Note di poesia Canzoni d’autore in lingua italiana, inglese e francese a cura di Sara Notaristefano
Stilo Editrice
A Giulia (in)canto della mia vita.
Ciliegie collana di antologie poetiche diretta da Daniele Maria Pegorari 1
ISBN: 978-88-6479-068-8 Š Stilo Editrice 2012 www.stiloeditrice.it Stampato nel mese di novembre 2012 presso Arti Grafiche Favia, Modugno (BA) In copertina: Parole note, scarabocchiato da Sylv Shanka. L’editrice è a disposizione di tutti i proprietari dei diritti, nel caso non si fosse riusciti a reperirli per chiedere debita autorizzazione.
Indice Introduzione di Sara Notaristefano La parola alla musica: la canzone d’autore
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Italia Franco Battiato Frammenti Bandiera bianca La cura
41 43 43 45 47
Umberto Bindi Il nostro concerto Un uomo solo
49 49 50
Vinicio Capossela Che coss’è l’amor Bardamù
52 52 56
Piero Ciampi Ha tutte le carte in regola L’assenza è un assedio
59 59 61
Paolo Conte Genova per noi Bartali Sotto le stelle del jazz
63 63 65 67
Lucio Dalla 4-3-1943 Tu parlavi una lingua meravigliosa Canzone
69 69 72 74
Fabrizio De André La canzone di Marinella Ballata degli impiccati Un giudice
77 77 79 81
Francesco De Gregori Rimmel L’abbigliamento del fuochista
83 83 85
Ivano Fossati La costruzione di un amore Una notte in Italia Discanto
87 87 90 93
Giorgio Gaber La libertà L’illogica allegria
96 96 99
Rino Gaetano Mio fratello è figlio unico Nuntereggae più
101 101 103
Francesco Guccini La locomotiva Canzone dei dodici mesi Dio è morto
107 107 112 118
Bruno Lauzi La donna del Sud Io e la musica
120 120 122
Claudio Lolli Aspettando Godot
124 124
Gino Paoli Il cielo in una stanza Sapore di sale
127 127 128
Luigi Tenco Mi sono inamorato di te Giornali femminili Un giorno dopo l’altro
129 129 131 133
Roberto Vecchioni 135 Samarcanda 135 Canto notturno (di un pastore errante dell’aria) 138 Francia Charles Aznavour Ils sont tombés (Caduti) Pour toi, Arménie (Per te, Armenia) La bohème Georges Brassens La ballade des dames du temps jadis (La ballata delle signore del tempo che fu) Le petit cheval (Il cavallino) Marquise (Marchesa)
141 143 143 145 148 151 151 155 157
Belgio Jacques Brel Vivre debout (Vivere in piedi) La chanson des vieux amants (La canzone dei vecchi amanti) Les F… (I fiamminganti)
159 161 161 164 166
Regno Unito Nick Drake Time Has Told Me (Il tempo mi ha detto) Fruit Tree (Albero da frutto) Place to Be (Un posto dove stare)
169 171 171 173 175
John Lennon 176 Working Class Hero (Eroe della classe operaia) 176 Imagine (Immagina) 178 Woman Is the Nigger of the World (La donna è il negro del mondo) 180
Paul McCartney Eleanor Rigby Blackbird (Un merlo) Hey Jude Canada Leonard Cohen The Stranger Song (La canzone dello straniero) Bird on a Wire (Uccello sul filo) Hallelujah (Alleluia) Joni Mitchell Chelsea Morning (Una mattina a Chelsea) Little Green (Piccola Green) California Stati Uniti d’America Tracy Chapman Behind the Wall (Dietro il muro) Across the Lines (Oltre le righe)
182 182 184 185 187 189 189 193 195 198 198 200 202 205 207 207 209
Bob Dylan Blowin’ in the Wind (Soffia nel vento) Masters of War (Padroni della guerra) Like a Rolling Stone (Come una pietra che rotola)
211 211 213 216
Patti Smith Elegie (Elegia) Redondo Beach Ask the Angels (Domanda agli angeli)
220 220 221 223
Bruce Springsteen Thunder Road The River (Il fiume) The Ghost of Tom Joad (Il fantasma di Tom Joad)
225 225 228 230
Suzanne Vega Small Blue Thing (Una piccola cosa blu) Luka
232 232 234
Tom Waits Fumblin’ With the Blues (Armeggiando con il blues) Rain Dogs (Randagi) Chocolate Jesus (Gesù al cioccolato)
236 236 238 240
Australia Nick Cave The Mercy Seat (La sedia della misericordia) As I Sat Sadly By Her Side (Mentre mesto le sedevo accanto) Love Letter (Lettera d’amore)
243 245 245 250 253
Note biografiche Bibliografia Sitografia Discografia
257 273 274 275
Introduzione La parola alla musica: la canzone d’autore È tutta musica leggera ma come vedi la dobbiamo cantare è tutta musica leggera ma la dobbiamo imparare. (Ivano Fossati, Una notte in Italia)
