LO SCAVO_IL BASAMENTO_IL BORDO Un luogo identitario per Contrada San Francesco
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA BASILICATA MATERA DIPARTIMENTO DELLE CULTURE EUROPEE E DEL MEDITERRANEO: ARCHITETTURA, AMBIENTE, PATRIMONI CULTURALI
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE A CICLO UNICO IN ARCHITETTURA
(Classe LM-4 delle lauree magistrali in Architettura e Ingegneria Edile) (Conforme al D.M. 270/2004 e alla Direttiva 85/384/CEE)
Tesi di Laurea Sperimentale LABORATORIO DI RAPPRESENTAZIONE DELL'ARCHITETTURA
LO SCAVO, IL BASAMENTO, IL BORDO. UN LUOGO IDENTITARIO PER CONTRADA SAN FRANCESCO
LAIDE ALIANI 39566
LAUREANDI:....
STEFANO SILEO 39502
RELATORI:
CORRELATORI:
PROF. ARCH. ANTONIO CONTE
PROF.SSA ARCH. ANTONELLA GUIDA
PROF. ARCH. GIUSEPPE ROCIOLA
PROF. ING. ANTONELLO PAGLIUCA
ANNO ACCADEMICO 2016/2017
Alle nostre famiglie
INDICE INTRODUZIONE CAPITOLO 1 l ABITARE LA TERRA 1.1 _ Coscienza del sottosuolo 1.2 _ Le origini 1.3 _ Classificazione tipologica 1.4 _ Architetture scavate _ casi di studio 1.5 _ La città scavata _ Matera 1.6 _ Utopie ipogee 1.7 _ La risposta contemporanea
CAPITOLO 2 l ARCHITETTURA IPOGEA E SOSTENIBILITA’ 2.1 _ Abitare il Mediterraneo 2.2 _ Alcuni principi di progettazione tradizionale dell’abitare Mediterraneo 2.3 _ Abitare il Mediterraneo
CAPITOLO 3 l SOGLIE URBANE 3.1 _ Segni nel Paesaggio 3.2 _ Margine 3.3 _ Matera sud _ Città in espansione CAPITOLO 4 l PROGETTO _ Un luogo identitario per Contrada San Francesco 4.1 _ Lo Scavo _ Il Basamento _ Il Bordo 4.2 _ Progetto della piazza e della scuola materna 4.3 _ Progetto dell’auditorium e della biblioteca CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA
L’espansione delle aree urbanizzate è un fenomeno che ha dimensioni globali e nasce da fattori e motivazioni di ordine economico e sociale ormai necessari e difficilmente modificabili. La periferia sud della città di Matera ha subito, in passato, uno sviluppo urbano, con finalità legate al solo interesse economico, che non ha previsto una ricerca capace di rileggere il contesto culturale ed architettonico. Gli abitanti non si sono mai riconosciuti in quegli spazi, visti solo come agglomerati residenziali e non come organismo urbano. Il progetto si inserisce all’interno di un intervento di lottizzazione già previsto e che sarà realizzato negli anni a venire, provando a dare una struttura reale e fisica a quello che, in un tempo futuro, avrà le potenzialità di divenire “luogo” in cui gli abitanti riusciranno ad identificarsi ed a riconoscersi. Si tenta di raggiungere questo obiettivo compiendo un’azione critica, di selezione e di reinterpretazione dei caratteri e degli archetipi dell’architettura antica e classica, ed effettuando una rilettura dei metodi costruttivi tradizionali che caratterizzano il mediterraneo.
Lo studio è stato effettuato a partire dalla ricerca delle origini dei sistemi insediativi e delle varie tipologie sviluppate nel mediterraneo, poi confrontate con quella che è la realtà del nostro territorio. I Sassi di Matera rappresentano un paesaggio con specificità legate alla geomorfologia delle gravine, per comprenderne la genesi è stata fondamentale l’analisi dei sistemi di habitat tipici e le tecniche utilizzate dalle altre civiltà. Per coglierne i caratteri è stata fondamentale l’analisi delle tipologie e delle tecniche legate all’abitare rupestre nelle aree litiche e terrose. Sono stati poi ricercati principi, invarianti e mutazioni riferiti all’area culturale-architettonica del Mediterraneo da interpretare attraverso il progetto, cercando quindi nuove modalità architettoniche ed espressive dell’abitare rupestre, minimizzando quelli che sono gli effetti negativi dell’antropizzazione sull’ambiente ed il conseguente uso eccessivo, perseguendo obiettivi non solo di tipo ambientale ma soprattutto sociale, cercando poi di operare nel rispetto del contesto territoriale e paesaggistico.
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Introduzione
CAPITOLO 1 | ABITARE LA TERRA
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1.1 Coscienza del sottosuolo
Gli ambienti sotterranei sono stati uno dei primi rifugi dell’uomo primitivo. Le dure pareti di roccia rappresentavano un riparo sicuro e definivano uno spazio abitato nettamente distinto da quello all’esterno. Era allora naturale che la caverna avesse caratteri positivi, richiamando inconsciamente il ventre materno. La terra, matrice primaria, suggeriva altresì il contatto con le divinità. Si scava per necessità estraendo materiale da costruzione o da rivestimento, si scava per motivi pratici realizzando gallerie e fondamenta e, ancora, si scava per ridare luce alle tracce del nostro passato stratificato. Le motivazioni che suggeriscono il ricorso all’architettura ipogea delle volte risiedono nella necessità di rinunciare alla forma esterna, “al di sopra”, per lasciare spazio alla bellezza del paesaggio o per costrizioni ma raramente è una libera scelta di un’alternativa progettuale. Nelle “Cosmicomiche” di Italo Calvino, vi è un racconto in cui il protagonista, dal nome
impronunciabile, descrive la Terra da un insolito punto di vista, cioè dall’interno. Vive nel sottosuolo e al di sopra ammira “il cielo di pietra”. Prova disprezzo per gli abitanti della terra battuta dai venti e dal sole perchè sono poco propensi a considerare il vero spessore delle cose, noi umani risultiamo essere creature superficiali. Nel mondo di sopra anche il suono viene scomposto e trasformato in rumore, laggiù, invece, tutto è percepito come una serie di onde ovattate, ammorbidite dagli strati della terra, rassicurante e familiare com’è per il feto lasciarsi cullare dal ritmo del cuore della madre. Questo passo ci aiuta a comprendere che la linea di terra non dev’essere vista come la divisione tra ciò che è vivo e ciò che è morto, non può essere, con le sue fondazioni, solo la premessa di una costruzione¹. Il progetto ipogeo è uno scavo nel profondo, non solo nel senso strettamente fisico ma anche simbolico. L’architettura funzionale, fatta di miniere e gallerie, si trasforma
così in un’architettura poetica e organica, pensata per l’uomo e per le sue attività. Negli ultimi decenni vi è stata una forte crescita delle aree urbanizzate rispetto a quelle agricole, l’alterazione della superficie terrestre ad opera dell’uomo è sempre esistita ed aumenta esponenzialmente seguendo l’aumento della popolazione. Lo sfruttamento di aree di valore ambientale ha fatto nascere l’esigenza di riformulare gli approcci progettuali, cercando nuove strategie per trasformare l’abuso del suolo in utilizzo del sottosuolo. Esistono casi di interventi che non sono andati in direzione del recupero dell’esistente, nè verso la sperimentazione di nuove costruzioni ma hanno prodotto architetture ipogee capaci di rispondere alle esigenze di grandi volumi commerciali, artigianali, edilizi e di viabilità². L’architettura sotterranea, invece di incutere timore, deve essere risposta al problema contemporaneo dello sviluppo rispettando l’ecosistema. Realizzare architetture
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CAPITOLO 1 | ABITARE LA TERRA
Hypernurnia_Mathew Borrett
interrate, permette all’opera di confrontarsi con la natura del contesto, creando un vero e proprio legame di cui fa parte.
1 c.f.r. “Il rovescio della città e l’architettura dello spazio” in “I futuri della città” di G.Demetteis_Angeli_Milano 1999 2 c.f.r. “Architetture senza architetti” di J.May_Rizzoli_ Milano 2010
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1.2 Le origini
La costruzione per sottrazione presuppone la necessità di adattamento dell’uomo all’ambiente in cui vive e la necessità a modellare il suo territorio in base alle proprie esigenze. Molti comportamenti dell’uomo, sono stati acquisiti dall’osservazione del mondo animale e dalle modalità con cui è riuscito ad adattarsi in contesti ambientali e climatici differenti, traendo vantaggi, non solo di protezione dai predatori, ma anche giovamenti termici e di ventilazione. Infatti è proprio l’adattamento al clima, che prevede forti escursioni termiche, che ha spinto l’uomo ad edificare per sottrazione oltre che la necessità ad evitare incursioni nemiche. I vantaggi dipendono da più fattori quali le proprietà termoisolanti del terreno nelle aree in cui vi sono variazioni climatiche stagionali, o addirittura giornaliere, importanti; segue la possibilità di costruire un rifugio con l’utilizzo minimo di risorse, in quanto i mezzi ed i materiali impiegati per lo scavo oltre ad essere modesti sono facilmente reperibili.
La scelta dei luoghi non era casuale, veniva fatta sulla base dell’orientamento, alla vicinanza ai corsi d’acqua, alla presenza di vegetazione ed alla buona visibilità. Le tecniche di sottrazione variano in base alle caratteristiche della stratigrafia del sottosuolo, per le aree terrose la tecnica di taglio è facilitata dalla morbidezza della materia , a differenza delle aree litiche caratterizzate da una maggiore consistenza e quindi richiedendo l’uso di tecniche più complesse e tempi maggiori. Si tratta non di un adattamento passivo, bensì di un uso attivo delle caratteristiche del suolo in rapporto alle condizioni ed alle necessità dell’abitare, ed è espressione di una comprensione del luogo che si vuole abitare, una conquista ambientale. La città è un’opera d’arte complessa, è il luogo della rappresentazione dell’identità di chi lo vive, il genius loci è un concetto legato alla definizione romana dello “spirito” del luogo posseduto ed abitato dall’uomo¹. La grotta è stata la prima casa dell’umanità,
gli uomini che la vivevano sono chiamati “trogloditi”. Le abitazioni rupestri sono state utilizzate per insediamenti urbani in ambienti caldi e asciutti quali i paesi del Mediterraneo, il sud degli Stati Uniti e la Cina. La conformazione geologica del terreno o dei rilievi presenta condizioni favorevoli, ovvero rocce “morbide” agevolmente lavorabili. Il terreno, contrariamente a quanto si pensa, non è il miglior materiale isolante, costituisce però un eccellente moderatore delle fluttuazioni termiche. Le sue proprietà dipendono da fattori variabili, come l’inclinazione ed il colore del suolo, la presenza o meno di copertura vegetale, tutti fattori che determinano il maggiore o minore assorbimento dell’irraggiamento solare. Nonostante la semplicità delle tecniche costruttive, le architetture trogloditiche, presentano una grande flessibilità, dovuta alla possibilità di modellare lo spazio. L’origine non è propriamente databile². Tracciare una linea evolutiva dell’architettura ipogea significa soffermarsi principalmente sui molteplici significati che gli spazi
sotterranei hanno rappresentato per l’umanità. Tuttavia è possibile eseguire un excursus cronologico circa l’utilizzo e necessità. Di fatti buona parte delle forme di antropizzazione ipogea individuate si collocano in continuità con i primordiali ripari paleolitici direttamente ricavati nel terreno. All’interno del processo di trasformazione del rifugio in capanna, questi primi ripari, definiti a tasca, costituiscono una delle più antiche forme abitative tuttora rintracciabili. Dalle strutture ipogee preistoriche a tasca derivano forme abitative più complesse, quali gli insediamenti a pozzo costituiti da più unità formate da un cratere centrale scavato verticalmente nel terreno, da cui si diramano i vani abitativi ottenuti proseguendo orizzontalmente lo scavo nella roccia. Contemporaneamente alla diffusione del tipo a pozzo, la progressiva emancipazione della cultura abitativa mediterranea rispetto agli ipogei porta ad identificare gli spazi sotterranei con altre funzioni e significati. Essi divengono principalmente sinonimo
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Grotte rupestri_Matera
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di “dimora dei morti”, recuperando lo schema distributivo degli insediamenti a pozzo per trasformarlo nelle prime necropoli sotterranee. Dalla civiltà etrusca e successivamente durante il periodo romano, in Italia l’utilizzo di spazi sotterranei si associa sempre più alla sepoltura e riti funebri. Significato assunto più comunemente con l’incontro fra cultura romana e Cristianesimo. Trattasi della larga diffusione nelle aree periurbane delle catacombe a partire dal II secolo d.C., proseguendo per tutto il Tardo Antico con il posizionamento delle sepolture sacre al di sotto delle strutture religiose, la cripta. Funzione che poi andrà a perdersi nel periodo romano, a partire dal IV secolo a.C. Periodo in cui Il crescente sviluppo urbano nel mondo antico e la necessità di dotare le città di particolari opere infrastrutturali, caratterizzerà l’architettura ipogea attraverso corridoi difensivi a sezione costante scavati nel sottosuolo e ad opere idrauliche e di stoccaggio, quali cisterne e serbatoi³.
1 c.f.r. “Architecture without architects” di B.Rudofsky_ Double&Company_USA 1987 2 c.f.r. “Giardini di pietra, i Sassi di Matera e la civiltà Mediterranea” di P.Laureano_BollatiBoringhieri_Torino 1992 3 c.f.r. “Le città sotterranee della Cappadocia” della società speleologica italiana_ErgaEdizioni_Bologna 1995
Galleria Borbonica_Napoli_ph. Vittorio Sciosia
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1.3 Classificazione Tipologica
Per comprendere meglio il complesso sistema dell’architettura della sottrazione, bisogna comprenderne le tipologie di strutture realizzabili e le differenze tra loro. Una prima differenziazione la ritroviamo nel tipo di conformazione naturale delle cavità, possiamo avere: 1. Le grotte, si intendono, nel senso più ampio della parola tutte le cavità generate da fenomeni spontanei, in cui l’erosione è il risultato di un evento naturale. Le grotte costituiscono la prima forma di riparo utilizzata dagli uomini in età remota, in quanto i primi abitanti non disponevano di utensili e tecniche adatte a modificare una superficie dura come una parete rocciosa, per questo le cavità venivano utilizzate allo stato naturale. 2. Le cornici rocciose o cenge sono delle grandi sporgenze orizzontali rocciose che spesso accolgono insediamenti con manufatti che si addossano alla parete di fondo. Talvolta la sporgenza presenta una profondità tale da sembrare una vera e propria grotta.
L’occupazione di una cavità naturale non costituiva un evento unicamente subordinato ad irrinunciabili necessità di difesa, ma esprimeva una scelta, dovuta a fattori come l’orientamento, la sua esposizione, la configurazione dei dintorni, la presenza di protezione vegetale. L’elemento che principalmente rese possibile l’insediamento dell’uomo fu il fuoco: catturato in occasione di incendi naturali e trasportato nelle grotte, veniva poi costantemente alimentato. Quando gli uomini furono capaci di accendere il fuoco e inventarono utensili più sofisticati, furono apportate le prime trasformazioni alle cavità, dando vita a nuovi spazi architettonici. Fu così possibile modellare e adattare le grotte a precise necessità abitative e rituali, aggiungendo scavi supplementari ed estensioni. Passiamo ora alla distinzione tra le tipologie strutturali dell’architettura scavata: 3. La struttura ipogea si sviluppa in profondità, gli insediamenti di questo tipo sono localizzati principalmente
CAPITOLO 1 | ABITARE LA TERRA
3. Struttura ipogea con patio a pozzo
nelle aree pianeggianti e aperte, prive di riparo naturale. In questa categoria ritroviamo le abitazioni con patio a pozzo, queste ultime costituite da più unità, sono cavità scavate verticalmente nel terreno da cui si diramano i vari spazi abitativi, ricavati con scavi orizzontali. 4. Le strutture rupestri, sono l’opposto delle precedenti, cioè sono quelle cavità scavate al di sopra del piano di calpestio. Localizzate lungo i pendii o sui fianchi delle pareti di canyon di origine fluviale o geologica, sono scavate prevalentemente in direzione orizzontale o leggermente inclinata all’interno della montagna, e spesso si configurano come insediamenti a struttura terrazzata. 5. Le strutture intagliate sono quelle opere in cui l’azione sottrattiva di scavo coinvolge, nelle architetture intagliate, non solo l’involucro interno ma anche quello esterno, modellato secondo le forme dell’architettura costruita in elevazione, di cui riproduce modelli strutturali, organizzazione spaziale, fregi e decori delle facciate. Il risultato è un’opera più vicina ad una scultura che ad una costruzione, ed ha la peculiarità unica di essere tutt’uno con il territorio, che viene così modellato senza che ne
4. Struttura rupestre
5-6. Struttura intagliata in trincea
7. Struttura mista
venga alterato l’equilibrio originario. 6. Le strutture in trincea, solitamente anche intagliate, come per la chiesa Biet Georghis di Lalibela, sono quelle abitazioni erette all’interno di una cavità scavata verticalmente. L’accesso è permesso da sistemi di gallerie ipogee o percorsi tagliati nella roccia. Dal piano stradale è visibile solo la copertura dell’opera costruita all’interno del pozzo. 7. Infine, ritroviamo le strutture miste, si tratta di agglomerati derivanti dalla stratificazione di interventi distribuiti nel tempo. Tali sovrapposizioni sono motivate dalla costante ricerca di soluzioni migliori, in risposta ad un dato contesto e alle esigenze dei suoi abitanti, dall’acquisizione di nuove tecniche e conoscenze, da cambiamenti climatici o anche, semplicemente, da una scelta di tipo architettonico, tesa a passare dallo scavato al costruito, dal nascosto al visibile, dal sotterraneo al superficiale. Per quanto riguarda, invece, la distribuzione spaziale delle strutture, possiamo individuare gli insediamenti aggregati, con cui si definiscono le vere e proprie città scavate, o insediamenti isolati. 1 c.f.r. “Giardini di pietra, i Sassi di Matera e la civiltà Mediterranea” di P.Laureano_BollatiBoringhieri_Torino 1992
Grotte rupestri_Matera
2. Cornici Rocciose
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1. Grotta Naturale
1.4 Architetture scavate - casi di studio
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I Sassi di Matera rappresentano un paesaggio particolare, tra i molti del Mediterraneo, con specificità legate alla geografia delle gravine, le quali vanno a definire una tipologia mista. Per comprenderne la genesi è fondamentale lo studio ed il confronto con i sistemi di habitat tipici e con le tecniche delle altre civiltà. Lo studio è stato condotto su vari insediamenti rupesti presenti nel mondo da cui si evince che la maggior parte delle tipologie si sono sviluppate attorno alla fascia del tropico del cancro; fascia climatica caratterizzata da un clima tipicamente caldo. I raggi solari vi giungono perpendicolari perciò vi è la massima intensità; la fascia climatica presenta forti escursioni termiche.
Cliff Palace Mesa Verde_Colorado_USA
Gila Cliff New Mexico_USA
Matmata Garbes_Tunisia
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Tombe di Licie Dalyan_Turchia
Biete Ghiorghis Lalibela_Etiopia
Grotte rupestri_Matera
Derinkuyu and KaymaklÄą Fortezza di Uchisar Cappadocia_Turchia Cappadocia_Turchia
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I Sassi di Matera Matera_Italia
Petra Ma’an_Giordania
Abitazioni Yaodongs Tungkwan_Shaanxi_China
Grotte di Ellora Ellora_India
Grotte di Ajanta Aurangabad_India
1.4.1 Gila Cliff Insediamenti sul dirupo negli USA
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Tipo di scavo: costruito in cavità naturale Materiale: tufo vulcanico e fango Tipo di insediamento: forma aggregata Luogo: Gila Cliff National Monument, New Mexico, USA Area del sito: 2,16 km2 Data di costruzione: 300-1300 d.C.
Il Gila Cliff Dwelling National Monument è un monumento nazionale degli Stati Uniti (proclamato da Roosevelt nel 1907) creato per proteggere le abitazioni dei mogollon (un’antica popolazione indigena diffusa dal 300 al 1300 d.C.) situate sulla scogliera delle sorgenti del fiume Gila nel New Mexico, con un’estensione di 2,16 kmq. Nel sito sono presenti numerose abitazioni che vanno dalle costruzioni nelle grotte naturali a sistemi temporanei, ad oggi non è chiaro il motivo per cui la comunità sia stata abbandonata, forse la migrazione è stata una risposta alle mutevoli condizioni ambientali. Il monumento si trova ad una quota che va dai 1200 ai 2300 metri sopra il livello del mare e segue l’andamento del fiume Gila. Il terreno, intorno alle rovine del canyon, è robusto e arido, per la maggior parte coperto da tufo di origine vulcanica, contiene altri piccoli canyon intagliati dai piccoli corsi d’acqua e accoglie il fitto bosco. L’abitazione è stata costruita
sfruttando i vuoti di un sistema di cinque principali grotte naturali, la più grande ha un’altezza di 4 metri. Sono state costruite 46 camere , tra la copertura in legno e le pareti vi è una fessura di 50 centimetri da cui fuoriusciva il fumo dei focolari centrali. Nel parco sono presenti altri piccoli villaggi più vicini al fiume, agglomerati di piccole abitazioni temporanee consistenti il piccole trincee coperte da grossi massi.
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Cave 2 Cave 1
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1.4.2 Cliff Palace Insediamenti sul dirupo negli USA
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Tipo di scavo: costruito in cavità naturale Materiale: pietra arenaria, malta e travi in legno Tipo di insediamento: forma aggregata Luogo: Mesa Verde, Colorado, USA Area del sito: 211 km2 Data di costruzione: XIII sec.
Il Parco nazionale di Mesa Verde è un’area protetta degli Stati Uniti (dal 1906), situato nello stato del Colorado, nella contea di Montezuma. Ha una superficie di 211 kmq e comprende un’area in cui sono presenti resti di numerosi insediamenti costruiti dagli antichi popoli ancestrali, popolo di cui non si conosce né il nome con cui si definivano né l’origine, che abitavano l’area già nel VI secolo. Si tratta di villaggi costruiti all’interno di rientranze della roccia, denominate cliff dwelling. Inizialmente la popolazione viveva in abitazioni a pozzo formanti piccoli villaggi. Nell’arco di 500 anni essi affinarono le loro abilità costruttive e realizzarono grandi insediamenti con edifici su più livelli costruiti con fango e pietre. Questo tipo di insediamento è chiamato pueblo, generalmente costruiti sulla mesa (superficie rocciosa sopraelevata, generata per erosione, con superficie piatta). I materiali utilizzati per le abitazioni della scogliera sono pietra arenaria, malta e travi in legno.
I Puebloans Ancestrali hanno modellato ogni blocco di arenaria usando pietre più dure raccolte dai vicini fiumi vicini. La malta tra i blocchi è una miscela di terreno locale, acqua e cenere. La malta tra i blocchi è una miscela di terreno locale, acqua e cenere. All’interno delle dimore vi erano numerose decorazioni con stucchi di terra rossa e gialla. Le stanze collegate tra loro si aprivano intorno a delle piazze, creando un’unità abitativa. La maggior parte delle stanze che affacciano sulla piazza, contenevano un focolare. I membri delle famiglie probabilmente si riunivano qui. Altre stanze situate al di fuori del focolare erano probabilmente stanze di stoccaggio. Il Cliff Palace ospita anche alcune strutture insolite, tra cui una torre circolare. Gli archeologi sono ancora incerti sull’esatto utilizzo della torre.
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All’interno del parco sono presenti circa 600 cliff dwelling, il 75% contiene da 1 a 5 camere ciascuna, e molte sono unità di stoccaggio singole. Si pensa che il Mesa Verde Cliff Palace fosse un sito sociale e amministrativo con un elevato utilizzo cerimoniale. Gli insediamenti del Parco Nazionale di Mesa Verde sono per la maggioranza molto piccoli, tra i più grandi abbiamo Cliff Palace, Spruce Tree House e Balcony House. Il Cliff Palace è il più grande insediamento di tutto il nord America costruito nella roccia, si trova in una rientranza di 27 metri ed alta 18, conteneva 200 ambienti e 23 kivas (locali per funzioni collettive), le abitazioni erano tutte collegate tra loro. Nel 1978 il parco è stato inserito nella lista dei patrimoni dell’umanità Unesco.
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1.4.3 Matmata Il villaggio berbero della Tunisia
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Tipo di scavo: trincea e muro Materiale: pietra arenaria Tipo di insediamento: forma aggregata Luogo: Matmata, Gabès, Tunisia Area del sito: 211 km2 Data di costruzione: 500 a.C.
Matmata è un villaggio di origine berbera della Tunisia. Situato alle porte del Deserto del Sahara è caratterizzato da una singolare architettura troglodita, divenuto meta di numerosi turisti dopo essere stato set del film Guerre stellari (1977). Arroccato a 600 metri di altitudine, questo villaggio conta circa 1800 abitanti. Matmata è la città con la più grande comunità di trogloditi (abitanti delle grotte sotterranee). Le abitazioni che caratterizzano questa cittadina sono scavate nel terreno, all’interno delle colline e formate da un cortile a cielo aperto, simile ad un cratere profondo dai 7 ai 10 metri, dal quale si accede attraverso una galleria dal fianco della collina. Dal cortile a cielo aperto, che ha anche la funzione di raccogliere la rara acqua piovana, si dislocano i vari ambienti delle abitazioni, scavati come degli angusti cunicoli sui fianchi del “cratere”. La comunità è stata fondata già nel 500 aC. Come per molte versioni di architettura
vernacolare queste abitazioni sono state realizzate per necessità, per sfuggire alle alte temperature disumanamente create dal sole nel deserto tunisino. Progettato da tribù locali, queste case hanno svolto il compito massimo in termini di efficienza energetica. Grazie alle proprietà isolanti naturali della roccia arenaria durante il giorno la terra assorbe lentamente l’energia solare, questo calore intrappolato viene poi rilasciato quando le temperature, come è solito fare nel deserto, calano drasticamente durante la notte. Come risultato la temperatura in queste abitazioni troglodite rimane costante a circa 20-22 °C durante tutto l’anno. Un’ulteriore innovazione di questo progetto è il collegamento longitudinale tra le abitazioni con gallerie che si affacciano in un cortile centrale scoperto e dotato di una cisterna centrale per la raccolta dell’acqua piovana. Questo cortile incoraggiava alla convivenza e permetteva di creare una sorte si sintonia tra gli abitanti sotterranei
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e la natura circostante, in quanto da qui vi si poteva osservare prima il ritmo diurno del sole e della luna e delle stelle di notte. Solitamente i cortili, visibili dall’esterno, sono semicircolare con un diametro che varia dai 5 ai 10 metri, la profondità è di circa 10 metri e sono completi di porte, scale e aperture. Le camere sono strette e lunghe al livello inferiore, più piccole al livello superiore dove il terreno si presentava meno resistente. Le dimensioni tipiche delle camere variano dai 3 ai 4 metri di larghezza e dagli 8 ai 10 metri di lunghezza, con un’altezza di 2,5 per le più piccole. Il numero di camere intorno cortile varia a seconda delle dimensioni della famiglia, ci sono anche delle cameregranai, tra i locali di servizio, che presentano un foro centrale dal quale il grano veniva calato direttamente. Il soffitto voltato sopporta i carichi del
terreno sopra di esso, lo spessore della copertura è di ben 6 metri, questo permette di evitare infiltrazioni e di trattenere più calore possibile. L’ingresso alle abitazioni è situato a livello superiore ad una distanza di circa 10 metri. Per assicurare una maggiore sicurezza dell’unità, il tunnel sotterraneo di accesso ha un’altezza graduale, nell’ultima parte il tunnel cambia direzione, mediante una curva, eliminando completamente la visibilità. Subito dopo, prima dell’effettiva unità abitativa, vi è un deposito per gli strumenti agricoli o utilizzato per riparare il bestiame. Questo complesso sistema era stato studiato appositamente per rendere Matmata un posto sicuro e per dare occasione agli abitanti di fuggire o di rispondere agli attacchi nemici. I materiali utilizzati sono tutti naturali e facilmente reperibili nel territorio circostante.
In primis è stata sfruttata la roccia presente nel sottosuolo, scavata per creare le abitazioni, le gallerie e alcuni arredi fissi (letti e dispense). In seguito la roccia è stata rifinita con uno strato di gesso steso a mano su tutte le superfici. Il legno degli ulivi, in fine, è stato lavorato per creare le finiture (porte e finestre), per rinforzare i tunnel e le coperture. Durante il bombardamento, allora nelle mani dei nazisti, diverse famiglie fuggirono dalle loro città e si rifugiarono nelle case-grotte di Matmata. Subito dopo l’indipendenza proclamata nel 1956, il governo ha cercato di spostare la gente di montagna nelle nuove città ma la maggior parte della popolazione ha preferito mantenere la sua abitazione tradizionale.
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Matmata_Cave dwelling_Pianta e Sezione Star wars ep. IV: a new hope Dimensional measurements of movie set Star Wars_The blueprint_J.W. Rinzler (2011)
1.4.4 Biete Ghiorghis La chiesa monolitica intagliata
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Tipo di scavo: trincea e intagliata Materiale: tufo vulcanico Tipo di insediamento: isolato collegato da trincee Luogo: Lalibela, Amhara, Ethiopia Area del sito: 625 m2 Data di costruzione: XII - XII sec. d.C.
