ARCHITETTURE PER I PAESI IN VIA DI SVILUPPO | STEM
Tesi di laurea magistrale in Architettura
| STEM |
Università Mediterranea di Reggio Calabria
Dipartimento Arte e Territorio
STEM IV edizione atelier di tesi
ARCHITETTURE PER I PAESI IN VIA DI SVILUPPO_2020 tema
ESPERIMENTI DI SOCIAL HOUSING. nuovi modelli dell’abitare sostenibile
candidato
STEFANO VITALE
relatori
ALBERTO DE CAPUA; ALESSANDRO VILLARI; SEBASTIANO NUCIFORA
tesi di laurea magistrale in (LM-4 c.u.) 2020/2021
partners
“ L’architettura deve essere concepita con le persone, essere materializzata, nella misura del possibile, per le persone. Il termine per le persone è palese. Questo non significa che l’architetto non ha alcun ruolo nel processo: può apportare idee, tecniche, e nuove qualità estetiche, che dovranno essere rese valide dalle persone, con le persone, e per le persone. Di fatto gli architetti sono persone, appartengono alle persone.” - Yona Friedman
A Ludovica, senza la quale tutto questo non sarebbe stato possibile.
.01
INDEX
pag. 13
What they are? Why do they exist? Where are they located? Global statistics
pag. 15 pag. 17 pag. 18 pag. 22
.02
ABSTRACT GLI INSEDIAMENTI INFORMALI
NYANDIWA ANATOMY
pag. 27
Context analysis Architecture without architects Typological abacus Constructive system Study model
pag. 30 pag. 38 pag. 40 pag. 48 pag. 52
.03
pag. 56
Vivienda popular Quinta Monroy Incremental house India Gando Teacher's housing 120 ISH for Iquitos
pag. 58 pag. 60 pag. 62 pag. 64 pag. 66
.04
CO-LIVING PHENOMENA
RESETTLEMENT THE STEM PROCESS Stem cell - basic unit Stem cell - constructive system Stem tissue - aggregation modes
pag. 70 pag. 88 pag. 96 pag. 109
chapter
1
.01 ABSTRACT
C
os’è l’architettura se non un primario, inviolabile ed ineccepibile diritto di ogni essere umano? Quello di godere del beneficio di un riparo, un posto sicuro dove stare, un luogo da chiamare casa? Dal 1960 l’Africa registra tassi di incremento demografico tra i più alti al mondo. Si prevede che nell’arco dei prossimi 30 anni il 55% degli africani vivrà in insediamenti urbanizzati (12% in più rispetto agli anni 2000) e più del 90% di questi saranno informali. Mentre i luoghi, gli standard costruttivi, la densità demografica e altri aspetti degli insediamenti informali variano a seconda della posizione nel globo, molti insediamenti informali sono caratterizzati dalle medesime criticità: gravi problemi ambientali di diversi tipi, ambienti sanitari poveri, una posizione pericolosa, mancanza di servizi di base. Da ciò si deduce che i problemi di carattere ambientale e sociale riflettono la qualità e le aspettative di vita degli abitanti. Negli ultimi decenni sono stati intrapresi vari sforzi per affrontare gli insediamenti informali, che vanno da programmi di sfratto e demolizione repressivi, a progetti di riqualificazione degli slum più progressisti e partecipativi. Alcuni sforzi sono stati motivati da preoccupazioni ambientali, in particolare da discorsi sulla salute complessiva territoriale. In effetti, i racconti riguardanti la salute e l’igiene ambientale hanno avuto un ruolo preminente nella storia degli insediamenti informali sin dall’epoca coloniale. Ed è proprio in questo secolo che, se da una parte il progresso tecnologico e con esso quello architettonico sembra fare enormi passi avanti, esiste anche una realtà diametralmente opposta dove più di un miliardo di persone vive in condizioni di vita pessime. Un quarto della popolazione mondiale abita insediamenti informali o accampamenti di fortuna, in condizioni di gran lunga al di sotto di qualsiasi standard qualitativo noto al mondo occidentale. Immaginiamo di vivere dentro le nostre case senza acqua corrente e senza bagni, in ambienti insalubri e maleodoranti, e con la costante paura di essere sfrattati. Ma fare architettura in determinati contesti è una questione sottile, delicata, quasi chirurgica. Quando ci si scontra con condizioni climatiche avverse, risorse economiche, umane e materiche carenti e modelli sociali distanti anni luce dal mondo capitalistico, garantire un’architettura qualitativamente dignitosa è la più grande sfida. Gli obiettivi di questa tesi sono di ricercare e analizzare le ragioni profonde che portano ad una criticità così complessa e sviluppare una strategia su misura che possa risolverla in maniera efficace. Una strategia, un metodo, una buona pratica trasmissibile, tramandabile, virale. Fatta dall’uomo, per l’uomo, attraverso l’uomo.
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ABSTRACT
What is architecture if not a primary, inviolable and irreproachable right of every human being? The right to enjoy the benefit of a shelter, a safe place to stay, a place to call home? Since 1960, Africa has had some of the highest population growth rates in the world. over the next 30 years, 55% of Africans are expected to live in urbanized settlements (12% more than in the 2000s) and more than 90% of these will be informal. While locations, building standards, population density and other aspects of informal settlements vary according to location around the globe, many informal settlements are characterized by the same critical issues. Serious environmental problems of different kinds, poor health environments, a dangerous location, lack of basic services. all of which means that environmental and social problems reflect the quality and life expectancy of the inhabitants. In recent decades, various efforts have been made to address informal settlements, ranging from repressive eviction and demolition programs to more progressive and participatory slum upgrading projects. Some of these efforts have been motivated by environmental concerns, particularly speech about overall territorial health. Indeed, environmental health and sanitation stories have played a prominent role in the history of informal settlements since colonial times. And it is precisely in this century that, if on the one hand technological progress and with it the architectural one seems to be making giant strides, there is also a diametrically opposed reality where more than a billion people live in very poor living conditions. A quarter of the world’s population lives in informal settlements or makeshift camps, in conditions far below any quality standard known to the Western world. Imagine living without running water, without toilets inside your homes, in unhealthy and smelly environments, and with the constant fear of being evicted from your home. But doing architecture in certain contexts is a subtle, delicate, almost surgical matter. When confronted with adverse climatic conditions, economic, human and material resources, shortages and social models light-years away from the capitalist world, ensuring a qualitatively dignified architecture is the greatest challenge. The objectives of this thesis are to research and analyze the profound reasons that lead to such a complex criticality and develop a tailor-made strategy that can solve it effectively. A strategy, a method, a good practice, transmissible, passable, viral. Made by man, for man, through man.
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GLI INSEDIAMENTI INFORMALI WHAT ARE THEY?
