STEFANO LO CICERO
Rapsodie dell’anima Antologica 1954 - 2004
5 - 19 Marzo 2005 PALAZZO BRANCIFORTE del Banco di Sicilia Via Bara all’Olivella, 2 - Palermo
Edizione Li. Art
Direzione artistica: Lilli Rizzo Del Bosco Coordinamento: “Ottagono Letterario” Edizione: Li. Art - Palermo Progetto grafico: Turi Rubino Fotografie: Angelo Restivo Impaginazione: Roberto Madonia Stampa e allestimento: Officine Tipografiche Aiello & Provenzano Bagheria (Palermo)
Copyright © 2005 by Stefano Lo Cicero Tutti i diritti riservati
STEFANO LO CICERO Lungomare C. Colombo 664 - 90142 PALERMO Tel. 091.6310262 - Cell. 328.2781930 www.stefanolocicero.it e-mail: st.locicero@virgilio.it
Pittore, scultore, poeta di Salvatore Cuffaro Presidente Regione Siciliana
Questi tre aspetti della vita e delle opere di Stefano Lo Cicero non possono definire totalmente il valore culturale ed artistico di una esistenza interamente dedicata all’arte e alla sua espressività. Vi sono due particolarità della sua attività che ne costituiscono al tempo stesso l’origine e lo scopo: l’ambiente natio e formativo (la borgata marinara di Vergine Maria a Palermo) e le sensazioni e i sentimenti che questo ambiente ha generato in tutta la sua vita e le sue opere. Dopo oltre 40 anni di attività, ampiamente conosciuta in Italia e all’estero, Lo Cicero torna a Palermo per rendere omaggio all’origine della sua ispirazione e per ricevere il giusto riconoscimento per tanti anni di impegno e di espressività. La Sicilia che Lo Cicero porta nel cuore e che ha espresso nelle sue opere è quella costituita sui valori più pregnanti del nostro popolo: la solidarietà, l’accoglienza, la capacità a comprendere l’altro, le tradizioni. Essa ha trovato modo di esprimersi nelle forme, nei colori, nella lirica, nella aromaticità: quadri, sculture, poesie sono tutte pervase dallo stesso impeto comunicativo. La Regione Siciliana, nel suo costante impegno per valorizzare le più significative espressività dei suoi artisti, vuole con questo catalogo consentire una ampia diffusione delle opere di Stefano Lo Cicero, al fine di rendere il giusto riconoscimento al suo impegno e alla sua dedizione per questa terra. Molto egli ha dato ad essa, e molto può ancora dare.
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Una dimensione espressiva “universale” di Guido Lo Porto Presidente Assemblea Regionale Siciliana
L’Associazione culturale “Ottagono Letterario” ha inteso promuovere una personale del maestro Stefano Lo Cicero, per celebrare l’opera di un eclettico artista siciliano accompagnato da un riconosciuto consenso di critica e di pubblico che fa onore alla più nobile tradizione culturale della Sicilia. L’opera di Lo Cicero si snoda lungo tutta la seconda metà del ’900 e spazia attraverso l’evoluzione di un linguaggio artistico che rimane sempre denso di significati, quanto variegato nei materiali espressivi e nelle invenzioni formali. E anche le prove pittoriche e scultoree più recenti testimoniano in modo inequivocabile la fedeltà dell’artista ad un’impronta stilistica originale e coerente. L’emozione che pervade, in particolare, l’osservatore dell’opera di Lo Cicero è immediata, intensa e carica di seduzione. L’immediatezza del risultato estetico, che consente al maestro di ampliare l’orizzonte della fruibilità della sua opera sia ad un pubblico semplicemente interessato a godere del bello, come anche ad uno competente ed esigente, si riconduce alla capacità di trasmettere eleganza e armonia alle forme ed ai colori. Ritengo che se una “sicilianità” di Lo Cicero è dato di cogliere, essa non traspare semplicemente da singoli particolari delle sue composizioni, quanto piuttosto dalla dimensione espressiva “universale” che si manifesta in complesso nelle opere, quale risultato di un sapiente processo descrittivo che riflette un gioco di contrasti, di sensazioni intime e profonde dell’artista, che riposa in una cultura figurativa che riflette quella peculiare caratteristica propria della nostra Isola, come si percepisce anche nei suoi versi. Per queste ragioni abbiamo voluto concedere il patrocinio della Presidenza dell’Assemblea regionale siciliana a un’antologica che rende omaggio alla figura di un artista completo ed eclettico che, formatosi in Sicilia, ha attraversato evoluzioni stilistiche che ne hanno arricchito la personalità espressiva, favorendone il più diffuso apprezzamento e tributandogli una meritata affermazione.
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Caleidoscopio di emozioni di Francesco Musotto Presidente Provincia Regionale di Palermo
Pittura, scultura, poesia, una miniera di creatività inesauribile, che come una vena d’oro si è insinuata nel terreno fertile del talento di Stefano Lo Cicero, crescendo e irrobustendosi, decennio dopo decennio. Un occhio attento e lucido sul mondo che non trascura nulla, che scruta il reale e riesce a condurlo in una magica transumanza nell’ispirazione e nella fantasia. Uno stile, incrollabile eppure multiforme; una storia d’amore con l’arte, lunga quasi mezzo secolo: è questo l’omaggio prezioso che Lo Cicero fa al pubblico di Palermo e di tutto il territorio, nella mostra che la Provincia Regionale di Palermo ha contribuito a promuovere nel solco della migliore tradizione, che premia gli autori siciliani come gli interpreti più partecipi della nostra identità culturale. L’universo artistico e umano di Lo Cicero, autentico caleidoscopio di affetti e di emozioni, ne è la migliore testimonianza. Le sue donne - rappresentate in tutti i loro ruoli, negli ovali perfetti dei volti dolci ma impenetrabili, quasi esotici, ma anche nella pienezza delle forme del marmo e del legno - impersonano dee pagane, madri, sirene incantatrici, come da secoli sono le donne della nostra terra; le atmosfere dei quadri ma anche lo spirito materico che anima le sculture, sono quelle vivide, appassionate e perennemente inquiete delle nostre latitudini, che riportano ad un legame primitivo con la terra. L’amministrazione di Palazzo Comitini è orgogliosa di presentare un’esposizione ideata e curata con grande competenza, che ha il merito di rendere onore a tutta la produzione di Lo Cicero, non in modo pedante e agiografico ma con onesta curiosità e sapienza. Per molti cittadini di Palermo e della provincia sarà l’occasione di conoscere o ritrovare un artista di infinita generosità, che ha ancora tanto da dare al suo pubblico con la cifra peculiare di una dedizione che solo i “leoni d’inverno” sanno realmente tenere accesa.
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Come granello di sabbia arenato nel greto della vita, l’anima mia dall’arte attinge l’origine incompiuta. E gli estuari del pensiero, ai tremuli raggrumi dello spirito ignari a voragini dilatano silenzi.
Nel marasma che caratterizza l’evoluzione sempre crescente di forme, di tecniche e di sperimentazioni in continuo divenire, tanto vorace che tutto ingurgita, giustifica e ridona, con i linguaggi più astrusi e futuribili di un’avanguardia vaga ed esasperata, talvolta l’arte è solo una spettacolarizzazione gratuita e senz’anima. In questo frastuono, parlare di sé può sembrare retorica presunzione o fatto puramente anacronistico. Ciò malgrado, ritengo opportuno aprire il sipario, scavando a ritroso tra le pieghe gualcite del tempo, per astrarvi le esperienze fatte e le motivazioni che mi hanno accompagnato in un arco essenziale di vita e di pensiero. Dopo lunga assenza che mi ha visto impegnato in altri fronti, è diventato preminente il bisogno di aprire le ali della mia arte al sole di questa ritrovata dimensione isolana, con il bagaglio di tutte le risorse acquisite che hanno sostanziato varie espressioni di forme e di colori. Posso così dire di avere superato quel solco fatale che mi ha indotto a inseguire me stesso negli ideali protesi dell’anima in continuo fermento, operando quasi in sordina lungi da clamori effimeri che spesso amplificano e deformano l’immagine genuina dell’artista. Dopo circa venti anni di assenza artistica da Palermo, questo mio ripropormi assume, per me, un significato straordinario che vorrei trasmettere a quanti mi stimano, alla mia città e alla Sicilia tutta. In questa carrellata di opere che vanno dal ’54 ad oggi, i diversi momenti di ispirazione si snodano e si ricompongono, concatenandosi in un unicum di travagli, di esperienze fatte e di nuove emozioni stimolanti dove la “donna” è sempre stata il riferimento basilare. Questa mostra antologica vuole evidenziare in ordine di tempo, il percorso di alcuni aspetti della mia arte, cinquant’anni d’arte che voglio dedicare alla mia città, ai miei collezionisti, agli amici e a quanti mi hanno sostenuto in questo faticoso, ma gioioso viaggio di ritorno, che vuole essere anche un atto d’amore e di riconoscenza. Nell’arco di questo mezzo secolo, ritengo di avere operato con scrupolosa umiltà all’insegna della buona ragione e con meditata e vigile riflessione di analisi introspettiva che mi ha aiutato a veicolare il mio assunto creativo con passione, con lucido impegno e consapevolezza. Un grazie giunga alla Fondazione del Banco di Sicilia che ha voluto ospitarmi nei prestigiosi spazi espositivi di Palazzo Branciforte, alle autorità, alle amministrazioni che, con sensibile slancio hanno consentito questa realizzazione, a quanti sono stati vicini allo spirito che anima la mia fatica.
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Palermo 1966, personale Circolo artistico Villa Witaker (da sx: T. Orlando, St. Lo Cicero, N. Siracusa, G. Lembo, A. Bronzini)
Palermo 1971, inaugurazione Centro d’arte “Lo Scoglio” (da sx: P. Longo, St. Lo Cicero, G. Cappuzzo, P. Messina, N. Parlagreco)
Palermo 1970, personale galleria “La tela” (St. Lo Cicero e la moglie con A. Scimé e P. Mirmina)
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Stefano Lo Cicero di Lilli Rizzo Del Bosco
Dire di Stefano Lo Cicero è compito estremamente arduo per le molte sfaccettature che assume la sua Arte e per l’insondabilità del suo animo particolarmente fecondo. Il suo spirito creativo si manifesta infatti in diversi settori: dalla poesia al canto, dalla grafica alla pittura, alla scultura. Viene istintivo chiedersi se siano state le bellezze naturali della mite borgata natìa di Vergine Maria all’Addaura - tra Palermo e Mondello - ad influenzare la sua propensione all’arte e si potrebbe dare una risposta affermativa a questo dubbio pensando che le suggestioni che gli venivano dai costoni a strapiombo del Montepellegrino, dall’amenità del luogo e dalla bellezza degli scorci che si ammirano da quel lembo di terra, possano averlo ispirato a dipingere; si potrebbe anche pensare che la varietà della costa, la morfologia degli scogli e l’effetto della luce del sole, che dal mare sorge e vi si rifrange, possano avergli suggerito di dedicarsi alla scultura, ma non si può proprio pensare che tutto ciò possa assurgere al ruolo di “musa ispiratrice” anche per ciò che concerne la sua vena poetica, le sue capacità canore, e le sue doti di autore di musiche e testi di canzoni. È innegabile però che Stefano, spirito meditativo, fin dall’infanzia vive la costante attrattiva di un paesaggio che lo coinvolge a scoprire e assimilare sembianze sempre mutevoli nell’anfrattuosità della costa dell’Addaura, tra il mare e il monte, sul cui frontale i colori, a chiazze di terra e di grigi rocciosi, si mescolano con i muschi come in una tavolozza pregna di umori, dove il suo occhio attento sconfina, saziandosi affascinato, modellando il suo intimo a cogliere quelle sensa-
Palermo 1973, personale Liberto - Lo Cicero, Galleria “L’acquaragia” (da sx: St. Lo Cicero, Lorenz, Madé, G. Geraci)
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Catania 1973, personale “Centro ricerche estetiche” (St. Lo Cicero con gli amici C. Vinci e S. Del Bosco)
Ustica 1972, biennale di pittura murale (da sx: A. Denaro, S. Lo Cicero, A. Riso, A. Rossi, P. Crisanti, D. Moncada, G. Sgroi)
Palermo 1972, personale Avitabile - Lo Cicero “Lo Scoglio” (F. Collura, L. Rizzo Del Bosco, L. Russo, N. Sorce, St. Lo Cicero)
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Palermo 1972, personale Avitabile - Lo Cicero “Lo Scoglio” (da sinistra: A. Avitabile, F. Vassallo, St. Lo Cicero, A. Gerbino)
Cholet (F) 1975, personale “Centre de La Haie”
Roma 1975, Premio “Marc’Aurelio” (da sx: R.M. Avitabile, P.G.Fabiani, St. Lo Cicero)
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Firenze 1974, collettiva “La Ghibellina” (al centro Renato Guttuso con gli artisti R. Restivo, L. Donati, St. Lo Cicero, M. Barbieri, A. Vuturo, C. Biancastella)
zioni che diventano dominio della fantasia: fucina di espressioni e di forme che mette a fuoco sin da giovanissimo col segno e col colore. A quindici anni scrive già versi sia in dialetto siciliano che in lingua e fa le sue prime esperienze di pittura utilizzando cartoni di riciclo, strumenti rudimentali e vernici di scarto. Negli anni cinquanta inizia a dipingere un figurativo accademico di maniera, ma presto diviene preminente l’impulso di dedicarsi ad una pittura informale di ricerca finché approda a nuove forme di espressioni più avvertite dove l’impianto cromatico enuncia atmosfere dense di visioni fantastiche. Frequenta l’ambiente artistico della sua città ed è sempre presente nelle varie manifestazioni di pittura e di poesia dove si fa notare per la sua spiccata versatilità e, impegnato in più fronti, partecipa a varie rassegne d’arte. Nel 1956 partecipa al Premio Nazionale di poesia in lingua “Federico De Maria” a Palermo dove viene premiato con medaglia d’argento. Nel 1958 si affaccia alla ribalta della musica leggera: iscritto alla S.I.A.E, compone testi e canzoni che partecipano a Concorsi e Festival a carattere nazionale. Scrive la canzone “Dimmi chi sei?” che vince il primo premio al “Concorso Voci e Canzoni Nuove” a Palermo. Con la stessa canzone si classifica al secondo posto al Concorso Nazionale “Selespettacolo Milano”, canzone che, successivamente, verrà arrangiata per grande orchestra dal Maestro Nello Segurini. In qualità di autore, partecipa, ai Festival della Canzone di Soverato, di Ariccia, e al concorso “Il Vulcano d’Oro” di Catania, meritando ampi consensi di pubblico e di critica. Nel campo della pittura, negli anni sessanta, esaurito il filone esplorativo della specificità materica e coloristica, si fa pressante in lui il bisogno di concretizzare le immagini dando corpo ad un impressionismo fatto di approcci figurali intessuti nella materialità del colore che, a strati, si fonde lasciando la struttura dell’impianto erosa, con effetti timbrici e tonali di grande espressività. Nel 1965 esordisce a Palermo con la sua prima mostra personale che dà l’abbrivio a tante altre mostre, allargando così il raggio espositivo oltre lo Stretto.
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Parallelamente alla pittura, nei momenti di ispirazione, si dedica alla poesia, inserendo suoi scritti in antologie e raccolte di liriche. Negli anni settanta incontra Pedro Portugal, pittore boliviano che vive in Francia, artista di indiscussa personalità, che viene ad esporre a Palermo. È un incontro proficuo per lo scambio delle esperienze maturate da entrambi e di opinioni sull’arte contemporanea. Insieme all’artista boliviano ed in collaborazione con altri artisti e critici, Lo Cicero ha l’opportunità di esporre le sue opere, con mostre personali itineranti in alcune città della Francia e in Rassegne Internazionali e mostre collettive anche in alcune città della Bolivia. Nel 1971 inaugura il suo Centro d’Arte “Lo Scoglio” alla presenza di autorevoli critici d’arte, con una esposizione di opere sue e del pittore Alfredo Avitabile di Napoli. In seguito lo stesso Centro d’Arte ospiterà in permanenza le sue ultime produzioni, unitamente ad opere di altri noti artisti, per una selezionata cerchia di collezionisti ed estimatori. Nel 1974, in occasione di un gemellaggio avvenuto a Firenze, tra artisti siciliani e toscani, ha modo di intrattenersi con Ruggero Orlando, Renato Guttuso, Leonardo Sciascia ed altri prestigiosi esponenti della cultura. Nel 1976 pubblica, per la “Casa Editrice Alba” di Ferrara, la sua prima raccolta di poesie in lingua italiana, con prefazione di Aldo Gerbino, corredata da riproduzioni di suoi dipinti e disegni inerenti al testo poetico. La silloge viene presentata da Nino Muccioli, Giovanni Cappuzzo e Lucio Zinna al Circolo della Stampa di Palermo, dove vengono anche esposte le opere riprodotte nella stessa silloge. In quegli anni scopriamo anche un Lo Cicero grafico, sempre alla ricerca di nuove tecniche ed esperienze, un Lo Cicero in cui la viscerale autonomia che muove il tratto e amalgama l’impianto, pur restando ancorata a tradizioni conterranee, si sgancia diventando forza trainante di se stessa, verso una direzione personalizzata e determinante. Nel 1979 realizza per la “Editrice Due Torri” di Bologna una cartella di tre acqueforti-tinte e nell’anno successivo una serigrafia per gli “Archivi della Serigrafia Italiana - Edizioni Bugatti” di Ancona. Continua la sua attività pittorica partecipando a diversi premi, rassegne, collettive, estemporanee figurative, plastiche e murales a carattere regionale, nazionale
Palermo 1976, personale “Circolo della stampa” (Lo Cicero con N. Noto e (di spalle) i coniugi Di Bernardo)
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Torino 1978, personale galleria “Matep” (da sx: St. Lo Cicero, Mons. C. Carbone e M. Mazzeo)
Palermo 1977, personale “Zagarella & Sea Palace” (Lo Cicero con l’attore Franco Franchi)
Paris 1982, personale Chambre de Commerce Italienne de Paris
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Palermo 1990, Ars Nova (da dx: St. Lo Cicero, L. Rizzo Del Bosco, P. Portugal, Madé e la moglie, A. Pirrotta)
Partinico 1997, personale Biblioteca Comunale (da sx: G. Cappuzzo, L.Rizzo Del Bosco, St. Lo Cicero e il sindaco D.ssa Cannizzo)
Partinico 1997, personale Biblioteca Comunale “Al Rosariello”
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Triscina (TP) 2001, Rassegna d’Arte Contemporanea (da sx: St.Lo Cicero, M. Freni, C. Puleo)
ed internazionale, presentando anche mostre personali in diverse città, soprattutto in Francia e in Germania. Un suo sostenitore, che si reca spesso negli Stati Uniti, gli organizza anche un’esposizione a New York. Altri stimoli inducono l’artista a modificare il suo procedere pittorico, e nella scia di un formalismo nuovo, nella struttura e nei contenuti, mette in risalto il suo senso percettivo del reale e dell’immaginario, dove la donna diventa simbolo e assurge ai crismi della imperscrutabilità. Colori fluidificanti germinano trasparenze intricate che l’artista capta, eleggendole a dimensione di immagini definite. Negli anni ottanta, fare scultura, per Stefano Lo Cicero, diventa necessità preminente con la volontà di giungere a traguardi più espliciti. Scolpisce alacremente riversando nella materia tutto il suo ardore come a saziarsi di un desiderio mai sopito e ancora inappagato, che diviene caparbietà nel suo procedere. Come in preda ad un raptus ossessivo, esperimenta forme, manipola, scava e plasma i materiali più disparati che rispecchiano la sua dinamicità creativa. Dalle argille alle arenarie, dalle radiche ai marmi, dalle pietre laviche alle fusioni miste, Lo Cicero ha tratto i suoi temi figurali, che in coesione armonica, abbracciano il suo status emotivo spingendolo a nutrirsi del suo stesso humus che lo proietta verso nuove dimensioni. Nel 1981 realizza una cartella di incisioni dal titolo “Volti di Sicilia” per conto della “Galleria Karstad” di Köln in Germania, dove ha già presentato una sua personale e dove figurano in permanenza sue opere. Dagli anni ottanta al duemila espone dipinti e sculture in varie città italiane (Viterbo, Livorno, Brescia, Genova, Arezzo, Milano), in alcune francesi (Paris, Nice, Nantes, Angers, La Rochelle, Cholet, Montecarlo) e in alcune tedesche (Köln, Düsseldorf, München, Frankfurt). In quegli anni è preda di una inspiegabile crisi che lo tiene lontano da Palermo e gli impedisce di presentare nella sua città natale le sue opere pur restando forte, in lui, il desiderio di proporsi agli estimatori ed ai cultori d’arte. È un momento di profonda riflessione per Lo Cicero. Senza abbandonare la pittura e la scultura, torna alla poesia: nel 1996 pubblica con la presentazione di Giovanni Cappuzzo, “Spiragghi di lustru”, una raccolta di versi in dialetto sicilia-
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Palermo 2000, Galleria ’71 (da sx: S. Provino, N. Perricone, St. Lo Cicero)
no, che si classifica al secondo posto al “Premio Internazionale di Poesia Città di Marineo”. Nell’edizione del 1999 dello stesso concorso poetico ottiene il primo premio con la nuova raccolta di liriche in vernacolo,“Cuda di dragu”, con prefazione di Alfio Inserra. L’alba del terzo millennio riporta l’artista alle sue antiche realtà, indirizzando le sue tendenze scultoree alla realizzazione di bassorilievi monocromatici di grande effetto. Stefano Lo Cicero rivive con rinnovato fervore lo spirito degli anni migliori avvertendo forte il desiderio di proporre ai suoi concittadini la sua composita produzione artistica realizzata nel tempo: grafica, pittura, strutture monocromatiche, sculture… versi. Un universo che, al tempo stesso, è sintesi, spirito, creatività, emozioni… rapsodie dell’anima.
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Palermo 1999, Villa Niscemi - Rassegna “ Il carretto siciliano” (da sx: F. Lo Cascio, O. Di Pisa, F. di Carpinello, St. Lo Cicero)
Palermo 2002, Loggiato di S. Bartolomeo (da sx: B. Caruso, St. Lo Cicero, E. Mercuri)
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Rapsodie dell’anima 1954-2004
Pittura Scultura Cromostruttura Grafica Versi
Il sogno immemorabile di Elio Mercuri
C’è oggi il sentimento di una crisi profonda dell’arte e c’è chi ne ha annunciato il declino. Siamo al cospetto dell’arte “terminale” e forse in condizione di fine. La grande “ombra” che ne segna l’impossibilità a svolgere la sua funzione, che ha accompagnato ogni civiltà dell’uomo. È che nei “non luoghi” del mondo è lo stesso uomo a vivere il rischio estremo e segnare il tempo del post-umano. Nella paura dell’uomo del “pensiero debole” alla deriva nell’età della globalizzazionee di una incredibile rivoluzione tecnologica è il lavoro di artisti come Stefano Lo Cicero nella semplicità di ciò che è “necessario” ed è aderenza naturale alla vita che danno “senso” al destino dell’uomo, ad un suo futuro da salvare come valore assoluto. La sofferenza del vivere è sentimento forte della personalità di Lo Cicero, uomo saldo alle sue radici nella borgata marinara di Vergine Maria a Palermo, dove i drammi sono quelli della vita, della fatica come nei “Malavoglia”, e l’uomo lotta, e di questa sfida vuole incarnare le ragioni e la speranza. Attraverso la tensione del dare forma alla vita cerca, nel rivelarne la complessità, tutte le espressioni della parola nei suoi lavori poetici in italiano, “Riflessioni”, “Voli del pensiero” e con intensità rara “Ramagghia d’amuri” nel dialetto della sua terra; ma con tenace ricerca ne cerca l’immagine che la trasforma in simbolo di tutti e senso dell’esistenza, in valore assoluto, nell’approdo finale della scultura, dove tensioni e sentimenti, sofferenza e dolore, trovano la definizione di “Accordi” a sciogliere gli “Intrecci”. La ricerca di Lo Cicero è tutta nella tenace elaborazione del reale, quotidiano e assoluto nell’emozione che è vissuto e prelude al “Volo del pensiero” così da dare espressione alla necessità di fato e di mito, di sogno dell’uomo dentro quel contributo mirabile della scultura della Sicilia, da Greco a Consagra, alle pietre laviche di Mazzullo, calco e impronta di un’attuale Pompei. Nasce la sua scultura, per la quale inventa un suo materiale, il marmo composto che vive di uno scambio continuo fra la materia e la luce fino a rinnovare e a muoverle, dal volto e corpo dell’uomo, dai suoi gesti e moti, le grandi fantasie cosmiche in cui un umile uomo è associato agli elementi fuoco, acqua, aria e alla materialità delle sostanze terrestri. Elabora sul filo dell’immaginazione sogni situati tra la materia e la luce, crea lo spazio-dimensione di forme, plasma in consistenza e presenza i sogni d’alchimista nei quali escogita sostanze, accresce luminosità, plasma i colori, provoca contrasti in cui è sempre dato scoprire la lotta degli elementi, il caos dell’origine e il cosmo del mondo. È la forza dell’amore artigianale per la materia, come nel primo Arturo Martini per la creta; per Lo Cicero sabbia e cemento e terra, in quel “gioco della sabbia” che permette di dominare la vertigine, la vertigine che accade quando i valori inconsci prendono il sopravvento e l’emozione apre alla comunicabilità dell’anima. La polvere, la sabbia si fanno tra le sue mani immagine, figura, forma che svela
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la relazione di mistero, tra l’uomo e la natura, tra l’uomo, il suo corpo e l’anima a dare consistenza; è la scultura, che “sta” come diceva Sciascia, ed è monumento, alla comunicazione di ognuno con tutto e il tutto, presenza. In tempi come i nostri, Lo Cicero sente che “il cuore dell’uomo” e “l’anima del mondo” debbano ritrovarsi; sferzare il maleficio, di oggetto e cosa, in questa spinta a vivere sempre la totalità: non come esito dato, ma come lavoro, domanda, attesa, speranza di salvezza, di “accordi”, di “necessità” che si sottrae all’“errore” e ritrovare oltre la zona d’ombra la bellezza e la verità di un’arte senza “ombra”. Plasma la materia con il moto delle mani, per alitare con il proprio respiro l’“anima” nell’atto di ogni rinnovata creazione che è sempre uscita dal “caos” cioè forma. La scultura è allora atto d’amore che trasforma il “sogno della cosa” in “coscienza della cosa” nello scambio che è l’immaginare il mondo e “anima il mondo” e lo restituisce all’anima in questa dimensione di comunicabilità autentica che è il dono dell’arte e dell’amore. Scopriamo in compagnia delle opere di Lo Cicero un coraggio nuovo nell’accettare il destino. Così un sogno immemorabile ci propone il sentimento della continuità. Ed è il segreto dell’arte sempre e il senso del lavoro di Lo Cicero, come possiamo avvertire, nella semplicità e verità dell’esistenza, che ciò che viviamo, come nella saggezza greca, è necessità.
