Segmenti memoriali - 2014

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STEFANO LO CICERO SEGMENTI MEMORIALI


Illustrazioni: Tutte le opere riprodotte nel presente volume sono del Maestro Stefano Lo Cicero In prima di copertina: Offerta d’amore, 2010 - marmo botticino, cm. 150x80x40 (Monumento all’AVIS di Santa Croce Camerina (RG) In ultima di copertina: Olga, 2000 - olio-tecnica mista, cm 50x70


STEFANO LO CICERO

SEGMENTI MEMORIALI Prefazione di Salvatore Lo Bue Postfazione di Tommaso Romano

THULE


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A Lilli Coinvolta da entusiasmi nuovi, si apre al sole la tua collaborazione.

Tra ali di sogno si sfalda l’ombra dell’attesa.

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PREFAZIONE

Stefano Lo Cicero è un Poietès. Per i Greci, inventori dei nomi, essere poietài significava, semplicemente e potentemente, custodire le vie della creazione, essere in gara col Demiurgo per plasmare la materia, in tutte le sue forme. Essere poeta perché consapevole della scienza della costruzione artistica, autore del prodotto, epistàmenos, scienziato della forma. E Stefano Lo Cicero ha da sempre saputo che cosa significa coltivare il giardino della bellezza, le sue mani di scultore ben si accordano con il suo tatto di poeta raffinato e sincero, rarefatto e concreto, reale e metafisico nel suo percorso di vita. Quanto ha dato alla scultura palermitana, di cui è decisivo protagonista, lo sanno non solo gli addetti ai lavori ma quanti hanno assaporato l’atmosfera e la raffinatezza delle sue mostre; quanto dà alla poesia lo sappiamo oggi festeggiando l’uscita di questo volume, omaggio ai suoi felicissimi ottanta anni. Il poeta conosce, e lo dimostra, la complessità dell’anima. Vede con chiarezza cosa significhi il Dire, che nella parola rivela il divenire complesso dei sentimenti. Il poeta scende e sa scendere nei labirinti della espressione per raccontare insieme il dramma e la felicità del suo essere. Se l’arte vuol essere / fantastica espressione dell’io, / l’artista, rapito a inseguire / esaltazioni istintuali / ne avverte i sussulti, / le febbrili attese, le pulsioni / della mente e del cuore / protese alla luce / che inonda i suoi cieli / permeati d’incanto 7


e d’infinito. / Tra stupori di gioia e meraviglia / guidato da impulsi ispirati / percorre sue mete agognate: / contrappunti d’anima sospesi / al filo della propria ragione. / Ogni suo palpito / ogni trasalimento emotivo / prende forma e vigore: / giustificazione d’esistere / nel concepimento assoluto / di quella parte di sé, / quale ambito dono, che l’arte rivela. E’ una poesia del 1998. Un esempio di rigore filosofico. Un autentico manifesto di poetica che manifesta una chiarezza inimitabile e una felice serenità. Tutto si compie nel dono, che accade dopo il “trasalimento”, nel piacere che segue ogni palpito. E leggendo non possiamo non vedere le sculture di Stefano dalle molteplici prospettive, i corpi che da corpi nascono e confondono le forme, fino alla visione del tutto attraverso le sue parti, dell’intero attraverso i frammenti. E’, quella dell’autore, una superiore compassione, una partecipazione emotiva alle cose del mondo che ha origine in una sorta di abbandono a una presenza superiore che garantisce l’infinito della bellezza e la stessa poesia. Il Dio di Stefano Lo Cicero è l’Essere che accoglie, che conforta, che dà riposo, che “trafigge di luce” e spegne ogni vano desiderio per una definitiva fusione nella parola, per una remissione di ogni egoismo, per una dedizione radicale a chi dà la vita. Fondermi nella tua parola / e ritrovarmi genuflesso / ai piedi del tuo altare / trafitto da un raggio di luce / e il cuore spento per sempre. Ma l’abbandono al Dio della vita convive con il nuovo parto della coscienza, con il progressivo venire alla luce delle 8


aspirazioni, delle decisioni, del Cammino che ciascuno di noi comincia, cominciando l’avventura della vita. Questa strada il poeta, consapevole dell’inizio e del suo dramma, percorre con serenità, sapendo di non essere solo, di avere compagno di strada un nuovo se stesso che si avvia consapevole verso la meta, che è sempre e per sempre la parola. Artigli lacerano tenebre / gemiti feriscono il silenzio; / avvinghiato a uno scoglio / emergo nel tempo. / Dal cielo ora piovono stelle, / la luna m’irradia d’argento, / l’alba sorridente mi chiama. / Non più innocenze di bimbo / non più giochi fanciulli; / lo sguardo ora s’accende / e vedo sinuosa una strada / che scalzo percorro contento. / Un canto sommesso / giunge nuovo al mio senso: / coscienza d’uomo si desta. E’ una poesia del 1960, che rimane forte, vivida, bellissima dopo mezzo secolo. Una sorta di poetica spirituale che si pone come stella, parola di tutto un percorso artistico e umano. Perché l’autore non conosce il vacuo e vano pessimismo intellettuale dei presunti poeti: tra le sue mani la vita prende forma, mostra il suo volto vivo, il suo cuore pulsante che è solo e soltanto l’Amore. Quell’amore che chiama da sempre e per sempre e a cui è fatale rispondere, perché felicità è un nuovo abbandono, non all’Essere questa volta, ma a labbra e braccia che proteggono dal dolore e vincono la paura di morire. Quando i miei baci / addolciranno / le tue labbra aride / e le mie mani / accarezzeranno / le tue guance pallide / 9


tu non sorriderai, / non crederai / a questo mio ritorno, / ma piangerai per le mie colpe. / Ma se guarderai / nello specchio dei miei occhi / capirai che non è finito niente: / e forse tremando / mi abbraccerai commossa / come facevi un tempo / e dai miei sospiri / coglierai la forza / per credere a te stessa / per credere a questo amore / che rinverdisce. Questa è la verità, questa è la voce del poeta, che “col pensiero tesse rime / che esplodono / tra vaghi firmamenti”, la cui “ampia fronte si posa / sui macigni della vita”, la cui mente “disgrega tenebre, irradia luce” e ancora “disgela incanti di remoti silenzi”. Si, il poeta ha fiducia, sa che solo la poesia insegna la strada, indica la Meta così difficile da distinguere nel rumoroso volgere della ruota del tempo: e accetta il destino, dice di sì alla privazione, alla mistica appartenenza al mondo della parola, che impone, prescrive una radicale dedizione al tempo, senza tempo, della Parola. E non solo della parola, perché lo stesso accade con la pittura, diverso solo il medium, non la lettera ma il colore, che si compone sulla tela allo stesso modo di una frase perfetta: perché Stefano appartiene a più mondi e in ogni mondo è di casa. Vibrante e fiero / si ravviva al tatto / si scalda e freme / sulla tavolozza / si nutre di colori / e mescolanze / e sulla tela / ne farà discorso. / Da nobile vezzoso / mi rallegra, / gli suggerisco e, / pronto egli m’appaga; / tra smorfie, risa / o accenti di dolore / vive momenti accesi, / eterni amori. 10