Discorso all'umanità - Il Grande Dittatore - Charlie Chaplin
“[]...Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti. La natura è ricca. E’ sufficiente per tutti noi. Voi avete l’amore dell’umanità nel cuore. Voi avete il potere di rendere questa vita libera e magnifica, di trasformarla in un’avventura meravigliosa. Combattiamo per un mondo nuovo, un mondo giusto, che dia a tutti un lavoro. Ai giovani un futuro e agli anziani la sicurezza. Combattiamo per liberare il mondo, eliminando confini e barriere, eliminando l’avidità, l’odio e l’intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole, un mondo in cui la scienza e il progresso, diano a tutti gli uomini il benessere...[]"
L’edilizia abitativa informale o l’insediamento informale può includere qualsiasi forma di alloggio, rifugio o insediamento (o la sua mancanza) che sia illegale, che esuli dal controllo o dalla regolamentazione governativa o che non sia tutelata dallo Stato. In quanto legato a quest’ultimi, anche il processo edilizio viene definito informale. Avere uno status abitativo informale significa essere parte di un meccanismo di deregolamentazione, uno stato in cui la proprietà, l’uso e lo scopo del terreno non possono essere fissati e mappati in base a qualsiasi serie di norme prescritte dalla legge, sebbene non esista una legge globale unificata sulla proprietà immobiliare. Tipicamente, l’occupante informale o la comunità non avrà la sicurezza della proprietà e, con questo, un accesso immediato e affidabile ai servizi civili (acqua potabile, fornitura di elettricità e gas, creazione e manutenzione delle strade, servizi di emergenza, servizi igienici e raccolta dei rifiuti). A causa della natura informale dell’occupazione, lo Stato non sarà in grado, in genere, di estrarre le imposte sull’affitto o sul terreno. gli insediamenti informali possono essere suddivisi in: 1) SQUATTER SETTLEMENT Uno squatter settlement può essere definito come un’area residenziale che si è sviluppata senza regolamentazioni legali sul terreno e/o permessi di costruire da parte delle autorità interessate; a causa del loro status illegale o semilegale, le infrastrutture e i servizi sono di solito inadeguati. 2) IRREGULAR SUBDIVISION Una irregular subdivision è un’abitazione o un insieme di abitazioni dove il proprietario legale suddivide il terreno in lotti non standard e lo vende o lo affitta senza garantire standard qualitativi appropriati.
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3) SLUM La parola slum descrive tradizionalmente delle aree che nel tempo hanno registrato un tasso di incremento demografico sproporzionato contestualmente ad una perdita qualitativa degli standard abitativi. Si può affermare che l’esistenza di una soltanto di queste categorie abitative appena descritte, dà luogo ad un insediamento infomale, anche se spesso si ha una coesistenza di più categorie nello stesso luogo. Medelin, Colombia
Lagos, Nigeria Mumbai, India fonte foto: unsplash.com
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GLI INSEDIAMENTI INFORMALI WHY DO THEY EXIST?
Housing the poor in asian cities - Approaches to help the urban poor find adequate accomodation
La struttura sociale delle città del nostro secolo vuole, logicamente, che l’essere umano si insedi e viva vicino al proprio luogo di lavoro, cosicchè vengano ridotte al minimo le risorse economiche ed umane impiegate a raggiungere il luogo del proprio impiego. Quando, come spesso accade, si ha una grossa concentrazione di poli industriali e/o commerciali nello stesso luogo, si sviluppa una grande città con tutti i servizi e gli insediamenti abitativi che orbitano attorno ad essa. Questa attitudine sociale, legata a tutta una serie di fattori che regolano la società contemporanea ed il nostro modo di vivere, è comune in qualsiasi popolo di qualsiasi etnia. E’ per questo che se spostiamo lo stesso ragionamento su paesi cosiddetti "in via di sviluppo", caratterizzati da modelli socio-economici con particolari criticità, otterremo un agglomerato urbano cosiddetto "informale". “Le baraccopoli e gli insediamenti abusivi esistono perché la gran parte della popolazione, costituita da una classe sociale estremamente povera, non può permettersi le case o addirittura i terreni più economici forniti dai mercati immobiliari locali. Molti devono anche affrontare enormi barriere nell’accesso alle abitazioni e alla terra a causa dei tempi della burocrazia e di altre difficoltà. Ci sono baraccopoli di diversi tipi nella maggior parte delle città e dei paesi di tutto il mondo. In molte città asiatiche, come Mumbai, Manila e Karachi, gli slum ospitano oltre il 50% della popolazione totale. In alcuni luoghi, i sistemi di distribuzione e di acquisto della terra e delle abitazioni sono regolamentati da sistemi di proprietà fondiaria tradizionali o stranieri, che avallano le leggi di mercato, eppure anche in questi luoghi troviamo insediamenti informali. Sempre più spesso i mercati immobiliari e dei terreni urbani sono sottoposti a un’enorme concorrenza economica, e questo fa lievitare il costo di tutte le abitazioni, cosicché anche lo standard più carente di edilizia abitativa formale è inaccessibile a questa classe sociale. Costrette a uscire dal mercato, le famiglie a bassissimo reddito hanno una sola opzione: costruire, acquistare o affittare abitazioni di dimensioni relativamente piccole, qualitativamente scadenti, con materiali recuperati, su terreni insalubri e con una scarsa fornitura di servizi minimi.”
http://web.mit_eduturbanupgrading-
“Le baraccopoli sono il prodotto di politiche fallimentari, cattiva governance, corruzione, regolamentazione edilizia inadeguata, mercati fondiari disfunzionali, sistemi finanziari insensibili e una fondamentale mancanza di volontà politica. Ognuno di questi fallimenti si aggiunge al tributo che grava su persone già profondamente oppresse dalla povertà e limita l’enorme potenziale di sviluppo umano che la vita urbana offre”.
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GLI INSEDIAMENTI INFORMALI WHERE ARE THEY LOCATED?
“5,7 milioni di persone, oggi, vivono nelle baraccopoli più grandi al mondo, e questa è solo una goccia nell’oceano.” Si stima che ad oggi gli abitanti degli slum sono circa 900 milioni. Ma la maggior parte degli esperti concorda sul fatto che, includendo diversi tipi di insediamenti informali, il numero sale a 1,6 miliardi - che rappresenta 1/4 della popolazione urbana mondiale. Si stima che entro il 2030, 1 persona su 4 del pianeta vivrà in uno slum o in un altro insediamento informale. Di seguito sono riportate le 8 città con la più alta concentrazione di insediamenti informali al mondo.
1. Manshiyat Nasser, Il Cairo Popolazione: 262.000
Soprannominata “Città dell’immondizia”, questa baraccopoli ai piedi delle colline del Mokattam, nel sud-est del Cairo, ospita prevalentemente cristiani copti che lavorano come Zabbaleen, o spazzini. Manshiyat Nasser è un alveare di riciclaggio vitale per il funzionamento della capitale egiziana, eppure la maggior parte delle case non ha fognature, elettricità o acqua corrente. La mossa di macellare tutti i maiali egiziani a seguito di un’epidemia di influenza suina nel 2009 ha colpito in modo particolarmente duro i residenti di Manshiyat, dato che usano i maiali per consumare rifiuti organici e guadagnare soldi extra vendendo la carne. Un notevole murale incombe sulle strade di Manshiyat, dipinto a pezzi su decine di edifici nel 2016.
2. Città-Soleil, Port au Prince, Haiti
Popolazione: 300,000
A Cite-Soleil, le bande criminali sono più forti della polizia. Le strutture sanitarie e di istruzione sono scarse e al di sotto degli standard. Fino al 2017 il distretto è stato messo sotto sequestro dal resto della capitale haitiana dai soldati armati della MINUSTAH, la Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti, dispiegata per strappare la baraccopoli dal controllo delle bande criminali.
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Habitat for Humanity - Great Britain
3. Khayelitsha, Città del Capo, Sudafrica popolazione: da 400.000 a 1,2 milioni
L’ultimo censimento ha portato la popolazione di questo mare di baracche di legno e ferro vacillante a 400.000 persone nel 2011, ma gli attivisti stimano che il numero reale dei residenti potrebbe essere tre volte superiore. È stato creato negli anni Ottanta come ghetto per i lavoratori neri emigrati a Città del Capo in cerca di lavoro durante l’era dell’apartheid, anche se è cresciuto rapidamente dopo l’abolizione del sistema oppressivo nel 1994. Alcuni residenti devono fare la fila per ore alle pompe dell’acqua comuni per riempire un secchio o due utili al fabbisogno idrico dell’intera giornata. Migliaia di case non sono dotate di servizi igienici, la disoccupazione si aggira intorno al 70% e la polizia locale dice di dover gestire quattro omicidi ogni settimana a causa di bande criminali e altre violenze.
