Regione Siciliana Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Idendità Siciliana MARAG - Museo Archeologico Regionale di Agrigento
MORFOLOGIE DEL MITO STEFANO LO CICERO metalli - marmi a cura di
Giuseppe Cipolla
Edizioni Lussografica 2014
Regione Siciliana Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Dipartimento Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana MARAG -Museo Archeologico Regionale “Pietro Griffo” di Agrigento Catalogo della mostra Morfologie del mito Stefano Lo Cicero. Metalli-marmi Agrigento, MARAG - Museo Archeologico Regionale “Pietro Griffo”, Sala Lizzi, Ex Chiesa di San Nicola 12 dicembre 2014 - 18 gennaio 2015 Coordinamento generale Gabriella Costantino Comitato scientifico Gabriella Costantino, Giuseppe Cipolla, Stefano Lo Cicero, Lilli Rizzo del Bosco Allestimento espositivo Tommaso Guagliardo Progetto grafico Giuseppe Cipolla Testo critico Giuseppe Cipolla Realizzazione editoriale Lussografica editrice, Caltanissetta Ringraziamenti Agostino Fazio, Angela Orlando, Liborio Salamone, Donatella Mangione, Anna Montana Lampo, Lilli Franco e tutto il personale di custodia del museo
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presentazione In occasione delle festività natalizie, anche quest’anno il Museo Archeologico Regionale “P. Griffo” di Agrigento presenta al pubblico un variegato programma di iniziative culturali con una serie di eventi dedicati a concerti di musica classica e mostre d’arte contemporanea, queste ultime spesso rivolte a tematiche afferenti anche alla dimensione antica delle collezioni del museo, permettendo cosi di incentivare percorsi didattico-museali che sappiano far dialogare il mondo antico con le espressioni artistiche del Novecento. A tal riguardo nasce l’idea di ospitare presso i suggestivi spazi della Sala Lizzi, già coro della Chiesa di San Nicola, la mostra di Stefano Lo Cicero: Morfologie del Mito - metalli e marmi, curata da Giuseppe Cipolla, storico dell’arte e docente a contratto presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo. Il tema della mostra è il mito in Sicilia, che assume nella ricerca artistica di Lo Cicero una dimensione magica e accattivante. Infatti, il suo linguaggio sperimentale, di matrice figurativa, ma teso verso l’astrazione informale pone un interessante passaggio stilistico che assume le sembianze appunto di una metamorfosi che è insieme linguistica e contenutistica. Si tratta, infatti, di opere caratterizzate dalla rappresentazione di figure mitologiche, dalle sembianze umane viste da una prospettiva poliedrica, dove il punto di vista muta continuamente, donando così allo spettatore i molteplici volti del mito. Sono appunto le morfologie della rappresentazione, volti sofferenti che incarnano i significati mutevoli dei “miti” che hanno caratterizzato la storia di questa terra. Dai miti mesopotamici a quelli greci e fenici, ai miti arabo-normanni e poi legati alle dominazioni successive, i segni dell’uomo mantengono i gesti, di vittoria e di sconfitta, ma mutano le forme e le espressioni, così come attestano appunto le sculture di Lo Cicero. In mostra circa quaranta opere realizzate in metallo e marmo. Filo conduttore, il rapporto intimo dell’artista con la materia prima della sua creatività (già di per se semanticamente legata al mito), che dà spessore e forma a sentimenti ed emozioni altrimenti ineffabili. Nascono così le piccole sculture metalliche firmati da Lo Cicero, con titoli come Demetra, Prometeo e Pandora, Dioniso, Ade, Icaro, Apollo e Dafne, Aracne, Pigmalione, Leda e il cigno. Tutti temi e varianti del continuo divenire della realtà dalla materia all’uomo e dalla storia al mito. Un’occasione e un momento di grande valore interdisciplinare orientato a far recepire al pubblico i legami tra l’antico e il moderno nell’identità culturale siciliana, ponendo l’accento su quei valori universali che solo l’arte e, in questo caso, la scultura può assolvere mediante forme, volumi e temi iconografici legati alla classicità. In continuità con l’attività espositiva del Museo, che negli ultimi anni ha volutamente sondato quell’area del Secondo Novecento siciliano poco nota, come nel caso delle mostre di Salvatore Cipolla e Leonardo Fisco nel 2010, la scelta di omaggiare Stefano Lo Cicero, poliedrico artista palermitano, rappresenta un proseguimento di tale ricerca in questo ambito che potremmo definire, nell’ottica di una visione storicizzabile, non tanto “Arte contemporanea” quanto un “Terzo Novecento” ancora da scoprire.
