Startup magazine anteprima luglio 2015

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Mensile, Supplemento al numero odierno - Da vendersi esclusivamente con il quotidiano “XXX” - Sped. Abbon. - articolo 1 Legge 46/04 del 27/02/2004 - Roma

7| luglio 2015

la app maaxi sfida uber: a londra taxi condivisi e i clienti rispariamo

Alibaba: per Jack Ma “l’ingrediente segreto” del successo sono le donne

bleep

la chat di bittorrent a prova di intruso

code for kids

la programmazione arrina nelle scuole

hemolink

prelievo del sangue direttamente a casa e sanza l’ago

facilitylive

dall’italia il motore di ricerca semantico che sfida google



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Copertina 7|luglio 2015

la app maaxi sfida uber: a londra taxi condivisi e i clienti rispariamo

luglio 2015 Mensile, Supplemento al numero odierno - Da vendersi esclusivamente con il quotidiano “XXX” - Sped. Abbon. - articolo 1 Legge 46/04 del 27/02/2004 - Roma

3 bleep: chat a prova di intruso 7 code for kids: informatica nelle scuole 11 facilitylive: il motore di ricerca semantico 13 jeans del futuro: google e levi’s insieme per il denim 2.0 15 tv on demand: naetflix da ottobre in italia 17 app maaxi: a londra taxi condivisi 19 hemolink: prelievo del sangue a casa 20 app scansa-file: riduce le file al pronto soccorso 25 lovethesign: e-commerce di arredo italiano 27 fonderia carnevale: l’arredo urbano di roma 29 sticker mule: destinazione europa 31 startup in crisi: arriva il consulente matrimoniale per startup 33 dna field lab: kit portatile per l’esame del dna 35 papermine: la startup del digital publishing 37 grandi brand: le app sono un flop 39 boom di imprese nella capitale: giovani, carini e startupper 41 giornata mondiale della previdenza: startup e pensioni 43 mobilegeddon: google privilegia siti mobile-friendly 44 consegne amazon: direttamente nel tuo portabagagli

Alibaba: per Jack Ma “l’ingrediente segreto” del successo sono le donne

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la chat di bittorrent a prova di intruso

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la programmazione arrina nelle scuole

hemolink,

prelievo del sangue direttamente a casa e sanza l’ago

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dall’italia il motore di ricerca semantico che sfida google

Alibaba: per Jack Ma “l’ingrediente segreto” del successo sono le donne a pagina 5


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BLEEP, LA CHAT DI BITTORRENT A PROVA DI INTRUSO BitTorrent lancia la chat Bleep: messaggi che si autoeliminano e a prova di screenshot. Le comunicazioni avvengono direttamente tra gli utenti, senza passare da un server. Alla lunga lista di app per chattare se ne aggiunge una che promette di rendere le conversazioni a prova di intruso. Si chiama Bleep e a lanciarla è BitTorrent, un tempo colosso della pirateria online e ora rientrato nei confini della legalità. La app non richiede di inserire dati personali per essere usata e, come Snapchat e altre chat, ha i messaggi che si autoeliminano dopo alcuni secondi. A maggiore tutela, inoltre, gli scambi di testi e foto sono a prova di screenshot. Le comunicazioni avvengono direttamente tra gli utenti, senza passare da un server. “È praticamente impossibile sapere chi sta parlando con chi e a che ora”, assicura la compagnia, che aveva rilasciato inizialmente la app in versione preliminare per Windows nel luglio scorso per poi estenderla a dispositivi Android, computer Mac e, adesso, ad iPhone e iPad. Con il lancio ufficiale la app introduce ‘Whisper’, la funzione che consente di mandare messaggi impostandone l’autocancellazione dopo 25 secondi. Non si tratta di una novità: SnapChat Telegram, Slingshot di Facebook, Line e una serie di altre applicazioni

offrono la stessa opportunità, molto apprezzata dopo lo scandalo del Datagate. Bleep però si spinge oltre, rendendo le conversazioni a prova di screenshot. Sulla schermata infatti non compare il nome dell’utente, per cui se si scatta una foto della chat questa risulta anonima. Viceversa, se si tocca l’icona a forma di occhio per vedere il nome della persona con cui si parla, i messaggi scambiati vengono oscurati.

