Wayfinding

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Segnaletica turistica per la cittĂ di Matera


Università “Sapienza”, Prima facoltà di Architettura L.Quaroni, Corso di laurea specialistica in Design Comunicazione Visiva e Multimediale

A.A. 2010/2011 Studente: Stefania Volpe Relatore Carlo Martino


Wayfinding

Graphic designer

Segnaletica Turistica

Il concetto di wayfinding Storia della segnaletica Le categorie dei segni Principi di progettazione della segnaletica

Ruedi Baur

Il Turing Club Italiano “Progetto Arianna”

Analisi del territorio

Progetto

Approfondimenti tecnici

Storia e analisi della città di Matera Mappa del centro storico della città Localizzazione dei principali siti d’interesse

Le Texture I capolettera Sistema Segnaletico Render Ambientazioni

Dati dimensionali Policarbonato Alluminio Illuminazione LED

indice


wayfinding


wayfinding

Il concetto di

Wayfinding Il termine wayfinding, delineato da Passini nel saggio Wayfinding in Architecture (1992), si riferisce alle abilità cognitive e comportamentali connesse al raggiungimento in modo finalizzato di una destinazione fisica richiesta. Fu introdotto nella metà degli anni Settanta per rimpiazzare la nozione di orientamento spaziale, termine che si riferisce più specificamente all’abilità di un individuo di creare nella propria mente una rappresentazione di un luogo. Ci si riferisce a questa rappresentazione anche con l’espressione mappa cognitiva. Il wayfinding, concettualizzato nei termini della risoluzione di problemi, comprende tre processi principali: (1) prendere una decisione connessa con lo sviluppo di un piano d’azione per raggiungere una destinazione; (2) eseguire la decisione presa e trasformare il piano in un comportamento appropriato all’interno del luogo lungo il percorso; (3) procurarsi le informazioni necessarie per eseguire la decisione (Arthur e Passini 1992). Il processo del wayfinding viene messo in atto in spazi architettonici, urbani o geografici. Allo stesso modo partecipa alla formulazione della mappa cognitiva, la rappresentazione mentale di uno spazio. Le mappe cognitive, nel contesto delineato nel saggio di Arthur e Passini, sono una parte della modalità di elaborazione dei dati; queste sono infatti, oltre che registrazioni di percezioni e cognizioni dirette dell’ambiente, possibili risorse di contenuti sia per formulare ipotesi che per eseguire piani. Una distinzione deve essere fatta tra il concetto di wayfinding in ambienti non conosciuti e, all’opposto, in ambienti familiari o lungo percorsi noti. In quest’ultimo caso gli utenti hanno già una registrazione dei compiti richiesti e non hanno bisogno di fare delle scelte, ma solo di eseguirle. Eseguire le decisioni prese è un processo più automatico dell’atto di prenderle, fatto che giustifica la facilità con cui le persone seguono percorsi ben conosciuti. Gli utenti hanno già elaborato il piano decisionale e ricordano o riconoscono i luoghi dove devono eseguire


specifici compiti. Invece nel caso di un luogo sconosciuto gli utenti necessitano di informazioni per prendere ed eseguire decisioni. Quindi le risoluzioni che devono essere attuate determinano il contenuto dell’informazione richiesta. Ma che cosa comporta questo nella progettazione dell’informazione? Come un designer può sapere quali scelte gli utenti futuri opereranno? Due osservazioni empiriche ci aiutano nel rispondere a queste domande. In primo luogo, per compiti simili, le scelte variano moltissimo a seconda dello scenario. In secondo luogo, all’interno di uno stesso ambiente, le scelte di diversi utenti rispetto ad un compito dato tendono ad essere simili (Passini 1984). Queste osservazioni suggeriscono che le decisioni chiave sono determinate in misura maggiore dai luoghi e dalle loro caratteristiche architettoniche piuttosto che dalle caratteristiche degli utenti. Indica inoltre che l’informazione, se è rilevante e coerente con il compito di orientamento, verrà utilizzata più facilmente. Più il veicolo dell’informazione è efficace, più saranno simili le soluzioni di wayfinding dei diversi utenti. In generale la maggior parte della persone farà affidamento sulla segnaletica sequenziale e lineare per trovare il percorso in ambientazioni complesse, cioè quando sarà più difficile il delinearsi della mappa mentale; in altre situazioni sarà più propensa a crearsi una mappa cognitiva dello spazio. Questo suggerisce che i progettisti dovranno fornire informazioni per entrambi gli approcci di wayfinding. Esiste una tendenza a concepire le informazioni di wayfinding solo in termini di segnaletica. L’analisi delle decisioni prese dall’utenza in situazioni dove è davvero necessario il processo di orientamento, comunque, mostra chiaramente che la maggior parte delle scelte sono prese in realtà sulla base di informazioni di tipo architettonico - le entrate dell’edificio, i punti di transizione da un luogo ad un altro, uscite, corridoi, scale, scale mobili, ascensori - così come sulle informazioni che riguarda-

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no l’intera disposizione spaziale, per esempio la pianta di un edificio (Arthur e Passini 1992). Per questa ragione il contenuto delle informazioni per il wayfinding non dovrebbe essere limitato al veicolo della segnaletica, ma dovrebbe anche includere queste entità architettoniche e spaziali. Per stabilire una lista di decisioni in funzione delle quali i progettisti possono fornire informazione, essi devono per prima cosa identificare la localizzazione dei principali punti di accesso dello scenario e le funzioni principali dello spazio dal punto di vista dell’utente (per esempio principali zone di destinazione). Le più importanti scelte di wayfinding possono essere stabilite considerando i seguenti compiti per l’utente: (1) andare da ogni punto di accesso alla zona di arrivo e viceversa, (2) andare da un punto-destinazione ad un altro, e (3) circolare all’interno dei punti di destinazione. Il progettista può individuare le necessità per scelte più specifiche registrando i punti all’interno dei percorsi di circolazione dove l’utente deve decidere tra diverse opzioni direzionali (Romedi Passini Sign-Posting Information Design). La localizzazione di un’unità di contenuto lungo un percorso è così determinata dalla localizzazione dei punti decisionali corrispondenti. Graphic designer e building manager lamentano spesso, a questo riguardo, il fatto che gli utenti non fanno attenzione ai cartelli. Le persone che stanno cercando di interagire con un ambiente complesso non fanno caso a tutto, ma tendono a scegliere quello che sembra loro rilevante; fanno attenzione solo a ciò che serve loro. Una unità di contenuto posizionata in un luogo in cui non è necessaria in quel momento ha buone probabilità di essere ignorata. Se il contesto e la localizzazione delle informazioni di wayfinding sono determinate dalle decisioni relative all’orientamento degli utenti, la loro forma e presentazione deve essere progettata per essere comprensibile e riconoscibile da un’utenza più ampia possibile. Rispetto a questa problematica vengono fornite numerose


indicazioni riguardo le tipologie di font e la loro forma, lo spazio fra queste, la leggibilità e la distanza, le distorsioni angolari, gli spessori, l’uso dei simboli e dei colori, l’illuminazione dei segni ed anche il design delle frecce. Inoltre bisogna tener presente che la leggibilità di uno schermo in uno studio può essere dissimile da quella nello scenario reale. Un segno contiene molteplici unità di informazione, per esempio, che possono essere facilmente lette in un ambiente calmo e stabile, ma possono essere di difficile fruizione in uno spazio complesso nel quale gli utenti sono in movimento. La ragione, in questo caso, è che banalmente le abilità percettive dell’utente in movimento in un luogo complesso sono diverse rispetto a quelle a disposizione quando è fermo e in una situazione di quiete. Per questo motivo i designer dovrebbero conoscere le basi dei processi cognitivi e percettivi e testare il modo in cui l’informazione viene presentata in ambientazioni realistiche e con reali utenti, piuttosto che sottrarsi a questi test generalizzando dai risultati ottenuti in condizioni non conformi all’ambiente reale. Il sistema di circolazione è un fattore che determina la facilità o la difficoltà con la quale le persone formuleranno le mappe cognitive dello scenario. È vero che i designer dell’informazione possono agevolare il processo di mappatura cognitiva trovando efficaci modalità di comunicare il layout, includendo il sistema di circolazione; non di meno però la gran parte dell’abilità dell’utente di crearsi una mappa dell’ambiente è inerente alla natura dell’ambiente stesso. La comunicazione di percorso, per essere efficiente, non deve solo seguire la concezione architettonica della planimetria ed essere relegata a “rimettere ordine al caos”, ma dovrebbe essere presa in considerazione fin dai primi stadi della progettazione per definire i problemi di orientamento che i futuri utenti dovranno risolvere. La branca dell’Information Design che si occupa della progettazione finalizzata ad agevolare il processo di comprensione