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Vitalismo dell’immagine “altra” di Renato Civello
Nel mio mezzo secolo e oltre di militanza storico-critica ho visto intricarsi problematiche, rovesciarsi canoni e scelte con camaleontica disinvoltura, crollare feticci, avanzare paurosamente il gelo dell’indifferenza . Ma quello che più mi ha colpito - e con me i più onesti studiosi del fatto estetico - è la presunzione dei tanti, dei troppi, operatori e imbonitori di turno, che hanno cercato di sostituire ad un’arte sul metro dell’uomo, un’arte (?!) per i fantasmi. Complicate alchimie, aberranti equazioni, algebre sedimentarie di un avventuroso e stolto filoneismo, monumentali imposture di larve senz’anima e senza intelletto che hanno tentato e tentano di farsi presenza, hanno travolto il messaggio creativo, costringendolo a farsi luce, a fatica, su deserti di cenere. Alla base dello sfacelo, in vistosa percentuale, la carenza del “buon mestiere”, di una lingua senza il cui sostegno non può essere legittimo e significante qualsiasi linguaggio. La virtù espressiva “totale”, in tutte le direzioni, dalla parola all’immagine, oggi si è fatta sempre più rara; e sono davvero pochi gli artisti che non si perdono nel labirinto delle mille mascherature e ripropongono l’intramontabile esigenza desanctisiana dell’incontro forma-contenuto (il rappel à l’ordre fu proclamato in Francia, subito dopo il primo conflitto mondiale, dai “realisti”del gruppo di Dunoyer de Segonzac). Ecco perché trovo edificanti, convincendomi senza riserve, la pittura e la scultura e aggiungo la cromostruttura, termine da me adottato per primo, ad indicare la sussistenza simbiotica dell’una e dell’altra - del noto artista palermitano Stefano Lo Cicero. Cultura, rigore professionale, vibrazioni emotive, energia di pensiero si avvertono unitariamente nei dipinti e nella statuaria. Incisivo inoltre, a contrastare la “sperimentazione” asettica dei nostri tempi, il respiro dialogante della poesia. E mi riferisco alla poesia non codificata, immune da etichettature di comodo: quella, per intenderci, che si rivela, in fluidissima lingua italiana, in “Riflessioni”, volume pubblicato nel 1976 a Ferrara con una limpida introduzione di Aldo Gerbino e nelle più recenti sillogi (1996 e 1999) “Spiragghi di lustru” e “Cuda di dragu” in vernacolo siciliano con attente analisi di Giovanni Cappuzzo e Alfio Inserra. Lo Cicero coniuga dunque, felicemente, scrupolo di qualità, stati d’animo, concetti. Ed è da sottolineare anzitutto, in modo specifico nell’ambito della figurazione, anche in quella più lontana dalla calligrafia mimetica, la magnifica coerenza testimoniata dall’artista siculo nell’intero arco della produzione. La tecnica mista “Preghiera” del ’65, gli oli “Maternità” del ’76, corposamente evocativo e dall’innervato cromatismo, e “Ragazza con girasoli” del ’77, non contrastano, a ben guardare, con tele realizzate assai dopo e neanche con gli splendidi disegni (cito l’inchiostro “Speranza” o “Il campanile” dell’88). Nella scultura poi, che è diventata attività prevalente e di aristocratica qualificazione, l’unità estetica, in perfetta comunione con l’unità logica, è sorprendente: tratti l’argilla, la pietra, il metallo, la vocazione formale ubbidisce allo stesso imperativo di risolvere in modernissimi accenti la non mai ripudiata memoria della più alta tradizio-
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ne classica e post-classica. La materia, riluttante a farsi plasmare, è indotta da Stefano Lo Cicero ad esprimere tremori e tensioni, rapimenti contemplativi e conquiste liberatorie; riflettendo allora, come leggiamo in una confessione del maestro panormita, “l’ansia di molteplici forze che chiedono spazio” configurandosi come “sublimata espressione dell’io”. È segno illuminante: l’“invenzione” sottratta al capriccio sperimentale è restituita al senso primario dell’etimo latina: un “trovare” che si identifica infine, a pieno titolo, con il “creare”. A distanza di più di mezzo millennio, nel prodigio di una persistenza che abbatte tutti gli idoli di cartapesta, resta più vivo che mai il concetto dell’artesovrasenso, che scavalca l’effimero orientandosi verso l’eterno. E per il creatore autentico, solo per lui, è ancora incorrotta l’estetica del neoplatonismo, che all’umanista Giannozzo Manetti fa considerare l’artista “quidam mortalis deus”, mirabile mediatore tra l’umano e il divino, “sui ipsius plastes atque fictor”. Tutte le forme volumetriche che portano la firma di Lo Cicero, siano esse modellate come nella terracotta, “L’abbraccio”, quasi sintesi di un’epopea familiare, o realizzate in pietra composta come nel prorompente piramidale “Intrecci”, o fuse severamente nel bronzo, come in “Memoria”, una sorta di allucinatorio angoscioso, con tre figure e una testa in diagonale, a filo di simbolo, dichiarano l’aspirazione a superiori e ultimativi traguardi. Dall’intricata ragnatela del dolore e del dubbio che avviluppa l’esistenza, polverizzando emblemi e azzerando miraggi, emerge per lo scultore un’etica fiduciosa. Si rileggano alcuni versi di “Se guardi il sole”: - Se guardi il sole a mezzogiorno - spoglia la tua anima - che possa saziarsi - di luce e verità. Il “subliminale” di cui scrive Ungaretti per la pittura apparentemente narrativa e oggettivante di Anna Salvatore è ardore di superamento specie nella scultura di Lo Cicero: dalla più registrante, come questa o quell’altra “Madre” ad altra meno iconica, al limite dell’allusione astratteggiante, o imposta su una bivalenza metafisico-surreale (Doppio volto, Presenza spaziale antropomorfica, Aggregazione e così via). Per quanto riguarda la tendenza a trasferire con ardite connessioni ed elusioni il tessuto morfologico dell’immagine dipinta, ma soprattutto in quella scolpita, non si può non condividere il giudizio dello stesso autore, che si sente erede, sia pure negli esiti di una contemporaneità novatrice, dell’Espressionismo. Ma voglio solo osservare, a favore di un amico artista che apprezzo sinceramente per il suo vulcanico vitalismo e per il culto spirituale (che appartiene ai veri creatori) dell’immagine “altra”, estranea alla freddezza riproduttiva, lontana dal “patein” e dalla ricerca gnoseologica, che l’espressionismo in genere pecca per eccesso di intenzioni. È mortificato da parossismi psichici e da turgori mentali, anche ai più blasonati livelli, pur se risolto in figurazioni di notevole validità artistica. Penso ai suoi protagonisti storici: ai Munch, ai Klee, agli Ensor, ai Nolde, ai Kokonschka ed altri ancora, ma anche a scultori che, più o meno consapevolmente, pur non dichiarandosi espressionisti, attuarono i principi sostenuti, in opposizione alle varie correnti del naturalismo ottocentesco, nella rivista berlinese Der Drum (La tempesta). Sarebbe possibile fare tanti nomi. Ma mi piace concludere con la convinzione che Stefano Lo Cicero sia da sempre impegnato in un’azione non omologabile. La sua personalità trova riscontri avallati da chi se ne intende, in particolare proprio a riguardo dell’accennata tendenza espressionistica, poiché il suo caldo sentimento, il suo forte pensiero non sono mai sopraffatti dall’iperbole. Gli interrogativi assillanti che martellano il suo spirito non saranno mai prigionieri del più cupo intimismo e potranno dunque esprimersi costantemente nelle testimonianze di un’arte comunicabile e, in definitiva, consolatrice e salvifica.
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Tra reviviscenza e prodigio di Pietro Mazzamuto
L’opera di Stefano Lo Cicero è operativamente e strutturalmente enciclopedica, se egli è stato ed è contemporaneamente pittore, scultore e poeta, il che ci riporta alla molteplicità vocazionale e operativa dei nostri umanisti e rinascimentali, il cui prototipo, dopo Leon Battista Alberti e Leonardo da Vinci, è senz’altro Michelangelo scultore, pittore e poeta, ma ci riporta pure, per un discorso più contemporaneo, a quella sintesi dialettica di tutte le forme d’arte ben intuita da Benedetto Croce nel 1936 (vedi il libro La poesia), se ebbe a dichiarare che quando un risultato fantastico è tutto positivo non è né musica, né pittura, né lirica, né narrativa, ma tutte queste forme assieme, dialetticamente e perfettamente fuse. Questo vuol dire che tra le forme d’arte restituite da Lo Cicero con un’affinità profonda, come se fosse un solo risultato, com’è vero che in esse s’impegna, soffre e vive, opera e si esprime sempre la stessa anima, ma questo può apparire ovvio, se è vero pure che egli compie il miracolo di servirsi della stessa poetica nell’intuire gli esiti della sua multiforme creazione, ma non è più ovvio e diviene quasi prodigioso che egli infonda la stessa anima in tecniche espressive diverse, giungendo a un denominatore comune che non può non essere storico, non può cioè non rimandare al nostro tempo e soprattutto al secondo Novecento che è stato caratterizzato quasi per intero da reviviscenze di esperienze letterarie e artistiche già compiute come neo-ermetismo, neo-sperimentalismo, neo-avanguardia, neoromanticismo, neo-rea-lismo, ecc.). Quella di Lo Cicero a me pare una ben riuscita reviviscenza di impressionismo e simbolismo (per non dire surrealismo) se non gli manca mai la condizione per così dire anatomica della figura, il che rinvia all’impianto individualistico di un Manet, ma non gli basta, non basta alla sua esigenza interpretativa del reale, da affidare al simbolo, al sogno, a qualcosa di indefinito e indeterminato, com’è oggi l’universo fisico e antropologico, un universo carico di mistero e di sofferenza, di cui egli si fa carico e cui sembra persino dare uno slancio, sia pure adombrato d’utopia e di speranza.
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Dalla fucina dell’essere intrecci d’anima varcano le soglie delle attese per dettare all’uomo immagini: rapsodie di forme e di colori che l’arte col mistero della sua voce imprime.
Tra grazia e peccato di Pino Giacopelli
Stefano Lo Cicero, pittore e scultore attratto dalla poesia, nelle sue opere, alla fine, decide sempre a favore dei sentimenti. Lo stesso colore è simbolo dei sentimenti, dell’invenzione lirica. Le sue composizioni sono la sintesi che nasce da impressioni ed esperienze che hanno trovato risonanza emotiva nella sua vita come il mare nella battigia. Quel mare dell’Addaura vicino al quale l’artista palermitano ha scelto di vivere per ascoltarne il respiro: “la to vuci / ca di luntanu junci / a purtàrimi la paci”. In presenza di talune immagini allucinate viene da pensare che siano quasi uscite fuori in un’aura “fauve” soprattutto là dove i rossi della collera, i gialli della tentazione, i verdi del disvelamento, l’azulite delle onde prorompono in tutta la loro vitalità. Le figure, i volti di donna sono le composizioni più dichiaratamente lociceriane, emblematiche nel loro rendere visibile l’invisibile (Nostalgie) attraverso la realtà che costituisce il vero mistero dell’esistenza (Testimonianze) e il germogliare di figurazioni ectoplasmatiche labili e avvolgenti come certi smarrimenti di coscienza (Presentimento) che nel tiepido enclave del silenzio svampano luminose nella molteplicità delle valenze e dei traslati (Fusione di immagini). Se l’artista è colui per il quale la forma è diventata contenuto (Nietzsche), Stefano Lo Cicero, artista lo è compiutamente. Di più: ha scelto la strada più difficile e cioè quella di lavorare all’interno della tradizione, consapevole della necessità di fare i conti con la convenzionalità di tali linguaggi, ma capace di esprimersi affidandosi ai dettati dell’inconscio che evocano scenari fantastici (Interrogazioni). È risaputo che nella pittura non ci sono più aree inesplorate. Se si vuole fare la figura moderna è difficile non imitare Picasso o Matisse, se si vuole esplorare il disegno geometrico o astratto, c’è già stato Mondrian e le possibilità dell’astrazione libera sono state frequentate da Mirò. “Forse - come ebbe a dire nel 1969 il pittore olandese Williem De Kooning l’unica cosa che resta da fare è di dipingere delle immagini e poi cancellarle. Col tempo anche queste immagini cancellate sembreranno qualcosa. Dopotutto aggiungeva il maestro cosmopolita - quando guardavamo i primi quadri di Cézanne nessuno ci riconosceva nulla; adesso sono chiari come fotografie”. Stefano Lo Cicero, pur apprezzando lo specchio dei tempi, non ne condivide la torturata capziosità descrittiva. Nelle sue opere aleggia un’inquietudine arcana e intellettuale (Sensazioni), uno strano scarto tra il realismo delle figure e il senso dell’immobilità del tempo. Sono memorie visive a lungo rimediate (Immagini di donne) che nella spirale segreta dell’immaginazione si ricompongono nell’intimità secondo ritmi che poco devono alla percezione e molto alla trascrizione del suo mondo interiore. Il risultato è una pittura basata su una libertà di stesura che qua e là può far pensare a Delacroit. Ma il fascino forte, insinuante, enigmatico dei suoi dipinti giocati quasi esclusivamente sulla sonorità del colore che nasce da calcolate campiture
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catafratte, esprimono una ricchezza di invenzioni caratterizzate da quella che vorrei chiamare la linea interna della persistenza. Una linea che innerva, intrama, vivifica i suoi racconti cromatici, i suoi paesaggi, le figure marsupiali gravide di nuove visioni e presentimenti (Maternità). Una linea che tiene al riparo le sue opere anche dall’insidia della retorica e che restituisce alla percezione estetica, atmosfere ed emozioni che danno vita alle immagini, ai volti muliebri dei quali l’artista evidenzia lo sguardo. Quello sguardo nel quale il pittore viennese Arnold Schoenberg, dice di sapere cogliere l’anima e nel quale Stefano Lo Cicero coglie le ambiguità tra grazia e peccato, frutto certamente dei momenti in cui i suoi demoni diventano un ricordo. Quanta vita allusa in quegli occhi di donna, quali pensieri dentro l’acqua di quegli occhi!
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Mistero poetico di Giuseppe Selvaggi
In un’opera di pittura, come avviene nei lavori di Lo Cicero, insieme meditati e spontanei, si produce una aggiunta di emozione tutte le volte che il nostro artista partecipa in termini interiori al completamento dell’idea iniziale del quadro. È come se il godimento visivo si raddoppiasse in una rinnovata rivisitazione. Nei quadri di Lo Cicero, ed è certamente questa una lettura che non esclude altre polivalenze, si coglie il senso di introduzione sia dei personaggi che dei colori-linee che li identificano, in una composizione che mette a fuoco la centralità e la totalità della stessa. In Lo Cicero c’è questo “fiat” di inizio, che sviluppa e avviluppa l’opera, nella spontaneità di immagini, anche se nel progetto, queste sono state intimamente meditate e partecipate. È il fenomeno che si lega alla nascita e alla crescita del momento poetico e che si sviluppa tutte le volte che c’è pensiero umano operante ai fini della poesia. Per entrare ancora di più nell’opera di Lo Cicero e fare chiarezza su tale punto di vista - si intende - si potrebbe ricorrere ad un paragone che riferiamo alla natura. Nella realtà di un seme individuiamo e immaginiamo l’interezza dell’albero fino alla sua completa crescita. Nei casi specifici della talea, invece, il frammento della pianta, spesso casuale, ci fa immaginare uno sviluppo a sorpresa, quasi che una prima gemma debba provocare le altre. In Lo Cicero questo processo della crescita e della espansione della forma, che in narrativa e in musica è alquanto frequente (si immagini la stesura del Castello di Kafka), produce un proprio mistero poetico. È il fascino di Lo Cicero, o meglio, del suo “segno”, che si metamorfizza in continuazione. Non è tutto spiegabile, però; riguardando il suo quadro, cercando le ragioni di tale rivisitazione, siamo condotti dal pittore, dal suo raccontare in pittura, a compiere un viaggio attraverso le tappe di immagini e di colori, che ci coinvolge. L’Artista dà vita ad un racconto al quale, solo alla fine, ognuno di noi attribuisce un preciso e personale significato. È questo il segreto compositivo dei moderni grandi artisti tanto figurativi che astratti, da Chagall che usa la visione tradizionale, a Mirò che, in modo introspettivo, indaga le scoperte della linea-segno: Stefano Lo Cicero ha consanguineità con il metodo chagalliano. Le figure sono sempre paragonabili ad un paesaggio umano. Come monti e campi, spesso le figura si allineano, una dopo l’altra, e in trasparenza una dietro l’altra: formano un affresco denso di calori e di colori, tra il caldo umano e il gelido della natura quando ci appare indifferente. È evidente che esiste una centralità, ma c’è anche una suggestiva concatenazione delle singole nascite dei personaggi e delle divisioni coloristiche. Come se dal fianco di una figura ne nascesse un’altra. Ad opera compiuta, l’unità è tale che, vista da destra o da sinistra, la successione di incastro appare armonica. Ancora, con un prestito della natura, basta pensare alle creature siamesi; oppure, alla moltiplicazione della vite, per propaggine: un ramo interrato produce una linea di piante. Non sappiamo se Lo Cicero possa ritrovarsi in una simile chiave di lettura, rite-
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niamo però che l’assunto è di entrata avvolgente in tante sue opere. Del resto alcuni suoi lavori, quali “Accordi in giallo” oppure “Pensieri”, confermano tale lettura, anzi la esaltano. La composizione si dispone, con un suggerimento musicale, come un coro che amplifica la scena, o si tramuta in una sinfonia che annuncia un crescendo. Infatti la lezione superiore dell’arte, e della musica stessa, viene dall’artista assorbita, diremmo posseduta, con un’audacia quasi carnale nelle stesure diverse e attraenti dei gialli, azzurri, rossi. L’artista riesce a dare al quadro volumetrie unitarie, quasi un organico equilibrio tra figure e colori. Sarebbe solo per segnalare un evento di calcolo tecnico? Non lo è. Lo Cicero, invece, se ne serve per farci percorrere il suo itinerario poetico, tra evidenza e mistero, qual è la poesia.
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Tra realismo e surrealismo di Giorgio Falossi
Le figure e soprattutto i volti, spesso femminili, che dominano nella pittura di Lo Cicero si compongono in spazi apparentemente ambigui con continuità di impaginato. Stefano Lo Cicero dipinge prevalentemente un figurativo opposto alla puntualizzazione accademica; la concisione del tratto e l’essenzialità espressiva imprimono un carattere ragionato del rappresentato nel rapporto esistente tra l’immagine evocata e la sensazione di una verità recepita. Non una figura per se stessa, ma la ricerca di interiorità che si esprime nel concepimento di maternità o di scene di vita quotidiana. Ad esempio, “La ragazza con girasoli” è una rappresentazione di grande effetto comunicativo per quel volto incorniciato dai lunghi capelli ove brillano occhi fortemente espressivi, in un cromatismo carico di frammenti che sollecitano la luce a rifrangersi esaltando ogni parte dell’opera pittorica. La profondità prospettica che l’artista riesce ad esprimere ci rende familiare il mondo contadino. Ritmicamente - come in una lenta soggettiva cinematografica il fascio di corolle dei girasoli nel loro giallo inebriante, le case con il tetto dalle tegole rosse e le finestre chiuse, il muretto in pietra e il ficodindia accanto, fatalmente… ci portano in Sicilia. Un profondo silenzio avvolge l’ambiente; il sole s’indovina a rosseggiare e la natura trattiene tutta la sua prorompente vitalità; gli occhi della fanciulla prendono la forma dei girasoli; le mani ampie sorreggono il verde delle foglie con la stessa effusione e gentilezza di una maternità e tutto, nell’opera di Lo Cicero, diventa dolce stordimento. Muovendo da un realismo di sapore antico e drammatico incentrato sulla condizione umana della sua terra, rappresentata con colori caldi e materici, Stefano Lo Cicero ha maturato un’evoluzione pittorica che lo ha condotto ad essere espressione efficace dei temi trattati e felicemente risolti. Tenendo sempre presente l’umano come mobile filo di tutta la sua produzione, l’Artista è passato infatti da una esplorazione di matrice realistica, benché carica di una intensa forza emotiva raffigurante, ad una espressione di carattere più spirituale. In questa transizione evolutiva, le figure che animavano le prime tele sembrano scivolare delicatamente da un margine di concreto realismo ad una soglia di leggero surrealismo, per trovare infine rappresentata la propria virtualità. Le linee nette e marcate dei volti e dei corpi si sciolgono ora in macchie e colature che, intrecciandosi, vanno a confluire in danza spaziale di istintiva poesia. Le forme, prima statiche nel loro attaccamento al reale e più concretamente alla terra, appaiono adesso prive di peso di materica consistenza in una esaltazione dell’altra faccia del reale, ovvero della sua dimensione onirica, simbolica e spirituale. Da questa emancipazione della drammaticità della costruzione corporea, le figure dell’artista si aprono oggi ad una nuova fedeltà comunicata con una cromìa più varia e vivace che diventa predominante nella realizzazione del dipinto all’interno del quale si effonde con studiata libertà.
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I due momenti pittorici di Lo Cicero sono la chiave che apre la porta anche alla naturale propensione scultorea dell’artista. È qui infatti che la soffusa drammaticità dei primi dipinti si unisce alla materializzazione e al simbolismo dei più recenti dando vita ad una attenta gestualità di tipo scultoreo che tende a rappresentare forme altamente espressive di evidente antropomorfismo.
