di drenaggio e smaltimento delle acque superficiali. 3. Laddove è possibile, ovvero nei marciapiedi e nei parcheggi pubblici, realizzare pavimentazioni in materiali filtranti e assorbenti. Evitare invece pavimentazioni filtranti in aree di carico e scarico, preferendo l’impermealizzazione. 4. Prevedere l’adozione di sistemi di riduzione del consumo di acqua potabile e di prelievo dalla falda 5. realizzazione di un’unica vasca di laminazione per l’intero comparto con una cubatura pari almeno alla somma dei volumi dei singoli interventi, che si integri con il paesaggio e che possa essere utilizzata anche per altri impieghi (aree verdi, laghetto, ecc…); 6. Progettare le vasche in modo tale da favorire la naturalizzazione del luogo, ovvero evitare pareti artificiali in cemento, e creare invece biotopi umidi (formazioni vegetali igrofile come arbusteti, canneti, prati umidi, etc) 7. Valutare l’opportunità di attuare un risezionamento di canali e dei fossi presenti favorendone la rinaturalizzazione e la dotazione di fasce tampone 8. raccolta e riutilizzo delle acque meteoriche per usi consentiti quali l’irrigazione, il lavaggio degli automezzi, rete per il sistema antincendio, sistemi di raffreddamento, ecc
SISTEMA FOGNARIO E DEPURATIVO Obiettivi: 1. Ridurre lo scarico delle acque reflue attraverso un sistema di smaltimento a reti separate, e garantire un sistema di depurazione dei reflui che riduca l’impatto ambientale dei processi depurativi tradizionali Azioni: 1. Dotare ogni singolo lotto (o il comparto) di opportuno sistema di “deviazione” delle acque di prima pioggia in fognatura nera. 2. Realizzare reti di fornitura differenziate in funzione degli usi e dimensionate sui fabbisogni dell’area: una rete per la fornitura di acqua potabile una rete (o più reti) per la fornitura di acqua ad altri usi civili e non 117
(alimentazione delle cassette WC, irrigazione verde pubblico e privato, lavaggio delle strutture, delle strade e dei piazzali, raffreddamento e produzione di freddo, etc) alimentata da acqua recuperata. 3. Realizzare impianti di fitodepurazione coerenti con il paesaggio In generale, gli impianti di fitodepurazione possono essere utilizzati come trattamenti secondari (dopo una sedimentazione) per scarichi civili o misti, oppure come trattamenti terziari (di affinamento) per scarichi industriali (in questo caso quindi la fitodepurazione si integra ad un depuratore tradizionale). 4. Introdurre nel “Piano di monitoraggio Acque superficiali e sotterranee”.
SISTEMA INSEDIATIVO Obiettivi: 1. Definire criteri progettuali (spazi esterni, volumi, materiali, etc) tali da garantire elevati condizioni di benessere e confort e ridotti impatti ambientali, oltre che un’elevata riconoscibilità e qualità architettonica. 2. definire elevati standard ecologico-ambientali per la progettazione e realizzazione dei comparti Azioni: 1. per la realizzazione degli edifici devono essere seguiti i criteri di progettazione propri della bioedilizia, facendo attenzione alla qualità architettonica anche dal punto di vista estetico oltre che funzionale 2. predisporre che i comparti vengano realizzati in modo unitario anziché per singoli lotti e che le imprese insediate siano localizzate in base alle caratteristiche funzionali 3. Predisporre opportune misure per disciplinare gli accessi all’area in modo da garantire isolamento in casi di rischio 4. Definire forma e posizione delle aperture, in modo tale da garantire un adeguato fattore medio di luce diurno e una distribuzione uniforme della luce naturale. Nelle pagine seguenti vengono riportate le azioni principali per gli ambiti di nuova espansione (Tav. 11 e 12), mentre la Tav.13 riguarda la normativa dell’area: 118
tav. 11
119
tav. 12
120
tav. 13
121
122
6.8 6.