Ma nessuno, tra i viventi, sfugge alla Nostalgia. Siamo, della Nost-algia, insieme vittime e testimoni. Figli del tempo, dal Tempo stesso divorati. Anche Stefano Lo Cicero vive il dolore del ritorno al passato, il dolore sottile delle voci perdute per sempre e che non ritornano, la perdita del presente che si muta immediatamente in un passato che permane malinconico nel fondo di ogni cuore. E si velano gli occhi quando le ricordanze ri-tornano, quando quel che è accaduto e mai più accadrà torna a vivere, tormentando la vita stessa. E niente è più lo stesso, perché da questa radice, dalla Nostalgia, ha principio la parola. Un ultimo raggio di luce / si frana negli occhi, / un ultimo sguardo / riflette le ombre / del nostro passato. / Si sbianca / una pagina intensa / che parla sommessa / ai nostri cuori. / Il tempo / ha sciupato promesse, / si schiude un abisso: / finisce un amore, / ma è vero, / qualcosa rimane: / le mani si tendono / a cogliere l’ultimo fiore, / appassito, inodore. / Mi guardi, ti stringo le mani, / gli occhi si velano di pianto: / è finito l’idillio / è morto l’amore. E ci specchiamo così ne “Il pozzo della vita”, e vediamo la nostra ombra “riflessa nel fondo” ma insieme vediamo che si “increspa l’acqua del fondo”, perché “una lacrima cadde dai miei occhi”, come accade sempre, “infrangendo lo specchio dell’acqua”. Sì, appare ora il dolore nella poesia dell’autore, il comprimario di ogni vita, che rivela la “misera specie”, l’umanità così fragile, che cade ed emerge, emerge e cade nei gorghi dolorosi dell’essere. E allora l’amore diventa l’ultima difesa, la potenza che 11


conforta e che dà speranza: perché il tempo trascorre e le ombre si allungano e la giovinezza è ormai lontana e tutto corre già verso l’oscura meta da fuggire: il pessimismo segna un nuovo orizzonte, ma cosa è altro la vita se non nostalgia? Labirinti tortuosi sovrastano / approcci sconnessi / di timide forze / che invocano luce. / Deliranti presagi / scavano solchi di memoria / e la ragione si fa più certa / per annegare / nell’onda del presente / e mi ritrovo sospeso / tra agonia e sogno / incapace di scoprire / mete più sicure che il tuo pianto / alla mia tristezza schiude, / per rivelarmi / l’ansia e la certezza / che ancora è vivo questo amore / sofferto e trepidante / immenso e speranzoso. / Mi è dolce l’abbandono / nel ritrovarmi tra le tue braccia / stretto nella luce vera della vita. Siamo nell’anno 1992. Il poeta ha scoperto l’impermanenza. E le poesie recenti, le ultime rivelano un maturo, sapiente, rigoroso senso di essa. Opera visibile una sorta di disgregazione “dal pentagramma del caos preesistente”, la foscoliana “forza operosa che affatica di moto in moto”: ma nel poeta non c’è niente di metafisico, solo il tempo che “segna l’ora, che anticipa la fine”. Ombre lunghe coprono il cielo della poesia. L’immagine della “dissoluzione” nell’ultima poesia scritta quest’anno ne dà una consapevole matura ragione: tutto scorre, le generazioni precipitano come fiumi, cadono come foglie, e in una sorta di involuzione cosmica riappare il nulla con la forma di un buco nero che in sé assorbe ogni luce. Frammenti di spazi / circoscritti nel nulla / nel disordine astrale / navigano galassie buie / e l’uomo, ombra di sé, / nel12


l’involuzione cosmica / di mondi sconvolti / avverte la dissoluzione / del proprio essere / occultato dalla stessa luce / che lo ha generato. Così quest’opera, nata pascoliana, diventa, nei suoi ultimi versi, leopardiana. Ma senza arretrare di un passo, senza nessun timore o tremore. Il Poeta, si affaccia sull’abisso e ha il coraggio di guardare. Ma ha raccontato il cammino, dalla giovinezza alla maturità, ha conosciuto la Parola, ha plasmato la materia della sua anima: l’ultima scoperta, in fondo, è la ragione stessa del diventare Poeta. Palermo 14 giugno 2014 Salvatore Lo Bue

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AUTORITRATTO

Pensoso scruti col tuo sguardo stanco le stesse cose che ci danno vita ed una smorfia strana d’amarezza vela un rimpianto d’insoddisfatto riso. Ma tu non soffri palpiti mortali né avverti lagnanza alcuna, ricusi la mia mano con parole che il tuo linguaggio non saprebbe dire. Pure, tu vivi e quando ormai la carta s’incresperà a deturparti il viso, anche consunto, di me conserverai un ricordo, vantandone fierezza. 14


Ora ti comprendo con eguale forza e rido stranamente d’amarezza. Presto il distacco ti darà parola e nell’oblio ne sentirò la voce. Ma giacerò contento al tuo richiamo ritrovandomi pensoso a rispecchiare, nel languore del tuo sguardo stanco. 1976 15


RICORDI PERDUTI

Quale arsura nel mio petto ridesta sogni fanciulli? Tendo le mani e la memoria rivive illusioni sopite. Quanto cammino sprecato invano senza mai sostare. Giaccio sfinito, nell’abbandono di vani ricordi. Come saziare questa arsura antica che mi attanaglia? Come placare questa febbre nuova che mi avvolge, sempre delirante? Sorreggimi, oh Signore ispirami con la Tua parola, fa che ritrovi la mia essenza per vivere intensamente la vita che mi offri. 1953 16


SOLA

Sguardo di bimba innocente tra i gorghi del giorno si perde nel vano, col vento crudele che disperde un sogno gioioso, fanciullo. Lacrime vere, calde innocenti, sguardo smarrito, commuove, mi prende e piango pure io: la stringo al mio petto mi bacia, sussulta, ora piange contenta. 1953 17


MISSIONARI

Bevvero le iene le ultime stille di sangue raggelato. Gli sciacalli ulularono nel profondo della notte. Dalle tetre rupi gli avvoltoi levarono voli fantasmi come tenebrose croci e, nell’abisso denso d’inganni, consumarono gli ultimi resti. Da torri smerlate d’ebano divenute altari sacrificali un grido ferì il silenzio: apoteosi di un’anima viva trucidata nel profondo della verità. Le stelle piansero tizzoni ardenti squarci di cieli s’incendiarono. Tra riverberi di fuoco, frenetiche danze fantasmagoriche incalzarono irrefrenabili. Implacabile il tam-tam suonò tutta la notte. 1955 18


A DIO

Fondermi nella Tua parola e ritrovarmi genuflesso ai piedi del Tuo altare trafitto da un raggio di luce e il cuore spento per sempre. 1956 19


L’ULTIMO GRIDO

Nuvole all’orizzonte, cupe s’addensano minacciose. Il mare ne sugge gli umori e il turbine gonfio di sdegno l’acqua dilata in gorghi profondi. L’uragano rombante squassa le tempie, le membra ancorate a fatuo relitto tentano l’ultimo appiglio. Ma invano, nel baratro si perde l’ultimo grido. 1957 20


Accordi in giallo, 2004 - stucco-resina, cm. 70x80

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IL NOSTRO AMORE

Dall’orizzonte opale a noi d’innanzi s’imporpora in movenze il nostro mare a confidarci calde parole. E tu, amore mio, non tremare, lo scoglio prominente tende le braccia a schiumosi baci. Affiorano le alghe guizza un avannotto, il fondo in trasparenza si colora. E nei tuoi occhi assorti la luce dell’amore, con lacrime di gioia, è manifesta. Ti stringo al petto: di commozione piango anch’io e il mare canta il nostro amore. 1958 22


NON CREDERE

Non credere che un giorno di sole porti il sorriso nel cuore. Non credere che un’ora di pace possa sanare una vita sbagliata. Quanto sangue innocente a fiumi scorre! Troppe menzogne uccidono vite sacrificate! Il mondo vacilla, si curva, d’orrida veste si copre, un sole illusorio segna sui visi il pallore; l’animo tace e riverberi di luci irreali anticipano la fine. 1959 23


COSCIENZA D’UOMO

Artigli lacerano tenebre gemiti feriscono il silenzio; avvinghiato a uno scoglio emergo nel tempo. Dal cielo ora piovono stelle, la luna m’irradia d’argento, l’alba sorridente mi chiama. Non più innocenze di bimbo non più giochi fanciulli; lo sguardo ora s’accende e vedo sinuosa una strada che scalzo percorro contento. Un canto sommesso giunge nuovo al mio senso: coscienza d’uomo si desta. 1960 24


COSÌ SOSPESO

In vortice di sogno giungere tra le aspre dune dove s’insinua il vento e tra i crepacci posare la fronte e gridare al mondo la perfidia dell’uomo. Così sospeso ai margini d’infinita pietà vedere il sole nascere e morire, le nuvole addensarsi e poi svanire e col cuore nelle mani aspettare che il giorno, fattosi breve, porti l’anelito di un ricordo sopito: misterioso richiamo della vita che ogni istante si consuma. 1960 25