Lalibela, la città santa dell’Etiopia, sorge a 2500 metri sull’altipiano etiopico, dista 642 chilometri da Addis Abeba. Un tempo fiorente e popolata capitale di una dinastia medioevale, oggi Lalibela, poco più di un villaggio, diventato patrimonio Unesco. Ogni chiesa è stata intagliata in un unico blocco di roccia a simboleggiare spiritualità e umiltà. Alla fede cristiana si ispirano molti aspetti del luogo, a cui sono stati attribuiti nomi biblici - anche il fiume di Lalibela è conosciuto come il fiume Giordano. La città rimase capitale dell’Etiopia dal tardo XII al XIII secolo. Scalpellini e operai spostando e scavando almeno centomila metri cubi di pietra, riuscirono a realizzare il sogno del re Lalibela in 24 anni. La chiesa di San Giorgio è parte di un complesso di 11 chiese rupestri costruite in trincea e collegate tra loro tramite un intreccio sotterraneo di corridoi, grotte e cunicoli.
Scavate nella roccia viva di blocchi monolitici, ulteriormente cesellati per creare fregi, sale, archi e colonne; completata poi con un vasto sistema di canali di scolo, trincee e passaggi cerimoniali, alcune con aperture alle grotte eremitiche e alle catacombe. Ci sono due gruppi principali di chiese, l’undicesima è Biete Ghiorghis (Casa di San Giorgio); incassata per 13 metri nella roccia di granito, le sue pareti sono perpendicolari e formano un perfetto monolite a forma di croce greca e vi si accede attraverso un passaggio forato orizzontalmente nella collina, comunicante con un cortile aperto intorno alla chiesa. All’interno il volume è sormontato da una cupola riccamente decorata all’interno con affreschi che mostrano il loro rapporto culturale con Costantinopoli. Solitaria, distante dai due complessi di basiliche rupestri, ai confini del villaggio di Lalibela, è invisibile fino a quando non si arriva ad un passo dalla
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voragine che la nasconde. Le chiese sono una significativa impresa dal punto di vista ingegneristico, in quanto sono state progettate in modo che l’acqua riempisse i pozzetti situati accanto ad esse sfruttando dei canali di scolo, che permettono di non far infiltrare acqua all’interno di esse. I canali di scolo sono stati riempiti di terra per diversi secoli, prima di essere liberati nel XX secolo, e sono stati interrotti da attività sismica. Questo ha portato ad un grave degrado dei monumenti da danni causati dall’acqua, e la maggior parte di loro sono ormai considerati in condizioni critiche.
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CAPITOLO 1 | ABITARE LA TERRA
SECONDO GRUPPO Trincea di collegamento tra i due gruppi di chiese
Trincee conosciute Trincee esplorate Possibili tracce di trincee Strade
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1.4.5 Petra La città scolpita nella roccia
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Tipo di scavo: scavo a parete/intagliato Materiale: roccia arenaria Tipo di insediamento: isolato Luogo: Petra, Ma’an, Giordania Area del sito: 264 Km2 Data di costruzione: 500 a.C.
Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco dal 1985, dichiarata una delle sette meraviglie del mondo moderno. Petra, la città rosa, scolpita nella roccia, è uno dei luoghi più suggestivi che esistano al mondo. Situato a 250 km a Sud di Amman, la capitale della Giordania, l’intero parco archeologico di Petra si estende su un’area vastissima di 264 chilometri quadrati. Le numerose facciate intagliate nella roccia, riferibili per la massima parte a sepolcri, ne fanno un monumento unico. Nell’antichità era una città edomita, poi divenne capitale dei Nabatei. Verso l’VIII secolo fu abbandonata e, benché le sue antiche cavità abbiano ospitato i beduini per secoli, fu praticamente dimenticata fino all’età contemporanea. Secondo gli archeologi sotto l’attuale città, coperta dalla sabbia del deserto, ne esiste un’altra altrettanto maestosa, ancora da scoprire. Grazie ad uno studio del 2016 pubblicato nel Bulletin of the American
Schools of Oriental Research, utilizzando immagini satellitari e aeree, in appoggio a indagini sul campo per localizzare e documentare la struttura, gli studiosi hanno scoperto quello che a prima vista sembrerebbe un grande basamento di circa 56 metri per 49, privo di analogia con altre costruzioni di Petra, 800 metri più a sud del centro dell’antica città. Ancora oggi si suole raggiungere Petra a piedi o a cavallo. L’ingresso più caratteristico è quello orientale, attraverso la lunga e profonda fessura delle rocce, chiamata Sik (o Siq). Sino al XIX secolo l’ingresso al Siq (uno stretto passaggio tra due pareti di roccia), era sormontato da un arco monumentale nabateo, di cui sono rimasti alcuni resti, inoltre all’ingresso del Siq vi è una diga per impedire alle acque del wadi Musa di allagarlo in caso di pioggia. Il Siq è lungo 1.200 metri e le pareti di roccia raggiungono un’altezza di 200 metri; in alcuni punti il passaggio si restringe sino
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a 2 metri di larghezza. Lungo il Siq si possono vedere le canalizzazioni scavate nella roccia e le tubazioni in terracotta per l’approvvigionamento dell’acqua. Nel Siq sono state scavate anche delle tombe e si trovano anche alcune sculture, corrose dall’acqua e dal vento. Alla fine del primo tratto di questo lungo corridoio dapprima si intravede e poi si apprezza in pieno per la presenza di un ampio spiazzo, uno dei più bei monumenti di Petra, il Tesoro del Faraone, la cui facciata è profondamente incisa nella roccia. El Khasneh, “Il Tesoro”, è la costruzione più famosa e più impressionante di Petra, pur non essendo la più grande. Posto alla fine della parte stretta del Siq compare alla vista all’improvviso. Il nome con cui comunemente viene conosciuto questo monumento gli è stato attribuito nel IX secolo dai Beduini che abitavano la zona e che credevano che l’urna posta sulla cima della facciata contenesse il tesoro di un faraone. La data della costruzione del tempio è molto controversa e la varie ipotesi spaziano in un arco di tempo molto vasto, dal 100 a.C. al 200 d.C. La facciata del Tesoro è larga 30 metri e alta 43. La costruzione, in stile ellenistico del Vicino Oriente, venne scolpita nella roccia come tomba per un re nabateo, probabilmente Aretas III, e, secondo alcuni studiosi, usata in seguito come tempio. Sulla facciata sono scolpite figure mitologiche e divinità nabatee. La parte alta della facciata è ornata di colonne
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sovrastate da capitelli nabatei, mentre le colonne della parte bassa, sovrastata da un frontone triangolare, terminano con capitelli corinzi. In alto, negli spazi tra le colonne, si trovano statue a coppie simmetriche. Nella parte centrale è stato scolpito un tholos, tempietto circolare con 3 statue e sormontato dall’urna nella quale si riteneva che fosse conservato il tesoro da cui prende il nome la tomba. La statua centrale rappresenta Tyche, mentre le statue laterali raffigurano le Amazzoni. L’interno del Tesoro risulta piuttosto spoglio. Una grande sala centrale con nicchie laterali e un vano sul fondo. A destra e a sinistra dell’accesso alla sala, dopo la scalinata, si aprono due celle laterali che accoglievano guardie e sacerdoti posti a custodia del mausoleo. Le tombe di Petra sono scavate nei canaloni e sui fronti rocciosi delle montagne. Le costruzioni funerarie sono in gran
parte ricavate nell’arenaria policroma di età paleozoica, una roccia sedimentaria prodotta dalla sedimentazione e dall’accumulo di piccoli granelli di sabbia. Il risultato di questo processo è una roccia coerente e resistente, ma al contempo facile da scavare, organizzata in strati o bancate. Una caratteristica particolare di queste arenarie è la variazione del colore, con sfumature dal giallo ocra al rosso fuoco al bianco, dovute alla diversa concentrazione degli ossidi durante il lungo processo di consolidamento. Queste spettacolari variazioni cromatiche sono particolarmente visibili sui soffitti di molti ipogei di Petra.
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Matmata_tipical cave house Urn
Tomb_Valley of Petra
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1.4.6 Derinkuyu e Kaymaklı Villaggi sotterranei della Cappadocia Kaymakli Derinkuyu
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Tipo di scavo: scavo a parete/sotterraneo Materiale: tufo vulcanico Tipo di insediamento: forma aggregata Luogo: Cappadocia, Turchia Area del sito: Derinkuyu 650 m2, Kaymalkı 570 m2 Data di costruzione: VII-VIII sec. d.C.
La Cappadocia si caratterizza per una formazione geologica unica al mondo e per il suo patrimonio storico e culturale. Nell’anno 1985 è stata inclusa dalla UNESCO nella lista dei siti patrimonio dell’Umanità, con una superficie protetta di 9576 ha. La regione della Cappadocia può essere approssimativamente considerata come un quadrato di settanta chilometri di lato (4900 km² circa), che comprende, tra le altre, le città di Aksaray e Nevşehir e grandi centri abitati. La Cappadocia comprende diverse città storiche situate sottoterra, ricavate da un particolare tipo di terreno formato dall’eruzione di antichi vulcani. Le città erano inizialmente abitate dagli Ittiti, in seguito dai Cristiani per nascondersi dalle persecuzioni e dalle razzie dei popoli pagani. Alcune di queste città sotterranee contengono tre o più livelli. Le antiche città di Kaymaklı e Derinkuyu, sono due dei
migliori esempi di centri abitati sotterranei. Per migliaia di anni, e fino ad oggi, la regione è sempre stata luogo di insediamenti umani. Oltre agli Ittiti vi fiorirono altre antiche civiltà, alcune provenienti dall’Europa o dalle stesse regioni dell’Asia Minore, e ognuna di esse ha lasciato in Cappadocia la propria impronta culturale. Le peculiarità geologiche del sito hanno fatto sì che i suoi paesaggi siano spesso descritti come “lunari”. La formazione geologica tipica, un tufo di origine vulcanica, ha subito l’erosione per milioni di anni, acquisendo forme insolite ed è abbastanza tenero da consentire all’uomo di costruire le sue abitazioni ricavandole dalla roccia, dando vita a insediamenti rupestri, piuttosto che a edifici innalzati da terra. È logico pensare che quegli uomini scavarono, prima di tutto, i camini di aerazione le cui profondità raggiungono i 70-85 m. In seguito hanno completato le città sotterranee scavando verso i lati.
Rupestrian settlement in Kaimakli_Cappadocia
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La terra veniva evacuata con delle carrucole lungo i camini di aerazione. Negli insediamenti costituiti da centinaia di stanze i vari locali erano collegati tra di loro mediante strette e lunghe gallerie e corridoi. All’estremità di queste gallerie, ancora oggi attraversate difficilmente e chinandosi, si trovano massi cilindrici del diametro di ca. 1,5 m, dello spessore di 55-60 cm, pesanti fino a 500 kg. Tali macigni, simili a macine da mulino, si potevano chiudere solo dall’interno, impedendo l’accesso. Queste grandi saracinesche venivano spinte da una postazione scavata nel retro, così che potessero chiudere ermeticamente l’apertura. Uno zoccolo assicurava la loro posizione. Un orifizio nel centro del masso permetteva di vedere gli assalitori ed anche di ucciderli con la lancia. L’ultima città sotterranea, la più grande, è stata scoperta nel 2007 a Gaziemir,
Güzelyurt e prende il nome di Derinkuyu. Ci sono 12 piani all’interno del tunnel. L’aria passa attraverso un “foro”, che scende dalla superficie della terra ai vari piani della città, la profondità del pozzo di ventilazione è di circa 80 metri in totale; anche qui, per accedere all’interno della città si utilizzavano le grandi porte-macina. Questa città, meta di viaggiatori, permetteva di riposare al sicuro anche ai loro cammelli, sottoterra, come una specie di “albergo-fortezza”. Un tempo ospitava circa 20,000 cittadini; la città contiene stalle, cantine, depositi, cappelle, tutto l’occorrente per permettere ai suoi abitanti una vita come quella delle città in superficie. Nel secondo “piano” è stata trovata una grande stanza con il soffitto a volta. Probaiblmente tale stanza veniva usata come scuola.
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Cappadocian underground cities_section type
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La città sotterranea di Kaymaklı si trova a 10 kilometri a nord di Derinkuyu , all’interno della cittadina che porta lo stesso nome. E’ una delle più grandi strutture sotterranee della regione, sono accessibili 4 piani, ogni stanza ha il proprio foro di ventilazione e l’esperienza che si prova nel visitarla è pressoché la stessa di Derinkuyu. Questa città differisce però dalla precedente per la sua struttura;i cunicoli sono più bassi, più stretti ed hanno una maggiore inclinazione. Nel primo piano troviamo una piccola scuderia, ma ci sono altre scuderie adiacenti che non possono essere visitate. Sempre al primo livello vi è una porta che conduce ad una chiesa, oltre ad altre stanze, forse per gli abitanti. Anche nel secondo livello troviamo una chiesa, con una navata e due absidi; di fronte alle absidi troviamo una fonte battesimale. Sono state trovate delle tombe accanto alla chiesa che dovrebbero appartenere a uomini religiosi. Anche qui ci sono stanze adibite all’abitazione. Il terzo piano ha le zone più importanti della struttura: magazzini, cucine, cantine. Questo piano contiene anche recipienti dove veniva fatto sciogliere il rame; il grande numero di magazzini e giare di terracotta nel quarto livello indicano la stabilità economica di cui godevano gli abitanti della città. Questa grande area dedicata ai magazzini in un complesso tanto limitato dà l’idea del bisogno di sostenere una numerosa popolazione che abitava sottoterra.
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1.4.7 Fortezza di Uchisar Villaggi sotterranei della Cappadocia
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Tipo di scavo: scavo a parete/sotterraneo Materiale: tufo vulcanico Tipo di insediamento: forma aggregata Luogo: Uchisar, Cappadocia, Turchia Area del sito: n.d. Data di costruzione: XII sec. a.C.
In seguito alle eruzioni vulcaniche, iniziate nel Periodo Miocene Superiore, iniziò a fuoriuscire la lava dai crateri sottostanti i laghi di epoca Neogena. L’altopiano formatosi con sostanze eruttive dei vulcani primari, fu sottoposto a cambiamenti continui per le eruzioni, meno violente, di vulcani minori. Dal Periodo Pliocene Superiore, con l’erosione degli strati di tufo, compiuta dall’acqua dei laghi e dei fiumi, la regione acquisì la sua forma attuale. Con l’erosione di questi strati di tufo da parte del vento e delle acque alluvionali che scendevano dai pendii delle valli, si crearono le forme denominate camini di fata, rocce appuntite che terminano con forme di cono o fungo. La Fortezza di Uchisar è nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO dal 1985. Questa Torre risalente agli Ittiti nel 12 ° secolo aC, è stata sede di una serie di imperi, stata governata da Persiani,
Romani, Bizantini e Ottomani. Questo alto affioramento di roccia vulcanica è la più alta del camino delle fate (1.350 m) è uno dei monumenti più importanti della Cappadocia. Crivellato con tunnel, è stato utilizzato per secoli dagli abitanti come un luogo di rifugio, quando gli eserciti nemici riuscivano a superare la pianura circostante e le città sotterranee. La fortezza di Uchisar, che sembra abbracciare il piccolo e caratteristico villaggio sottostante, domina il paesaggio della Cappadocia, innalzandosi improvvisamente dalla piana circostante rendendola visibile da chilometri di distanza. La fortezza altro non è che un’imponente roccia vulcanica di tufo perforata da un labirinto di finestre e gallerie. Le camere scavate nella roccia sono collegate tra loro con scale e tunnel. Agli ingressi delle camere, ci sono porte in blocchi di pietra, proprio come quelli negli insediamenti sotterranei, usati per controllare l’accesso
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dal foro centrale. Purtroppo non è possibile accedere a tutte le stanze a causa dell’erosione della roccia. Ci sono molte piccionaie che collegano Uchisar alla valle Goreme. La maggior parte di queste grotte sono state dipinte di bianco per attirare gli uccelli, in quanto i loro escrementi hanno un importante valore per gli agricoltori locali, che usano ancora oggi le piccionaie per raccoglierli ed utilizzarli come fertilizzante naturale per i frutteti e i vigneti. Salendo, attraverso il suo buio nucleo composto da gallerie e scalinate, fino al suo picco è possibile godere della visione del famoso tramonto che ricrea colorazioni rossastre sulle valli rocciose. Questo spettacolo naturale variopinto è uno dei motivi per cui la fortezza è conosciuta in tutto il mondo. Nel 1950 le autorità hanno fatto avacuare
le abitazioni per motivi di emergenza, infatti vi era il rischio di una frana significativa. Purtroppo dieci anni dopo, la caduta di grossi massi ha causato gravissimi danni, delle parti sono crollate ed alcuni interni decorati con motivi in pigmenti rossi e bianchi sono andati persi per sempre.
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La Fortezza di Uchisar con i camini di fata (destra) A. Davey
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1.4.8 Le Tombe dei re della Licia Villaggi sotterranei della Cappadocia
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Tipo di scavo: scavo a parete Materiale: tufo vulcanico Tipo di insediamento: forma aggregata Luogo: Dalyan, Lycia, Turchia Area del sito: n.d. Data di costruzione: IV sec. d.C.
Nella moderna città di Dalyan vi è un sito archeologico che contiene i resti dell’antica città Kaunos che ha visto l’ascesa e la caduta di molti imperi, culture e civiltà per quasi 3.000 anni di storia. Anche se non così spettacolare come molte città antiche in Turchia, ha il vantaggio di essere il paesaggio più silenzioso, tranquillo e pittoresco. Fondata intorno al IX secolo a.C., Kaunos era una città della Caria e un importante porto commerciale. Successivamente conquistata dall’impero persiano, la città è stata modificata anche dalla crescente influenza della cultura greca. La regione ha molte strutture greche, le cui rovine si possono ancora trovare in posti all’interno del sito. Come per il resto della località, Kaunos è stato incorporato nell’impero romano e in seguito fece parte dei territori bizantini. Con le invasioni musulmane e dopo l’ascesa dell’Impero Ottomano, Kaunos
è stata ri-fortificata e le pareti sono state costruite sull’Acropoli. Oggi, le rovine di Kaunos comprendono un teatro ben conservato, sono visibili chiaramente le influenze dell’architettura romana e la presenza di elementi ellenistici, un tempio dedicato ad Apollo, una basilica bizantina e terme romane, così come le tombe scavate nella roccia. La religione del popolo della Licia non ha testimonianze scritte nel periodo precedente al IV secolo a.C. Le uniche vestigia, che testimoniano la religiosità di questo popolo, sono i magnifici monumenti funebri, che ancora oggi si possono ammirare. Essi si dividono in due categorie: le tombe scavate nella roccia su falesie sono le più affascinanti, note come le Tombe dei Re della Licia, si trovano appena fuori dal sito archeologico, risalgono al IV° secolo e si estendono per 3 km. Si ritiene che il popolo dei Lici fu il primo ad utilizzare questo tipo
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di sepolture. L’altro tipo di tomba presente nella regione è a forma di casetta posta su di un pilastro. Al contrario degli Egiziani, che nascondevano i loro sepolcri, i Lici dell’Asia Minore hanno costruito dei monumenti, anteriori alla conquista di Alessandro Magno, che riservavano per l’esterno tutte le meraviglie architettoniche e decorative; costruiti su delle rupi cui si accede attraverso delle strette scale che si arrampicano sulla roccia viva, hanno pochi dispositivi per difendere i morti dalla profanazione da parte dei saccheggiatori. L’ostentazione della facciata sembra essere fatta piuttosto per attirarli; mentre non esiste alcuna traccia di decorazione all’interno, e la camera sepolcrale è sempre una sola, molto piccola, l’intera montagna è scolpita. Le facciate delle tombe rupestri
assomigliano alle facciate dei templi ellenistici con due colonne ioniche, timpano triangolare , un architrave con dentelli, fregi e acroteri a forma di foglie di palma. I prospetti imitano le costruzioni di legno, che dovevano essere quelle delle case dei vivi. I morti, invece, hanno a disposizione una casa di pietra, ma la cosa sorprendente è che la pietra riproduce fedelmente la struttura delle costruzioni di legno: sono stati scolpiti tronchi, travetti, travi, e persino cardini e perni. Ancora oggi in alcuni paesi turchi si sono conservate delle tombe licie isolate, che sono la riproduzione in pietra di case di legno. «Delle centine robuste, o per meglio dire delle putrelle, si incontrano a formare una croce. Il termine putrella, che si applica alle costruzioni di legno, è molto appropriato in questo caso, perché qui la pietra imita il legno e il muratore ha
preso a modello l’opera del carpentiere (...) La parte superiore, il tetto, si potrebbe dire, forma un’ogiva e nel timpano si apre un varco, che un tempo era senza dubbio chiuso da una lastrina: è da qui che veniva introdotto il corpo» Viollet-le-Duc rileva inoltre che le tombe licie sono divise in tre parti: uno zoccolo, un sarcofago di marmo nel quale era deposto il defunto, che ha l’aspetto di una pietra squadrata, e infine un corpo sovrastante che, benché intagliato anch’esso nel marmo, ha l’apparenza di una struttura lignea; per Viollet-le-Duc, si tratta di un catafalco in quanto la sommità curvilinea simula una stoffa i cui ricami sono resi da un bassorilievo molto piatto.
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1.4.9 Le cave di Ellora I monasteri indiani intagliati nella roccia
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Tipo di scavo: intagliato nella roccia Materiale: roccia vulcanica Tipo di insediamento: forma aggregata Luogo: Ellora, Maharashtra, India Area del sito: n.d. Data di costruzione: 350 d.C.
Ellora si trova quasi nel centro dell’India, a breve distanza da Bombay e dalla più celebre Ajanta. Ellora e Ajanta ospitano le cave buddiste più celebri dell’India, madri di tutte le cave buddiste dell’Asia. La coesistenza di strutture provenienti da tre diverse religioni servono come una splendida rappresentazione visiva della tolleranza religiosa prevalente di India. Per questo motivo e altri, le grotte di Ellora sono stati designati un patrimonio mondiale dell’UNESCO nel 1983. In realta` soltanto dodici delle 34 grotte di Ellora sono buddiste: diciassette sono brahma e cinque sono jain. Quelle buddiste (le piu` meridionali) datano dal 350 al 750 dopo Cristo. Quelle brahma dal 600 al 700 e quelle jain (le piu` settentrionali) dal 700 al 1200. La fama di Ajanta è in realtà dovuta agli affreschi che abbelliscono le mura. Architetturalmente, le grotte di Ellora sono molto piu` graziose e ariose. La differenza
che salta subito all’occhio è che le grotte di Ellora sembrano abitazioni, con tanto di cortili antistanti, mentre quelle di Ajanta sono grotte nel senso più puro del termine. La ragione e` semplice: a Ellora i fedeli scavarono nel pendio di una collina, mentre ad Ajanta dovettero aprire una parete rocciosa quasi verticale. Nel 200 d.C. una colonia ellenistica si stabili` ai confini nord-occidentali e lavorò prevalentemente per i Buddisti, questo spiega le frequenti somiglianze con capitelli corinzi. Altri sottolineano fattori pratici, quali la carenza di boschi e la deperibilità del legno. L’alternativa al legno era la roccia, e la roccia era più facile da lavorare in loco che non da trasportare in città. Le cave più antiche hanno spesso colonne e travi di pietra che sono modellate su quelle di legno (al punto da scolpire persino le teste dei chiodi), segno che chi le concepì, lungi dall’esser conscio di aver inventato una nuova forma di architettura religiosa, voleva
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farsi perdonare di aver usato la pietra invece che il legno. Nel 600 l’induismo avrebbe preso il sopravvento, ma avrebbe anche continuato, in maniera singolare, la stessa tradizione, come se generazioni successive di scultori delle cave si fossero tramandati gli elementi di quell’arte e semplicemente avessero cambiato soltanto i motivi delle decorazioni. La sesta è stata scolpita nel 600 ed è sede di due delle più belle sculture in Ellora mentre la decima grotta, detta del carpentiere (Sutar Jhopadi) è molto conosciuta a causa della sua imitazione in pietra di travi in legno sul soffitto. In fondo, un Buddha seduto in trono è di fronte a un grande stupa di pietra. Creato in un periodo di prosperità, le grotte indù rappresentano uno stile completamente diverso di creatività e abilità rispetto le grotte buddiste. I templi indù sono stati scolpiti da cima a fondo e hanno richiesto il lavoro diverse generazioni. In contrasto con i Buddha sereni e solenni delle grotte precedenti, le pareti delle grotte indù sono coperti in vivaci bassorilievi. Tutte le grotte sono dedicati al dio Shiva, ma ci sono anche alcune immagini di Vishnu e le sue varie incarnazioni.La grotta Hindu più notevole è la sedicesima, vi è un magnifico tempio scavato nella roccia solida. Esso rappresenta il Monte Kailash, la dimora di Shiva, ed è chiamato Tempio di Kailasa. Originariamente aveva uno spesso strato di intonaco bianco per farlo sembrare come una montagna innevata, ora invece è visibile il colore scuro della roccia vulcanica.
Il Tempio Kailash è un pezzo di architettura stupenda, con effetti spaziali interessanti e sculture varie. La costruzione è stata una prodezza del genio umano, ha comportato la rimozione di 250.000 tonnellate di roccia, sono stati impiegati 100 anni per completarlo e si estende su un’area il doppio delle dimensioni del Partenone di Atene. Molte grotte più indù si estendono lungo la collina a nord di Kailash,subito dopo il sentiero scende ripido fino ad una gola, sotto una cascata, percorrendo le grotte Jain per 2km. Sono risalenti alla fine del 800, non sono molto grandi ma contengono opere d’arte eccezionalmente dettagliate e decorate. La più notevole è la penultima grotta che accoglie il tempio Indra Sabha, una miniatura del Tempio Kailash. Il livello di fondo è semplice, ma il piano superiore
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ha sculture elaborate, tra cui un fiore di loto sul soffitto. Sulla destra si trova il Gomatesvara nudo, che sta meditando cosĂŹ profondamente nella foresta che le radici sono cresciute sulle sue gambe e serpenti e scorpioni strisciano intorno ai suoi piedi.
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1.4.10 Le cave di Ajanta I monasteri indiani intagliati nella roccia
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Tipo di scavo: intagliato nella roccia Materiale: roccia vulcanica Tipo di insediamento: forma aggregata Luogo: Aurangabad, Maharashtra, India Area del sito: n.d. Data di costruzione: 350 d.C.
Nella regione indiana del Maharashtra, tra il II secolo a.C. e il V d.C., si sviluppò il grande complesso monastico buddhista di Ajanta, sul fianco di una parete rocciosa quasi completamente verticale. Tradizionalmente consacrato ad un Naga, divinità metà uomo e metà serpente, questo luogo fu scelto dai monaci buddhisti come ritiro durante la stagione dei Monsoni, quando non era possibile condurre una vita nomade. Composto da una trentina di grotte, quelle più antiche appartengono al gruppo centrale: semplici e lineari, inizialmente non custodivano alcuna raffigurazione antropomorfa dell’Illuminato, anche se in alcune vennero aggiunte in un secondo momento. Queste grotte corrispondono alla fase Hinayana (del Piccolo Veicolo) di Ajanta. La fase più florida del sito corrisponde però al V secolo d.C., ossia al periodo Mahayana (Grande Veicolo), quando la regione era dominata dalla dinastia Vakataka. Gli ambienti scavati nella roccia possono
essere di due tipi: Chaityagriha e Vihara. Il Chaityagriha, letteralmente “Casa del Chaitya”, parola che equivale a Stupa, è un ambiente di pianta absidale, con due file di colonne a suddividerlo in tre navate, di cui la centrale con proporzioni maggiori. La residenza dei monaci è invece chiamata Vihara (il monastero) e il loro numero è ovviamente superiore a quello delle sale di culto. Da un punto di vista strutturale, il Vihara è costituito da un porticato, attraverso il quale si entra in una sala quadrangolare, costellata da piccoli ambienti. Questa semplice forma si arricchirà, nel corso del tempo: ci sono infatti esemplari muniti di colonnati o composti anche da due o tre piani e impreziositi da statue del Buddha. L’esempio più prezioso dell’architettura rupestre però, è costituito senza dubbio dalle grotte di Ajanta. Le grotte 19 e 26 (sempre in ordine cronologico come per le grotte di Ellora) sono tra i gioielli in assoluto più preziosi dell’arte buddhista. Entrambe
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con pianta absidale e interni solenni, sono caratterizzate da un fitto colonnato, i cui capitelli e il fregio che le sovrasta sono arricchiti da una pregevolissima scultura. Lo stupa è arricchito dall’immagine del Buddha. La grotta 19 ha una facciata molto ben conservata, con elegante portico e nicchie scolpite, è il vihara più importante, conserva ancora due enigmatici rilievi: secondo l’interpretazione tradizionale rappresenterebbero Surya (dio Sole) e Indra (il re vedico degli dei), che però in ambiente buddhista risultano piuttosto fuori luogo. All’interno la sensazione di maestosità è dovuta dal fitto colonnato, dalle forme eleganti, dalle raffigurazioni di elefanti (in coppia sono un simbolo beneaugurante) e dai capitelli finemente scolpiti. La grotta 26 invece è nota per i rilievi dei corridoi laterali, soprattutto quello che rappresenta l’Illuminato disteso sul fianco
destro, colto nel momento del “parinirvana”, ovvero la totale estinzione avvenuta con la sua morte fisica. A rendere questo complesso unico nel suo genere, è la pittura murale, che permette di seguire l’evoluzione di questa forma d’arte dal II-I sec. a.C al VII sec. d.C. Alcuni vihara conservano la maggior parte delle testimonianze che si posseggono sulla pittura indiana antica. Sono opere molto vaste, il cui principale soggetto è rappresentato dalle storie del Buddha e dai Jataka, ossia le cronache delle sue precedenti incarnazioni. La tecnica di pittura prevedeva una base secca, composta da uno strato di fango misto a fibre vegetali, con cui era coperta la pietra e su cui era applicato un sottile strato di intonaco. Una volta asciutto venivano tracciati i contorni delle figure, successivamente colorate con pigmenti tutti di derivazione minerale.