8 -Proposta di definizione di Accordi
Territoriali
Le province ed i comuni eseguono l’attività di regolamentazione attraverso l’istituzione di un Comitato di Indirizzo, in cui convergono i diversi interessi pubblici e privati direttamente coinvolti, nonché la vigilanza dell’area nella fase di individuazione, realizzazione e gestione. Tale Comitato và individuato durante l’atto negoziale con il quale i soggetti interessati definiscono i caratteri essenziali dell’area ecologicamente attrezzata. In particolare per le aree di nuova espansione di rilievo comunale il Comitato di Indirizzo viene individuato durante l’elaborazione dei Piani Operativi Comunali, mentre per le aree consolidate si stipulano degli Accordi tra Istituzioni territoriali e privati insediati, come previsto dall’art.18 della legge 20/2000. Gli accordi devono contenere : 1. uno studio di prefattibilità 2. le linee di indirizzo 3. eventuali criteri per la scelta del Soggetto Responsabile Proporrò adesso la definizione di un Accordo Territoriale tipo prendendo spunto dall’Accordo Territoriale proposto nelle Linee Guida del PTCP di Bologna: ART. … “AREE PRODUTTIVE ECOLOGICAMENTE ATTREZZATE (APEA) E GESTIONE UNICA” Obiettivi generali Le Apea rappresentano un modello innovativo di area produttiva, il cui obiet123
tivo strategico è ridurre al minimo l’impatto ambientale ed il consumo di risorse, tendendo cioè al modello della “Chiusura dei cicli” e basandosi sui principi propri dell’Ecologia Industriale. La qualifica di Apea è pertanto uno strumento di valorizzazione ecologico-ambientale del territorio, ma è al tempo stesso un’opzione strategica per la crescita di competitività del sistema produttivo. Le Apea, infatti, rappresentano per le imprese un’opportunità d’insediamento di eccellenza in quanto offrono: economie di scala, infrastrutture e servizi comuni, una gestione ambientale condivisa e partecipata, una riduzione dei costi per l’approvvigionamento idrico ed energetico. 1. POLITICA AMBIENTALE PER LE APEA Gli ambiti produttivi comunali di sviluppo di xxx, xxx, xxx, sono candidati in via prioritaria a diventare Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate (Apea). Nella pianificazione e nell’attuazione di tali ambiti, le Parti si impegnano a: • Recepire le ulteriori disposizioni emanate dalla Regione Emilia Romagna e dalla Provincia di Modena in tema di Apea, oltre ai riferimenti normativi vigenti al momento della sottoscrizione del presente Accordo. • Recepire nel Piano Strutturale Comunale (PSC) le disposizioni del presente Accordo e perimetrare gli ambiti destinati a diventare Apea, distinguendone i nuovi ampliamenti e le parti esistenti. • Realizzare un complessivo progetto territoriale-urbanistico-ambientale di qualità tale da garantire un assetto organico e riconoscibile delle aree produttive, all’interno del quale dimostrare il raggiungimento degli “Obiettivi Apea” sulla base degli indirizzi e delle azioni contenute nelle “Linee di indirizzo per la progettazione e gestione” • Raggiungere per i suddetti Ambiti la qualifica di Apea, attraverso: - il conseguimento di condizioni urbanistiche e territoriali di qualità (comma2); - l’individuazione di una gestione unitaria di tutto l’ambito (comma 3); - la realizzazione di condizioni ambientali di qualità (comma4); 2. CONDIZIONI URBANISTICHE TERRITORIALI DI QUALITA’ Per l’attuazione dei nuovi ampliamenti introdotti con il presente Accordo e dei residui del PRG non ancora convenzionati trasferiti all’interno del PSC, dovranno essere rispettate le seguenti indicazioni: 124