Gabriella Costantino Direttrice del Museo Archeologico Regionale “Pietro Griffo” di Agrigento 5
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morfologie del mito la scultura di stefano lo cicero: ipotesi per un “terzo” novecento in sicilia Quale abisso, si potrebbe osservare, tra la nostra epoca ipertecnologica e tecnocratica e la civiltà classica, lirica e mitologica! Eppure tale distanza, temporale e culturale, è oggi minore di quanto si possa immaginare1. In realtà anche la nostra età è profondamente costruttrice di miti: certo diversi dalle antiche cosmogonie, ma non per questo meno inclini ad ascrivere a sé valore assoluto, di portata universale. Anzi, molti sembrano per soli iniziati alle scienze mediatiche della comunicazione, dei social network, delle nanotecnologie impiegate a tutti i settori della quotidianità, impegnate all’unisono nella costruzione del grande mito dell’era tecnologica2. Si ha l’impressione che dalle scienze moderne stia sorgendo un nuovo pensiero esoterico, inevitabilmente legato al culto delle “icone”, dell’“imago” multimediale e delle immagini virtuali e delle nuove percezioni sensoriali affidate alla video-arte e alle nuove forme di espressione artistico-tecnologica3. D’altronde, nell’antichità cosi come nella nostra età, ogni contatto con il sovrannaturale, con il “fantasmico” – direbbe Savinio – ha origine inevitabilmente nella vita quotidiana: il “tetro” quale quarta 7
Sicilia: amore e sogno, 1998 - marmo botticino, h. cm 200, recto/verso (non in mostra) 8
dimensione della realtà sensoriale, che in fondo altro non è che il concetto metafisico per antonomasia4. Il XX secolo è stato il periodo nel quale le tecniche artistiche hanno subito uno sconvolgimento senza precedenti: proprio alle varianti innovative delle tecniche tradizionali va ascritta la maggiore difficoltà ad accettare in quanto arte molte opere del Novecento. Il pubblico è stato abituato da alcuni secoli a considerare «arte» solo ciò che veniva elaborato all’interno di procedimenti canonici. Accanto alla perizia nel disegno, nella stesura del colore e del modellato, quindi, sono sorte serie altre competenze richieste all’artista: la consapevolezza dello spazio e del modo in cui intervenirvi, la capacità di accordare in una composizione materiali tratti dal mondo di ogni giorno, la necessità di essere “registi”, o “architetti” della struttura concettuale dell’opera, più che suoi meri esecutori. Anche nell’arte, come nella musica o nell’architettura, non
potevano che nascere tecniche adatte a mostrare una concezione transitoria del vivere, del sapere e quindi anche del fare: anche per questo, secondo un’espressione del critico Harold Rosenberg, l’arte è andata progressivamente verso una sua s-definizione. Tuttavia, con enorme sorpresa, all’occhio acuto di chi sa decifrare i codici del linguaggio visivo, ciclicamente nella storia della critica d’arte avviene di accorgersi che da lontano l’uomo moderno si riavvicini all’uomo antico, scopra di avere molto in comune con lui, anche se stretto nella morsa mortale del pericolo di una auto-dissoluzione tecnologica. Non fa allora meraviglia che si cerchi presso gli antichi una via esemplare, un modello da assumere per cambiare il mondo nel segno del “mito”. E ciò perché gli antichi seppero credere e realizzare alcuni ideali morali e sociali, rimasti validi ed ancora oggi credibili. L’uomo moderno si incontra con l’uomo antico e spera di essere illuminato: non lo interroga su un particolare aspetto 9