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Queste figure sono tra gli esseri mitologici che il Buddhismo eredita dal contesto indù. In questo contesto sacro e profano si fondono senza censure, il fascino e la sensualità della vita mondana non fanno che accentuare la grandezza della rinuncia monastica. Il centro delle narrazioni è sempre l’essere umano (o divino), mentre la natura non è mai fine a se stessa, bensì svolge da sfondo e contesto, così come le architetture.
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1.4.11 I Yaodongs Le case ipogee della Cina
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Tipo di scavo: trincea Materiale: roccia arenaria e fango Tipo di insediamento: forma aggregata Luogo: Tungkwan, Shaanxi, China Area del sito: 2,16 km² Data di costruzione: 206-220 d.C.
Le case Yaodong sono comuni nell’altopiano del Loess dove, con le sue caratteristiche colline di terra gialla e porosa, si presta facilmente ad essere scavata. Nel Nord della Cina si trovano, principalmente, in quattro province: Gansu, Shanxi, Henan e la regione autonoma Hui del Ningxia . I primi tipi di Yaodong erano dimore sotterranee risalenti al 2° millennio a.C., della Cina del bronzo, e secondo la tradizione cinese, la dinastia Xia. Gli studiosi cinesi credono che questo tipo di habitat si sia sviluppato principalmente dalla dinastia Han (206 aC al 220 dC), insieme a un progressivo miglioramento delle tecniche di costruzione per la dinastia Sui (581-618) e Tang (618907). Ma è durante le dinastie Ming (13681644) e Qing (1644-1912), che il ritmo di costruzione ha raggiunto il suo picco. La storia dei yaodong risale a secoli fa ma continuano ad essere utilizzati. Nel 2006, si stima che 40 milioni di persone nel nord della Cina vivevano in yaodong. Negli ultimi dieci
anni, i yaodong hanno attirato l’attenzione di scienziati e ricercatori poichè queste abitazioni tradizionali sono considerate come esempio di design sostenibile. Ad oggi sono più di 20 milioni di persone che vivono in case-grotte tradizionali in Cina. Per quanto primitive, sono ancora in costruzione. Tuttavia, le tradizioni di questi rifugi di terra potrebbero presto essere perse. Attualmente, questi villaggi sono letteralmente assediati dal selvaggio sviluppo urbano, dalle emissioni di smog e dai fumi delle fabbriche, i yaodong stanno rapidamente scomparendo sotto l’azione dei bulldozer, chiamati a demolire antichi villaggi in lungo e in largo sul territorio cinese. Tutto questo avviene nel nome di un radicale piano nazionale che prevede di trapiantare 250 milioni di residenti rurali in città di nuova costruzione. Ci sono due tipi di Yaodong sotterraneo: quelli scavati sul lato di una valle: un esempio tipico è la città di Yan’an, nella provincia
CAPITOLO 1 | ABITARE LA TERRA
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dello Shaanxi, e quelli in trincea di cui le più interessanti si trovano a Tungkwan, nella stessa provincia. A Tungkwan abbiamo uno degli esempi più radicali nel campo delle città sotterranee. In quest’area il vento ha trasportato e depositato limo per secoli. A causa della sua elevata porosità, può essere facilmente intagliato. Alcune gallerie sono state scavate fino a 13 metri in profondità. Le stanze sotterranee si articolano intorno ad un grande pozzo centrale a cielo aperto, quadrato o rettangolare. Sul fondo, il pozzo scavato nel terreno forma un cortile, mentre ai lati vengono praticati dei fori con funzione di stanze. Secondo la tradizione cinese, il cortile è il luogo di ritrovo principale della famiglia, il centro dell’interazione sociale e punto di collegamento con tutte le parti delle abitazioni. Alcuni yaodong sono dotati di un ingresso digradante, che
conduce direttamente al cortile, altre invece prevedono una curva nel tratto finale del tunnel per garantire una maggiore privacy. I Yaodong più elaborati possono avere una facciata in pietra, o in mattoni, con motivi geometrici sottili scolpiti sulla superficie. Le pareti interne sono solitamente intonacati con calce per renderle bianche oppure (nei casi più recenti) completamente tappezzate da ritagli di giornale, simboli di buon augurio rossi e oro e foto.
CAPITOLO 1 | ABITARE LA TERRA
0
25 50
100
200m
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Ajanta Caves_ site plan
Yaodong_plan type
Yaodong_section type
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1.5 La città scavata - Matera
Matera la “città scavata” è un’interpretazione architettonica della natura, appartiene a quel contesto paesaggistico caratterizzato da cavità naturali che fanno parte del territorio delle Gravine, al limite tra le rocce calcarenitiche dell’Altopiano delle Murge e le colline argillose dell’entroterra lucano. I bisogni primari hanno spinto gli uomini a definire spazi destinati all’abitare, interpretando e modificando le stratificazioni della materia, sfruttando dapprima le grotte naturali per poi modificarne la forma, sottraendo la materia tufo e trasformandola in materiale, conci modulari da comporre per creare spazi nuovi e nuove forme dell’abitare. La configurazione dei Sassi di Matera è un caso esemplare di ecosistema, in cui una comunità ha vissuto per lungo tempo un legame indissolubile con l’ambiente¹. In epoca preistorica il territorio di Matera era ricoperto da un fitto bosco e solcato da torrenti e fu il luogo ideale per l’insediamento delle prime comunità umane, esistono
ritrovamenti archeologici recenti di molti villaggi trinceati di tipo rurale e gruppi di grotte che dimostrano la presenza continua dell’uomo, dal paleolitico al neolitico. La Gravina non è di origine fluviale ma si è formata in seguito a piccoli sismi. Questo spiega come mai il fenomeno di antropizzazione si sia sviluppato sul ciglio e non sul fondo. Le tipologie abitative hanno tratto la loro forma dalle cavità naturali disseminate lungo la fascia orizzontale della sommità tufacea della Gravina. Nella parte inferiore, dove lo strato roccioso è più duro, si trovano prevalentemente cavità naturali. Successivamente, in seguito ad un peggioramento delle condizioni ambientali, nell’età dei metalli, si sviluppò un tipo abitativo costituito da corti a pozzo con gallerie radiali, ne è un esempio il villaggio a Murgia Timone. Questo sistema che integra diverse tecniche, prese piede fino ad articolarsi, lungo i costoni della gravina, in una maglia di grotte con molteplici piani sovrapposti accessibili da lunghe e profonde gallerie.
Vista da Via Casalnuovo_ph Laide Aliani
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CAPITOLO 1 | ABITARE LA TERRA
Prima Fase
Seconda Fase
Terza Fase
Quarta Fase
Quinta Fase
Sesta Fase
Settima Fase
Ottava Fase
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Fasi evolutive degli aggregati _ Codice di pratica _ A.Giuffrè C. Carocci
Durante la dominazione romana, in cui la città venne utilizzata soprattutto come base di appoggio per gli spostamenti grazie alla sua collocazione strategica lungo la via Appia, si ha un notevole sviluppo del centro e dei villaggi circostanti. Dopo le molteplici guerre tra greci e romani per la dominazione della costa e di tutta la Japigia, vennero costruite delle solide mura a protezione del nucleo di Matera. Alla cinta vennero aggiunte diverse torri, sempre a scopo difensivo, e sei porte che collegavano la Civita alle aree esterne. Tra il VII e l’VIII secolo arrivarono in città numerose comunità monastiche bizantine, questi si stabilirono nella zona delle grotte, ideale per lo stile di vita raccolto a cui erano dediti. È a loro che dobbiamo la costruzione e la trasformazione delle caverne nelle meravigliose chiese rupestri e cripte scavate nella roccia. Dagli insegnamenti dei frati, inoltre, la popolazione imparerà presto a sviluppare l’architettura scavata, non più solo grotte, ma antri connessi tra di loro e più adatti alla residenzialità.
Con l’occupazione longobarda la città, che divenne un castaldato, dovette addensarsi ancora di più attorno al colle della Civita. Sulla sommità venne costruito il primo Castello, il Castelvecchio, ormai completamente irriconoscibile perché venne sostituito, con il passare del tempo, da abitazioni nobiliari. In seguito, la dinastia degli svevi che, per proclamare la propria fede religiosa, a partire dal 1230, decisero di edificare una Cattedrale nel centro della Civita, dove prima sorgeva un antico monastero benedettino. Dedicata inizialmente a Santa Maria di Matera, la chiesa venne poi intitolata alla Madonna della Bruna. La Cattedrale, insieme alla piazza antistante affacciata sui Sassi, divennero così il centro della nuova città che si stava pian piano costituendo. Con il processo di crescita urbana, in epoca medievale, furono inseriti numerosi luoghi di culto con un più ampio e articolato sistema di funzionamento territoriale. Ne consegue la formazione dei comparti urbani del Sasso Caveoso e del Sasso Barisano con al centro la Civita dove
CAPITOLO 1 | ABITARE LA TERRA Prima Fase_Grotta
Prima Fase_Lamione
sorge la cattedrale². I due Sassi sono caratterizzati da una maglia mista insediativa fatta di abitazioni ipogee, in parte scavate e in parte fuori terra con i vuoti ricavati per sottrazione dalla roccia ed i pieni costituiti dai conci della stessa materia. Il concio in tufo è usato prevalentemente per l’involucro, le parti strutturali e le volte, il laterizio è utilizzato per le pavimentazioni ed in coppi sulle coperture, il legno invece è presente solo per gli infissi. Il tessuto è sviluppato su dei percorsi principali su cui si affacciano direttamente le abitazioni disposte a ferro di cavallo attorno ad un atrio comune centrale chiamato vicinato, sul quale vi sono i collegamenti verticali esterni in pietra che collegano i vari ambienti tra loro. Le abitazioni presentano ambienti accostati e sovrapposti tra loro, in questo modo i tetti diventano prolungamenti delle strade, dei vicinati o tetti giardini, determinando il paesaggio urbano caratterizzato da terrazze degradanti.
Il prolungamento della grotta verso l’esterno con tamponatura, o addirittura con una struttura aggettante, rappresenta il lamione. Esso tende a svilupparsi più in lunghezza, l’illuminamento avviene attraverso un piccolo foro posto sopra l’ingresso, il sopraluce. L’abitazione è costituita da un ambiente unico con volta sostenuta da spessi paramenti murari in tufo con all’interno materiale di scarto come riempimento. In copertura, il manto di tegole è incorniciato da pareti perimetrali più alte che facilitano la canalizzazione e la raccolta delle acque piovane. Un altro punto di pregio storico-culturale delle abitazioni dei Sassi è il complesso sistema idrico, nascosto negli strati abitativi, composto da una ramificazione di grandi cisterne a goccia, collegate tra loro, che raccolgono e purificano l’acqua tramite un naturale processo di sedimentazione. Ad oggi, molte di queste cisterne hanno una funzione meramente estetica. La ricerca di soluzioni al problema della scarsità delle risorse idriche e, quindi, di come captare
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Fasi evolutive della grotta _ Codice di pratica _ A.Giuffrè C. Carocci
San Pietro Barisano
S.Agostino Piazza San Rocco
CAVEOSO
Piazza San Giovanni San Biagio
Conservatorio
Piazza Sedile Piazza Duomo
San Pietro Caveoso
Municipio Vecchio CIVITA
Grabiglione Castello Tramontano
BARISANO
Secoli XV - XVI
Grabiglione
Ottocento
Novecento
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Piazza Fontana
Secoli XV - XVI : vi fu la creazione, in alternativa all’unica piazza esistente (quella della Cattedrale), di un nuovo centro, fuori dalla cinta muraria ed adiacente al convento di San Francesco d’Assisi, la Piazza del Municipio. L’espansione economica si concretizzò con investimenti in campo edilizio e si costruì secondo secondo meccanismi propri di ciascun ceto sociale. La classe dirigente nobile realizzarono le proprie residenze soprattutto nella Civita. La classe agricolo-bracciantile ed artigiana ricavò le abitazioni, con sistemi di costruzione misti, nella parte più scoscesa della Civita. Da questo momento si ha un processo di urbanizzazione che trasformò le borgate semi rurali in veri e propri centri urbani chiamati Sasso Caveoso e Sasso Barisano. Ottocento : prende corpo l’espansione edilizia nel Rione Piano, nella fascia compresa fra il lembo dei Sassi e la strada nazionale Appulo Lucana. Si addensa il tessuto edilizio nei Sassi. Nel settecento fu definito il perimetro urbano delimitato da Via Lucana, nel secolo successivo vi fu un arresto dell’espansione edilizia e ci si concentrò a gestire complessi monumentali, spazi pubblici e nuovi tracciati viari; per lo più vi furono delle sistemazioni nella zona residenziale borghese, il Piano. Novecento : fu concepito uno schema di ridisegno della città del Piano, volto a cancellare le contraddizioni più stridenti tra la città nuova settecentesca e gli orridi burroni dei Sassi. L’operazione di risanamento era rivolto non ai Sassi ma a quanto era visibile nella città nuova. L’asse portante direzionale della nuova città, doveva essere costituito dalla Via Imperiale, collegamento tra Piazza del Municipio Vecchio (Via Ridola) e Via XX Settembre. Venne ottenuto cancellando il quartiere di Via Fossi-Ferrerie (molto simile ai Sassi) che si sviluppava tra Piazza del Municipio Vecchio e Piazza della Fontana. Per cercare di eliminare dall’habitat dei Sassi le situazioni igienico-urbanistiche più pericolose, si passò alla copertura dei Grabiglioni, del Sasso Caveoso e Barisano, che erano divenuti vere e proprie fogne a cielo aperto. Sulla copertura fu realizzata la strada di penetrazione veicolare dei due Sassi (Via Buozzi, Via Madonna delle Virtù, Via D’Addozio, Via Fiorentini).
Le planimetrie storiche sono il risultato del ridisegno delle mappe catastali nel testo Matera storia di una città _ L. Rota M. Tommaselli F. Conese Nella pagina successiva : si vuole evidenziare l’espansione del tessuto urbano della città, risultato degli interventi di Risanamento dei Rioni Sassi del 1950 (in rosso), e la conformazione attuale (in blu) della città di Matera.
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CAPITOLO 1 | ABITARE LA TERRA
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Vista da San Pietro Barisano_ph Laide Aliani
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CAPITOLO 1 | ABITARE LA TERRA
Trasformazione di un pozzo e di una grotta in abitazione _ Matera storia di una città L.Rota M.Tommaselli F. Conese Schema dell’addensamento residenziale in una serie di abitazioni dei Sassi riunite in vicinato _ Matera storia di una città _ L.Rota M.Tommaselli F. Conese
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e conservare l’acqua piovana o di come produrre acqua captandola dalle brine notturne, è stato il motivo che ha dato origine a questo ecosistema³. Nel secondo dopoguerra, metà della popolazione viveva negli antichi rioni, in quelle condizioni di miseria e precaria igiene che il romanzo “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi fece conoscere in tutta Italia. La questione Sassi venne definita “vergogna nazionale” da sanare al più presto. La legge speciale affollamento Sassi del 1952 decretò lo sgombero dei Sassi con il trasferimento di oltre 15 mila abitanti nei nuovi quartieri, progettati in modo da ricreare la stessa atmosfera sociale di vicinato degli antichi rioni in tufo. Nacque così fuori città il nuovo borgo La Martella, dove nel 1953 le prime cinquanta famiglie furono alloggiate. Dopo vennero costruiti i borghi Venusio e Picciano, anche loro destinati ad accogliere i contadini che possedevano appezzamenti di terra nelle vicinanze. Matera fu una delle prime città
a dotarsi di un Piano Regolatore, ideato nel 1956 e firmato dall’urbanista Piccinato. Appena fuori il perimetro dei Sassi furono edificati i quartieri di Serra Venerdì, La Nera, Spine Bianche ed Agna (Cappuccini) a bassa densità abitativa e ampie aree verdi e frequenti piccole piazze per rievocare lo spirito di coesione tra famiglie che si viveva nei vicinati degli antichi rioni. Il trasferimento forzato proseguì per un ventennio, riscontrando non poche opposizioni da parte degli abitanti, abituati alle grotte ed ai vicinati ed a vivere nel sacrificio, assuefatti dalla povertà. Successivamente, un’inversione di tendenza, portò a riscoprire il valore storico e culturale della zona storica. Con il concorso internazionale di idee per il risanamento Sassi, previsto dalla legge n°126 del ‘67 e bandito ufficialmente nel ‘74, emersero idee concrete di riappropriazione urbanistica residenziale, in grado di restituire, in forma viva e funzionale di città “intera”, il patrimonio storico alla comunità. Matera, sito dalle singolari caratteristiche
La tramontana e lo scirocco si alternano ed influiscono entrambi sulla vegetazione, la prima ha effetti negativi in quanto favorisce il distacco delle gemme, il secondo ha effetti benefici perchè apporta umidità. A causa della diffusa ventosità presente in tutto l’anno e dei bruschi cambiamenti di temperatura, la vegetazione è sottoposta a severi adattamenti influenzandone forma, dimensione e tipologia. (ROSA DEI VENTI E LE COSE DI NICLA) Nelle stagioni autunnali ed invernali sono molto frequenti le nebbie, le precipitazioni nevose sono rare e comunque non particolarmente influenti. Le precipitazioni meteoriche si concentrano, in particolare, nel semestre tra ottobre e marzo. I mesi tra giugno e settembre si presentano secchi e aridi con un picco di temperature massime a luglio, la minima a gennaio, mentre il picco di piovosità si ha a novembre, con un minimo tra luglio e agosto. Questo andamento climatico è in accordo con l’elevata presenza di gariga, dovuta al lungo periodo arido estivo. (INSERIRE TABELLE RELAZIONE O COSI DI NICLA)
Condizioni delle abitazioni (1951)
Senza Latrina
n°
con gettatoio interno
513
con gettatoio esterno
2.472
CAPITOLO 1 | ABITARE LA TERRA
La tramontana e lo scirocco si alternano ed influiscono entrambi sulla vegetazione, la prima Rifiuti solidi domestici n° ha effetti negativi in quanto favorisce il distacco delle gemme, il secondo ha effetti benefici perchè apporta umidità. A causa della diffusa ventosità presente in tutto l’anno e dei bruschi spargimento all’esterno 634 cambiamenti di temperatura, la vegetazione è sottoposta a severi adattamenti consegnati allaforma, N.U. dimensione e tipologia. 2.649 influenzandone (ROSA DEI VENTI E LE COSE DI NICLA) Nelle stagioni autunnali ed invernali sono molto frequenti le nebbie, le precipitazioni nevose Stalla n° sono rare e comunque non particolarmente influenti. Le precipitazioni meteoriche si concentrano, in particolare, nel semestre tra 802 ottobre e marzo. nell’abitazione I mesi tra giugno e settembre si presentano secchi e aridi con un picco di temperature in locale adiverso 121il picco di piovosità si ha a novembre, con un massime luglio, la minima a gennaio, mentre minimo tra luglio e agosto. Questo andamento climatico è in accordo con l’elevata presenza di gariga, dovuta al lungo periodo arido estivo. (INSERIRE TABELLE RELAZIONE O COSI Superficie del pavimento n° DI NICLA)
Rioni
cattive
mediocri
buone
totale
< 5 mq/persona
1.090
Sassi
1.495
1.676
158
3.329
5 - 10 mq/persona
1.286
Piano
164
1.669
1.371
3.204
10 - 20 mq/persona
Condizioni delle679 abitazioni (1951)
Tabelle con classificazione delle abitazioni secondo le condizioni igieniche e caratteristiche delle abitazioni secondo il rilievo della Commissione di Abitazioni n°Studio UNNRA-CASAS (1951-1953) _ Matera storia di una città _ L.Rota M.Tommaselli F. Conese in grotta 969
in muratura Vani vano unico vano unico separato
cattive
mediocri 274
buone
totale
Sassi
1.495
1.676
158
3.329
Piano
164
1.669
1.371
3.204
417 1.886 n° 944 1.349
vani diversi 1.036 geo-morfologiche, è oggetto di tutela dal 1993, data in cui venne nominata Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco, per il suo essere testimonianza unica ed eccezionale di un insediamento e di una cultura tradizionale, sviluppata in relazione con il paesaggio, un forte esempio di un complesso architettonico e paesaggistico stratificato⁴.
Considerando le architetture scavate analizzate nei paragrafi precedenti, possiamo ora ad un confronto formale con i vari sistemi coesistenti nella città di Matera. Iniziamo con l’analisi dello sfruttamento delle cavità naturali, delle grotte, createsi a causa di fratture nella roccia o per erosione. A Matera troviamo numerosissime cavità, utilizzate in passato come abitazione o come riparo, anche temporaneo, sviluppate principalmente lungo i fianchi della Gravina che seguono il torrente Gravinella. Queste possono essere confrontate con i ritrovamenti più antichi nel Gila Cliff
Abitazioni
n°
in grotta
969
parzialmente in grotta
417
in muratura 1.886 Rifornimento Idrico n° La tramontana e lo scirocco si alternano ed influiscono entrambi sulla vegetazione, la prima ha effetti negativi in quanto favorisce il distacco con acqua corrente 200 Vani n° delle gemme, il secondo ha effetti benefici perchè apportaIdrico umidità. A causa della diffusan°ventosità presente in tutto l’anno e dei bruschi Rifornimento senza acqua corrente 3.129 vano unico 944 cambiamenti di temperatura, la vegetazione è sottoposta a severi adattamenti con acqua corrente 200 influenzandone forma, dimensione e tipologia. Rifornimento Idrico n°(ROSA DEI VENTI E LE COSE DI NICLA) vano unico separato 1.349 Latrina n° senza acqua corrente 3.129 con acqua corrente 200 Nelle stagioni autunnali ed invernali sono molto vani diversi 1.036frequenti le nebbie, le precipitazioni nevose sono rare e comunque non particolarmente con aria e luce diretta 288 influenti. Le precipitazioni meteoriche si senza acqua corrente 3.129 concentrano, in particolare, nel semestre tra ottobre e marzo. Latrina n° ariagiugno e luce diretta 56 secchi e aridi con un picco di temperature I senza mesi tra e settembre si presentano con aria e diretta 288 massime a luce luglio, la minima a gennaio, mentre Latrina n° il picco di piovosità si ha a novembre, con un minimo tra luglio e agosto. Questo andamento climatico è in accordo con l’elevata presenza Senza Latrina n° senza aria e luce diretta 56 aria edovuta luce diretta 288 dicon gariga, al lungo periodo arido estivo. (INSERIRE TABELLE RELAZIONE O COSI DI NICLA) con gettatoio interno 513 senza aria e luce diretta 56 Senza Latrina n° con gettatoio esterno 2.472 con gettatoio 513 Senza Latrinainterno n° Rifiuti solidi domestici con esterno con gettatoio gettatoio interno
Condizioni delle abitazioni (1951) n° 2.472 513
Rioni cattive spargimento con gettatoio all’esterno esterno Rifiuti solidi domestici Sassi 1.495 consegnati alla N.U. spargimento all’esterno Rifiuti solidi domestici Piano 164
mediocri 634 2.472 n° 1.676 2.649 634 n° 1.669
Stalla consegnati N.U. spargimentoalla all’esterno
n° 2.649 634
nell’abitazione consegnati alla N.U. Abitazioni Stalla in locale diverso in grotta nell’abitazione Stalla
802 2.649 n° n° 121 969 802 n°
parzialmente grotta Superficie delinpavimento in locale diverso nell’abitazione
417 n° 121 802
in muratura < mq/persona in 5locale diverso Superficie del pavimento 5 - 10 mq/persona Vani < 5 mq/persona Superficie del pavimento 10 - 20 mq/persona vano unico 5 -510 mq/persona < mq/persona > 20 mq/persona vano unico separato 10- -10 20 mq/persona 5 mq/persona
1.886 1.090 121 n° 1.286 n° 1.090 n° 679 944 1.286 1.090 274 1.349 679 1.286
vani diversi > 20 mq/persona Rifornimento Idrico 10 - 20 mq/persona
1.036 274 n° 679
con corrente > 20acqua mq/persona
200 274
senza acqua corrente Latrina
3.129 n°
con aria e luce diretta
288
senza aria e luce diretta
56
Senza Latrina
n°
con gettatoio interno
513
con gettatoio esterno
2.472
75
parzialmente in grotta
Rioni > 20 mq/persona
buone
totale
158
3.329
1.371
3.204
Planimetria della Chiesa rupestre di Sant’Eustachio con, in tratteggio, evidenziati i crolli _ Matera storia di una città _ L.Rota M.Tommaselli F. Conese (in alto) A confronto, dettaglio della planimetria del Gila Cliff Dwelling. (in basso)
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A destra : pianta e sezione di una tomba dell’epoca del bronzo ricavata nel fossato del trincerone neolitico di Murgia Timone _ Matera storia di una città _ L.Rota M.Tommaselli F. Conese
Dwelling National Monument e Mesa Verde, negli Stati Uniti, in cui i primi abitanti optarono per la stessa soluzione sui fianchi del canyon. In entrambe le situazioni si è poi assistito ad una progressiva evoluzione che ha portato alla creazione di strutture addossate nelle cavità naturali create dalle sporgenze rocciose. Nel caso del Gila Cliff e del Cliff Palace le costruzioni sul fondo sono state create con materiale ritrovato lungo il canyon, a Matera invece, nel caso della Chiesa di Sant’Eustachio, siamo di fronte ad una chiesa in parte scolpita ed in parte costruita con blocchi in tufo, il prospetto principale è completamente esposto agli agenti atmosferici e, a causa di un crollo alla base, oggi è in avanzato stato di degrado. La configurazione ipogea, gli insediamenti di questo tipo si sono sviluppati prevalentemente in aree pianeggianti. Possiamo mettere a confronto le abitazioni ipogee più presenti nel territorio materano con quelle delle città scavate Derinkuyu e
Kaymali in Cappadocia. Vi è un’ulteriore sistema ipogeo che si differenzia nella presenza di un pozzo a cielo aperto utile per le attività collettive e come ingresso ai vari ambienti. Questo carattere lo identifichiamo nello sviluppo dell’abitazione primitiva materana, da cavità naturale a scavata, con ampliamento degli ambienti posti radialmente intorno ad un pozzo, qui denominato vicinato. Lo stesso espediente è utilizzato nel villaggio turco Matmata, con un pozzo a forma ovoidale, e nelle case Yaodong in Cina, scavate nella terra gialla, che presentano un particolare pozzo quadrato o rettangolare. Possiamo, inoltre, azzardare analogie anche con quei sistemi ipogei che presentano uno scavo lateralmente ma che, per differenza, presentano una struttura eretta al centro del cortile a pozzo, ottenuta dall’incisione della materia, dando origine ad un sistema misto tra ipogeo e struttura in trincea. In questa categoria: inseriamo la chiesa Biete Georghis di Lalibela, completamente
CAPITOLO 1 | ABITARE LA TERRA A sinistra : pianta di una cripta rupestre anonima nella valle Goreme in Cappadocia (in alto) e la pianta della cripta dei “grottini” nei pressi di Picciano in agro di Matera (in basso) _ Matera storia di una città _ L.Rota M.Tommaselli F. Conese
intagliata nella roccia e circondata da ambienti e gallerie ipogee; la Cava 16, dell’imponente complesso di grotte di Ellora, è un grande cortile, circondato da numerosissime stanze voltate ipogee, con al centro il maestoso tempio buddhista ricavato dallo scavo della roccia. Le cavità rupestri materane non hanno uno stile unico e ben definito, le dimensioni ed il tipo di scavo varia a causa del tipo di roccia ed al tipo di funzione. Ciononostante, le chiese rupestri del materano presentano delle forti affinità formali con il sistema rupestre della Cappadocia, della valle della fortezza di Uchisar e delle tombe licie, e con le numerosissime grotte rupestri delle cave buddhiste ed indù di Ellora e Ajanta. Tornando all’esempio della Cappadocia, possiamo dire che la sua dinamica di evoluzione degli insediamenti è molto simile al fenomeno rupestre religioso del materano. In entrambi i casi l’uomo ha dovuto adattarsi alla particolare conformazione geografica, creando ambienti adatti a soddisfare tutte
le esigenze ed in perfetta armonia con l’ambiente circostante. Queste analogie sono particolarmente evidenti negli sviluppi planimetrici di una cripta nella fortezza di Uchisar confrontata con la pianta della chiesa Madonna delle Croci nella murgia materana, ed il paragone della pianta di un’altra cripta anonima della Cappadocia e una cripta rupestre nei pressi di Picciano di Matera⁵.