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wayfinding

degli spazi e dei percorsi nell’ambiente costruito è quella dell’Environmental Design. Gli ambiti di cui questa si occupa possono essere così riassunti: - comunicazione grafica (sistemi di mappatura e di segnaletica) - comunicazione architettonica (informazione implicita nell’ambiente, valorizzazione dei “punti notevoli” dell’edificio) - comunicazione verbale (servizio “banco informazioni”) L’Environmental Design riguarda la comunicazione, l’ambiente ed il linguaggio ed ha fra i suoi compiti quello di fornire dei sistemi informativi di descrizione dello spazio e di istruzione all’uso delle sue funzioni; deve quindi supportare, semplificare e trasmettere la conoscenza ambientale. L’environmental graphic designer si occupa specificamente della comunicazione grafica dell’ambiente, per mezzo delle mappe e dei sistemi di segnaletica.


Storia della

Segnaletica

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La progettazione grafica o “comunicazione visiva”, legata al filone dell’editoria e della pubblicità fino alla seconda metà dell’ottocento, con il novecento trova la sua vera e propria fondazione disciplinare: all’interno del Bauhaus Jan Tschichold con “Die Neue Typographie” del 1928 promuove l’uso di una tipografia che abbia come finalità la chiarezza: fino ad allora infatti era molto diffuso l’uso di caratteri classicheggianti o gotici che sottolineavano l’aspetto decorativo della pagina a scapito della sua capacità comunicativa. Nel manuale vengono esposte regole tipografiche pratiche e teoriche che saranno la base per la moderna concezione di impaginazione e layout. L’apporto di Otto Neurath è imprescindibile invece nell’evoluzione dei metodi di visualizzazione dell’informazione attraverso simboli: egli infatti verso la metà degli anni ‘20 sviluppa l’Isotype (International System of Typographic Picture Education), un sistema che, attraverso segni visivi, presenta dati statistici per mezzo di un linguaggio pittografico facilmente comprensibile che possa essere una valida alternativa ai diagrammi fino ad allora utilizzati (curve astratte, colonne e tabelle). Neurath vuole rendere il messaggio visivo universalmente comprensibile al di là delle barriere linguistiche nazionali creando una sorta di alfabeto universale per immagini in grado di comunicare i processi della società a chiunque, a prescindere dal suo grado di competenza o istruzione. Un linguaggio per immagini di questo tipo è senza dubbio molto importante e di grande utilità. L’educazione mediante immagini, realizzata in armonia col sistema isotype contribuirà in modo determinante a dotare le differenti nazioni di un comune sguardo sul mondo. Se le scuole saranno in grado di insegnare mediante la visione servendosi di questo linguaggio diventeranno artefici di una educazione comune a tutto il pianeta e daranno un nuovo impulso ad ogni tipo di problematiche connesse alla prassi educativa internazionale.” L’interesse per l’aspetto comunicativo dei luoghi ad utenza


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segnaletica Urbino, Albe Steiner

pubblica, come ad esempio le stazioni, comincia nei decenni successivi ad accentuarsi sempre di più, tanto che, negli anni sessanta, si inaugura anche in Italia un corso sulla grafica di pubblica utilità con intenti sociali ed educativi. L’università che lo ospita è l’ISIA di Urbino, istituto che organizza la didattica sulla scia delle teorizzazioni di Albe Steiner (egli nel 1969 progetta l’immagine municipale della città). Steiner sostiene che il linguaggio grafico scelto per questo tipo di progetti deve essere appropriato al luogo e all’utenza: devono essere presi in considerazione gli aspetti percettivi, psicologici e sociali che permeano l’ambiente pubblico in modo che gli utenti si sentano accolti e possano comprendere facilmente le funzioni e la dislocazione di tutti i servizi. Solo in questo modo lo spazio può essere veramente “accessibile”. L’ambiente deve essere spiegato visivamente mediante l’uso sofisticato di segni e di simboli che vada ben oltre il loro attuale impiego di vendere o proibire (Kevin Lynch, 1960). Il campo della segnaletica su committenza pubblica diventa l’occasione di nuove ed importanti esperienze progettuali: lo studio Unimark di Bob Noorda (con sede a Milano) e di Massimo Vignelli (con sede a New York), con la collaborazione dei progettisti dello studio Albini- Helg, progetta nel 1964 l’immagine grafica complessiva per la metropolitana milanese. Quattro anni dopo il New York City Transit, l’autorità dei trasporti di New York commissiona alla Unimark International, in occasione della progettazione del sistema di segnaletica per la metropolitana newyorkese, la realizzazione dell’Authority Graphic Standards Manual. A questa esperienza seguiranno con successo i progetti grafici per la metropolitana di San Paolo in Brasile. Nel 1974 viene istituito negli Stati Uniti il “Federal Design Improvement Programm” per il quale vengono stanziati fondi federali per migliorare la qualità del disegno visuale per comunicare informazioni governative ai cittadini.


John Massey elabora uno dei primi manuali omnicomprensivi di standard grafici. Dal programma di standardizzazione della grafica statale scaturisce anche il progetto Unigrid (1977) sviluppato dall’agenzia Vignelli per la comunicazione istituzionale dei 350 parchi americani: 350 sistemi di segnaletica vengono così uniformati in un unico. Tra fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90 si delinea più autonomamente la branca teorica e professionale del Sign Design, infatti in questo periodo viene fondata a Washington (USA) la SEGD (Società per Enviromental Graphic Design), che si occupa specificamente della comunicazione grafica dell’ambiente, per mezzo delle mappe e dei sistemi di segnaletica.