ATTESA 1

Attesa … dell’ora più eguale disciolse lo sguardo dolente in maree di morte. Nel cielo plumbeo rimpianti senza volto ferirono amorfi silenzi. Un pipistrello volteggiò nella notte cupa. Nel focolare si spense il respiro dell’ultimo tizzone. 1963 26


PER CREDERE

Quando i miei baci addolciranno le tue labbra aride e le mie mani accarezzeranno le tue guance pallide tu non sorriderai, non crederai a questo mio ritorno, ma piangerai per le mie colpe. Ma se guarderai nello specchio dei miei occhi capirai che non è finito niente: e forse tremando mi abbraccerai commossa come facevi un tempo e dai miei sospiri coglierai la forza per credere a te stessa per credere a questo amore che rinverdisce. 1963 27


POETA

Medita, oh poeta e col pensiero tessi rime che esplodono tra vaghi firmamenti. Ampia la tua fronte si posa sui macigni della vita, disgrega tenebre irradia luce, disgela incanti di remoti silenzi. S’incendiano i cieli all’eco dei tuoi suoni. Quale verità la tua voce invoca a insaldare il bene della vita? Medita, oh poeta che sai d’essere vivo e col tuo pensiero insegnami la strada. 1964 28


Voli del pensiero, 1994 - marmo botticino, cm. 20x40x80

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PLASMA GLI ANIMI, OH DIO!

Appagarci di luce e di sole senza chiedere all’alba le mete agognate; guardarci nell’intimo e scoprirci più veri da certezze che il giorno ci dona. Plasma gli animi, oh Dio e dona a ciascuno la forza e la coscienza di vivere in pace un giorno di fede e d’amore. 1964 30


PENNELLO

Vibrante e fiero si ravviva al tatto si scalda e freme sulla tavolozza si nutre di colori e mescolanze e sulla tela ne farà discorso. Da nobile vezzoso mi rallegra, gli suggerisco e, pronto egli m’appaga; tra smorfie, risa o accenti di dolore vive momenti accesi, eterni amori. 1965 31


L’ULTIMO ADDIO

Un ultimo raggio di luce si frana negli occhi, un ultimo sguardo riflette le ombre del nostro passato. Si sbianca una pagina intensa che parla sommessa ai nostri cuori. Il tempo ha sciupato promesse, si schiude un abisso: finisce un amore, ma è vero, qualcosa rimane: le mani si tendono a cogliere l’ultimo fiore, appassito, inodore. Mi guardi, ti stringo le mani, gli occhi si velano di pianto: è finito l’idillio è morto l’amore. 1965 32


LA GRAZIA

Quando il sole del sorriso squarcerà le nuvole del dubbio, le mani stringeranno ideali di purezza. Solo allora l’uomo scrollerà dalle sue fibre l’onta del peccato per credere a se stesso. 1968 33


VIOLENZA

Vibrante al sole una lama impetuosa ferì. Un gemito emerse dal sangue fluttuante; l’asfalto ne bevve i grumi vermigli e l’uomo pervaso d’orrore affogò nel turbine folle della sua miseria. 1969 34


PIANTO DI STELLE

Pianto di stelle allucinate all’alba frammenti di luna in pulviscolo opaco naufragando danzano nel cosmo e io, sperduto nel limbo del giorno, risonanza non odo di libero evento. 1969 35


ROSMIDA

Tra accordi d’arpa e melodie desideri intrecciano arcobaleni che sulla volta del cielo incidono un nome: Rosmida, frutto proibito nel giardino della vita, fiore di cactus sbocciato d’incanto nel sentiero del sogno. Luce che avvolge estasi e memoria al sole splendente del mattino, cascata di perle sfavillanti sulla scia del mio cammino. Rosmida…canto d’usignolo tra i cespugli folti della fantasia, ala di vento protesa al gioco dell’amore, apoteosi d’immenso sull’altare della verità nell’attesa trepidante che il vomere solchi traguardi d’intima essenza. E quando tra le navate del mio tempio con mani decise tenterò di scolpire la tua immagine vera sarò certo di abbracciarti e farti mia nel trionfo vibrante dell’amore. 1970 36


Estasi e memoria, 2010 - stucco patinato, cm. 40x50

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ALBA

Trepidi di rugiada fremono i clivi, s’indorano le chiome vergini dei pioppi. All’alito di brezza le foglie frusciano i sospiri del giorno. 1971 38


QUANDO I CIELI …

Quando i cieli franeranno e nella notte cupa annegheranno le stelle, non canto d’usignolo ridesterà l’alba. Venti apocalittici distruggeranno ogni cosa e l’uomo aggrappato allo stridore della sua fine forse chiederà perdono. 1972 39


AD UN AMICO

Vieni amico … dammi la mano. Guarda lontano: una vela ha salpato portando via con sé i rimpianti del passato. Non piangere amico, lascia ai tuoi occhi la volontà di perdersi nell’azzurro cielo, lascia al tuo cuore l’entusiasmo di credere a se stesso. Ascolta fratello: stanotte l’usignolo modulerà il canto della vita; dammi la mano, non piangere più. 1972 40


IL POZZO DELLA VITA

Guardando nel pozzo della vita ho visto l’ombra mia riflessa nel fondo; ma fu breve l’incanto: una lacrima cadde dai miei occhi infrangendo lo specchio dell’acqua; vidi il volto contrarsi la bocca e gli occhi sussultare in movenze sconnesse. Nell’acqua distolta dal sonno dell’uomo vidi la misera specie. 1973 41


RESPIRI DI ONDE MARINE

Rotti da sibili respiri di onde emergono dall’azzurro. Spossati d’immenso dilatano luci, stremati s’acquietano: sussulti di anime sperdute tra i mari. Da oceani immensi mi giungono ebbrezze a portarmi in segreto remoti pensieri di attimi eterni. 1973 42


LA VITA

Lava incandescente scuote vulcani assopiti da sempre, schegge nelle mie vene, vituperando l’anima scavano ferite. Presagi acuiscono febbri, grovigli di sole mi cadono attorno, nell’orbita folle non odo richiami. D’improvviso si tende una mano: la vita esulta mi chiama; stormi di colombi cantano al cielo frammenti di speranza e resto immobile avvinghiato a quella mano. 1974 43


QUESTO MIO MOMENTO

Quanta felicità m’infondi quando mi guardi e mi sussurri amore: dal mio cuore languido di bene palpitano effluvi di tenerezza e ardore. Quanta ambrosia nel tuo senno, ove attingo e mi rispecchio ansioso fiero di appartenerti e di saperti solamente mia. Come è intenso questo mio momento, come è divino e grande il rapimento che a te mi unisce e mi parla piano per dirmi: sei tu l’amore, tu sei l’arcano. 1974 44


Preludio, 2000 – olio-tecnica mista, cm. 60x80

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ESULTANZE

Da chimere svanite esultanze nuove solcano cieli stupiti e barriere di cristallo s’infrangono al pulsare di cuori rombanti. Arcobaleno s’inarca, trionfano voci, il sangue fluttuante gonfia le arterie e riscopre nell’animo le gioie perdute, le aspettanze tradite: caroselli d’inerzie, d’illusioni ovattate. 1975 46


IL SEMAFORO

Il tuo semaforo ha tracciato la mia rotta ed io naufrago nell’onda dei desideri approdo felice tra le spiagge assolate del tuo giovane corpo dove la brezza scompigliando i tuoi capelli mi rivela segreti, e con le mie labbra ancorate alla tua bocca annaspo tra i flutti rigonfi d’ansia consapevole di vivere e d’amare. 1975 47


STUPORI

Stupori d’alba destano sinfonie di cicale innamorate. Dal mare la risacca ne tesse i festosi contrappunti. Il sole col suo abbraccio dorato sorprende il tuo viso tra le mie mani tremanti mentre la brezza ci riporta i sospiri di note vaganti. Al di là delle siepi frementi di rugiada, un marranzano canta alla luce. 1976 48


INVANO ASPETTAI

Aspettare e non sentirsi morire. Dicevano che l’intenzione avrebbe sovvertito sterili anfratti. E aspettai, aspettai racchiuso nell’ovale di luci e spirali tra diaframmi sconvolti da forze nominali. E aspettai, invano aspettai. Solo la memoria si erse a frugare tra simboli inespressi per scolpire un volto un nome un ricordo. 1977 49