4. Tondo, Manila, Filippine popolazione: 600,000
Costruito su una discarica alla periferia della metropolitana di Manila, Tondo ha una densità di popolazione di 80.000 persone per chilometro quadrato. L’acqua sporca e altri problemi igienici fanno sì che le malattie siano dilaganti. La raccolta differenziata dei rifiuti per gli articoli che possono essere venduti o riciclati è l’unica fonte di reddito per molti residenti che sono fortunati se guadagnano 2,50 dollari al giorno. In una zona della baraccopoli, nota come “Paese dei balocchi”, i residenti si guadagnano da vivere raccogliendo gli avanzi di pollo dalla spazzatura e bollendoli per preparare un piatto chiamato “pagpag” da vendere ad altri poveri abitanti della baraccopoli.
5. Dharavi, Mumbai
popolazione: 1 milione
Romanticizzata nel film premio Oscar “Slumdog Millionaire”, Dharavi è un labirinto tentacolare di stradine strette, baracche interconnesse e spazi abitativi a una stanza che fungono anche da fabbriche. I residenti lavorano come ceramisti, conciatori di pelli, tessitori e produttori di sapone in mezzo agli scarichi aperti della baraccopoli; secondo alcune stime, le vendite annuali della comunità brulicante raggiungono il miliardo di dollari.
6. Ciudad Nezahualcoyotl (Neza), Città del Messico La popolazione: 1,1 milioni
Mentre alcuni sostengono che Ciudad Nezahualcoyotl, conosciuta anche come Neza, si sia evoluta da una baraccopoli a un sobborgo, le case di mattoni e mortai sono sparse tra baracche improvvisate, e il quartiere è considerato estremamente pericoloso, anche per gli standard del Messico, flagellato dalla guerra della droga. L’azione comunitaria ha spinto il governo a formalizzare i titoli di proprietà terriera, a iniziare la raccolta dei rifiuti e a costruire altre infrastrutture chiave. Ora, circa il 70% dei residenti lavora all’interno della zona, che è il comune più densamente popolato del Messico.
19
7. Kibera, Kawangware e Mathare, Nairobi, Kenya popolazione: 1,5 milioni
Più di due terzi degli abitanti della capitale keniota vivono in tre baraccopoli affollate in appena il 6% del territorio della città. Kibera, per esempio, è una comunità ramificata di 15 villaggi interconnessi di capanne di fango e baracche di latta. Sebbene i miglioramenti delle infrastrutture come le condutture dell’acqua, le strade asfaltate e i lampioni stiano migliorando la vita a Kibera e in altre baraccopoli di Nairobi, le bande criminali, la violenza politica e le uccisioni extragiudiziali della polizia sono ancora problemi seri.
8. Orangi Town, Karachi, Pakistan
popolazione: da 1,5 milioni a 2,4 milioni
Questo gruppo di 113 insediamenti alla periferia di Karachi, sulla costa occidentale del Pakistan, si estende su circa 8.000 acri e ospita almeno 1,5 milioni di persone, anche se molte stime indicano che il totale si avvicina a 2,4 milioni. I residenti vivono in case fatte di blocchi di cemento, con 8-10 persone che condividono due o tre stanze. Privata dei servizi governativi, la comunità ha finanziato e costruito il proprio sistema fognario - con la gente del posto che si assume la responsabilità della sua manutenzione - e molti residenti sono impiegati nella produzione di tappeti, pelletteria e altri prodotti. Ma il sovraffollamento e la mancanza di accesso all’acqua potabile (o a qualsiasi tipo di acqua) contribuisce a creare problemi di salute, tra cui malaria, tifo resistente ai farmaci e malattie trasmesse dall’acqua come la Naegleria fowleri, un’ameba che distrugge il cervello.
disuguaglianza di reddito
no crescita economica
insediamento informale
20
immigrazione
abitazioni inaccessibili
povertà
- U.S.NEW & world report
total population (milion)
city abitant (%)
slum abitant (%)
World
6134
48
31
Developed Regions
1194
76
6
Europe
726
74
6
Others
467
79
5
4940
41
43
Northern Africa
146
52
28
Sub-saharan Africa
667
35
72
LAC
527
76
32
Eastern Asia
1364
39
36
South-central Asia
1507
30
59
South-eastern Asia
530
38
28
Western Asia
192
65
33
8
27
24
Developing regions
Oceania
21
GLI INSEDIAMENTI INFORMALI GLOBAL STATISTICS 300
250
milions
200
150
100
50
0
south- central asia
eastern asia
south- eastern asia
western asia
sub- saharan africa
nel seguente grafico cartesiano viene schematizzato l’incremento per aree tipologiche della popolazione, divise in aree urbanizzate più e meno sviluppate e aree rurali più e meno urbanizzate. Sull’asse delle y l’incremento totale in milioni; sulle x l’arco temporale analizzato.
4000
milions
LAC
g 1.2) incremento per aree della popolazione
5000
3000 2000 1000 0
22
northern africa
urban-more developed
urban- less developed
rural-less developed
rural- more developed
europe
g 1.1) concentrazione insediamenti informali nel mondo
asia
africa
americhe
Nel segente grafico a barre vengono schematizzate le concentrazioni di insediamenti informali nel mondo, suddivise per continenti. sull’asse delle y troviamo le quantità in milioni di insediamenti; mentre sull’asse delle y le singole macroaree sub continentali.
europa
oceania
altro
oceania
other developed
g 1.2) incremento annuale della popolazione
90 80
milions
70
Nel seguente grafico cartesiano viene schematizzato l’incremento annuale quantità di persone che vivono e vivrannà in aree urbanizzate rispetto all’aumento demografico. sull’asse delle y l’incremento annuale in milioni; sulle x l’arco temporale analizzato
60 50 40 30 20 0 urban population
total population
23
Informal settlement world concentration
0%
24
100%
25
chapter
2
26
.02 NYANDIWA ANATOMY
Dai dati presi in considerazione nel precedente capitolo si può vedere come il problema degli insediamenti informali sia causa ed effetto di diversi fattori. Sicuramente essenziale per la formazione di un insediamento informale è la componente migratoria, che suffragata da situazioni esigenziali come la mancanza di lavoro e di risorse spinge migliaia di persone a sovrappopolare un’ unica città. Questo luogo in Urbanistica viene definito come "fenomeno della città compatta", che al contrario della città diffusa, è caratterizzato da uno sviluppo concentrato e localizzato, e nel caso di determinate latitudini, questo avviene in maniera disorganizzata ed informale. Si può quindi ipotizzare che una soluzione alla città compatta che poi diventa uno slum, sia delocalizzare e spalmare le risorse, i servizi, e le varie fonti di reddito e di benessere, su tutto il territorio e non soltanto in un luogo. I riflettori di questa tesi dunque vengono puntati in Kenya nell’Africa dell’est, un luogo con particolari criticità. A 300 km da Nairobi troviamo il lago Victoria. Il lago Vittoria, conosciuto anche come lago Nyanza, è uno dei grandi laghi dell’Africa: con i suoi 68 870 km² di superficie è il più grande lago del continente, il lago tropicale più grande del mondo e il secondo più grande d’acqua dolce del mondo dopo il lago Superiore. Situato su un altopiano nella parte occidentale della Rift Valley, con le sue acque che fanno parte delle acque territoriali di Tanzania (49%), Uganda (45%) e Kenya (6%), presenta un bacino idrografico di 238 900 km² e una linea di costa che si estende per 4 828 km. Il lago Vittoria gioca un ruolo vitale per la sopravvivenza delle numerose persone che vivono intorno alle sue coste e sulle sue isole, come a Migingo, l’isolotto conteso tra Kenya e Uganda più densamente popolato al mondo, sul quale vivono oltre 400 persone in uno spazio di 0,02 km². Dal XX secolo le ferrovie del lago Vittoria sono state un mezzo di trasporto importante tra Uganda, Tanzania e Kenya. I principali porti del lago sono Kisumu, Mwanza, Bukoba, Entebbe, Port Bell e Jinja. Ci sono più di 3000 isole all’interno del lago Nyanza, molte delle quali disabitate ed alcune invece densamente popolate come l’isola Migingo. Tra queste vi è anche un arcipelago di 84 isole appartenenti al territorio dell’Uganda nel nord-ovest del lago e sono le isole Ssese, che sono diventate una popolare destinazione per turisti. Nyandiwa, invece, è una penisola che si trova in Kenya, affaccia sul lago Vittoria e fino a 20 anni fa era un piccolo e isolato villaggio di pescatori che si è lentamente trasformata grazie ai vari interventi realizzati dal Progetto Harambee. Nel 1991 la costruzione dell’acquedotto cambiò radicalmente le condizioni igienico-sanitarie e di vita della popolazione, avviando un rapporto di fiducia e di collaborazione sempre più consolidato. Da allora il centro abitato di Nyandiwa si è notevolmente ingrandito e, da villaggio di emigranti verso le grandi città, è diventata gradualmente luogo di immigrazione. Oggi vi abitano circa 13.000 persone e si stanno sviluppando a Nyandiwa: strade principali, uffici postali, nuove iniziative commerciali ed economiche. Così, il panorama di Nyandiwa è cambiato, dominato dall’antenna
27
satellitare del Computer Service del Centro Scout, il cui successo ha portato il Governo a costruire un Ufficio Postale, sono state aperte alcune banche ed è arrivata anche la rete elettrica, seppure discontinua e carissima come in tutta l’Africa. Le autorità locali sono al lavoro per migliorare strade e le vie di comunicazione ed è in corso il progetto per la costruzione di un ospedale, che sarà il più grande Centro Sanitario del Distretto. A Nyandiwa ci sono quindi tutti i presupposti per uno sviluppo urbano sostenibile supportato da un’economia ittica in crescita. Ma a Nyandiwa come nella stragrande maggioranza dell’Africa, indipendentemente dalle condizioni socio-economiche, le abitazioni nonostante tecnologicamente e igenicamente più evolute, sono informali e presentano non poche criticità.