metro New York, B.Noorda e M.Vignelli

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Le categorie dei

segni

La segnaletica per lo spazio pubblico deve limitare il più possibile il sovraccarico informativo e deve fornire sistemi di orientamento che prendano in considerazione: • gli aspetti utilitaristici relativi alla questione dell’orientamento e quindi della funzionalità e della reperibilità dell’informazione • gli aspetti estetici di identità dell’immagine ambientale, di identificabilità del linguaggio comunicativo e di qualità dell’organizzazione globale degli spazi • gli aspetti di caratterizzazione espressiva dell’ambiente, sia esso lavorativo, di intrattenimento o di servizio. Mitzi Sims individua sei categorie di segni: • segni di orientamento: consentono di localizzare l’utente in un dato ambiente e possono essere progettati per tale scopo (mappe) o essere riconosciuti dall’utente come tali (punti architettonici di riferimento) • segni di informazione: utilizzano essenzialmente il linguaggio verbale e sono veicolati dal testo scritto e/o dal segno grafico. La loro efficacia comunicativa risiede principalmente nella chiarezza del messaggio che può essere ulteriormente rafforzato dalla forma, dal colore del segnale e dalla sua esatta collocazione • segni di direzione: strumenti di navigazione ambientale, progettati all’interno del sistema segnico globale, essenziale ed indispensabile alla circolazione in luoghi pubblici ad elevata frequentazione e adibiti al trasporto di merci e persone in condizioni di stress e di velocità d’uso elevate (aeroporti, metropolitane, ospedali, tribunali...) • segni di identificazione: rappresentano forse la più antica forma di segnalazione e riconoscimento di uno spazio e di un punto nello spazio al

segnaletica per il CAE di Roma


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fine di dare conferma della raggiunta destinazione ed identificazione di un dato luogo. Necessitano di una precisa localizzazione e tendono ad essere visti dal visitatore come landmarks segni di regolazione: sono i più normalizzati e codificati in ambito internazionale, sia a livello grafico che costruttivo, per via dell’importanza cruciale dei loro contenuti comunicativi specie nell’ambito della segnalazione di sicurezza. Essi riguardano infatti la tutela dalla salute dell’individuo, gli obblighi e i divieti, le istruzioni in condizione di emergenza e quelle per l’uso di alcuni dispositivi segni di decorazione: hanno finalità prevalentemente estetiche ed appartengono forse alla meno comunicativa delle categorie segnaletiche perché il loro scopo principale non è quello di supplire informazioni, ma di abbellire ed evidenziare. I segni decorativi sono i fautori del fascino, del mistero e della gradevolezza estetica di alcuni tipi di ambiente o di parte di essi, e contribuiscono ad arricchire la veste grafica e comunicativa dell’ambiente senza interferire con gli altri segni presenti.


wayfinding

Principi di progettazione della Segnaletica Nella progettazione della segnaletica è importante prevedere che le dimensioni siano adeguate al compito visivo e che la soluzione grafica che si utilizza sia adatta ai meccanismi della percezione visiva e della psicologia ambientale. Inoltre è necessaria un’approfondita conoscenza dell’intero contesto spaziale, sociale e comportamentale. Perché la comunicazione avvenga in modo efficace bisogna utilizzare un linguaggio e un codice che si presuppone siano comuni e condivisi, quindi più o meno standardizzati, ma comunque flessibili rispetto allo scenario. La flessibilità è data dal fatto che nel design grafico standard e normative sono entità ancora poco strutturate, fatta eccezione per la segnaletica stradale e di sicurezza. Possono essere forniti però dei principi di progettazione che riguardano l’ambito tipografico (1), la scelta del colore (2), il posizionamento del segnale nello spazio (3) e l’utilizzo della luce (4). 1. Ambito tipografico Quando i caratteri vengono disegnati appositamente per fini segnaletici è importante che alcuni accorgimenti di carattere gestaltico e percettivo vengano presi in considerazione; per esempio le lettere simili di un alfabeto devono essere differenziate per scongiurare errori di interpretazione e abbattere la cosiddette “barriere tipografiche” che possono costituire un ostacolo spesso insormontabile per chi soffre di disturbi alla vista. Un’interessante esempio di questa ricerca tipografica è lo studio condotto in Inghilterra per migliorare la lettura delle persone con problemi di dislessia. La dislessia è un difetto visivo che porta ad invertire e confondere i caratteri durante la lettura. È una condizione che, solo nel Regno Unito, affligge circa il 10% della popolazione pertanto costituisce un problema particolarmente esteso.

equa, font per il CAE di Roma


read regular

Analizzando i meccanismi della visione e di apprendimento del dislessico, Natasha Frensch ha progettato nel 2003 un apposito carattere tipografico. La serie completa del font Read Regular è caratterizzata infatti dall’unicità di disegno per ogni lettera: le b, d, p, q, per esempio, non sono il semplice capovolgimento di un unico glifo, ma forme univoche. Ogni lettera è quindi diversa e questo consente di ridurre l’errore di decodifica da parte del lettore. Altri accorgimenti sono quelli di evitare spessori elevati (bold o condensed) che riducono la leggibilità a distanza; un altro aspetto importante è quello che riguarda la spaziatura, infatti lo spazio tra le lettere deve saper creare consistenza e ritmo nella scansione dei pieni e dei vuoti, così come quello tra le parole e quello tra le righe (interlinea) devono garantire un corretto e confortevole equilibrio visivo alla lettura del testo. Se la distribuzione degli spazi vuoti viene progettata con una logica, il ritmo che ne deriva faciliterà la lettura. È preferibile inoltre utilizzare alfabeti regolari che riproducono forme più armoniche e lineari, dato che le parole sono riconosciute per via della loro forma globale, non per quella di ogni singola lettera. In generale si può affermare che non esistono font giusti o sbagliati, ma devono essere scelti in base alla loro appropriatezza rispetto al loro scopo. Un carattere classico serif o sans serif come il Times, il Frutiger o l’Helvetica è una scelta di design sicura. Utilizzare font stravaganti può portare ad un riconoscimento e ad una identificazione difficile, infatti generalmente le persone riconoscono gli oggetti familiari, così font comuni sono più riconoscibili di quelli meno utilizzati. Jock Kinneir, un progettista britannico di sistemi di segnaletica, sottolinea nel suo libro Words and building che la scelta del carattere è molto importante perché questo ha in sé dei livelli di significato, dei concetti, delle sensazioni e dei messaggi subliminali che non devono es-

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wayfinding

sere sottostimati. Nell’ambito del “copy wording” i suggerimenti riguardano la chiarezza delle parole utilizzate nel segnale: l’headline e il testo devono essere il più brevi possibile, le frasi non devono essere ambigue. Il codice usato deve essere appropriato all’utenza, un codice amichevole e positivo incoraggerà l’utente a rispondere nella maniera auspicata dal progettista. Si dimostra sempre più necessaria la presenza del testo in almeno due lingue. Come regola generale le abbreviazioni non sono utilizzate quando la segnaletica è destinata ad un’utenza pubblica, in quanto possono causare confusione e sensazione di spaesamento. Anche la punteggiatura non dovrebbe essere utilizzata: l’informazione che richiede punteggiatura, per essere compresa, non dovrebbe essere contenuta nella forma di un segnale. È necessario evitare un numero elevato di messaggi sullo stesso cartello, è bene invece avvalersi di un sistema di segnaletica gerarchico, secondo il quale vengono inserite progressivamente le informazioni lungo il percorso effettuato dall’utente. Sono da evitare anche lunghi elenchi di nomi nei quadri sinottici e nei pannelli informativi, una serie di brevi messaggi è più semplice da leggere e da ricordare. I segnali devono essere letti e compresi molto velocemente e un sovraccarico di informazione può causare incertezza. Soprattutto la segnaletica di identificazione dovrebbe essere semplice e concisa; scelta una denominazione, questa dovrebbe essere mantenuta in tutto l’edificio. Per quanto riguarda la posizione della scritta sul cartello è preferibile che il margine inferiore sia maggiore di quello superiore, in quanto le parole sono visivamente più soddisfacenti se sono leggermente più in alto del centro.