MATERNITÀ

Nell’abbraccio d’immensa voluttà fremiti d’amore suggellano istanti che si ripercuotono nell’onda magica del desiderio materno. E ti vedo rifiorire tra attese e desideri che tra le mani prendo per farcene dono, nel mistero dell’appartenenza. 1978 50


MaternitĂ , 2004 - stucco-resina, cm. 45x60

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ESTASI

Sinuosa come spirale di vento profumata come nettare di rosa tra cieli tersi ti elevi per porgermi la grandezza del tuo amore e nello spasimo che avviluppa l’anima m’abbandono alle tue carezze rapito d’estasi infinita. Vorrei piangere di gioia e gridare al mondo questa verità. Vorrei donarti la mia vita e farti felice come farfalla gaia che sugge dal mio fiore tutti i sapori. Vorrei che il tempo si fermasse e nell’intimo della tua essenza sprofondare, stritolato dalle spire del tuo amore sino all’ultimo respiro per fare di te la mia vera vita. 1977 52


LA PRIMAVERA

Tessendo profumi e ghirlande di fiori la sua voce armoniosa ritorna a destare germogli d’amore. 1979 53


MOSTRI SENZ’ANIMA

Nel turbine struggente del proprio essere disumanizzato, l’uomo annaspa tra teoremi inespressi. Nella violenza della sua follia, sprofonda nel buio dell’ego dilaniato dalla sua stessa ragione dove si fondono rancore e odio. 1980 54


HO SEMINATO

Nell’effimera corsa del tempo ho spiegato vele gonfie del mio vento. Ho seminato arte raccogliendo i semi del giudizio per farne ventaglio colorato di certezze d’affetti e d’amicizie per lasciare ai posteri l’eco della mia voce tra spirali d’ombre evanescenti. 1980 55


MIRAGGIO DI VITA

Miraggio di vita al mio sguardo: una gioia mi vince si espande una fiamma. Illuminato di veritĂ il mio animo emerge dal greto affannoso del giorno. Ora la vita risplende ora esulta e mi chiama. 1982 56


DinamicitĂ , 1984 - pietra patinata, cm. 20x30x60

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GERMOGLI

Non cercare nell’ansia dell’ora primavere sognate, grappoli di sole o pleniluni; ti basti una vanga tra le mani per rimuovere una zolla di terra per piantarvi un seme e rivangare ancora sino a quando germogli ti daranno le gioie sperate, unico vero dono in tanto assurdo scempio. 1980 58


LA CONCHIGLIA

Sulla distesa di sabbia bianca conchiglia rilucente al sole, protende le sue forme al flusso dell’onda aspettando che arrivi la piena per stringere nel suo guscio madreperlato misteri d’acqua, ricordi di sogni svaniti nell’alternanza dei giorni: ed è presto la notte che la conserva intatta al plenilunio. 1986 59


DUBBIO

Travaglio di ciò che non siamo a scavare menzogne con ali di delirio. Grovigli incestuosi raggrumati nel disordine dell’essere con abulici voli rapaci divorano l’esistere. 1990 60


SINFONIE D’ARCOBALENI

Sui tuoi petali schiusi, parvenze di cielo inebriano sospiri. Il sole, col suo abbraccio, scalda promesse d’albori vitali che il tempo riscopre e ridona, mentre io estasiato mi dissolvo nella carezza dello sguardo tuo che mi rivela primavere: sinfonie d’arcobaleni all’infinito. 1978 61


EVENTO D’AMORE

Nell’incanto di astrali momenti la tua essenza si erge tra danze di galassie luminose per ornare di rosso corallo cascate variopinte dove il mio cuore tra schiume di cristallo lieve si adagia. E mentre le tue mani accarezzano criniere al vento, il mio nitrire si fa più certo ad anticipare evento d’amore. P... 11 novembre 1991 62


Cavalcando desideri, 2001 - olio-tecnica mista, cm. 70x70

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VOLI

Altalenanti voli del pensiero in moti d’anima irrequieta sfiorano ideali; rincorrendo luci scoprono nel tempo estasi nuove per adagiarsi esausti su ali di vento che la memoria schiude ad un ultimo volo. 1991 64


NELLA LUCE DELLA VITA

Labirinti tortuosi sovrastano approcci sconnessi di timide forze che invocano luce. Deliranti presagi scavano solchi di memoria e la ragione si fa più certa per annegare nell’onda del presente e mi ritrovo sospeso tra agonia e sogno incapace di scoprire mete più sicure che il tuo pianto alla mia tristezza schiude, per rivelarmi l’ansia e la certezza che ancora è vivo questo amore sofferto e trepidante immenso e speranzoso. Mi è dolce l’abbandono nel ritrovarmi tra le tue braccia stretto nella luce vera della vita. B… 10 luglio 1992 65


ACCAREZZANDO SILENZI

Deposta l’ancora del mio fardello infame attendo che un raggio di sole squarci le nubi al mio sguardo; e mi ritrovo ombra tra rocce appuntite come rondone ferito caduto a precipizio in un magma d’indifferenza. 1992 66


IDEALI

Sopra le pallide dune dei ricordi, bufere si addensano e ideali divampano in diluvi di pianto tentando di spegnere scorie incandescenti nei fondali del pensiero. Lo sguardo sommuove valanghe di sabbia, sentori d’angoscia pulsano nel sangue segreti inconfessati. Nel suo embrione immagine irreale si contorce si dimena si avviluppa si dissolve nel vento. 1992 67


IN NOME DEL CREDO

Lo sento … lo avverto il momento che fa la mia vita più tua. Dall’onta che grava, nudo il mio orgoglio mi rende più idoneo a confessarti il mio voto. In nome del credo m’accosto ed ascolto il richiamo dell’io che chiede la grazia e trovo la forza di tendere la mano su spettri di fuoco che bruciano l’anima. Ascolto la voce che irrompe profonda a scacciare l’angoscia che grava d’orrore. Sublime m’avvince il momento a varcare apoteosi più certe che sciolgono i nodi del cuore per fartene dono, per dimenticare. 68


Così mi affido a contemplare la luce che perentoria invade una meta più certa che un giorno era nostra, che sarà ancora nostra. Dal peccato la tua anima spoglio per vestirla con la certezza d’amore che il mio cuore sereno ti effonde nell’abbraccio che la vita ci offre. 5 agosto 1992

In nome del credo, 1992 - pennarello

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NUOVA FORZA

Finché le ali dello spirito resteranno impigliate nel magma cocente dell’assurdo, prigioniero del mio freddo tugurio aspetterò che nuova forza possa generare entusiasmi nuovi per planare felice tra cieli tersi cosciente che l’amore che mi offri è quello grande, quello vero senza ombre né lusinghe o inganni. P... – L... – 14 dicembre 1992 70


Modulazioni, 2004 - marmo composto, cm. 70x80

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ASPETTARE

Aspettare che l’ora che viene rivesta i colori di cose perdute. Aspettare che il seme germogli per cogliere il frutto dai tanti sapori. Aspettare che una larva si copra di nuova sua veste per tentare di volare. Aspettare che squarci di cielo filtrino raggi più veri. Aspettare che l’onda si adagi sullo scoglio del cuore per sanare ferite d’amore e riportare alla luce sepolcri violati. Aspettare per sentirsi più vivi a recepire messaggi fecondati da nuove radici per stringere il bene con mani più certe, sicuri di avere donato il meglio di noi. 6 dicembre 1992 72


SOLO COSÌ

Se potessi spogliare il tuo cuore per renderlo nudo alla luce del sole e leggervi dentro, se potessi sostare nei suoi recessi nascosti per scrutarne il pulsare, forse allora saprei tracciare la linea più breve per congiungermi all’asse portante di noi, alla felicità. Solo così arriverei a far breve la meta e seminare su prati desolati trifoglio ed erba medica per rinascere tra nuove fioriture. 1992 73


VOLONTÀ

Cos’è il pianto se non la musica di un carillon che sa di dare sfogo per l’ultima volta all’ultima nota, per poi tacere per sempre? Cos’è questo pianto: il preludio o la fine di un atto che ha segnato una storia? E’ l’illusione che un giorno più nuovo ridoni luce ai meandri del cuore per stritolare fantasmi e fugare paure? Quando la volontà come acqua piovana riuscirà a gonfiare i rigagnoli dell’amore, dal mio petto piagato nuovo fiume sgorgherà per trascinarsi dentro verità scordate. 1993 74