della sua vita, ma esige che la sua risposta abbia un valore universale che investa il pensiero e la religione, l’arte e la vita, insomma che offra una concreta e generale visione del mondo. Chiunque si accosti ai racconti mitici dell’età classica o latina o di altre culture sa che non può considerare quei racconti come avulsi dalla specifica cultura in cui sono nati. In effetti essi sono legati al pensiero filosofico e scientifico, religioso e artistico, ne rappresentano, per cosi dire, la sintesi dinamica: un qualcosa che appartiene a tutti, che è alla portata di tutti, che è comune patrimonio tradizionale, in cui tutti – ciascuno secondo il proprio livello di cognizioni e di sensibilità – possono riconoscere se stessi, la propria origine, il fondamento del vivere politico e sociale. Tutto ciò è valido anche con i miti moderni e più attuali. In quanto il mito, di per sé, mantiene queste costanti “strutturali” a prescindere dall’epoca in cui nascono, affidando alla loro decodificazione simbolica il messaggio culturale e poetico insito nella loro manifestazione visivonarrativa. Spesso nel Novecento gli artisti hanno interpretato il fascino universale del mito. Alcuni, più di altri, hanno sentito particolarmente l’esigenza di questo ritorno alle radici dell’arte occidentale5. Questo preambolo appare imprescindibile per volgere lo sguardo all’opera di un artista come Stefano Lo Cicero, che del mito, e degli “eterni miti” che continuamente si riverberano nella nostra contemporaneità, ha condensato i messaggi più nascosti e celati in forme simboliche colte nella materia incandescente, il metallo, e nella materia primordiale, la pietra6. Ma prima di addentrarsi nel tema precipuo delle sue opere e della 10
sua produzione, preme innanzitutto entrare nel solco del personaggio, ripercorrendone le radici culturali e la posizione nel complesso sistema dell’arte contemporanea. E ciò assume maggiore rilevanza quando si tratta di artisti siciliani. Stefano Lo Cicero è innanzi tutto un uomo semplice; uno di quegli uomini che è molto raro oggi incontrare, e poi tra gli artisti. Avaro di parole e di gesti, la sua intensa vita interiore egli non rivela nella «confessione» spesso frenetica e tediosa, ma piuttosto in un cordiale silenzio: e la fisica malinconia propria al siciliano in questo silenzio addolcisce e si anima di nitide immagini. Gli ci vuole gagliarda semplicità, ad un artista, e veramente aureo silenzio, per cogliere forme così dure. Tra le “camorre” e le usure che con parassitario rigoglio vegetano sull’arte contemporanea, quasi riuscendo a impedirci, e a impedire agli stessi artisti, la elementare libertà e possibilità di scegliere tra la bellezza e l’orrore, questo maestro siciliano che vive e opera a Palermo ha trovato modo di non distrarsi: costantemente fiducioso nell’umana continuità della scultura, di quest’arte in cui ormai tanti si esprimono come in una lingua morta: vuota e risonante di raccapriccianti rifrazioni7. Lo Cicero, al di là delle mode e dei flussi delle postavanguardie, parla invece la lingua viva della scultura: ne inventa un ritmo, un’energia: e, al tempo stesso, una grazia crepuscolare. Crepuscolare, riferendoci ad un tono più che ad un contenuto, vorremmo dire la deformazione delle sue figure, soprattutto di quelle femminili8. Irregolarità e asimmetrie creano nei volti non sai che 11
assorta malinconia: come una dolcissima attesa, un musicale rapimento. In queste opere senza tempo, Lo Cicero riscopre la “substantia” universale del mito, che si riflette poi nelle metamorfosi continue delle immagini e dei simboli dell’uomo, e di conseguenza del pensiero9. Sono concetti che ritroviamo in modo intelligibile in questa rassegna espositiva, che accoglie ben sessanta lavori in gran parte inediti in metallo e marmo. Il tema nodale della mostra, il Mito, si articola lungo quelle che possiamo definire le “morfologie” e le varie declinazioni formali e iconiche che traspaiano dall’intensa ricerca estetica che Lo Cicero ha elaborato nella scultura a partire dalla fine degli anni Ottanta, in anni in cui le nuove tecnologie iniziavano a modificare il sistema dell’arte10, e continuando, senza sosta, fino ad oggi a portare avanti un significativo percorso creativo. Ne abbiamo immediata riprova osservando in sequenza l’evoluzione stilistica di queste opere, con più evidenza 12