1 e 3 c.f.r. “La città scavata, paesaggio di patrimoni tra tradizione e innovazione” di A.Conte a cura di M.O.Panza e M.B.Pisciotta_GangemiEditore_Matera 2014 2 e 5 c.f.r. “Matera, storia di una città” di L.Rota M.Tommaselli F. Conese_EditriceBMGMatera_Matera 2011 4 c.f.r. “Matera 55, radiografia di una città del sud tra antico e moderno” di R.Musatti F.Friedmann G.Isnardi F.Nitti T.Tentori_EdizioniGiannatelli_Matera 1996
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In basso : a sinistra abbiamo la pianta di una cripta della Cappadocia, a destra la pianta della Madonna delle Croci di Matera _ Matera storia di una città _ L.Rota M.Tommaselli F. Conese
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1.6 Utopie Ipogee
L’affinamento delle tecniche costruttive, con il passare del tempo, ha permesso all’uomo di potersi costruire i propri rifugi senza più ricorrere alle cavità offerte dalla natura. Di qui il sottosuolo ha progressivamente perso la sua valenza di luogo protetto e il suo valore simbolico positivo per assumere, soprattutto culturalmente, connotati ben diversi che lo vedono associato, in quasi tutte le religioni occidentali, a divinità negative e a sede dell’ignoto o dell’inferno. L’idea di caverna e di sottosuolo ha conservato lungo la storia duplici e opposti significati. La caverna rappresenta l’utero protettivo dove la vita si nasconde per germogliare, essa protegge dal freddo e dai nemici esterni, ma nasconde anche angosce e terrore. Nella pratica delle differenti religioni di dedicare lo spazio ipogeo al regno dei morti si riconosce pure questo duplice significato, di mistero e di oscurità, ma anche di fertilità e di protezione perché i morti vengono sepolti nella speranza di una resurrezione. Anche nella cultura laica il sottosuolo è stato spesso tema di interesse,
nell’opera narrativa di Dostoevskij, Memorie del sottosuolo (1865), l’autore sottolinea il legame profondo che esiste tra il sottosuolo e l’animo umano. Analogamente nelle teorie psicoanalitiche di Sigmund Freud viene proposto il parallelo tra le diverse componenti dell’animo umano e le parti di un edificio: la cantina e le fondazioni sono metafora dell’inconscio e della memoria¹. Soprattutto nella letteratura, l’habitat sotterraneo è visto secondo due differenti visioni: da un lato vi è l’approccio romantico che fa presa sui significati simbolici prodotti dall’inconscio umano e dalla tradizione popolare, dall’altro vi è un approccio più scientifico che da vita alle utopie sulle città sotterranee, sia nel significato negativo, in seguito alla degradazione della società e della dignità umana, sia semplicemente come un mondo diverso frutto di una ipotetica evoluzione del genere umano. L’immagine che l’individuo si crea di uno spazio dipende dalle funzione che gli attribuisce e da ciò che vuole fare di esso.
CAPITOLO 1 | ABITARE LA TERRA
Esistono oggi ragioni sufficienti all’utilizzo del sottosuolo perché l’uomo possa non solo accettare ma capire e vedere in nuova luce questa dimensione nascosta. Un primo accenno all’utilizzo di piani interrati lo si trova già in periodo rinascimentale tra gli schizzi di Leonardo. Lo scienziato aveva infatti approfondito anche i temi dell’urbanistica ed aveva proposto un suo piano di città: un sistema di strade sotterranee e canali per il transito di carichi e per il servizio dei piani di cantina, con al disopra una rete di strade per la circolazione pedonale. In realtà lo spazio interrato deriva dall’innalzamento del piano base di
riferimento piuttosto che da uno scavo in profondità, nonostante questo, si tratta di una grande intuizione: l’aver riconosciuto l’esigenza di spazi e percorsi funzionali, separati dalla vita commerciale e sociale, per una migliore gestione del tessuto urbano². Solo all’inizio di questo secolo tra le avanguardie dell’architettura si comincia a prendere piena coscienza della dimensione sotterranea. Nel 1903 l’architetto Eugéne Hénard disegna la Rue future. Un disegno ricco di particolari mostra lo spaccato di una strada. La via é affiancata da un palazzo di sette piani dotato di eliporto ricavato sul
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Rue Future_Eugéne Henard 1903
1 c.f.r. “Muovere la terra, le discrete tracce dell’architettura ipogea” di B.Coppetti_MaggioliEditore_Mailano 2009 2 rivista Area n.145 “Underworld” 2016 3 c.f.r. “teoria del progetto ipogeo” di R.Dell’Osso_ MaggioliEditore_Milano 2013
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Caricatura Edouard Utudjian_M. Berliet
tetto e di una piattaforma ascensore che può ricoverare la macchina volante in un apposito hangar sotterraneo. La strada vera e propria è a tre piani: quello in superficie è riservato al tram, alle carrozze e ai pedoni; quello immediatamente sotto a sistemi per il trasporto delle merci, il terzo alla ferrovia sotterranea, oggi metropolitana, alle canalizzazioni di servizio, ai serbatoi e ai magazzini. Seppur fossero già state realizzate in passato molte opere in sotterraneo, queste erano nate dall’impossibilità di agire altrimenti (trafori per superare catene montuose, fognature per eliminare i rifiuti liquidi, ...) mentre questo progetto, rappresentando solo una delle tante possibilità di gestire il traffico urbano, intuisce quei vantaggi per la città che solo a lungo termine potevano essere dimostrati. Molto più convinto fu il suo successore Edouard Utudjian che studiò per primo in maniera sistematica l’utilizzo del sottosuolo nel contesto urbano. Architetto, ingegnere e urbanista armeno
fu allievo di Auguste Perret e si impegnò per tutta la sua vita al dibattito sull’ipogeo. Nel 1933 fondò il GECUS (Groupe d’Etude et de Coordination de l’Urbanisme Souterrain). Egli rese famosa in tutto il mondo questa organizzazione attraverso diverse attività: la diffusione di una rivista Le monde souterrain, la pubblicazione di testi specializzati e l’organizzazione di congressi. Il GECUS si occupava in particolar modo di promuovere il progetto della ville en epaisseur, una città sotterranea, organizzata a vari livelli in profondità, che si inseriva nel dibattito urbanistico dell’epoca presentando gli stessi temi della ville radieuse corbusiana: decongestionare la città con una concentrazione puntiforme di spazi abitativi e di servizi al fine di ricondurre l’habitat alla sua originaria valenza ecologica. Partendo dallo stato d’arte della capitale il suo obiettivo era invece quello di decongestionare il centro senza intaccare il patrimonio storico, motivo per cui non poteva accettare il progetto di Le Corbusier per Parigi che prevedeva un
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grande sventramento della città. Tuttavia le sue idee non ebbero un grande ascolto da parte del pubblico. Nel 1934 a Bordeaux, al primo congresso francese di urbanistica, il pubblico lo credette matto e se ne fece beffa, accusandolo di voler seppellire il genere umano. Nonostante le proposte di Utudjian non prevedevano di costruire nel sottosuolo l’abitazione dell’uomo, ma una serie di servizi (soprattutto tecnologici) in grado di affrontare i problemi venutisi a creare in superficie. L’importanza di Utudjian risiede non solo nel fatto di essere stato fra i primi ad affrontare il problema dell’utilizzo del sottosuolo in aree urbane ma anche, e soprattutto, di averlo fatto
senza tralasciare alcun aspetto, da quelli più tecnici (scavi di gallerie, tunnel, studi geotecnici) a quelli urbanistici, o a quelli psicologici (illuminotecnica, reazioni negative all’ambiente sotterraneo). Nonostante alcuni aspetti, soprattutto legati al progresso urbano e sociale, siano mutati, la sua resta un’opera unica per completezza e approfondimento³. In Italia è mancato quasi completamente un interessamento alla questione. Tra le poche eccezione, vi è l’ingegnere genovese Renzo Picasso che, all’inizio di questo secolo, si rende noto per il suo accanimento nello sviluppo del sottosuolo.
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Sezione prospettica Les Champs-Elysèes 1934_Edouard Utudjian
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Progetto per il comune di Genova 1911_Renzo Picasso
Nel 1911 presenta al Comune di Genova un progetto nel quale Picasso studia un sistema di trasporti pubblici a servizio misto, con tratti sotterranei, alla superficie, sotto elevati e verticali. Egli aveva infatti capito che i problemi futuri delle città sarebbero stati in gran parte legati al traffico e propose dunque arterie automobilistiche sotterranee, sottolineando il ruolo fondamentale che avrebbero dovuto avere i servizi pubblici. Purtroppo la sua idea non venne presa granché in considerazione e nel 1930 venne poi licenziato di Comune fascista. Nello stesso periodo anche il movimento futurista accennava al sottosuolo, uno spazio necessario per il grande sviluppo che avrebbe investito la moderna città prospettata. Così Sant’Elia dichiarava nel 1914 sul Manifesto dell’architettura futurista: “...la strada sprofonderà nella terra per parecchi piani, che accoglieranno il traffico metropolitano e saranno congiunti, per i transiti necessari, da passerelle metalliche e da velocissimi tapis rulant. [...] Buttiamo all’aria monumenti, marciapiedi, porticati,
nella pagina successiva : City of the future 1925_ Harvey Wiley Corbett
gradinate, sprofondiamo le strade e le piazze, innalziamo il livello della città”. Negli anni 60, seguono altri progetti su scala urbana, come l’originale proposta di Paul Maymont di un asse multifunzionale per la città di Parigi sotto la Senna, tutti privi tuttavia della stessa compiutezza. Ancora negli anni 60 l’interesse per il sottosuolo è limitato a sporadici casi e manca l’idea di un utilizzo organico e pianificato dell’ipogeo urbano. Tuttavia vanno pian piano delineandosi una serie di ragioni che sottolineano i caratteri positivi del sotterraneo, soprattutto in vista degli sconvolgimenti provocati dal progresso. Volendo spostare l’attenzione dalla scala urbana a quella architettonica, sono comunque presenti molteplici opere. Numerosi sono gli studi condotti sul sottosuolo, dagli scavi archeologici, che hanno arricchito la storia primitiva architettonica, alle opere di restauro per monumenti di prestigio. Per quest’ultimo infatti vi è l’operato di Franco Albini sul Museo del Tesoro di San Lorenzo a
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fotomontaggio prospettico del Museo del Tesoro San Lorenzo di Genova 1925_Franco Albini
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Genova, nato dalla necessità espositiva della collezione del San Lorenzo, vennero adibiti dedicati. Si formò così il Museo la cui inaugurazione sarebbe avvenuta qualche anno dopo, nel 1956. “Nowhere to go but down”: queste sono le parole che echeggiano dall’altra parte dell’oceano, dal pugno Malcolm Wells nel Manifesto dell’architettura sotterranea. La sua è una intuizione ecologica: egli si lamenta del dominio dell’uomo sulla natura, del continuo dilagare delle costruzioni sul verde. “Sovrastare sulla natura, é questo il compito dell’architettura ?”, si domanda. Lo sfruttamento del sottosuolo, dove è possibile, permette di ridurre l’impatto sul mondo naturale riportando così l’uomo e la natura allo stesso livello. Ricompare nelle parole di Wells il primordiale significato simbolico di spazio protetto e la sua architettura, prendendo spunto dalla libertà compositiva offerta dalla massa plasmabile di terra, sviluppa a fondo i temi della cultura organica. Inoltre l’architetto non dimentica
le particolari doti dell’ipogeo per creare uno spazio termicamente protetto ed economico da gestire⁴. Accanto a questi uomini, che si sono mossi allo scoperto rendendo pubbliche le loro affermazioni, vi sono poi quegli architetti che seguendo, più che la ragione, l’intuizione si sono cimentati in questo campo, come la Cockpit Gazebo di Norman Foster del 1964, una microarchitettura inserita nel terreno e definita dallo stesso “come una bolla di cristallo, la struttura di vetro interrompe in superficie del pendio erboso e si affaccia sul mare come la cabina di pilotaggio di un aereo”. L’analogia con le cabine dei caccia inglesi della seconda guerra mondiale, è evidente dalla geometria, vetri inclinati a spicchi geometrici circondano il “pilota” sul fronte e sui lati⁵. Una proposta italiana è stata data dagli architetti torinesi Gabetti e Isola, nel 1969, che realizzarono nel 1975 l’Unità residenziale Ovest, conosciuta come Talponia, del Complesso Olivetti di Ivrea.
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La caratteristica del progetto è data dal fatto che le abitazioni giacciono sotto il livello del suolo, perfettamente integrate con l’ambiente. Sui tetti degli ultimi piani sono adagiati una strada pedonale e una grande superficie di prati verdi, mentre le vetrate delle case, sull’unico lato non interrato della costruzione, si aprono su una piccola collina sormontata da un boschetto. «Abbiamo raggiunto il limite di crescita, uno degli obiettivi della terratectur è convogliare questo senso di colpa in un canale positivo. La terratectur non funge soltanto come una sorta di freno, ma ci insegna a pensare diversamente, a pensare sotterraneo» questo passo è tratto dal libro “Terratecture”
del 1989 dell’architetto svizzero Pierre Zoelly, e spiega qual è la sua posizione verso l’architettura sotterranea. Questa è una prima concretizzazione di una direzione alternativa, che punta sottoterra. Questa tendenza si era già manifestata all’inizio del secolo, con il progressivo affollarsi del traffico nelle strade cittadine, così i collegamenti, specialmente quelli ferroviari, sono stati costruiti sotto la superficie terrestre⁶.
4 e 6 rivista Casabella n.799 “gli spazi ipogei” 2012 5 rivista P+C n.5 “per via di levare: scavare il sottosuolo e sottrarre in architettura” 2014
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Unità Residenziale ovest Complesso Olivetti 1975_Roberto Gabetti e Amairo Isola
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1.7 La Risposta Contemporanea
La dimensione del sottosuolo non rimanda solo un gesto primitivo e troglodita, ma può essere terreno fertile per una rinnovata ricerca, e sperimentazione, architettonica e costruttiva. Le architetture passate danno le basi di un modo di fare e pensare l’architettura, un’architettura che considera l’opera geografia (come la definisce Francesco Venezia) nata dalla terra, dalle sue stratificazioni e dalle sue cavità. Con le dovute differenze e con i diversi approcci metodologici, l’idea di un’architettura che trae origine dall’applicazione del principio compositivo della sottrazione di volumi, attraversa l’opera e la poetica di tanti architetti contemporanei. Un’idea che certamente si rintraccia nella ricerca progettuale di Hans Hollein che, nel 1990, con il progetto di concorso per il Museo della Fondazione Guggenheim a Salisburgo, manifesta la capacità di ricavare suggestive configurazioni spaziali dalle viscere della montagna su cui si erge la Festung Hohensalzburg. Il Museo nella roccia è una sequenza di sotterranee wunderkammern
(camere delle meraviglie) confluenti l’una nell’altra fino al raggiungimento di un grande pozzo dove lo sguardo è attratto verso l’alto, il cielo, la luce, e dove il sistema di rampe e di scale consente al visitatore di risalire in superficie. Per il già citato Francesco Venezia, l’architettura dello scavo è il tema dominante che attraversa in maniera evidente tutta la sua ricerca progettuale e che trova fondamento nel senso profondo delle sue ricche esperienze, nei suoi viaggi nelle atmosfere dei paesaggi archeologici dell’Italia meridionale e dalle riflessioni sorte dagli scritti di Le Corbusier. La centralità data a questo tema si ritrova tanto nelle architetture realmente ipogee, come il Museo della stratigrafia storica a Toledo, quanto in architetture emergenti dal suolo, ma che continuano ad evocare atmosfere e spazialità cave di un mondo sotterraneo. Un esempio è Casa Malaparte a Capri, di sua proprietà e progettata in collaborazione con l’architetto Adalberto Libera nel 1942. Il cielo, il mare e gli scogli sono parte integrante di
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quest’opera, il confine tra suolo e sottosuolo è difficile da stabilire. Incastonato nella roccia, ricordando un relitto, occupa tutta la larghezza del promontorio fondendosi con esso. Una rampa di trentatre scalini portano alla copertura piana-solarium, salendo si ha la percezione che la terrazza-podio si allontani invece che avvicinarsi, effetto dato dalla strombatura rovescia. In questa casa la scala è l’edificio, non un semplice elemento di distribuzione, questo fortissimo gesto formale consente di trasformare il terrazzo in una stanza a cielo aperto, in cui l’unico ornamento è rappresentato da un elemento curvo bianco, con il duplice scopo di sostenere, camuffare, la canna fumaria e
di proteggere da sguardi indiscreti. Carlo Aymonino, nell’aprile del 1992, in occasione di una conferenza di una mostra a lui dedicata, ancora colpito dagli studi condotti su Petra, spinto da un interesse per la scultura, confessò di coltivare il sogno di poter progettare una casa scavata in un unico blocco di pietra, un’architettura intesa come essenza di forme e di volumi «...una soluzione architettonica già preesistente entro un involucro generale, che prende forma e si dà ragione, togliendo, scavando in quell’iniziale e teorico volume semplice, fino a rendere evidenti e praticabili i complessi rapporti tra i percorsi, gli elementi componenti, l’interno e l’esterno»¹.
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Disegno di Cherubino Gambardella tratto dal suo libro “Le Malaparte Impossibili” del 2016
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Le architetture di Alberto Campo Baeza, per quanto raramente siano realmente ipogee, si caratterizzano per essere volumi primari che appaiono come blocchi granitici, disponibili solo ad essere erosi, scavati, svuotati ma senza intaccare loro purezza stereotomica. E per Campo Baeza l’architettura stereotomica è quella che poggia sulla terra come se fosse già contenuta nel suo grembo. «...è l’architettura che cerca la luce, che perfora i suoi muri per fare in modo che la luce entri in lei. È l’architettura del podium, del basamento. Quello dello stilobate. È l’architettura della caverna»². Come si intuisce, il riferimento al basamento quanto quello alla caverna non è per nulla casuale. Concetto che si riscontra nell’opera dei fratelli Manuel e Francisco Aires Mateus. Realizzarono nel 2005 il Center for the Arts a Sines, Lisbona. Un intero centro polifunzionale che comprende sale espositive, biblioteca, cinema e teatro oltre che vari spazi-laboratori. Un grande blocco monolite, diviso in quattro volumi
solo nella parte superiore, si innesta per metà della sua altezza nel terreno. A livello stradale l’architettura si presenta uniforme, gli ingressi indipendenti dei vari volumi si affacciano nel cortile interno, all’interno di ogni volume l’attraversamento da un livello all’altro avviene attraverso un sistema di ponti poggiati solo ad una parete perimetrale. Questa propensione lascia abbastanza spazio libero, nei piani interrati, da permettere attività collettive nelle aree centrali comuni. Il convincimento dei due architetti portoghesi che l’architettura sia essenzialmente composta da uno spazio cavo, da un vuoto generato dalla sottrazione di volume, è un’idea ispirata soprattutto dalla mondo dell’arte contemporanea con specifico riferimento alle opere dello scultore Eduardo Chillida. Quest’ultimo, che amava definirsi da scultore “architetto del vuoto”, privilegiava il concetto di spazialità cave generate essenzialmente dalla sottrazione di materia. Un esempio poetico, che supera qualsiasi differenza tra scultura e architettura è il
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progetto che l’artista propose, nel 2002, per la montagna di Tindaya Fuerteventura, nelle Isole Canarie. Una monumentale grotta di forma cubica (lato 50 metri) scavato nel nucleo interno della montagna e illuminato da due grandi fori angolari. Immaginato da Chillida come “Pantheon cubiforme”, si configura come luogo per la manifestazione del “divino”, fatto di due soli elementi: luce e materia «...l’idea era quella di creare una scultura (architettura) capace di proteggere la montagna sacra. L’ampio spazio creato nel cuore del monte risulta invisibile all’esterno ma chi si arrischia ad entrarvi può godere del sole e della luna da un incavo dove non esiste orizzonte»³.
Anche Peter Zumthor si pone all’interno di questa progettuale che si pone tra materia, riflessione ed esperienza «Quando penso all’architettura, dentro di me scaturiscono delle immagini. Racchiudono la conoscenza professionale che ho acquisito nel corso del tempo. Altre hanno a che fare con la mia infanzia. Ricordi di questo tipo costituiscono il nucleo basilare di immagini e di atmosfere architettoniche che nella mia pratica di architetto cerco di scandagliare». L’atmosfera di un tholos, uno spazio cavo ipogeo, che attraversa in profondità il progetto di Zumthor della Cappella di San Nicola de Flüe a Mechernich ,Germania. L’opera del ‘98, commissionata al premio
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Tindaya Fuerteventura 2002_Eduardo Chillida
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Cantine Antinori_Archea Associati_Firenze 2013
Pritzker, all’esterno è un monolite prismatico impenetrabile. All’interno uno spazio tronco conico disegnato dalla luce che penetra dall’oculo e dall’atmosfera che la stessa luce proietta sulle superfici scanalate. Lo stesso clima di uno spazio disegnato dalla luce mistica che, descrive l’esperienza sensoriale, tattica e soprattutto materica, lo si ritrova negli ambienti ipogei delle Therme di Vals in Svizzera³. Con l’evoluzione tecnologica, sempre più architetti hanno sperimentato l’architettura ipogea, creando “città sotto la città”, dotando le città sotterranee degli stessi comfort che esistono in superficie, spesso con un’attenzione maggiore. Infatti, negli edifici sotterranei, spesso l’accuratezza si sposta dalla forma e dalla rappresentazione per dedicarsi alla qualità degli spazi, in quanto, non sono visibili dall’esterno. Un esempio di architettura mimetica è il progetto del 2013 della nuova Cantina Antinori a Firenze a cura di Archea Associati.
Il contenitore, ridotto ad un semplice involucro completamente interrato, esprime l’essenza del contenuto, si sviluppa e nasce dalla terra come sintesi di lavoro e tradizione. In questo progetto è evidente il tentativo di ricucire tra loro natura ed artificio, l’opera segue le curve di livello del terreno con soli due sottili tagli orizzontali centrali che permettono l’ingresso della luce, al di sopra vi è un piano di campagna a vigneto che si intreccia con il contesto⁴. Se in questo progetto è la funzione stessa a descriverne la forma e la condizione di cantina come struttura sotterranea, ci sono architetti che si sono spinti oltre proponendo funzioni e attività che nell’immaginario collettivo sarebbero impossibili da collocare nel sottosuolo. Uno di questi è l’ormai noto architetto danese Bjarke Ingels che, nel 2012, ha realizzato in Danimarca il Bunker Museum. L’approccio di BIG al progetto costruisce un dialogo dinamico tra il vecchio ed il nuovo e tra naturale e artificiale. Mentre il
bunker storico è una struttura massiccia che si protende oltre la quota del terreno, l’espansione del nuovo complesso museale concepita da BIG è trasparente ed è scavata dentro il suolo. Nel quadrato che delimita la pianta dell’edificio si organizzano, intorno ad un cortile centrale comune, le quattro gallerie espositive, i visitatori entrano nel museo attraverso un percorso tagliato nelle dune che circondano il museo, un passaggio sotterraneo collega poi il nuovo museo al bunker Tirpitz. Il cortile di distribuzione, leggermente ruotato rispetto alle pareti esterne, crea le fessure dei lucernari in corrispondenza dei singoli ingressi alle gallerie espositive e gli ingressi indipendenti⁶. Infine, proposto per la differenza funzionale rispetto alle opere succitate, presentiamo il progetto per il rinnovamento della Stazione di Trattamento delle Acque Reflue di Alcantara, Lisbona. Era stata imposta la realizzazione di una copertura che tutelasse
l’ambiente sottostante. Il programma prevedeva anche la realizzazione di due edifici (3mila mq) adibiti ad uffici: uno per la stazione di monitoraggio e l’altro per la sede della società pubblica. L’architetto Manuel Aire Mateus presentò un progetto in cui sovrapponeva i due programmi, ricoprendo l’ETAR con una copertura di uno spessore tale da renderla abitabile ed alloggiare gli uffici. Questo grande tetto giardino si estende per quasi 28mila mq, riducendo al massimo l’impatto causato dalle infrastrutture stradali dell’area. L’edificio, realizzato nel 2011, è integrato nello spessore della copertura che segue le pendenze del territorio ed è incisa solamente lungo le vie principali, in cemento a vista, in modo da permettere la ventilazione e l’illuminazione degli spazi interni⁷. 1 e 3 rivista P+C n.5 “per via di levare: scavare il sottosuolo e sottrarre in architettura” 2014 2 e 7 rivista Area n.145 “Underworld” 2016 4 rivista Arketipo n.70 “Antinori Winwry” 2013 6 c.f.r. “Hot and Cold” di Bjarke Ingels Group_Taschen_ Spain 2015
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CAPITOLO 2 | ARCHITETTURA IPOGEA E SOSTENIBILITAâ&#x20AC;&#x2122;
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2.1 Abitare il Mediterraneo
Spesso il termine SOSTENIBILE indica quella parte di progetto che racchiude una serie di conoscenze, tecniche e tecnologie utilizzate per lo sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili, intese come valore aggiunto. Le innumerevoli soluzioni ed i sistemi che si possono utilizzare si presentano come tecnologie già confezionate che non rispecchiano il contesto storico e geografico dell’opera. È necessario avviare una riflessione sull’architettura dell’abitare che tenga conto delle diverse tradizioni e realtà socioeconomiche e aiuti a riscoprire la pluralità di modi e di culture che caratterizzano il vivere dell’uomo contemporaneo e le diverse forme che lo spazio abitativo assume in relazione al carattere dei luoghi; cercare di coniugare il nuovo modo dell’abitare con l’appartenenza all’area geografica e culturale che gravita intorno al bacino del Mediterraneo in cui risultano determinanti il clima e l’uso delle risorse locali, anche lontane dagli esempi più radicali di sostenibilità propri
dei paesi economicamente più sviluppati. Una civiltà si misura non per quello che prende a prestito da altre culture ma per come declina e interpreta alcuni motivi rispetto alle sue tradizioni. L’approccio all’architettura bioclimatica a riaccendere l’interesse per quelle architetture che hanno saputo mettere a punto una cultura del fare che riconosce l’importanza di rispettare gli equilibri naturali, distorti dal progresso tecnologico. L’area del Mediterraneo per la sua cultura dell’abitare e del costruire ha dato origine a caratteri e codici linguistici tra i paesi che si affacciano sulle sue sponde, è il terreno ideale per provare a declinare con forme proprie la questione della sostenibilità. Scegliere l’area mediterranea significa guardare insieme al futuro e al passato. In questi ultimi decenni l’introduzione delle moderne tecnologie ha reso superflue soluzioni che oltre ad assolvere un importante ruolo pratico rivestivano anche un importante ruolo architettonico. La torre del vento, ad esempio,
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è sopravvissuta in alcuni edifici dell’architettura moderna, trasportata nei blocchi residenziali multipiano sfruttando il pozzo del vano scala, aperto al cielo e più alto, per ventilare ogni piano. Il tetto conico in terra cruda o in muratura, la volta catalana, il tetto a terrazza con l’elemento naturale del verde, oltre a essere dispositivi in grado di garantire una migliore ventilazione e aerazione degli ambienti, hanno costituito nel tempo delle figure che segnano il paesaggio mediterraneo. Tutte soluzioni oggi dimenticate a favore delle nuove tecnologie che hanno portato ad una grave perdita di riconoscibilità di questi luoghi. La parola sostenibile
dovrebbe essere parte integrante del progetto e facilmente riconoscibile offrendo una nuova declinazione di architettura, richiamando le antiche forme e tradizioni. Uno degli elementi che formano l’architettura sostenibile, o meglio, uno degli archetipi dell’architettura è il patio. La casa a patio o a corte è una testimonianza di tutte le differenti tradizioni, uno spazio che ritroviamo in diversissime culture e rimanda ad una forma generale ma che può essere declinato in infinite forme il suo essere un vero e proprio dispositivo climatico e di rappresentazione mutando di volta in volta a seconda del luogo e della cultura di appartenenza. La corte si comporta come
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Biblioteca di Gando_Kerè Architecture
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un regolatore della temperatura, fungendo da riserva di aria fresca, le logge riparano dal calore e dalla luce diretta del sole, un bacino raccoglie l’acqua piovana, gli alberi e il verde contribuiscono a mantenere una buona umidificazione. Un’area dove le forme, i materiali e le tecniche originali sono state dettate da aria, luce, acqua, dal suolo e dai caratteri delle risorse naturali che definiscono il rapporto incondizionato di questi insediamenti abitati con la loro natura¹. È difficile portare nella nostra realtà ad una scala urbana, anche la dimensione della strada, più stretta, corta e dall’andamento meno regolare svolge un importante ruolo all’interno della costruzione di queste nuove parti di città perchè è dove circola l’aria, svolgendo la stessa funzione del patio all’interno dell’abitazione. In questa unità tra edificio e natura ritorna la memoria di un equilibrio antico proprio del mondo classico e mediterraneo. Le nuove energie rinnovabili introducono un modo diverso di pensare la città nel disegno di nuove parti del paesaggio urbano in rapporto al consumo di suolo ma anche l’introduzione di una nuova filosofia dell’abitare. Ricompaiono gli spazi comuni legati alla condivisione degli impianti per
l’energia solare, il fotovoltaico, l’eolico, l’accumulo dei rifiuti, il recupero dell’acqua piovana cui si accompagna il recupero all’interno dell’abitazione di materiali, soluzioni e tecnologie legate al passato (legno, pietra, terra cruda, torre del vento, camini d’aria) che contribuiscono insieme nel proporre nuovi spazi ed ambienti. Oggi si deve ricercare un nuovo modo per riformulare il concetto di abitare, pur tenendo conto delle diverse tradizioni e realtà socio-economiche per riscoprire la pluralità di modi e di culture che caratterizzano il vivere dell’uomo contemporaneo, nella consapevolezza di un progetto d’architettura che dev’essere una chiara risposta all’attuale emergenza ambientale ed energetica. La struttura statica della volta e della cupola comporta un vincolo modulare che ritma la pianta degli edifici d’abitazione. Si tratta di un vincolo che obbliga a progettare in tre dimensioni poiché il modulo con cui si ha a che fare non rimanda solo ad un reticolo planare bensì all’unità “stanza” che dà origine ad un’articolazione spaziale e volumetrica, che ritma alcune esperienze significative dalla casa araba alla casa moderna di Hassan Fathy. Progettare un’abitazione sostenibile significa curare gli elementi di
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composizione dello spazio domestico, nelle relazioni tra interno ed esterno, tra clima e materiali, tra natura e costruzione alla ricerca di uno spazio aperto e provvisorio ma radicato in un luogo². Queste considerazioni affondano le loro radici in tempi molto antichi. Le prime abitazioni che l’uomo costruiva, infatti, non avevano alternative se non quella di adattarsi al clima e alle risorse del territorio su cui sorgevano creando, inconsapevolmente, i primi modelli di architettura bioclimatica. Gli esempi, alcuni dei quali sono stati analizzati nel precedente capitolo, si possono ricercare in tutte le parti del mondo, poiché fin dai tempi più remoti, l’uomo in qualunque zona climatica ha sviluppato tecniche costruttive che permettessero il miglior comfort interno possibile, a partire dalle condizioni esterne, tutte le potenzialità di controllo del microclima interno vengono affidate all’involucro dell’edificio ed alla posizione dello stesso rispetto alla morfologia del territorio.