2. La scelta del colore Come si diceva è molto importante che i segnali siano strutturati gerarchicamente, secondo l’importanza del messaggio veicolato, in modo logico e coerente all’interno di tutti gli spazi dell’edificio. Il colore può essere uno strumento molto efficace per raggiungere questo scopo. Infatti il colore è “un mezzo di persuasione in grado di condizionare la memoria, uno strumento di seduzione in grado di creare forti suggestioni. La comunicazione visiva si avvale della sua efficacia e universalità per evidenziare le informazioni, rendere agevole il messaggio e imprimerne il ricordo nella memoria”. (Lia Luzzatto e Renata Pompas, 1988). Nell’ambito della progettazione è utile considerare le qualità intrinseche della gradazione cromatica utilizzata, i suoi usi sociali all’interno della cultura specifica, ovvero i significati e i comportamenti ad essa associati. In generale il colore deve aiutare l’utente a pensare il meno possibile e quindi a comprendere il messaggio velocemente, per questo la CEE ha normato i colori da utilizzare in caso di emergenza e per la sicurezza, situazioni in cui la prontezza di reazione ha un ruolo anche di vitale importanza. Rosso: segnale di pericolo e allarme; utilizzato per materiali e attrezzature antincendio. Suggerisce una situazione pericolosa e l’idea di arresto e sgombero, sottolinea l’identificazione e l’ubicazione dei dispositivi di emergenza Giallo/Arancione: segnale di avvertimento Suggerisce che è necessaria una maggiore attenzione o cautela, oppure una verifica Azzurro: segnale di prescrizione (direzione ed indicazione). Suggerisce un comportamento o un’azione specifica (sottolinea uscite, percorsi) Verde: segnale di salvataggio, soccorso. Suggerisce il ritorno alla normalità e ad una situazione di sicurezza.

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Un esempio applicativo molto interessante è l’uso del colore nella progettazione della segnaletica per l’aeroporto JFK di New York. Paul Mijksenaar ha configurato 3 modalità differenti di segnale, queste sono basate sullo stato d’animo dei viaggiatori. La prima modalità, la più importante, è quella del dover prendere l’aereo e della fretta: gli utenti devono essere diretti alla biglietteria, al check in, al loro gate di imbarco oppure dall’aereo all’area di ritiro bagagli. Questa tipologia di segnali ha il lettering nero su sfondo giallo, un colore brillante utilizzato anche nei segnali di avvertimento (per esempio i lavori stradali). Il secondo gruppo guida ai servizi offerti dall’aeroporto come sale d’attesa, ascensori, telefoni ecc; il lettering giallo su sfondo grigio scuro segnala la modalità di attesa, del tempo che si può impiegare liberamente mentre si aspetta. L’ultima tipologia è quella dei cartelli con scritta bianca su sfondo verde, il colore caratteristico delle uscite e, negli Stati Uniti, della segnaletica stradale. Questi segnali conducono ai parcheggi e ai mezzi di trasporto verso la città. Mijksenaar ha scelto il verde perché è un “colore naturale, che esprime lo stato d’animo del voler andare a casa”. I passeggeri selezionano in modo intuitivo ed immediato il tipo di indicazione di cui hanno bisogno escludendo tutte le altre. L’idea di base è quella di offrire solo l’informazione necessaria per il percorso e la modalità scelta, da un punto di vista globale ad uno specifico e viceversa: ciò può accadere grazie ad una progettazione gerarchica della segnaletica. L’utente deve essere prima guidato alla zona desiderata e poi alla specifica destinazione. È importante che la segnaletica mostri veri e propri punti-destinazione e non punti intermedi, questi dovrebbero essere già facilmente deducibili dall’organizzazione dell’architettura stessa e dalla logicità del sistema di segnaletica; questo accorgimento, quando ben progettato, limita la sovrabbondanza di

aereoporto JFK New York


segni. In un sistema di segnaletica si raccomanda di usare un massimo di 4 o 6 colori, desaturandoli all’aumentare del loro numero. Nel momento della scelta delle gradazioni cromatiche è importante tener conto dei dati relativi alla percezione e l’invecchiamento: per esempio il 25% della popolazione mondiale al di sopra dei 50 anni fatica nel percepire il blu, dato il peggioramento della dilatazione della pupilla rispetto alla condizioni di buio/luce (fonte SEGD). 3. Posizionamento del segnale nello spazio La posizione del segnale è molto importante perché determina la sua visibilità e la capacità di catalizzare l’attenzione dell’utente in una data direzione in relazione al contesto/sfondo dell’ambiente di riferimento. La collocazione del segnale di sicurezza, per esempio, è normata in riferimento al campo visivo dell’osservatore, alla sua posizione nello spazio, al tipo e alla velocità dello spostamento e alle caratteristiche fisiche dell’ambiente (illuminazione…). Il cono visivo di una persona normale copre un angolo di circa 60°, l’area esterna a questo angolo tende ad essere vista con un dettaglio molto minore. Per esempio se un segnale è posto in modo che la linea dello sguardo formi un angolo maggiore di 30° verrà probabilmente ignorato. Un’attenta progettazione della posizione del segnale nello spazio aumenta le probabilità che questo venga notato. È inoltre necessario accertarsi che l’ambiente non interferisca visivamente con la lettura del segnale, le parole dovrebbero essere visivamente isolate, quindi un ambiente statico e neutro è lo scenario ideale. Seguendo le indicazioni formulate dalla teoria del wayfinding di Passini, il segnale deve essere collocato nello specifico punto in cui l’utente formula una domanda relativa all’orientamento, la cui risposta deve essere tanto esauriente da fagli prendere la successiva decisione.

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wayfinding

Questi punti specifici sono per esempio i bivi ma più in generale tutti quei nodi in cui l’utente è forzato a prendere decisioni e quindi necessita indicazioni di wayfinding. 4. L’utilizzo della luce La luce è necessaria per la percezione dell’intorno spaziale ed una corretta illuminazione garantisce il benessere psicofisico dell’individuo. Circa l’80% di tutte le impressioni sensoriali sono di natura ottica e necessitano della luce come vicolo di informazioni. Ciò dimostra la straordinaria importanza della luce per l’uomo. La luce non solo trasmette attraverso l’occhio le informazioni ai centri della vista del cervello, ma, attraverso una particolare ramificazione di nervi, influisce anche sul sistema neurovegetativo che regola le funzioni dell’organismo. Sono infatti note le ripercussioni dei diversi tipi di illuminazione sulle attività dell’uomo, soprattutto per quanto riguarda la capacità di concentrazione, la prevenzione della stanchezza precoce e il corretto svolgimento dei bioritmi fisiologici. Sottolineare con la luce gli elementi che sono utili alla fruizione dello spazio è una delle metodologie più efficaci per veicolare l’informazione che è ritenuta dal progettista più importante. Per questo motivo la corretta progettazione di un ambiente luminoso è un fattore determinante nell’accettazione e nell’identificazione di uno spazio: creare paesaggi luminosi adeguati e corrispondenti alle aspettative dell’utente è un fattore qualificante non solo per il buon fine di un progetto illuminotecnico, ma anche per la fruizione di qualsiasi spazio. L’azione positiva della luce a livello neurovegetativo nell’uomo è verificabile anche in ambienti sconosciuti, l’uomo ritiene un luogo ignoto illuminato più sicuro di per sé rispetto ad uno più buio. La luce trova un diffuso impiego nell’ambito della segnaletica ed anche qui porta numerosissimi vantaggi:


agendo a livello istintivo la luce si configura come un linguaggio universale, al di là di ogni barriera linguistica e culturale, l’uomo ne è incosciamente attratto e questa attitudine può essere sfruttata dal progettista per posizionare le sorgenti in modo strategico e guidare l’utente in ambienti complessi senza creare le situazioni di stress date dal sovraccarico informativo della segnaletica tradizionale. Se analizziamo le applicazioni attuali la luce viene largamente utilizzata nella segnaletica retroilluminata, questo perché, come con il colore, il segnale viene sottolineato rispetto all’intorno spaziale. L’utilizzo della luce nella segnaletica può avere anche un piacevole effetto estetico. Un esempio è l’applicazione nel centro di arte moderna Georges Pompidou di Parigi dove si alternano segnali grafici e segnali creati con tubi al neon colorato. La progettazione della segnaletica per il Pompidou si basa sull’idea dell’esplosione spaziale dell’informazione, che di solito è contenuta in un solo pannello, in modo tale che il sistema di segnalazione equivalga alla scenografia. Qui la luce, oltre ad essere veicolo d’informazione, esalta l’aspetto scenografico dell’ambiente.