Alle consuete e ineluttabili insidie insite nella cura di un’antologia, ossia di un’opera intrinsecamente soggettiva e parziale, si aggiungono, nel nostro specifico caso, due ulteriori difficoltà: la prima è quella di dimostrare che il testo non ricopre un ruolo meramente ancillare nella forma-canzone; la seconda consiste nel motivare l’opportunità di inserire, in una collana di selezioni di poesie, un volume dedicato alle loro ‘sorellastre’ meno blasonate, le canzoni d’autore. Radice della prima questione è il luogo comune secondo cui la componente principale di una canzone è la composizione musicale; posizione che, quindi, a giustificazione dell’innegabilmente folta serie di lavori sulla parte testuale di una canzone, cita la maggiore facilità con cui si può analizzare un testo anziché una partitura1. Tale considerazione merita replica imme1. Afferma Simon Frith in The sociology of rock: notes from Britain, in P. Tagg, D. Horn (a cura di), Popular Music Perspectives: Papers From the First International Conference on Popular Music Research, International Association for the Study of Popular Music, Gothenburg and Exeter 1982, pp. 168-169, citato da U. Fiori, Scrivere con la voce. Canzone, rock e poesia, Unicopli, Milano 2003, p. 84: «Sul rock sono state dette e scritte milioni di parole, ma raramente questa musica è stata analizzata
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diata, poiché farebbe inorridire qualsiasi studioso delle ‘accessibili’ humanae litterae: cosa significa che è più ‘facile’ analizzare un testo? Utilizzando quali strumenti e metodologie? Quale sarebbe l’approccio più ‘facile’ a un testo: quello sociologico, quello semiologico, retorico, sintattico ecc.? È innegabile che ci si occupi molto poco di critica musicale stricto sensu, ma tale carenza e la supposta facilità dell’analisi di un testo sono elementi irrelati. Piuttosto, sarebbe più corretto e fruttuoso invitare gli addetti ai lavori (dai musicisti professionisti ai teorici musicali) a porre le loro competenze specifiche alla base di studi scientifici che abbiano come oggetto proprio la composizione musicale. D’altro canto, proprio la profusione bibliografica dedicata alla dimensione testuale di una canzone potrebbe affondare le proprie radici in motivazioni più complesse di una presunta accessibilità del proprio oggetto di studio. Certo, come testimoniato da cantautori d’eccezione, De André2, Conte3 in termini musicali. Secondo Rolling Stone, poca critica rock si occupa di musica, perché alla maggior parte dei critici interessa più la sociologia che il sound. [...] Si è tentati di analizzare le parole a scapito della musica: le parole possono essere trascritte con relativa facilità e i versi compresi meglio degli accordi». 2. Lo afferma il cantautore genovese in un’intervista comparsa su «Fare musica», 1o giugno 1984, intitolata De André-Pagani. Un viaggio nel sole e nell’azzurro del Mediterraneo. Ovvero Fabrizio De André (F), Mauro Pagani (M.P.), Giancarlo Susanna (G.S.) e Stefano Pistolini (S.P.), intorno ad un tavolo e a una bottiglia, rispondendo ad una domanda di Giancarlo Susanna. 3. Viene riportata una dichiarazione di Paolo Conte estremamente significativa sulla questione in S. La Via, Musica per poesia in Paolo Conte, in Centro Studi Fabrizio De Andrè (a cura
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e McCartney4, la composizione musicale precede quella del testo, che, quindi nasce per la musica. Individuare in tali dichiarazioni la prova della marginalità del testo nella forma-canzone significa, a nostro avviso, fraintendere come un rapporto gerarchico quella che è, in realtà, la sequenzialità metodologica all’interno di un processo creativo. Infatti, considerare il testo un mero accessorio della canzone solo perché nasce per la musica significa ignorare che proprio la cura della parte testuale è un tratto discriminante la canzone d’autore da quella d’intrattenimento. È poi altrettanto evidente che, una volta stesa la partitura, non ci si limita alla realizzazione di un brano strumentale, ma si procede alla di), Il suono e l’inchiostro. Cantautori, saggisti, poeti a confronto, Chiarelettere, Milano 2009, pp. 176-177: «Nelle