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Tra immagini e cromie
Figura, 1955 – smalto a spatola su cartoncino, cm. 30x50
…Può accadere che sia sufficiente una diversa componente di colore a definire e a caratterizzare le varie posizioni di ricerca di un artista. Senza scatti repentini, sbandamenti o sconfessioni, sviluppando le precedenti ricerche, egli è pervenuto ad una pittura di morfologia confusa, ma di non trascurabile impegno espressivo. Dal periodo delle nature morte e dei paesaggi agresti a quest’ultimo, decisamente “tachiste” la spinta emozionale, anziché svigorirsi in più transitori e fortuiti allettamenti, si è fatta forse più sostenuta perché il pittore s’è sforzato di pacificare in sé quel conflitto di passione e di reiezione, che è connaturato alla sua esistenza, ai suoi rapporti col mondo. Da una pittura ristagnante nel suo stesso processo di formazione organica, Lo Cicero s’è spinto a una tessitura di materia embrionale e nel contempo generante, larvale e magmatica: la materia dell’irreale, ottenuta con impasti, smalti, colature, sprazzi iridescenti che non hanno di definito se non le variegature delle immagini più ipotetiche, suggestive e preoccupanti che la sua fantasia di pittore possa suggerirgli… Albano Rossi Telestar, Palermo – Le tre Arti – giugno 1965
…Stefano Lo Cicero si è sempre distinto, tra i pittori più vivaci di questo momento artistico siciliano, per una tecnica accorta e misurata da vero professionista consumato. La tematica resta quella generica che coglie tutte le istanze e le problematiche della sua gente e che si illanguidisce a trattare anche il paesaggio e la natura morta con un certo vigore plastico e formale. In tanta varietà di temi, si fa notare la figura con la bimba stretta al seno, immagine che rivela un espressionismo spontaneo e avvolgente con una stilizzazione pittorica che lascia aperta la strada a nuove soluzioni evolutive. Tra una espressione e l’altra non vi è frattura assoluta e si mantengono certe qualità del colore: tuttavia il supporto di una immagine più definita credo che offra maggiori possibilità espressive al giovane Lo Cicero che non lo sperimentalismo di un informale già tanto trattato da essersi consunto… Maria Poma Basile L’Ora, Palermo – giugno 1965 Rosmina, 1956 – smalto a spatola su cartoncino, cm. 50x70
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…Stefano Lo Cicero, poeta-pittore, può degnamente essere incluso nella grande famiglia degli artisti del nostro secolo. E’ un pittore “nuovo” e fedele, in qualche modo, ai valori tradizionali dell’arte: attraverso il suo pennello, riesce a trasmettere un messaggio spirituale, dell’animo, di un animo sensibile, malinconico. Nelle sue tele il Lo Cicero trasferisce tutto di sé, tutto del suo mondo di uomo e di artista e la sua arte affonda con contenuto realismo nella tragica condizione umana della vita. Il sistema creativo della sua tavolozza è un sistema nuovo, personale che esula da inutili leziosità; i particolari sono volutamente trasfigurati sino a dare l’impressione di un mondo surreale, idealizzato. Con la sua pittura, Lo Cicero si chiede dell’essenza dell’essere e va alla ricerca affannosa di una verità nuova, di una verità che interessa non solo la sua coscienza di artista, ma il mondo che lo circonda. Nella sua coscienza malinconicamente sensibile c’è un profondo travaglio, il travaglio di un uomo sofferente di un male inguaribile, il male dell’essere. La sua pittura, maturata nell’arco di anni di personale esperienza e sempre tendente “ad maiora”, risente di un complesso mondo etico-estetico-sentimentale, connaturato alla sua esistenza, ai suoi rapporti di uomo ed artista non comune, col mondo. Per la sua sensibilità d’animo, il suo pennello parla un linguaggio umano, un linguaggio lirico, che fa di quest’artista un cantore commosso e delicato della materia da lui trattata. Egli, con vertiginosa febbre, idealizza tutto della materia, rendendola così evanescente e vibratile… Giuseppe Lembo Presentazione in catalogo, Palermo – maggio 1966
…Fra le qualità positive di Lo Cicero c’è la volontà di parlarci con chiarezza, nel linguaggio limpido che si ha quando l’intelligenza diventa intelligenza “del cuore” nel conquistato equilibrio morale: è la volontà che l’artista ha di durare; è l’intuizione dell’approdo sicuro al quale egli è fin qui arrivato, si può dire proprio per un istinto e non senza una più matura visione. Difatti, alieno com’è da ogni sorta di speculazione, egli è pittore di pura spontaneità, direi per costituzione, senza quindi la possibilità di sottrarsi ad essa. Vive tra sensazioni ottiche, colori e visioni captandone l’intima essenza. Il linguaggio non si può inventare: si svolge. Esiste una radice indistruttibile anche per l’albero della pittura e Lo Cicero discende “per li suoi rami”. Sotto questo profilo, egli può quindi essere inserito
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Processione,1954 – vernice su faesite, cm. 50x70
“Pani ca meusa”, 1957 – vernice su faesite, cm. 50x70
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nello schieramento dei pittori definiti istintivi, la cui intuizione è regolata dall’intelletto, poiché Lo Cicero è un temperamento meditativo e culturalmente aggiornato. Né si creda che quella certa vena di intellettuale intimismo, che sempre serpeggia e alimenta le sue opere, rischi di sfaldare la saldezza compositiva… Albano Rossi Telestar, Palermo – Le tre Arti – maggio 1966
Genesi, 1958 – smalto su cartoncino, cm. 40x30
Danze tribali, 1958 – smalto su faesite, cm. 50x40
Il cane e la lepre, 1959 – Smalti su cartoncino 50x35
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…Le opere esposte a Trieste dimostrano come Lo Cicero tragga dalla sua Sicilia lo spunto e la motivazione che lo inducono alla riflessione di un’analisi antropologica della sua gente e del suo territorio, a lui tanto insopprimibile per storia e per tradizione. Vicende dai contenuti sociali e umanitari, denotano la sensibilità dell’artista a recepire il dramma dell’essere, nel contesto del contingente della vita. I suoi personaggi, realisticamente impiantati, con lo sguardo smarrito, raccontano vicende antiche, crude realtà e desideri mai realizzati. La tavolozza è sostanziata da una tecnica originale pregna di effetti cromatici che si espandono in tramature e rivoli indefiniti, dove la linea corposa e frastagliata, carica di tensione emotiva rapprende la figuralità dell’impianto e della composizione, eleggendoli a contenuti di espressiva spiritualità… Angelina Prati La Ribalta Artistica, Piacenza – maggio 1969
…Anche se il motivo centrale della sua ispirazione si appoggia sulla visione di un paesaggio o di una figura umana, tali immagini sono tuttavia caratterizzate da un processo figurativo inedito, viste come sono in una loro dimensione il cui sviluppo, i cui orditi di luce e di colore, sollecitando le pulsazioni cromatiche, evidenziano più sensibili e delicati rapporti interni tonali, di ritmo e di materia. I piani sono distribuiti secondo una successione progressiva di massa tonale, secondo un equilibrio costruttivo per giungere ad un’esplorazione lirica con una tecnica che fa di questa sua recente esperienza, una sorta d’impressionismo emozionale, senza che comunque diventi mai enfatico. I suoi paesaggi mostrano appunto di risolversi in raffinate strutture, in piani cromatici da cui emergono motivi e ritmi di un racconto lirico venato da sottili trasparenze. Con una sensibile ed accorta disponibilità pronta ad
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accogliere voci e suggerimenti del linguaggio moderno più valido, Lo Cicero è portato dal suo ricco istinto ad operare nell’ambito delle ricerche tonali, di un colore che resta la componente più risolutiva del suo operare pittorico e che troviamo in tutte le sue opere, dove l’elemento cromatico si fa più prevalente e decisivo e diviene il vero protagonista. La disposizione psicologica di Lo Cicero è per un pacato lirismo, sia pure percorso da una tristezza meditativa che forse nasce, oltre che dall’altra attività di Lo Cicero, autore di delicate composizioni poetiche, da un’interna tensione, densa di trasalimenti emotivi e ritmata in cadenze vaste in un’articolazione distesa e compiuta, che finisce con il risolversi in una purezza immaginativa distaccata dalla rappresentazione meramente oggettiva per farsi visione di una interiorità elegiaca; proprio quella che ritroviamo espressa attraverso una sottile e segreta musicalità di toni, di ritmi formali, suggeriti da questa sua fantasia inventiva, da una pienezza d’incanti e di squisitezze cromatiche veramente suggestive… Giovanni Cappuzzo Presentazione in catalogo, Palermo – maggio 1970 Fuochi propiziatori, 1959 – smalto su cartoncino, cm. 30x50
…In questa sua ultima produzione abbiamo visto un Lo Cicero tecnicamente più coerente e maturo che pur continuando a esprimere quel suo mondo sognante di figure e paesaggi che già conoscevamo, amplia la sua dimensione pittorica introducendo nella sua tematica fatti e avvenimenti di cronaca come in “Terremoto 1968” che sanno esprimere compiutamente una tensione drammatica attraverso linee e colori che conoscono la sobrietà. Ci si riferisce particolarmente a quella “Figurina in rosa” e a “Profughi” dove si nota come la stessa tecnica del “colore evanescente” - cioè di quel colore disteso su piani che non hanno contorni nitidi ma sfumati e degradanti - sappia dare risultati artistici pienamente rispondenti alle diverse emozioni del pittore. Questa forza e questa comunicativa, quasi un “adagio” penetrante di azzurri e rosa tenui (colori preferiti dal pittore) che esplodono sommessamente e senza stridori, fanno di Lo Cicero un pittore attendibile che non bisogna lasciarsi sfuggire… Piero Longo Il Cormorano, Palermo – maggio 1970 Il mio cane, 1960 – smalto su faesite, cm. 35x40
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…La parte di emotività che preme su tutti i dipinti di Stefano Lo Cicero è segno di una tensione che il pittore s’ingegna di esprimere. La materia è trattata con notevole senso delle dissonanze o consonanze cromatiche, seguendo una tecnica che punta sulle trasparenze e si articola su toni evanescenti. Le composizioni tendono a schemi inquadrabili dentro esatte misure geometriche, diverse di volta in volta e, in qualche caso, con soluzioni inconsuete di intensa emotività. Lo Cicero possiede la naturale disposizione di chi si sente portato verso le scene drammatiche ma è anche capace di sciogliersi in pacate narrazioni a sfondo naturalistico… Giuseppe Servello Giornale di Sicilia, Palermo – maggio 1970
Vecchia locomotiva, 1962 – vernice su faesite, cm. 60x70
Paesaggio Rustico, 1962 – vernice su faesite, cm. 40x55
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…Stefano Lo Cicero è un pittore nuovo, per me, che qui mi accade d’incontrare per la prima volta. Ma è un incontro salutare, come è salutare ogni scoperta improvvisa. La sua è una pittura forte, anzitutto, in cui si sente la mano dell’artista non solo consapevole della propria energia vitale, ma anche di queste emozioni e capace di subirle nella loro essenza più drammatica e di trasfigurarle poi in immagini che pulsano di carne e di sangue, quasi che nella tela non solo colori e immagini vi fossero trasfusi, ma persino anime e cuori. E credo sia proprio questo l’elogio migliore che si possa fare di Stefano Lo Cicero; ché la sua pittura “discende per li rami” della grande pittura moderna, ma è essenzialmente sua, con tutta la sua giovinezza assorta, sublimata da qualità eccellente di artista di razza… Annamaria Robberto Palermo Sette, Palermo – settembre 1972
…Con Stefano Lo Cicero si può recuperare una dimensione “remota” della pittura, e dunque uno spazio incontaminato ed essenziale dell’uomo. E non per volere ricominciare da zero, anche se i “contenuti” delle opere di Lo Cicero si prestano ad un approccio neoantropologico del genere, ma solo perché la tela dell’artista palermitano è una superficie chiamata a configurare unicamente il “destino” e non il “progetto” dell’uomo. Un destino tuttavia che non presuppone la quiescenza o il rifiuto, ma che tenta l’ipotesi di un assetto esistenziale non riconducibile ad un semplice gesto di sopravvivenza “mentale”.
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Così, c’è di mezzo la “forma” e l’accumulo culturale e, quindi, l’inevitabile dilatazione (o sovrapposizione) delle componenti della “pittura”: il colore, la figura, le cose, la tecnica. La matrice. Ed ecco le impaginazioni nei quadri di Lo Cicero, il taglio della lettura: denso e partecipato, carico di una tensione elementare ed elaborata insieme, così come essa defluisce dalle aree più urgenti del sentimento e della ragione. Dalla memoria, che è ancora quella protesa a registrare l’evento, per riviverlo appunto, come destino senza progetto. Sequenze solo apparentemente statiche: il colore infatti si fonde e si macera dall’interno, si predispone ad una pigmentazione serrata, all’annuncio di un impatto formale denso di riscatti indefiniti: forse il trasferimento del racconto, o della sua economia figurale, su un piano di comunicazione emozionale non più tramato dall’atteggiamento o dalla positura descrittiva, ubicazionale: noi - ora e qui. Noi e la nostra vicenda; noi “dentro” i guasti del mondo: la vita, la guerra, il terremoto, l’attesa. Perché questo è il filo conduttore delle tematiche di Lo Cicero, il suo modo, per contro, di porsi contemporaneamente in una sfera di valori che sono già la sintesi del Valore in assoluto. La scelta dell’artista. Da qui muove la caratterizzazione espressionistica delle opere di Lo Cicero, il loro valersi di un tempo e di uno spazio non convenzionali, ma proiettati nella dosatura di un continuo raffronto con la realtà, come dimensione cosciente di un esistere totale… Francesco Carbone Presentazione in catalogo, Catania – aprile 1973
…Stefano Lo Cicero s’exprime dans un langage personnel qui traite l’huile un peu comme l’aquarelle, tout en associant des ratages à des parties plus fluides. Il dégage ainsi l’impression produite par le motif dans une atmosphère palpitante, en même temps qu’il accuse l’impression par un dessin hardi et par une palette renouvelée. Des années de recherche ont conduit l’artiste d’architecturer les plans en équilibrant les masses tonales. Son tempérament vibrant lui fait particulièrement ressentir le tragique du drame humain et il aime l’évoquer dans ses œuvres non sans un certain lyrisme. Ainsi “Vecchiaia e Solitudine” fait ressortir la mélancolie de la vieillesse dans un décor dont la perspective entre les maisons offre une échappée sur des cyprès… Renée Carvalho La Revue Moderne, Paris – ottobre 1973
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L’amico cavallo, 1963 – olio-mista, cm.50x70
Trabia (il pescatore), 1962 – olio-mista, cm. 70x50
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…Deux expositions, en janvier et février 1974, à Ferrare et à Corleone ont permis à Stefano Lo Cicero de présenter à la critique et aux amateurs sa récente production picturale. Œuvre austère, rude, d’un expressionnisme tragique et envoûtant, la peinture de Stefano Lo Cicero est chargée d’humanité et de poésie… Elle nous révèle un tempérament exceptionnel de puissance et de grandeur atteignant à la monumentalité tout en restant profondément émouvant dans des œuvres comme “Afflizione e miseria”, “Gestante allo specchio” ou “Terremoto 1968”... Louis Mandosse La Revue Moderne, Paris – aprile 1974
Sgomento siculo, 1963 – olio-mista, cm. 40x50
Figura in rosso, 1964 – olio-mista, cm. 30x40
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…L’immagine naturale risente, nell’opera di Lo Cicero, una lontana nostalgia dispersa fra le ciminiere delle periferie, sole e nascoste insieme, avvinghiate in cumuli d’ombra, stanca, abbiasciata e senza vita. I parametri dialettici dell’artista ripercorrono ancora le patologie della nostra società: sofferenze antiche che travagliano la vita della nostra terra, ma non ci sono rimproveri, c’è una arcaica rassegnazione nel volto di certi lavoratori della terra o dei pescatori o nell’assurdo dolore di coloro i quali hanno visto crollare le loro case, le loro chiese e sepolti con esse ricordi e affetti. Il colore è materico, brulicante di modulazioni dove si manifesta un microcosmo rivolto alle intime psicologie di personaggi ed alla lontana poesia della materia muta. In Lo Cicero si alternano risvolti pittorici e poetici insieme, alla costruzione delle immagini c’è il lavoro attento delle figurazioni poetiche. La parola diventa motore del personaggio che scopre i suoi pensieri, le sue stanchezze millenarie. La sofferenza della donna, uno dei temi preferiti di Lo Cicero, rivela un dolore antico forse di vecchie esperienze. “La donna è fonte di vita continua - mi dice Stefano - è la parte più interessante della vita. A volte in un atteggiamento mistico, quasi religioso, un meditare la vita futura. Mentre l’uomo può realizzarsi, la donna senza l’interesse e l’attenzione dell’uomo rivela spesso una fallace autosufficienza”. La sicilianità di Lo Cicero è una sicilianità sofferta: “Nella mia opera - continua l’artista - metto dentro quella insoddisfazione di cui io sono partecipe, per cui cerco di proiettarmi verso una dimensione più vera e aperta a nuovi orizzonti. Nella mia pittura conduco il discorso delle introspezioni dell’uomo, dei sentimenti chiusi nei recessi del nostro animo… Aldo Gerbino
Rapsodie dell’anima
Il Faro, Trapani – luglio 1974 …Qui Lo Cicero raggiunge l’impatto con l’arte e dà ai colori l’intimismo del vero, ai fondali la vivacità del descrittivo, alla figura il taglio di uno stile rappresentativo che solo il termine in poesia sa creare. Le sue tele, allora, si caratterizzano con il richiamo antico della vita che fluisce eppur rimane la stessa, i suoi colori trapuntano il substrato perennemente monocorde dell’esistenza, le sue immagini sono espressionistico risalto di una forza inusitata. Guardiamo, per esempio, ad un tema centrale della sua pittura: la donna. La donna di Lo Cicero: madre, femmina, compagna, donde trasuda il senso “primordiale”, il senso “poetico” della donna, il senso “reale” di questa. Niente concessione all’eclatante, solo il composto vivere da donna - ad occhi chiusi o sbarrati sulla vita - ma presente nella trascendente drammaticità dell’esistenza e ciò perché Lo Cicero attinge alla vena drammatica del momento vissuto - che è quello più ricorrente, più teatrale, più scenografico - e lo contempla questo suo “momento permanente” come un “simbolo oscuro”, proiettato, come egli stesso scrive, “nella contemplazione irragionata del senso”. Questo è Lo Cicero, il pittore della “realtà richiamata” che, passo passo, descrive il lento graduale andamento dell’esistenza corale nella pigmentazione di singoli eventi, prendendoli dall’antefatto della vita, che è poi sempre lo stesso nella realtà di oggi. Merito grande di artista… Antonio Caggiano Presentazione in catalogo, Firenze – ottobre 1974
Villa Valguarnera a Bagheria, 1964 – olio-mista, cm. 70x50
…La sua è una tecnica inusitata che produce sulla superficie pittorica una serie di effetti cromatici controllati. Una continua tensione che trova movimento anche da effetto tecnico che si alterna fra una malcelata poesia e problemi di umana socialità. Particolarmente efficace nei lavori dove la figura umana è collocata in primo piano e dallo sguardo si recepisce la situazione nella quale è coinvolta... Paolo Sfogli Il Miliardo, Avenza di Carrara – ottobre 1974
…Pure et dense, sans lourdeur systématique, la peinture de Stefano Lo Cicero nous impose une vision spirituelle et généreuse du monde. Sa sensibilité lui permet d’évoquer avec grandeur les
Rapsodie dell’anima
Maternità, 1963 – olio-mista, cm. 50x70 (collezione Barrovecchio - Palermo)
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Ragazza con girasoli, 1976 – olio-mista, cm. 70x60
aspects tragiques de la vie, il sait rester, même dans ses toiles où vibre la plus forte émotion, un poète et encore plus, un peintre. Couleurs, formes et valeurs s’équilibrent sur un rythme architecturé d’une monumentalité vigoureuse. La femme tient une place importante dans l’œuvre de Stefano Lo Cicero. Cet artiste rigoureux construit ses peintures avec foi; dans l’intensité de son chromatisme on découvre une sensibilité sensuelle d’une rare qualité; elle résonne puissamment dans ce univers du silence et de la peinture pure, univers généreux, poétique et dramatique qui est bien proche de celui d’un Rouault. Exposant beaucoup en Italie, il vient de faire une exposition personnelle en octobre à Florence,
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(collezione Dolce - Palermo)
à la Galerie “La Ghibellina”. Stefano Lo Cicero a également exposé à Paris… Maurice Milet La Revue Moderne, Paris – ottobre 1974
…L’impaginazione, tanto istintiva ad accondiscendenze intimiste, quanto varia nella tematica, si avvale di certi preziosismi che sono alla base di un’espressione materica tendente a riscattare sensuali rigori plastici e formali. Così la figura umana diventa punto cardine di un discorso teso all’unisono tra fantasia e realtà… Piero Bargellini
Rapsodie dell’anima
Profughi, 1964 – olio-mista, cm. 80x100
Rapsodie dell’anima
(collezione Talpone - Torino)
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Terremoto a Gibellina, 1968 – olio-mista, cm. 80x70
La Nazione, Firenze – novembre 1974 …L’attesa emotiva di Lo Cicero nasce in questi nuovi piccoli dipinti e nella recente opera grafica, da un centro di forza che è materia, forma inesatta, quasi scordata. E da quella zolla di molecole metamorfizzate sbalzano corpi di donne, incubi, desideri angosce proiettate nell’infinito di un sogno o nel cuore antico di una passione. Il reale e l’irreale lacerano zigomi e mani: il flettersi del corpo, l’affollarsi voluttuoso alle passioni impregnano modulazioni disincantate, lievitate nella corrosione cromatica o nell’insospettato cielo di uno sguardo, di un sorriso.
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La pittura di Lo Cicero si rivela estremamente introspettiva, vorace di intime ricerche, di gelidi trasalimenti; così la necessità di rappresentare una realtà fatta di richiami e di provocatori simboli figurativi, si esalta e si consolida nella espressività di una figura che è significato di spregiudicati bagagli umorali… Aldo Gerbino L’Avvisatore, Palermo – marzo 1975 …Lo Cicero nous offre, dans ses toiles et ses dessins, l’opportunité de connaître un autre monde. Entre ses peintures et nos idées naît un dialogue étrange: vivre une couleur, une forme… C’est toujours un apprentissa-
Rapsodie dell’anima
Dalla campagna, 1968 – olio-mista, cm. 60x80
Rapsodie dell’anima
(collezione Wenzel - Düsseldorf - D)
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Coscienze alla sbarra, 1973 – olio-mista, cm. 90x70
ge de communication et de connaissance. Dans les dessins et les lavis, l’artiste sicilien s’affirme comme un héritier du Caravage. Dans ses toiles, de petites dimensions, mais où la matière est travaillée avec une technique sûre et les coloris traités avec une symbolique subtile, c’est une très ancienne mythologie qui s’exprime, et qui ne peut s’exprimer qu’à travers un italien. Ne cherchons pas la raison dans les toiles de Lo Cicero. Il n’y a pas à les comprendre, mais à en éprouver le poids du tragique, le“fatum” antique qui nous sera toujours étranger… Frédéric Dufour
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Le Courrier de Cholet, Cholet (F) – novembre 1975 …Il sorriso metallico di una donna può essere, per Stefano Lo Cicero, il colore di un ricordo o il confine del proprio sguardo. C’è quella sensazione indefinita e indefinibile della percezione sensitiva che vive di bisbigli, di fughe di luce, di pieghe fugaci, di uno zigomo o di una ciocca di capelli. Il pozzo delle illusioni cresce così tempestosamente, raccogliendo immagini su immagini, pensieri su pensieri, sgusciando via tutta l’insoddisfazione che ci portiamo dentro. Lo Cicero appare proiettato nella sua mente viva di comete e fantasia agganciate al loro piedistallo neorea-
Rapsodie dell’anima
Le contadine, 1980 – olio-mista, cm. 60x80
Rapsodie dell’anima
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Quale domani?, 1976 – olio-mista, cm. 70x60
lista. Allora l’enigmatica “Viola” si dilegua nella sofferta estrapolazione emotiva di donne significate nel dolore, in quei dolori antichi dove il seme ha costruito il corallo della madre e l’ardesia dell’amante. Non a caso le risonanze liriche si sfrondano di certi trasalimenti per evidenziare la materia intima del corpo: materia sola, fugace, irripetibile. L’armonia è concepita nel contrasto dei parametri figurativi: all’usuale bagaglio estetico, la donna di Lo Cicero offre soprattutto la sua “facies”, la sua angoscia. Il lavoro mentale, musivo, ricostruttivo, si avvale di stralci anamnestici, di correlazioni temporali, anche di semplici espressioni cromatiche.
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Così certi magnetici, cellulari tessuti dell’artista nascondono arti protesi, ventri gravidi di lacrime e d’amore, ambasce silenziose. Ma l’amore di Lo Cicero si riversa su tutta quella popolazione afflitta, obbligata, quasi, dalla propria sofferenza. La scoperta dell’uomo diviene scoperta di se stesso, illuminata volontà maieutica di rivelare l’arcano dolore che è in ciascuno di noi. Il ritrovare, quindi, questo spirito irrequieto nella bocca di un contadino o nell’imene delle proprie donne è il segno di una quotidiana e umana verifica… Aldo Gerbino
Rapsodie dell’anima
Gestante allo specchio, 1976 – olio-mista, cm. 60x70
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Nudo, 1979 – olio-mista, cm. 70x60
Presentazione in catalogo, Terrasini (PA) – novembre 1975 …Un univers tout imprégné d’ailleurs de l’atmosphère de son pays natal, rude, violent, mais passionné, ardent. Jaune et vert. Une tache rouge par-ci, par-là. Un peu de ciel bleu, sur un monde sans horizons et toujours des visages et des corps de femmes, pour rappeler, si besoin était, la source féconde de tant de vie. J’ai beaucoup aimé les petits formats de cet artiste audacieux dans sa recherche et dans son expression. Notamment ce “Ballata campestre” dans lequel une femme nue, magnifique, côtoie un cheval et un mouton et où la finesse du trait n’exclut pas la grâce.