28
http://www.conquistaweb.it/harambee/ nyandiwa.htm
abitazioni sociali collettive-Nyandiwa, Kenia
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NYANDIWA ANATOMY CONTEXT ANALYSIS
Il Kenya è uno Stato dell’Africa orientale, confinante a nord con Etiopia e Sudan del Sud, a sud con la Tanzania, a ovest con l’Uganda, a nord-est con la Somalia e bagnato ad est dall’oceano Indiano. Nairobi ne è la capitale e la città più grande. La geografia del Kenya è alquanto complessa. E’ attraversato dall’equatore, tuttavia pur essendo un paese equatoriale e tropicale, presenta climi molto vari. A nord si trovano aree desertiche e, nel centro sud, altopiani con boschi e savane. Il paese è attraversato da lunghe catene di montagne. Complessivamente, l’elemento morfologico che più caratterizza il Kenya è la Rift Valley, che lo attraversa da nord a sud. Il clima, molto caldo e umido nelle regioni costiere, diventa più mite e asciutto nel cuore del Paese, in rapporto all’altitudine. Le piogge sono concentrate in due periodi dell’anno: da marzo a maggio le grandi piogge, mentre da ottobre a dicembre le piogge sono intense ma brevi. L’ambiente dominante è quello della savana, tutelato da numerosi parchi naturali che coprono circa il 10% del territorio nazionale.
Victoria Lake Kenya 30
N
Victoria Lake
Nyandiwa
KM 0
1500
3000
4500
6000
31
1. Centro Ittico
N
K
0
32
100
00
5. Istruzione
3. IKSDP
7. Mercato cittadino
6. Chief camp
KM
2000
33
8. Stadio
4. Ospedale
2. Edilizia residenziale
1. Centro ittico
2. Edilizia residenziale
ANALISI FOT
5. Istruzione
34
6. Chief camp
3. IKSDP
4. Ospedale
TOGRAFICA
7. Mercato
8. Stadio
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NYANDIWA ANATOMY AGRARIAN MOSAIC
VEGETATION MOSAIC
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BUILDING MOSAIC
ROADS MOSAIC
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NYANDIWA ANATOMY
ARCHITECTURE WITHOUT ARCHITECTS
Per comprendere a fondo il motivo per cui le abitazioni spesso non rispondano alle esigenze umane fondamentali occorre fare un passo indietro per comprendere la profonda e primitiva relazione tra spazio forma e funzione delle costruzioni che ci circondano. Esiste un fenomeno antico come il mondo che viene definito architettura spontanea: [...] l’architettura del popolo, progettata e costruita dalle comunità, dalle famiglie e dai singoli individui.
John May- Architecture without architects.
La definizione che Paul Oliver (massimo esperto in materia di architettura spontanea) da nella sua enciclopedia Dwellings è la seguente: “l’architettura spontanea è l’insieme degli alloggi e degli altri edifici del popolo, legata ai loro contesti ambientali e alle loro risorse disponibili, sono in genere costruite dal proprietario o dalla comunità, con tecniche tradizionali. Tutte le forme di architettura popolare sono pensate per rispondere ad esigenze specifiche, in armonia con i valori, le economie e gli stili di vita delle culture che le hanno prodotte.” John May invece sostiene che questa attitudine umana all’architettura spontanea si adatta e si sviluppa nel tempo e con il mutare delle esigenze e delle circostanze. In un altro libro di Oliver, Atlas of Vernacular Architecture of the World, realizzato con il collega Marcel Velinga, scopriamo alcune cose straordinarie: per esempio il fatto che “nessuno sa con precisione, e neppure in modo approssimativo, quanti edifici esistano al mondo, ma alcune stime parlano di cifre ben superiori al miliardo”, [...] di cui l’80% o più sarebbero architettura spontanea. In altri termini, gli edifici progettati da architetti e costruttori professionisti rappresentano solo una piccola parte dell’infrastruttura edilizia mondiale: la grande maggioranza delle persone in tutto il mondo vive in case e usa edifici costruiti da amici e parenti. Ovviamente ciò è ancor più vero in alcuni paesi e regioni piuttosto che in altri. In Occidente, le legislazioni urbanistiche limitano l’architettura spontanea; la terra è costosa; e le tradizioni dei nostri padri e antenati sono state marginalizzate, le loro abilità perdute e dimenticate. In altre vaste aree del mondo in Africa, Asia e America Latina - l’architettura spontanea è ancora viva, abitata e costruita. Tuttavia la situazione sta cambiando in fretta: con la corsa alla modernizzazione, sempre più persone si trasferiscono nelle città, in enormi insediamenti abusivi dove costruiscono case con rifiuti e rottami. Questa è la architettura spontanea dei nostri tempi. Questi edifici non sorgono nel vuoto, fanno parte della vita e della cultura dei popoli. Prendono forma non solo dalla situazione ambientale e dai materiali disponibili, ma anche dalle credenze, miti, abitudini e tradizioni della tribù, del clan o del gruppo che li costruisce. Oggi guardiamo con più rispetto ai rifugi che un tempo erano considerati “primitivi”, ammiriamo l’ingegno profuso nel creare strutture funzionali ed esteticamente piacevoli con utensili e tecniche semplici. Se immaginiamo per un momento che l’architettura spontanea fosse assimilabile ad un organismo vivente, questa assomiglierebbe incredibilmente tanto a noi esseri organici. Composti da tanti apparati e con caratteristiche differenti in funzione all’ambiente che ci circonda ed al luogo in cui ci siamo evoluti. Capaci di adattarci alle diverse condizioni climatiche, ai mutamenti delle situazioni che ci garantiscono la sopravvivenza e di proliferare
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John May- Architecture without architects.
in maniera evolutivamente naturale. Così a suo modo l’architettura essendo strettamente dipendente da noi, nasce per perdurare nel tempo, per adattarsi, all’ambiente circostante e a noi esseri umani. E noi, ci adattiamo ad essa. Per questo capire in che modo l’architettura spontanea si è sviluppata in particolari zone del mondo ci aiuta a conoscere e reinterpretare i modelli dell’abitare che, come abbiamo visto, possono avere le caratteristiche più disparate. Il processo progressivo che ha portato a modificare le tipologie abitative, le tecniche costruttive e i materiali, è parte di un quadro più ampio che abbraccia discipline diverse, come quelle ambientali, economiche, etniche e sociali, il tutto suffragato da forti fenomeni geopolitici. Decifrare le logiche attraverso il quale determinate costruzioni vengono edificate ci aiuta non solo a guardare l’architettura in maniera diversa ma ad acquisire gli strumenti necessarie per intervenire in maniera appropriata e sostenibile. Nei seguenti paragrafi vengono raccolti e catalogati le tipologie edilizie presenti a Nyandiwa ai fini di ricercare un modello insediativo identitario che rispecchi il modo di vivere della popolazione autoctona, e attraverso il quale quest’ultima possa riconoscersi.