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graphic designer


Ruedi Baur

Ruedi Baur, comincia la sua carriera come grafico presso lo studio di Michael Baviera. Nel 1979 si laurea in graphic design presso la Schule für Gestaltung di Zurigo. A Parigi (dal 1989) e a Zurigo (dal 2002) lavorano i suoi due studi “intégral ruedi baur et associés“ e ”integral ruedi baur zürich“ su tematiche bie tridimensionali in diverse aree della comunicazione visiva. Ha esperienza didattica dal 1987. Dal 1989 al 1994 è direttore del dipartimento di design dell’École des Beaux-Arts de Lyon, dal 1993 al 1996 dirige anche il corso di laurea specialistica “espace civiques et design“. Nel 1995 viene nominato professore di corporate design presso la Hochschule für Grafik und Buchkunst a Lipsia; dal 1997 al 2000 è Rettore della stessa Università. Nel 1999 è tra i fondatori dell’Istituto di design interdisciplinare “2id“. Dall’aprile 2004 Baur dirige il nuovo Istituto di ricerca “Design2context“ della Hochschule für Gestaltung und Kunst di Zurigo.

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graphic designer

Per la mia tesi sto progettando un sistema di segnaletica turistica per la città di Matera, data la sua esperienza nel settore volevo rivolgerle alcune domande. Nei suoi progetti di segnaletica assume un ruolo scenografico e diventa parte integrante del luogo in cui è posta. Per lei è possibile fare un progetto che possa essere applicato a diverse città oppure è opportuno realizzare un progetto che rispecchi le caratteristiche di ogni città. R: Credo che la questione della segnaletica non riguarda solo l’orientamento ma deve valorizzare la città, è importante per me cercare l’unicità del luogo e realizzare un progetto visuale che interagisca con il contesto. L’idea dell’unicità è un’idea del XX secolo, il mio obiettivo è proprio quello di cambiare questo punto di vista, se è intercambiale, si che è funzionale ma senza carattere. E’ possibile creare una segnaletica facilmente comprensibile da tutti e non solo dagli abitanti del paese, e che abbia le caratteristiche di questo luogo. Credo che i funzionalisti del XX secolo hanno sottovalutato o sopravvalutato le nostre capacità di leggere sistemi diversi, particolari, il punto centrale per me è liberare i sistemi segnaletici dall’unicità, poiché si possono creare cose differenti attraverso l’utilizzo di forme, contenuti ed elementi tipografici. Ad esempio lo vediamo dai ristoranti che hanno diversi segnali per le toilette, e nn abbiamo problemi a distinguere quello degli uomini da quello delle donne. Se le venisse richiesto di fare un lavoro di wayfinding in una città italiana, dato il legame che esso ha con la storia, e non sempre pronto a cambiamenti dal punto di vista artistico e del design, lei punterebbe ad un lavoro meno invasivo più o introdurrebbe elementi innovativi e più contemporanei.


R: Io non parlo di città specifiche ma del contesto, che per me è molto importante, in quanto la segnaletica scaturisce e deve convivere con esso. L’Italia ha una dimensione storica rilevante , ma ciò non vuol dire che no possiamo fare un progetto che non sia contemporaneo, ma stabilire una giusta interazione tra storico e moderno. Non è necessario fare una segnaletica seriosa, perché ci sono città diverse , ed è interessante mettere in risalto le diversità della città. Che ruolo riveste la tipografia in un progetto grafico R: La tipografia deve essere funzionale, e non tutte le font possono essere usate nella segnaletica. L’ideale sarebbe crearne una specifica per il progetto, questa rappresenta l’elemento che uniforma i vari componenti di un sistema segnaletico. Non è solo la tipografia di per sè che fa il progetto ma come essa viene usata. Esistono delle regole precise per la segnaletica R: C’è un intesa di elementi, non c’è una soluzione fissa. Io sono contro la classica segnaletica, i classici pannelli io li trovo molto brutti. Ciò che per è molto importante è contestualizzare il lavoro con l’ambiente

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segnaletica turistica


Il Touring Club Italiano Fino alla fi ne del 1800 in Italia (e sostanzialmente anche nel resto d’Europa) non fu avvertita la necessità di nessun tipo di indicazione stradale, se non il nome della strada su cui ci si trovava e la distanza da un altro punto prefi ssato. Ciò è anche comprensibile alla luce del fatto che gli unici mezzi a disposizione fi no ad allora per gli spostamenti urbani ed extra–urbani erano stati cavalli o carrozze; ma solo l’avvento della bicicletta prima e dell’automobile poi, porteranno a una vera e propria rivoluzione della viabilità, sia per lo sviluppo di nuove infrastrutture, sia per l’aumento della velocità negli spostamenti. Questa rivoluzione dei trasporti ha come conseguenza una messa in discussione dei sistemi di segnalazione esistenti, che sempre più si dimostrarono inadeguati alla nuova velocità dei veicoli. Nella seduta di Consiglio del Touring Club Ciclistico Italiano dell’ottobre 1895, L.V. Bertarelli, dopo aver rilevato che il Viceconsole di Senigallia aveva di sua iniziativa fatto collocare, lungo circa 40 km della via Flaminia, targhe, posizionate su pali, con le distanze chilometriche, asserì che: una somma importante avrebbe dovuto essere posta in bilancio per dare a questo servizio un certo sviluppo in tutta l’Italia. In effetti appariva evidente quanto fosse importante dotarsi di un sistema di segnali indicatori. Sulle strade di campagna, infatti, erano presenti bivii ed incroci senza alcun tipo di segnalazione e la situazione non era migliore per ciò che riguardava la sicurezza stradale: mancavano totalmente le indicazioni concernenti la ripidità delle discese, la pericolosità delle curve o la presenza di passaggi a livello che interrompevano il percorso. Seguendo il modello del Touring Club Francese, che prevedeva una sottoscrizione dei soci per coprire le spese di collocamento dei segnali, il TCI fece fi ssare una cifra di 25 lire per ogni palo segnalatore. Quei segnali erano costituiti da un’asta di ferro molto robusta, a forma di Y, alta circa 3 metri.