1 c.f.r. “Abitare il Mediterraneo, il difficile equilibrio tra utilità e bellezza” di P.Montini 2 c.f.r. “il mito mediterraneo nell’architettura contemporanea” di B.Gravagnuolo_Electa_Napoli 1994
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2.2 Alcuni principi di progettazione tradizionale dell’abitare del Mediterraneo
Gli effetti negativi dell’antropizzazione sull’ambiente sono riconosciuti come una delle principali critìcità del nostro tempo. Le cause principali di tali effetti sono la mancanza di controllo sulle attività umane finalizzate alla crescita economica e tecnologica, il conseguente uso eccessivo delle risorse naturali, con una progressione negativa delle forme e delle entità di deterioramento, la crescita incontrollata della popolazione. La nascita e l’evoluzione del concetto di sviluppo sostenibile, che metta tra le sue priorità la conservazione della Terra, sono conquiste re centi. I principi basilari della cosiddetta progettazione sostenibile si basano sull’utilizzo di risorse naturali favorevoli al be nessere umano e sulla creazione di costruzioni confortevoli a costi minori. Gli obiettivi da perseguire sono di tipo ambientale ma anche di tipo sociale. Per una sostenibilità ambientale bisogna dapprima operare nel rispetto del contesto territoriale e paesistico, progettando
secondo le condizioni del loco, utilizzando materiali naturali, locali e riciclabili, riducendo costi e sfruttamento di energia in fase di costruzione e preferendo le energie rinnovabili a quelle non rinnovabili. I principali fattori ambientali che possono contemporaneamente influire ed essere sfruttati per creare condizioni di benessere abitativo sono: il clima e i suoi fenomeni meteorologici, la morfologia del sito, le ca ratteristiche locali del sito. Le caratteristiche climatiche di un luogo sono riassumibili mediante grandezze fisiche misurabili. In particolare, per le applicazioni nella progettazione sostenibile, si utilizzano i dati relativi a: radiazione solare, temperatura, precipitazione, umidità relativa, stato del cielo e regime dei venti. Il comfort abitativo si ottiene considerando anche gli aspetti termici, acustici, visivi, olfattivi e psicologici. I principi “di dettaglio” riguardano le soluzioni tecniche e tecnologiche finalizzate, nell’ottica della sostenibilità, alla esecutività di manufatti
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edi lizi. La matrice di queste soluzioni è costituita dal l’insieme dei materiali, degli elementi costruttivi e delle tecniche costruttive che il progetto valuta ri spettivamente nelle caratteristiche naturali, nelle prestazioni d’insieme, nella capacità di costituire sistemi complessi dotati di requisiti tali da soddisfare le pre stazioni attese¹. Il rapporto tra ambiente e costruzione è prioritario per la definizione dei cosiddetti principi tipologici, ovvero la scelta progettuale d’insieme finalizzata ad ottenere i requisiti sostenibili primari quindi ad ottimizzare le prestazioni di comfort
abitativo. In questo senso i principi tipologici sono da interpretarsi come il complesso delle prime scelte ar chitettoniche influenzate dalle caratteristiche climatiche del sito. Fra i principi tipologici consideriamo l’orientamento e la forma. La scelta dell’orientamento in funzione della radiazione solare mira ad ottenere un apporto energetico ottimale durante i periodi freddi e ridurre l’irraggiamento durante i periodi caldi. La soluzione progettuale è in parte indirizzata dalla variazione dell’altezza del sole du rante le diverse stagioni: la minore altezza durante l’in verno e i periodi intermedi più freschi facilita
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Diversi elementi della serra sfruttabili per ottimizzare l’accumulo e lo sfalsamento del calore solare _Costruire l’architettura E. Dassori R. Morbiducci
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l’irraggiamento solare diretto, la maggiore altezza in pe riodi prossimi al solstizio estivo rende necessario l’utilizzo di specifici elementi costruttivi, i sistemi di protezione solare. In generale si può osservare che le fac ciate verso est e ovest ricevono maggiore irraggiamento rispettivamente durante le ore della mattina e del pome riggio con un’ulteriore intensificazione nella stagione calda; il più intenso irraggiamento delle pareti si ha a sud con la maggiore intensità nelle ore centrali del giorno e nel periodo estivo; l’orientamento a nord usu fruisce dell’irraggiamento solare diretto solo in brevi pe riodi intorno al solstizio estivo. Nella maggior parte dei siti riferiti alle zone climatiche calde e temperate, il raffrescamento con ventilazione naturale è un accorgimento utile. Per poterlo sfruttare la costruzione dovrebbe essere orientata in direzione perpendicolare alle brezze della stagione calda. Tale orientamento non coincide sempre con quello che ottimizza gli apporti solari e, dato che la direzione delle brezze
estive può essere parzialmente modificata dalla presenza di frangivento, si pre ferisce, nella maggior parte dei casi, optare per la soluzione che ottimizzi il controllo dell’irraggiamento solare. Operativamente il regime del vento può essere controllato dalla morfologia e dalla vegetazione locale, dal rapporto tra altezza e base dell’edificio o dalla presenza di ostacoli confinanti. Per quanto riguarda le tecniche costruttive possiamo classificarle in passive e attive. Le prime ope rano esclusivamente attraverso le proprietà naturali e le regole costruttive, le seconde si attivano con l’uti lizzo di componenti impiantistiche quando le soluzioni passive non siano sufficienti a garantire le condizioni di benessere abitativo. Anche nel caso di tecniche attive può essere perseguito un criterio di sostenibilità optando per sistemi che sfruttano fonti energetiche rinnovabili, quali il so lare, l’eolico e il geotermico, o comunque sistemi
CAPITOLO 2 | ARCHITETTURA IPOGEA E SOSTENIBILITA’
Confronto tra le costruzioni sul livello del terreno e quelle interrate. I parametri del confronto sono: massa, struttura, luce, aria, acqua, termico_La Città Scavata A. Conte
L’architettura spontanea, che si sviluppa nella fascia del mediterraneo, risponde al clima adottando, come metodo di costruzione, le grandi masse murarie. Queste permettono di avere una elevata inerzia termica che distribuisce in maniera ritardata l’ingresso del calore in estate, fornendo ottime prestazioni dal punto di vista energetico anche in inverno. Queste caratteristiche consentono di mantenere una temperatura media annua che non presenta grandi oscillazioni. Un esempio di questo tipo di architettura sono i trulli, edifici tipici di alcune zone della Puglia, tra cui, la più nota Alberobello. Il trullo è caratterizzato da una pianta sviluppata a partire da un’aggregazione di forme circolari o quadrate, chiusa da un soffitto
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di climatizzazione a basso consumo e alto ren dimento. Le tecniche attive impongono che sia risolta l’integrazione delle componenti impiantistiche nella configurazione degli spazi funzionali interni e nella soluzione formale dell’involucro².
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a cupola rivestita esternamente da un manto di lastre di pietra calcarea. La struttura del tetto rende agevole lo scolo delle acque piovane che sono poi raccolte in una cisterna sotterranea. La regolazione del microclima interno è invece affidata alle murature perimetrali in blocchi di tufo intonacate di bianco. Lo spessore delle murature varia da un minimo di un metro ad un massimo di 2,5 metri. La massa muraria offre una forte inerzia termica. Il meccanismo di termoregolazione si basa sul fatto che lo spessore del cono, durante il giorno, permette alla muratura di assorbire molto calore e di trattenerlo per poi disperderlo per irraggiamento durante la notte, garantendo inoltre una temperatura interna quasi costante durante tutto il corso dell’anno. Altri accorgimenti si possono riscontrare nella distribuzione delle aperture, l’ingresso, infatti, avviene da un’unica porta collocata a sud, al fine di proteggere l’accesso dai venti provenienti da nord, le finestre sono poche e allineate così da poter essere sfruttate per la ventilazione
naturale degli ambienti³. Nelle zone del sud mediterraneo, nelle aree dove le temperature estive sono più elevate, alcuni tipi di architettura spontanea si sviluppano in un ambiente totalmente ipogeo, un esempio è il villaggio tunisino di Matmata dove il clima caldo e arido ha portato ad uno sviluppo di un’architettura sotterranea, ricavando alloggi che si distribuiscono attorno ad una corte comune situata al di sotto del livello del suolo ad una profondità che va dai 7 ai 10 metri che, oltre ad avere una funzione di raccolta della rara acqua piovana, permette di mantenere all’interno degli alloggi, coperti da uno spesso strato di roccia arenaria, una temperatura stabile nell’arco dell’anno tra i 20 e i 22 °C. Tale temperatura risulta gradevole nelle ore più calde della giornata, mentre durante la notte, date le grandi escursioni termiche del deserto tunisino, la massa rocciosa rilascia gradualmente all’interno delle dimore il calore accumulato nelle ore diurne. Nelle regioni aride la necessità di difendersi dal clima caldo-secco, le cui temperature
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medie estive raggiungono i 40°C ai 50°C, ha determinato l’adozione, da parte delle popolazioni locali, di soluzioni costruttive e tipologiche per il controllo microclimatico degli ambienti. Dal punto di vista tipologico, abbiamo visto che l’accostamento delle case a patio o a corte dà luogo a degli insediamenti agglomerati in cui la corte costituisce una vera e propria riserva d’aria fresca. L’acqua delle fontane e la vegetazione, non di rado presenti al loro interno, contribuiscono a raffrescare ulteriormente l’aria di questo spazio, anche per effetto dell’ombra degli alberi e delle pareti stesse della corte.
Tutti gli espedienti e accorgimenti tecnici, adottati per il raffrescamento passivo degli edifici, sfruttano i fenomeni naturali e i principi fisici della termodinamica come la ventilazione naturale, dovuta alle differenze di pressione per effetto del vento o di temperatura fra diversi ambienti (forza termica), ed il raffrescamento evaporativo. Nel primo caso la pressione esercitata dal vento su una facciata si traduce in una pressione positiva, a cui si contrappone una pressione negativa sulla facciata opposta, ovvero uno spostamento dell’aria dalla zona di maggior pressione a quella di minore pressione. Tali differenze di
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Trulli di Alberobello
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pressione determinano le correnti d’aria da un lato all’altro dell’edificio attraverso le aperture. Allo stesso modo le differenze di temperatura tra due ambienti scatenano moti d’aria convettivi dovuti alla differenza di densità dell’aria stessa; per cui l’aria calda, meno densa, si sposta verso l’alto richiamando aria fresca nella parte bassa e provocando il noto effetto-camino. Nel secondo caso, Il raffrescamento degli ambienti si basa su un semplice principio fisico sfruttato, in diverse forme e sistemi, già nell’antichità. Esso utilizza come fluido termovettore l’aria e come pozzi di dissipazione del calore, l’aria stessa, il terreno, l’acqua, il cielo notturno. Nei sistemi di raffrescamento evaporativo attraverso l’acqua, il calore necessario all’evaporazione viene fornito dall’aria che lo cede alle molecole del liquido sotto forma di calore latente; pertanto, l’aria in uscita è raffreddata ed umidificata allo stesso tempo. Per innescare tale fenomeno spesso, nelle
architetture islamiche, venivano poste, generalmente nel cortile o nel patio, delle fontane in cui l’acqua, in movimento, raffrescava l’aria. Altre volte questa viene utilizzata congiuntamente alle torri del vento. L’aria esterna viene convogliata verso l’acqua della fontana, diminuendo la temperatura dell’aria ed incrementandone l’umidità. Persino alcuni elementi di arredo e di protezione della privacy, come la mashrabìya in legno, contribuiscono al mantenimento del microclima interno. Nella tradizione costruttiva del Mediterrano la corte o il patio sono gli elementi gerarchici che dettano le regole di distribuzione di tutto il manufatto. Bisogna, tuttavia, fare una differenza tra le due tipologie, perché la loro differente conformazione influisce sul comportamento termico. Entrambi sono spazi cavi attorno ai quali si sviluppano gli ambienti, ma mentre il patio può essere parzialmente o totalmente aperto al cielo, la corte è sempre aperta. Inoltre, mentre nel primo generalmente
CAPITOLO 2 | ARCHITETTURA IPOGEA E SOSTENIBILITA’
il rapporto lunghezza/larghezza della base è inferiore all’altezza, la corte ha una maggiore estensione ed è quindi maggiormente esposta all’irraggiamento e all’illuminazione solare. Le funzioni del patio sono quindi esclusivamente di regolazione termica (la maggiore altezza favorisce l’effetto camino), di areazione e di distribuzione orizzontale e verticale tra i vari ambienti della casa. La casa a patio è più diffusa all’interno dei tessuti urbani, la casa corte invece è caratteristica negli insediamenti isolati e raramente la si trova nella trama urbana. Il funzionamento bioclimatico del patio
permette agli abitanti di soggiornarvi sia in estate che in inverno. Nella stagione estiva le pareti, le logge e le gallerie che vi si affacciano, gettano ombra durante tutto il giorno, diventando un luogo piacevole in cui svolgere le mansioni domestiche. I raggi solari incidono perpendicolarmente sul pavimento riscaldando l’aria che comincia a salire per effetto camino, originando dei moti convettivi e fenomeni di ventilazione naturale incrociata. Gli ambienti interni che, nel frattempo, si sono mantenuti freschi per via dell’inerzia termica delle pareti, nel tardo pomeriggio cominciano a rilasciare il calore immagazzinato. L’effetto camino in questa fase si accellera, richiamando
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MatMata_vista dalla corte a pozzo
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l’aria interna che viene espulsa verso l’alto, e facendo penetrare l’aria notturna più fresca e più densa, che si stratifica nel patio, entrando nelle stanze. Durante la stagione invernale, il patio è abitato a partire da mezzogiorno e nel tardo pomeriggio, perché in questa fase l’aria comincia a riscaldarsi, rendendo piacevole la sosta e favorendo l’accumulo di calore delle pareti e del pavimento. All’interno della corte spesso si trova collocata la fontana che oltre ad avere un significato simbolico è funzionale al benessere climatico. La fontana ha un ruolo equivalente a quella del focolare nelle zone temperate, benché l’una serva a raffreddare e l’altro a riscaldare, è pertanto un elemento architettonico che occupa un posto privilegiato nell’impostazione planimetrica dell’abitazione. Per aumentare la superficie di scambio, e di conseguenza l’umidità dell’aria, le fontane sono spesso articolate attraverso una lastra di marmo inclinata con disegni geometrici in rilievo, il salsabil,
dal quale si diparte un canale scavato alla quota del pavimento, che conduce l’acqua al centro di un bacino posto nella corte. L’acqua, scorrendo sulla superficie, rallenta il suo percorso ed entrando a contatto con l’aria calda facilita la sua evaporazione, umidificando e rinfrescando l’ambiente. Il salsabil veniva spesso utilizzato, quando la pressione dell’acqua non era sufficiente per realizzare una zampillante fontana. Un esempio di salsabil è quello della Zisa di Palermo, posto nella nicchia dell’iwan, ma lo si trova anche nel palazzo dell’Alhambra a Granada in Spagna. Le torri del vento differiscono dalle altre soluzioni costruttive perché sono dispositivi di climatizzazione progettatte al solo scopo di risolvere problemi climatici ambientali, in cui i fenomeni fisici naturali precedentemente osservati, vengono innescati in maniera quasi forzata dall’uomo. Le badgir iraniane, letteralmente “acchiappavento”, e i malqaf egiziani, costituiscono l’esempio più significativo. Entrambi catturano il vento estivo dominante facendolo circolare
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all’interno dell’edificio. La loro invenzione risale a molto secoli fa, nelle città di Yazd e Kerman, nell’altopiano centrale iraniano, il profilo urbano è caratterizzato da queste torri in mattoni di argilla che svettano per diversi metri al di sopra del costruito, conferendo un aspetto singolare alla città vista dall’alto. Simili a dei camini, essi possono differire per altezza, forma della sezione trasversale, posizione rispetto alla struttura, posizione e numero di aperture. Maggiori sono i lati della torre, quindi delle aperture, maggiori saranno le possibilità di rispondere ai cambiamenti di direzione del vento, ma minore sarà il volume d’aria captato dai venti dominanti. L’efficienza di
una torre del vento dipende anche dalla relazione tra l’area della sezione trasversale della torre e l’altezza della torre. Maggiore è l’altezza più importante sarà la velocità del vento, perché sarà minore la resistenza incontrata a livello di superficie terreste, e più fresca la temperatura dell’aria. Maggiore sarà l’ampiezza del condotto, maggiore sarà il volume d’aria che entra, ma minore sarà la velocità. Dal punto di vista tecnico e costruttivo, la parte superiore del badgir è suddivisa al suo interno da sottili diaframmi di mattoni, disposti diagonalmente, in vari condotti verticali attraverso i quali veicola l’aria. Questi terminano in sommità con delle aperture che si aprono sui lati della
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Tavola Casa Patio_Aires Mateus
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Badgir_Iran
torre disposte a coppia, per ogni apertura sopravento ne avremo una sottovento. Attraverso queste aperture, le fresche brezze vengono captate e incanalate lungo il corpo della torre e introdotte all’interno dell’edificio, in corrispondenza del piano interrato e del piano terra. La quantità d’aria in ingresso nei vari ambienti può essere controllata attraverso la chiusura o l’apertura delle porte della torre. Fango, argilla grezza, paglia, pietra, legno e pelli animali sono i primi materiali usati dall’uomo per la realizzazione delle prime abitazioni fuori terra o per realizzare, tramite sistemi misti, abitazioni ottenute per sottrazione, nella stessa materia che
compone il sottosuolo. Le abilità tecniche e costruttive acquisite nel tempo condussero non solo a sperimentare forme sempre più complesse di tipologie edilizie, ma anche a combinare tra loro i vari materiali, o inventandone di nuovi come il laterizio cotto e il conglomerato cementizio. La predominanza di un materiale rispetto ad un altro, nelle diverse aree del globo, è dipesa da fattori di natura climatica, geografica, ambientale, socio-economica e dalla disponibilità delle risorse locali. Laddove abbondava il legno si svilupparono le tecniche costruttive legate all’impiego di questo materiale, così per la pietra e altrettanto per la terra cruda, anche se in
vetro e calcestruzzo armato, che indussero a ritenere che tutto ciò che apparteneva alle culture meno industrializzate fosse indice di arretratezza⁵. Dal secondo dopoguerra in poi si assiste ad un generale abbandono di tutte le tecniche tradizionali considerate obsolete, in favore delle nuove introdotte dalla moderna produzione edilizia. Soltanto in questi ultimi anni si assiste al recupero e alla rivalutazione dei sistemi costruttivi e dei materiali tradizionali e al loro riuso innovativo nel campo della bioedilizia. I materiali naturali e le tecniche costruttive tradizionali rispondono a criteri di sostenibilità ambientale, economia e risparmio energetico.
1 e 2 c.f.r. “Costruire l’architettura, tecniche e tecnologie per il progetto” di E.Dassoi R.Morbiducci_TecnicheNuove_ Milano 2010 3 c.f.r. “Architetture senza architetti” di J.May_Rizzoli_ Milano 2010 4 c.f.r. “La piramide rovesciata” BollatiBoringheri_Torino 2011
di
P.Laureano_
5 c.f.r. “Storia dell’architettura moderna” di K.Frampton_ Zanichelli_Milano 2010
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una stessa regione potevano coesistere diverse forme di tecniche edilizie e di materiali impiegati. In Arabia Saudita, per esempio, in cui la terra cruda è il materiale più diffuso nella tradizione costruttiva, esistono alcune eccezioni in pietra calcarea o cotto, o le case tradizionali della città di Jeddah in corallo. L’Italia stessa, dove l’uso della pietra o del laterizio cotto prevale sulle altre tecniche edilizie tradizionali, conta un considerevole patrimonio in terra cruda. Ogni cultura ha adoperato i materiali disponibili in loco, sfruttando a proprio vantaggio le proprietà e le caratteristiche fisiche, tecniche e meccaniche (resistenza, inerzia termica, porosità, permeabilità, facilità di lavorazione, ecc.), note sin dall’antichità attraverso l’osservazione e all’ esperienza costruttiva consolida nel tempo. L’efficacia di un sistema costruttivo era commisurato soprattutto rispetto al grado di comfort abitativo, le prestazioni venivano migliorate, sfruttando le conoscenze sui dati climatici del territorio: esposizione, orientamento, prevalenza dei venti dominanti. Il XIX secolo e la rivoluzione industriale segnano un punto di passaggio fondamentale nella storia dell’evoluzione delle tecniche costruttive, che si materializza nella diffusione dei nuovi materiali: ferro,
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3.1 Segni nel Paesaggio
Per terra è definito ciò su cui e in cui l’uomo vive, il supporto su cui si fondano le opere architettoniche ed è dunque destinata alla continua trasformazione. Su di essa l’uomo di ogni epoca ha fondato il suo abitare, la nostra epoca è caratterizzata dalle conseguenze causate dal conflitto tra civiltà e natura; l’architettura, in risposta, deve cercare una nuova sensibilità. La ricerca architettonica si divide in due espedienti: da un lato si cerca di allontanare fisicamente il costruito dall’ambiente, stratagemma che in realtà non offre una vera e propria risposta, dall’altro vi è una profonda ricerca su come rendere possibile questa connessione e creare un legame con la terra in quanto le apparteniamo. Il progetto architettonico è descritto dalla geografia e l’opera fa parte del luogo ma, allo stesso tempo, mutandone le condizioni originarie. Il luogo, quindi, dev’essere sempre preso in considerazione non solo come dimensione fisica ma soprattutto spirituale. Il senso del luogo è caratterizzato
dalle sue tracce e dalle sue stratigrafie, l’opera deve nascere da esso e ne deve fare parte come materia, sia in modo simbolico che fisico, sfruttando la terra come matrice ma anche come materiale reale per la realizzazione. In questo modo si vengono a creare nuovi scenari ambientali dove l’architettonico si lega perfettamente con la natura, contribuendo a darle una nuova forma ed una nuova unicità. Spesso si parla di architetture che creano il loro legame attraverso la frammentazione spaziale di vari ambienti terrazzati o con complessi interventi di mimesi che, nella fattispecie, ricostruiscono la natura¹. La terra, dunque, ritorna ad essere materiale da progettare in quanto le modifiche sono dettate dalle necessità dell’uomo, non cadendo nell’errore di standardizzare e, quindi, cercando mantenere le radici e l’identità del luogo stesso, riconsiderando l’importanza dell’ormai smarrito “genius loci”. Abitare un luogo significa soprattutto sentirsi parte di esso, ed è per questo
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Vulcano buono_Renzo Piano
motivo che non è possibile standardizzare facendo tutto in qualunque luogo, bensì è fondamentale lo studio dell’ambiente e delle persone che lo vivono.
Il popolamento dell’area rocciosa che oggi ricade all’interno del Parco Naturale della Murgia Materana affonda le radici in un tempo antichissimo, come spiegato nei capitoli precedenti, così lontano dall’attualità che rende difficile la distinzione tra natura e cultura antropologica. Infatti, alcuni tratti caratteristici che spesso sono associati ad un dono della natura, qui sono dovute all’antica presenza umana.
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L’ integrazione tra i lavori di scavo ed il quadro naturale fa di Matera un esempio straordinario di simbiosi tra il sito e l’intervento. Matera è matrice ed è, della stessa, materia².
1 c.f.r. “Il paesaggio nel progetto urbanistico” di E.Palazzo in “Esempi di Architettura” versione ebook_Università degli Studi di Firenze Facoltà di Architettura 2 c.f.r. “La città scavata, paesaggio di patrimoni tra tradizione e innovazione” di A.Conte a cura di M.O.Panza e M.B.Pisciotta_GangemiEditore_Matera 2014
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3.2 Margine
Il confine, nel suo significato storico, determina la difesa dall’esterno mentre il centro urbano richiama il senso di sicurezza e di appartenenza. Con il passare del tempo il concetto di confine è stato smarrito e, oggi, assume un altro significato di crescita illimitata delle città con ampie aree urbanizzate e con patchwork di forme di aggregazione. Oggi i confini urbani non sono più facilmente riconoscibili, si limitano ad essere linee di margine in una successione di ambienti urbanizzati. L’espansione delle aree urbanizzate è un fenomeno che ha dimensioni globali e nasce da fattori e motivazioni di ordine economico e sociale ormai necessari e difficilmente modificabili. Tra pochi anni a livello mondiale il 50% della popolazione sarà insediata in aree urbane, ammassata attorno alle città in territori con estensioni e caratteristiche di accessibilità e di sicurezza molto diversificate. In quel momento sarà raggiunta quella parità tra popolazione urbana e popolazione
rurale che in Europa fu raggiunta tra il 1850 e il 1950 in alcuni stati. Nello stesso periodo l’85% della popolazione europea si concentrerà attorno ad alcune grandi aree urbane, in regioni caratterizzate dalla presenza di molti centri, di più nuclei storici, di tessuti insediativi più o meno compatti e di molti episodi edilizi diffusi. In queste regioni il territorio a dimensione urbana che probabilmente, per pigrizia, continueremo a chiamare campagna ancora per molto tempo, sarà connotato anche da una molteplicità di aree coltivate che, in molti casi, conservano qualche carattere di naturalità primitiva e, in altri, si misurano con l’espansione di habitat di importazione, con fenomeni di degrado e con i rischi connessi sia alle attività antropiche sia a fattori di matrice naturale. Il bordo ed il margine sono ambienti che assumono significato in relazione al loro specifico contesto, oltre che alle loro caratteristiche intrinseche. Possono marcare il segno tra centro urbano e periferia
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oppure scandiscono morfologicamente le diverse unità paesaggistiche. Spesso il confine deve confrontarsi con aree lasciate libere o con piani di sviluppo edilizio, nel secondo caso modificandosi ulteriormente. Nella continuità geomorfologica del territorio, il bordo e il margine corrispondono a situazioni di mezzo tra contesti urbanizzati con diverse densità e morfologie insediative o con differenti usi del suolo e diverse partizioni del paesaggio. In molti casi queste sono situazioni casuali, sono cioè il risultato di azioni i cui confini e limiti non hanno realmente tenuto conto di ciò che restava libero. Progettualmente il confine si manifesta in azioni come l’elevazione
di un muro o di manufatti che acquistano essi stessi significato e spessore di bordo, interfacciandosi con le realtà confinanti. Il limite è anch’esso sinonimo di separazione tra due situazioni opposte, simile al concetto di confine, ma indica una soglia che non dev’essere superata¹. Spesso non sono state date le giuste soluzioni progettuali in modo da rendere facilmente identificabile la linea di limite urbano. Siamo circondati da linee di confine in continuo mutamento e sviluppo, facendone perdere così il reale significato; troppo frequentemente ci si ritrova in situazioni di degrado e abbandono, là
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La città infinita_periferia di Taranto_ph Uliano Lucas
1 rivista “Paesaggi dell’architettura mediterranea”_ AgoràEdizioni_agosto2003 2 c.f.r. “Intervista sull’identità” di Z.Baumann_Laterza_ Bari 2003 3 “Ritorno alla città laboratorio” di P.Doria_Antezza_ Matera 2010 pagine 23 e 24
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dove non sono stati previste espansioni, aree abbandonate a sé stesse che ormai non dispiegano funzione alcuna e neppure assumono carattere necessario per identificarsi nel contesto ambientale naturale. Un ruolo fondamentale nel processo di urbanizzazione è da attribuire al dualismo centro urbano-periferia che ha contribuito alla creazione di strumenti in materia urbanistica ed alla progettazione di infrastrutture. Con le fasi di industrializzazione abbiamo assistito a vari processi di inurbamento che hanno portato alla formazione di modelli e regole insediative composti da una crescita urbana frammentata e a bassa densità sviluppata attorno ad un luogo centrale. Nella nostra epoca questo rapporto biunivoco tra centro e periferia è destinato a rompersi, diversamente non si potrebbero risolvere i problemi di congestione e di isolamento che caratterizzano le periferie
moderne, lasciate al caso e con l’assenza di un senso di appartenenza ad un luogo. Ci riferiamo, dunque, ad una città diffusa che deve trovare un nuovo equilibrio tra aree di alta concentrazione urbana ed altre rarefatte spesso dismesse o degradate. Questo equilibrio può essere dato dalla progettazione di una rete di spazi pubblici che compongano una rete che dia una nuova immagine alla città diffusa in tutte le sue parti, tenendo presente degli elementi a stretto contatto con le periferie quali il confine ed il paesaggio, con i quali il progetto deve mirare a valorizzarli e ad intrecciarsi. Il progetto deve da una parte rispondere alle esigenze funzionali di chi abita le aree meno compatte, dall’altro deve indicare i limiti ed i confini entro cui operare, in accordo con vincoli ambientali e costruttivi, per valorizzare le qualità ambientali e paesistiche del contesto. I punti fissi delle regole insediative per i tracciati infrastrutturali e per i luoghi dei
CAPITOLO 3 | SOGLIE URBANE
servizi di uso pubblico sono integrati in una successione di ambienti i cui bordi e margini assumono dimensioni e forme diverse: quelle di uno spazio per ammirare un manufatto storico e una cinta muraria o per mantenere una distanza di sicurezza da una possibile fonte di rischio; del profilo di una connessione attraverso fronti urbani costruiti, tra i luoghi della produzione e del commercio e quelli lungo un percorso d’acqua al confine di un bosco; della dimensione di uno spazio intercluso e di un prato aperto su una vista o su un paesaggio; del rilevato di una scarpata; di una barriera antirumore; del margine di un lotto edificato. Sono i tracciati e gli ambienti
urbani lungo i quali si succedono gli episodi e i luoghi emblematici della città diffusa e in cui la cura del bordo e del margine è un fatto di progetto². La periferia di Matera deve ora confrontarsi con un nuovo piano di espansione, nel tentivo di ridare vita ad un quartiere definito “dormitorio” dagli stessi abitanti della periferia sud della città “Agna un altro mondo...si sentono troppo lontani dal centro, trascurati, quasi fossero costretti a vivere in un altro comune...” tratto da Rotorno alla città laboratorio di Pasquale Doria³.