• Il PSC dovrà assumere gli “Obiettivi Apea” come prestazioni necessarie per l’attuazione degli ambiti produttivi candidati a diventare Apea (LR 20/2000, Art. 28, comma 2, lettera e) • Il POC, il RUE e i PUA, ciascuno secondo le proprie e specifiche competenze (LR 20/2000, Artt. 29, 30, 31), dovranno garantire il perseguimento degli “Obiettivi Apea”, declinando tali obiettivi in scelte ed azioni operative, normative e progettuali. A tal fine si indicano le Linee di Indirizzo come riferimento operativo. • Nella formazione del POC, a prescindere dalla presenza o meno di una procedura di “bando pubblico” (LR 20/2000, Art. 30, comma 10), il Comune/i di competenza dovrà attivare un adeguato coinvolgimento dei privati interessati alle nuove aree, al fine di assicurare interventi urbanistici che soddisfino gli “Obiettivi Apea”. A tal fine, in sede di formazione del POC, i Comuni si impegnano a sottoscrivere accordi con i privati (ex Art. 18 LR 20/2000), all’interno dei quali concordare che, prima della presentazione dei PUA, dovrà essere acquisito dal Collegio di Vigilanza13 il riconoscimento di qualifica Apea per le nuove aree. • Per meglio garantire il raggiungimento degli “Obiettivi Apea”, i Piani Urbanistici Attuativi (PUA) dovranno preferibilmente essere di Iniziativa Pubblica. Per la formazione di tali PUA, le Parti si impegnano a valutare l’opportunità di adottare una procedura di “bando pubblico”, finalizzata a selezionare preventivamente le aziende da insediare nelle nuove aree (selezione utile, e in alcuni casi indispensabile, per assumere le scelte infrastrutturali più opportune). • Al fine di sviluppare un organico progetto delle nuove espansioni, il PUA dovrà approfondire l’apparato conoscitivo sviluppato a partire dal presente Accordo, arrivando complessivamente a predisporre una Analisi Ambientale iniziale. • La convenzione del PUA dovrà comprendere un piano programmatico di gestione delle infrastrutture e dei servizi comuni da realizzare nelle nuove aree. Tale piano assume il valore di primo Programma Ambientale per le nuove aree, in attesa del Programma Ambientale relativo all’intero ambito. 13. Il Collegio di Vigilanza è istituito per garantire la corretta attuazione dell’Accordo Territoriale, pertanto si ritiene che esso possa assumere il ruolo e le funzioni del “Comitato di Indirizzo”, qualora detta figura venga confermata e formalizzata all’interno dell’Atto di Indirizzo e Coordinamento Tecnico per le Aree ecologicamente Attrezzate, attualmente in fase di elaborazione da parte della Regione Emilia-Romagna.
125
• Il Collegio di Vigilanza , sulla base delle Linee di Indirizzo Apea, valuta il soddisfacimento degli “Obiettivi Apea” nella pianificazione del PUA, verifica la presenza di un Soggetto Gestore e di un primo Programma Ambientale, quindi riconosce una prima qualifica Apea delle aree oggetto del PUA. Relativamente alle parti esistenti dell’ambito: • Il RUE dovrà prevedere disposizioni specifiche finalizzate a raggiungere gli “Obiettivi Apea”. 3. SOGGETTO GESTORE Il Soggetto Responsabile costituisce il punto di riferimento per la corretta gestione ambientale dell’area, pertanto avrà i seguenti compiti: -
gestione dei rifiuti speciali approvvigionamento idrico ad uso industriale smaltimento delle acque reflue produzione e distribuzione dell’energia servizio di illuminazione pubblica servizio di logistica integrata rilascio delle autorizzazioni ambientali servizi di vario tipo alle imprese.
Con riferimento all’ultimo punto è possibile che al Soggetto Responsabile dell’area siano affidati i seguenti servizi: stipula accordi con il gestore del Servizio Pubblico Locale per l’organizzazione della raccolta rifiuti creazione di un database sulle informazioni ambientali dell’area attivazione di sistema di chiusura dei cicli dei rifiuti servizio di energy manager d’area per la gestione ottimale delle risorse energetiche acquisto di energia elettrica e gas naturale e successiva vendita alle imprese servizio di mobility manager d’area per la corretta gestione logistica, delle persone e delle merci 126
-
gestione delle reti e dei servizi telematici manutenzione delle strade e del verde attività di marketing territoriale effettuazione di controlli ambientali nell’area e di analisi in laboratorio gestione unitaria delle emergenze interne all’area.