segnaletica turistica


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Su quest’asta era attaccato un cartello di ghisa fusa su cui si trovava in alto la dicitura Touring Club Italiano e in basso il nome del ‘donatore’. Il contenuto si trovava nella parte centrale, che recava le indicazioni sul tipo di pericolo e sulla distanza da esso. Nel 1898 si tenne a Lussemburgo il Secondo Congresso Internazionale, a cui parteciparono 17 Associazioni turistiche; in questa sede fu approvato uno statuto di quindici articoli, il primo dei quali dichiarava costituita una Ligue Internationale des Associations Touristes. Fu proprio in questo Congresso, che si delinearono due principi imprescindibili: l’adozione di simboli in sostituzione delle scritte (per permettere la lettura delle segnalazioni anche agli stranieri) e l’uniformità delle segnalazioni da paese a paese. Nel 1903 venne creata dal Touring Club una Commissione Permanente per le Segnalazioni Stradali, che stabilì che dovevano essere chiaramente indicate le distanze, la prossimità dei passaggi a livello, di svolte, di ripidezze insidiose, le direzioni ai bivi. La Commissione ACI/TCI intuì la necessità per l’Italia di allinearsi con ciò che in questo campo era fatto negli altri paesi, dove le indicazioni stradali venivano installate con piani coerenti. Fu proprio per questo motivo che nacque una prima divisione in tre categorie, segnali di direzione, di rallentamento e di pericolo: in questo modo le indicazioni potevano essere utili non solo agli automobilisti o ai ciclisti, ma anche ai conducenti di carri oltre che ai pedoni stessi. La partecipazione del Touring Club a livello internazionale avvenne molte volte senza una vera collaborazione da parte dello Stato Italiano, come nel caso del Primo Congresso Internazionale della Strada, tenutosi a Parigi nell’Ottobre del 1908. Fu proprio durante tale congresso che fu stabilita una forma circolare per i cartelli indicatori di ostacoli, ridotti a quattro: passaggio a livello, curva pericolosa, cunetta e incrocio pericoloso. Il biennio tra il 1913 e il 1914 vide la nascita di meticoloso progetto di catalo-


gazione di tutte le segnalazioni esistenti, oltre alla ricerca di nuovi materiali atti a rendere più resistenti i cartelli. Fu proprio questa ricerca a portare all’utilizzo di cartelli in lamiera stampata, più veloci da realizzare e più resistenti agli agenti atmosferici e agli atti vandalici. Nel primo dopoguerra, in seguito all’unione di FIAT e Pirelli ai lavori, i progetti ripresero con grande fervore: fu stabilita una defi nitiva distinzione dei cartelli in tre categorie con forme specifi che. Fu deciso, infatti, di assegnare una forma a freccia agli indicatori di direzione, a triangolo per quelli di pericolo e circolare per quelli di prescrizione o obbligo. La forma rettangolare fu conservata per i cartelli di località, ai margini degli abitati o per i nomi di corsi d’acqua, i monumenti e pochi altri casi. Jueste innovazioni della forma, che il Touring Club fu il primo ad adottare, ottennero un riconoscimento internazionale alla Conferenza di Ginevra del 1931. Sempre di questo periodo è anche l’intuizione di apporre dei minuscoli apparecchi catarifrangenti nel corpo delle lettere e lungo il tracciato dei simboli. Essi non erano altro che delle gemme di vetro bianco o colorato, con una forte argentatura nel rovescio, che rifl ettevano la luce proveniente dai fari dell’autoveicolo che veniva loro incontro. Negli anni ’50, cominciò a svilupparsi un certo interesse nei confronti della segnaletica orizzontale, che cercava di venire incontro alle esigenze degli automobilisti, concentrati a guardare la strada di fronte a sè. Dal 1959 tutta la materia relativa all’attrezzatura segnaletica in Italia è stata disciplinata dal nuovo Testo unico delle norme sulla circolazione stradale, sulla base del Protocollo di Ginevra del 1949.

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segnaletica turistica

“Progetto Arianna” L’articolo 124 del Regolamento di attuazione del Codice della Strada prescrive “la segnaletica di indicazione, nel rispetto dell’ambiente circostante e nell’armonizzarsi con esso, deve essere realizzata e collocata in modo da essere facilmente avvistabile e riconoscibile”…ora, ognuno pensi alla propria città e si chieda: la segnaletica del mio Comune è facilmente avvistabile e riconoscibile? In molti casi la risposta sarà un secco no! Secondo le indagini portate a compimento dal Centro Studi della Fondazione 3M, circa un terzo dei cartelli stradali presenti sulle nostre strade non è conforme alla legge; il degrado qualitativo, la scarsa attenzione al corretto posizionamento e i simboli non previsti, oltre ad essere un signifi cativo motivo di riduzione della sicurezza e di negativo impatto ambientale, rappresentano un serio problema per il turista e una opportunità mancata di promozione del territorio. Ad intasare ulteriormente le nostre strade ci pensano peraltro gli oltre 34mila esercizi alberghieri e i 96mila esercizi complementari, ognuno dei quali posiziona più di un segnale per farsi pubblicità. Il Touring Club, che per primo agli inizi del 900 ha aperto la strada all’introduzione dei segnali e alla successiva regolamentazione della circolazione a livello centrale, è tornato ad occuparsi di segnaletica con il “Progetto Arianna”, realizzato di concerto con la Fondazione 3M. L’obiettivo del progetto, rivolto principalmente a Pubbliche Amministrazioni, aziende di promozione turistica, sistemi turistici locali e consorzi turistici, è quello di aumentare i livelli di sicurezza sulle strade attraverso un’accurata progettazione della segnaletica, in grado di valorizzare il paesaggio e di ottimizzare gli spostamenti. La progettazione prevede un’analisi della situazione sulle strade; l’individuazione delle risorse turistiche da valorizzare; la defi nizione di un piano di segnalamento complessivo; la progettazione di cartelli informativi relativi alle risorse turistiche; un piano di manutenzione. La progettazione ha interessato la


segnaletica stradale: sulla base di quanto prescritto dal Codice della Strada, le strade vengono “ripulite” dalla segnaletica malmessa, inutile o abusiva, secondo criteri di chiarezza, essenzialità, visibilità ed effi cienza. A questo si unisce la pianifi cazione turistica dei fl ussi di traffico finalizzata ad indicare e rendere visibili e accessibili i luoghi turistici (emergenze storiche, artistiche, architettoniche e paesaggistiche, uffi ci di informazione e accoglienza turistica, accessi a sentieri, alle ciclabili, alberghi ecc). I segnali turistici sono trattati dall’art. 134 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della Strada, in cui si fa anche riferimento a tutte le corrette simbologie da utilizzare e si sottolinea come l’eventuale simbologia non compresa nell’elenco debba essere autorizzata dal Ministero competente; nonostante ciò spesso si trovano segnali turistici che, invece del corretto uso del fondo marrone con iscrizioni bianche, utilizzano colori diversi creando confusione nel turista, soprattutto se straniero. Dal 2006 ad oggi sono stati realizzati quattro piani di segnaletica; le località interessate sono quelle di Pistoia, Padova, Volterra, Chiavenna e Valchiavenna.

segnaletica turistica


segnaletica turistica

Pistoia “Pistoia città d’arte ti accoglie” è il messaggio di benvenuto scelto per caratterizzare la nuova cartellonistica infomonumentale, costata 180.000 euro, installata nel 2007 nei sessantuno punti più signifi cativi della città per i turisti italiani e stranieri. Un invito a scoprire la zona montana, visto che i primi ad essere installati sono stati proprio i cartelli turistici di San Mommè, Spedaletto, le Piastre, Pracchia, Orsigna e Castello di Cireglio. Il colore scelto per la nuova segnaletica è il grigio-verde, dominante nei principali monumenti; il logo, un rombo a scacchi, rielabora e integra lo stemma e la pianta della città. I caratteri del motto “Pistoia città d’arte ti accoglie” sono stati creati appositamente, dopo un attento studio sui monumenti, in particolare sulle scritte degli architravi delle chiese romaniche della città.