Cavalcando il sogno, 2000 - marmo botticino, h. cm 200, recto/verso (non in mostra)
nei metalli, lavorati prima a caldo e poi a freddo con un contino sperimentalismo degno degli artisti alchimisti cinqueseicenteschi. Alcune hanno la dimensione di piccoli bozzetti, altre richiamano a sè l’autonomia tipica della scultura di medio formato. Sul piano stilistico si passa da un linguaggio ancora memore della cultura novecentesca siciliana più alta (Greco – Mazzullo - Messina) a un piacevole codice visivo di respiro informale che quasi ricongiunge il cerchio con la lezione rossogiacomettiana, come attestano opere come Adone del 1998 e Euridice dell’anno successivo. La ricostruzione della prospettiva estetica di Stefano Lo Cicero lascia emergere una “filosofia dell’arte” che può essere ricompresa in una teoria della percezione e dell’esperienza estetica11. Per l’artista palermitano l’opera d’arte non è che la realizzazione compiuta e oggettivata della forma estetica, il cui inizio è nell’immagine e nel mito. L’immagine, termine medio “tra l’esistenza e lo spirito”, 13
dà ragione della differenza fra un confuso sentire e la percezione che contiene in sé, come lo schema kantiano, una sua “razionalità”, un’inclinazione verso la forma, quindi verso la conoscenza o l’espressione artistica. Il mito, che Lo Cicero lega, con Vico, alla prima immagine corporea, è riaffermato nella sua valenza di imprescindibile forma simbolica, ma anche ripreso alla luce della temporalità relazionistica: si rivela così ancora funzionale, strumento orientativo per l’esistenza umana non solo sul piano conoscitivo, ma anche sul piano etico come apertura e progetto verso il futuro. Se immagine e mito, in quanto vanno al di là del nudo e immediato esistere, si pongono sul piano della trascendenza, la forma è alla base della vita dell’uomo e della natura, anch’essa portatrice di simboli. È uno degli aspetti più originali della produzione di Lo Cicero che, in parte, si fonda sull’organicismo e la necessità del ritorno alle “cose stesse” nell’orizzonte della lebenswelt12. L’arte, dovendo rappresentare “l’idea nel senso”, può essere resa solo in una determinata forma, la cui riuscita è affidata ad una raffinata padronanza dei mezzi tecnici. Tuttavia non deve essere il campo del puro gioco formale, e lasciarsi irretire dalle possibilità della tecnica, ma conservare la memoria del precategoriale. Negli autori più significativi del Novecento (Proust, Mann, Rilke, Eliot, Valéry) Lo Cicero ritrova l’eco dell’intenzionalità husserliana tesa verso un nuovo “umanismo”13. La sua ricerca poietica è tutta nella tenace elaborazione del reale, quotidiano e assoluto nell’emozione che è vissuto e prelude all’ “esegesi del pensiero” così da dare espressione alla necessità di fato 14
e di mito, di sogno dell’uomo dentro quel contributo mirabile della scultura della Sicilia, da Greco a Consagra, alle pietre laviche di Mazzullo, calco e impronta di un’attuale “luogo mitico”14. Nasce così la sua scultura, per la quale inventa un suo materiale, il marmo composto che vive di uno scambio continuo fra la materia e la luce fino a rinnovarle e a muoverle, dal volto e corpo dell’uomo, dai suoi gesti e moti le grandi fantasie cosmiche in cui un umile uomo è associato agli elementi fuoco, acqua, aria e alla materialità delle sostanze terrestri. La dimensione del volto-ritratto-maschera, poi, assume valore estetico universale. Nessun dettaglio che descrive l’individuo lascia guardare dentro la persona, racconta del suo carattere o del suo