DESIDERI DEL TEMPO

In maree d’alghe recise frammenti di pensiero scavano fondali senza luce per ritrovare conchiglie dimenticate. Scogli aguzzi feriscono il sole che attonito sovrasta ogni cosa. La quiete inglobando silenzi con mani decise imprigiona respiri d’eterne stagioni: desideri del tempo che scrive e cancella messaggi di istanze perdute che ritornano a vivere nell’arco profuso del sogno cavalcando voli stanchi d’airone smarrito tra spazi infiniti. 1994 75


ANCORA

Ancora più di sempre, come allora. Come fiumi straripanti i nostri cuori con la criniera al vento dell’amore galoppano fiorenti praterie. Né sosta, né attimo trattiene l’ansito fulgente dei respiri. Armonie in crescendo valicano frontiere di certezza e mi ritrovo ingigantito con l’animo trepidante che offro alle tue mani diafane e tremanti. E sprofondo felice nella luce dei tuoi occhi per suggere il dono di questo nostro grande amore. 1995 76


LA VERGOGNA

Brughiere di sangue inondano emisferi di coercitivi presagi per gridare all’essere il disprezzo della vergogna che, nel fragore assordante, d’interrotti silenzi attonita si piega tra grovigli di forze indefinite. 1997 77


NEI GORGHI DEL PASSATO

Immerso nei gorghi del passato nella girandola del tempo che ci è stato amico, mi ritrovo a navigare contro vento su un mare burrascoso, certo d’approdare nel tuo porto che ancora mi ridona vita. Tra orizzonti certi d’avvenire, cattedrali lucenti come stelle dal tuo grembo attingono la luce che mi hai saputo infondere. Nello spasimo che il tempo ci riporta le tue parole sono balsamo e certezza di un miracolo che ancora si rinnova. Dal tuo sguardo attingo l’importanza di vederti accanto e ascolto la tua voce di viola che, sul pentagramma delle ricordanze, ancora vibra come fosse ieri a dissipare ombre di fantasmi. E siamo ancora noi in un diluvio consapevole d’amore nell’armonia del nostro esistere. 1997 78


Ricordanze, 2002 - olio-tecnica mista, cm. 60x80

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MEDITAZIONE

Non muta sentenza stagione che insorge alla vita, non ode il rombare dei cuori esacerbati dai mali. In sogno si destano pensieri funesti; per nuove radici mi giunge la forza dell’ora suprema a tracciare un approdo paziente di ricordi sopiti dissolti per sempre nel nulla. 1998 80


NOI

Risonanze di echi lontani tessono armonie, focolai d’incanto accendono arcobaleni e la tua voce ansiosa ricama estasi su vasti pentagrammi. Petali, le tue carni nelle mie mani immense nell’abbraccio egocentrico di archi indefiniti. Atmosfere colorate di crepuscolo sfaldano l’ombra che affiora per cantare alla luna. Le tue corolle avide di luce si tendono ad emisferi che danzano nel tuo ventre, onde implacabili inseguono brividi che scuotono il tuo petto. Maree di desideri incessanti tra spirali d’ambra solcano cieli stupiti dilatando profumi nella delirante corsa di attimi eterni che noi vivifichiamo. 1998 81


L’ARTISTA

Se l’arte vuol essere fantastica espressione dell’io, l’artista, rapito a inseguire esaltazioni istintuali ne avverte i sussulti, le febbrili attese, le pulsioni della mente e del cuore protese alla luce che inonda i suoi cieli permeati d’incanto e d’infinito. Tra stupori di gioia e meraviglia guidato da impulsi ispirati percorre sue mete agognate: contrappunti d’anima sospesi al filo della propria ragione. Ogni suo palpito ogni trasalimento emotivo prende forma e vigore: giustificazione d’esistere nel concepimento assoluto di quella parte di sé, quale ambito dono, che l’arte rivela. 1998 82


ILLUSIONI

Ora che le illusioni precipitano come valanghe di nuvole stanche all’orizzonte, negli abissi dell’anima dimensione d’uomo tende lo sguardo tra girandole di sole per scoprire tra cieli luminosi la strada dimenticata che lo riporta a Dio. 2000 83


GROVIGLI

Grovigli di fuliggine nel buio della mente tendono le braccia a bracieri spenti d’ombre liquefatte dai respiri della luna che sulla scia di una cometa a precipizio riversa il suo argento d’ombre e di mistero. E mentre un dardo trafigge una corolla in piena luce un grido e un lamento squassano la volta del cielo. 2000 84


NUOVE PROMESSE

Attendere che un chicco di grano germogli nuove promesse aspettare che un giorno di sole scaldi le arterie per accendere nuove speranze dei cuori in tumulto smarriti in un labirinto di voci dove l’indifferenza dell’uomo ha prevalso alla ragione e lo spirito divenuto materia ne avverte il disagio e stride. 2001 85


E SEI LUCE

Da un metafisico essere contornato d’ideali viluppi di sogni ancestrali codificano l’assunto del tuo essere donna tra giochi e paradigmi inebriati d’amore che nella tua sfera sensoriale respirano di luce e d’assoluto. E sei immensa a tessere simulacri di perle e di parole in sembianze di forme e desideri che intensamente vivi e mi regali. 2002 86


Metamorfosi, 1996 - marmo botticino, cm. 30x40x80

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ILLUDERSI

Guardando nel profondo di una notte senza stelle ci illudiamo di credere che le parole abbiano un senso. Scavando nei ricordi dell’appartenenza, un fiume in piena lascia sulle sponde le scorie di un percorso senza eguali, che inorgoglisce spirito e coscienza. Raccogliamo le briciole rimaste per offrirle ai nostri sentimenti come coriandoli di luce al nostro sguardo incredulo a cogliere i riflessi del passato. E dallo stelo di un fiore che declina, un altro fiore palpitante sboccerà alla luce di un amore che resiste nella pienezza della verità, come sogno che vive la dimensione dell’eternità. 2003 88


L’ARTE 4

Se l’arte nobilita il senso della vita e delle cose, l’artista ne avverte i richiami, le pulsioni della mente e del cuore che lo portano ad essere il protagonista di sé e del suo operato. 2004 89


LA RAGIONE

Nell’ambiguità di strani sortilegi incestuosa tra pallide lune avviluppandosi in substrati sensoriali esausta si piega la ragione. Cercando spazi inesplorati depone le sue scorie soffocando illusioni di mondi sconvolti da inerzie inconsulte. Ma è vano arginare la sua corsa affannosa: travolta da strali pungenti si piega e si dilata cercando momenti più certi nel magma dell’essere catapultato nella catastrofe originaria del suo esistere. 2005 90


SOGNO D’AGOSTO

Con ali luccicanti di sole folata d’ebbrezza mi viene a portare sussurri d’amore. La luce di un giorno d’agosto si specchia suadente nell’onda estasiata del cuore a scoprire le gioie sublimate d’azzurro imperlate d’anima e di sogno. Abbandoni di salso sapore solcano cieli ubriachi di te, di te che ti libri nel turbine avvolgente di trepida luce che t’accarezza e rapisce portandoti a me. 2006 91


APOTEOSI DI VITA

Dal cuore di un’arpa estasiata un assolo s’inerpica lieve sulle corde vibranti di luce, il mistero del bene si compie sulla corolla di un fiore baciata da un raggio di sole, la speranza diviene certezza d’amore, apoteosi di vita e d’armonia. 2007 92


PROSPETTIVE

Prospettive nuove in conversioni d’intenti accelerano moti sconnessi di visioni ineguali. Strutture egocentriche ruotano nell’orbita irreale del presente per riscattare l’orgoglio e la dignità dell’io piagato a nuove verità. 2008 93


DONO D’AMORE

Ho innalzato ai cieli calici d’ambrosia che ho travasato nel mio sangue per fartene dono. Ho violato tabernacoli d’avorio per dedicare a te tutto il mio amore. Ho acceso la speranza in aureola di sogno che a te mi accosta e mi fa sentire tuo. 2009 94