Relativamente alla gestione dell’intero ambito: • Le Parti si impegnano a destinare all’attività del Soggetto Gestore parte delle risorse provenienti dal “Fondo di Compensazione” (come specificato all’Art. xx), finalizzata in particolare alla riqualificazione della parte esistente dell’ambito produttivo secondo gli Obiettivi Apea. • Pertanto entro il primo anno di esercizio del “Fondo di Compensazione”, i Comuni interessati si impegnano ad istituire il Soggetto Gestore dell’intero ambito. • In attesa del Soggetto Gestore, le Parti si impegnano ad avviare da subito una programmazione dei più urgenti interventi pubblici di riqualificazione urbanistica e ambientale dell’ambito produttivo esistente, in coerenza con l’art. xx. 4. CONDIZIONI AMBIENTALI DI QUALITA’ A tal fine, il Soggetto Gestore dovrà : • Redigere l’Analisi Ambientale: finalizzata all’identificazione delle eventuali criticità presenti nell’ambito, determinando quindi tutti gli aspetti territoriali, urbanistici, ambientali ed economici che hanno un impatto significativo all’interno dell’Ambito stesso. Essa è orientata a definire una sorta di quadro conoscitivo iniziale dell’ambito produttivo da cui prenderà avvio il processo di miglioramento. • Redigere il Programma Ambientale: elaborato a partire dai risultati e dalle criticità/problemi emersi dall’Analisi Ambientale. Il Programma Ambientale deve stabilire le azioni di riqualificazione e di gestione dell’ambito, finalizzate ad ottenere un generale e progressivo miglioramento della qualità e delle prestazioni ambientali (“Obiettivi Apea”). Pertanto il Programma Ambientale dovrà necessariamente definire tempi e risorse necessarie per l’attuazione degli interventi e delle azioni da esso individuati. • Organizzare la gestione ambientale e monitorare le prestazioni ambientali 127
dell’area. L’Analisi Ambientale, il Programma Ambientale e il monitoraggio dovranno essere elaborati sulla base delle indicazioni fornite dalle Linee Guida della Provincia di Bologna, e dovranno essere approvati dal Collegio di Vigilanza; Per il monitoraggio dell’area si fa ricorso a processi di “audit” e a tal fine il Soggetto Responsabile è tenuto a raccogliere dati sulle prestazioni ambientali dell’area e a trasmetterli periodicamente al Soggetto Titolare delle funzioni di indirizzo e controllo che li valuta consultando le autorità competenti. Inoltre verifica il rispetto degli obiettivi e target previsti dal Programma Ambientale, e individua azioni correttive con il Soggetto Titolare, qualora ci siano elementi non conformi.
128
129
AREA PRODUTTIVA BRUCIATA: PROGETTAZIONE DI APEA REALIZZAZIONE DI UN PLASTICO IN SCALA 1:2000
130
131
NOTE URBANISTICHE Variante al Piano delle Aree da destinare ad Insediamenti Produttivi approvata con delibera di Consiglio Comunale n° 102 del 20 luglio 2000 Criteri per la progettazione delle aree della Variante P.I.P. : Tipologie edilizie Aree a servizi di Quartiere Sistemazione ed uso del verde Rapporto tra il Piano degli Insediamenti Produttivi e le fasce di Forestazione Urbana
Tipologie edilizie I criteri ormai consolidati di progettazione delle aree produttive individuano nella conformazione di lotti uno dei fattori principali che influenzano il costo finale delle realizzazioni. La forma del lotto che tende a massimizzare la superficie coperta e a minimizzare il costo di urbanizzazione è quella rettangolare, che ha il lato affacciato sulla strada di accesso e la profondità laterale in rapporto di 1 a 3. Tali proporzioni inducono ad una riduzione dell’incidenza dello sviluppo delle reti tecnologiche od infrastrutturali al servizio di ciascun edificio. Per cui, più il lotto è piccolo più alti sono i costi di urbanizzazione. Altri fattori che devono influenzare, in misura consistente, la progettazione degli interventi sono la ricerca di ottimizzazione dell’accessibilità al comparto e la localizzazione dell’area produttiva all’interno del tessuto esistente, in riferimento sia alla vicinanza che al grado di integrazione dell’area con i tessuti adiacenti, siano essi a carattere produttivo o di interesse generale. Con la Variante al P.I.P. si sono confermate le localizzazioni attuali, in coerenza con i criteri sopradescritti. I tipi edilizi ipotizzati per la progettazione degli insediamenti produttivi sono: il capannone singolo il capannone a schiera singola il capannone a schiera doppia le aggregazioni composte, derivanti dall’unione delle tre tipologie. 132
Il capannone singolo ospita prevalentemente unità produttive di dimensioni superiori ai mq 600/1.000; per attività produttive di dimensioni inferiori la proposta è quella dell’uso di tipologie a schiera. Lo sfruttamento della potenzialità edificatoria, prevista per ciascun comparto, dovrà essere perseguito mediante l’impiego dei tipi edilizi più convenienti considerando le prescrizioni urbanistiche e gli indirizzi di progettazione definiti nelle schede delle aree produttive.