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Outre ses huiles, Lo Cicero expose quelques dessins parmi lesquels une tête de Christ, exprimant parfaitement la douleur et la joie de la vie et un autre portrait imaginatif également, variante sur le Fils de Dieu, intitulé “Dolore”. Avec une technique originale, un sens affirmé des jeux chromatiques, avec surtout une vision à la fois très simple et très particulière du monde, Lo Cicero crée un univers dans lequel les connaisseurs feront bien de s’aventurer… Charles Gilbert Presentazione in catalogo, Saumur (F) – marzo 1976
Rapsodie dell’anima
Amore di madre, 1977 – olio-mista, cm. 50x70
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Pensieri, 1975 – olio-mista, cm. 100x80
…Con una sorta di realismo mordace, pregno di riferimenti antropologici della sua terra, Lo Cicero, che per passione e temperamento non può essere disgiunto dal dato caratteriale della propria sicilianità, esprime, con formidabile energia, tutte le sollecitazioni cognitive che lo inducono ad esplorare il contingente. Spalancate le porte della propria arte, egli rivela ogni sedimentazione dell’inconscio, ogni implicazione culturale mutuata all’interno di un’innegabile mediterraneità. Ma non c’è solo la sintesi di una tradizione solare nelle sue opere, poiché la ricerca cromatica, più in generale, si propone lo scavo del giacimento umano, per astrarne i nuclei emozionali di una poetica genuina. La tavolozza, nel suo insieme è ricca ed elaborata, 60
senza mai indugiare in stucchevolezze e ridondanze stilistiche, ed il fine ultimo non è il compiacimento coloristico, ma l’analisi e la drammaturgia dei suoi personaggi che riflettono la forza prorompente della loro insularità. Il gesto pittorico, per rispondere ad esigenze analitiche, è agile e svelto a sottomettersi all’interiorità della figura umana fortemente integrata con l’ambientazione. L’autore, partecipa intensamente alla sofferenza dei suoi personaggi, figure al contempo inquietanti e drammatiche che sbucano al culmine di una tensione coloristica di grande effetto. La tecnica usata, che consiste nel distendere il colore sulla tela a tratti, senza definire i confini delle campiture, dona un contributo essenziale a chiarire l’assunto del pittore, poiché le superfici colorate che risultano
Rapsodie dell’anima
da tale sistema pittorico, interrotte, quasi ridotte in frantumi, sono la migliore allegoria per dimostrare il continuo processo di sistematica disintegrazione della personalità umana. Anche negli scorci paesaggistici la critica dell’artista è incisiva e la si può facilmente comprendere osservando la fredda ed a volte triste immobilità con cui sono stati rappresentati tutti gli elementi. Pittura, quindi, pregevole per la carica di umana sensibilità di cui sono permeate le opere, ma anche per i momenti di emozione che riesce a suscitare nell’animo di ogni osservatore posto a contatto con la realtà di un ambiente pieno di angustie e di mortificazioni, ma reso suggestivo dalla poesia che vi ha posto l’anima dell’autore... Ruggero Orlando Il Michelangelo, Firenze – novembre 1976
…L’elemento preminente della pittura di Stefano Lo Cicero si identifica in una accurata composizione cromatica espressa con ragionata intenzione, le cui tonalità, ricercate sempre nei timbri austeri e ponderati, presentano un universo solenne e spesso drammatico dal quale si ergono figure dagli occhi pensosi, con i volti rassegnati e stanchi, per raccontare la loro angoscia e il loro segreto tormento. Per mezzo di questo mondo di personaggi anonimi l’autore intende raffigurare l’espressione e il comportamento di quella massa infinita di esseri umani che soffrono della propria condizione e che nulla possono fare per mutare il loro destino… Hector Cosmo 2000, Roma – ottobre 1976
…Italien de Palerme, Stefano Lo Cicero a participé ces dernières années à de nombreux prix et expositions en Italie. Aujourd’hui, le voici qui présente ses œuvres récentes au Centre de la Haie, à Cholet. Son évolution se poursuit vers une évocation toujours plus intense du destin tragique de l’humanité qu’il représente avec une prenante puissance expressionniste. Son dessin cursif donne de plus en plus de place à la liberté expressive et poétique des formes dans ses représentations inspirées du spectacle du monde… Louis Mandosse La Revue Moderne, Paris (F) – novembre 1976
Stefano Lo Cicero, attraverso la vivace invenzione di una tavolozza densa e fortemente intricata di un humus
Rapsodie dell’anima
Atmosfere barocche, 1978 – olio-mista, cm. 60x70
coloristico personalizzato, narra il suo mondo fatto di realtà e di sogno. E sceverando stilemi di spontanea emotività, l’artista rende partecipe di una visione dimensionalmente originale e caparbiamente ancorata al paesaggio proposto. Ma è nella figura umana che Lo Cicero trasferisce interamente il proprio essere, traducendo la sua carica vitale ed ogni altro aspetto della propria analisi introspettiva. I suoi personaggi sono sospesi nel vortice tumultuoso dei propri sentimenti, annaspano nel faticoso tentativo di approdare in lidi più sicuri. L’artista, con passione, dà sempre voce agli umili ed agli oppressi e a quanti altri agognano il raggiungimento di giustizia e verità. Luigi Servolini Italia Turistica, Padova – novembre 1976
…È indubbio che Lo Cicero abbia saputo sapientemente focalizzare, con encomiabile trasporto emotivo, la propria attenzione nella scelta di tematiche dai forti contenuti sociali. Appare evidente, nello sviluppo di tali ambiti, la marcata incisività espressionistica e drammatica di alcuni personaggi aggiogati ad una fata-
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La famiglia, 1978 – olio-mista, cm. 80x70
le inesorabilità. Le scelte tematiche rivelano la sensibilità dell’artista, che riesce a cogliere tutte le sollecitazioni motivanti, atte a sviluppare il suo discorso pittorico ricco di valenze umane e sociali. Significative sono le figure femminili, avvolte nel silenzio della propria indole mediterranea, ma non cristallizzate in un simbolismo di maniera… Gastone Breddo Il Miliardo, Avenza di Carrara (MS) – aprile 1977
…C’è una storia di pittura mediterranea alle cui
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radici esiste un rapporto con la natura, la luce e i colori, reso bruciante esperienza dalla sensibilità che trapassa in accesa ed estrema sensualità. Lo Cicero partecipa intensamente a questa vicenda che è cultura di popolo e personale immaginazione, tormentosa certezza di realtà. I suoi quadri sono finestre aperte dal vivere questa istintiva aderenza ai luoghi di un mondo che passa e tende ad essere divorato dalle città, le città che crescono nella natura, dove memoria e sogno, struggimento e rinnovata bellezza reincarnano segreti desideri dell’uomo e antiche ritornanti visioni. Per questo, dalla sua ricerca inesaurita, mi sento
Rapsodie dell’anima
Ricordi giovani, 1979 – olio-mista, cm. 120x100
assai prossimi i suoi presagi, quei colori che danno sangue ad un patto e linfa ad una pianta e che appartengono alla vita e non al mondo. Segni e simboliche presenze di un metafisico essere nella cui trascendenza il nostro esserci è esistente, è come perduto e al quale pure ci sentiamo, per mistero e per magia, per sempre legati… Stefano Lo Cicero ritrova così il suo spazio poetico e in esso riscopre intatti il potere della pittura, il comunicare le nostre emozioni e passioni sì da poter costruire la trama di una sola e incorruttibile realtà... Elio Mercuri Arte Italiana per il mondo (Celit), Torino – 1978
Rapsodie dell’anima
(collezione Palazzolo - Terrasini (PA)
…Stefano Lo Cicero è uno di quegli artisti che ama cogliere le sensazioni cromatiche e luminose offerte dalla natura e con lo spirito aperto al sapore e agli umori del suo tempo. In fondo, egli ama rifarsi a quegli artisti che si ingegnano a reinterpretare la realtà, cosa che egli fa in virtù di personali esperienze, con una declinazione di colori e di rappresentazioni emblematiche di condizioni esistenziali. Questo artista, però, non è un pittore per il quale si debba assolutamente trovare una collocazione in senso classico e ufficiale; il dato più rilevante del suo operare è il suo amore per la pittura fatta da notazioni cromati-
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Invocazione, 1980 – olio-mista, cm. 80x70
che e di partecipi introspezioni psicologiche. La sua è un’indagine del suo tempo vissuta da poeta. Ci si trova di fronte a una figurazione visionaria dove il reale viene esplorato, riscattato, penetrato nel segno di una improbabile certezza. Una pittura, quella di Lo Cicero, che rivela componenti contraddittorie, dove matura la qualità delle sue immagini calibrate tra fantasia e ragione. Non a caso questo artista occupa un posto da protagonista nella scena dell’arte attuale nella quale interviene scrivendo con il segno e con la parola - come pittore e come poeta - e della quale esprime una vigorosa testimonianza... Pino Giacopelli
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Presentazione in catalogo, Monreale – marzo 1978 …L’opera di Lo Cicero è stata definita, non a torto, espressionista. Egli si muove in quella corrente reali-sta isolana che va da Trombadori a Guttuso, da Migneco a Frateantonio e che ha un risvolto antico e popolaresco sia nella cultura contadina che nella letteratura verista. La sua pittura ha una particolare forza espressiva derivante da un quid di primitivo e di barbarico appena mitigato da una tecnica materia che impreziosisce i dipinti dando al colore una calma soffusa e crepuscolare… Giovanni Viarengo Giornale Radio Piemonte, Torino – aprile 1978
Rapsodie dell’anima
L’eterno femminino
Le tre sorelle, 1979 – olio-mista, cm. 70x50
…Se alla ricerca dell’uomo e dell’oggetto si perviene attraverso l’analisi della materia, Stefano Lo Cicero si impegna proprio in questa direzione, dove il limite del circostante può essere l’orizzonte di una natura morta o gli zigomi di fiamma spenta d’una donna col suo bagaglio di sofferenze. Il senso dell’essere, nella valutazione dei moduli espressivi o nelle cadenze armoniche di una contestualità dell’oggetto, che vive con l’uomo e tra l’uomo, si rielabora nei concetti e negli stilemi lirici di un autore pervaso dalla necessità inderogabile di comunicare con la realtà circostante. Ai piani cromatici, sottesi nell’inquieta metamorfosi della materialità, l’artista riscopre proprie dimensioni scordate, quasi eccessi emotivi guizzanti nel disincantato territorio popolato di parole, suoni, figure, sogni. L’intersecarsi di queste sezioni vitali, biologiche fantasie della memoria, arcane mitologie, significanti sinergismi, simboleggiano in Lo Cicero una vera e propria ricostruzione dell’umano, percepita vivacemente
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nelle sue realistiche architetture, fatte di allucinanti squarci esistenziali e inusitati torpori. In tutto questo, il volto della donna emerge come incantata sirena, con i capelli trafitti da immensi girasoli, e ancor più nel dolore della sua giovinezza sfiorita o nel suo carico di dolori d’ossa e carne e nell’orrore del suo abbandono o nel dileguarsi in un fragile guscio d’amore. La contemporaneità, articolata nel lessico della nuova figurazione, significa, in Stefano Lo Cicero, disponibilità a recepire ogni possibile messaggio, nella sua accezione semiologia di codice trascritto ma anche di pregnante ricezione di suggestioni: diafane angosce e mutevoli pilastri di labbra… Aldo Gerbino Presentazione in catalogo, Torino – aprile 1978
…Dal connubio delle due arti, bene emerge la personalità complessa dell’artista. Pittura e poesia si tengono per mano, ma senza funambolismi o misterismi, con
Rapsodie dell’anima
Malinconie, 1979 – olio-mista, cm. 70x50
un rispetto d’insieme, fatto di tradizione e di realtà, filtrate da un’assoluta sensibilità. La pittura che abbiamo recentemente ammirato in una ricca mostra alla Galleria MATEP di Torino, si rivela subito interessante e originale per certe tramature di effetti cromatici che impreziosiscono l’impianto pittorico, sfrangiandolo e, nel contempo, ricomponendolo, austero e attraente in tutte le sue modulazioni, da ricordare qualche impressionista francese, e più lontano ancora, Tintoretto. Lo Cicero, con l’esperienza e la sensibilità che lo contraddistingue, ha un modo tutto proprio di tradurre la luce. Nelle sue rappresentazioni tanto drammatiche che paesaggistiche, con una tecnica accorta e misurata, ricca di pathos e di sapiente intuizione, si accosta dignitosamente alle tendenze neoespressionistiche più ardite dell’odierno panorama dell’arte… Mons. Carlo Carbone Mondo Cattolico, Torino – maggio 1978
Rapsodie dell’anima
…La presenza, la consistenza di Stefano Lo Cicero nel campo dell’arte, si collocano egregiamente su due dimensioni parallele e complementari ad un tempo, quali sono quelle della pittura e della poesia che in pochissimi operatori estetici, come in Lo Cicero, si fondono e si integrano in un “synolon” di organicità e di assunto. Con una tecnica in grado di carpire le più sottili aggregazioni cromatiche, con conseguenti suggestive campiture, Lo Cicero offre un sofferto sillabario di luoghi e di eventi dove non è difficile cogliere momenti e richiami autobiografici reperibili con la stessa cadenza nelle poesie che egli ha dato alle stampe qualche anno fa e che fanno da coreografia verbale alle proposte figurali affioranti dalle sue tele… Giuseppe Nasillo Controcampo, Torino – Ottobre 1978
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Gioia di vivere, 1979 – olio-mista, cm. 70x60
…Le figure e i paesaggi di Stefano Lo Cicero sembrano strappati alla realtà, senza alcuna connessione ai sogni o alle fantasticherie. C’è tuttavia, a ben guardare in essi, qualche slancio poetico al quale l’artista si abbandona con cosciente voluttà; ma devo doverosamente aggiungere che Lo Cicero è anche poeta… oppure anche pittore. Le due identità vivono, in lui, una perfetta simbiosi. Ciò, forse, alla fin fine, potrebbe spiegare il lento ma graduale e sicuro ingentilirsi dei volti sulla tela, pur quando si tratti di volti di madri dolenti o di donne siciliane incupite da un dolore carico di anni e di stenti. Che dire poi di certi paesaggi, aridi e privi di tracce di vita, ma scudisciati impietosamente da un sole
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che batte a picco, implacabile, sulla terra matrigna e così desiderosa di piovaschi? Meglio d’ogni altro Lo Cicero interpreta i dolori e le speranze della propria terra, vigile sempre sulle miserie del presente ma con l’orecchio teso alle storie di antiche ricchezze e di non sepolte civiltà, appena sussurrate dai suoi conterranei… Michele Calabrese Il Poliedro, Roma – Gennaio 1979
…Nel trasalimento tessuto del vivere quotidiano nasce la formula di una produzione diversa e affinata
Rapsodie dell’anima
Stupore e gioia, 1981 – olio-mista, cm. 70x50
come quella di Stefano Lo Cicero, artista impegnato a confrontare una realtà in divenire dinanzi ad un uomo sempre pronto, eternamente alla ricerca di se stesso. L’artista non nasconde la propria proiezione dell’umano attraverso le figure che animano le creature. L’umanità, come perno attorno alla quale ruotano le mille necessità dell’ambiente e degli altri ed ancora di se stessi ed ancora più lontano di ciò che a tutto fa capo senza conoscerne gli oscuri propositi. Stefano Lo Cicero vive una dinamica costante e molteplice, come costanti e vibranti ci appaiono le sue creature protese alla crudezza di verità e di inquietudini interiori. Dimensioni più umane dove le creature terrestri lasciano il proprio spazio apparente per vestire colori diversi - simboli di dolore, se vogliamo - ma assolutamente più aderenti a se stesse… Laura Carli Pan Art, Firenze – febbraio 1979
Rapsodie dell’anima
…Il tire parti de toutes les particularités de la matière, qu’elle s’irise, qu’elle s’empâte, quelle permette des jeux de glacis, guettant le trompe l’œil, l’accident, n’importe quel jeu qui puisse donner prise à des développements, des extrapolations, des suggestions. Dans les remous de couleurs profondes naît un petit théâtre de l’imaginaire: figures et silhouette, remarquablement ciselées et modelées. Cette peinture a par ce coté raffiné un peu du charme des miniatures qu’il faut regarder de près et puis encore une certaine somptuosité grave assez attirante, vue de loin… Jacques Foucher La Nouvelle République, Tours (F) – marzo 1979
…Rivedere l’opera di Stefano Lo Cicero ad alcuni anni di distanza dal primo incontro costituisce una esperienza illuminante.
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La sua sensibilità alle vibrazioni di vita che vengono dagli impasti dei colori, dalla loro iridescenza metallica, dalla lucentezza di smalto che pervade i volti, le mani delle sue figure, sembrerebbe un fatto di sangue, una componente della sua natura umana non acquisita col tempo, ma nata con lui, senza sforzo, senza travagli. Stefano Lo Cicero sente troppo il compito a cui è stato chiamato, a cui s’è votato, perché possa a un certo punto scegliere un sasso per porsi a sedere e guardarsi intorno soddisfatto di se stesso. Se così non fosse, non potremmo neppure percepire cosa c’è alla radice della sua arte, questa visione del mondo e dell’umanità condannata a viverci sopra, tutta soffusa di esterrefatta malinconia, in cui la solitudine, il vuoto sembrano essere l’essenza stessa del vivere. Guardate gli occhi immensi, pieni di stupore delle sue donne, in cui anche la gioia dell’essere madri è una gioia acquisita attraverso il dolore e respirata giorno per giorno, di dolore in dolore; guardate questi occhi che sembrano trafitti da una mestizia senza fine, occhi che non hanno mai sorriso, occhi spalancati verso l’infinito; ebbene è proprio in questi occhi che si rileva l’anima dell’artista trepida e attenta alle sollecitazioni che la percuotono, pronta a coglierle, a riviverle in se medesima e quindi a rappresentarle, filtrate dalla propria febbre, a ricrearle per farne arte. L’anima cioè che non riesce a saziarsi, che non può rimirare se stessa senza scorgere nuovi volti da colmare, nuovi angoli oscuri da illuminare, nuovi fermenti che anelano a fiorire... Annamaria Robberto Presentazione in catalogo, Köln (D) – marzo 1979
...Stefano Lo Cicero, Lyriker, Sänger und Maler, wird zum ersten Mal in der Bundesrepublik in einer Einzelausstellung der Galerie Agora (gegenüber dem Kölnischen Stadtmuseum) vorgestellt. Auf allen diesen musischen Gebieten ist Lo Cicero freilich Autodidakt, erlernt hat er einen technischen Beruf. Der dichtende Lyriker manifestiert sich als solcher bisweilen auch in der Malerei in Öl und MischTechnik. Da lauten die Titel “Melancholie, Metamorphose, Kindheitsträume, Rhapsodie in Grün”, und da ergeht sich der Maler in informellen Pinselspielen, in bunten Farben, die Ineinanderfließen Farben oder zu reizvollen körnigen Strukturen erstarren. In diese mehr oder weniger gesteuerten tachistischen Kompositionen zeichnet Lo Cicero Beine, Akte, Köpfe. Es sind meistens sich
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ähnelnde Frauengesichter, die den Betrachter mit großen Augen frontal anblicken.... GEO Kölnische Rundschau, Köln (D) – febbraio 1979
...Augen beherrschen das Bild, fragend, bittend, hoffnungsvoll oder voll Trauer. Die Bilder des Italieners Stefano Lo Cicero, zu sehen in der Galerie Agora, sind eindringlich Beispiele für die Ausdrucksskala der Augensprache. Lo Cicero widmet der Darstellung der Gesichter seiner – meist weiblichen – Gestalten besondere Aufmerksamkeit, Köpper oder Kleider werden nur angedeutet, sie lösen sich in häufig grellen ineinanderfließenden Farbfeldern auf. Hinter den Frauenfiguren tauchen weitere Gesichter in kalten Farben auf, wie Erinnerungen, Gedanken oder phantastische Wesen einer jenseitigen Welt... Sebastian Kreiss Kölner Sadt-unzeiger, Köln (D) – febbraio 1979
…Niente ermetismo, nell’arte contemporanea di Lo Cicero, ma caratteri penetranti che mai sbiadiscono e lasciano sempre traccia del significato che vogliono e devono esprimere. Nella sua versatilità tematica tutto procede coerentemente con ordine, senza strappi, perché è appunto nell’ordine, e cioè nella cattura di cadenze e sfumature che egli sa imprimere armonia e incisività alle immagini. Immagini vive, palpitanti che si muovono nel contesto di un discorso maturato alla luce e al colore di verismo struggente non disgiunto da una forza psicologica; una ricerca sempre in movimento, attenta e profonda; un tessuto umano dal segno sempre pulito, capace, sicuro… Rino Boccaccini Voce di Ferrara, Ferrara – marzo 1979
…Dessinateur et peintre, Stefano Lo Cicero témoigna dès son enfance des dons artistiques qui lui permettent de donner une forme à ses aspirations mais aussi à ses réactions devant le comportement des individus. Il a beaucoup travaillé pour acquérir de ses moyens et il est toujours à la recherche de nouvelles techniques propres à rendre son langage plus éloquent. Il est ainsi parvenu à un expressionnisme personnel intensément significatif. Figuratif, il donne la primauté à l’esprit, à l’état d’âme, ainsi que d’ailleurs le souli-
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gnent les titres de ses compositions: “Pensieri” dont la dominante crée le climat de spiritualité, “Metamorfosi” aux personnages évanescents. Modelés par la lumière discrète de jeux chromatiques parfois subtilement fondus, parfois plus agressifs, leur vie captée d’un trait fin et délié, ce sont des nus, des individus, des visages qui ouvrent de grands yeux étonnés le plus souvent angoissés... Renée Carvalho La Revue Moderne, Paris – maggio 1979
…Immagini forti ed incisive, sono quelle proposte da Lo Cicero nella poetica della sua arte intensa e senza compromessi. Egli, proteso in una ricerca incessante, ci dà prova di come sia capace di tradurre e argomentare, con disinvolta maestria. La sua ricerca tende a dare risalto ad alcuni tratti figurali, rendendoli marcatamente espressivi, da cui si evince il dramma di alcuni soggetti. Ed è una ricerca che va oltre le immagini, sicché la materia si crepuscolarizza di effetti modulari, in una commistione di accezioni timbriche d’indubbia originalità... Franco Solmi L’Unità, Roma – marzo 1980
Presagi, 1982 – olio-mista, cm. 60x70
campiture, in vibranti modulazioni dall’intensa ed espressiva figuralità… Carmelo Strano Il Miliardo, Avenza di Carrara (MS) – maggio 1981
…Ce sont des figures singulières, celles de Stefano Lo Cicero. Placées parfois dans une perspective irrationnelle, elles sont fortement méditatives. Le monde extérieur s’éloigne ou se réduit à quelques signes, ou bien s’exprime dans une vibration intense de la matière. Ce monde se heurte en quelque sorte au fil tenu du contour des figures… Celles-ci sont traitées au plan immédiat. L’instant métaphysique qui les habite en modèle parfois les formes de façon surprenante. Elles paraissent submergées dans un instant d’émotion entière qui les statufie, telle une note aiguë de la connaissance de l’humain... Maïthé Menard-Portugal Presentazione in catalogo, La Rochelle (F) – giugno 1980
...Nella sua specificità creativa, la figura assume l’importanza di tutto il dettato espressionistico, sintetizzando e ponendo in risalto i più celati intendimenti del pittore, la cui tecnica è scaltra e forbita e lascia trasparire riferimenti meramente onirici dal magma trasfigurante della materia. L’uso del colore è equilibrato e riesce a comunicare l’ordine concettuale dell’autore che, del resto, non ne occulta il senso… Renato Guttuso Inedito, Roma – giugno 1981
…Nell’insieme può essere definito essenziale l’apporto tecnico e strutturale che Stefano Lo Cicero riesce ad infondere alle sue opere. Non si connotano ridondanze e lo sviluppo del segno è netto. Efficaci le figurazioni muliebri all’interno di un cromatismo deciso e intriso di effetti che ravvolgono ed impreziosiscono le
…Accogliendo le istanze della sperimentazione, con una metodica d’indagine accorta e misurata, che astrae da una tecnica personalissima acquisita in lunghi anni di studio, Lo Cicero affida alla materia ed al colore le urgenze intellettuali e le pulsioni spirituali della sua creatività artistica.