temperamento. Persona è maschera, ci insegna bene la tragedia greca. E ce lo dimostrano con sorprendente evidenza i “multi-volti” scarnificati di Lo Cicero, che sono assieme maschere e ritratti di categorie dello spirito più che didascalica rappresentazione del reale15. Egli elabora sul filo dell’immaginazione sogni situati tra la materia e la luce, crea lo spaziodimensione di forme, plasma in consistenza e presenza i sogni d’alchimista nei quali escogita sostanze, accresce luminosità, plasma i colori, provoca contrasti in cui è sempre dato scoprire la lotta degli elementi, il caos dell’origine e il cosmo del mondo. È la forza dell’amore artigianale per la materia, come nel primo Arturo Martini per la creta; per Lo Cicero pietra e metallo, in quel “gioco delle forme” che permette di dominare la vertigine, la vertigine che accade quando i valori inconsci prendono il sopravvento e l’emozione apre alla comunicabilità 15
del mito. La scultura è allora atto d’amore che trasforma il “sogno della cosa” in “coscienza della cosa” nello scambio che è l’immaginare il mondo e “anima il mondo” e lo restituisce all’anima in questa dimensione di comunicabilità autentica e, attraverso il mito, attuale. Sopraggiunge, poi – specialmente quando si tenta, come in questo caso, di ricostruire i cardini di una personalità artistica nel quadro ampio e, forse non ancora del tutto sondato, quale il secondo Novecento siciliano16 – la difficoltà di relazionare quegli elementi stilistici che formalmente indugiano sull’opera stessa rivelandone le fonti e le influenze, allorquando tali opere sono nate in anni relativamente recenti (dagli anni Novanta ad oggi). E qui si pone naturalmente una questione niente affatto semplice. Quale il rapporto tra un artista del secolo scorso, che continua tutt’oggi e, per dirlo alla Montaigne “con gioia” la sua ricerca estetica – secondo i suoi schemi e le sue esperienze – e la cosiddetta “arte contemporanea”? Vi è di mezzo circa trent’anni di arte che ha preso strade ben note, vi è la lunga stagione poverista, l’happening, la performance, la videoarte, la fiberart e la eatart17, giusto per essere sintetici. Ma tra tutto questo mondo “a venire e avvenuto” del secondo Novecento e oltre e Stefano Lo Cicero quale nesso scorre? Si direbbe che il primo sia il mondo “moderno” e il secondo un artista “passatista”, obsoleto, appena musealizzabile. Eppure cosi non è. Lo Cicero non è il solo a proseguire ricerche ataviche e perenni della forma. Non è il solo a sperimentare tecniche e materiali commisurandole e unendole a processi esecutivi tradizionali18. Non è il solo a indagare 16
Achille uccide Ettore, 2010 17
tematiche e iconografie tradizionali, come appunto il Mito, presentandone volti e soluzioni di grande originalità. Tutto questo, infine, cosa vuol dire? Risulta chiaro che di fronte a una riscoperta continua di figure e artisti il cui legame con le avanguardie storiche e con il Novecento non è mai stato realmente interrotto – neanche dalle nuove tecnologie e da trent’anni di arte contemporanea – si debba infine parlare, come già avvenuto per la letteratura, di “Terzo Novecento”19. Una terza dimensione in cui rientrano tutti quegli artisti che hanno ripreso e riprendono punti e strade della ricerca formale sì già percorse dai maestri del Novecento, ma che appunto non per questo non meritori di attenzione e analisi. Cosicchè se, per puro gioco spaziotemporale, facessimo un salto in avanti nella futura storiografia artistica diciamo di un cinquantennio, ci troveremmo a parlare di Lo Cicero, così come di tanti altri artisti, quale riscoperta di un mondo inesplorato pertinente a un neo-manierismo novecentesco, seppur anacronistico per certi versi rispetto alla contemporaneità multimediale e tecnocratica, quale eterno ritorno degli ismi e infinito sperimentalismo espressivo e formale. L’eterno ri-vivere delle forme in altre forme. La vita sempiterna delle forme e l’eterno elogio della mano. Focillon docet!20 La tecnica che trionfa sulle astrazioni filosofiche, il ritorno alla tecnè greca, quindi, al “saper fare” e al saper “ricercare” la forma nella materia. Dal mito alla tecnè, dunque, sotto il segno dell’eterno “classico” che ritorna in nuovi linguaggi, il cerchio si chiude. Giuseppe Cipolla 18
