Impresa agricola formativa

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L’impresa agricola formativa. Definizione L’impresa agricola formativa non si caratterizza per l’esclusività della tipologia multifunzionale in quanto si orienta al modo di essere imprenditore, cioè alla sua persona, più che al tipo di produzione o servizio che offre. La denominazione può appartenere a qualsiasi contesto purché l’imprenditore abbia determinate e certificate competenze. Il contesto La società pone molta attenzione alla competitività, in quanto la tecnologia ha sostituito il lavoro non qualificato; pertanto al lavoratore e all’imprenditore viene chiesto un uso più intelligente e meno meccanico delle proprie abilità e queste competenze, acquisibili in vari modi ma con costanza nel tempo (long life learning), oggi hanno bisogno di essere evidenziate con metodi oggettivi (certificazione) e ove possibile misurabili. La finalità è quella di far emergere le complesse competenze di un imprenditore agricolo che raramente ne è consapevole e, quando lo fosse, tende più a nascondere le sue performances che esporle per un possibile apprezzamento. Proponendoci, nel costruire questa nuova metodologia integrativa di impresa agricola, l’obiettivo di creare opportunità economiche , la capacità, l’abilità e l’esperienza vanno ovviamente organizzate quale servizio remunerabile. La Regione Marche, traducendo disposizioni del Ministero del Lavoro (D.M. n. 174/01, definizione del modello di standard minimi sulle competenze professionali ) , sta creando un circuito di riconoscimento delle competenze con l’istituzione del libretto di lavoro e la valutazione pubblica delle abilità dei professionisti operanti nelle strutture formative già accreditate in ambito di attività cofinanziate dal FSE. L’attivazione di nuove modalità di ingresso nel mondo del lavoro, derivanti dalla Legge Biagi, quali, tra le altre, l’apprendistato professionalizzante inserito gradualmente con i nuovi contratti di lavoro e di notevole interesse per il rinnovo degli organici delle Imprese di servizio delle Associazioni datoriali agricole e la formazione di operai agricoli, danno l’avvio al valore formativo dell’impresa con la definizione del tutor aziendale e il suo riconoscimento con brevi percorsi formativi (12 ore). Peraltro in tale ambito, seppur in minoranza, Confindustria Marche ritiene di poter sostenere, senza l’azione dell’Ente formativo accreditato, tutto il percorso formativo annuale, previsto dall’apprendistato professionalizzante (120 ore) ,all’interno delle proprie imprese, dotate, a suo dire, di strumentazione e know-how, non inferiore a quello proponibile dalle strutture di formazione. La riforma della scuola, l’istituzione di tirocini, i nuovi percorsi formativi (IFTS. Masters, specializzazioni) identificano, 1


con diverse modalità, la fruizione dello stage e del contesto di lavoro con tutorial, come un valore preventivo per il miglioramento e l’attualizzazione dei profili professionali in uscita. Per chi Per tutte quelle imprese che, dotate di capacità relazionali e didattiche, sentono di poter rendere un servizio, e quindi richiedere la quantificazione economica di esso, a studenti, giovani imprenditori, immigrati lavoratori nei campi, cittadini che intendono apprendere per interessi ambientali/rurali e gestione del proprio habitat. La disponibilità ad una formazione continua è comunque un prerequisito. Il percorso • Verificare nelle imprese giovani, soprattutto condotte da donne quali perplessità trovi questo modello complementare di imprenditore agricolo. • Confrontarsi con le imprese che gestiscono le fattorie didattiche e analizzare le potenzialità , i limiti e quale base metodologica comune possa esserci. • Confrontarsi con le imprese che sono partecipi come aziende dimostrative in progetti di ricerca o divulgazione. • Verificare quali carenze (lingue, informatica) possano condizionare lo sviluppo delle potenzialità. • Confrontarsi con altre Regioni, in campo nazionale ed estero, che sviluppano percorsi formativi su abilità legate alla didattica e al tutoraggio. Il valore Poniamo l’attenzione essenzialmente su quello economico, tralasciando le considerazioni di aspetto politico relative al fatto che il ricambio generazionale, la tramandazione del sapere e la cultura agricolo-rurale siano comunque valori collettivi. La necessità di apprendere a contatto diretto con l’azienda, se lasciata al solo concetto che è bene che il discente faccia anche un pò di pratica, non credo genererà attenzione e quindi opportunità di reddito. Bisogna partire dal concetto che l’imprenditore agricolo formativo non deve essere scelto a caso ma deve offrire all’utenza le condizioni per investire in professionalità. Partiamo dal riconoscimento nel campo della pubblica istruzione : la scuola necessita di far conoscere i vari modelli di impresa, e a seconda della sua specializzazione l’incontro formativo discenteimprenditore ha diverse finalità, tempi e metodi. I percorsi post diploma e post laurea: tutti prevedono circa il 30% del monte ore in stage in azienda, oltre a piccole possibilità per l’imprenditore di essere anche docente in aula. 2


Nel settore agricolo la qualifica di giovane imprenditore, per chi non aveva acquisito titoli di studio coerenti, si otteneva con corsi di 150 ore che, ovviamente non possono creare nessuna attrazione; questi , invece, possono essere reimpostati con gradualità, nella logica della formazione continua , avvalendosi di imprenditori senior, con funzioni di tutor, e di formatori con ruolo di coach (allenatore) in una logica di integrazione. L’azienda, ovviamente a norma, può divenire luogo di formazione, con riconoscimento dei costi, ad es. ammortamenti delle attrezzature didattiche, le spese di cancelleria, oltre che della sala e, per eventuali corsi giornalieri, anche del costo del vitto per ogni allievo. Oggi si parte dal fatto che avere un giovane in azienda per un tirocinio/stage sia già di per se un’opportunità per l’imprenditore e ciò sta a significare che l’allievo impari da sé o addirittura confrontandosi fuori azienda con il professore o referente accademico. Ma allora è l’azienda che crea apprendimento (intesa come la stalla, le colture, il paesaggio)? Oppure è la strategia di organizzare con “best practices” la stessa azienda gestendo tutte le problematiche esterne che ne creano sviluppo o limite? Noi puntiamo sulla professionalità, certificabile e da costruire dell’imprenditore che forma, usando l’azienda come strumento didattico. Si può convenire sul “quid” del riconoscimento del costo /impegno nel formare, ma se è un vero imprenditore capace di trasmettere conoscenza allora è un valore economico !! Gli sviluppi Quando ci si prefigge di creare un’innovazione (come quella di creare la figura dell’impresa agricola formativa) bisogna porsi anche l’obiettivo di creare continue opportunità in itinere. Entro l’anno l’U.E. ridefinirà i programmi comunitari legati alla mobilità degli studenti e dei lavoratori, con un budget di 13.6 miliardi di Euro. Per le scuole medie di I° e II° grado, sarà approntato un programma, per le Università un altro, per i lavoratori un altro ancora. Noi stessi, quando partecipiamo a questi tipi di programmi andiamo a visitare aziende agricole all’estero per vedere l’impatto della PAC su di esse e in tali occasioni ci offrono una colazione, parlano della loro azienda con l’aiuto di un interprete e ci accorgiamo che sono spesso degli anziani, con aziende normali e ce ne ritorniamo a casa attratti essenzialmente dal panorama. Sono scelti dal tour operator didattico, pagati e via. Ma se invece ci fosse un’associazione che selezioni le aziende e renda queste luogo di vero apprendimento, all’impresa sarebbe riconosciuto un peso e un valore, monetizzabile, nettamente superiore.

25/07/2007

Dott. Stefano Pierini 3


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