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Periferie_paesaggio straniante_Pier Paolo Pasolini
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3.3 Matera sud _ Città in espansione
Il settore urbano della periferia Sud della città di Matera comprende cinque quartieri: Cappuccini, Agna, La Specchia, Le Piane e Contrada San Francesco. Questa zona della città si è sviluppata nell’arco di sessant’anni, con interventi di diversa natura, dapprima di “urbanistica spontanea” con il quartiere Cappuccini (tra il 1940 ed il 1950) denso e privo di servizi, realizzato senza un criterio urbanistico, e successivamente con il borgo semi rurale del Rione Agna, realizzato negli anni ‘60 nell’ambito degli interventi di Risanamento Sassi, caratterizzato da un’edilizia di tipo mono e bifamiliare a blocco, con orti retrostanti. Per quanto riguarda Agna, a differenza degli altri quartieri realizzati in quegli anni, i lavori non furono seguiti da illustri architetti dell’epoca, ma furono totalmente curati dai tecnici del Genio Civile. Spicca comunque tra le altre la figura dell’ing. Giovanni Travaglini che diede un forte impulso a molte attività di edilizia pubblica a Matera.
Inizialmente fu pensato come un borgo semirurale in cui realizzare case per contadini, braccianti e solo in minima parte per impiegati e artigiani. Vennero previsti all’inizio alloggi per 380 famiglie, scese poi a 248 per la scarsità di terreni da assegnare a quelli che sarebbero dovuti essere moderni contadini. Le case furnono consegnate nei primi anni 60’ e alla fine dei lavori si contavano 68 fabbricati, 175 alloggi e 875 vani¹. Il Rione Agna venne poi ampliato nel 1980 con un intervento di edilizia residenziale pubblica (previsto dal PRG-75) che portò alla densificazione del tessuto urbano con la realizzazione di edifici in linea e a corte inseriti nelle maglie degli orti semi rurali. Sempre nel periodo tra il 1980 ed il 1990 vennero realizzati i quartieri La Specchia, caratterizzato da tipologie a blocco e sprovvisto di servizi anch’esso, e Le Piane, costituito da tipologie in linea distribuite attorno ad ampi corti condominiali ed uno spazio pubblico centrale che ancora oggi si
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Quartiere Cappuccini
Rione Agna
Contrada San Francesco
Contrada La Specchia
Quartiere Agna le Piane
anni ‘40 - ‘50
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presenta scarsamente attrezzato². I cinque nuclei urbani a destinazione esclusivamente residenziale, allo stato attuale presentano un unico centro di quartiere, nel Rione Agna, dove sorge la “Parrocchia di Sant’Agnese” con annessi servizi parrocchiali e le Scuole (materna, elementare e media). Le strutture commerciali sono di numero limitato e si collocano lungo la viabilità principale tra Via Cappuccini e Via Montescaglioso, nelle vicinanze del Liceo Artistico Carlo Levi e dell’area ASM. Nell’estremità a nord vi sono l’Ospedale e gli altri servizi socio-sanitari che, con la propria autonomia funzionale di servizio, non presentano nessuna relazione funzionale con i quartieri adiacenti, ma, per la mancata presenza di aree di sosta, sono la principale causa dell’intasamento delle viabilità principali. Negli anni 2000 vi è stato un’ulteriore tentativo di rianimare i quartieri sud, dotandoli di un’ulteriore Piazza, denominata inizialmente centro di quartiere, Piazza delle Costellazioni. Un’ulteriore tentativo completamente fallimentare in quanto la piazza si limita ad essere uno spazio desolato e degradato, una realtà lontanissima dall’idea iniziale della creazione di un centro di quartiere.
anni ‘60 - ‘70
anni ‘80
anni ‘90
121 Uso residenziale
Uso religioso
Uso pubblico
Uso misto_residenze e servizi
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E’ chiaro come questa parte della città abbia subito la poca lungimiranza delle decisioni di politica edilizia degli anni passati, in cui si volle dare un aspetto industriale alla città, costruendo alloggi, in modo puramente casuale, per una popolazione che si credeva dovesse crescere di diverse migliaia di unità. Obbiettivo che fu mancato e che contribuì alla creazione di quartieri in totale stato di abbandono che non comunicano con il contesto e di una successione di non luoghi da cui gli abitanti vorrebbero fuggire per spostarsi in altre zone della città di Matera. Agna presenta un paesaggio architettonico molto vario, si passa dalle case della riforma con annesso terreno coltivabile a ville, villette e case unifamiliari, tutte diverse tra loro, di via Ricciardi e via Columella. Parallelamente, in via Mastronardi, il disegno muta ancora con la presenza di cooperative e palazzine a schiera. Ancora più marcato, il distacco con Le Piane, disegnato dagli architetti Gianluigi Nigro e Amerigo Restucci, nelle quali, sebbene siano presenti ampi spazi aperti e costruzioni chiare e ordinate, non si rapporta con contesto rurale circostante. Agna, da sola, è uno dei quartieri più popolati della città, con circa seimila abitanti, ma non per questo motivo risulta come uno dei più
curati. La morfologia del territorio definisce le ripide salite e discesse, costringendo all’uso dell’auto (almeno due per famiglia) anche a causa dello sviluppo in lunghezza della zona e alla mancanza della copertura di mezzi pubblici. Tutti questi fattori hanno spinto la chiusura, per fallimento o per trasferimento in altre zone della città, della maggior parte delle attività commerciali e dei servizi. Anche gli abitanti tentano di trovare una sistemazione migliore in aree meglio curate e servite, di conseguenza si assiste ad una graduale svalutazione commerciale del valore immobiliare. Le aree libere e destinate al verde sono abbondanti ma, per la maggioranza, in evidente stato di degrado e abbandono rendendo ancora di più evidente che la zona sud della città di Matera è un tratto desolato e privo di qualsiasi integrazione con il contesto agricolo circostante, un esempio di non luogo, senza un’identità. Questo nonostante Matera sud sia caratterizzata da viste poetiche e silenziose, affacci che danno sul paesaggio naturale murgiano e dal quale si scorge la materia carsica e, più in lontananza, lo specchio del lago di San Giuliano.
123 Verde privato
Verde pubblico
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Con la Legge Regionale n.25 del 2009 avente ad oggetto “Misure urgenti e straordinarie volte al rilancio dell’economia e alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente”, la Regione Basilicata ha promosso la realizzazione di “Programmi integrati di edilizia residenziale e di riqualificazione urbana” nei Comuni ad alta tensione abitativa, che presentino un minimo di 10.000 abitanti. Il Comune di Matera ha approvato l’attuazione di “Programmi Integrati di Promozione di Edilizia Residenziale Sociale e di Riqualificazione Urbana” ed ha avviato la procedura finalizzata ad acquisire le relative proposte progettuali. Il Programma Integrato “Housing Sociale”, proposto dalla società Matera 90, approvato e valutato dalla Regione Basilicata nel 2012 e avviato nel 2015, propone di coniugare le opportunità del “Piano Casa”, con il quale si richiede la realizzazione di housing sociale, con le necessità di dare un assetto urbanistico razionale alla periferia sud della città, dotando l’Area Vasta soprattutto di infrastrutture e servizi. Il Programma, in linea con le indicazioni degli strumenti di pianificazione elaborati precedentemente (PRG ‘99), agisce seguendo cinque punti fondamentali:
• potenziamento della maglia infrastrutturale: realizzazione della nuova viabilità di PRG (raccordo SS.7) e ripristino della tratta urbana delle FAL, infrastruttura strategica per una mobilità più sostenibile; delle • potenziamento strutture ospedaliere: realizzazione, ad iniziativa privata, di strutture complementari ai servizi sanitari quali la Casa Protetta per anziani e portatori di handicap, una Struttura Sanitaria privata ed una Struttura a disposizione dell’ASM in cui poter attuare programmi di sviluppo dell’offerta sanitaria; • realizzazione di un centro di quartiere: per l’area di San Francesco, con servizi sociali, culturali e commerciali, in grado di servire l’intera periferia sud della città; • potenziamento dell’offerta turisticoricettiva e di riqualificazione ambientale della città e del suo contesto murgico: in linea con le strategie di sviluppo della città di Matera attraverso il restauro e la riqualificazione delle strutture rurali che connotavano l’oliveto dei francescani (Jazzo e Masseria San Francesco) con
125 Strada primaria Via Lucana-Via Montescaglioso
Strada di scorrimento Via Cappuccini-Via Ricciardi
Strade di quartiere
Strade di interesse pubblico
Strade di interesse privato
finalità di tutela testimoniale, realizzazione di un ampio parco urbano pubblico che comprende la lama murgica ed alcune cripte rupestri (Crocifisso a Chiancalata e le chiese rupestri del Crocifisso e di San Nicola) e la riqualificazione botanica e vegetazionale in tutta la fascia inferiore dell’area;
consensi e critiche, queste ultime suscitate, in particolare, dall’estensione del progetto trattandosi, infatti, di uno dei disegni di espansione più complessi realizzati, per Matera, negli ultimi anni. Matera sud negli anni futuri subirà un cambiamento che tenterà di risvegliare i suoi quartieri dormienti.
126
• creazione di un’offerta abitativa mista di housing sociale e privato;³ Lo scopo, quindi, è di promuovere l’integrazione dell’area con il resto del tessuto urbano, attraverso la riqualificazione degli spazi pubblici, interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e promuovendo lo sviluppo di nuovi spazi di relazione. Il Programma, complessivamente, è un tentativo di ricucire le aree urbane di margine, che oggi si presentano sfrangiate e prive di identità, creando uno spazio che si ponga come nuova centralità urbana che si relazioni con un ampio polmone di verde pubblico. Questo progetto si pone l’obiettivo di rispondere alle esigenze degli abitanti, esigenze, come descritto precedentemente, legate allo stato attuale di abbandono e di completa assenza di servizi e di spazi pubblici adeguati. L’approvazione del programma ha attirato l’attenzione pubblica generando
1 c.f.r. “Ritorno alla città laboratorio” di P.Doria_Antezza_ Matera 2010 2 c.f.r. “Matera City Monitor” di R.Tosto_datacontact_ Matera 2008 3 Relazione generale Programma Integrato “Housing Sociale città dei Sassi” a cura dell’ing.D.Tagliente_Società Matera 90
127 Nuova viabilitĂ
Intervento del Programma Integrato
Area del nuovo centro di quartiere
CAPITOLO 4 | PROGETTO _Un luogo identitario per Contrada San Francesco
130
4.1 Lo Scavo_Il Basamento_Il Bordo
Là dove la città finisce, sul margine, si inserisce il progetto, all’interno di un intervento di lottizzazione già previsto e che sarà realizzato negli anni a venire, provando a ricondurlo all’interno del disegno urbano della città. La periferia sud è in stato di abbandono ed i quartieri non si identificano in quel luogo, in questa parte di città non esistono centri di aggregazione o piazze e, di conseguenza, non esiste un luogo specifico in cui gli abitanti possano riconoscersi e provino un senso di appartenenza. Si tratta di un disegno urbano composto da un insieme di frammenti morfologicamente autonomi, legati tra loro dai soli assi stradali, il risultato di progetti nati per logiche speculative e non volti ad esprimere una relazione tra città e paesaggio. Ci interroghiamo, dove è previsto un centro di quartiere, su come la progettazione architettonica possa rispondere alla necessità di un riammagliamento urbano che favorisca la costruzione di un luogo per
i suoi abitanti. La volontà è di costruire un luogo di appartenenza dove vi si possa raggiungere un contatto più profondo ed un’interazione tra spazio e uomo, quest’ultimo considerato non come fattore eccezionale ma primario. Il luogo in sè è sede di una stratificazione di esperienze umane in cui l’abitante, con il tempo, si riconosce negli spazi, nelle strutture, nelle murature, nei materiali, nelle patine create dal tempo. Tutto questo si accumula e si stratifica in percezioni, l’uomo di identifica nella storia di uno spazio fisico e in avvenimenti immateriali che vengono assorbiti e si tramandano di generazione in generazione. Con questo progetto si cerca di dare una struttura reale e fisica a quello che, con il tempo, avrà la possibilità di divenire “luogo” in un momento futuro. Questo è il tentativo di fornire la materia, e da esso il materiale, affinchè vi sia il potenziale per quello che potrà essere un luogo di appartenenza.
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CAPITOLO 5 | PROGETTO_Un luogo identitario per Contrada San Francesco
Area di progetto
Preesistenze
Intervento del Programma Integrato
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Disegnando a scala urbana non è possibile costruire il luogo stesso bensì si favorisce la condizione creando un progetto architettonico che, quindi, favorisca l’aggregazione e che sia inclusivo. Il tipo di approccio utilizzato consiste nel creare un rapporto con l’insediamento, seguendo i tracciati, per portare avanti un’ipotesi di ricucitura con il contesto urbano e paesaggistico. Quel luogo accoglie la volontà di divenire sede dell’identità in un quartiere che, attualmente, è parte di una periferia straniante e disomogenea. Traduciamo questo punto di vista progettualmente riprendendo i percorsi, i tracciati generatori, i riferimenti reali fisici e riportando questa operazione ad una scala più ampia, rievocando i caratteri universali che compongono quel territorio e che abbiamo scelto di rileggere. La rilettura del territorio è stata effettuata compiendo un’operazione critica, di selezione e di reinterpretazione degli antichi caratteri, degli archetipi morfologici e tipologici e dei principi di relazione con il suolo, concretizzandosi progettualmente con la proposta di un palinsesto di segni e stratificazioni riletti e proiettati nel presente. Una rilettura del territorio non isolato, che rimanda alla cultura del mediterraneo,
prendendo spunto dai caratteri locali e dalle sue architetture. L’idea è di creare un progetto aggregativo e identitario recuperando gli antichi tratti che caratterizzano la città di Matera, l’ipogeo, l’uso della materia, i metodi costruttivi, l’uso dei terrazzamenti e riproporre il concetto di materiale dalla materia in quanto si opera su di un declivio calcareo. A questo, si è scelto di lavorare unendo al concetto di bordo, determinato dal territorio e dalle stratificazioni urbane e non e di scavo, inteso come scelta progettuale poichè caratteristico di Matera, la componente del basamento che unisce le altre in un corpo unico, eliminando il senso di limite, riprendendo l’archetipo di podio dal mondo antico e classico che hanno caratterizzato il Mediterraneo. Un’azione di distillazione e di introspezione degli archetipi dell’architettura passata mediterranea tradotta in azioni progettuali concrete, proiettate nel presente e nel futuro, che mirano alla creazione di una dimensione umana. Lo scavo, oltre che essere tecnica locale, e quindi una reinterpretazione dell’architettura ipogea, può essere, in questo caso, un approccio in grado di
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CAPITOLO 5 | PROGETTO_Un luogo identitario per Contrada San Francesco
Progetto di Stefano Sileo
Progetto di Laide Aliani
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rispondere alla questione architettonica contemporanea del costruire sul margine della città. In questo modo si cerca di ovviare al problema della visibilità da parte delle preesistenze che, nel caso venissero realizzati volumi pieni fuoriterra, non potrebbero più godere della vista sul paesaggio murgico. Inoltre si favorisce la ventilazione dei vari elementi nonchè una esposizione solare favorevole. L’intero progetto è stato incorniciato e delimitato da tracciati tratti dai segni del territorio circostante, e ulteriormente frammentato in modo da creare degli spazi dinamici su più livelli completamente interconnessi tra loro, evitando zone isolate. Il bordo viene così suddiviso in piccole parti, nelle tre dimensioni, in modo da seguire l’andamento del declivio calcareo ad integrarsi completamente con il contesto urbanistico, preesistente e in attuazione, e con il parco naturale. L’elemento del basamento sarà, invece, punto cardine del luogo, in quanto sarà allo stesso tempo luogo di aggregazione e “dello stare”, ma anche di transizione tra la città ed il paesaggio. I tracciati considerati per il disegno del progetto, in modo da dare una scansione regolare e tentare un’operazione di ricucitura, sono rappresentati a destra
dai tratturi che collegano il progetto alle preesistenze storiche, quali le chiese rupestri e la piccola cava di tufo, e la nuova viabilità nord-sud; a destra è stata considerata la scansione delle preesistenze del quartiere San Francesco; complessivamente il limite del basamento è tracciato dal percorso pedonale previsto per il Social Housing, andando a creare la promenade, mentre il limite dello scavo è segnato, oltre che dalle curve di livello del terreno, dal limite previsto per le costruzioni future. Le funzioni sono dettate dalle esigenze della periferia sud della città che, attualmente, vive in stato di abbandono e dalla previsione, da piano di lottizzazione, di costruzioni future. Si è scelto di creare un luogo che favorisca l’interazione sociale e culturale degli attuali abitanti e di quelli futuri che saranno composti anche dalle nuove famiglie che abiteranno il Social Housing e da anziani e diversamente abili che sosteranno nella Casa Protetta. Il tentativo è quello di offrire la possibilità di vivere quel luogo, abbattendo le barriere architettoniche e garantendo la fruizione di tutti gli spazi, pensando a luoghi che possano favorire la fusione e l’interazione tra le diverse condizioni umane. L’area, per la sua posizione, acquista un ruolo di
CAPITOLO 5 | PROGETTO_Un luogo identitario per Contrada San Francesco
135
Viste assonometriche, evoluzione progettuale
136
centralità rispetto alle due future funzioni, una legata all’abitare, alla famiglia ed alla quotidinianità determinata dalle abitazioni di Housing Sociale, e l’altra legata a quel tipo di popolazione che generalmenete vive in stato di isolamento e raramente si relaziona con l’esterno. Queste motivazioni hanno portato ad individuare quel tipo di funzioni che potessero dare vita al quartiere “dormiente” scegliendo di inserire servizi in grado di soddisfare le necessità primarie, con la progettazione di una piazza e di una scuola materna, e funzioni di carattere culturale, agli estremi, capaci di relazionarsi, ad una scala più ampia, con l’intera città di Matera, con la progettazione di un auditorium e di una biblioteca. In questo modo le funzioni si connettono e dialogano tra loro formando un luogo dinamico, culturale e attivo, dando valore a quella parte di città che, ad oggi, è vittima di un processo di alienazione determinato dalla mancanza di una identità formale e dall’assenza di un senso di appartenenza. Percorrendo la via Appia è possibile osservare il progetto nella sua completezza, se scendendo da monte il progetto sembra quasi sconparire nel paesaggio, da valle è
l’unico punto in cui mostra la sua massività frammentata nei vari volumi. L’intero complesso si estende per una superficie totale di seimila metri quadri, contro gli oltre diecimila previsti da programma integrato. La proposta avanzata è quella di riutilizzare il materiale di risulta dello scavo per i rivestimenti, le pavimentazioni e la struttura portante stessa. Lo scavo viene quindi sfruttato come cava da cui estrapolare i materiali da costruzione. Approssimativamente il materiale scavato è di circa trentamila metri cubi di cui circa un terzo riutilizzati per il progetto. La naturale pendenza morfologica dell’area favorisce la raccolta delle acque meteoriche, la maggior parte dell’acqua defluisce naturalmente lungo le due lame parallele all’area di progetto che fungono da aste drenanti principali che confluiscono nel torrente Gravina attraverso le fessurazioni e le cavità carsiche del complesso calcareo. E’ stato ipotizzato, per l’area di progetto, un sistema di cisterne che possano permettere la raccolta ed il riutilizzo delle acque. L’acqua viene in parte raccolta in pozzi a cielo aperto posti sulla piazza e che fungono anche da lucernai per gli spazi ipogei, in parte viene canalizzata verso valle.
CAPITOLO 5 | PROGETTO_Un luogo identitario per Contrada San Francesco Assonometrie di progetto alle varie quote, schema funzionale
Quota -10.60 m
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Quota -4.35 m
Scuola materna
Galleria espositiva ipogea Quota 0.00 m (331.50 s.l.m.) Auditorium
Biblioteca
Botteghe / locali commerciali
Belvederi
Planimetria di progetto 0
5
10
20
40m
Planimetria di progetto 0
2
5
10
15m
Pianta di progetto quota +4,50 m 0
2
5
10
15m
Pianta di progetto quota stradale 0 (s.l.m. 322 m) 0
2
5
10
15m
Planta di progetto quota -4,35 m 0
2
5
10
15m
Planta di progetto quota -7,50 m 0
2
5
10
15m
Planta di progetto quota -10,60 m 0
2
5
10
15m
Prospetto ovest, vista da valle 0
GSPublisherVersion 0.2.100.100
5
10
20m
Sezione longitudinale 0
GSPublisherVersion 0.2.100.100
2
5
10
20m
Sezione trasversale 0
GSPublisherVersion 0.2.100.100
2
5
10
20m
PROGETTO DELLA PIAZZA E DELLA SCUOLA MATERNA
160
4.2 Progetto della piazza e della scuola materna
Il progetto richiama da una parte la vocazione pubblica, dove la costruzione dello spazio aperto ha carattere inclusivo come origine della vita comunitaria e collettiva, dall’altra, vi è la volontà di esaltare la risorsa culturale data dalla natura, intesa non solo come paesaggio agro e murgiano ma anche come stratificazione e materia. Lo spazio aperto è simbolo della democrazia, è cosa viva e mutevole in quanto appartiene a tutti ed è, per sua natura, una sorgente aperta in cui dare inizio ad un cambiamento. E’ il luogo dell’integrazione e si colloca tra la sfera pubblica e quella privata, tra collettività ed individualità; è la dimensione in cui la natura entra ed appartiene al disegno urbano, così come nell’antichità, in un’epoca in cui si assiste ad un continuo cambiamento dell’estensione dei confini portando alla modificazione della scala di progetto. Il paesaggio è una componente fondamentale del nostro patrimonio culturale, rispecchia l’identità della popolazione e ne conserva le caratteristiche contribuendo al benessere fisico e psichico, divenendo bene comune.
I concetti di paesaggio e di spazio aperto pubblico e collettivo sono fattori centrali del progetto, con l’obiettivo di fondare i presupposti per ridare un’identità urbana agli abitanti della periferia sud, progettando un luogo collettivo che dia la possibilità agli abitanti di “riconoscersi”. Partendo dallo spazio aperto, comprendendone i caratteri e le forme spontanee e non, sono state ricomposte le parti in un progetto unitario, in uno spazio centrale e integrativo che riesca appunto a dare un luogo identitario agli abitanti di quella periferia frantumata e sconnessa della città di Matera, di cui si è parlato nei capitoli precedenti, parte di un’antica città, nota per l’unicità della pietra calcarenitica, localmente chiamata tufo, in cui è scavata e costruita. Il progetto, della piazza e della scuola materna, racchiude in sè i rapporti scenografici e visivi tra i segni urbani e paesaggistici, legandolo alla città nella sua interezza. Prende spunto dal suo contesto e ne fa parte fisicamente in quanto è generato dalla materia stessa della
porzione di paesaggio in cui si innesta, e dalla stessa ne è composta materialmente. Il progetto, posto sul confine, stabilisce una continuità con il parco naturalistico in quanto le sue parti seguono la morfologia del terreno e vi si fondano. Le sue coperture, su più livelli terrazzati, si trasformano in percorsi e camminamenti lenti, il livello corrispondente al piano stradale costituisce la piazza, sopraelevata rispetto agli altri volumi. Attraversando la nuova strada, che segna l’asse nord-sud e costeggia la Casa protetta, si vede, in lontananza, un filare di alberi che incorniciano la piazza.