Soliloqui, 2004 - marmo composto, cm. 70x80

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STRALI

Strali di pensieri nell’ampolla del giorno stritolano teoremi sospesi nel nulla. Con ali di seta nella voragine del tempo cercano di captare il senso dell’appartenenza e sospesi al limite della conoscenza recidono catene per tornare a vivere e a sperare. 2010 96


CADENZATI STUPORI

Nell’iperbole spaziale d’ostinato incedere cadenzati stupori di frenesie d’albe circoscrivono alternanze di luci rapprese nell’ordine di eterei splendori. 2012 97


ACCORDI

Nell’assurda metamorfosi di amalgama ragionata locuzioni d’assunto generano intrecci di conturbanti parole che, con slanci virtuali, sormontano cieli di enigmatici accordi larvali, di embrioni lacerati da parossistici suoni. 2012 98


MOTI D’ANSIA

Palustri memorie in moti d’ansia di fiumi in piena sormontano eclissi d’ombre evanescenti che rincorrono la luce di liquorosi incensi, di miraggi damascati dove l’essere ritrova se stesso e la memoria, scolpita nel travaglio dell’ora, lo pone a trasvolare la sua entità ritrovata. 2013 99


FRAGORI

Catapultati in griglie di cristallo fragori violentano cieli pietrificati nelle orditure di mondi sconnessi sospesi nelle effimere scansioni del tempo che ne governa i sussulti per restituirli plasmati in allegorie d’immagini, di scorie incandescenti invasi d’utopie di incancreniti momenti. 2013 100


Astrazioni figurali, 1997 - radica di ulivo, cm. 20x40x100

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CAOS

Dal pentagramma del caos preesistente forze coercitive disgregano atomi d’incestuosi eventi che irrefrenabili, nell’incedere del tempo, segnano l’ora anticipandone la fine. 2014 102


DISSOLUZIONE

Frammenti di spazi circoscritti nel nulla nel disordine astrale navigano galassie buie e l’uomo, ombra di sé, nell’involuzione cosmica di mondi sconvolti avverte la dissoluzione del proprio essere occultato dalla stessa luce che lo ha generato. 2014 103



POSTFAZIONE

L’arte come totalità di vita. Questa è la concezione della vita e del pensiero di Stefano Lo Cicero che è un autentico umanista del nostro tempo. Figura poliedrica, pittore, scultore, poeta, autore di canzoni, interprete egli stesso con il suo inconfondibile timbro, Lo Cicero è uomo che dal mare attinge linfa vitale. E come il mare è mutevole il suo essere, così gli stati d'animo, le gioie e le sofferenze, la sua introspezione rivelano sempre una grande ansia di conoscere, agire, creare. Il suo orizzonte, da sempre, è la bellezza, il sogno, la capacità di astrarsi per sentieri nuovi e infiniti, dove il pensiero è sempre proiettato verso una laboriosità artistica che non si placa. Ecco quindi i suoi registri plurali che si fanno unità, profondo convincimento di una complessità che si snoda come attraversando un labirinto. La parola è così una sintesi di tante interiori sensazioni, emozioni, riflesso dell’anima permanentemente tesa alla ricerca di senso e di quiete. Ma la vita di Stefano è già consapevolezza dell’indicibile devozione alla bellezza e il suo sforzo di perfezione è scultura anzitutto di sé. Gli esiti della sua vitalità ed esperienza sono, infatti, già un patrimonio vivo della cultura siciliana. Lo Cicero ha saputo cogliere i grumi del presente trasformandoli in autentiche gemme simboliche. Il suo lavoro, instancabile, lo relaziona con l’essenzialità della natura, Stefano crede ai valori più che alle cose effimere, conosce bene l’umano genere e sa apprezzarlo quando meritevole di reciprocità, e tuttavia sa ritrarsi dalla volgarità che è dolore per scegliere l’armonia del sublime. 105


Cromaticità e segno forte, incisivo, spazi e visioni oniriche costellano la sua ricerca pittorica che sempre scopre nuove vie, non tanto per il conformismo del nuovo, quanto per trovare il punto d’origine. E così per la scultura, per l’intrinseca dualità che Lo Cicero sa imprimere con decisione alla materia, che esalta nella forma primordiale e nella capacità di leggere oltre l’immagine, oltre la forma stessa. Sono medesimi i fondanti temi della sua poesia ricca di pathos, di sentimenti vibranti, di snodi esistenziali che troviamo espressi con lucentezza anche nella lingua siciliana, che Lo Cicero sa far rifulgere con i suoi versi limpidi e che padroneggia compiutamente. Il canzoniere di Stefano sulla scia dei classici come Petrarca e Meli e dei moderni come Sbarbaro, Buttitta e Luzi, distilla una poesia senza tempo e senza ipocrisie, senza veli e concessioni, insomma, allo spirito dei tempi odierni. Controvento, solitario, nella sua barca di legno, di carta o di vento, Lo Cicero ci dona una ricchezza spirituale che il verso, la calda, mediterranea liricità dei suoi canti, ci fanno percepire profondamente come identità e meraviglia. Ritornare all’Arte, al Sentimento, agli Ideali, può essere una via di rinascita per tutti. Per Stefano Lo Cicero significa continuare a segnare le tappe di una complessa, umanissima e straordinaria avventura d’anima e di stile, che ha saputo e sa manifestare nelle sue Opere, nel miracolo dello svelamento veritativo, dell’essere per l’Infinito. Tommaso Romano

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STRALCI DI CRITICA …Può accadere che il suo istinto poetico, ricco di motivate suggestioni, prevarichi la stessa ragione, sommergendola con l’onda del suo sentire poetante, cosicché il verso, talvolta, rischia quasi di essere risucchiato dall’impeto della sua stessa forza enunciativa… Da: Presentazione Silloge “Riflessioni” - Agrigento, maggio 1976 Pietro Amato — …La consistenza del verso armonico e ben articolato si fa motivo di incisiva espressività che, varcando i confini del reale, diviene luce che alimenta le sfere orbitanti del poeta… Da: Il Gazzettino di Sicilia, RAI - Palermo 1976 Ugo Alvaro Bazan — …Nella veste di pittore come in quella di poeta, lo Cicero dimostra di possedere uno spirito d’osservazione preciso, che si muove in una dimensione soprattutto umana e identificandosi, altresì, in una realistica entità di testimonianze e di indagini. Testimonianze e indagini che si trasformano in tanti ingranaggi perfettamente e facilmente agibili, dai quali producono risonanze, suscitano emozioni e sensazioni, schiudono orizzonti e speranze… Da: Rivista “Voce di Ferrara” - Ferrara, 10 aprile 1976 Rino Boccaccini — …Abbiamo, quindi, una doppia personalità di Stefano Lo Cicero: il poeta-pittore e il pittore-poeta; potrebbe sembrare una tautologia, un giuoco di parole ed invece è lo scavo profondo e raspante di un’anima enucleata nel vero, che descrive la realtà con occhi proiettati nella fantasia del verso e ripetuta in quella delle tele… Da: Presentazione in catalogo, “La Ghibellina” - Firenze, ottobre 1974 Antonio Caggiano — …Poesia, come quadretti colorati, esposti alla luce del sole e dell’anima, come specchi colorati che rifrangono atmosfere dense di