-Immagine tratta dal libro "Architetture senza architetti" -John Mayer-
39
NYANDIWA ANATOMY
ARCHITECTURE PLAN ABACUS WITHOUT ARCHITECTS
40
41
2
14
3
Linear
4
8
L-plant
Indipendent
5
42
13
11
15
7
Village
12
9
10
0
Cloister
17
16
6
1
Connected
a
a
b
b
a
a
b
c
d
e
m
m
c
a
b
m
a
m
b
a
a
a
a
43
NYANDIWA ANATOMY TIPOLOGY ABACUS
L’abaco dei componenti di seguito riportati ci aiuta a dividere per tipologie aggregative le diverse macrocategorie che definiscono il tessuto urbano di Nyandiwa. Tutti i componenti raccolti sono stati prelevati e analizzati a Nyandiwa. Nelle pagine precedenti è stato effettuato un raggruppamento tenendo conto di due fattori: la tipologia di tetto e la composizione aggregativa dell’impianto; di fianco sulla sinistra i numeri indicano la posizione sulla mappa. La suddivisione di colore ne indica la macro categoria insediativa.
44
COMPONENT
PLAN
SECTION
45
COMPONENT
46
PLAN
SECTION
COMPONENT
PLAN
SECTION
47
NYANDIWA ANATOMY CONSTRUCTIVE SYSTEM
Il linguaggio architettonico africano, come abbiamo visto, ha subito mutamenti sostanziali con il passare del tempo che hanno fatto si che determinate tecniche costruttive lasciassero il posto ad altre per tutta una serie di fattori. Contingenze economiche e ambientali, fenomeni di carattere sociali e durabilità nel tempo, hanno portato all’era della lamiera grecata, materiale di larghissimo impiego su tutto il territorio africano e non solo. La lamiera grecata oltre che ad essere un materiale leggero, di veloce messa in opera, versatile, ed economico, costituisce per la popolazione autoctona uno status di modernità al quale tutti ambiscono. Ma tale materiale talvolta non ha le caratteristiche di sostenibilità e di comfort che ci si apetta da un architettura moderna, per cui approfondire uno dei principali sistemi costruttivi locali può portare ad un’evoluzione costruttiva migliorativa che allo stesso tempo non viene percepita dalla popolazione come aliena o estranea.
48
c.1) Componente strutturale verticale in legno grezzo 2,15x0,10 m; c.2) Componente strutturale verticale in legno grezzo 2,75x0,10 m; c.3) Componente strutturale orizzontale in legno grezzo 4,55x0,10 m; c.4) Componente strutturale orizzontale in legno grezzo 2,35x0,10 m; c.5) Partizione in lamiera grecata semplice 1,00x1,74 m; c.6) Base in calcestruzzo 4m3
49
concrete
metal sheet
untreated wood
m.1) Getto di calcestruzzo a base rettangolare; m.2) Pannelli di lamiera grecata semplice assemblata a secco tramite chiodatura; m.3) Travi di legno grezzo non trattato.
50
storage area
sleeping area
Si ipotizza che un modulo abitativo dentro al quale abita un intero nucleo familiare sia composto da soltanto due ambienti, non separati materialmente, dentro al quale vi sono delle brande per dormire e si custodiscono i propri averi.
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NYANDIWA ANATOMY STUDY MODEL
FOTO 1. Modello studio analogico del sistema strutturale, realizzato con stuzzicadenti plastilina e polistirolo.
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FOTO 2. Modello studio analogico del sistema strutturale, realizzato con stuzzicadenti plastilina e polistirolo.
53
FOTO 3. Modello studio analogico del sistema strutturale, realizzato con stuzzicadenti plastilina e polistirolo.
54
FOTO 4. Modello studio analogico del sistema strutturale, realizzato con stuzzicadenti plastilina e polistirolo.
55
chapter
3
56
.03 CO-LIVING PHENOMENA
Tutto è di tutti. «[...] i mezzi di produzione essendo l’opera collettiva dell’umanità, fanno ritorno alla collettività umana. L’appropriazione individuale non è né giusta né utile. Tutto è di tutti, poiché tutti ne hanno bisogno, poiché tutti hanno lavorato nella misura delle loro forze ed è materialmente impossibile stabilire la parte che potrebbe appartenere a ognuno nella produzione attuale delle ricchezze. Tutto è di tutti.». Social housing e Self-construction sono spesso due facce della stessa medaglia. Le abitazioni erette in autocostruzione sono spesso il prodotto di una politica di abitazioni sociali fallimentari, accentuate da condizioni di estrema povertà e che comportano il mancato accesso della popolazione al mercato immobiliare. Ma l’abitazione è un diritto inviolabile di ogni uomo, e cosa succerebbe se ogni singolo essere umano avvesse accesso ad un adeguata abitazione? - Anne Turyn
“what if everyone had a home?” E ancora un altra domanda sorge spostanea, una domanda antica come l’uomo stesso: come saranno gli insediamenti del domani? Architetti, urbanisti, filosofi di tutti i tempi, hanno cercato di rispondere a tale quesito, e ancora oggi, nonostante la nostra società sia così fortemente polarizzata non abbiamo trovato il risultato finale di questa formula. Aristotele quando si pose questa domanda, voleva trovare soluzione alla questione politica e sociale del suo tempo, e la sua risposta fu la città. Non riuscì a scindere la struttura politica dallo spazio perchè la struttura politica era essa stessa la struttura urbana.
“how we will live together?” Questo capitolo vuole approfondire gli aspetti forse poco noti che si celano dietro un architettura etica. Esempi di edilizia a basso costo, architettura residenziale di particolari realtà povere nel mondo ed esempi di architetture realizzate dalla popolozione autoctona in autocostruzione.
Modellino del progetto Vivenda popular - Tatiana Bialbao Studio.