Passando attraverso il recinto alberato ci si ritrova su di un grande basamento, in pietra calcarea levigata, che costituisce la grande piazza e raduna, da tutti i suoi punti di vista, il paesaggio circostante. La piazza, con una superficie di novecento metri quadri, fa da podio allo scenario del paesaggio naturale senza tempo, da essa si può scorgere, in lontananza, lo specchio azzurro del Lago di San Giuliano raccolto nella murgia materana. Lo spazio aperto conduce l’uomo a rapportarsi con un inatteso cambiamento del rapporto spaziale, mettendolo in relazione con qualcosa di più grande, la natura che si pone come scena dell’intero progetto e
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Vista dalla piazza dei terrazzamenti
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ne diventa protagonista. Da una parte abbiamo la città, dall’altra la murgia, questo è il luogo della sosta e dell’aggregazione. Man mano che ci si avvicina al limite della piazza, ci si rende conto gradualmente della presenza degli spazi ipogei, dapprima attraverso quattro lucernai che si alternano ai pieni delle massicce sedute in pietra, poi, affacciandosi, ci si rende conto che vi è un altro cambiamento, dato dall’alternanza tra pieni e vuoti. Da qui sono ben chiari e visibili i volumi frammentati sottostanti che seguono l’andamento del declivio naturale. La piazza, dunque, si pone non come limite, bensì come introduzione di una successione di spazi ricavati con una
differente operazione architettonica: lo scavo. L’asse della nuova strada, parallela a Via Sibari che raccoglie il quartiere San Francesco, disegna un taglio nel basamento che si traduce in una scala monumentale, punto di transizione tra il basamento, appunto, e lo scavo. La scala, larga diciassette metri, permette di raggiungere lentamente la quota inferiore scendendo di quattro metri e mezzo. Essa è tagliata, ogni nove pedate, da una rampa inclinata, frammentata in tratti di nove metri e con una pendenza dell’8% permettendo la fruibilità da parte di diversamente abili. Il disegno di questa rampa-scalinata è il frutto di una particolare attenzione ai
CAPITOLO 5 | PROGETTO_Un luogo identitario per Contrada San Francesco
temi della fruibilità e del “design for all” che dovrebbero essere alla base di ogni nuova progettazione architettonica e sistemazione urbana, a maggior ragione in un contesto di “housing sociale” come quello qui progettato. Raggiunta la quota inferiore ci si ritrova all’inizio di un lungo percorso largo cinque metri, una sorta di promenade ottenuta per sottrazione, che collega orizzontalmente, per una lunghezza di centotrenta metri, il complesso al percorso pedonale dell’ housing sociale (a sinistra) e della casa protetta (a destra). Lungo questo percorso è possibile
raggiungere i primi due vuoti scavati al di sotto della piazza, adibiti a botteghe e attività commerciali. L’illuminazione di questi due ambienti, di circa sessanta metri quadri, avviene tramite due dei lucernai visibili dalla piazza, la loro forma è regolare e sono scavati nella roccia calcarea per una profondità massima di dieci metri. A questi vuoti si oppongono tre volumi regolari composti dalla sovrapposizione di blocchi in tufo che ne costituiscono la massa muraria. I volumi sono disegnati secondo una griglia ortogonale e misurano una largezza di dieci metri ed una profondità di sette. Questi volumi, alla quota della promenade, permettono l’affaccio lasciando scorgere
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Il basamento
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La Promenade
gli ambienti sottostanti, allo stesso tempo ne costituiscono dei veri pozzi luce, attraverso dei grandi fori laterali e un taglio nel solaio. Con la stessa conformazione del lamione, sono lateralmente costeggiati da un profferlo, elemento tipologico ricorrente della cultura costruttiva locale, che permette di raggiungere una quota di tre metri e mezzo dal quale sostare per godere della vista sul paesaggio. Tra i tre belvederi vi sono delle lame di due metri e mezzo di largezza, segnati dalle lastre in pietra bocciardate sulla pavimentazione della promenade, che li attraversano per portare ad un’ulteriore balconata dal quale è possibile notare il gioco dei terrazzamenti
dei tetti giardino dei locali sottostanti. La promedade termina con un monumentale portale, anch’esso costituito da blocchi in tufo, richiamando il sistema costruttivo trilitico dell’architettura moderna e classica, oltre che l’uso del materiale. Da qui è visibile la fitta scansione delle travi in legno che indicano l’ingresso dei locali alla quota inferiore. Attraversando il portale, con un’altezza complessiva di cinque metri ed uno spessore murario di tre, continua la promenade collegandosi al percorso pedonale della casa protetta. Tornando all’inizio della promenade, si può proseguire il percorso, verso valle,
CAPITOLO 5 | PROGETTO_Un luogo identitario per Contrada San Francesco
scendendo ancora di sei metri, attraverso una lenta scalinata lunga quattordici metri. Da questa quota è possibile godere della vista complessiva del progetto. Sono visibili altri quattro volumi che definiscono le aule dell’asilo. Le aule sono, ancora una volta, composte da spesse murature di blocchi in tufo e scandite da una griglia ortogonale. La luce penetra attraversando i piccoli fori, della grandezza della testa dei blocchi in tufo, che frammentano le facciate rivolte verso ovest. A sud-est e a nord-ovest ritroviamo delle grandi aperture che si affacciano sul patio delle aule e che permettono l’interazione visiva continua tra i bambini delle varie classi. Al di sopra
dei quattro cubi, che sporgono di sette metri per sette, sono visibili le aperture regolari dei locali della scuola materna che permettono l’accesso ai tetti giardino. Il percorso esterno fiancheggia il cortile in trincea che delimita la scuola materna. Delle brevi scalinate, incorniciate da un sistema di orti variopinti terrazzati ed in direzione dei patii, permettono ai bambini di raggiungere il parco naturale. Proseguendo il percorso si arriva in una piccola piazza dalla quale è possibile accedere alla scuola materna ed alla galleria espositiva. L’ingresso è inquadrato da una successione di portali in legno, un
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Accesso all’asilo con vista panoramica
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Il patio
sistema di una scansione di travi sorrette da colonne squadrate con un’altezza totale di otto metri, che ancora una volta fa riferimento al trilite. Sulla destra vi è l’accesso alla scuola materna, il primo è uno spazio accogliente a doppia altezza che funge da connettivo, qui i bambini avranno la possibilità di poter svolgere le attività comuni qualora i fattori climatici non permettano l’utilizzo degli spazi aperti. Il connettivo è illuminato da una serie di lucernai che si alternano al fitto sistema di travi a vista in legno. La pavimentazione in linoleum, color juta, riscalda l’ambiente e delle fasce di linoleum turchese indicano i passaggi tra le aule dai quali poter raggiungere gli spazi esterni quali i patii ed il cortile in trincea. La prima aula è dedicata agli spazi ed ai servizi per i docenti ed è la più piccola con i suoi 55 metri quadrati. Si
susseguono le tre aule di sei metri e mezzo per dieci metri e mezzo, di cui sette metri fuoriescono nel cortile. All’interno delle aule, ciascuna delle quali può ospitare venticinque bambini, la luce attraversa i piccoli fori ricavati dalle spesse murature in tufo, creando un’atmosfera accogliente e giocosa. Lateralmente le grandi vetrate scorrevoli permettono l’accesso e la vista sul patio e dell’interno delle altre aule, eliminando il senso di isolamento e permettendo al bambino una continua interazione con gli input esterni all’aula. La pavimentazione in linoleum turchese, questa volta seguendeo l’asse orizzontale, evidenzia le uscite dirette verso l’esterno. Il colore ha un ruolo importante nella progettazione di ambienti legati all’età infantile, in quanto influisce sullo stato psicologico soprattutto nei bambini di
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CAPITOLO 5 | PROGETTO_Un luogo identitario per Contrada San Francesco
Lo spazio connettivo dellâ&#x20AC;&#x2122;asilo
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Vista delle sezioni dal patio
piccola età. Il turchese è stato scelto per la sua capacità di stimolare l’intuizione e di potenziare le abilità di espressione creativa e la forza della comunicazione attraverso l’uso della voce. Inoltre ha un effetto rilassante essendo, in natura, il colore associato all’acqua. Tramite la rampa che costeggia lo spazio del connettivo, con pendenza dell’8%, è consentito l’accesso degli spazi al piano superiore, il parapetto in vetro è pensato in modo da lasciare la possibilità al bambino di poter osservare tutti gli ambienti del livello inferiore. Al di sotto della rampa sono stati ricavati gli spazi per delle piccole aree gioco, bagni ad uso pubblico ed i ripostigli. Al piano superiore vi è una successione di spazi che replicano la scansione delle
aule sottostanti. Gli ambienti sono divisi da piccoli corridoi in corrispondenza dei fori che permettono l’affaccio sul paesaggio. Qui sono state collocate le aree gioco e, all’occorrenza, tramite il posizionamento di piccoli materassi usati nelle scuole materne, trasformate in aree in cui i bambini possono trascorrere le ore di riposo. All’interno è permesso l’accesso ai tetti giardino tramite una breve scala che replica la pavimentazione in legno dei patii sottostanti, all’esterno i bambini di ogni aula hanno a disposizione quaranta metri quadrati per relazionarsi con la natura, non solo visivamente ma anche praticamente. Due elementi a forma di tronco di cono fungono da gioco ed allo stesso tempo da lecernai per le aule sottostanti. La scuola
materna è pensata come una piccola città a dimensione di bambino che si integra nel contesto paesaggistico e ne fa parte, fornendo al bambino un ambiente che favorisca la crescita sensoriale e motoria, in linea con il pensiero montessoriano froebeliano. Il rapporto continuo tra interno ed esterno non nasce da una scelta meramente estetica ma soprattutto funzionale. La scuola fa parte della città ed è per questo che è stata pensata per essere vissuta non solo nelle ore diurne, in questo modo, anche gli abitanti possono usufruire degli spazi che si trasformano in laboratori, pensando soprattutto a chi alloggerà nella casa protetta che, assieme al bambino, costituisce la parte debole della società.Questo progetto
è finalizzato a stimolare nel bambino le capacità visive attraverso le differenti quote ed i diversi punti di osservazione, la socializzazione favorita dalla presenza di diversi spazi ed ambienti per le attività collettive sia all’interno che in relazione con l’esterno e lo sviluppo della manualità e del movimento. Tornando all’ingresso della scuola materna ci rendiamo conto che questo spazio, sottostante alla scansione di portali in legno, funge da punto di snodo in quanto, parallelamente alla scuola, si sviluppa un sistema di gallerie espositive completamente scavate ed incise nel declivio roccioso. Gli ingressi, incorniciati da una spessa muratura in blocchi di tufo che tange il banco roccioso, conducono
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Il tetto giardino dell’asilo
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Galleria espositiva ipogea_Sala principale
alle tre sale minori che si affacciano su di un corridoio comune, eccetto la sala centrale più grande, di circa cento metri quadrati, che può essere raggiunta grazie al sistema di gallerie che collega le varie sale. Sono volumi scolpiti nella roccia illuminate dai pozzi che dalla superficie scavano la terra, nella misura in cui sono interessate dai lucernai, sono a cielo aperto. esponendole ai fattori metereologici. Le gallerie espositive sono concepite come interno ma intese come un percorso ipogeo che intercetta in più punti l’esterno e ne assume le condizioni climatiche esponendo il visitatore ad un dialogo con i sensi. La sala centrale, la più maestosa con i suoi nove metri di altezza, svela il suo rapporto viscerale con la materia. Viene svelata la materia ed è la stessa a fare da protagonista
mostrandosi in tutta la sua naturalezza, per raggiungerla bisogna dapprima percorrere una breve galleria buia che accentua l’effetto inaspettato di ritrovarsi in un ampio spazio dove la materia rocciosa si mostra con i suoi segni e le sue stratificazioni, uno spazio inodato dalla luce. Questa è l’unica sala in cui è stato lasciato visibile il sistema della raccolte delle acque, lungo il perimetro è presente una lama d’acqua che si raccoglie e viene poi incanalata nelle cisterne presenti nel sottosuolo, per essere riutizzata. L’idea nasce dalla volontà di voler ricreare l’ambiente ovattato delle cisterne a goccia diffuse nel territorio materano, una reinterpretazione poetica di un elemento nato per questioni funzionali e per le esigenze umane.
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CAPITOLO 5 | PROGETTO_Un luogo identitario per Contrada San Francesco
Galleria espositiva ipogea_Percorso
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Si è scelto di utilizzare per l’intero progetto solo materiali naturali: il legno per le pavimentazioni dei patii della scuola materna e per le orditure orizzontali dei solai con travi di altezza variabile; la pietra calcarea trasformata in blocchi in tufo (25x25x50 centimetri) utilizzati per le strutture in muratura portante con una tessitura a tre teste; pietra calcarea levigata o bocciardata in lastre (60x40 centimetri) per le pavimentazioni esterne. L’uso del cemento armato è stato ridotto alle travi rovescie di fondazione come disposto dalle Norme Tecniche di Costruzione del 2008 riguardanti le strutture in muratura portante. Per le coperture dell’asilo è stata usata la tecnologia brevettata Harpo per i giardini pensili di tipo estensivo (non calpestabile) ed intensivo (calpestabile). Le cubature previste sono in linea con le disposizioni indicate dal Programma Integrato “Housing città dei Sassi”. Il quadro normativo ed amministrativo non dà delle specifiche direttive per quanto riguarda lo
spazio ipogeo, inteso non come cava da cui estrarre del materiale. Sono dunque state considerate le vigenti normative in materia di sicurezza D.M. 3/11/2004 aggiornate al 2011 e per la scuola materna sono stati visionati il D.M. 18/12/1975 riguardando un numero massimo di 75 alunni e le direttive del MIUR del 2016. Alle normative di riferimento di tipo prescrittivo, sono state affiancate tutte quelle norme prestazionali e di sostenibilità che sono alla base di ogni processo architettonico che ambisce ad essere un intervento in linea con le direttive europee (Horizon 2020) ma soprattutto con una progettazione che guarda al passato parlando un linguaggio di innovazione nelle tradizioni. Lo studio di tecniche costruttive tradizionali legate al luogo, e una ricerca tecnologica innovativa riguardante la sostenibilità sono state componenti fondamentali del processo creativo che hanno caratterizzato anche scelte le architettoniche del progetto. La struttura dell’asilo è costituita da murature
Quota 0 ( s.l.m. 322 m )
Quota -4.35 m
Schema funzionale
Collegamenti verticali
Area esterna per attivitĂ collettive
Zone gioco e riposo
Ripostiglio Quota -7.60 m
Area libera per attivitĂ collettive
Connettivo
Servizi igienici
Aula docenti
Quota -10.60 m
Spogliatoio
Lavanderia
Cucina
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Schema delle vie di fuga
portanti con solai in legno che definiscono lo schema base della costruzione. Nel solaio di base è presente un vespaio a igloo che consente di non avere un diretto contatto con il terreno, grazie ad un sistema di aerazione si evitano condense oltre a garantire una circolazione d’aria che permette l’evaporazione in caso di terreno umido. Il sistema di aerazione tramite bocchette prevede la posa in opera delle stesse ad un quota più bassa del muro a nord, mentre sono ad una quota più alta (circa 75 cm) a sud. Le bocchette passanti nel muro a sud fanno si che. grazie all’irraggiamento del sole, l’aria presente in esse, essendo più calda tende a salire, creando così l’effetto camino che permette una corretta circolazione dell’aria al livello degli igloo. E’ stato utilizzato un isolante rigido in XPS dello spessore di 12 cm posto al di sopra del solaio per evitare perdite di calore verso il terreno. Al di sopra di esso, il massetto ingloba in sé un sistema di riscaldamento radiante in pannelli presagomati che consentono di avere una diffusione omogenea del calore all’interno
Quota -4.35 m
degli ambienti. La pavimentazione è realizzata in Linoleum, un tipo di pavimento resiliente, composto da materie prime di origine naturale, offre una maggiore flessibilità rispetto ai cosiddetti pavimenti duri. Questo tipo di pavimento sottoposto ad una pressione applicata in superficie ha la proprietà, detta appunto resilienza, di deformarsi in maniera flessibile riassumendo la configurazione iniziale una volta eliminata la sollecitazione esterna. Viene fatto ampio utilizzo di questo materiale in ambienti pubblici quali ospedali, uffici e scuole per la sua bassa manutenzione e soprattutto per la facilità di pulizia. La struttura di fondazione in travi rovesce in CLS armato, obbligatorie per le strutture in muratura portante secondo le disposizione delle NTC 2008, fanno da base alle murature portanti in blocchi di tufo di dimensioni 25x25x50 cm con una tessitura a tre teste che oltre a dare una regolarità ai vari ambienti dell’asilo portano benefici sotto vari punti di vista: la grande massa muraria e l’elevata inerzia termica
hanno consentito di eliminare l’utilizzo di sistemi di isolamento termico a cappotto rientrando nei limiti previsti dal DM 26/6/2015 il quale prevede la verifica del parametro di trasmittanza termica periodica (Yie) obbligatoria per edifici nuovi, demolizioni e ricostruzioni e ristrutturazioni con valori inferiori a 0,10 W/m2K, lo spessore di 75 cm delle murature in tufo danno come risultato Yie=0.07 W/m2K. Le pareti, intonacate internamente con un impasto di calce e sabbia fine, vengono lasciate a faccia vista all’esterno. Le chiusure trasparenti delle sezioni, sono costituite da ampie vetrate scorrevoli a taglio termico, con intelaiatura in legno, sono composte da 4 moduli di dimensioni 1.05 m x 2.40 m, che quando totalmente aperte, creano delle grandi aperture di 4,20 m x 2.40 m. La posizione delle aperture, poste in ogni sezione sulle due pareti opposte, una a nord e una a sud, facilitano la ventilazione naturale degli ambienti oltre a connettere tutte le sezioni in maniera non solo visiva, permettono
Quota -10.60 m
l’accesso ai patii, rivestiti superficialmente con listoni in legno di dimensioni 14x240 cm, leggermente sopraelevati rispetto al livello del massetto esterno tramite supporti in PVC e sottolistelli in PVC che permettono il deflusso delle acque senza andare ad impregnare la pavimentazione compromettendone la durabilità. 175
Schema delle vie di fuga
Il solaio di copertura, anch’esso in legno, presenta caratteristiche differenti a seconda della funzione. I due principali tipi sono i tetti giardino e le coperture praticabili. Le travi lamellari in legno, posate al di sopra della muratura, sono ancorate ad un cordolo in legno tramite piastre in acciaio i cui tirafondi connettono le piastre, il cordolo e la muratura stessa, creando un sistema scatolare rigido. Il cordolo in legno, che viene lasciato a vista all’interno, ha la funzione di irrigidire la struttura, di ripartire i carichi della copertura in modo omogeneo sulla muratura portante e di fare da supporto per l’ancoraggio delle travi in legno lamellare. Le travi lamellari grazie alla struttura a fibre
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incrociate, permettono di avere un’ottima resistenza anche ad elevati carichi, come nel caso del tetto giardino delle sezioni, oltre a dare la possibilità di progettare con luci notevoli. Nelle sezioni le travi lamellari di dimensione 45x20 cm e una luce di 7 m sono poste con un interasse di 1.20 m in modo da sostenere al meglio il carico del tetto giardino. Al di sopra delle travi sono fissati dei pannelli in XLAM a fibre incrociate dello spessore di 12 cm che svolgono la funzione di solaio e permettono il getto del massetto in CLS alleggerito con una pendenza dell’1,5% per il deflusso delle acque meteoriche. L’isolamento è garantito da un pannello in XPS dello spessore di 12 cm, al di sopra del quale si sviluppa la stratificazione del tetto giardino di tipo intensivo e quindi permette la fruibilità. Il Pacchetto tecnologico del tetto giardino è dell’azienda HARPO, i tetti verdi costituiscono un elemento fondamentale nelle costruzioni sostenibili e nella architettura urbana. La possibilità di ottimizzare le superfici e quella di aumentare la qualità di vita sono
solo alcuni dei numerosi effetti positivi del verde pensile, i principali riguardano la miglioria l’isolamento termico sia in estate sia in inverno. A ciò contribuiscono sia l’effetto d’isolamento termico sia l’effetto di raffreddamento delle temperature. Le tipologia utilizzata di copertura verde assolvere la funzione dello strato di vegetazione, di filtrazione e dello strato drenante. La funzione di accumulo idrico del sistema MediDrain MD 50 implica una ritenzione idrica addizionale e prolunga le riserve idriche provenienti dalle precipitazioni naturali. Le piante resistenti alla siccità sono in genere capaci di fare a meno di un’irrigazione artificiale, mentre per le coperture intensive queste è previsto comunque un impianto d’irrigazione artificiale. Il sistema a verde intensivo Harpo ha uno spessore totale di circa 60 cm considerando anche i pannelli isolanti in XPS da 12 cm, presenta un manto impermeabile multistrato che previene danneggiamenti sia meccanici che dalle radici, al di sopra del quale è
GSPublisherVersion 0.2.100.100
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posto il sistema ma guscio MediDrain MD 50 che ha funzione di ritenzione idrica e permette il deflusso delle acque meteoriche in eccesso. Il substrato HARPO per inverdimenti intensivi ha uno spessore medio di 25 cm una volta compattato, nel quale è possibile piantare piccoli arbusti tipici della macchia murgiana.
Sezione trasversale 0
GSPublisherVersion 0.2.100.100
2
5
10m
Sezione longitudinale 0
GSPublisherVersion 0.2.100.100
1
3
5m
1 - RIEMPIMENTO CON MATERIALE ARIDO PROVENIENTE DAGLI SCAVI COMPOSTO DA CALCARENITE, OPPORTUNAMENTE PISTONATO E COMPATTATO MECCANICAMENTE 2 - STRATO DI SEPARAZIONE GEOTESSILE TESSUTO NON TESSUTO TERMOSALDATO A FILO CONTINUO IN FIBRA DI POLIPROPILENE TIPO “TYPAR SF” DELL’AZIENDA “SEIC”_sp: 5mm
21 - COLLANTE PER LINOLEUM_MAPEI Ultrabond Eco 520_ sp: 10 mm 22 PAVIMENTAZIONE IN MARMOLEUM Solid_ sp: 15 mm
LINOLEUM_TIPO
3 - MISTO GRANULARE STABILIZZATO CON LEGANTE NATURALE_ sp: 20 cm
23 - INTONACO A BASE DI CALCE E SABBIA FINE_ sp: 15 mm
4 - MASSETTO DI SOTTOFONDO CON FINITURA A FRATAZZO FINO_IMPASTO IN CEMENTO TIPO 325 E SABBIA DI FIUME
24 - TIRAFONDI DI ANCORAGGIO IN ACCIAIO PER PIASTRE DELLE TRAVI IN LEGNO
5 - SUPPORTI IN PVC PER DEFLUSSO METEORICO E PER POSA DEI TRAVETTI IN LEGNO_passo: 60 cm
25 - CORDOLO IN LEGNO DI IRRIGIDIMENTO E RIPARTIZIONE CARICHI, SUPPORTO PER ANCORAGGIO TRAVI LAMELLARI_ dim: 30x45 cm
6 - SOTTOLISTELLI IN LEGNO DI LARICE PER SUPPORTO PER PAVIMENTAZIONE ESTERNA IN LEGNO, AZIENDA “PRICHER” _ dim: 120x80 mm, interasse: 70 cm
26 - PIASTRA IN ACCIAIO PER ANCORAGGIO TRAVI IN LEGNO, CON TIRAFONDI PASSANTI NEL CORDOLO IN LEGNO E MURATURA PORTANTE IN TUFO
7 - LISTONE IN LEGNO DI LARICE CON FINITURA ANTISCIVOLO, AZIENDA “PRICHER”_ dim: 25x140 mm, lunghezza 400 cm
27 - TRAVE PRINCIPALE IN LEGNO LAMELLARE_dim 45x20cm, interasse 1,2 m
8 - PROFILO IN ALLUMINIO DI TENUTA PER MEMBRANA BUGNATA
182
20 - IMPIANTO DI RISCALDAMENTO RADIANTE IN PANNELLI PRESAGOMATI, FINITURA MASSETTO IN CLS ALLEGGERITO_sp: 7 cm
28 - PANNELLO STRUTTURALE IN LEGNO A FIBRE INCROCIATE X-LAM_ sp:12 cm
9 - MEMBRANA BUGNATA IN POLIETILENE AD ALTA DENSITA’ PER ISOLAMENTO DI FONDAZIONI (HDPE) “BITUVER”_sp: 8mm
29 - MASSETTO DI SOTTOFONDO A PAVIMENTO CON FINITURA A FRATAZZO FINO_IMPASTO IN CEMENTO TIPO 325 E SABBIA DI FIUME_PENDENZA 1,5%_sp min: 8 cm
10 - MURATURA PORTANTE A 3 TESTE IN BLOCCHI DI TUFO di dim:25X25X50 cm_sp. Muratura: 75 cm 11 - PROFILO IN ALLUMINIO DI TENUTA PER XPS E MEMBRANA BUGNATA
30 - MEMBRANA DI IMPERMEABILIZZAZIONE ANTIRADICE HarpoPlan ZD UV_sp: 5 mm 31 - FELTRO DI PROTEZIONE ED ACCUMULO HARPO MediPro MPHS_ sp:10 mm
12 - GRIGLIA DI AERAZIONE ANTIINSETTO, PER VENTILAZIONE VESPAIO IGLOO
32 - STRATO DI ACCUMULO, DRENAGGIO E AERAZIONE MediDrain MD 50_sp: 5 cm
13 - PANNELLO ISOLANTE IN EPS TIPO “WEBER THERM XW300” λ=0,035W/mK sp: 80 mm
33 - TELO FILTRANTE MediFilter MF 1_sp: 5mm
14 - SOTTOFONDO IN CALCESTRUZZO NON STRUTTURALE Rck15, DIMENSIONE max INERTI 32 mm 15 - VESPAIO AERATO COMPOSTO DA ELEMENTI IN POLIPROPILENE RIGENERATO AD ALTA RESISTENZA TIPO IGLU’, CON PEZZI SPECIALI FERMAGETTO, PROLUNGHE IN PROSSIMITA’ DEL PERIMETRO_ h: 20 cm 16 - SOLETTA IN CALCESTRUZZO DUREVOLE PRECONFEZIONATO C25/30 - RAPPORTO A/C max 0,60 - ARMATO CON RETE ELETTROSALDATA Ø6 - MAGLIA cm 20x20_sp: 5 cm 17 - PANNELLO ISOLANTE IN POLISTIRENE ESPANSO ESTRUSO (XPS)_KNAUF POLYFOAM λ max=0,038 W/mK, RESISTENZA min A COMPRESSIONE CON SCHIACCIAMENTO DEL 10% - 250 Kpa_sp: 120 mm 18 - BARRIERA AL VAPORE IN POLIETILENE sp. 0,2 mm, DENSITA’ 940 Kg/mc, RESISTENZA ALLA TEMPERATURA -20/+80 °C, RESISTENZA A TRAZIONE MINIMA LONG. E TRASV. 160 +/- 30 N/50mm 19 - MASSETTO DI SOTTOFONDO A PAVIMENTO PER IMPIANTI CON FINITURA A FRATAZZO FINO_IMPASTO IN CEMENTO TIPO 325 E SABBIA DI FIUME_sp: 5cm
34 - SUBSTRATO “HARPO” PER INVERDIMENTI INTENSIVI_ sp. med: 25 cm COMPRESO DI COEFF. DI COMPATTAZIONE 35 - VEGETAZIONE DI TIPO INTENSIVO 36 - CORDOLO DI CONTENIMENTO AREA VERDE IN CLS 37 GHIAIETTO DRENANTE CALPESTABILE CONTENUTA CON TELO FILTRANTE _sp:25 cm 38 - PROFILO ANGOLARE IN ABS PER RISVOLTO STRATI DI IMPERMEABILIZZAZIONE 39 - GUAINA IMPERMEABILE LIQUIDA BICOMPONTENTE A BASE CEMENTIZIA CON RETE DI SUPPORTO IN FIBRA DI VETRO 40 - TIRAFONDI IN BARRE D’ACCIAIO PER ANCORAGGIO DEL CORDOLO DI COPERTURA 41 - CORDOLO IN LASTRE DI TUFO, SEGMENTATO CON ROMPIGOCCIA_ PENDENZA 1,5%_sp. esterno: 12 cm
Dettaglio tecnologico della Scuola Materna 0
0.25
0.5
1m
PROGETTO DELLâ&#x20AC;&#x2122;AUDITORIUM E DELLA BIBLIOTECA
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4.3 Progetto dell’auditorium e della biblioteca
La serie dei processi trasformativi della città determinano un cambiamento non solo dal punto di vista urbanistico o territoriale ma anche sociale e culturale, in quanto, la conformazione degli spazi influisce fortemente sull’identità e sul senso di appartenenza. Lo scopo del progetto è la creazione di luoghi culturali che riescano a rimuovere il senso di isolamento provato dagli abitanti della periferia sud di Matera, affrontando il problema dell’esclusione e della marginalità attraverso il disegno di spazi culturali che riescano a facilitare i rapporti di interazione considerando, oltre gli abitanti stessi del quartiere, le giovani famiglie che occuperanno l’housing sociale, la presenza della scuola materna e della casa protetta che ospiterà anziani e diversamente abili. Una dimensione culturale può esercitare un impatto positivo sulla vita degli individui e sull’intera comunità agendo come vero e proprio veicolo di interrelazione sociale tra le diverse fasce. Luoghi come l’auditorium e la biblioteca capaci di offrire alla città degli spazi dove
sia possibile accogliere e creare dei laboratori e attività volti alla partecipazione sociale, spazi che contribuiscano in modo attivo alla vita degli abitanti. Grazie alla nuova viabilità prevista dal programma integrato, questo punto della città sarà più facilmente raggiungibile dalla via Appia e anche dall’asse principale che collega il centro di Matera. Questo spazio pubblico polifunzionale offre così vantaggi non solo al quartiere in espansione ma sarà anche agilmente fruibile dal resto della città. Tutti gli edifici progettati sono stati pensati con strutture in muratura portante in blocchi di calcarenite, localmente detto tufo, proveniente dagli scavi della parte ipogea. L’auditorium e la biblioteca raccolgono l’intero complesso alle estremità, segnando l’inizio e la fine della promenade pedonale che collega a destra l’housing sociale e a sinistra la casa protetta. Entrambi i volumi sono stati disegnati a partire dal contesto, l’auditorium dall’intersezione tra l’asse nord-sud che costeggia la casa protetta e
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CAPITOLO 5 | PROGETTO_Un luogo identitario per Contrada San Francesco
Il portale del teatro allâ&#x20AC;&#x2122;aperto
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L’auditorium e il teatro all’aperto
l’asse del tratturo preesistente che collega il progetto con le chiese rupestri e la piccola tufara e l’asse nord-sud, la biblioteca si impianta come limite del costruito innestandosi secondo la proiezione delle residenze del quartiere San Francesco soprastante e dell’housing sociale. Difatti, la biblioteca è l’unico volume del progetto che si sviluppa in altezza. Raggiungendo l’area di progetto dal nuovo asse stradale nord-sud appare come un volume puro che si innalza di nove metri rispetto al livello del basamento, creando un limite visivo e dettando la fine dell’impianto. Percorrendo il basamento si scopre sulla destra una scalinata che taglia il banco roccioso, permettendo l’accesso alla quota
inferiore, più bassa di quattro metri e mezzo. Ci si ritrova inaspettatamente in un piccolo spazio raccolto, un volume cubico sottratto alla roccia calcarea che accoglie uno specchio d’acqua, segno riproposto delle cisterne presenti nel sottosuolo per la raccolta dell’acqua, cisterne fortemente usate nell’antichità nelle abitazioni dei Sassi. Da qui si può notare sulla sinistra un alto portale che incornicia l’asse della promenade ed è collegato ad un percorso aereo e ad un’ulteriore portale che richiama ancora una volta il sistema del trilite. Il percorso sospeso permette di raggiungere dal livello della piazza gli affacci posti sulla copertura dell’auditorium. Il portale frontale, con un’altezza di tre metri e mezzo ed una
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CAPITOLO 5 | PROGETTO_Un luogo identitario per Contrada San Francesco La promenade che taglia lâ&#x20AC;&#x2122;auditorium
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L’auditorium
larghezza pari a sette metri, taglia lo spesso muro costituito da blocchi in tufo, fungendo da cornice al paesaggio naturale che caratterizza l’area di progetto, questo è uno spazio di sosta che permette al visitatore di osservare e di restare affascinato dal paesaggio murgiano. Spostandosi sulla destra si nota come il volume dell’auditorium sia letteralmente tagliato dall’asse della promenade, dividendolo in un pieno ed un vuoto. Il pieno, sulla sinistra, è il corpo dell’auditorium che appare come un blocco puro che segue l’andamento del declivio, a questo livello si alza di cinque metri, i restanti sei metri si sviluppano nel sottosuolo dov’è posto l’ingresso raggiungibile attraverso la rampa posta
sulla destra, il vuoto triangolare. La rampa, con una pendenza dell’8%, permette un accesso diretto dall’asse della casa protetta e costituisce un percorso dinamico dando l’impressione di entrare letteralmente nelle viscere del banco roccioso. Alla fine del percorso inclinato ci si ritrova in uno spazio che permette al visitatore di accedere all’auditorium attraverso l’ingresso, scandito da una serie di ampie vetrate. All’interno del volume ritroviamo uno spazio capace di ospitare 134 posti a sedere distribuiti lungo le ampie gradinate che, seguendo la morfologia dell’area, scendono ancora nel terreno. Lo spazio, alto sei metri, è scandito orizzontalmente, ad altezze di tre e sei metri, dai ballatoi posti su due livelli,
CAPITOLO 5 | PROGETTO_Un luogo identitario per Contrada San Francesco
accessibili dall’ingresso, che permettono un doppio affaccio all’interno dell’auditorium e verso l’esterno, costituendo altri posti da cui poter osservare il palcoscenico ma senza sedute. L’ambiente interno presenta un’ulteriore scansione in senso verticale, rendendo ben chiare le lame da cui è permesso l’affacio dai ballatoi. I pannelli in legno presenti su tutto il perimetro interno, oltre ad avere una funzionalità dal punto di vista acustico, replicano i tagli delle grandi lastre in tufo, dell’altezza di due metri e mezzo e di larghezze variabili, che caratterizzano i prospetti dell’auditorium, dando l’effetto che la struttura portante sia costituita dalla sovrapposizione di grandi blocchi in tufo. Il soffitto è anch’esso
caratterizzato da grandi pannelli acustici in legno disposti in modo da descrivere l’andamento delle gradonate dove sono poste le sedute. Ai lati del palco sono ben visibili due uscite che convergono in una breve galleria che porta ad un’uscita diretta verso valle. Risalendo al livello della promenade ed al grande portale che incornicia il paesaggio, ai lati dell’imponente muro in tufo sono posti due fori che conducono, tramite due scalinate, al teatro all’aperto. Ancora una volta il paesaggio è protagonista della scena, trasformandosi in sfondo alle rappresentazioni che si terranno sul palco. Le larghe gradonate sono in parte
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I volumi della biblioteca e dell’auditorium
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I terrazzamenti della biblioteca visti dal ballatoio
sistemate a verde e, per lo spessore utile alla seduta, in tufo. Il teatro all’aperto fiancheggia i grandi terrazzamenti a verde che pian piano diminuiscono in altezza, seguendo l’andamento del declivio e lasciando visibile per intero il volume dell’auditorium che, dal portale, si mostra maestoso nella sua purezza e massività, scandito da grandi blocchi in tufo tagliati che acquistano ritmo verticalmente grazie a stretti fori che costituiscono gli affacci dei ballatoi. Il grande volume tufaceo sembra quasi degradarsi man mano che entra nel paesaggio e scende ad una quota di dieci metri rispetto al livello del basamento superiore. Orizzontalmente viene segnato da una rampa che percorre
l’intero perimetro dell’auditorium facilitando l’accessibilità degli spazi interni ed esterni ai diversamente abili ed agli anziani che potranno così raggiungere le varie quote del progetto con un accesso diretto della casa protetta sulla promenade. Proseguendo il percorso lungo l’asse pedonale principale, notiamo come quest’ultimo tagli, tramite una galleria, il volume della biblioteca. La biblioteca svela il primo piano interrato e si mostra per la sua imponenza. Il ritmo della facciata replica il sistema di blocchi in tufo e la scansione verticale data dai fori dell’auditorium. L’ingresso principale della biblioteca è posto al livello superiore sul basamento che descrive una piccola
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CAPITOLO 5 | PROGETTO_Un luogo identitario per Contrada San Francesco
Lâ&#x20AC;&#x2122;ingresso della Biblioteca
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piazza. Il prospetto principale acquista verticalità grazie alle grandi lastre in tufo che si alternano alle vetrate e lasciano libero il volume centrale in cui ritroviamo una balconata al livello superiore e l’ingresso a quello inferiore. All’interno l’ingresso appare come un ampio spazio che accompagna il visitatore a percorrere un sistema di quattro ampi terrazzamenti in legno che seguono l’andamento del declivio ed accolgono le aree lettura, occupando una doppia altezza. Il piano terra ed il primo livello sono composti da un ballatoio continuo che si affaccia al grande foro centrale permettendo al visitatore di osservare tutti i livelli ed allo stesso tempo permettendo alla luce di attraversare il foro posto sul soffitto e scandito da grandi travi anch’esse in legno. Ai lati l’ambiente è racchiuso da grandi librerie in legno che si alternano ai vuoti delle finestre ed agli affacci. Il lato che si affaccia sul social housing accoglie sui tre piani i collegamenti verticali, i servizi igienici sono posti al piano interrato che ospita dal lato dell’ingresso le zone con accesso esclusivo del personale, come gli archivi, mentre dal lato che si affaccia al paesaggio ospita le sale lettura terrazzate. Dall’ultimo terrazzamento si può godere della
vista sul paesaggio attraverso l’alternanza di lame che caratterizzano il prospetto. Esternamente, il prospetto che si affaccia a valle, si presenta imponente e frammentato ed un grande vuoto a doppia altezza, di tre metri per nove, è posto in asse con la stele di San Francesco che rappresenta il pieno. La stele in tufo è racchiusa all’interno di un recinto alberato ed è l’unico segno visibile dell’antico monastero San Francesco, di cui si sono perse le tracce, e che simboleggiava l’ingresso all’antico uliveto monastico. Da valle si può godere della vista completa dei due volumi dell’auditorium e della biblioteca, questi si ergono mostrandosi per la loro purezza volumetrica e materica, quasi a voler dare un tributo all’uso del materiale tradizionale e caratteristico del territorio materano ed i suoi sistemi costruttivi: il tufo. La coniugazione di questo materiale, forte e chiaro, con queste volumetrie, segni contemporanei, è la “summa” di questo progetto di integrazione sociale, ma anche materica, di un passato che guarda verso il futuro, affermandone la propria originalità ed autenticità.