Aree a Servizi di Quartiere Le aree a Servizi di Quartiere presenti all’interno delle singole aree sono state calcolate per rispettare lo standard previsto per legge e quantificato nelle Norme di Attuazione del 15% della St (superficie territoriale) del comparto. In alcuni comparti tali aree sono suddivise in due differenti zone a servizi: Servizi di Quartiere da attrezzare per il 10% prevalentemente a verde e per il 5% a parcheggi pubblici; Servizi all’interno delle fasce di rispetto stradale da attrezzare secondo i criteri della forestazione urbana o per opere passive di protezione dal rumore e per altre funzioni di mitigazione ambientale, non computabili ai fini dello standard. La quota complessiva di aree a per Servizi è di mq. 187.385, la quota minima richiesta per il soddisfacimento dello standard è di mq. 120.940 L’eccedenza di oltre mq. 66.4 45 e’ determinata dall’obbligo di localizzare il 5% della dotazione obbligatoria al di fuori delle fasce di rispetto stradale per la realizzazione di parcheggi ed inoltre dalla volonta’ di realizzare le fasce FU come aree a servizi per attuare le opere di mitigazione ambientale.
Sistemazione ed uso del verde Il verde all’interno delle nuove aree P.I.P. assume particolare rilievo sia nell’organizzazione degli spazi interni alle aree che per il suo inserimento paesaggistico. Il Piano si estende su aree urbane ed extraurbane per cui coinvolge la realizzazione di nuove aree e l’integrazione di altre già esistenti, da cui la molteplicità di problematiche da affrontare e di soluzioni da analizzare. Nella progettazione delle aree deve essere valutato il ruolo del verde assunto come “collante” tra i nuovi sistemi da progettare e quelli già esistenti sul territorio, inoltre devono essere valutate le implicazioni che possono scaturire da importanti preesistenze sull’area. Per cui lo studio del verde deve comprendere: 133
l’analisi dello stato di fatto deve contenere l’individuazione di singole emergenze arboree, la valutazione dei sistemi di verde “minori” (siepi, filari, sistemi di vite maritata, ...), ed i meccanismi di integrazione con il territorio circostante. Queste analisi devono costituire la base per le successive valutazioni progettuali sia in termini di conservazione e valorizzazione che alternativamente di abbattimento o di “richiamo” nella nuova progettazione. l’inserimento paesaggistico che deve avere una propria identità volta a mitigare o ad integrare l’area a seconda delle diverse situazioni territoriali in cui si opera. In questa fase di studio devono emergere anche le valutazioni sulla funzione di “cerniera” che il progetto del comparto svolge con il sistema verde in cui si colloca. l’organizzazione e la sistemazione degli spazi interni ai singoli comparti. Il richiamo in questi casi è alle molteplici funzioni e ruoli che il verde svolge nelle aree ornamentali e/o di arredo. Le possibilità di intervento sono svariate, sia in relazione alle specie da impiegare che dei sistemi di verde che si vogliono creare, pertanto le scelte operate in questa fase devono condurre ad una chiara lettura dell’integrazione tra il verde e le funzioni che questi spazi sono chiamati ad assolvere all’interno dei comparti produttivi. Per quanto riguarda invece la sistemazione del verde di arredo ed in particolare quello a ridosso di strade e parcheggi le valutazioni progettuali devono esplicitare le scelte effettuate in considerazione delle note problematiche del verde in strade e parcheggi. Le valutazioni sugli aspetti riportati, soprattutto per quanto attiene ai primi due punti, devono essere evidenziate fin dalle prime fasi di studio e devono costituire le linee guida per le diverse successive fasi di progettazione. Le relazioni sul progetto dovranno riportare anche le considerazioni svolte sulla compatibilità del progetto con i più comuni aspetti manutentivi e gestionali.
Rapporto tra il Piano degli Insediamenti Produttivi e le fasce di Forestazione Urbana Nelle aree previste dal Piano, limitrofe al sistema delle tangenziali ed interessate dal programma di forestazione urbana, si deve attuare la disciplina della Forestazione Urbana per il rispetto dei valori ambientali comuni a tutte le aree 134
di nuova previsione. Tale programma si propone di riqualificare e di riscattare in termini ambientali le fasce di territorio più prossime alla Tangenziale attraverso un’adeguata sistemazione a verde, finalizzata a ridurre non solo l’inquinamento acustico ed atmosferico, ma anche l’impatto visivo prodotto dalla presenza di infrastrutture viarie, anche al fine di saldare, in maniera più consona, il territorio agrario ai tessuti urbanizzati. Gli interventi di ripiantumazione che potranno essere a carattere boschivo, saranno, prevalentemente attuati sul lato interno dell’anello della Tangenziale e nell’intorno dei suoi svincoli, lasciando sul lato prospiciente la campagna ampie aperture visuali. L’obiettivo che si propone il Piano è quello della creazione di una cintura verde intorno alla città, per meglio integrarla al paesaggio agrario e per difenderla dagli effetti di disturbo ambientale indotti dalla presenza di arterie di primaria importanza. Gli interventi attuati sull’anello potrebbero produrre effetti positivi sulla riqualificazione di aree interstiziali non concluse in maniera soddisfacente. L’impiego di particolari tipi di essenze sarà diversificato in funzione delle diverse caratteristiche pedoclimatiche. Le essenze per le diverse tipologie di verde dovranno essere necessariamente autoctone. I motivi che inducono alla scelta di un determinato impianto sono di ordine sia agronomico che paesaggistico. Prevalentemente tali motivi derivano dalla volontà di creare non del verde ornamentale ma una fascia boscata, condizionando le scelte sulla base delle dimensioni delle essenze, dei sesti di impianto da adottare, dei ridotti interventi manutentivi da eseguire e della stessa futura fruizione di queste aree.