Chiavenna e Valchiavenna (Sondrio) A Chiavenna il progetto ha riguardato la segnaletica stradale turistica ed alberghiera, in Valchiavenna quella stradale, cicloturistica e di accesso ai sentieri. Il rifacimento della prima ha avuto l’obiettivo di migliorare l’accessibilità della valle a livello stradale, dando particolare attenzione agli aspetti turistici e alle strutture ricettive: il progetto è stato realizzato lungo la strada statale che attraversa la valle, costruendo così una dorsale su cui potranno essere innestati i piani di segnalamento che i singoli comuni potranno decidere di implementare. Sono stati valorizzati anche i prodotti turistici “trekking” ed “escursionismo” attraverso una gestione più razionale dei flussi diretti verso i sentieri e degli spazi dedicati alla sosta dei veicoli. Le indicazioni stradali conducono fi no alle aree di sosta più vicine ai sentieri che si intendono percorrere, da dove parte una segnaletica pedonale che accompagna fino all’inizio degli itinerari. Il rifacimento della segnaletica ciclabile in Valchiavenna nasce, invece, dalla volontà di creare una rete di percorsi ciclabili, al fi ne di migliorare la fruizione della valle attraverso una mobilità dolce e dando al contempo rilievo alle risorse turistiche presenti lungo un itinerario di 50 km. “L’itinerario Valchiavenna” che parte dal confi ne svizzero, corre lungo il Parco delle Marmitte dei Giganti e conduce, con brevi deviazioni opportunamente indicate, a chiese, musei, scavi archeologici e cascate. L’installazione della nuova segnaletica è avvenuta nel 2008.

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analisi del territorio


I Sassi di Matera I Sassi di Matera sono stati iscritti nella lista dei patrimoni dell’umanità del l’UNESCO nel 1993. Sono stati il primo sito iscritto dell’Italia meridionale. L’iscrizione è stata motivata dal fatto che essi rappresentano un ecosistema urbano straordinario, capace di perpetuare dal più lontano passato preistorico i modi di abitare delle caverne fino alla modernità. I Sassi di Matera costituiscono un esempio eccezionale di accurata utilizzazione nel tempo delle risorse della natura: acqua, suolo, energia. La città della pietra, centro storico di Matera scavato a ridosso del burrone, è abitata in realtà almeno dal Neolitico: alcuni tra i reperti trovati risalgono a 10.000 anni fa, e molte delle case che scendono in profondità nel calcare dolce e spesso (calcarenite) della gravina, sono state vissute senza interruzione dall’età del bronzo (a parte lo sfollamento forzato negli anni cinquanta). La prima definizione di Sasso come rione pietroso abitato risale ad un documento del 1204. I Sassi di Matera sono un insediamento urbano derivante dalle varie forme di civilizzazione ed antropizzazione succedutesi nel tempo. Da quelle preistoriche dei villaggi trincerati del periodo neolitico, all’habitat della civiltà rupestre di matrice orientale (IX-XI secolo), che costituisce il sostrato urbanistico dei Sassi, con i suoi camminamenti, canalizzazioni, cisterne; dalla civitas di matrice occidentale normanno-sveva (XI-XIII secolo), con le sue fortificazioni, alle successive espansioni rinascimentali (XV-XVI secolo) e sistemazioni urbane barocche (XVII-XVIII secolo); ed infine dal degrado igienico-sociale del XIX e della prima metà del XX secolo allo sfollamento disposto con legge nazionale negli anni cinquanta, fino all’attuale recupero iniziato a partire dalla legge del 1986.

analisi del territorio


analisi del territorio

I Sassi sono davvero un paesaggio culturale, per citare la definizione con cui sono stati accolti nel Patrimonio mondiale dell’Unesco. Il SassoBarisano, girato a nord-ovest sull’orlo della rupe, se si prende come riferimento la Civita, fulcro della città vecchia, è il più ricco di portali scolpiti e fregi che ne nascondono il cuore sotterraneo. Il Sasso Caveoso, che guarda invece a sud, è disposto come un anfiteatro romano, con le case-grotte che scendono a gradoni, e prende forse il nome dalle cave e dai teatri classici. Al centro la Civita, sperone roccioso che separa i due Sassi, sulla cui sommità si trova la Cattedrale. Ed infine di fronte, sul versante opposto della Gravina di Matera, l’altopiano della Murgia che funge da quinta naturale a tale scenario, con le numerose chiese rupestri sparse lungo i pendii delle gravine protette dall’istituzione del Parco archeologico storico-naturale delle Chiese rupestri del Materano. Facciate rinascimentali e barocche si aprono su cisterne dell’VIII secolo, trasformate in abitazioni. Chiese bizantine nascondono pozzi dedicati al culto di Mitra. Alcuni ipogei sono stati scavati a più riprese fino agli anni cinquanta, altri murati e dimenticati, nascosti nei fianchi della collina. Il Palombaro lungo, l’immenso serbatoio d’acqua sotto piazza Vittorio Veneto, ha delle sezioni costruite tremila anni fa, mentre le più recenti sono del 1700. I Sassi, la città popolare, insieme alla Civita aristocratica e medievale eretta su un’antica acropoli, sono in effetti un palinsesto pieno di sorprese, anche se sembrano immobili e compatti, chiusi nella pietra nuda a tratti appena corretta da una mano di calce.


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analisi del territorio Chiese

Storia

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Musei

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P.zza S. Rocco


progetto


progetto

Texture

Le texture nascono da elementi presenti nel territorio di Matera. Questo per creare un progetto segnaletico che fosse parte della città e in cui gli stessi cittadini possano riconoscersi. La texture per il percorso Chiese nasce dall’elaborazione di un rosone presente sul portale della Chiesa di San Giovanni Battista, ed è un elemento che si ritrova anche su altre chiese del Medioevo presenti nella città. Il decoro per il percorso Storia invece, è tratto da un aereatore, elemento molto comune nelle abitazioni dei sassi. Il percorso Archeologia è caratterizzato da un fiore ripreso da un dipinto ritrovato nella chiesa rupestre del Convicino di Sant’Antonio. Per il percorso Musei, la texture nasce da un fregio che ritroviamo nei palazzi settecenteschi materani, infine il percorso Natura ha come simbolo la Campanula Pugliese, un fiore che cresce nella murgia materana.


Chiese

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Storia

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Ad ogni percorso oltre che una texture è stato associato un colore diverso, la scelta dei colori nasce dall’idea di voler creare degli elementi in contrasto con il paesaggio. La segnaletica non deve confondersi con il territorio, ma deve interagire con esso creando dei giochi di colore che andranno ad arricchire il paesaggio.

progetto


progetto

Capolettera Per mantenere un ulteriore legame con il territorio ho deciso di riprendere le vecchie targhe che indicavano le vie dei Sassi, che oltretutto sono tuttora presenti, dalle quali ho realizzato i capolettera. Ogni parola è cosĂŹ composta dal capolettera in stile, associato ad una font bastoni, cosĂŹ da creare un ulteriore contrasto tra l’antico e il moderno.


Sistema segnaletico

I segnali sono stati concepiti come elementi d’arredo della città. Sono costituiti da un cubo in policabornato che varia di colore e texture a seconda del percorso di riferimento, sostenuti da una struttura in alluminio. Avendo a che fare con un cntesto alquanto irregolare come sono appunto i Sassi di Matera, ho concepito due tipologie di segnaletica infomonumentale, uno a colonna che può essere collocato negli spazi più ampi e la dove la pavimentazione lo permette, mentre per gli spazi piccoli e la dove la pavimentazione è irregolare la segnaletica viene applicata ai muri. Per quanto la segnaletica del percorso natura, il sistema è cambiato ulteriormente in quanto non è possibile utilizzare nessuna delle due proposte precedenti, quindi l’alternativa è stata di usare dei pali per sostenere i cubi informativi. Il sistema è composto da:

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progetto

segnali direzionali segnaletica info-monumentale da terra segnaletica info-monumentale a muro segnaletica informativa totem informativi


progetto Segnale info-monumentale da terra

Segnale info-monumentale a muro

Segnale direzionale

altezza uomo 180 cm


Segnale info-monumentale da terra

Segnale info-monumentale a muro

Segnale direzionale

altezza uomo 180 cm

progetto


progetto Segnale info-monumentale da terra

Segnale info-monumentale a muro

Segnale direzionale

altezza uomo 180 cm


Segnale info-monumentale da terra

Segnale info-monumentale a muro

Segnale direzionale

altezza uomo 180 cm

progetto


progetto Segnale info-monumentale da terra

Segnale direzionale


Totem informativi, sui quali sono riportate le mappe di ogni percorso

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Render e ambientazioni Archeologia