disquisizioni dei soliti critici viene […] dato uno spazio enorme ai testi delle canzoni. […] Così ci si stupisce quando qualche autore, come me, afferma di comporre prima di tutto la musica, poi di lavorare con le parole. [A]dattare le parole alle cadenze della composizione musicale […] è particolarmente difficile con la lingua italiana che, possedendo poche parole tronche e troppe parole sdrucciole, consonanti poco elastiche e scarsi dittonghi, si dimostra […] poco ritmica. Così che il testo […] adottato sarà anche il risultato di molte meditazioni e tantissime rinunce. Per contro, tutte queste costrizioni portano talvolta a [...] immagini e frasi “sintetiche”, […] eloquenti nella loro stringata rappresentazione di un’idea. […] E, talvolta, riescono anche a produrre rime inaspettate e interessanti». 4. Cfr. I. MacDonald, The Beatles. L’opera completa, Mondadori, Milano 1997, p. 156. McCartney ha più volte raccontato di essersi svegliato con il motivo di quella che sarebbe diventata la celeberrima Yesterday che gli ronzava in testa e di averne fissato gli accordi al piano. Solo dopo una lunga gestazione McCartney stese il testo definitivo della canzone, che in origine aveva il ben più dimesso titolo di Scrambled Eggs (uova strapazzate).
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composizione delle parole, dalle quali non può prescindere la terza componente della forma-canzone, la performance, l’interpretazione dell’artista. Inoltre, sebbene più di rado, avviene anche il processo inverso, ossia si compone musica per un testo, spesso una poesia. Solo per fare un paio di esempi, ricordiamo gli adattamenti musicali del sonetto S’i fosse foco di Cecco Angiolieri e della poesia Verrà la morte e avrà i tuoi occhi di Pavese a opera, rispettivamente, di De André e di Lolli5. Tuttavia, le succitate testimonianze lascerebbero intendere che l’adattamento delle parole alla musica preclude al testo la benché minima autosufficienza sulla pagina, considerazione che ci conduce nel cuore della seconda, profonda, perplessità che l’inserimento di un lavoro sul cantautorato in una collana di antologie poetiche potrebbe suscitare: il rapporto tra canzone d’autore e poesia. Infatti, mentre il testo poetico è intrinsecamente autosufficiente, quello di una canzone, spogliato del relativo supporto musicale, appare una forma d’espressione artistica depotenziata, monca, pertanto non suscettibile di analisi. Eppure, tale riserva non cela forse una buona dose di snobismo culturale, visto che non si rinuncia «a esaminare con l’opportuna strumentazione metrica, linguistica o retorica i testi delle antiche liriche romanze [...] soltanto perché, nella maggior parte dei casi, non disponiamo della musica che li accompagnava»6? 5. I due brani, non presenti nell’antologia, furono pubblicati nell’album Volume III (Bluebell Records, 1968) di De André e in Nove pezzi facili (EMI Italiana 1992) di Lolli. 6. M. Arcangeli, Non sono più solo canzonette. Storia della canzone e storia sociale degli italiani (e dell’italiano), in Centro
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La questione sulla pari dignità di poesia e canzone d’autore è annosa, irrisolta, e si ripropone molto più spesso di quanto si creda; per esempio, ogniqualvolta ci si imbatte in affermazioni del tipo: «Il testo di quella canzone è una poesia», «Quel cantautore è un poeta», definizione, quest’ultima, di cui sono stati fregiati artisti come Fabrizio De André, Bob Dylan e Patti Smith. Eppure, malgrado le buone intenzioni, tale consacrazione tradisce una sorta di complesso d’inferiorità della canzone nei confronti della poesia. Per elogiare un cantautore sembra necessario ‘elevare’ al rango di poeta qualcuno che altrimenti resterebbe confinato allo status di paroliere. E allora come interpretare l’inserimento sempre più massiccio di testi di canzoni nelle antologie scolastiche? Concessione malcelatamente snobistica o risarcimento, tardivo atto di giustizia, da parte della letteratura nei confronti della canzone? Una legittimazione autorevole di questa ‘invasione barbarica’, effettuata dalla canzone ai danni di spazi tradizionalmente considerati appannaggio della poesia, viene dal grande linguista Tullio De Mauro, che ha affermato: «Non credo proprio che i cantautori stonino sui libri scolastici. Sanno dire cose molto belle. E anche dal punto di vista linguistico talvolta sono molto più agili e svelti nel linguaggio di molti laureati perché il rapporto con la gente è diretto»7. Studi Fabrizio De André (a cura di), Il suono e l’inchiostro cit., p. 39. 