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Sperimentatore tenace, Lo Cicero crea supporti di mescolanze dense e vibranti, che dipanandosi quasi ai limiti della corrosione cromatica, evidenziano atmosfere nelle quali l’intensità del colore fa da contrappunto al richiamo struggente di ritmi formali. Le figure, prevalentemente femminili, quasi sospese in nebulosi diaframmi surreali, con gli occhi assorti in profondi abbandoni, scrutano gli incerti orizzonti del desiderio, della speranza, di un irraggiungibile scopo. Sul filo di pressanti intuizioni, coscientemente asservite, Lo Cicero risolve felicemente il suo dettato compositivo, pregnante di concettuale espressività… Valerio Mariani La Vernice, Venezia – gennaio 1982
…Quello di Stefano Lo Cicero è un universo di luci e di ombre sostanzialmente cucito all’interno di una poetica dell’anima che trova, nell’indagine dei cromatismi, il centro. Un centro gravitazionale dal quale si dipartono le urgenze interiori dei suoi personaggi, gli psicologismi scavati sino all’ottenimento delle essenzialità figurali, i rapporti complessi dei volumi e delle forme, mediati dalla ricerca coloristica mai esaustiva. Col suo costante impegno a trovare soluzioni esplicative, sempre coinvolgenti e geniali, con l’immediatezza di uno stile non incline a corrompersi nelle maniere, l’artista interpreta magistralmente la propria realtà, con quel vigore primigenio che si propone la scoperta di altre frontiere. Lo Cicero, infaticabile operatore, trova nell’arte gli stimoli, le sinergie e le motivazioni razionali e non, per edificare se stesso. Sicché, esemplarmente, l’esistenza stessa di questo autore, può dirsi consacrata interamente all’arte. La sua tematica, ricca nelle argomentazioni e nei significati, diviene specchio di un’anima che nell’arte cerca e ritrova stupore ed estasi. I personaggi, avvolti e mai dispersi, tra intrighi di luci e di ombre, sono evocazioni non meramente mnemoniche dettate da una sensibilità straripante che ridesta emozioni attraverso un gesto, uno sguardo, un particolare. In questo status creativo, Stefano Lo Cicero, coesiste con i sussulti della propria anima che costruisce l’ambito dimensionale entro cui agisce alla ricerca di un’entità coinvolgente e veritiera. I tratti, decisi ed inquietanti, affiorano dal magma surreale lasciando trasparire forme coagulate e larvali - che il pennello rapprende per eleggerle a narrazioni multifigurali - appartenenti ad un onirismo fantastico, fatto di visioni ancestrali… Massimo Grillandi Il Poliedro, Roma – febbraio 1982
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…Poésie, fantasmes, réalisme se dégagent des œuvres de Stefano Lo Cicero: “Contemplation” (toute en teinte de tendre féminité, un peu mélancolique, un peu mystérieuse) “Interrogation et Métamorphose, Désarroi et Harmonie d’azur, Perdu dans le doute et Symphonies”, voici le nom de quelques-unes des toiles du peintre sicilien et rien que ces titres disent bien quelles sont les préoccupations, les pensées, les tendances de cet artiste des plus intéressants qui nous vient de Palerme. Des corps et des visages féminins surgissent et donnent soudainement l’impression de disparaître dans une envolée de pourpre, d’azur et de soufre. Des êtres expriment une certaine vision de la vie, de l’amour, d’autres se transforment. Il en est qui rêvent, tout éveillés, des rencontres ont lieu et il arrive qu’un élan finisse dans une étreinte. Peignant à l’huile mais en utilisant aussi l’acrylique, disposant d’une palette d’où s’échappent, vers la toile, des coloris tantôt assourdis, tantôt vibrants comme une flamme, l’artiste nous conduit du réalisme au poème, du mystère à la vérité, de l’attente à la fusion de quelques images. On ne sait plus exactement où l’on est mais on se sent heureux d’être là où l’on se trouve, dans cet univers créé par Stefano Lo Cicero où s’en vont et s’entrecroisent l’insolite et le réel …ou presque... Paul Baggio Panorama du Medecin, Paris – marzo 1982
…L’exposition qui a été organisée à notre Chambre de Commerce, quoique retardée par une malencontreuse grève des douanes, a obtenu un remarquable succès. Les visiteurs ont certainement remarqué combien la femme tient de place dans les œuvres de Lo Cicero, faite d’inspiration et de sensibilité personnelle. En effet, cet artiste à beaucoup travaillé sa technique, qu’il améliore et renouvelle continuellement pour aboutir à une expression qui n’appartient qu’à luimême et qui traduit des états d’âme; d’ailleurs les titres de ses œuvres le disent: “Interrogations, Perdu dans le doute, Le miroir de la vie, Conscience, Désarroi, Cauchemar, Contraste, Rêve, Sensations, Méditation”… Ce sont là des œuvres à dominante de spiritualité, parfois irrationnel, mais Lo Cicero n’est-il pas poète? Sa palette, où dominent le jaune et le vert associés au bleu et au rouge, contribue à créer l’ambiance, l’atmosphère insolite, irréelle, étrange et parfois dramatique de ses toiles, remarquables aussi par la finesse du
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Fantasie, 1982 – olio-mista, cm. 70x50
dessin, l’équilibre des volumes et celui des couleurs, qui finissent par traduire ses sentiments d’une façon très précise et subtile les rendant aussi perceptibles aux visiteurs… Des fusions de soleils harmonisent des visions d’arcen-ciel; des rapsodies d’inerties flottent dans le magma vibrant d’atmosphères pulsées de rythmes croissants où l’implantation figurative se concrétise en harmonie avec la couleur. Aussi les toiles de Lo Cicero palpitent de plénitude expressive et la femme, son éternelle muse inspiratrice, devient le protagoniste d’un discours pictural et esthétique qui en révèle les mystères de l’âme dans la contemplation d’évènements lointains et présents. Résignation, attentes, désirs, nostalgies, stupeurs et émerveillements, tous facteurs indéniables aspirant à relever, avec une dignité méditative, les valeurs de la vie. La vie: couleurs et formes, aussi Lo Cicero, avec limpidité, aime voir son monde fait de lumière et de sensi-
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bilité, dans la recherche constante de visions qui vibrent dans la trame enchevêtrée et objective de ses toiles où la matière picturale, dans ses constellations émotionnelles multicolores, harmonieuses des compositions qui révèlent organicité et mystère d’un discours technique et qualitatif gorgé d’intentions et d’effets chromatiques pour parfaire toujours davantage la stature originale de son œuvre... Gérard Etienne Revue France-Italie – maggio 1982
…Non è un azzardo definire Lo Cicero un uomo che vive la drammaturgia della propria arte con intensità e passione. Ogni prodotto finito ha in sé l’itinerario di una sentimentalità poliedricamente accesa. Ma senza straripare in esasperazioni formali, Lo Cicero percorre il territorio cromatico con inusitata sapienza. All’interno dei parametri del suo costante sta-
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les personnages exaltent la lumière, unifiant ainsi la toile qui par sa vigueur subjective dépasse la dimension même de l’œuvre. Par ce procédé de recherche intérieure les personnages de Lo Cicero sont au cœur d’une double fascination: celle de la vie et celle des sentiments. L’artiste ainsi par une intention savante, nous donne à appréhender cette double fascination. L’architecture des images émerge d’un magma pour mieux se fondre dans la matière. Elles sortent d’un espace dense de signifiant où chaque élément est essentiel, avec son propre poids de signifiant, son rapport intime à l’ensemble, sa propre force, sa propre identité qui donne l’élan au discours pictural imprégné de fantastiques exaltations colorées... Bernard Gauthron Galerie Salammbò, Paris – giugno 1988
Sogno d’amore, 1979 – olio-mista, cm. 60x70 (collezione Laoume - Paris - F)
tus creativo, l’artista padroneggia forme e colori, opportunamente dosate per la compiutezza contenutistica dei temi rigorosamente trattati. La materia lo seduce, lo coinvolge. In questa dimensione, nello slancio appassionato, affida tutta la fattibilità dell’evento pittorico, concepito nella totalità del suo assunto, tendente a riscattare tutte le morfologie possibili. Il costrutto compositivo, squisitamente surreale, crea raffigurazioni simboleggianti, legate da un ordine formale, estetico e psicologico molto equilibrato, che alimenta tutta la rappresentazione dei soggetti dove la padronanza dei mezzi e la capacità espressiva, conferiscono alle opere di questo artista suggestioni assai intense… Mario Lepore La Ribalta Artistica, Piacenza – marzo 1986
…L’ensemble des personnages que nous découvrons dans la peinture de Lo Cicero n’est pas le fait du hasard, ses personnages font tous référence à un état mental et psychologique qui nous permet de dire que dans sa peinture, l’artiste embrasse toutes les facettes de l’univers féminin. Les couleurs qui se fondent parmi
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...Beim Streben nach neuen künstlerischen Techniken spannt Lo Cicero seinen schöpferischen Bogen um neue Ziele anzuvisieren. In seinen neuesten Erfahrungen mit der Materie Werden Ziele verdichtet, die in der Formgestaltung durch geistige Eingebung beabsichtigt sind und sich in facettenreicher Transparenz mit dem Ansporn schöpferischer Energie äußern, die der Künstler mit seinem Werk durch seine gestalterische Art mit Klarheit hervorbringt. Das Verweben der Bedeutungen ermöglicht tiefschürfende Farbgeheimnisse und versteckte Anregungen um eine Idylle zu entwerfen, die der Weiblichkeit gewidmet ist. In seinem ungebremsten Forscherdrang erreicht Lo Cicero immer ideale darstellerische Lösungen und figürliche Annäherungen bei der Zusammenführung der Idee seines eigenen Daseins und seiner Art sich als Dichter zu fühlen. Jürgen Fleck Politik und Kultur, Düsseldorf – ottobre 1992
…La linea, nel colore, scava significati nascosti riportandoli a gestire in un loro spazio connettivo e germinante - fatto di interazioni osmotiche, coagulanti - i fantasmi creativi dell’artista. Le raffigurazioni, per la maggior parte femminili, avvolte in un alone di mistero, segnano la scia di un racconto evocativo lirico e avvincente dove i parametri dell’intuizione creano sviluppi di energie estrinsecative, che nella loro icasticità composita e formale, vibrano di stupore infinito. Questa sorta di realismo contornato da aspetti sur-
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Presagio, 1981 – olio-mista, cm. 80x100
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(collezione Chalumeau - Paris)
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...Wenn man sich näher mit Stefano Lo Cicero beschäftigt, erkennt man, dass seine Art dicht mit der Entstehung seiner Werke verwoben ist, die häufig den Geist seiner Inselherkunft widerspiegeln. Seine Schöpfungen beinhalten die reine Reflexion und den dauerhaften Wunsch sich selbst zu übertreffen in der Erfüllung dessen, was ihm sein reicher Instinkt eingibt. Die behandelten Themen sind in ihrer inhaltlichen Besonderheit gegliedert und setzen sich selbst wieder in einem fantasiereichen und symbolartigen Spiel zusammen, das in Form einer Gefühlsregung mittels figürlicher Komposition in vielschichtiger und feinsinniger Art das feministische Geheimnis in seinen vielfältigen ästhetischen Formen enthüllt. Seine spielerische und fantasiereiche Sichtweise fügt die Interessen des Künstlers unter Miteinbeziehung all seiner gelebten, manchmal wieder entdeckten Erfahrungen und die Eigenheit seiner Themen Zusammen, wo seine wesentlichen und freien Gedanken wichtig sind um sich selbst im qualvollen Dschungel zeitgenössischer Kunst treu zu bleiben... Günther Schmid Münchner Merkur, München (D) – maggio 1996
Tenerezze, 1979 – olio-mista, cm. 50x70
reali, nei dettagli e nelle argomentazioni, fa ricordare Chagall, ma con un colore più filtrato nelle sue scansioni aggreganti e modulate. Figure evanescenti emergono dall’impianto in fermento, a cercare una dimensione, una loro identità che si accordi alla tessitura timbrica del colore e a tutto quanto esso esprime... Liliana Soresi Presentazione in catalogo, Brescia – maggio 1993
…Architetture d’immagini estrapolate dal magma della materia, si stagliano in uno spazio denso di umori significanti, dove ogni riferimento ha un suo peso, una sua entità, un suo rapporto intrinseco e connotativo che abbraccia e dà slancio a tutto il dettato espresso di fantastiche esaltazioni di forme permeate dalle vibrazioni del colore… Lorella Gauli Inedito, Genova – ottobre 1995
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…Incline allo studio e alla riflessione, con la razionalità e l’impegno di artista genuino, fermamente ancorato ai valori essenziali dell’etica, Stefano Lo Cicero dell’arte ne ha fatto il suo scopo fondamentale di vita e di passione. Dagli influssi ambientali e caratteriali della sua gente e della sua Sicilia, trae lo spunto emozionale, che dà vita e significato pregnante a tutto il suo operato. Così alcuni temi, rappresi dalla memoria, scandiscono tutte le vibrazioni germinative della sua arte. Confortato dal bisogno di rapportarsi con il mondo e con gli altri, negli affetti e negli ideali, Stefano Lo Cicero si sente realizzato e meno smarrito nel marasma del contingente dove scruta, indaga e, col suo animo sensibile, coglie lo spunto che lo porta a gestire le sue risorse artistiche. Il suo pensiero si fa azione sciogliendosi in narrazioni di vasto respiro che trasbordano brani di vita vissuta e visioni di vita immaginata… Giovanni Cappuzzo Inedito, Palermo – febbraio 1997
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Visioni ancestrali, 1985 – olio-mista, cm. 100x80
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Fantasticando, 1979 – olio-mista, cm. 50x70
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Aspettando, 1980 – olio-mista, cm. 50x70
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Sensualità, 1983 – olio-mista, cm. 50x70
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Realtà di un sogno, 1981 – olio-mista, cm. 50x70
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Sogni giovani, 1980 – olio-mista, cm. 60x70
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L’abbraccio, 1979 – olio-mista, cm. 60x70
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Consapevolezze, 1988 – olio-mista, cm. 60x80
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Pensiero dominante, 1979 – olio-mista, cm. 50x70
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Ansie, 1992 – olio-mista, cm. 60x80
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L’attesa, 1993 – olio-mista, cm. 60x80
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Cavalcando desideri, 2001 – olio-mista cm. 70x70
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Preludio, 2000 – olio-mista, cm. 60x80
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Olga, 2000 – olio-mista, cm. 50x70
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Seduzione, 2000 – olio-mista, cm. 120x140
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Trepidazione, 1998 – olio-mista, cm. 70x50
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Ricordanze, 2002 – olio-mista, cm. 60x80
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Affetti, 1998 – olio-mista, cm. 80x60
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Accarezzando ideali, 1997 – olio-mista, cm. 50x60
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Dalla fantasmagoria di un sogno ammaliante come crisalide in volo sinuosa forma dalla materia assurge concepimento di vita alla luce dell’arte che l’avvolge.
La sede dell’essere di Luigi Tallarico
Alla riapertura degli scenari del nuovo secolo, l’arte, come avviene nei momenti di transizione, è intenta a rivisitare i motivi che l’hanno accompagnata durante il non peregrino percorso del ’900. E questo, nel tentativo di agganciare la “differenza” che darà vita al nuovo, nonostante la ripetizione di adusate visioni e scontati stilemi. Anche la scultura del ’900 ha avuto momenti segnati dalla differenza e/o dalla continuità, sia che la differenza si intenda aristotelicamente come non identità o come contraddizione nella dialettica hegeliana, sia che la continuità non contraddica l’identità dell’arte, come vuole l’estetica moderna. Questa “ripetizione differente”, assunta dall’arte negli snodi della storia, è stata oggi riferita non tanto all’eterno conflitto con le categorie di classico-anticlassico, quanto all’ossequio verso il linguaggio plastico che, da Martini a Marini, da Boccioni a Fazzini, ha sanzionato ora l’appiombo e il tutto-tondo, ora il dinamismo spaziale e l’affermazione dei volumi negativi. Ma l’ossequio alla plasticità non ha rinunciato alle soluzioni sintattiche di spazio-colore o, come si è detto dell’arte barocca, non ha rifiutato la “positura esaltata e terribile” della forma, più antiaccademica che anticlassica. Intorno a questi elementi di ordine linguistico, la pratica culturale di Stefano Lo Cicero non affronta il “ripetere” delle forme arcaiche (la forma, come ha detto il Focillon, ha una sua vita autonoma), ma - pur usando i materiali e le tematiche della tradizione - guarda alla “differenza” al solo scopo di realizzare una forma culturale del tutto inedita. E questo perché la sua originalità è nella originarietà dei significati, che si ripetono e si rinnovano, mostrando la diversità, ossia la modernità, nell’accrescimento e nella continua metamorfosi a cui lo scultore sottopone l’opera. È stato infatti osservato che l’importante non è ciò che la forma contiene, ma come si trasforma, per cui la “ripetizione differente” di Lo Cicero va cercata in due momenti, in quello del rispetto della rappresentazione dei volti e dei miti, secondo un’ottica tradizionale, e in quello della metamorfosi, che sottopone l’esterno a continue modificazioni. Infatti, attraverso le tante concrezioni e le ripetute estroflessioni, i busti diventano bifronti e l’unità della struttura cambia forme e significati lasciando affiorare mani e volti inquietanti, senza corpo. In questi frammenti di stravolta iconografia, si innesta un movimento che non è quello determinato dalla prospettiva tradizionale, ossia da una proiezione razionale del visibile, ma da un moto sincretico di elementi diversi, che costringe il dentro-fuori a non seguire i percorsi legati alla legge della impenetrabilità dei corpi. Basta cambiare la posizione e il manufatto prende una consistenza sempre diversa, come avviene con le particelle atomiche che non sono sempre visibili allo stesso modo. Il mutamento porta il “cavallo fermo” tradizionale a trasformarsi nel “cavallo in movimento” di Boccioni, cioè in un’altra cosa. Mentre la struttura-materia, per quanto rappresentata e definita, si trasforma in
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un corpo nuovo, in virtù dell’interpretazione del diverso momento che modifica (o completa) l’idea originaria, senza snaturarne la sostanza o togliere valore alle singole identità. Infatti la scultura cambia sembianza, come Proteo, trovando il nuovo nel processo di modificazione per cui la forma supera gli stilemi temporali e va incontro, attraverso le continue interpretazioni metamorfiche, al divenire del processo storico. In questi processi mutevoli della storia, la raffigurazione dell’essere non si lascia condizionare dagli eventi e dai fatti en vogue perché di breve durata, se non del tutto deperibili. Possiamo pertanto confermare che la metamorfosi dei corpi di Lo Cicero, allargando i limiti della pienezza plastica, richiama il concetto heideggeriano di “viaticità” e perciò di uno svolgimento continuo che presuppone l’esistenza nello spazio, non come fatto metrico o consequenziale ma come l’eco “suono delle campane”, di cui parlava Goethe, che crea e cerca spazio in continuazione. È in questa continuità che muta la sede dell’essere a cui anela la scultura di Stefano Lo Cicero.
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Il teatro delle meraviglie di Franco Spena
C’è uno scarto che sopraggiunge quando, perduta la dimensione del tempo e dello spazio, che guida e formula gli orientamenti del nostro essere nel quotidiano, si precipita in uno stato ai margini della coscienza che è difficile definire. In questo territorio, ove è facile perdere il senso del giorno e della notte, ogni cosa smarrisce i criteri che consentono la sua misurabilità e, sospesa tra realtà e sogno, vaga stupita in una dimensione reale che non la comprende in immaginifiche geografie intangibili ed evanescenti. In questo stato di distanza di mezzo, finisce per scavare canali di visione all’interno di una materia che modella e dà forma a una serie di emozioni, di ossessioni forse, che catturano e dalle quali è possibile lasciarsi prendere. È il luogo ove si realizza una crasi, una separazione e si avverte quel disagio per una interrotta comunicazione tra interno ed esterno che dà il via ad un nuovo, diverso sistema di adattamenti, poiché ogni immagine del sogno assume forme di realtà e ogni immagine della realtà, si dilata e cattura livelli di percezione inattesi nell’effimero dimensionarsi dei sogni. Per un irreale porgersi alla mente e al cuore, ogni nozione di esperienza si fa simbolo e rigenera i caratteri di un conoscere che si avventura verso stratificazioni di senso o antiche dimensioni dello spirito dimenticate da tempo. In questo spazio, nel quale ogni gesto si fa meraviglia, si articola il mondo poetico di Stefano Lo Cicero. Un mondo fatto di figure, forme, animali, personaggi, elementi che sembrano appartenere a uno stato di origine quando ogni parola è espressione di un unico linguaggio che dà parola, a un momento forse colto prima dell’esistere. Una sorta di rifugio interiore protetto dalla visione dell’esterno da una barriera invisibile, nel quale ogni traccia di realtà vive una dimensione riflessa, irrefrenabile, in ogni caso libera da ogni forma di contaminazione. In questo spazio immaginifico tutto appare come se accadesse molto lontano, al di là del tempo, per effetto di una memoria insondabile che reinventa rapporti tra cose ed eventi, ristabilendo logiche di contiguità e di continuità percorsi di ambiguità anche, che sembrano appartenere a un demiurgo che riorganizza la materia per un nuovo atto di creazione. Perché Stefano Lo Cicero, nelle sue sculture, agisce direttamente sulla materia che ridimensiona ogni immagine, che appare vibrare in un condensarsi di emozioni che generano la forma. Una forma che l’artista dispone nello spazio come oggetto di contemplazione, sia quando leviga e modella superfici che divengono figure, sia quando sembra destrutturare la materia, sciogliendola, fondendola, reimpastandola, ricomponendola e rimodellandola o lasciandola condensare come un magma che solidifica improvvisamente in soluzioni antropomorfe. La materia informe sembra essere l’elemento dominante della ricerca dell’artista, poiché la sua presenza è determinante nell’elaborazione degli equilibri compositivi, come segno originario che catalizza l’emergere della rappresentazione. È proprio attraverso di essa che l’emozione creativa prende forma.
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Infatti, la materia, come la pietra o il marmo, sembra aprirsi o conformarsi in un universo che lascia apparire, dal suo disvelamento, un teatro di figure originario, conservato da una insondabile memoria millenaria che trae principio al di là del tempo per configurarsi nello spazio. Le figure sembrano sbocciare, a volte, l’una dall’altra, si compenetrano, si accostano, si intrecciano come se appartenessero ad un’unica anima, come se vivessero una comunione affettiva inseparabile, inafferrabile. Appaiono forme in trasformazione: ogni personaggio, a volte, ne genera un altro; dalla figura umana germinano altre figure e animali e ogni composizione diviene un incredibile teatro delle meraviglie, mettendo in mostra una fenomenologia di forme della realtà, rilette e ricomposte da una grammatica del fantastico che risistema le relazioni e le soluzioni spaziali, producendo accostamenti inattesi che scardinano le logiche di interpretazione che siamo abituati a conoscere attraverso l’esperienza quotidiana della realtà. Si apre il sipario su una commedia nella quale forme irriconoscibili rivelano solo il loro apparire e forse scomparire, lasciandoci messaggi ed inquietudini che scavano passaggi nell’anima. Perché un’atmosfera di mistero attraversa le composizioni di Lo Cicero, i cui personaggi si muovono in una surrealtà lontana, ove significati e contenuti spesso divengono personificazioni assumendo valori simbolici che finiscono per farci riflettere sull’uomo, sul tempo e sulla storia. Per questo le figure sono concatenate tra loro come le tessere di un mosaico che mette insieme i testi di un ragionamento che si sviluppa per analogie e per metafore. Anche se invadono lo spazio e fanno sentire il loro peso, le sculture di Lo Cicero, appaiono tuttavia forme chiuse, concentrate in un perimetro che le isola dal resto del mondo, dal tempo, direi, perché il loro addensarsi, forse il loro apparire, non abbia contatti con una quotidianità a cui non appartengono. Vivono la loro dimensionalità in uno spazio arcaico nel quale l’artista scava labirinti di interpretazione, i cui percorsi rimangono impenetrabili. Così Stefano Lo Cicero modella o scolpisce, manipola o scava materiali diversi, a volte anche preziosi, ridesta e trae dall’informe, volti che emergono luminosi dalle grumosità della materia o dialogano con animali e figure, per dire di storie nate nella profondità di un immaginario che sa di abisso e di inconscio. Gli effetti a bocciarda, le scalfitture, le rugosità, le soluzioni di non finito, che producono minuti giochi di ombre per un chiaroscuro che si frantuma allo sguardo, cedono il passo, si appianano, si alleggeriscono fino a stendersi in superfici levigate di volti e di espressioni che sembrano accogliere la luce come un respiro. Lo Cicero, sacerdote del fantastico, allestisce così un teatro di apparizioni, di ectoplasmatiche rappresentazioni, per dare vita ad una commedia del meraviglioso i cui personaggi sembrano appartenere ad una mitologia che ci portiamo dentro e che è pronta ad emergere quando il sogno ci permette di richiamarla sulla scena. Forse gli attori sono figli del desiderio, della bellezza, ma sono anche il volto di quelle paure che ogni giorno cerchiamo di esorcizzare per vivere. Le figure che nascono l’una dall’altra, che appaiono vivere le emozioni di un abbraccio che le raccorda e le tiene insieme, quelle che sembrano riassorbirsi nelle concrezioni della materia, o quelle che sembrano nascere da un magma che si addensa, appartengono anche a quel bisogno di origine, di purezza che è alla base di valori intramontabili che sono chiavi di salvezza per l’uomo che, sfuggito all’eterno, vive le contraddizioni del tempo e della storia.