NOTE _________________________________________________________________________________________ 1 Il legame tra antico e moderno rappresenta indubbiamente un leit motiv delle arti visive del Novecento. E in particolare il binomio arte-mito si esplica lungo tutto il secolo con varianti e significati differenti. Su tale argomento cfr. Amore e Psiche, catalogo della mostra (Mantova, Palazzo Te, 12 luglio-10 novembre 2013) a cura di E. Fontanella, Milano, Bompiani 2013. 2 Sul rapporto tra arte contemporanea e tecnologia cfr. R. Barilli, Il rapporto tra arte e tecnologia nell’età contemporanea, in “Luk”, 2004; cfr. Tecnologia e arte. Una storia raccontata da diciotto artisti contemporanei, a cura di L. Pratesi, Electa, Milano 2008. 3 Cfr. R. Ferrario, Coincidenze & contaminazioni: le forme dell’immagine nell’arte contemporanea, Charta, Milano 1996. 4 Su concetto di “fantasmico” nell’arte del Novecento cfr. A. Savinio, La nascita di Venere. Scritti sull’arte, Adelphi, Milano 2007; si veda anche, in merito agli artisti siciliani legati al surrealismo: G. Cipolla, Stendhalismo e dintorni. Savinio, Clerici e altri. L’occhio di Sciascia, in Letteratura & Arte, 2, 2014, MMXIV, Pisa-Roma, Serra Editore, pp.173-190. 5 Per quanto riguarda il rapporto tra mito e arti del Novecento cfr. E. Di Stefano, L’Ombra degli Dei – Mito Greco e Arte Contemporanea, Electa, Milano 1998. 6 Come noto, Stefano Lo Cicero non nasce direttamente come scultore, esordisce infatti prima come poeta e cantante lirico e poi come pittore in una serie di mostre palermitane dei primi anni Sessanta, tra cui ricordiamo le due collettive “Arte contro la Mafia” alla Galleria del Banco di Sicilia del ‘63 e “Sicilia 64” dell’anno seguente presso il Centro Cooperazione Mediterranea, e le prime personali tra cui quella della Galleria “La Goccia” del ’65 e quella del Circolo artistico Villa Witaker del ’66. Nel ’71 inaugura il Centro d’arte “Lo Scoglio” e sempre negli stessi anni inizia a esporre in varie personali in Italia e all’estero, tra cui la Francia, dove incontra il pittore boliviano Pedro Portugal. Fino a tutti gli anni settanta la sua ricerca estetica si esplica principalmente nella grafica e nella pittura, sempre nel solco dello sperimentalismo tecnico e del continuo rinnovamento formale, dove emerge già un accentuato spirito espressivo-simbolista legato ad una figuratività visionaria. L’approdo alla scultura arriva soltanto negli anni Otttanta, quando la sua dinamicità creativa lo porta a lavorare i materiali più vari come l’argilla, le arenarie, le pietre laviche, i marmi, le radiche, le resine e i metalli. Per un quadro generale della sua vasta attività artistica si rimanda al catalogo della mostra di Palazzo Branciforte del 2004, cfr. Stefano Lo Cicero. Rapsodie dell’anima. Antologica 1954-2004, catalogo della mostra (Palazzo Branciforte, 5-19 marzo 2005), Palermo 2005. 7 A. Martini, Scultura lingua morta e altri scritti, a cura di E. Pontiggia, Abscondita, Milano 2001. 8 Il tema della figura femminile legata al mito è un rimando continuo nell’opera, non solo scultorea, ma anche grafica e pittorica, di Lo Cicero. Per l’identificazione degli archetipi femminili nell’arte del Novecento cfr. J.J. Bachofen, Il potere femminile, Mondadori, Milano 1992. 9 F. Rella, Metamorfosi. Immagini del pensiero, Feltrinelli, Milano 1984.