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CAPITOLO 5 | PROGETTO_Un luogo identitario per Contrada Ballatoio San Francesco della Biblioteca
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Schema delle vie di fuga
Per l’intero progetto sono stati utilizzati solo materiali naturali: il legno per le pavimentazioni dei volumi dell’auditorium e della biblioteca, per i pannelli acustici dell’auditorium, gli arredi della biblioteca e per le orditure orizzontali dei solai con travi di altezza variabile; la pietra calcarea trasformata in blocchi in tufo (25x25x50 centimetri) utilizzati per le strutture in muratura portante con una tessitura a quattro teste e per le grandi lastre usate nei rivestimenti delle facciate esterne di entrambi i volumi con un’altezza fissa (2,80 metri per l’auditorium e 4,40 metri per la biblioteca) ed una larghezza variabile dal metro ai tre metri; pietra calcarea levigata o bocciardata in lastre (60x40 centimetri) per le pavimentazioni esterne. L’uso del cemento armato è stato ridotto alle travi rovescie di fondazione come disposto dalle Norme Tecniche di Costruzione del 2008 riguardanti le strutture in muratura portante. Le cubature previste sono in linea con le disposizioni indicate da Programma
Biblioteca quota +4.50 m
Integrato “Housing città dei Sassi”, inglobando nell’area adibita per il centro di quartiere le cubature previste per l’auditorium destinato, da piano, in un’altra zona a destinazione alberghiera, rendendolo in questo modo un edificio più al servizio della collettività piuttosto che ad uso esclusivo della struttura ricettiva. Sono state considerate le vigenti normative in materia di sicurezza D.M. 3/11/2004 aggiornate al 2011 e per la biblioteca è stato visionato il D.P.R. 05/07/1995 considerando un numero massimo di 150 visitatori. Le normative di riferimento in merito all’accessibilità (D.M. 13/1989), ed alla sicurezza dei luoghi pubblici (D.M. 10/3/1998 aggiornata al 2008) sono state integrate con un approccio sistematico ed una metodologia di tipo “prestazionale”, con l’unico obiettivo di rendere questi nuovi quartieri il simbolo di un’architettura pubblica pensata con i criteri delll’”Inclusive Design”, per tutti e con tutti.
Biblioteca quota 0 ( s.l.m. 322 m )
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Schema delle vie di fuga
Schema delle vie di fuga
Biblioteca quota -4.35 m
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Schema delle vie di fuga
Il progetto della biblioteca e dell’audtorium sono un’interpretazione delle tecniche costruttive tradizionali, la ricerca è stata focalizzata sulla sperimentazione di caratteri architettonici che enfatizzassero l’applicazione della calacarenite cercando di coniugare un metodo costruttivo classico del territorio materano con un linguaggio compositivo moderno. Il prinicipio costruttivo che accomuna i due volumi monolitici del progetto è costituito da grandi apparecchiature murarie dello spessore che arriva anche al metro e l’utilizzo di strutture in legno lamellare che danno una risposta al problema delle grandi luci tipiche di questi edifici pubblici. Nel solaio di base è presente un vespaio a igloo che consente di non avere un diretto contatto con il terreno prevenendo così, grazie ad un sistema di aerazione si evitano condense oltre a garantire una circolazione d’aria che permette l’evaporazione in caso di terreno umido. Il sistema di aerazione prevede la posa in opera di bocchette poste a quote differenti. Le bocchette passanti
Auditorium quota -4.35 m
nei muri a sud fanno si che, grazie ad un maggiore irraggiamento del sole, l’aria presente in esse, essendo più calda tende a salire, creando così l’effetto camino che permette una corretta circolazione dell’aria al livello degli igloo. Uno strato di isolante rigido in XPS dello spessore di 12 cm posto al di sopra della soletta isola ulteriormente la struttura dal terreno per evitare perdite di calore. Al di sopra di esso, il massetto ingloba in sé un sistema di riscaldamento radiante in pannelli presagomati che consentono di avere una diffusione omogenea del calore all’interno degli ambienti. La pavimentazione è realizzata in Pietra calcarea levigata, la scelta di questo materiale che come tonalità si avvicina molto al tufo, svolge sia una funzione carattere architettonico, poiché consente di avere la percezione di essere all’interno di un grande monolite in tufo, che tecnico, in quanto ambienti pubblici come auditorium e biblioteca richiedono l’applicazione di materiali che siano resistenti nel tempo. La pavimentazione composta da lastre
Auditorium quota -7.60 m
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Schema delle vie di fuga
Schema delle vie di fuga
Auditorium quota -10.60 m
200
di dimensioni variabili arrivano ad avere una dimensione massima di 60x30 cm consentendo di scandire dei ritmi e dei tracciati negli ambienti. La struttura di fondazione in travi rovesce in CLS armato, obbligatorie per le strutture in muratura portante secondo le disposizione delle NTC 2008, fanno da base alle murature portanti in blocchi di tufo di dimensioni 25x25x50 cm con una tessitura a quattro teste che grazie all’elevato spessore (1 metro) elimina il problema della snellezza delle strutture in elevazione, in quanto il volume della biblioteca si eleva per un’altezza massima di 15 metri. La grande massa muraria e l’elevata inerzia termica hanno consentito di eliminare l’utilizzo di sistemi di isolamento termico a cappotto rientrando nei limiti previsti dal DM 26/6/2015 il quale prevede la verifica del parametro di trasmittanza termica periodica (Yie) obbligatoria per edifici nuovi, demolizioni e ricostruzioni e ristrutturazioni con valori inferiori a 0,10 W/ m2K, lo spessore di 100 cm delle murature in tufo danno come risultato Yie=0.04 W/
m2K. Le pareti in tufo, vengono lasciate a faccia vista all’interno della biblioteca mentre all’interno dell’auditorium sono rivestite con pannelli di legno multistrato impiallacciato in ciliegio che consentono una migliore propagazione del suono, mentre l’esterno è rivestito con grandi lastre in tufo non lavorato di spessore 15 cm, opportunamente ancorate tramite supporti in acciaio. Le lastre vengono ancorate tra loro ed eliminando le giunture dopo l’ancoraggio arrivano ad avere un effetto finale che danno la percezione di imponenti monoliti sovrapposti i quali vengono scanditi verticalmente da aperture vetrate e rientranze che tramite giochi di ombre accentuano i volumi che compongono queste facciate. Le chiusure trasparenti, sono costituite da strette ed alte vetrate, con intelaiatura in legno, hanno moduli variabili che vanno dai 60 ai 180 cm di larghezza con un’altezza costante di 3,5 metri. Il solaio di copertura, anch’esso in legno, presenta caratteristiche differenti a seconda
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Schema funzionale
Quota +4.50 m
Schema funzionale
Quota 0 ( s.l.m. 322 m )
Schema funzionale
Quota -4.35 m
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della funzione. Mentre nella biblioteca è presente un grande lucernario che illumina la zona lettura e i ballatoi dall’alto, nell’auditorium il solaio è elemento di supporto per i pannelli acustici . Le travi lamellari in legno, posate al di sopra della muratura, sono ancorate ad un cordolo in legno tramite piastre in acciaio i cui tirafondi connettono le piastre, il cordolo e la muratura stessa, creando un sistema scatolare rigido. Il cordolo in legno, che viene lasciato a vista all’interno, ha la funzione di irrigidire la struttura, di ripartire i carichi della copertura in modo omogeneo sulla muratura portante e di fare da supporto per l’ancoraggio delle travi in legno lamellare. Le travi lamellari grazie alla struttura a fibre incrociate, danno la possibilità di progettare con luci notevoli. Nella biblioteca le travi lamellari di dimensione 100x25 cm permettono di coprire una luce di 12 m sono poste con un interasse di 2 metri, dando una scansione in trasversale a tutto il volume dell’edificio. Nell’auditorium, per la luce principale di 13 metri sono state utilizzate travi di 120x25 cm, leggermente più spesse
in quanto ad esse sostengono oltre alla copertura anche l’impianto dei pannelli acustici. Al di sopra delle travi sono fissati dei pannelli in XLAM a fibre incrociate dello spessore di 12 cm che svolgono la funzione di solaio e permettono il getto del massetto in CLS alleggerito con una pendenza dell’1,5% per il deflusso delle acque meteoriche. L’isolamento è garantito da un pannello in XPS dello spessore di 12 cm, al di sopra del quale è stato posto uno strato di ghiaetto dello spessore di 15 centimetri opportunamente reso impermeabile tramite uno strato di impermeabilizzazione a base cementizia.
Schema funzionale
Quota -7.60 m
Schema funzionale
Quota -10.60 m
Schema funzionale biblioteca
Schema funzionale auditorium
Collegamenti verticali
Archivio
Collegamenti verticali
Reception
Servizi igienici
Biglietteria - guardaroba
Ingresso
Ingresso
Zona lettura
Camerini
Servizi igienici
Sezione longitudinale, biblioteca 0
GSPublisherVersion 0.2.100.100
2
5
10m
Sezione trasversale, auditorium 0
GSPublisherVersion 0.2.100.100
2
5
10m
Sezione trasversale, auditorium 0
GSPublisherVersion 0.2.100.100
1
2
5m
Dettaglio tecnologico della Biblioteca 0
0.5
1
2.5m
1 - RIEMPIMENTO CON MATERIALE ARIDO PROVENIENTE DAGLI SCAVI COMPOSTO DA CALCARENITE , OPPORTUNAMENTE PISTONATO E COMPATTATO MECCANICAMENTE
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2 - STRATO DI SEPARAZIONE GEOTESSILE TESSUTO NON TESSUTO TERMOSALDATO A FILO CONTINUO IN FIBRA DI POLIPROPILENE TIPO “TYPAR SF” DELL’AZIENDA “SEIC”_sp: 5mm
20 - IMPIANTO DI RISCALDAMENTO RADIANTE IN PANNELLI PRESAGOMATI, FINITURA MASSETTO IN CLS ALLEGGERITO_sp: 7 cm 21 - COLLANTE PER LINOLEUM_MAPEI Ultrabond Eco 520_ sp: 10 mm 22 PAVIMENTAZIONE IN MARMOLEUM Solid_ sp: 15 mm
LINOLEUM_TIPO
13 - PANNELLO ISOLANTE IN EPS TIPO “WEBER THERM XW300” λ=0,035W/mK sp: 80 mm
23 - INTONACO A BASE DI CALCE E SABBIA FINE_ sp: 15 mm
14 - SOTTOFONDO IN CALCESTRUZZO NON STRUTTURALE Rck15, DIMENSIONE max INERTI 32 mm
24 - TIRAFONDI DI ANCORAGGIO IN ACCIAIO PER PIASTRE DELLE TRAVI IN LEGNO
15 - VESPAIO AERATO COMPOSTO DA ELEMENTI IN POLIPROPILENE RIGENERATO AD ALTA RESISTENZA TIPO IGLU’, CON PEZZI SPECIALI FERMAGETTO, PROLUNGHE IN PROSSIMITA’ DEL PERIMETRO_ h: 20 cm
25 - CORDOLO IN LEGNO DI IRRIGIDIMENTO E RIPARTIZIONE CARICHI, SUPPORTO PER ANCORAGGIO TRAVI LAMELLARI_ dim: 30x45 cm
16 - SOLETTA IN CALCESTRUZZO DUREVOLE PRECONFEZIONATO C25/30 - RAPPORTO A/C max 0,60 - ARMATO CON RETE ELETTROSALDATA Ø6 - MAGLIA cm 20x20_sp: 5 cm 17 - PANNELLO ISOLANTE IN POLISTIRENE ESPANSO ESTRUSO (XPS)_KNAUF POLYFOAM λ max=0,038 W/mK, RESISTENZA min A COMPRESSIONE CON SCHIACCIAMENTO DEL 10% - 250 Kpa_sp: 120 mm 18 - BARRIERA AL VAPORE IN POLIETILENE sp. 0,2 mm, DENSITA’ 940 Kg/mc, RESISTENZA ALLA TEMPERATURA -20/+80 °C, RESISTENZA A TRAZIONE MINIMA LONG. E TRASV. 160 +/- 30 N/50mm 19 - MASSETTO DI SOTTOFONDO A PAVIMENTO PER IMPIANTI CON FINITURA A FRATAZZO FINO_IMPASTO IN CEMENTO TIPO 325 E SABBIA DI FIUME_sp: 5cm
26 - PIASTRA IN ACCIAIO PER ANCORAGGIO TRAVI IN LEGNO, CON TIRAFONDI PASSANTI NEL CORDOLO IN LEGNO E MURATURA PORTANTE IN TUFO 27 - TRAVE PRINCIPALE IN LEGNO LAMELLARE 28 - PANNELLO STRUTTURALE IN LEGNO A FIBRE INCROCIATE X-LAM_ sp:12 cm 29 - MASSETTO DI SOTTOFONDO A PAVIMENTO CON FINITURA A FRATAZZO FINO_IMPASTO IN CEMENTO TIPO 325 E SABBIA DI FIUME_PENDENZA 1,5%_sp min: 8 cm 30 - MEMBRANA DI IMPERMEABILIZZAZIONE ANTIRADICE HarpoPlan ZD UV_sp: 5 mm 37 - GHIAIETTO DRENANTE CALPESTABILE CONTENUTO CON TELO FILTRANTE _sp:15 cm 38 - PROFILO ANGOLARE IN ABS PER RISVOLTO
CAPITOLO 5 | PROGETTO_Un luogo identitario per Contrada San Francesco
39 GUAINA IMPERMEABILE LIQUIDA BICOMPONTENTE A BASE CEMENTIZIA CON RETE DI SUPPORTO IN FIBRA DI VETRO 40 - TIRAFONDI IN BARRE D’ACCIAIO PER ANCORAGGIO DEL CORDOLO DI COPERTURA 41 - CORDOLO IN LASTRE DI TUFO, SEGMENTATO CON ROMPIGOCCIA_ PENDENZA 1,5%_sp. esterno: 12 cm 42 - MALTA DI ALETTAMENTO E FUGATURA PER PAVIMENTI ESTERNI IN PIETRA_sp: 3 cm 43 - PAVIMENTAZIONE IN PIETRA CALCAREA_sp:3 cm 44 - CANALETTA DI SCOLO IN PIETRA CALCAREA 45 - SUPPORTO IN ACCIAIO PER FISSAGGIO DEL RIVESTIMENTO IN TUFO 46 - RIVESTIMENTO IN LASTRE DI TUFO GREZZO DI DIMENSIONE VARIABILE_sp 15 cm 47 - SISTEMA DI FISSAGGIO DEL PARAPETTO IN VETRO CON VITI AUTOFILETTANTI PER TRAVI LAMELLARI 48 - PARAPETTO IN VETRO_h:100cm 49 - PANNELLO ISOLANTE IN POLISTIRENE ESPANSO ESTRUSO (XPS)_KNAUF POLYFOAM λ max=0,038 W/mK, RESISTENZA min A COMPRESSIONE CON SCHIACCIAMENTO DEL 10% - 250 Kpa_sp: 50 mm 50- ASSE IN LEGNO DI ABETE PER FISSAGGIO INFISSO_dim: 90x230mm 51 - SOGLIAIN PIETRACALCAREAOPPORTUNAMENTE IMPERMEABILIZZATA CON MALTA CEMENTIZIA
BICOMPONENTE ELASTICA POSTA IN OPERA CON RETE IN FIBRA DI VETRO 52 - INFISSO IN PVC A TAGLIO TERMICO CON VETROCAMERA 53 - MURATURA PORTANTE A 4 TESTE IN BLOCCHI DI TUFO di dim:25X25X50 cm_sp. muratura: 100 cm
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STRATI DI IMPERMEABILIZZAZIONE
Conclusioni
L’approccio utilizzato, nella seguente tesi, consiste nel creare un rapporto con l’insediamento, seguendone i tracciati, avanzando un’ipotesi di ricucitura con il contesto paesaggistico ed urbano. Quel luogo accoglie la volontà di divenire sede dell’identità in un quartiere che, allo stato attuale, è parte di una periferia straniante e disomogenea. E’ stato dunque creato un progetto che sia aggregativo ed identitario, recuperando gli antichi tratti che caratterizzano la città di Matera, l’ipogeo, i metodi costruttivi, l’uso dei terrazzamenti, riproponendo il concetto di materiale dalla materia in quanto si è operato su di un declivio calcareo. Ai concetti di scavo e di bordo, determinato dalle caratteristiche territoriali dell’area di progetto, è stato inserito l’elemento del basamento che unisce gli altri in un unico corpo, riprendendo l’archetipo di podio dal mondo antico e classico che hanno caratterizzato il mediterraneo. La scelta delle funzioni è stata dettata dalle esigenze della periferia
sud, attualmente in stato di abbandono, e dalle disposizioni del Programma Integrato “Housing Sociale città dei Sassi”. Si è tenuto conto quindi, non solo degli attuali abitanti della periferia, ma anche di coloro che occuperanno le costruzioni future, in particolare l’housing sociale, per lo più giovani famiglie, e la casa protetta, destinata ad anziani e diversamente abili. Queste considerazioni sono state riportate nel progetto, volto a favorire la fruizione di tutti gli spazi abbattendo le barriere architettoniche e alla creazione di luoghi che favoriscano l’interazione tra le diverse condizioni umane. Sono stati inseriti, infatti, servizi in grado di soddisfare le necessità primarie ,attraverso la progettazione di una piazza e di una scuola materna, e funzioni di carattere culturale, capaci di relazionarsi alla città ad una scala più ampia, con la progettazione dell’auditorium e della biblioteca.
Bibliografia
“Codice di pratica, per la sicurezza e la conservazione dei Sassi di Matera” di A.Giuffrè C.Carocci_Edizioni La Bautta_Matera 1997 “La città scavata, paesaggio di patrimoni tra tradizione e innovazione” di A.Conte a cura di M.O.Panza e M.B.Pisciotta_Gangemi Editore_Matera 2014 “Il rovescio della città e l’architettura dello spazio” in “I futuri della città” di G.Demetteis_Angeli_Milano 1999 “Architetture senza architetti” di J.May_Rizzoli_Milano 2010 “Matera, i Sassi, Manuale del recupero” di A.Restucci_Electa_Milano 1998 “Architecture without architects” di B.Rudofsky_Double&Company_USA 1987 “Le città sotterranee della Cappadocia” della società speleologica italiana_Erga Edizioni_Bologna 1995 “Giardini di pietra, i Sassi di Matera e la civiltà Mediterranea” di P.Laureano_Bollati Boringhieri_Torino 1992 “La città scavata, paesaggio di patrimoni tra tradizione e innovazione” di A.Conte a cura di M.O.Panza e M.B.Pisciotta_Gangemi Editore_Matera 2014 “Matera, storia di una città” di L.Rota M.Tommaselli F. Conese_Editrice BMG Matera_Matera 2011 “Matera 55, radiografia di una città del sud tra antico e moderno” di R.Musatti F.Friedmann G.Isnardi F.Nitti T.Tentori_Edizioni Giannatelli_Matera 1996 “Muovere la terra, le discrete tracce dell’architettura ipogea” di B.Coppetti_Maggioli Editore_Milano 2009 “Teoria del progetto ipogeo” di R.Dell’Osso_Maggioli Editore_Milano 2013 “Hot and Cold” di Bjarke Ingels Group_Taschen_Spain 2015 “Il mito Mediterraneo nell’architettura contemporanea” di B.Gravagnuolo_Electa_ Napoli 1994 “Costruire l’architettura, tecniche e tecnologie per il progetto” di E.Dassoi R.Morbiducci_Tecniche Nuove_Milano 2010 “La piramide rovesciata” di P.Laureano_Bollati Boringheri_Torino 2011 “Storia dell’architettura moderna” di K.Frampton_Zanichelli_Milano 2010 “Intervista sull’identità” di Z.Baumann_Laterza_Bari 2003 “Ritorno alla città laboratorio” di P.Doria_Antezza_Matera 2010 “Matera City Monitor” di R.Tosto_datacontact_Matera 2008 “Atlante delle murature” di Belz Gosele Hoffman Jenish Pohe_UTET_Torino 2003 “Atlante del legno” di Natterer Herzog Volz_UTET_Torino 1998 “Il paesaggio nel progetto urbanistico” di E.Palazzo in “Esempi di Architettura”_Università degli Studi di Firenze Facoltà di Architettura Saggio “Abitare il Mediterraneo, il difficile equilibrio tra utilità e bellezza” di P.Montini Rivista “Paesaggi dell’architettura mediterranea” 8/2003 Rivista Casabella n.799 “gli spazi ipogei” 2012 Rivista P+C n.5 “per via di levare: scavare il sottosuolo e sottrarre in architettura” 2014 Rivista Area n.145 “Underworld” 2016 Rivista Arketipo n.70 “Antinori Winery” 2013
Ringraziamenti
Ringraziamo innanzitutto i prof.Arch. Antonio Conte e Giuseppe Rociola, nostri relatori, per la loro dedizione e passione mostrata per il nostro lavoro; i correlatori prof.ssa Arch. Antonella Guida ed il prof. Ing. Antonello Pagliuca per la disponibilità, la professionalità e la pazienza con cui ci hanno seguito. Un ringraziamento all’Ing. Daniele Tagliente per aver messo a disposizione le sue competenze e per averci fornito la documentazione necessaria per la nostra ricerca. Grazie agli ingegneri Francesco Schiuma e Pierfrancesco Pellecchia che, sin da subito, si sono resi disponibili e ci hanno accolto come se facessimo parte da sempre della loro piccola “famiglia”. L’arch. Alessandro Tortorelli per la grinta che ci trasmette e per l’interesse avuto per il nostro percorso di studi. Ringraziamo l’arch. Eustachio Vincenzo Olivieri per dedicare il suo tempo nel trasmetterci la sua passione verso l’architettura.
Un ringraziamento particolare all’arch.Luigi Felicetti per esser stato il primo a credere nelle nostre capacità e per la sua infinita simpatia. Un ringraziamento speciale agli ing. Francesco D’ambrosio e Stefania Larato e all’ arch. Marica Paolicelli per averci sostenuto durante i momenti difficili, con la giusta dose di ironia e le infinite cialde di caffè. Vorremmo infine ringraziare i nostri colleghi di corso che hanno condiviso con noi questo splendido percorso. Grazie a chi c’è stato davvero, nei momenti spensierati ma soprattutto in quelli difficili. A noi, per la forza dimostrata, i sacrifici e l’impegno impiegato per raggiungere il nostro primo traguardo con passione. “May the force be with us!”
Laureandi: Laide Aliani 39566 Stefano Sileo 39502
Relatori:
prof. Arch. Antonio Conte prof. Arch. Giuseppe Rociola
Correlatori: prof.ssa Arch. Antonella Guida prof. Ing. Antonello Pagliuca