Chiese


Storia

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Musei

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progetto

Segnali direzionali

Totem informativi


Chiesa di San Domenico

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progetto Chiesa di San Pietro Caveoso


Palazzo Lanfranchi

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Via Ridola


Chiesa Rupestre Madonna de Idris

progetto


progetto

Ipogei di P.zza Vittorio Veneto


Museo Ridola

progetto


progetto

Via Bruno Buozzi, via principale dei Sassi


Via San Biagioi, via che collega il Piano con i Sassi

progetto


progetto

Via Madonna delle Virt첫, strada che costeggia I sassi


approfondimenti tecnici


approfondimenti tecnici Font Museo 500 C: 80-150/130

40 cm Font Museo 300 22/25 Font Taz semibold 140 pt

Font Museo 700 220 pt

Freccia: 6x5 cm Font Museo 500 C: 90/110

180 cm


165 cm

altezza uom 180 cm

approfondimenti tecnici


approfondimenti tecnici

Policarbonato

PoliCarbonato. Materiale termoplastico della famiglia dei poliesteri. Caratteristiche ed applicazioni del materiale vergine Duro, dimensionalmente stabile, trasparente, viene impiegato per molte applicazioni che richiedono una notevole resistenza all’urto e proprietà di rendimento elevato. Il polimero mantiene le sue qualità inalterate in un ampio range di temperature e risulta eccellente anche nel campo elettrico, date le sue caratteristiche di resistenza dielettrica e resistività ad alto volume. Possiede inoltre una buona resistenza agli agenti atmosferici e ad acidi minerali, idrocarburi alifatici, oli, benzine e grassi. È autoestinguente e può essere sottoposto a sterilizzazione, così da poter essere impiegato anche in campo alimentare per i contenitori di liquidi. Tra le maggiori applicazioni di questo materiale si trovano invece verniciature e fogli per il settore auto-


mobilistico, mezzi ottici e calcolatori per il campo medico, imballaggi per apparecchiature elettriche ed elettroniche e prodotti per l’illuminazione.

RICICLO Il riciclo del PC post-consumo non è ancora molto diffuso, a causa della difficoltà di reperimento. La materia prima seconda si ottiene principalmente dal riciclo di: pre-consumo: sfridi di lavorazione e scarti di produzione post-consumo: accessori di veicoli e componenti di beni durevoli.

COMPOSIZIONE Miscele con percentuali diverse di materiale vergine, pre-consumo e postconsumo. Materiale riciclato post-consumo ≤ 90% Altri materiali presenti SAN

COMMERCIALIZZAZIONE Granuli

CARATTERISTICHE DELLA MATERIA PRIMA SECONDA Le sperimentazioni ad oggi avviate hanno dimostrato che il prodotto riciclato presenta caratteristiche fisiche molto simili al vergine, a discapito però delle proprietà estetiche (trasparenza) che risultano sensibilmente peggiori.

approfondimenti tecnici


approfondimenti tecnici

LAVORABILITĂ€ Tecnologie I manufatti in PC vengono solitamente realizzati per stampaggio ad iniezione, soffiaggio ed estrusione e possono essere successivamente lavorati con le attrezzature standard per la falegnameria e la metallurgia senza riportare spaccature, scheggiature, rotture di alcun genere. I film e le fibre sono ottenuti per estrusione o da soluzione. I primi posso essere successivamente termoformati, e come gli altri semilavorati realizzati in PC si incollano facilmente con collanti epossidici e si saldano ad ultrasuoni. Lavorazioni di finitura Sono possibili decorazioni con pitture, stampe, metallizzazioni.

PRINCIPALI APPLICAZIONI - Componenti d’arredo - Supporti per componenti elettronici - Casalinghi - Componenti per auto


Alluminio

Materiale realizzato in alluminio riciclato pre e post-consumo. Alulife unisce le qualità tecniche dell’alluminio ad un alto valore estetico, dato dalla particolare lavorazione superficiale che ne garantisce l’unicità. Nato come superficie per pavimentazioni e rivestimenti di ambienti interni ed esterni, questo materiale ben si adatta ad altri impieghi: particolari architettonici, porte, tavoli, scaffalature, sedute e altri elementi o complementi d’arredo.

COMPOSIZIONE materiale vergine materiale riciclato pre-consumo materiale riciclato post-consumo altri materiali presenti

approfondimenti tecnici

≤100% alluminio ≤100% alluminio


approfondimenti tecnici

COMMERCIALIZZAZIONE Piastrelle Dimensioni 50 x 50 cm 60 x 30 cm 200 x 20 cm Spessore

33 x 33 cm

3 - 5 mm

CARATTERISTICHE SENSORIALI Lucentezza matte o brillante (dipende dalla finitura) Trasparenza opaco Texture brillantata o satinata Durezza rigido Temperatura al tatto freddo Colorazione naturale (silver), grigio inox, nero e oro

CARATTERISTICHE TECNICHE Peso spessore 3 mm: 8,1 Kg/m² spessore 5 mm: 13,5 Kg/m² Altre caratteristiche dichiarate dall’azienda - Leggero - Resistente all’abrasione e all’usura - Resistente agli agenti atmosferici e ai raggi UV


LAVORABILITÀ Tecnologie Il materiale può essere ritagliato, fresato, piegato e formato. Per il taglio, può essere utilizzata una comune circolare da banco con lame in metallo duro. Le piastrelle possono essere sottoposte a smussatura dei bordi o predisposte con bordo ad incastro. Lavorazioni di finitura La superficie può subire ulteriori lavorazioni di satinatura o lucidatura, nonché essere dipinta.

PRINCIPALI APPLICAZIONI - Pavimentazioni e rivestimenti per interni ed esterni, per ambienti privati e commerciali - Componenti per elementi d’arredo e complementi - Rivestimento per interni di barche - Materiale o superficie per pittura, scultura, gioielleria

INFORMAZIONI AMBIENTALI Riciclabile al 100%. Come tutte le tipologie di alluminio riciclato il suo utilizzo permette di risparmiare il 95% di energia rispetto all’impiego di alluminio vergine.

approfondimenti tecnici


approfondimenti tecnici

Illuminazione a LED L’utilizzo dei LED, acronimo di Light Emitting Diode, si è fortemente diffuso negli ultimi anni in molti campi applicativi, che spaziano dai semafori ai telecomandi a infrarossi. La diffusione dei led in campo industriale è avvenuta sia grazie ai progressi in ambito tecnologico, che hanno consentito la produzione di led in colori diversi dal rosso (che inizialmente era l’unico colore disponibile per i led), sia grazie alle caratteristiche intrinseche dei led: grande affidabilità, elevata efficienza, lunga durata.

Vantaggi dei led • • • • • • • • • •

lunga durata di funzionamento assenza di costi di manutenzione elevato rendimento rispetto a lampade alogene e ad incandescenza funzionamento in sicurezza luce pulita perché priva di componenti IR e UV flessibilità di installazione del punto luce possibilità di un forte effetto spot accensione a freddo senza problemi insensibilità a umidità e vibrazioni facilità di realizzazione di ottiche efficienti in plastica e vetro

Caratteristiche dei led • • • • • •

miniaturizzazione effetti dinamici (variazione di colore RGB) valorizzazione di forme e volumi lunga durata e robustezza colori saturi effetti scenografici e di design





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