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immagini sensoriali e cosmiche che ruotano attorno all’asse esistenziale del poeta… Da: Motivazione - Premio “Federico De Maria” - Palermo, 1956 Aldo Capasso — …C’è un costante rapporto tra sentimento e capacità espressiva come modulazione di un’unica geografia di emozioni, di impulsi, di voci e di immagini che la ricchezza di un linguaggio come il dialetto siciliano rende nella varietà delle sue esplicitazioni. Si ha allora l’impressione che il poeta voglia fissare nell’imponderabile flusso del verso con inflessioni sapientemente modulate, i suoi umani trasalimenti e tutto il mondo di pensieri che urgono alle soglie della sua vigile coscienza… Da: Postfazione - Silloge “Spiragghi di lustru” - Palermo, gennaio 1996 Giovanni Cappuzzo — …Con l’inquietante analisi di scavare nei labirinti dei suoi dissidi, la poesia di Lo Cicero, apparentemente fragile, trae sostanza dal concetto edificante della forma e della parola che, da reminiscenze vissute o inventate, crea certi riscontri di vita e di abbandoni inerenti la sua sicilianità di artista fervido e irrequieto… Palermo, maggio 2001 Vincenzo Consolo — …Nella sua poesia si trova un mondo in incandescenza, direi vulcanico, per l’empito lirico che lo percorre e che rivela l’insopprimibile vena della ispirazione. Il bilinguismo delle sue raccolte non imprime toni diversi all’intensità formale che converge sulla parola sempre carica di una riflessione feconda di immagini adeguate. E, a proposito di immagini, l’emblema del poeta-artista è nel suo distico: “Genuflesso / mi innalzo”. Un distico che è come un bassorilievo dantesco in cui è “un visibile parlare” dell’uomo in preghiera… Palermo, 4 febbraio 1997 Giuseppe Cottone — …Tutte le sue espressioni d’arte: pittura, grafica, scultura, poesia sono contrassegnate da una evidente omogeneità essenziale. La rifles-

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sione è, in lui, sempre condotta con partecipata sensibilità, regolata da un vigile controllo che la salva da ogni eccesso, la rende agevolmente accessibile e fa meritare ancora oggi al poeta e all’uomo quella qualifica di “mediatore delle dialettiche più disparate” che gli assegnò alcuni anni fa Aldo Gerbino nella prefazione al suo libro di poesie “Riflessioni”… Da: Esposizione - Circolo Culturale “Leoni” - Palermo, maggio 1997 Antonino De Rosalia — …Il punto fermo su cui giostra la “parola” di Lo Cicero è la sua insoddisfazione di uomo, il suo continuo cercare una giustificazione alle proprie parole, ai propri gesti, ai propri scrupoli. Nei versi di Stefano Lo Cicero incontriamo più spesso l’accondiscendenza lirica, altre volte il gusto della sintesi, anche se il primo parametro è illimitato substrato dove trova posto la versificazione del poeta. C’è l’angoscia di giorni e di ore, il fluttuare lento del tempo è una realtà alla quale l’artista non si assuefà, ma violenta con rabbia torpori indefiniti, abbiasciati nel crocicchio della speranza, della voluttà, della vita, dell’amore… Da: Prefazione Silloge “Riflessioni” - Ferrara, gennaio 1976 Aldo Gerbino — …C’è nei versi del poeta un velato senso di tristezza che sottolinea l’incapacità degli esseri umani a risolvere la loro problematica anche se, nella concisione dello stile, nella sonorità della parola e nel linguaggio preciso ed appassionato, si intuisce la forza di ribellione contro tutto ciò che ostacola le aspirazioni e le speranze… Da: Rivista “Cosmo 2000” - Roma marzo 1976 Hector — …Infatti è una tentazione “forte” che ci irretisce, specie nel caso di un poeta come Stefano Lo Cicero che è al contempo valente pittore e scultore. Obiettivamente fa parte della prosopopea poetica del nostro autore servirsi delle sue doti di artista tout court per creare immagini palpitanti e corpose ma al contempo ricche di toni e chiaroscuri fino a darci visioni “a tutto tondo” per ridisegnare e sentimenti e

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forme in una sorta di paesaggio dell’anima. C’è nell’abbraccio del sole, del vento e del mare, tutta un’isola come apoteosi finale di un uomo, cosciente della sua centralità nell’essere… Da: Prefazione a Silloge “Cuda di dragu” - Palermo, maggio1999 Alfio Inserra — …La fluidità del verso, armonico e ben articolato, sovente si adagia a narrazioni di pacato lirismo dove il concetto e la parola, legati da un’osmosi ideale, estrinsecano l’emotività del poeta e dei suoi trasalimenti… Da: Rivista “Controcampo” - Torino, novembre 1978 Luigi Luisetti — …Il ritmo lirico di Stefano Lo Cicero è decisamente simbolico e metaforico sino agli estremi di un ermetismo sano e fecondo, perché tutto il suo paesaggio tematico, fatto di assenze, di attese e di trame esistenziali e storiche, spicca come strumento di verità e di sapienza coscienziale, ma si impone sul piano letterario per la straordinaria fluidità stilistica e per l’ottimo montaggio della struttura… Da: Motivazione 1° Premio Marineo - Marineo (PA), maggio 1999 Pietro Mazzamuto — …Sempre solerte a cogliere le istanze e le suggestioni del suo modo di essere artista a tutto tondo, Stefano Lo Cicero, captando il momento propiziatorio, riesce a dare voce ai suoi incantamenti che lo portano ad essere sensibile poeta, artefice di sé nella spazialità del suo animo complesso e variegato che nella poesia trova il supporto ideale per identificarsi piccola parte di un tutto a lui congeniale… Da: Esposizione - Circolo Culturale “Leoni” - Palermo, maggio 1999 Giovanni Monti — …Mi preme qui evidenziare quanto mi abbia intricato il constatare che nella sua poetica il punto interrogativo delle domande estreme che la vita gli pone ad ogni svolta sia la costante della sua poetica, che in vari tratti tocca i vertici della ricerca metafisica. Sì, la poesia è un mistero, anche nel quotidiano esistere nell’essere e nell’appa-

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rire, da dove trarre l’ispirazione all’ubi consistam che il Lo Cicero ha costantemente nel suo pensiero poetante… Palermo, marzo 1997 Nino Muccioli — …La poesia di Lo Cicero si delinea come ricorrente ricerca di voci - in sé e fuori di sé - in una sorta di interrogazione iterata, incisiva, ostinata, proiettata in una commensurazione etica condotta dall’animo sempre attento del poeta siciliano… Da: Periodico “Trentagiorni” - Torino, ottobre 1978 Giuseppe Nasillo — …Poesia come necessità di rapportarsi con l’universo del proprio status emotivo della sua indole introversa che, cercando spazi incontaminati, alimenta la costante smania del versificare, librandosi con ali più certe ad una dimensione spirituale più sua… Da: Presentazione Silloge “Riflessioni” - Monreale, giugno 1978 Salvatore Orilia — …Qui siamo in presenza di una poesia fortemente maturata e dentro la quale emerge la (auto) coscienza del poeta che ha veramente da dire segmenti di vita interiore che oscillano tra memoria ed attualità, con un lessico robusto e sferzante. Immagini efficaci e versi innamorati preludono a permanenti fessure di luce… Da: Rivista “Insieme nell’arte” - Palermo, maggio 1996 Nicola Romano — …Con la poesia di Stefano Lo Cicero la cultura siciliana ha certamente raggiunto una delle vette più alte della creatività letteraria. L’uso sapiente della lingua dell’isola pone Lo Cicero a misurarsi con i grandi e i piccoli temi dell’universo con una coscienza critica unita ad un lirismo autentico… Da: Silloge “Cuda di dragu” - Palermo, maggio 1999 Tommaso Romano — …I suoi versi carichi di amore per il meglio della vita, sgorgano

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spontanei da una mente fervida e piena di emozioni, di sentimento e di fuoco mediterraneo, che si eleva per creatività, armonia e purezza di stile, spesso incisivo, tagliente e martellante più che metallo sotto i colpi del maglio… Palermo, luglio 1989 Enzo Siciliano — …Le poesie in vernacolo presentate in questa antologia dal poeta - pittore Stefano Lo Cicero sono espressioni di una concezione filosofica che non conosce e non vuole farsi imporre limiti e ingessature legati ai codici estetici più consolidati; sono, cioè, la riprova e la conferma che anche il dialetto, quando adoperato, manipolato, plasmato da un poeta dotato di sensibilità e cultura, è strumento perfetto per fare vera poesia… Da: Poeti del Ventesimo Secolo - Seledizioni - Bologna, 1989 Franco Tralli — …Questa recente fatica letteraria di Stefano Lo Cicero è l’espressione della sua potente forza lirica e della sua indubbia intensità espressiva. Egli è un maestro delle arti figurative e lo è altrettanto nella poesia dialettale siciliana. Nella sua pittura scopri le luci, i colori, le sensazioni; nella scrittura percepisci il linguaggio, il ritmo, la individualità, la possente vitalità: linguaggi paralleli nella poesia e nelle arti figurative… Da: Silloge “Cuda di dragu” - Palermo maggio 1999 Giuseppe Virgadamo — …La poesia di Lo Cicero è indubbiamente sofferta, poesia di un dolore distillato in silenzio, attimo per attimo, con la tragica prospettiva della fine. Poesia di dolore, ma anche poesia di amore; che descrive il mistero perché tenta di risolverlo, che raffigura la violenza perché la ripudia, che canta l’amore perché lo pone come modello… Da: Silloge “Cuda di dragu” - Palermo, maggio 1999 Lucio Zinna