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VIVIENDA POPULAR
TATIANA BILBAO ESTUDIO- MEXICO
Vivienda Popular è il programma di housing sociale promosso dal governo messicano e rivolto alle fasce di reddito più basse. Il progetto è stato curato dallo studio Tatiana Bilbao. L'obiettivo era dare alle famiglie la possibilità di costruirsi la propria abitazione con prestiti a condizioni agevolate. Il progetto, con un budget molto limitato, proponeva delle soluzioni che tenessero conto dei materiali locali, del clima e delle esigenze dei futuri residenti. L'approccio strategico era quello di offrire tipologie abitative diversificate, in funzione al fruitore, piuttosto che un prototipo standardizzato. Ogni unità accoglie due camere da letto, bagno, cucina e un soggiorno a doppia altezza. Il nucleo della casa è progettato per adattarsi ad ogni materiale disponibile in loco (blocchi di cemento, laterizio, adobe, legno) supportando così l'economia locale. Il progetto considera target di utenza molto differenziati, a partire da famiglie plurigenerazionali a nuclei ridotti. Ogni unità è stata realizzata con moduli di pallet di legno, organizzati secondo un sistema ampliabile, senza intaccare l'immagine ben definita dell'abitazine. SIZE
ECONOMIC SUSTAINIBILITY
SELF-BUILD SKILLS REQUIRED
EXPANDABILITY
FLEXIBILITY
DURABILITY
58
-Proposta delle diverse tipologie d’uso in funzioni alle esigenze della popolazione-
59
QUINTA MONROY
ELEMENTAL, ALEJANDRO ARAVENA- CHILE
Circa 30 anni fa, nel bel mezzo del deserto cileno, la regione di Quinta Monroy, situata a Iquique, era occupata illegalmente da circa 100 famiglie. Quando il luogo ha subito un processo di "urbanizzazione", il governo cileno, sotto la pressione popolare, ha deciso di ricollocare le 100 famiglie nella stessa terra di soli 5000 m2. Gli architetti del gruppo Elemental, guidati dall'architetto Alejandro Aravena, proporranno una forma di densificazione basata su forme di abitazione in serie e su misura. Il progetto è costituito da una serie di blocchi formati da case ad un piano e appartamenti al piano superiore in un sistema che prevede futuri ampliamenti abitativi che il residente stesso potrebbe intraprendere a seconda delle sue necessità.
SIZE
ECONOMIC SUSTAINIBILITY
SELF-BUILD SKILLS REQUIRED
EXPANDABILITY
FLEXIBILITY
DURABILITY
60
concept
diagram
plan
section 61
INCREMENTAL HOUSE INDIA
FILIPE BALESTRA; SARA GÖRANSSON - MUMBAI
Questo progetto accademico sovvenzionato dal governo indiano propone un intervento per un'area totale di 270 piedi quadrati a famiglia (regolamento sulle sovvenzioni). Il progetto prevede che ogni casa avrà un bagno e una cucina individuale. Le case esistenti non hanno né servizi igienici né cucine. Il governo fornirà nuove infrastrutture che verranno portate in ogni casa. Tutti i prototipi hanno bisogno della partecipazione della comunità per emergere. Le regole del sussidio dicono che ogni famiglia deve contribuire con il 10% del totale massimo di 4500 euro che la casa costa. Dato che alcune famiglie non sono pronte a dare questa somma, si è pensato di renderle partecipi nella manodopera , coinvolgendole quindi nel processo costruttivo. Ogni famiglia è libera di scegliere la tipologia edilizia che più si addice alle esigenze della famiglia, come riportato nello schema 2.
SIZE
ECONOMIC SUSTAINIBILITY
SELF-BUILD SKILLS REQUIRED
EXPANDABILITY
FLEXIBILITY
DURABILITY
62
aggregation
scheme 2; type 1
scheme 2; type 2
scheme 2; type 3
63
GANDO TEACHER'S HOUSING FRANCIS KÈRÈ - BURKINA FASO
Le cosiddette "teacher's houses" sono state progettate per attirare gli insegnanti in campagna e per promuovere l'uso della terra come materiale da costruzione sostenibile e durevole. Le case sono state realizzate come una serie di moduli adattabili, ciascuno di dimensioni paragonabili alle tradizionali capanne rotonde tipiche di questa regione. I singoli moduli possono essere combinati in vari modi in un insieme composito più grande. Le sei case per gli insegnanti e le loro famiglie sono disposte in un ampio arco a sud del complesso scolastico. Questa disposizione curvilinea ricorda un complesso tradizionale del Burkinabé. I tetti sono a volta a botte costruiti con blocchi di terra stabilizzata. Questo metodo di costruzione, inedito in questa regione, sfrutta le risorse locali ed è climaticamente efficiente. Per proteggere l'edificio dall'umidità di risalita, le pareti in adobe di 40 cm di spessore poggiano su un basamento di cemento gettato in opera e pietre di granito. Gli abitanti del villaggio hanno prodotto circa 15.000 blocchi, ciascuno di 40x20x10cm, a una velocità compresa tra 600 e 1.000 al giorno. SIZE
ECONOMIC SUSTAINIBILITY
SELF-BUILD SKILLS REQUIRED
EXPANDABILITY
FLEXIBILITY
DURABILITY
64
prospects
sections
plan
65
120 ISH FOR IQUITOS
RAFAEL PARODI, CARLOS MARTINEZ, AMED CHUNGA, SANTIAGO VALLADARES - PERÙ
La proposta in questione ha un approccio misto. È quantitativa perché risponde a obiettivi tecnici: è modulare, economica, progressiva e facile da costruire. È qualitativa, perché c'è una certa unità quando viene considerata nel suo insieme. Mentre la collocazione delle case e degli spazi pubblici risponde alla forma del terreno e del tessuto urbano, questo significa che il progetto ha diverse tipologie di spazi liberi, come centri commerciali, parchi e piazze, che sono collegati tra loro, integrando anche lotti adiacenti che sembravano isolati. L'idea del modulo centrale si basa sulla fornitura di un nucleo di materiale nobile con servizi di base, che viene completato da una struttura in legno che alla fine ospiterà il resto delle stanze. Il nucleo contiene l'area sociale della casa, la cucina e il bagno, che sono le uniche parti della casa che ospitano le reti idriche e di scarico, e la rete elettrica principale. Il nucleo ha una circolazione incrociata che permette alla casa di crescere sui 4 lati. SIZE
ECONOMIC SUSTAINIBILITY
SELF-BUILD SKILLS REQUIRED
EXPANDABILITY
FLEXIBILITY
DURABILITY
66
phase1
phase2
phase3
phase4
phase5
phase6
structural system
plan 67
STEM
chapter
4
70
.04 RESETTLEMENT:
SYNTETIZING ANSWER PROCESS
- Alejandro Aravena.
«Se esiste un potere nella progettazione, questo è il potere della sintesi. Più complesso è il problema maggiore è il bisogno di semplicità». Stem nasce da una problematica complessa che accomuna molte realtà a livello globale. In questo capitolo viene trattato quello che vuole essere una risposta all'avanguardia alla moderna sfida abitativa del nostro secolo, a Nyandiwa, ma contestualmente anche a diverse realtà con caratteristiche morfologiche, geografiche, climatiche e politiche similari. La velocià con il quale le città si espandono è, in questo secolo più che mai, disarmante. E il dato allarmante è che insieme ad esse cresce con altrettanta rapidità la mancanza dei primari bisogni dell'uomo. Il fenomeno migratorio dell'uomo verso le città è implacabile o forse no? Cosa accadrebbe se le persone che sono costrette a migrare alla ricerca di una vita migliore avessero la possibilità di restare per rivoluzionare il mondo in cui sono nati e fare la differenza? La storia ci insegna che la cooperazione e la sinergia tra gli esseri umani ci ha portato a traguardare vette che mai avremmo potuto raggiungere, alimenta il nostro sistema sociale e ci consente di innalzarci all'apice di un processo evolutivo che nessun essere vivente ha mai avuto la fortuna di sperimentare. La richiesta a cui ho cercato di rispondere è semplice e allo stesso tempo complessa. Mi è stato chiesto di ripensare all'architettura abitativa di Nyandiwa, soddisfacendo tutta una serie di carenze, considerando i modi di vivere, considerando la scarsità di risorse (economiche e materiali), considerando la mancanza di un knowhow costruttivo per un edilizia sostenibile; ma ancora fattori demografici, geopolitici e sociologici hanno fatto si che la sfida lambisse il paradosso. Bisognava progettare un sistema residenziale denso ma senza sacrificare gli spazi aperti, bisognava costruire una casa più grande ma con un budget fortemente limitato, bisognava imporre delle regole, degli usi e dei modi di concepire la città a chi, per secoli, ha rifiutato un sitema di vita occidentale.