135
CONCLUSIONI Sulla base delle conoscenze apprese in questi mesi, ho maturato un particolare interesse per questo tema, tanto innovativo quanto importante, poiché riguarda un aspetto dell’urbanistica poco affrontato nel nostro corso di laurea triennale. L’esperienza vissuta durante il mio tirocinio a Modena mi è servita per capire quanto sia importante avere come prerogativa la tutela dell’ambiente per qualsiasi intervento sul territorio, in quanto essa è al centro di tutte le politiche territoriali. L’Emilia Romagna infatti è una delle regioni più attente alle problematiche ambientali e promuove attivamente lo sviluppo di progetti per città sostenibili. Non a caso la provincia di Modena nel 2003 ha vinto il premio europeo “Città Sostenibili” con il Piano per la Salute. Noi aspiranti urbanisti abbiamo il compito di rendere più vivibili le nostre città, e questo ci dà la possibilità di non escludere con una “fascia di mitigazione” le aree industriali, ma di renderle parte integrante del tessuto urbano. La loro progettazione secondo criteri di sostenibilità costituisce un’ occasione unica per ristabilire un rapporto con dei luoghi spesso considerati malsani e degradanti. 136
I vantaggi saranno molteplici e interesseranno sia la collettività che ne trarrà benessere, sia il singolo imprenditore che vedrà in queste aree un investimento proiettato al futuro in grado di garantire risparmio e produttività. Inoltre la loro realizzazione permetterà all’Italia di essere più competitiva a livello internazionale, perchè se è vero che negli ultimi anni si stanno facendo passi avanti per quanto riguarda le certificazioni ambientali, è anche vero che il sistema produttivo italiano è parecchio indietro rispetto alla media europea. Considero questo tema interessante non solo perchè è innovativo, ma anche perchè con la realizzazione di aree produttive ecologicamente attrezzate potrebbero nascere delle figure professionali specializzate in grado di disciplinare fin da subito lo sviluppo degli insediamenti industriali. La mia speranza è che io abbia suscitato in voi quest’interesse.
fonti di ricerca: TESTI: - Franco Manuela, I Parchi Eco-Industriali, Franco Angeli, Milano 2005 - Provincia di Bologna, Linee guida per la realizzazione delle Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate della Provincia di Bologna, Bologna 2006 - Consorzio Attività Produttive di Modena, Ecuba, Linee Guida per la progettazione e realizzazione delle aree produttive ecoloigcamnete attrezzate del consorzio delle Attività Produttive di Modena, Marzo 2006 - Ervet e Regione Emilia Romagna, La gestione sostenibile delle aree produttive. Una scelta possibile per il governo del territorio e il rilancio delle politiche indistriali, Bologna 2006 - Environment Park e Regione Marche, Buone pratiche per la gestione ambientale delle aree produttive ecologicamente attrezzate, Dossier n. 14, Torino 2005 - “Quadro conoscitivo” del nuovo PTCP di Modena LEGGI: - Legge Regionale dell’Emilia Romagna 24 marzo 2000, n. 20 “Disciplina Generale sulla Tutela e l’uso del territorio”. - Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59” (art.26). SITI INTERNET: - Closed - I sistemi di gestione a ciclo chiuso nei distretti produttivi (I): http:// www.arpat.toscana.it/progetti/pr_closed.html - Autorità Ambientale Regione Marche (I): http://autoritambientale.regione. marche.it - Consorzio Ambientale Castello di Lucento (I): http://www.consorzioambientalelucento.org/index.htm - Environment Park (I): http://www.envipark.com - I° Macrolotto di Prato (I): http://www.conser-prato.com/
137
138