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Rapsodie dell’anima
Assonanze plastiche di Pino Giacopelli
Temperamento sensibilissimo, avvertito alle istanze spirituali delle stagioni artistiche del suo tempo, Stefano Lo Cicero, forse, ha sempre sognato la scultura. Finalmente, dopo aver lavorato a lungo in segreto, la pratica vera. Trovando nelle forme, nei volumi reali un equivalente alle ricerche che ha perseguito in pittura, cioè un’espressione che evoca dimensioni temporali e presentimenti. Oggi l’artista ha scoperto nel dominio dei mezzi espressivi una misura in continuo divenire, come lo è la fantasia stessa e la sua opera scolpita risulta da un’emozione diretta dove l’idea s’incorpora nell’immagine. Le sue opere realizzate in pietra, marmo, terracotta, legno e metalli sorgono certamente da quel tempo remoto e da quelle assonanze plastiche che precedono il suo gesto creativo. Le piccole sculture fecondate da antiche sapienze liriche e istintive, a poco a poco, hanno dilatato le loro potenzialità spirituali e l’impegno stilistico ha raggiunto la sua vera dimensione. Un’operazione che egli compie stando attento a non uscire mai da quell’equilibrio di vuoti e di pieni che non è solo una legge fondamentale dell’arte, ma ben si può dire, la legge plastica di tutta la natura vivente, “…ritrovandosi - come ci ricorda Adolfo Wildt - sempre, in tutte le formazioni naturali, dalle pose dell’animale ai gesti dell’uomo…”. Del resto, nessun’arte può fare a meno delle analogie. Come è vero che il ritmo si manifesta dove c’è il contrasto di forze e non la persistenza di una sola forza. Sono opere che intrattengono un rapporto diretto con la realtà e, nel contempo, mostrano il carattere dell’invenzione fantastica, per la valenza combinatoria delle presenze assemblate, per quel senso magico e rapinoso della forma ben tornita, ma già consegnato ad un futuro di ombra. Di particolare, nella scultura di Stefano Lo Cicero, c’è che, per dare scioltezza al ritmo di pieni e di vuoti, si realizza un continuo dialogare tra le ambigue mutazioni della forma. Sicché le sue opere scultoree sembrano uscire come da un bozzolo di baco da seta che come uno scrigno racchiude il mondo interiore dell’artista e che, aprendosi lascia volare la farfalla. Da qui un germinare di forme e non forme che si sciolgono in quella poetica lirica che accompagna lo scultore siciliano nella costruzione del suo personalissimo “teatro”, distinguendosi per la coerenza tematica, per la capacità di incerare i miti naturalistici (Gioia di vivere), per il suo modo di guardare in tralice la realtà e di trasmettere alla materia il flusso dell’energia vitale, avvicinandosi alla scultura come meditazione (Accordi). Da qui, anche, la sua capacità di portare la forma alle soglie dell’astrazione mantenendola figurativa, cresimando con una metamorfosi dolcissima, quasi irreale, le sue architetture oniriche. Donde anche l’evenienza di scoprire in ogni sua opera sempre qualcosa di nuovo: basta girarci attorno e la metamorfosi continua… e l’evento scatena straniamenti. Per cui possiamo dire che Lo Cicero ha inciso, nell’arte impervia della scultura, il suo segno personale e fissato il suo ben definito profilo. Evidenti i richiami e la volontà di affrontare il percorso della modernità contraddittoria e ambivalente e insieme razionale e irrazionale: in sintonia con le condizio-
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ni attuali dell’uomo e forse con il suo futuro. Per non parlare della struttura dialettica in cui si incontrano e si fondono molte linee della tradizione che ha caratterizzato il suo impegno creativo di una forte volontà di comunicazione visiva riconoscibile e decifrabile. Dove le vicende esistenziali dei suoi personaggi si colorano di intensi valori estetici. Come a volere visualizzare un clima culturale animato dalla compenetrazione di umori letterari e stati emozionali che traspongono la realtà e la ricreano. Tutte ragioni per cui, nel panorama dell’arte contemporanea, la presenza di questo Artista si impone per il battito largo del suo concetto plastico: la figura umana è presupposta non come specifica sembianza, ma come valore (L’abbraccio), mentre nella dialettica di positivi e negativi tenta (come in Metamorfosi ed Intrecci) la fusione di forme strutturali fantasiosamente elaborate. E non si dimentichi che in lui confluiscono all’unisono origine e contemporaneità, non esiste frattura tra passato e presente. Non a caso è stato detto che lo scultore non è né antico né moderno, è solo scultore.
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Ethos e pathos dell’universo femminile di Gino Merighi
È la donna il centro monotematico da cui prende l’abbrivio il racconto creativo di Stefano Lo Cicero, scultore, pittore, poeta. Non si tratta di una pura scelta figurale estetica ma, come nella mitica favola di Aristofane, egli guarda alla donna come ricerca irrinunciabile della sua parte complementare. Un amore idealizzante che scruta nei recessi più ascosi dell’altro sesso per penetrarne l’intima essenza nel suo ruolo naturale. La figura maschile resta quasi assente nelle sue composizioni e se ogni tanto appare, è nell’aspetto del fanciullo, quasi che l’autore voglia servirsene soltanto per esaltare nella donna il suo ruolo di madre. Stefano Lo Cicero è un artista che avverte gli umori del suo tempo e le contraddizioni del suo contesto, ma che rifiuta l’omologazione ad un esperantismo artistico di maniera. Nella genìa degli artisti di ogni tempo ci sono sempre coloro che operano per un valore intrinseco della loro arte ed altri che si preoccupano esclusivamente di costruire il valore estrinseco: Stefano Lo Cicero appartiene alla prima categoria. La semantica del suo linguaggio in arte, scaturisce istintivamente da una concettualizzazione delle pulsioni dei suoi sentimenti e risentimenti, senza filtri cerebrali derivanti da un retroterra culturale, per cui è tutto e soltanto se stesso. Indubbiamente il taglio compositivo delle sue opere è decisamente moderno, se per moderno si vuole intendere nuovo. Ma nulla si toglie a questa modernità, quando sembra di avvertire nel suo modellare un lieve soffio di classicità prassitelea che percorre come sensuale carezza la superficie di alcune forme muliebri. Nell’informazione genetica del nostro DNA e nei mitocondri cellulari portiamo, inconsapevolmente, una memoria latente che ci lega a radici lontane che affondano nella nostra storia. Credo che in Stefano Lo Cicero, magari a livello inconscio, affiori a volte la memoria di questo legame genetico con la storia ed il mito, in momenti irripetibili dell’atto creativo. Allora lo spazio immaginativo si dilata oltre la soglia cosciente ed il pensiero diventa evocativo, medianico. Assume forma una teoria di epifanie fantastiche e misteriose in un “continuus” mutevole e inesplicabile di metamorfosi della materia trattata. A volte l’intervento dell’Artista rimane attento a quei suggerimenti che la struttura stessa della materia presenta nella sua causalità naturale e ne codifica i significati antropomorfici che lascia poi sfociare sapientemente in un linguaggio definito “impropriamente” astratto. Ne scaturisce un racconto ininterrotto denso di contenuti onirici, rappresentati da immagini emergenti dalla materia-madre, l’una come spontaneamente generata dall’altra, che lo sguardo va impensatamente scoprendo nello scorrere della tridimensionalità dell’opera. Sta qui, forse, la sigla più originale e inconfondibile di Lo Cicero. Ma non meno fascino ed emozione emanano le opere progettate, nelle quali l’intervento dell’Autore si fa più meditato ed esigente per raggiungere la realizzazione di un modello già chiaramente concettualizzato. È uno scorrere di immagini
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femminili in atteggiamenti ieratici come evocanti antiche liturgie. Altre, immerse nel silenzio estatico di un sogno magico, che ricordano il timido sorriso di alcune Kore greche. Nudi di verginale leggiadria muliebre che si contrappongono a figure genuflesse, vinte dall’impietoso imperativo della sofferenza, ma mai sconvolte. Aleggia in ogni espressione dolorosa una serena dignità, un rassegnato fatalismo nei confronti dell’ineluttabile. Alcuni di questi volti assorti in una mestizia pensosa diventano speculari del pensiero dell’Autore, il quale sembra arrestarsi riflessivo sulla soglia del mistero insondabile dell’esistenza che la freccia unidirezionale del tempo scandisce fra i ritmi pulsanti della vita e l’eterno silenzio senza ritorno della morte. Sono diversi i materiali ai quali Stefano Lo Cicero affida questo suo partecipato racconto di scultore: dapprima le pietre poi radici di alberi e leghe metalliche, tutti materiali spesso ostici. Mi piace sottolineare questo particolare aspetto, perché sia tenuto in debito conto quale impegno ostinato, logorante, ci sia dietro tutta la poetica di una scultura compiuta, che significa fatica nell’accezione più piena del termine, quando specialmente si è in presenza di opere di notevoli dimensioni e di grande respiro compositivo ricavate direttamente da durissimi monoblocchi. L’arte di Lo Cicero mi ha particolarmente suggestionato ispirandomi queste modeste note; modeste perché limitate solo alla scultura, ma ciò non significa che non meriti altrettanta considerazione il suo estro di pittore e di poeta, che tutti gli riconosciamo.
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Essenzialità gestuale di Giorgio Falossi
Una ricerca ed una osservazione approfondita distinguono la scultura di Stefano Lo Cicero e mettono in risalto le perplessità e il travaglio di un Artista di fronte alle mutevolezze della vita. Le sue sculture si evidenziano in tematiche esoteriche che lasciano trasparire la volontà di voler forzare passioni e speranze. Elementi figurali nella loro evoluzione di profili indefiniti che assumono varie espressioni e fisionomie metamorfizzanti, ruotano attorno ad un asse di genesi strutturale che ingloba le varie forme tendenti a trovare quello slancio di coesione caratterizzante e risolutiva, che esalta tutta la produzione dell’artista che opera un’accurata scelta del tipo di materia su cui esprimersi. L’impostazione parte da presupposti figurali con immagini che vengono costruite nel rispetto della loro struttura ma in una maniera soggettiva che supera la dimensione anatomica, per divenire massa vivente che trasmette sapore di terra umorale profondamente stimolante, composizioni che nascono da una lucida analisi interiore che si evidenzia in un rigoglìo di sensazioni, suggestioni ed emozioni. Scultura spesso affidata all’istinto per cui gli elementi compositi divengono forme avvolgenti che sembra vogliano uscire dalla materia per entrare nella spazialità di quell’immaginario che li ha generati. L’infinita energia dinamica e lirica della vita viene infatti trasformata dall’atto scultoreo dell’artista nella sciolta volumetria che si manifesta a tutto tondo nelle sue realizzazioni, infondendo alla materia vitalità spaziale e poetica. Analizzando queste forme e la loro sostanzialità, nei giochi delle sollecitazioni e negli impegni, ritroviamo risonanza suggestiva nella mente, frammenti “baudelairiani” che eccitano la nostra sensibilità. L’ammassamento e il compattamento delle figure esclude ogni lettura realistica, nonostante la delineazione dei volti, nonostante la sicurezza dei tratti che li rappresentano, generando così la componente simbolica della più recente produzione artistica di Stefano Lo Cicero. Il tessuto si drappeggia secondo intenzioni e spinte che fluttuano sul fondo di esperienza di vita, sul fondo di architetture che danno il senso di una memoria costruttiva che articola ed elabora i suoi materiali secondo schemi e strutture soggetti ad intenzioni d’arte, magicamente atteggiate, sulla scorta di linee, simmetrie e giochi d’equilibrio, arricchite dalle risposte che l’Artista ha dato ai problemi di linguaggio che lo tengono impegnato. La produzione scultorea di Lo Cicero si presenta così come formidabile “summa” di tutta una riflessione artistica per cui l’autore, movendo dagli spunti offerti dal contingente, affronta l’immediata problematicità del giungere, pervenendo, in un secondo momento, ad una trattazione diversa ma tuttavia complementare della stessa tematica, ovvero il lato spirituale del reale e dell’umano in particolare; una riflessione - quella sulla sintesi di mondo visibile, mondo invisibile, corpo, anima, apparire, essere - che ha sempre interessato l’uomo e con la quale solo i grandi artisti sono riusciti a confrontarsi e tra questi Stefano Lo Cicero.
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Alchimie di forme
Metamorfosi, 1996 – marmo botticino, cm. 30x40x80
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Ambiguità, 1990 – marmo botticino, cm. 50x40x60
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Profili, 1997 – marmo botticino, cm. 20x40x80
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Voli del pensiero, 1994 – marmo botticino, cm. 30x45x70
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Essenzialità, 1996 – marmo botticino, cm. 25x30x65
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Invocazione, 1991 – marmo botticino, cm. 30x25x40
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Metamorfosi, 1998 – pietra marmorizzata, cm. 30x40x60
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Innesti, 1988 – pietra lavica, cm. 20x40x60
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Interrogazioni, 1997 – marmo botticino, cm. 30x30x60
Quali pensieri, 2002 – marmo rosso, cm. 10x30x40
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Presenze, 1995 – pietra patinata, cm. 40x50x80
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Avvolgenze, 1997 – pietra patinata, cm. 40x40x70
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Aspettando, 1986 – marmo botticino, cm. 20x40x60
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Innesti, 1991 – pietra marmorizzata, cm. 45x45x80
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Proiezioni, 1989 – pietra patinata, cm. 30x20x50
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Estasi, 1996 – pietra patinata, cm. 20x30x70
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Accordi, 1995 – marmo composto, cm. 20x30x50
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Dinamicità, 1984 – pietra patinata, cm. 20x30x60
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Profili, 1992 – pietra calcarea patinata, cm. 20x40x60
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Verticalità, 1999 – pietra patinata, cm. 20x30x60
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Ansie, 1996 – pietra patinata, cm. 15x30x50
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Metamorfosi, 1987 – pietra calcarea marmorizzata, cm. 20x30x50
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Metamorfismo, 1995 – marmo composto, cm. 20x30x50
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Evoluzioni, 2002 – pietra di Comiso, cm. 20x30x50
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Cavalcando l’amore, 2002 – marmo botticino, cm. 100x130x80
…De son univers intellectuel complexe Lo Cicero extrait toutes les motivations et les sollicitations pour donner fugue à sa force créatrice. L’éventail de matériaux si variés dans leur composition organique obéit à l’impulsion fébrile de l’artiste, toujours vigilant à guider les possibilités d’évolution que contient la matière, tout en les imprégnant chacune des étapes de sa création de ses idées mentales et affectives. Du métal fondu aux pierres de différentes natures, du marbre à l’argile et au bois, Lo Cicero recueille l’esprit essentiel de la matière, pour en extraire la synthèse d’une représentation évocatrice et émotionnelle qui est l’œuvre sculptée. L’artiste par sa vision intérieure extrapole les éléments les plus significatifs et les plus fondamentaux qui alimentent son processus intellectuel de création, démultipliant les images, créant une structure morphologique globale qui révèle la force créatrice et évocatrice de son talent de peintre et de sculpteur... Guy Dubois Presentazione in catalogo, Nantes (F) – giugno 1989
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…Torno, con un certo piacere, a incontrarmi con l’arte di Stefano Lo Cicero, di cui conoscevo, in un tempo non remoto, la poesia, la pittura e ogni altra espressione figurale. Ed è un piacere che riassaporo intensamente, poiché nei ritorni si può meglio apprezzare una qualità del passato. Riosservo il vasto operato di un artista che, nella ricerca dei materiali e delle tecniche, rivitalizza il proprio dinamismo interiore, introverso e meditativo, passionale ed esuberante nella sua “verve” creativa. E la sua, per quanto ampia, non è mai una ricerca caotica che si disperde in rivoli destinati all’inaridimento, poiché in prossimità del mare che tutto accoglie, il delta riprende la sua condizione di estuario affinché il fine ultimo non sia mai tradito. Questa insaziabile sete d’indagine conoscitiva e sperimentale, in ogni modo, conduce Lo Cicero a sconfinare nel pelago dell’arte per farsene primaria, se non fondamentale, ragione di vita. Ora, dopo il suo apparente silenzio, riscopro Stefano Lo Cicero all’interno di una rinnovata poetica 133
Memoria, 1990 – bronzo, cm. 25x10x25
cromatica e di linguaggio dopo aver decantato scorie attraverso l’esplorazione degli abissi interiori. Più maturo, più consapevole dei propri acquisiti strumenti, più determinato nelle sue scelte, ricco di genuina sensibilità ed entusiasmo, al culmine della sua parabola artistica. Lo Cicero sorprende con le sue opere scultoree, suscitando in me meraviglia e stupore per quelle creature magmatiche che scaturiscono da un vulcano in perenne eruzione fra argille, mescole di segreta natura, arenarie e marmi di locale estrazione, pietre e macigni che il mare gli riversa nella proda vicina. Alacremente l’artista lavora sull’etimo di variegate forme, su masse non sempre immediatamente tradu134
cibili, che dimostrano ed evidenziano perizia creativa, slanci figurali, enigmi di un’anima in fermento; ogni atto estetico, è sempre proteso verso una luce nuova, propiziatrice di vita e gusto mediterraneo. Le strutture, solidamente impiantate, assumono la monumentale complessità degli eterogenei elementi che la compongono. La dinamicità dei corpi, nella volumetria della loro intersecabilità metamorfica, trovano e connotano lo slancio di genesi essenziale, dove i moduli morfo-architettonici, impiantati plasticamente, sostanziano l’accadimento scultoreo quale evento mirabolante… Gesualdo Bufalino Inedito, Comiso – gennaio 1992
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Dinamismo strutturale, 1996 – radica di ulivo, cm. 40x20x60
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Astrazioni figurali, 1997 – radica di ulivo, cm. 20x40x100
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Avvolgenze paradigmatiche, 1998 – radica di ulivo, cm. 30x50x60
…È proprio nello stile che Stefano Lo Cicero si distingue, e si placa, in proprio particolare respiro che caratterizza tutta la sua opera. Sicché, sia pure sotto luce e ombra differenti, si può facilmente ritrovare la semenza iniziale gettata sulla prima zolla incontrata. L’artista per tutelare la propria autenticità, ha rinunciato a qualsiasi riferimento retorico o dogmatico, proteggendosi nella sensazione di osservare continuamente se stesso attraverso un ologramma, estaticamente da ogni punto dello spazio cosmico. Posso ben comprendere e immaginare la fatica e l’angoscia dell’autore che si è sforzato di essere il demiurgo di se stesso, ricreandosi ogni volta con le sue stesse mani.
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Di vivida fattualità le sculture di recente produzione che si propongono una sola regola: lasciare trasparire dal nucleo materico ciò che è essenziale, per meglio stigmatizzare un’emozione, un proponimento ideale. E così, i corpi scuotono impercettibilmente la massa monolitica appena appena interrotta dalla presenza di membra che appaiono solo momentaneamente per poi dileguarsi nel formale o nell’informale del materiale che si raggruma nella sua quiete iniziale, che ha preceduto l’atto totale della creazione, disgregando l’inerzia del nulla. Quando Lo Cicero si cimenta estrosamente nella lavorazione dei metalli, al fine di condensare le pro-
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Il mostro, 2004 – radica di ulivo, cm. 110x60x90
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prie suggestioni e i propri bisogni metafisici, prevede l’utilizzo espressivo di tutto ciò che il fuoco ingurgita, fonde e restituisce in scorie imprevedibili. In questo modo i coacervi materici conservano lo stridore primordiale che ha superato le tenebre, ridestando al tatto e alla visione quel vagito rudimentale che scaturisce dal primo fiato di vita. Ma qual è il cardine fondamentale di quest’arte tanto complessa, eppure tanto coerente col proprio simbolismo spontaneamente affiorante? Non v’è dubbio che tale asse sia l’uomo e la sua umanità, con le sue architetture interiori, che necessitano incessantemente della verifica del senso fragile di ogni esistenza. Proprio per ciò, il suo linguaggio figurativo, mai ridondante, trascrive nell’amorfismo caotico degli elementi, messaggi vigorosi che vogliono perpetuare e affermare il valore dell’esistenza umana nel cosmo e nel ritualismo della tavolozza, della pietra, dell’argilla e dei metalli, Lo Cicero diviene il sacerdote che officia il mistero della vita racchiuso nella spirale genetica dell’arte… Gaspare Miraglia Presentazione in catalogo, Livorno – dicembre 1992
…Il concepimento sculturale di Lo Cicero, di abbracciare a piene mani il blocco monolitico che gli sta davanti lo pone a misurarsi con le sue risorse di immagini e di pensiero e con le energie e la volontà che lo portano a sconfinare dentro la massa per cavarne tutte le potenzialità che vi si annidano restituendole alla luce di nuove dimensioni. Questo impatto tra massa e concepimento creativo accende quella animosità febbrile che porta lo scultore a vivere intensamente il procedere del suo operato quale necessità di dare vita alla sua immaginazione progettuale. Lo slancio formale delle immagini, nella loro plasticità avvolgente, rende l’opera compiutamente modulata in tutte le sue scansioni e sfaccettature... Orazio Trani Inedito, Brescia – aprile 1993
…Se è vero che l’opera scultorea è la risultante di un processo elaborativo e di manipolazione, inflitto con le tecnologie specifiche dell’umana fabbrilità alla materia inerte, è specularmente sostenibile che l’artista, strumento fondamentale di quel peculiare atto evolutivo, è l’athanor elettivo, all’interno del quale l’alchimia della forma può, indiscutibilmente, essere compiuta.