- Inception
"Un'idea è come un virus. Una volta che s'impianta nella mente continua a crescere..." É per questo che ad un certo punto del processo mi sono ritrovato di fronte ad un bivio. Da una parte vi era la consapevolezza della necessità di intessere un tessuto urbano nuovo, disarcionata dall'idea di città utopia; dall'altra invece lo sparuto tentativo di creare un impianto residenziale singolare che la popolazione endemica avrebbe potuto percepire come alieno e quindi rigettarlo. É per questo che alle due strade ne ho preferito una terza, ovvero quella dell'innesto.
71
4.1
72
RESETTLEMENT: THE STEM CELLS
Cosa accadrebbe se si potesse usare un innesto, per impiantare un idea? Immaginiamo ora un innesto architettonico finito, funzionate, migliore rispetto agli standard del luogo, che influenza avrebbe un organismo del genere sul tessuto? Sarebbe in grado di plasmarlo? Di guarirlo? Chiaramente la risposta razionale sarebbe negativa, a meno che questo, non avrebbe al suo interno delle caratteristiche particolari. Ancora una volta la risposta a questo quesito la troviamo in natura. In una natura non troppo lontana da noi, ma anzi inaspettatamente vicina. Le cellule staminali sono delle cellule primitive, non specializzate, dotate della capacità di trasformarsi in diversi altri tipi di cellule del corpo attraverso un processo denominato "differenziamento cellulare". In altre parole la cellula zero, la cellula più potente di tutte, quella che possiede al suo interno le istruzioni per lo sviluppo della vita stessa è una cellula staminale. Queste cellule hanno al loro interno le regole attraverso il quale la vita si sviluppa e, da una singola microscopica cellula, si differenziano bilioni di cellule diverse: epatiche, neurali, sanguigne, adipose, cutanee, ossee, e così via. Le cellule staminali danno vita alle costellazioni di cellule che compongono gli organi di un unico organismo, che attraverso di esse funziona in maniera quasi perfetta. Queste cellule sono oggetto di studio e una risorsa importantissima in ambito medico perchè capaci di essere innestate in un tessuto malato e innescare la guarigione attraverso un processo di auto-rinnovamento delle cellule difettose. Ma è possibile, in maniera analoga curare delle patologie urbane, abitative e sociali, attraverso un innesto architettonico?
Tessuto cellulare nervoso
73
DIFFERENTIATION
FROM STEM TO HETEROGENEOUS TYPOLOGIES
74
75
DIFFERENTIATION TIME GROWTH
76
77
RESETTLEMENT:
MORE DENSE MEAN MORE COMFORTABLE
Un nuovo modo di concepire l'architettura non solo può guarire, ma anche gettare le basi per uno sviluppo sostenibile della città. È sulle città infatti che l’Africa, ma per molti versi anche il resto del pianeta, si gioca il proprio futuro, come ci ricorda l’Agenda 2030 con l’SDG 11. L’immagine di un’Africa rurale, fatta di villaggi, capanne e strade in terra battuta, sarà sempre più sostituita da un’Africa epicentro dell’urbanizzazione globale. Già nel 2017 l’Africa urbana ha fatto segnare un primo dato significativo: il continente ha più abitanti urbani dell’Europa. Secondo i numeri delle Nazioni Unite, nel 2017 in Africa 569 milioni di persone vivevano in città, a fronte dei 553 milioni dell’Europa e dei 533 milioni di America Latina e Caraibi. Una tendenza già velocissima che nei prossimi anni subirà un’ulteriore accelerazione poiché si stima che in Africa il tasso di urbanizzazione arriverà nel 2030 al 50%, per sfiorare il 60% nel 2050. Entro lo stesso anno, la popolazione del continente africano sarà la più grande e la più giovane del mondo, dieci volte maggiore rispetto al numero dei giovani nell’Unione Europea. A fronte di un aumento demografico spaventoso, diventa chiara l'urgenza di ripensare da un punto di vista architettonico le città e le le abitazioni del continente, non solo nel breve tempo, ma in un arco temporale più ampio. In cima alla lista delle priorità vi è quella di un mercato di abitazioni a basso costo. Infatti la più grossa fetta edilizia sul territorio riguarda le abitazioni, che non raggiungono in ogni caso standard adeguati. Infatti a Nyandiwa vi sono 62938,5 m2 ad uso abitazione, a fronte di circa 20000 abitanti, che equivale a circa 3,14 m2 per abitante. Stem prevede di triplicare questa dimensione, portandola a 8,75m2
3,14 m2 per abitante
78
8,75 m2 per abitante
- aics.gov.it
79
RESETTLEMENT:
NYANDIWA STEM PROJECTION
80
ORGANISM HIERARCHY
Dwelling -1 family -8 member
Cluster
-8 family -64 member -common area
Neighborhood
-24 family -192 member -common areas -water tower
District
-59 family -472 member -common areas -water tower - shops - services
81
RESETTLEMENT:
NYANDIWA SATURATION SCHEME
1.
4.
Implementazione del sistema viario esistente
2.
5.
Anello di costa e corridoi trasversali di nuova costruzione
3.
Innesto cellula zero
82
6.
7.
8.
9.
Saldatura urbana e saturazione parziale del costruito.
83
RESETTLEMENT
CURRENT CITY CENTER
L'attuale modello insediativo di Nyandiwa è uno sprawl informe. Il campione preso in considerazione per questa analisi è l'attuale centro urbano, intersezione delle due principali linee viarie. Il tessuto urbano non è saturo ad oggi, ma si sviluppa in maniera disordinata e deregolamentata, favorendo con il tempo e con l'aumentare della popolazione alla formazione di uno slum. La fetta più grande del costruito è costituita dalle case adibite ad abitazione.
84
Le percentuali rappresentano la quantità di costruito suddivisa in categorie in base alla destinazione d'uso. Alcune categorie sono carenti in funzione al numero di abitanti, e altre seppur presenti non adeguatamente distribuite sul territorio cittadino.
85
RESETTLEMENT: RESETTLEMENT ?????? STEM CITY CENTER
Se una casa avesse le istruzioni e le condizioni per essere replicata in maniera perfetta, questa si riprodurrebbe, attraverso l'uomo, in un agglomerato edilizio, e poi in un quartiere e poi ancora in un distretto, fino a dove lo spazio della città lo consente. In questo schema organico non esiste più una concentrazione puntuale di case, negozi e spazi pubblici ma gli uni si espandono in concomitanza a gli altri, ottimizzando lo spazio e limitando il fenomeno dello sprawl urbano. Questo schema ci da una proiezione di come potrebbe essere riconvertito il tessuto urbano (in un processo graduale) assumendo come ipotesi che l'inesto si riproduca in maniera autonoma nel corso del tempo. Attraverso una stima analitica possiamo prevedere e pianificare, attraverso un analisi demografica, il futuro bisogno di abitazioni (e non solo) di Nyandiwa.
86
I grafici rappresentano l'incremento in percentuale delle destinazioni d'uso del costruito su una proiezione di 50 anni, assumendo Stem come modello di sviluppo e riconversione per la città.
87
4.2
88
STEM CELL
THE BASIC UNIT
La casa oggetto dell'approfondimento è composta da due moduli base, costruiti per mezzo di tecniche costruttive locali ipotizzando procedimenti di edilizia agevolata e quindi facilmente accessibile. Il primo modulo è l'espace famille costituito da una cucina e lo spazio utile per allestire l'arredo in autocostruzione. Lo spazio a base quadrata affaccia sull'esterno dove vi è l'ingresso e su una corte interna prospicente ai servizi igenici e ad un granaio. Accanto al primo modulo vi è il secondo dove vi è la zona notte che affaccia su due corti private. Tutti gli ambienti godono di luce e ventilazione naturale grazie al sistema di porte completamente apribili che trasformano l'interno in un esterno all'occorrenza. Gli spazi della casa sono circondati da uno spesso muro strutturale in terra e legno che costituisce le basi dell'espansione.