19
10 In merito alle tecniche artistiche del Novecento, e in particolare sul rapporto tra tradizione e nuove tecnologie cfr. M. Pugliese, Tecnica mista. Com’è fatta l’Arte del Novecento, Mondadori, Milano 2012. 11 Cfr. R. Arnheim, Arte e percezione visiva, prefazione di G. Dorfles, Feltrinelli, Milano 2007. 12 Il concetto di Lebenswelt (che viene tradotto in italiano come “Mondo vitale” o, più spesso, come “Mondo della vita”) rimanda al pensiero di Edmund Husserl e possiede, nell’ambito della filosofia fenomenologica, una caratteristica ambivalenza. Da un lato, significa l’universo dell’autoevidenza, come fondamento antropologico di ogni determinazione nella relazione dell’uomo con il mondo, ma, al contempo, però, contraddistingue anche il mondo della vita concreto, visibile e pratico. Su questa tema cfr. A. Pugliese, Mondo della vita come mondo condiviso. Husserl e il concetto di Lebenswelt, 2012. 13 Cfr. P. D’Angelo, L’estetica italiana del Novecento, Laterza, Roma 1997. 14 Il legame tra arte e mito assume inoltre ancora maggiore portata universale quando ci si occupa di artisti o scrittori siciliani, un legame inscindibile quello dell’Isola con il concetto stesso di “produzione di miti” che perdura ancora oggi in vari ambiti, dalla letteratura al teatro all’etnoantropologia e all’arte. Sulla proliferazione dei miti, in senso ampio, si veda: M. Collura, Sicilia: la fabbrica del mito, Longanesi, Milano 2013. 15 Sul valore estetico e semantico del volto-ritratto nell’arte cfr. A. Beyer, Il volto: descritto, dipinto, letto, in Cultura visuale. Paradigmi a confronto, a cura di R. Coglitore, Duepunti Edizioni, Palermo 2008. 16 Sulla situazione della pittura in Sicilia nel Secondo Novecento cfr. N. D’Alessandro, Situazioni della pittura in Sicilia (1940/1970), Celebes Editore, Trapani 1975. 17 A. Del Puppo, L’arte contemporanea: il secondo Novecento, Einaudi, Torino 2013. 18 Numerosi sono gli artisti siciliani che rientrano in questo ambito tra tradizione della tecnica e sperimentalismo, che tutt’oggi continuano alacremente a operare sul terreno della ricerca formale ed estetica, pur nei diversi linguaggi che li caratterizzano, senza abbandonare il rapporto con la materialità dell’opera d’arte. Solo per fare qualche sporadico nome, si pensi a Carlo Lauricella, Gai Candido, Rosario Bruno, Salvatore Cipolla e tanti altri ancora meritori di riflessione critica e studio. 19 Cfr. Alberto Asor Rosa, Novecento primo, secondo e terzo, Milano, Sansoni 2004. 20 H. Focillon, Vita delle forme. Elogio della mano, prefazione di E. Castelnuovo, Einaudi, Torino 1972
20
CATALOGO
metalli
21
Demetra, 1990 - metallo fuso, h. cm 20
22
Diana, 1992 - metallo fuso e pietra lavica, h. cm 55
23
Pandora, 1992 - metallo fuso e pietra lavica, h. cm 30
24
Atena, 2014 - metallo fuso e pietra lavica, h. cm 50
25
Steno, 1993 - metallo fuso, h. cm 30
26
Euriale, 1993 - metallo fuso, h. cm 23