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Profili, 1997 – radica di ulivo, cm. 30x40x90
Ed il legame, forte, inscindibile e non prevaricabile, che si stabilisce fra la massa e l’artista, m’inducono ad affermare che entrambi costituiscono le incognite della medesima equazione. Sicché sia l’uno (l’artista), sia l’altra (la materia), con reciprocità giustificano le loro esistenze ed il loro fine. Sorretto dalla propria capacità immaginativa, l’artista imprime l’energia creativa alla materia, dopo aver conflittualizzato e mediato nella sua fucina interiore forze insostenibili e molteplici di ardua drammaticità. E sin dal primo impatto, è questo che si coglie nel-
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Germinazione vitale, 1998 – radica di ulivo, cm. 40x70x30
l’opera di Stefano Lo Cicero: uno sforzo caparbiamente e costantemente rivolto verso la rivelazione di quella nascosta dimensione della mente, esito ultimo, mai definitivo, dell’opera artistica. Nel corso dei procedimenti, cosciente è l’attenzione posta dallo scultore nella risoluzione dell’indagine, tanto che si coglie, nell’esplorazione delle forme, un desiderio razionale teso all’estrapolazione di variabili metafisiche ed estetiche. Questo, ovviamente (sarebbe un guaio se così non fosse), presuppone sforzo sisifeo, dolore, angoscia, riproposizione dei temi, reiterazione delle scoperte, assonanza e consonanza delle forme, che sembrano non esaurirsi mai, all’interno di nuclei espressivi isolati e separati. L’opera, imperniata dunque sullo sviluppo di tutte le coordinate del possibile, integrando la rarefazione e la dissoluzione delle forme, presumibilmente oniriche, con il dettaglio del particolare che sbuca violentemente dal caos creativo, coniuga plasticamente le latebre dell’immaginario invisibile con il bisogno interpretativo della realtà. È percepibile in ogni tratto lo stimolo sensoriale che sovrasta il gioco delle masse, che codifica lo sviluppo organico dell’opera e ne estrinseca i significati più introspettivi senza mai scadere nella banalizzazione oggettivante, né tanto meno svilire nel vigore e nell’armonia del palpito vitale impressovi. Nella loro complementarietà, le figure interposte tra scansioni ritmiche di vuoti e alternanze di dossi, vengo-
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no assorbite dal nucleo fondante della materia che le restituisce potenziate e rigenerate in nuove prospettive che mai cessano di agire nei loro dinamismi interiori. Senza mai indugiare nel superfluo, Lo Cicero perviene ad esiti di notevole interesse, attraverso un dettato plasticamente trasfigurante e misurato che abbraccia l’essenza paradigmatica degli insiemi, nell’evoluzione totalizzante del tutto tondo... Francesco Carbone Inedito, Palermo – ottobre 1995 …Analizzando il percorso artistico di Stefano Lo Cicero si evince che tutta la sua opera pittorica, grafica e scultorea risente di una spiccata inventiva nel trovare sempre nuove argomentazioni alle sue necessità creative. Nelle sculture ogni riferimento ha una sua connotazione ben articolata dove le propulsioni interiori dell’artista sollecitano la staticità apparente della massa trasformandola in prominenze enunciative che interagiscono con nuove risorse contenutistiche in uno spazio-superficie indefinito. Accorpamenti avvolgenti ruotano nel loro nucleo germinativo che aggrega tutte le assonanze e le sollecitazioni peculiari dello scultore sino al raggiungimento di un iter evolutivo dai valori estetici e formativi connaturati nella sua propensione artistica fatta di impegno e di poesia… Giovanni Cappuzzo Inedito, Palermo – febbraio 1997
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…Le figure concentrate nella volumetria della materia, nell’abbraccio trovano gli affetti e la certezza d’appartenersi. Questo spasmodico bisogno d’amore, su cui l’artista insiste, rivela la sostanziale coesione che esalta il concetto spiritualizzante del suo io, fattosi gesto, forma, espressione di vita e di pensiero, sublimazione dell’atto creativo. L’argilla, docile e malleabile, ubbidisce agli impulsi frenetici delle dita che scavano la massa plasmandone i contorni, modellando le forme e i lineamenti di un immaginario dai contenuti di incisiva figuralità. Così l’opera, nella sua strutturale estrinsecabilità oggettivante diviene parte viva e palpitante di un humus fertile di riferimenti correlati tra loro. Un busto, un viso, una mano, nella plasticità del loro insieme, abbracciano l’universo creativo dell’artista, sempre proteso a nuovi trasalimenti emozionali, che lo rendono protagonista vigile di sé e del suo operato… Silvestro Altamura Inedito, Arezzo – marzo 1997
...Lo Cicero Erfindungsgabe und Schaffenskraft bewegt sich in unkontrollierbare Gefilde wie die Wellen eines über die Ufer getretenen Flusses. Mit seiner kritischen und nachdenklichen Beobachtungsgabe bewirkt er bei der Organisation all seiner austellerischen Möglichkeiten ein Ineinanderfügen der verschiedensten Aspekte in seiner Kunst. Malerei, Bildhauerei und Dichtkunst alles zusammen drückt die Ruhelosigkeit eines Künstlers aus, der immer auf der Suche nach Weiterentwicklung ist, was ihn Hals über Kopf und unerschöpflich in den Wettbewerb treibt. Aus einem Wohlentwickelten Expressionismus entstehen Farbeindrücke und verbinden sich zu dichten Strukturen aus denen sein Geist hervorgeht, der in absoluter Harmonie mit den Effekten einer fortschreitenden Vielschichtigkeit all die wesentliche Komplexität seines Werkes beinhaltet. Insbesondere die Bildhauerei reizt meine Aufmerksamkeit zu einer genaueren Zergliederung seines intensiven und wandelbaren Stils in den ästhetischen Werten seiner Werke. Die Verwendeten Materialien, die von Stein über Marmor bis zu Ton und Holz reichen, finden das ideale Ausmaß um Kunstwerke zu werden. Die Zusammenführung unterschiedlicher Metalle vervollständigt den Eindruck körperlicher Struktur verwoben mit Lichteffekten. Sein bevorzugtes Thema ist die Figur in all ihrer vorstellbaren Entwicklung, welche mit anderen Eingebungen fremdartigen Ursprungs, gekreuzt im verknüp-
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fenden Gewebe der Masse, verpackt in einer osmotischen Spirale, vielfache Bezüge zulässt und im Gleichgewicht zwischen Raum und Form in keimender Synthese mit seinen wesentlichen Werten steht. Mit kontinuierlichem Forschergeist war es Lo Cicero gelungen, all die künstlerische Glaubwürdigkeit zu erweben, welche die Aufmerksamkeit der anspruchsvollsten Kritiker und Kunstliebhaber erregt. Johann Köre Frankfurter Allgemeine, Frankfurt – ottobre 1998
…Nell’interezza delle formulazioni espressionistiche, Lo Cicero riscopre i significati dell’esistere, nella trascendenza etica e morale di un demiurgo dell’arte. Ciò è costantemente rilevato tanto nella produzione pittorica che in quella scultorea, entrambe motivate da una stessa sensibilità che cerca nella materia, in tutte le sue forme strutturali, il concepimento e la realizzazione di un proprio universo… Maurizio Calvesi Inedito, Roma – dicembre1998
…Ma è nella chiave traspositiva dei suoi intrecci figurali che Lo Cicero trasferisce la sua vigoria immaginifica, vivendo l’atto scultoreo, nella sua evoluzione, come processo ideale di un’avventura creativa e stimolante che dalla massa astrae i palpiti vitali di icone di pensiero divenuto forma… Giuseppe Bonaviri Inedito, Palermo – maggio 2001
…Scultura dalla figurazione imperiosa e comunicativa, pregna di contenuti dalle forti caratteristiche emozionali: la solida materia si trasforma in energia creativa, vivendo il suo iter ideale nella metamorfosi della capacità descrittiva... Gerard Angelier Inedito, Nizza – giugno 2001
…Posseggo una piccola, a me tanto cara, deliziosa scultura di Stefano Lo Cicero. Le sedimentazioni e le concrezioni del metallo fuso mi raccontano il suo tormento, la sua grande passione e fiducia nell’arte che lo accompagnano e sostengono in ogni momento della vita… Nicolò D’Alessandro Inedito, Palermo – Febbraio 2005
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La dinamicità del tratto insinuandosi tra le pieghe della materia inerte si fa matrice di riferimenti facendoli vibrare come corde sonore su eterei pentagrammi memoriali che sospesi al filo dell’immaginario intessono d’assunto palpiti vitali.
Presenze, 2004 – resina, cm. 190x125
Intrecci d’anima, 2004 – resina, cm. 125x95
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Contrappunti figurali, 2004 – resina, cm. 95x125
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Girotondo, 2002 – stucco, cm. 50x30
Rincorsa, 2001 – stucco, cm. 70x60
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Maternità, 2004 – stucco-resina, cm. 45x60
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Evoluzione, 2004 – marmo sintetico, cm. 70x60
Ricordi, 2002 – stucco-resina, cm. 70x60
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Suggestioni, 2004 – marmo sintetico, cm. 70x80
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Accordi in giallo, 2004 – stucco-resina, cm. 70x80
Intimità, 2003 – marmo sintetico, cm. 70x60
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Accordi in verde, 2004 – stucco-resina, cm. 70x80
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Rapsodie dell’anima
Poesia: voce fanciulla che ansiosa m’inviti a varcare in segreto distanze proibite.
Artista poliedrico di Alfio Inserra
Tra le presenze artistiche che fanno del post-romanticismo contemporaneo motivo di passionalità e tensione creativa, Stefano Lo Cicero si connota per originalità di stile oltre che per un’attenta introspezione esistenziale. Poeta, pittore e scultore, di questa nuova temperie estetica egli ne coglie motivi di ispirazione che riporta nel suo universo artistico e cioè la donna, nel doppio versante dell’amore come maternità o come mistero dell’eterno “femminino” nonché la irrisolta “querelle” della collocabilità del quotidiano entro il grande mistero dell’“existenz” come autenticità di vita. Come poeta, attraverso le sue raccolte, Lo Cicero ha, sin dagli inizi, preso ad esprimere quella che lui stesso chiama “ansia di vita” con la domanda nodale: “Chi voi? Cerchi l’amuri?” che si tramuta presto nella istanza finale deontologica: “Quali strata porta a Tia, Signuri?” Il nostro autore ha fatto della donna e dell’amore splendide rappresentazioni; le sue figure femminili, ora reali ora ideali, si impongono all’attenzione e restano nell’animo per viva e palpitante liricità. Una stessa tensione neo-romantica esplode “visivamente” nel Lo Cicero plastico che scolpisce o ritrae. Una tensione espressa enigmaticamente da un rampollare di volumi e di forme, una dall’altra, una dentro l’altra, con una ambiguità morfologica che rappresenta l’arcana incomprensibilità della vita, del nostro sentire interiore. Uomo, angelo, belva, essere alato o incatenato al suolo: una polisemica verità che ci rappresenta e la cui coscienza ci turba. Una pulsione spasmodica che ha, d’altra parte, un contro-altare nelle belle tele a forti cromie di ritratti di fanciulle divinizzate, di paesaggi “nostri”, di uomini e cose della nostra Isola e, finalmente, di ora rasserenanti ora dolenti “Maternità” che, specie nello scultore, come piccoli bozzetti o grandi gruppi sul tema, esprimono variegata ispirazione ma anche ricerca di materiali e rapporti volumetrici, per sublimare in maniera ottimale l’amore materno, che da viscerale si fa estasi ed apoteosi di una nuova angelica “Annunciazione”. Nelle discipline artistiche in cui Lo Cicero con eccellenza si esprime, molti e vari sono dunque i motivi ed i temi di “humanitas” e di travaglio esistenziale, ove poesia, pittura e scultura interagiscono. Opere dunque che esprimono tutte, i motivi e gli ideali di lotta fondanti della vita, ma anche di quelle verità verso cui e per cui ogni vero artista indirizza ed esprime la genuinità e il vigoroso rampollare dei suoi sentimenti.
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Dentro di me Dentro di me ho scrutato abissi senza fondo; ho visto il sangue ribollire di rabbia e tra sfere parallele la mia anima affogare in verticale. Ho visto altari divelti da tempeste e in trasparenza angeli ignudi sferzati da demoni. Ho visto uomini azzannarsi come belve madri rinnegare figli, piangere bimbi tormentati dalla fame. Ho visto bufere oscurare il sole incendi devastare chiese. Ho visto muraglie abbattute cani randagi mordere mendichi occhi piangenti e mani tremanti chiedere aiuto. Dell’uomo ho visto orrore e miseria, nell’abisso di un momento ho visto me.
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Rapsodie dell’anima
Messaggi Tra paludi steppose impigliata tra liane di pensiero la mente sommuove echi d’inerzie. Come lama tagliente apre solchi profondi sconfinando lontano a portare messaggi d’ansia schegge di luce nuova a illuminare briciole di cuore smarrite nel tempo.
Equilibri, 2004 – pastello a cera, cm. 50x70
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Presenze Tu attendi… non senti girandole a festa, frammenti di sole ti cadono attorno. La mente si pone quesiti insoluti ostinata a cifrare un punto soltanto d’esatta misura, un numero solo. E attendi risposta che mai giungerà. Un numero solo appartiene al presente ma domani sommato a tante altre cifre inesatte nulla sarà.
Complicità, 2004 – pastello a cera, cm. 70x50
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Rapsodie dell’anima
Il tutto fluì Il tutto fluì… Anche le pietre stettero a guardare spoglie, senz’anima. Un albero insecchito allungò le sue braccia contorte sino in cielo mentre dal mare risucchi d’onda dilatarono abissi. Ma il tutto fluì, solenne… solo uno sparviero tracciò spirali nell’aria e scomparve. E fu l’ultimo volo.
Riflessioni, 2004 – pastello a cera, cm. 50x70
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Nzoccu è la puisia A li voti m’addumannu nzoccu è la puisia, sta vuci ca sentu ciarmuliari nni l’oricchi ntunànnumi fanfarri scanusciuti. Nzoccu è la puisia? E’ lu frèmitu di la menti ca voli spaziari ‘n libertà? O è lu distinu ca mi curri appressu pi sbannirari chiddu ca nun sacciu? Nuddu lu sapi nzoccu è la puisia. Ma quannu, a la mpruvisa viu n ancilu vulari capisciu ca lu mumentu è chiddu giustu e ci volu appressu cu l’ali trimanti p’acchiappari lu suli ca teni mpintu ntra li so’ capiddi e mpiccicarlu forti nna me frunti e sèntiri na vampa dintra a mia. Chista è la puisia! E’ un focu ca ‘un s’astuta cu palori ma cu la frevi ca sbutta li pinzeri.
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Unni vai? Unni vai, pueta, cu li pinzeri ntasati ntra li puntali ardenti di la vita? Unni vai? Tu li vidi sti sdirrubbi, tu senti li chianti ca fannu vivu lu prisintimentu. Tu vulissi cunzari stu sfacelu, sprèmiri petri pi nutricari cori e nra li trami di li cuscenzi ngastàrici lu civu dâ raggiuni pi dari nta stu munnu caluri di speranza e di giustizia e pirdunari amannu.
Gestualità, 2004 – china, cm. 50x70
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Frevi di vita Di li spicchi spremuti di lu jornu arricugghiemu n’anticchia di lustru p’arrifriscari la menti, p’abbacari la frevi d’ossa scunsintuti ca sunnu tizzuna di verità. Sutta la cinniri cuva lu cippu di lu tempu pi squagghiari a picca a picca lu sangu mpitratu dâ me campana ciaccata nna lu coddu e nta lu funnu, mentri lu battagghiu tuppulìa a li porti di la vita, unni spirdutu m’arritrovu iu, cu na lenza tisa ’n manu filannu la me stidda a la vintura. Cu l’occhi nzirragghiati ntâ grada di lu munnu, spirtusu sonni gnutticati e foddi supra sbalanchi di focu.
Richiami, 2004 – pastello a cera, cm. 70x50
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U sculturi Smaniusi li me jidita tastìanu la ciaca dura ca mi sta davanti, pi scupriri ntra li tanti spurgenzi la furma ca mi suggirisci d’èssiri abbrazzata. Sgrussa la subbia, scava e incidi e la so punta mudella na vita c’arrivisci. Scardiannu la petra lu ferru affunna circannu d’arrivari nsinu a lu cori ca voli tuccari pi megghiu crìdiri a stu miràculu d’amuri. Na facci, un bustu ca viu palpitari mi vennu ncontru e iu, ca quasi nun cci criu, cci parru ’n silenziu e mi nni priu sintènnumi liatu â stissa sorti. Ma lu mazzolu nun s’arrenni, culpisci ancora spincennu la punta nsinu a viulari l’ìntimu arcanu di la criazioni. Ma nun cci arrinesci: cafudda n’autru colpu ca la natura viulintata nun supporta; cintrata la vinatura, si spacca la ciaca a la mpruvisa e viu lu sangu scùrriri cupiusu di lu corpu offisu. Scìddica la sùbbia di la manu nfami. Sintènnusi ncurpatu, lu mazzolu pisa tantu ca nun lu pozzu cchiù trattèniri. Sta criatura vosi nàsciri pi sùbbitu mòriri. Vulìa firmari lu tempu nta l’occhi di sta petra c’ancora scantata, cu lu cori tagghiatu d’î me stissi manu, mi talìa cu rimpròveru p’avvisàrimi ca la vita havi lu so prezzu; sta all’omu suppisari li so azzioni pi arrinèsciri nni li so mprisi.
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Dinamismo, 2004 – pastello a cera, cm. 70x50
Avvolgenze, 2004 – pastello a cera, cm. 70x50
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Rapsodie dell’anima
Riposo, 1975 – inchiostro, cm. 50x30
Penitenti, 1976 – inchiostro, cm. 50x30
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Visioni, 1975 – inchiostro, cm. 30x50
Il volo, 1985 – inchiostro, cm. 60x40
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Pensieri, 1992 – matita, cm. 50x70
Angela, 1994 – china, cm. 35x50
Rapsodie dell’anima
Speranza, 1985 – matita, cm. 40x60
Torsione, 1995 – china, cm. 35x50
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…I suoi versi carichi di amore per il meglio della vita, sgorgano spontanei da una mente fervida e piena di emozioni, di sentimento e di fuoco mediterraneo, che si eleva per creatività, armonia e purezza di stile, spesso incisivo, tagliente e martellante più che metallo sotto i colpi del maglio… Enzo Siciliano
Monreale 1978, Presentazione “Riflessioni” nella Sala Rossa del Comune (da sx: P. Giacopelli, S. Orilia, il Sindaco F. Mortillaro, St. Lo Cicero)
…Nei versi di Stefano Lo Cicero incontriamo più spesso l’accondiscendenza lirica, altre volte il gusto della sintesi, anche se il primo parametro è illimitato substrato dove trova posto la versificazione del poeta. C’è l’angoscia di giorni e di ore, il fluttuare lento del tempo è una realtà alla quale l’artista non si assuefà, ma violenta con rabbia torpori indefiniti, abbiasciati nel crocicchio della speranza, della voluttà, della vita, dell’amore. La solitudine dell’uomo, intimissima, è invocazione verso un prossimo spesso refrattario, sordo all’accorato richiamo dell’autore; e in questa patologia dell’animo c’è una fede che non ha niente di mistico, ma raccoglie ardori e desideri inconfessati di giustizia, di vita… Aldo Gerbino
Partitico (PA) 1997, Presentazione “Spiragghi di lustru” a Villa Soresi (da Sx: St. Lo Cicero, L.Rizzo Del Bosco, G. Cannizzo, G. Cappuzzo, T. Romano)
Palermo 1998, Villa Canepa De Franchis a Mondello - St. Lo Cicero recita una poesia dedicata a Rita in occasione del suo compleanno (da sx: R. Canepa, M. De Franchis, C. Chinnici, St. Lo Cicero)
Palermo 1996, Presentazione “Spiragghi di lustru” - Teatro Don Bosco Ranchibile (da sx: T. Romano, P. Mazzamuto, A. Inserra, B. Scrimizzi, St. Lo Cicero)
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…In molti versi di Lo Cicero appare, esplicita o implicita, la domanda fondamentale del significato della nostra vita. Mi preme qui evidenziare quanto mi abbia intricato il constatare che nella sua poesia il punto interrogativo delle domande estreme che la vita gli pone ad ogni svolta sia la costante della sua poetica che, in vari tratti, tocca i vertici della ricerca metafisica… Nino Muccioli
Rapsodie dell’anima
…Tutte le sue espressioni d’arte: pittura, grafica, scultura, poesia sono contrassegnate da una evidente omogeneità essenziale. … …La riflessione è, in lui, sempre condotta con partecipata sensibilità, regolata da un vigile controllo che la salva da ogni eccesso, la rende agevolmente accessibile e fa meritare ancora oggi al poeta e all’uomo quella qualifica di “mediatore delle dialettiche più disparate” che gli assegnò alcuni anni fa Aldo Gerbino nella prefazione al libro “Riflessioni”… Nino De Rosalia
Marineo (PA) 1999, 25° Premio di Poesia Internazionale “Città di Marineo”
…La poesia di Lo Cicero si delinea come ricorrente ricerca di voci - in sé e fuori di sé - in una sorta di interrogazione iterata, incisiva, ostinata, proiettata in una commensurazione etica condotta dall’animo sempre attento del poeta siciliano… Giuseppe Nasillo
Palermo 2000, Palazzo Bordonaro - Conferenza Pensiero e poesia (St. Lo Cicero con M. Luisa Spaziani)
Marineo (PA) 1999, 25° Premio di Poesia Internazionale “Città di Marineo” (St. Lo Cicero a cena con Mogol e T. Romano)
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…Nella sua poesia si trova un mondo in incandescenza, direi vulcanico, per l’empito lirico che lo percorre e che rivela l’insopprimibile vena della ispirazione. Il bilinguismo delle sue raccolte non imprime toni diversi all’intensità formale che converge sulla parola sempre carica di una riflessione feconda di immagini adeguate. E, a proposito di immagini, l’emblema del poeta-artista è nel suo distico: “Genuflesso / mi innalzo”. Un distico che è come un bassorilievo dantesco in cui è “un visibile parlare” dell’uomo in preghiera. Giuseppe Cottone
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…Con la poesia di Stefano Lo Cicero la cultura siciliana ha certamente raggiunto una delle vette più alte della creatività letteraria. L’uso sapiente della lingua dell’isola pone Lo Cicero a misurarsi con i grandi e i piccoli temi dell’universo con una coscienza critica unita ad un lirismo autentico… Tommaso Romano
Palermo 1999, Villa Niscemi - Omaggio a Buttitta (da sx: Madé, St. Lo Cicero, S. Di Marco, il Sindaco S. Orlando)
Marineo (PA) 2001, Premio di Poesia Internazionale “Città di Marineo” (St. Lo Cicero insieme a Leo Gullotta)
Palermo 2000, Centro Culturale “Leoni” (da sx: G. Chinnici, St. Lo Cicero, T. Romano, B. Scrimizi, N. Aquila)
Palermo 2000, Castello Bordonaro - Conferenza Arte e Luce (St. Lo Cicero, con Edoardo Sanguineti)