Axonometry
89
90
section
plan
91
front elevation 92
side elevation 93
94
95
4.3
96
STEM CELL
CONSTRUCTIVE SYSTEM
"The architect and self-built house" - Adam Roberts
"Considerando che un terzo delle abitazioni del mondo sono costruite dai loro futuri occupanti, l’autocostruzione riceve pochissima attenzione all’interno della professione di architetto: sia che si tratti di baraccopoli o di eco-villaggi, queste abitazioni sono pervasivamente progettate e costruite con o senza l’aiuto di enti governativi o consigli professionali e indipendentemente dalla situazione economica e sociale degli autocostruttori. Il rifugio è una necessità. Coloro a cui non viene fornito non hanno altra scelta che provvedere a se stessi, per gli altri è semplicemente un mezzo per riprendere il controllo del proprio stile di vita e dell’ambiente. Il termine “auto-costruzione” è un po’ improprio, poiché il più delle volte le abitazioni sono strutturate non da un singolo individuo, ma da complesse reti di persone, sia che si tratti di familiari, amici, vicini di casa, cooperative o con l’aiuto di organizzazioni specializzate. Le persone con competenze diverse spesso si scambiano specialità e condividono il lavoro. Alcune costruzioni sono addirittura intraprese con l’obiettivo principale dell’empowerment economico. Gli architetti sono coinvolti solo in una manciata di autocostruzioni nel mondo, ma dove sono stati realizzati abbiamo visto risultati straordinari. Ma se l’autocostruzione è proprio come il termine suggerisce, l’unica fornitura di riparo da parte dell’utente per l’utente, perché dovrebbe essere coinvolta una terza parte, e come esattamente l’architetto si impegna con l’utente senza svilire la natura stessa della produzione autonoma?" La tecnica costruttiva utilizzata è un' evoluzione diretta di quella che in inglese viene definita mud and stick, un' intelaiatura di aste di legno rivestite da terra cruda. Questa tecnica antichissima, già utilizzati dagli abitanti di Nyandiwa, può essere però migliorata per aumentare l'isolamento termico e la stabilità strutturale, insieme alla durabilità nel tempo. La semplice terra cruda all'esterno infatti, viene rivestita con un intonaco a base di calce, argilla e sabbia per aumentarne la resistenza all'acqua. L'intelaiatura del muro è realizzata con un'unica tipologia di legno: 10 x 5 x 300 cm L'intelaiatura di legno sorregge e contiene il peso della terra all'interno. Una volta che la terra arriva a filo delle aste di legno si fissa uno strato di cannicciato per contenere la terra e come supporto per l'intonaco. Ogni elemento strutturale e non (anche elementi di arredo come tavoli e sedie) sono realizzate con la stessa tipologia di legno usata per la struttura dei muri e del tetto.
casa costruita a Nyandiwa con la tecnica mud and stick.
97
STEM CELL
CONSTRUCTIVE DETAILS
basament isometric section
top of the wall isometric section
roof isometric section
98
MIDDLE SECTION
1. sheet metal roof; 2. sheet metal gutter; 3. wooden lintel; 4. earth hood; 5. earth kitchen; 6. clay plaster; 7. floor screed; 8. curb; 9. foundation
99
STEM CELL
EXTERNAL SECTION & ELEVATION
1. sheet metal roof; 7. floor screed; 8. curb; 9. foundation; 10. secondary wood structure; 11. primary wood structure; 12. stick structure; 13. sheet metal panel; 14. earth fill; 15. inner wood structure; 16. wattle; 17. basament inner wood structure
100
101
STEM CELL
BIOCLIMATIC SCHEME
102
103
STEM CELL
EXPLODED AXONOMETRIC VIEW
104
ROOF
ROOF STRUCTURE
LIVING VOLUME
MUD AND STICK WALL
CONCRETE BASEMENT
THE ULTIMATE CONSTRUCTION MANUAL COMPLETE YOUR HOME
ROOF
TABLE AND CHAIRS
BED
BUNK BED
MARKET SHELVS
DOOR
105
HOW TO EXPAND YOUR HOUSE INSTANT GUIDE
106
107
4.4
108
STEM TISSUE
AGGREGATION MODES
Ogni singola unità è dotata di una doppia struttura, la prima per sorreggere il proprio tetto e la seconda per sostenere il tetto della casa accanto non ancora costruita. È su questo principio mutualistico che si basa la forza e la convenienza del progetto. I pilastri di legno che fuoriescono dal muro servono non soltanto all'espansione della singola unità ma anche per sostenere parte delle costruzioni limitrofe, ottimizzando così l'utilizzo di materie prime ed il dispendio economico. Questo sistema tipologico inoltre limita, attraverso l'aggregazione, l'ncidenza del sole sulle abitazioni, creando degli spazi termicamente isolati e delle zone d'ombra attraverso i muri che si estendono oltre lo spazio della casa. Viene inoltre mantenuta l'identità comunitaria dell'architettura africana che predilige uno stile di vita all'area aperta, introducendo però degli spazi che enfatizzano la cultura della privacy familiare. Il sistema costruttivo insieme a quello tipologico vuole innestare un processo di differenziazione, esattamente come quello che avviene all'interno delle cellule. Un architettura che potrà essere presa in esame dalla popolozione autoctona e metabolizzata per poi essere replicata in diverse destinazioni d'uso e a diverse scale. Un'architettura che genera attraverso l'uomo altra architettura, parte costruita da terzi e parte eretta in autocostruzione, in un vortice evolutivo sostenibile, dove l'architettura è viva e muta dall'uomo per l'uomo e attraverso di esso.
Assonometria
109
STEM TISSUE
RESIDENTIAL COMMUNITY
section
planivolumetric plan 110
111
112
113
STEM TISSUE THE EXPANSION
114
115
116
117
STEM TISSUE
ONE STRUCTURE DIFFERENT FUNCTIONS
HOUSE
118
STO
ORE
HOTEL
119
120
121
REFERENCES BIBLIOGRAFIA
-Davis, M., 2007. Planet of slums. London: Verso. -Guindani, S. and Doepper, U., 1990. Architecture vernaculaire. Lausanne: Presses polytechniques et universitaires romandes. -Gusman, A. and Pennacini, C., n.d. L'Africa delle città . -Kapúscínski, R., 2017. Ebano. Milano: Feltrinelli. -Larsen, O., 2008. Reciprocal Frame Architecture. May, J. and Reid, A., 2014. Architettura senza architetti. Milano: Rizzoli. -Meninno, C., 2009. Housing, densità e qualità. Università degli studi di Trieste. -n.d. The state of African cities, 2018. -Vellinga, M., Oliver, P. and Bridge, A., 2007. Atlas of vernacular architecture of the world. New York, NY: Routledge. -Wakhungu, Judi & Huggins, Christopher & Nyukuri, Elvin & Lumumba, Jane., 2010. Approaches to informal urban settlements in Africa: experiences from Kigali and Nairobi. 10.13140/
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ACKNOWLEDGEMENTS RINGRAZIAMENTI
Ai miei fratelli, perchè tutti abbiamo bisogno di sentirci parte di qualcosa di più grande. A Miriana che mi ha sostenuto ed è stata fonte di ispirazione per questa tesi. A mio padre, mentore e mio primo esempio di vita. A mia madre, alla sua forza, che si ripercuote su di noi. Ai miei nonni Stefano e Santina che mi hanno sostenuto e hanno creduto in me per tutto questo tempo. A mia Nonna Angela, che mi ha amato dal primo giorno. Ad Antonino, alla nostra amicizia fraterna, che custodiamo con rispetto e amore. Ad Alessandro, fratello riscoperto in questi anni di università. A Raffaele alla sua bontà e il suo rispetto nei miei confronti. Al professore Alessandro Villari, relatore e guida solida sul quale questa tesi ha avuto modo di poggiarsi. Al professore Sebastiano Nucifora, relatore, guida e sostenitore gentile delle mie idee. A tutti i colleghi e gli amici che hanno reso questi anni indimenticabili. grazie.
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