Dillo con un Fiore 



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ALIBABA: PER JACK MA “L’INGREDIENTE SEGRETO” DEL SUCCESSO SONO LE DONNE Umili origini, duro lavoro e poi l’intuizione che ti cambia la vita: a 50 anni Jack Ma è l’umo più ricco di Cina con una fortuna calcolata da Forbes che ammonta a 19,5 miliardi. Il patrimonio, che l’anno scorso si attestava a 7,1 miliardi di dollari, è più che raddoppiato dopo il debutto a Wall Street di Alibaba, la piattaforma di ecommerce fondata nel 1999, la cui ipo ha raggiunto la cifra record di 25 miliardi di dollari. Nonostante lo strabiliante successo e le prospettiva di crescita inarrestabile del business, (Alibaba oggi vende più prodotti online di Amazon ed Ebay messi insieme), l’espansione in India appena annunciata, il desiderio di “fare qualcosa” con Apple, Jack Ma è infelice. L’ha dichiarato in un’intervista alla tv americana CNBC pochi giorni fa: “Non sono affatto contento, perché sento troppa pressione sulle mie spalle. Mi sforzo di essere sereno, per non deludere le aspettative dei soci, degli azionisti e dei clienti. Ma quando si è la persona più ricca del proprio Paese, le persone che vi circondano lo fanno per i soldi. Anche quando cammino per strada, la gente mi guar-

da in modo diverso. Non avrei mai pensato di raggiungere questo traguardo, quello che volevo era diventare un imprenditore di successo, fare qualcosa che nessuno aveva mai fatto. Ora che ho superato il mio sogno, ne soffro”. Ma a contribuire allo stress del primo Creso cinese ci sono due fattori: il primo è trovare il modo di spendere nel modo migliore “effective way” tutta questa ricchezza, il secondo deriva dall’incapacità per la sua generazione di sapersi divertire. Se dedicarsi agli altri e fare beneficenza può in qualche modo alleviare la tensione, è già uno degli eroi della filantropia nel suo Paese, dall’altra la sua ambizione a essere il migliore ad amministrare anche il bene comune gli crea molta frustrazione. Il modello a cui si ispira è naturalmente Bill Gates: “C’è una sorta di competizione tra me e Bill Gates; tra chi riuscirà a spendere a investire le sue fortune per il benessere del mondo in modo più efficace”. Quello che forse contribuisce di più al malcontento del “coccodrillo nel fiume Yangtze” (così si è definito) è la mancanza di sense of humour, l’inabilità a lasciarsi andare ad attimi di pura leggerezza. Jack Ma, aveva 15 anni quando il leader Deng Xiaoping, disse

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ai cinesi “Arricchitevi”: un invito alla prosperità che l’ex professore di inglese ha accolto e realizzato in 35 anni senza mai fermarsi. Per migliorare il suo umore dovrebbe fare un salto all’Hot Cat Club a Pechino o al Kungfu Comedy a Shanghai. In questi covi della risata si esibiscono tutte le sere Henry Guo, Tony Chuo e Leai Luo, giovani comici che, prendendo come modelli i re della stand up comedy americana, hanno importato un nuovo modo di far ridere, prendendo in giro i difetti della società moderna cinese: i nouveaux riches, l’aria irrespirabile di Pechino, gli scandali alimentari e la dipendenza da smartphone. Ad eccezione delle t innominabili (Tibet, Taiwan e Tiananmen) e dei leader del Partito, i ragazzi divertono con sketch inediti in mandarino ma con uno stile occidentale. Senza spostarsi da casa ma accedendo il pc Jack Ma scoprirebbe un’altra fiorente fonte di “funny things”: su forum, social media e piattaforme video abbondano (censura permettendo) battute, scherzi e barzellette opere della generazione nata dopo gli anni 90. Anche a lui, cinquantenne, potrebbe scappare una risata.


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CODE FOR KIDS: LA PROGRAMMAZIONE ARRIVA NELLE SCUOLE Code for Kids è il progetto che porta l’informatica nelle scuole: alle classiche lezioni di storia e geografia si aggiunge l’ora di programmazione, durante la quale i bambini saranno alle prese con la “costruzione” di un videogioco, semplice ma divertente. Il progetto è al collaudo ma già si riscontra un grandissimo successo per via dell’entusiasmo dei giovani alunni. Suona la campanella, ma nessuno si muove dai banchi: i ragazzi hanno voglia di stare lì, la lezione è piaciuta. Siamo ad Azzate, piccola città in provincia di Varese, e agli studenti della scuola media Leonardo Da Vinci è stata appena somministrata un’ora di coding. Ossia di programmazione, una materia distante dalle nostre scuole dove i computer acquistati per lo più restano inutilizzati, ma molto vicina al mondo del lavoro. Lavoro in digitale, come creare videogiochi per esempio: i ragazzi di Azzate