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…Il ritmo lirico di Stefano Lo Cicero è decisamente simbolico e metaforico sino agli estremi di un ermetismo sano e fecondo, perché tutto il suo paesaggio tematico, fatto di assenze, di attese e di trame esistenziali e storiche, spicca come strumento di verità e di sapienza coscienziale, ma si impone sul piano letterario per la straordinaria fluidità stilistica e per l’ottimo montaggio della struttura. Pietro Mazzamuto
Palermo 2004, Fondazione Lauro Chiazzese (St. Lo Cicero con G. Bonaviri)
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Stefano Lo Cicero Dal 1954 ad oggi
1956 – 1958 – – 1959 – – – – 1960 – – 1962 – 1963 – – 1964 – – 1965 – – – – – – 1966 – – – – – – 1967 – – – – – 1968 – – – – – – 1969 – – – – – – – 1970 – – – – – – –
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Medaglia d’argento Premio Nazionale di poesia “Federico de Maria” – Palermo Primo premio Concorso Voci e Canzoni Nuove Telestar-Alitalia – Palermo Audizione alla R.C.A. per la canzone “Dimmi chi sei?” – Roma Secondo premio Concorso Voci e Canzoni Nuove “Selespettacolo Milano” – Milano Incisioni dischi con una sua canzone – “Piccolo Teatro di Milano” – Milano Arrangiamento del maestro Nello Segurini di una sua canzone per grande orchestra – Milano Partecipazione come autore al “Festival della Canzone di Ariccia” – Ariccia (RM) Partecipazione come autore al “Festival di Soverato” – Soverato (CZ) Partecipazione come autore al concorso “Il Vulcano d’Oro” – Catania Mostra Nazionale del Piccolo Dipinto “Il Chiodo d’Oro” – Palermo Collettiva “L’arte contro la mafia” – Galleria del Banco di Sicilia – Palermo Rassegna d’Arte Contemporanea – Galleria “L’Arpione” – Vercelli Collettiva “Sicilia ‘64” – Centro Cooperazione Mediterranea – Palermo 1ª Estemporanea “Premio La Santuzza” – Palermo Personale – Galleria “La Goccia” – Palermo 4ª Mostra Regionale U.N.I.S.P.S. – Palermo Rassegna d’Arte “Il Partenone di Platino” – Assessorato al Turismo – Palermo 2ª Estemporanea “Premio La Santuzza” – Palermo Estemporanea di Pittura “Il Pittore e la Modella” – Giornale Telestar – Palermo 4ª Estemporanea Regionale di Pittura “Beato Agostino Novelli” – Termini Imerese (PA) Personale – Circolo Artistico – Villa Witaker – Palermo Personale – Galleria “L’Agave” – Parma Premio Regionale “Il paesaggio di Trabia” – Trabia (PA) Premio “Vita e Paesaggio di Bagheria” – Bagheria (PA) 1ª Rassegna Regionale di Pittura “Il Papiro” – Siracusa 5ª Estemporanea Regionale di Pittura “Beato Agostino Novelli” – Termini Imerese (PA) Personale – Galleria “Chardin” – Zurigo (CH) Estemporanea Regionale di Pittura “Lido Sporting” – Altavilla Milicia (PA) Rassegna d’Arte Contemporanea – Galleria “Lo Sparviero” – Genova Mostra del Piccolo Dipinto – Galleria “Il Cenacolo” – Palermo 6ª Estemporanea Regionale di Pittura “Beato Agostino Novelli” – Termini Imerese (PA) Collettiva – Circolo Artistico – Messina Personale – Galleria “Dante” – Palermo Collettiva – “Premio Estate” – Rimini (FO) Estemporanea Nazionale “Il Paesaggio di Termini” – Termini Imerese (PA) 4ª Biennale Nazionale “Amedeo Modigliani” – Napoli Mostra Nazionale d’Arte figurativa A.S.L.A. – Palermo Personale – Galleria “L’Incontro” – Trieste 1ª Mostra Nazionale d’Arte Contemporanea Ricasoli ’69 – Galleria “La Sfera” – Palermo Mostra d’Arte Contemporanea – Milazzo (ME) Rassegna d’Arte Contemporanea – Pavia Concorso “Il paesaggio di S. Margherita Ligure” – E.T.A.S. – S. Margherita Ligure (GE) Mostra Internazionale di Arti Plastiche e Figurative – Varese Premio “Città di Prizzi” – A.S.L.A. e Hippana – Prizzi (PA) Personale – Galleria “La Tela” – Palermo Collettiva – “Bottega S. Ambroeus” – Milano 2ª Mostra Nazionale d’Arte Contemporanea “Ricasoliana” – Galleria “La Sfera” – Palermo Concorso Regionale di Pittura Estemporanea “Sferracavallo” – Palermo 3ª Mostra Nazionale d’Arte Figurativa A.S.L.A. – Palermo 1ª Concorso Nazionale “Antonello d’Oro” – Messina 2ª Concorso Internazionale “Premio Vesuvio” – Napoli
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– 1971 – – – – – – – – – – – – – – 1972 – – – – – – – – – 1973 – – – – – – – – – – – – – – – – – – 1974 – – – – – – – – – – – – – – – – – –
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Mostra Nazionale d’Arte Contemporanea “Premio 1ª Salerniana” – Erice (TP) Personale – Centro d’Arte “Lo Scoglio” – Palermo 1ª Rassegna Regionale d’Arte Sacra – Siracusa Concorso Regionale “Premio Corleone” – Corleone (PA) Concorso Nazionale di Pittura Estemporanea – Termini Imerese (PA) Premio di Pittura “Il Cavalletto” – Centro d’Arte “Il Cavalletto” – Palermo Rassegna Internazionale Castello Visconteo – Pavia Personale – Hotel Approdo di Ulisse – Favignana (TP) Concorso Nazionale di Pittura Estemporanea – Mazara del Vallo (TP) Concorso Nazionale di Pittura Estemporanea “Sferracavallo” – Palermo Concorso di Pittura Estemporanea – Hotel Costa dei Saraceni – Capaci (PA) 3ª Rassegna Nazionale “Sant’Ambroeus” – Milano Rassegna Internazionale “Castello Visconteo” – Pavia Personale – “Club Magistrale” – Palermo Personale – Centro d’arte “Lo Scoglio” – Palermo Personale – “Palazzo Corvaja” – Taormina (ME) Collettiva – Centro di Cultura “Il Pennello” – Palermo Mostra Nazionale d’Arte Contemporanea “Premio 3ª Salerniana” – Erice (TP) Personale – Club Nautico “Le Rocce” – Palermo Concorso Nazionale di Pittura Estemporanea – Cinisi (PA) Biennale Internazionale di Pittura Murale – Ustica (PA) Collettiva di Pittura – Circolo della Stampa – Palermo Rassegna Nazionale del Miniquadro “Conca d’Oro” – Monreale (PA) Collettiva – Due pittori al Centro d’arte “Lo Scoglio” – Palermo Personale – “Centro Ricerche Estetiche” – Catania Personale – Galleria “Modern Art Center” – Palermo Rassegna del Miniquadro – Termini Imerese (PA) Collettiva – “Palazzo Corvaja” – Taormina (ME) Rassegna d’Arte Contemporanea – Roma Concorso Internazionale di Pittura Estemporanea – Marineo (PA) Incontro d’Arte 1973 – Monreale (PA) Concorso di Pittura Estemporanea – Corleone (PA) Personale – Hotel “Città del Mare” – Terrasini (PA) 6ª Mostra Nazionale d’Arte Figurativa – Palermo Artisti Contemporanei – Galleria d’Arte “Il Pentagono” – Trapani Premio “Da Icaro allo Skilab” – Zingonia (BG) Artisti alla Ribalta – Biblioteca Comunale – Varese Premio Internazionale di Pittura “Claudio Guidali” – Cernusco sul Naviglio – Milano Rassegna di Pittura “Accademia Modigliani” – Milano Personale – Galleria “L’Acquaragia” – Palermo Collettiva – Centro d’Arte “Elba” – Palermo Personale – Centro d’arte “Lo Scoglio” – Palermo Collettiva di Pittura e Scultura – Galleria “La Ghibellina” – Firenze Personale – Palazzo di Città – Corleone (PA) Personale – Galleria d’Arte Moderna “Alba” – Ferrara Collettiva – Galleria “Il Capitello” – Palermo Sagra del Miniquadro – Galleria “L’Acquaragia” – Palermo Collettiva – Galleria d’Arte Moderna “Alba” – Ferrara Premio Nazionale di Pittura SIARCA – Milano Premio Regionale di Pittura Estemporanea “Convento dei Cappuccini” – Palermo Biennale Internazionale di Pittura Murale – Ustica (PA) Personale – Hotel “Città del Mare” – Terrasini (PA) Personale – Centro d’Arte “Lo Scoglio” – Palermo Personale – Galleria “La Ghibellina” – Firenze Collettiva “Il Tamburello d’Autore” – Galleria d’Arte “La Persiana” – Palermo Premio Internazionale “Il Pavone d’oro” – Milano Premio “Sant’Ambroeus” – Milano Premio “Enrico De Nicola” – S. Felice Circeo (LT) Premio Internazionale di Pittura “Leonardo” – Pavia Pittori Contemporanei – “Galleria Dante” – Palermo
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– Personale – Centro d’arte “Lo Scoglio” – Palermo 1975 – Personale – “Centre de La Haie” – Cholet (F) – XXV Rassegna “G.B. Salvi” – “Piccola Europa” – Sassoferrato (AN) – Quattro Artisti a Terrasini – Biblioteca Comunale – Terrasini (PA) – Concorso “Italia 2000” – Napoli – Premio “Marc’Aurelio” – Roma – Aspetti d’Arte Contemporanea – Galleria “I Dioscuri” – Agrigento – 1ª Mostra di Arti Plastiche e Figurative – Santa Flavia (PA) – Rassegna Internazionale “Museo D’Arte Moderna” – La Paz (Bolivia) – Mostra Nazionale d’Arte Contemporanea “Premio 6ª Salerniana” – Erice (TP) – Premio A.D.V.S. di Pittura e Scultura – Palermo – Salon International de l’Art Libre – Paris (F) – 1ª Rassegna Nazionale d’Arte “Il Papiro” – Siracusa – Mostra Premio Galleria “La Roggia” – Pordenone – Premio Nazionale S. Croce – Galleria “Il Cenacolo” – Firenze – Concorso Regionale “Arte e Folklore di Sicilia” – Palermo – Personale – Centro d’arte “Lo Scoglio” – Palermo 1976 – Pubblicazione liriche “Riflessioni” – Editrice Alba – Ferrara – Personale – “Bibliothèque Municipale” – Saumur (F) – Presentazione liriche edite “Riflessioni” – Circolo della Stampa – Palermo – Personale – Centro d’Arte “L’Officina” – Agrigento – 2ª Rassegna Nazionale d’Arte “Il Papiro” – Siracusa – Personale – Hotel “Azzolini” – Villagrazia di Carini (PA) – Personale – Hotel “Zagarella & Sea Palace” – Santa Flavia (PA) – Biennale Internazionale di Pittura Murale – Ustica (PA) – 2ª Edizione Arti Figurative “Il Marzocco” – Firenze – Salon des arts – Prix Fernand Dupré “Salon de l’Art Libre” – Cholet (F) – Personale – Galleria “Il Cancello” – Agrigento – Recital di poesie da “Riflessioni” Circolo della Stampa – Palermo – Collettiva – “Casa della cultura” – Oruro (Bolivia) – Personale – Centro d’arte “Lo Scoglio” – Palermo 1977 – Collettiva – Club Nautico “Le Rocce” – Palermo – Personale – Hotel “Kafara” – Sant’Elia (PA) – Personale – Hotel “Zagarella & Sea Palace” – Santa Flavia (PA) – Recital di poesie da “Riflessioni” Circolo della Stampa – Palermo – Personale – Galerie “La Crémaillière” – St.Léger-sous-Cholet (F) – Rassegna Internazionale di Pittura “Il Cardillo d’oro” – Termini Imerese (PA) – Personale – Centro d’Arte “Lo Scoglio” – Palermo 1978 – Personale – “Centro d’Arte 13” – Termini Imerese (PA) – Rassegna Internazionale del Miniquadro – “Centro d’Arte 13” – Termini Imerese (PA) – Mostra Nazionale d’Arte Lions Club – Arengario del Comune di Milano – Milano – Personale – Ente Turismo Arte e Sport – Monreale (PA) – Presentazione liriche “Riflessioni” Accademia Siculo-Normanna – Monreale (PA) – Personale – Galleria “M.A.T.E.P.” – Torino – Personale – Hotel “Zagarella & Sea Palace” – Santa Flavia (PA) – Mostra Nazionale d’Arte Contemporanea “Premio 9ª Salerniana” – Erice (TP) – Collettiva – “Centro Studi Leonardo da Vinci” – Palermo – Premio Letterario Internazionale “Il Quadrifoglio” per la silloge “Riflessioni” – Roma – Personale – Centro d’Arte “Lo Scoglio” – Palermo 1979 – Collettiva – Accademia Siculo-Normanna – Monreale (PA) – Personale – Galerie “Agora” – Köln (D) – Personale – Hotel d’Anjou – Angers (F) – Personale – Galleria “Bar Centrale” – Viterbo – Personale – Hotel “Zagarella & Sea Palace” – Santa Flavia (PA) – Realizzazione cartella di tre acqueforti-tinte per la Editrice Due Torri – Bologna – Art Galery Landing Place – New York (USA) – Collettiva Itinerante in Sicilia “L’Uomo, il Sacro, l’Arte” – Centro Studi “Due Torri” – Bologna – Premio “ La vite e il vino” – Fiera del Mediterraneo – Palermo 1980 – Personale – Galleria “Karstad” – Köln (D) – Realizzazione serigrafia per gli Archivi della Serigrafia Italiana – Edizioni Bugatti – Ancona
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– – 1981 – – 1982 – – – 1983 – – – 1984 – – 1985 – – 1986 – – – – 1987 – – – 1988 – – 1989 – – – – 1990 – – 1992 – – 1993 – – 1995 – – 1996 – – – – 1997 – – – 1998 – – 1999 – – 2000 – 2001 – – 2002 – – 2003 – 2003 –
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Personale – Galerie “Jean Michel Lédoux” – La Rochelle (F) Prix “Moulin Rouge” – Paris (F) Personale – Centro d’arte “Lo Scoglio” – Palermo Realizzazione cartella incisioni “Volti di Sicilia” per la Galleria “Karstad” – Köln (D) Personale – Hotel “Le Skilt” – Les Menuires (F) Personale – Chambre de Commerce Italienne de Paris – Paris (F) Collettiva – “Premio Torretta” – Torretta (PA) Personale – Centro d’arte “Lo Scoglio” – Palermo Biennale Internazionale della Critica - Roma Personale – “5 Presenze” – Biblioteca Comunale – Acquaviva Platani (CL) Collettiva – “Sicilia Ombra e Luce” – Bagheria (PA) Personale – Galerie “Berri” – Paris (F) Premio Nazionale di Pittura – Campobello di Mazara (TP) Personale – Centro d’arte “Lo Scoglio” – Palermo Personale – Galerie “Bernard Felli” – Nizza (F) Rassegna d’arte contemporanea “Dall’aratro al computer” – Palermo Rassegna d’arte Museo Ornitologico Villa Malfitano – Palermo Collettiva – “Premio Torretta” – Torretta (PA) Salon des arts – Prix Fernand Dupré “Salon de l’Art Libre” – Cholet (F) Premio Nazionale di Pittura e Scultura “Italart” – Milano Premio Campobello di Mazara – Campobello di Mazara (TP) Personale – Galerie “Salammbo” – Paris (F) Mostra Nazionale “Alkart” – Alcamo (TP) IV Rassegna “Una città d’arte” – Capo d’Orlando (ME) Salon des arts – Prix Fernand Dupré “Salon de l’Art Libre” – Cholet (F) Personale – “Bibliothèque Municipale” – Nantes (F) Collettiva – Galleria La Ciambrina “Gala del Miniquadro” – Monreale (PA) Rassegna “Expo Arte” – Bari Rassegna “Quadriennale d’arte” – Roma Personale – Galleria “Mond’arte” – Livorno Personale – Galerie “Kaufmann” – Düsseldorf (D) Personale – Galleria “Nuovo Vertice” – Brescia Segnalazione al Premio Internazionale“Città di Marineo” poesia inedita dialetto – Marineo (PA) Personale – Galleria “Il Girasole” – Genova Rassegna Nazionale d’arte – Alcamo (TP) Personale – Galerie “Eigen Art” – München (D) Pubblicazione liriche “Spiragghi di lustru” – Ediz. Ila Palma – Palermo Presentazione liriche edite “Spiragghi di lustru” – Don Bosco Ranchibile – Palermo 2° Premio Internazionale “Città di Marineo” per la poesia siciliana edita – Marineo (PA) Personale – Galleria “Sistina” – Arezzo Presentazione liriche edite “Spiragghi di lustru” – Villa Soresi – Partinico (PA) Personale – Biblioteca Comunale – Partinico (PA) Personale – Galerie “Art und Harmonie” – Frankfurt (D) Recital di poesie da “Spiragghi di lustru” – Circolo Leoni – Palermo Pubblicazione liriche “Cuda di Dragu” – Ediz. Thule – Palermo 1° Premio Internazionale “Città di Marineo” per la poesia siciliana edita – Marineo (PA) Premio Nazionale Liolà – Palermo Rassegna Internazionale d’Arte – Monterosso Calabro (CZ) Recital di poesie da “Cuda di Dragu” – Circolo Leoni – Palermo Premio Michelangelo – Milano Premio Azurenne – Montecarlo (F) Rassegna Internazionale d’Arte – Monterosso Calabro (CZ) Vernice Art-Fair – ForlìFiera 2003 – Forlì
Rapsodie dell’anima
Stefano Lo Cicero Bibliografia
Quotidiani e periodici ADVS Panorama, Palermo – 1974-75 Avvisatore, Palermo – 1974-75-76 Club Magistrale, Palermo – 1971-72 Controcampo, Torino – 1978 Cosmo 2000, Roma – 1975-76 Critica Europea, Ancona – 1969 Frankfurter Allgemeine, Frankfurt (D) – 1992 Giornale di Sicilia, Palermo – 1970-74-76 Il Cormorano, Palermo – 1970 Il Faro, Trapani – 1974 Il Miliardo, Avenza-Carrara (MS) – 1974-77-81 Il Narciso, Torino – 1976 Il Nuovo Rocciamelone, Torino – 1978 Il Poliedro, Roma – 1979-82 Il Pungolo Verde, Campobasso – 1976-80 Il Temerario, Roma – 1974-75 Il Tratturo, Roma – 1976 Italia Artistica, Brescia – 1973 Italia Turistica, Padova – 1973-76 Kölner Sadt-unzeiger, Köln (D) –1979 Kölnische Rundschau, Köln (D) – 1979 La Gazzetta delle Arti, Venezia – 1972 La Gazzetta del Popolo, Torino – 1978 La Gazzetta di Ferrara, Ferrara – 1974 La Nazione, Firenze – 1974-76 La Nouvelle République, Tours (F) – 1976-79 La Revue Moderne, Paris (F) – 1973-74-76-79 La Ribalta Artistica, Piacenza – 1969-73 La Sicilia, Catania – 1973 La Sonda, Sora (FR) – 1973 La Stanza Letteraria, Roma – 1978 La Vernice di Venezia, Venezia – 1970 La Voce di Caccamo, Caccamo (PA) – 1978 Le Courrier de Cholet, Cholet (F) – 1975 Le Figaro, Paris (F) – 1976 Le journal de Cholet, Cholet (F) – 1975 Leonardo’s Magazine, Pavia – 1975 L’Ora, Palermo – 1965-71-73-76 L’Unità, Roma – 1980 Michelangelo, Firenze – 1974 Mondo Cattolico, Torino – 1978 Münchner Merkur, München (D) – 1996 Nuova Azione, Termini Imerese (PA) – 1977 Nuovi Orizzonti, Napoli – 1974 Paese Sera, Roma – 1974 Palladium, Corleone (PA) – 1974-97 Pan Art, Firenze – 1979 Palermo Sette, Palermo – 1972 Palermo Sport, Palermo – 1970-75-76
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Panorama du Medecin, Paris (F) – 1982 Pensiero e Arte, Bari – 1970 Politik und Kultur, Düsseldorf (D) – 1992 Quaderni ASLA, Palermo – 1971 Revue France-Italie, Paris (F) – 1982 Sicilia Flash, Palermo – 1973 Telestar, Palermo – 1965-66 Voce di Ferrara, Ferrara – 1974-76-79
Edizioni d’arte Annuario Comanducci – Ediz Patuzzi – Milano 1975-76-77 Annuario Edizioni Gabrielli – Roma 1975 Antologia Pittori e Scultori A.C.A. – Milano 2002 Archivio Storico Italiano – Ediz. AAPP – Napoli 1973 Arte Agenda – Ediz. Bugatti – Ancona 1974 Arte Italiana Contemporanea – Ediz. La Ginestra – Firenze 1972 Arte Italiana dal 900 ad Oggi – Ediz. L’altro Modo di Volare – Napoli 1999 Arte Italiana per il Mondo – Ediz. CELIT – Torino 1978 Aspetti della Pittura e della Scultura Italiana – Ediz. Valentini – Novara 1974 Artisti Contemporanei di Sicilia – Ediz, La Tela – Palermo 1976 Artisti dei Nostri Giorni – Ediz Nuova Europa – Firenze 1975 Artisti J.D.L.R – Ediz. Contemporary Svizzera – 1984 Artisti Siciliani Contemporanei – Edizioni Scirocco – Palermo 2004 Atlante Italiano dell’Arte – Carello Editore – Catanzaro 2002 Catalogo Nazionale d’Arte n.9 – Ediz. Bolaffi – Torino 1978 Critica d’Arte Oggi – Ediz. Il Centauro – La Spezia 1972 Dizionario Biografico dei Meridionali – Ediz. IGEI – Napoli 1973 Dizionario dei Pittori e Poeti – Ediz. La Nuova Europa – Firenze 1975 Dizionario Enciclopedico Internazionale – Ediz. Alba – Ferrara 2001-02-03 Dizionario Internazionale Artisti Contemporanei – Ediz. Nazionale – Torino 1973 Enciclopedia d’Arte Internazionale – Ediz. Valentini – Novara 1974 Enciclopedia d’Arte nel XX Secolo – Ediz Due Torri – Bologna 1978 Enciclopedia Nazionale degli Artisti Italiani – Ediz. Bugatti – Ancona 1976 Enciclopedia Scultura e Pittura Italiana – Ediz. Del Garda – Brescia 1975 Guida all’Arte Contemporanea – Ediz. Bugatti – Ancona 1974-75 Il Golia – Annuario Artisti Segnalati Selezionati – Milano 1976-77 Il Pavone d’Oro – Ediz. Il Pavone – Milano 1974 Il Triangolo – Ediz. Italo-Svizzere – Besozzo (VA) 1973-74 Incontri d’Arte – Ediz. Sabaini – Milano 1975-80 I Pittori del Sant’Ambroeus – Milano 1971 Italia 2000 – Ediz. Vanvitelli – Napoli 1974-75 La Pittura, la Scultura e la Grafica in Italia – Ediz.L’Altro Modo di Volare – Napoli 1998 L’Elite – Ediz. Perdicaro – Varese 1976 Linea Figurativa – Ediz. Bugatti – Ancona 1972-73 Mercato Artistico 800-900 – Ediz. Nazionale – Torino 1975 Mercato dell’Arte Contemporanea – Ediz. Conti – Napoli 1974 Panorama d’Arte – Ediz. Magalini – Brescia 1974 Panorama d’Arte Contemporanea – Ediz La Bitta – Milano 1977 Pittori e Pittura Contemporanea – Ediz. Il Quadrato – Milano 1974-76-2003 Pittori e Scultori Contemporanei – Ediz. Cidac – Cesena (FO) 1978 Pittori e Scultori Contemporanei – Ediz. Il Centauro – La Spezia 1975 Pittori e Scultori Italiani – Ediz. Zingonia – Milano 1973 Pittura e Poesia Contemporanea – Editorarte – Roma 1972 Pittura e Scultura d’Oggi – Ediz. Panepinto – La Spezia 1976 Selezione Arte Italiana – Ediz. L’Elite – Varese 2001 Sicilia Arte Oggi – Ediz. Terrasanta – Palermo 1996 Selezione Maestri Contemporanei – Ediz. Centro Studi Arte – Roma 1975 Top Art – Catalogo Nazionale dell’Arte Contemporanea – Ediz. Massacesi – Osimo (AN) – 1994-97
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Hanno scritto di lui
Silvestro Altamura Pietro Amato Gerard Angelier Paul Baggio Piero Bargellini Ugo Alvaro Bazan Maria Poma Basile Rino Boccaccini Giuseppe Bonaviri Gastone Breddo Gesualdo Bufalino Antonio Caggiano Michele Calabrese Maurizio Calvesi Giovanni Cappuzzo Mons. Carlo Carbone Francesco Carbone Laura Carli Renée Carvalho Carlo Castronovo Renato Civello Giuseppe Cottone Nicolò D’Alessandro Achille Dall’Aglio Carlo Alberto D’Elia Nino De Rosalia Guy Dubois Frédéric Dufour Gérard Etienne Enzo Fabiani Piergiorgio Fabiani Giorgio Falossi Jürgen Fleck Jacques Foucher Melo Freni Lorella Gauli Bernard Gauthron Geo Aldo Gerbino Pino Giacopelli Charles Gilbert Franco Grasso Massimo Grillandi Renato Guttuso Pasquale Hamel Hector Alfio Inserra Johan Köre
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Sebastian Kreis Giuseppe Lembo Nino Leporati Mario Lepore Piero Longo Louis Mandosse Valeria Mariani Guido Massarelli Pietro Mazzamuto Michelangelo Mazzeo Elio Mercuri Gino Merighi Maurice Milet Gaspare Miraglia Angelo Mistrangelo Nino Muccioli Giuseppe Nasillo Salvatore Orilia Ruggero Orlando Maïthé Menard Portugal Angelina Prati Edoardo Rebulla Lilli Rizzo Del Bosco Annamaria Robberto Nicola Romano Tommaso Romano Albano Rossi Turi Rubino Günther Schmid Giuseppe Selvaggi Giuseppe Servello Luigi Servolini Paolo Sfogli Enzo Siciliano Franco Solmi Liliana Soresi Franco Spena Aldo Spinardi Carmelo Strano Luigi Tallarico Orazio Trani Alessio Truden Agostino Vazzana Giovanni Viarengo Giuseppe Virgadamo Ugo Zanasi Ugo Zingales Lucio Zinna
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Indice
PRESENTAZIONI: Pittore, scultore, poeta di On Salvatore Cuffaro Una dimensione espressiva “universale” di On. Guido Lo Porto Caleidoscopio di emozioni di On. Francesco Musotto L’artista si presenta Biografia di Lilli Rizzo Del Bosco
Pag. 5 7 9 12 15
INTRODUZIONI: Il sogno immemorabile Di Elio Mercuri Vitalismo dell’immagine “altra” di Renato Civello Tra reviviscenza e prodigio di Pietro Mazzamuto
27 29 31
PITTURA - INTERVENTI CRITICI: Tra grazia e peccato di Pino Giacopelli Mistero poetico di Giuseppe Selvaggi Tra realismo e surrealismo di Giorgio Falossi Tra immagini e cromie (immagini e stralci di critica) L’eterno femminino (immagini e stralci di critica)
35 37 39 41 65
SCULTURA - INTERVENTI CRITICI: La sede dell’essere di Luigi Tallarico Il teatro delle meraviglie di Franco Spena Assonanze plastiche di Pino Giacopelli Ethos e pathos dell’universo femminile di Gino Merighi Essenzialità gestuale di Giorgio Falossi Alchimie di forme (immagini e stralci di critica) Cromostrutture
99 101 103 105 107 109 144
POESIA - INTERVENTO CRITICO: Artista poliedrico di Alfio Inserra Poesie e disegni Stralci di critica e fotografie
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Attività artistica dal 1954 ad oggi Bibliografia Hanno scritto di lui
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Finito di stampare nel mese di Febbraio 2005 presso le Officine Tipografiche Aiello & Provenzano Bagheria (Palermo)