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NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE Lo spirito creativo di Stefano Lo Cicero si manifesta in diversi settori: dalla poesia al canto, dalla grafica alla pittura, alla scultura. A quindici anni scrive già versi sia in dialetto siciliano che in lingua italiana e fa le sue prime esperienze di pittura. Fin dal 1956 partecipa a molti prestigiosi Premi di poesia sia in lingua che in dialetto siciliano non solo a livello nazionale ma anche internazionale, riscuotendo attenzioni e ampi consensi di critica, vincendo nel 1978 il Primo Premio A.S.MI. Nel 1958 si affaccia alla ribalta della musica leggera: iscritto alla S.I.A.E, compone testi e canzoni che partecipano a Concorsi e Festival a carattere nazionale: “Concorso Voci e Canzoni Nuove” – “Selespettacolo Milano” - “Concorso Il Vulcano d’Oro” In qualità di autore, partecipa a vari Festival della Canzone, come quello di Soverato, di Ariccia, di Catania, meritando ampi consensi di pubblico e di critica. Parallelamente ad altre sue manifestazioni artistiche, nei momenti di ispirazione, si dedica alla poesia, inserendo suoi scritti in riviste letterarie, antologie e raccolte di liriche. Nel 1974, in occasione di un gemellaggio tra artisti siciliani e toscani, ha modo di relazionarsi con Ruggero Orlando, Renato Guttuso, Leonardo Sciascia ed altri prestigiosi esponenti della cultura. Nel 1976 pubblica, per la Casa Editrice Alba di Ferrara, la sua prima raccolta di poesie in lingua italiana, “Riflessioni”, con prefazione di Aldo Gerbino. La silloge viene presentata da Nino Muccioli, Giovanni Cappuzzo e Lucio Zinna al Circolo della Stampa di Palermo. Dagli anni ottanta al duemila è un momento di profonda riflessione per Lo Cicero. Senza abbandonare la pittura e la scultura, torna alla poesia: nel 1996 pubblica con la postfazione di Giovanni Cappuzzo, “Spiragghi di lustru”, edito da Ila Palma; una raccolta di versi in dialetto siciliano, che si classifica al secondo posto al “Premio Città di Marineo”. Nel 1998 si aggiudica il Primo Premio di Poesia dialettale “Loredana Torretta Palminteri”. Nell’edizione del 1999 ottiene il “1° Premio Città di Marineo”, con la nuova raccolta di liriche in vernacolo, “Cuda di dragu”, Edizioni Thule, con prefazione di Alfio Inserra e ancora, con la stessa silloge, nel 2013, si aggiudica anche il “Premio Sigillum”.

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Nel corso degli anni le sue sillogi sono state presentate con recitals anche di altre sue poesie inedite, in varie città. Sue poesie sono inserite in varie antologie e riviste, fra cui: “Profumo di zagara” - Ed. ASLA, Palermo 1967; “Pittura e Poesia d’oggi” - Manzella Editore, Roma 1972; “Il Temerario” - Roma 1975; “Notiziario Fidas” - ADVS, Palermo 1976 e 1985; “Poeti del Ventesimo Secolo” - Seledizioni, Bologna 1989; “Parola di poeta” Seledizioni, Bologna 1992; “Antologia Premio Città di Marineo” - Ed. Ila Palma, Palermo1993 e 1994; “Poeti siciliani e non” - Documenta 2000, Palermo 1994; “Giornale di Sicilia”, Palermo 14 luglio 1994; “Antologia Premio Città di Marineo” - Ed.Ila Palma, Palermo 1996; “Artenoide: Poesia ‘97” - Ed. Artenoide, Palermo 1997; “Le poesie di San Valentino” - Ed. Federico, Palermo 1999; - “Antologia Premio Città di Marineo” - Palermo 1999; “Emigrazione Siciliana” a cura dell’U.S.E.F., Palermo 2003; Monografia “Rapsodie dell’anima” Edizioni Li.Art, Palermo 2005; “InformAvis” - S. Croce Camerina (RG), 2008 - “Lunario di Poesia 2013” - Ed. Del Giano - Roma 2013; “Almanacco Thule 2014” - Ed. ISSPE, Palermo 2013; “Il Sigillo Cultura 2014” Ed. Thule, Palermo; “Tempo di poesia 2015” - Spazio Cultura Edizioni, Palermo. Il terzo millennio riporta l’artista ad una sua antica e nascosta passione: in qualità di cantautore scrive diversi testi di canzoni sia in italiano che in siciliano, riscuotendo segnalazioni e proposte di incisione da alcune case discografiche; incide queste sue composizioni musicate in diversi CD, registrandone i diritti d’autore alla S.I.A.E. Nel 2014 si classifica finalista alla 40ª edizione del “Premio Città di Marineo”, con la silloge inedita in lingua siciliana“Mutivi”; la stessa silloge viene premiata nella sezione in lingua siciliana del Premio Letterario “La campana di Burgio 2014”. Nello stesso anno vince anche, il “Premio Asprazzurra 2014” alla carriera. Frequenta l’ambiente artistico della sua città ed è sempre presente nelle varie manifestazioni di poesia, di arte e di cultura in genere, dove si fa notare per la sua spiccata versatilità. Ha in preparazione, per la stampa nel 2015, la silloge in dialetto siciliano “Mutivi”. Palermo, giugno 2014

Lilli Rizzo Del Bosco

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INDICE POESIE

Prefazione di Salvatore Lo Bue Autoritratto Ricordi perduti Sola Missionari A Dio L’ultimo grido Il nostro amore Non credere Coscienza d’uomo Così sospeso Attesa 1 Per credere Poeta Plasma gli animi, oh Dio! Pennello L’ultimo addio La grazia Violenza Pianto di stelle Rosmida Alba Quando i cieli … Ad un amico Il pozzo della vita Respiri di onde marine La vita Questo mio momento

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Esultanze Il semaforo Stupori Invano aspettai Maternità Estasi La primavera Mostri senz’anima Ho seminato Miraggio di vita Germogli La conchiglia Dubbio Sinfonie d’arcobaleni Evento d’amore Voli Nella luce della vita Accarezzando silenzi Ideali In nome del credo Nuova forza Aspettare Solo così Volontà Desideri del tempo Ancora La vergogna Nei gorghi del passato Meditazione Noi L’artista

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Illusioni Grovigli Nuove promesse E sei luce Illudersi L’arte 4 La ragione Sogno d’agosto Apoteosi di vita Prospettive Dono d’amore Strali Cadenzati stupori Accordi Moti d’ansia Fragori Caos Dissoluzione Postfazione di Tommaso Romano Stralci di critica Note biobibliografiche Indice delle poesie Indice delle illustrazioni

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INDICE ILLUSTRAZIONI

Autoritratto - disegno, matita grassa Accordi in giallo - cromostruttura Voli del pensiero - scultura Estasi e memoria - cromostruttura Preludio - olio-tecnica mista Maternità - cromostruttura Dinamicità - scultura Cavalcando desideri - olio-tecnica mista In nome del credo - disegno, pennarello Modulazioni - cromostruttura Ricordanze - olio-tecnica mista Metamorfosi - scultura Soliloqui - cromostruttura Astrazioni figurali - scultura

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Pubblicazione a cura dell’Ass. Fondazione Thule Cultura, no profit Via Ammiraglio Gravina, 95 – 90139 Palermo - www.edizionithule.it Attività culturale senza scopo di lucro ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. del 26-10-72, n. 633 La proprietà artistica, letteraria e i diritti sono riservati all’autore Finito di stampare da “La Tipolitografica”srl – Palermo, Novembre 2014



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