27
Medusa, 1993 - metallo fuso, h. cm 28
28
Leda e il Cigno, 1995 - metallo fuso, h. cm 28
29
Ermete, 1995 - metallo fuso, h. cm 30
30
Rea e Zeus, 1997 - metallo fuso, h. cm 32
31
Rea partorisce Zeus, 1999 - metallo fuso, h. cm 18
32
Dedalo e Icaro, 1999 - metallo fuso, h. cm 18
33
Mnemosyne, 1999 - metallo fuso, h. cm 19
34
Achille, 1999 - metallo fuso, h. cm 25
35
Erato, 2000 - metallo fuso, h. cm 26
36
Amore e Psiche, 2001 - metallo fuso, h. cm 19
37
Dioniso, 2002 - metallo fuso, h. cm 15
38
Narciso, 2002 - metallo fuso, h. cm 15
39
Pomona, 2003 - metallo fuso, h. cm 10
40
Mirra, 2003 - metallo fuso, h. cm 24
41
Ares, 2003 - metallo fuso, h. cm 23
42
Nike, 2004 - metallo fuso, h. cm 12
43
Urania, 2004 - metallo fuso, h. cm 13
44
Polifemo, 2005 - metallo fuso, h. cm 26
45
Efesto, 2005 - metallo fuso, h. cm 25
46
Mercurio, 2005 - metallo fuso, h. cm 12
47
Ebe, 2006 - metallo fuso, h. cm 28
48
Fato, 2006 - metallo fuso, h. cm 15
49
Adone, 2007 - metallo fuso, h. cm 21
50
Apollo e Dafne, 2007 - metallo fuso, h. cm 9
51
Poseidone, 2008- metallo fuso, h. cm 11
52
Il ratto di Europa, 2008 - metallo fuso, h. cm 9
53
Tersicore, 2008- metallo fuso, h. cm 10
54
Flora, 2008 - metallo fuso, h. cm 9
55
Laocoonte, 2008 - metallo fuso, h. cm 28
56
Fauna, 2008 - metallo fuso, h. cm 23
57
Iside, 2009 - metallo fuso, h. cm 16
58
GigantomachĂŹa, 2009 - metallo fuso, h. cm 31
59
Euridice, 2009 - metallo fuso, h. cm 18
60
Il ratto di Prosperpina, 2009 - metallo fuso, h. cm 21
61
Ade, 2010 - metallo fuso, h. cm 31
62
Achille uccide Ettore, 2010 - metallo fuso, h. cm 24
63
Edipo, 2011 - metallo fuso, h. cm 23
64
Agamennone, 2011 - metallo fuso, h. cm 15
65
Marte, 2011 - metallo fuso, h. cm 18
66
Eolo, 2011 - metallo fuso, h. cm 22
67
TitanomachĂŹa, 2011 - metallo fuso, h. cm 15
68
Anfitrite, 2011 - metallo fuso, h. cm 14
69
Demetra, 2011 - metallo fuso, h. cm 25
70
Giove, 2012 - metallo fuso, h. cm 17
71
Aracne, 2012 - metallo fuso, h. cm 30
72
Kore, 2012 - metallo fuso, h. cm 17
73
Il cavallo di Troia, 2012 - metallo fuso, h. cm 30
74
Ulisse, 2013 - metallo fuso, h. cm 25
75
Asclepio, 2014 - metallo fuso, h. cm 31
76
CATALOGO
marmi
77
Mater, 1985 - marmo granito, h. cm 42
78
Innesti 1, 1988 - pietra lavica, cm. 20x40x60
79
Invocazione, 1991 - marmo botticino, cm.30x25x40
80
Voli del pensiero, 1994 - marmo botticino, cm. 30x45x70
81
Interrogazioni, 1997 - marmo botticino, cm.30x30x60
82
Enigma, 2001 - marmo botticino, h. cm 41
83
Il canto delle sirene, 2002 - metallo fuso cesellato, h. cm 42
84
Giunone, 2003 - marmo botticino, h. cm 50
85
Selene, 2004 - metallo fuso cesellato, h. cm 38
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Bellerofonte, 2007 - marmo botticino, h. cm 40
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Finito di stampare nel dicembre 2014
Edizioni Lussografica
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