nell’ora che volevano durasse un po’ di più hanno creato un videogame. Semplice e basilare, ma l’hanno fatto loro. “Sono pochi gli insegnanti in grado di far amare la tecnologia ai loro ragazzi”, spiega Rizzante. È una questione di gap generazionale, un problema di aggiornamento professionale e di adeguamento dei percorsi scolastici. “Ma nel futuro di questa generazione, qualunque lavoro sceglieranno di fare i ragazzi, ci sarà una forte impronta informatica. Per questo devono averne una conoscenza approfondita, partendo dalle basi”. Basi che si possono trovare nel PowerLab, una roulotte delle meraviglie che alla mattina viene parcheggiata di fronte alla scuola che è tappa di Code for Kids. All’interno si può “smanettare” con elettronica di base – e dunque scoprire per esempio come rendere “smart” gli oggetti comuni -, software per la creazione di contenuti digitali, con gli occhiali per la realtà virtuale. Poi i trainer di Reply prendono possesso dell’aula di informatica e iniziano le lezioni di codice. E qui il gioco si fa a

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lezione: ogni studente al proprio pc inizia a sviluppare un semplice videogame dove la flotta di Ulisse, alla volta di Itaca, deve sfuggire ai massi infuocati lanciati dai lestrigoni. La programmazione è facile, a oggetti, si definisce: ogni singolo protagonista della storia viene messo dentro l’ambientazione e poi gli viene assegnato il suo “comportamento”. Le navi che passano davanti all’isola, i lestrigoni che lanciano i massi e via così fino al completamento di tutte le variabili, le famose “x” e “y” studiate a scuola e che ora assumono un significato ben più comprensibile e pratico. Nonché divertente. Lo scorso autunno, in occasione della Code Week organizzata dall’Unione Europea per sensibilizzare gli Stati sulla necessità di rivedere i programmi formativi – il motto seducente, in stile Beatles, era “All you need is code” -, Facebook, Microsoft e altri marchi dell’economia digitale avevano inviato alla Ue una lettera di intenti. Nella quale si segnalava che in Europea solo il 20% degli studenti ha un reale accesso a in-


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segnamenti pratici di informatica, un dato medio destinato a scendere di molto in Italia. Concludeva la lettera: “Nel 2020 mancheranno in Europa almeno 900 mila informatici per far fronte alle necessità”. Perché negli ultimi due decenni la tecnologia è andata velocissima, e con la stessa velocità ha cambiato abitudini e pratiche produttive. “Molti Paesi europei, sia nel pubblico sia nel privato, non hanno raccolto questa sfida”, spiega Carlo Purassanta, amministratore delegato di Microsoft Italia. “O recuperiamo questa distanza con un salto iperquantico, oppure ci troveremo presto ai margini”. L’anima italiana della multinazionale di Redmond è “sul pezzo” da anni, con programmi di digitalizzazione che nascono nelle scuole – come per esempio

la partecipazione all’iniziativa Hour of Code, l’Ora del Codice – per proseguire nelle università fino agli incubatori di impresa. “Stiamo discutendo con il Ministero dell’Istruzione per portare la nostra competenza”, prosegue Purassanta. “Il mondo del lavoro è pronto e così anche i ragazzi, manca il filo che li unisce e questa può essere solo una buona scuola”. In questa direzione Microsoft ha messo online Scuola.digital, una bacheca di buone pratiche formative con uno sguardo al futuro. Quello di Redmond non è certo l’unico colosso a lavorare sul futuro dei nostri ragazzi: è una questione di diffusione del marchio, coccolando i clienti del futuro, ma anche di senso di responsabilità delle singole divisioni di Paese verso la comunità di riferimento. È il caso an-

che di Samsung, non solo attiva con la App Academy post diploma: dallo scorso febbraio la multinazionale coreana è partita con l’iniziativa Smart Coding, rivolta a bambini e ragazzi delle scuole primarie e secondarie. Con un approccio differente rispetto ai progetti elencati sopra: una task force di 25 formatori si reca nelle scuole – oltre 750 sono registrate al momento – per spiegare il materiale didattico. Poi toccherà a docenti e alunni lavorare sulle schede-attività orientate al “pensiero computazionale” per elaborare un progetto che parteciperà a un concorso organizzato da Samsung. In palio per i 10 elaborati migliori una “classe digitale” – e-board e tablet – per fare un passo ulteriore verso lo Smart Future.

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