7. Dichiarazione inserita in G. Schiavi, Cantautori da studiare, «Il Resto del Carlino», 7 ottobre 1985. Tale posizione è condivisa da A. Bertoni, che nell’introduzione al suo Trent’anni di Novecento. Libri italiani di poesia e dintorni 1971-2000, Book,
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Ciononostante, è tutt’altro che pacifica e paritaria la convivenza sulle antologie tra poeti e cantautori, a causa dell’ostinazione con cui si interpreta l’oggettiva distanza tra lo specifico poetico e quello della canzone in termini meramente gerarchici; non considerando che riconoscere la diversità di due elementi non implica necessariamente l’esistenza tra loro di un rapporto di subalternità. Semplicemente, una poesia non è una canzone come un dipinto non è una scultura; un poeta non è un cantautore per la stessa ragione per cui un architetto non è un direttore d’orchestra8. D’altronde, la subalternità della canzone nei confronti della poesia rientra in un quadro più ampio, comprendente altre espressioni artistiche letterarie e non solo. Basti pensare ad espressioni quali «Quel film è poetico», come se l’aggettivo in questione fosse sinonimo di bello. Al contrario, l’impossibilità per la prosa di aspirare alla purezza e alla sacralità della poesia è testimoniata dall’accezione negativa acquisita dall’aggettivo ‘prosaico’. Alla luce di quanto detto finora, si evince che quest’antologia nasce dalla volontà di restituire alla Castel Maggiore (BO) 2005, p. 13, afferma: «Nessuno […] può negare ciò che aveva intuito Pessoa […]: che la poesia, cioè, sa fare musica con l’ausilio della sola parola […]. E questo è indubitabile, a patto però che si parli di poesia davvero di qualità, perché non c’è dubbio che l’Amerigo di Guccini o l’Adriatico di Lolli […] sono molto più “poetiche” […] degli opera omnia di tanti mediocri poeti laureati». 8. Concetto espresso da Lello Voce durante una tavola rotonda a cui parteciparono anche David Riondino, Enrico Ruggeri, Frankie HI-NRG MC e Rosaria Lo Russo, riportata con il titolo di Poesia, canzone e performance in Centro Studi Fabrizio De André (a cura di), Il suono e l’inchiostro cit., p. 335.
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canzone una dignità svincolata dalla subalternità nei confronti della poesia, alla quale, pur con un’interazione diversa, è accomunata dalle medesime componenti, la parola e la musica. Se la canzone si serve di parole per musica, la poesia è musica delle parole. In altri termini, la parola è necessaria anche alla canzone e la poesia è intrinsecamente musicale. Ciò non deve sorprendere, poiché «la musica ha un aspetto sintagmatico, perfino narrativo, e le parole hanno un lato musicale»9. Non sta forse proprio in questa connaturata musicalità la radice della sua autosufficienza? D’altro canto, lungi dal costituire il mero adattamento di un insieme verbale alla relativa partitura, il testo di una canzone non è una sorta di traduzione dell’aspetto narrativo intrinseco alla musica? Unità fondamentale di questa narrazione è il verso: la canzone si serve quindi del «primo criterio di dissociazione della poesia dalla prosa»10, dall’erudizione, dalla ‘norma’. Alla base dei numerosissimi interscambi tra canzone e poesia è la loro comune anarchia culturale, grazie alla quale gli artisti più ‘impegnati’ possono citare, omaggiare o parodiare la poesia senza violarne l’essenza, depotenziata, invece, ogni volta che la cultura organizzata cerca di assorbirla. Come non ricordare, a questo punto, l’omaggio reso dall’anarchico Fabrizio De André con la Ballata degli impiccati a François Villon, l’antesignano dei poeti maudits, particolarmente caro anche al cantautore francese Georges Brassens, che gli si 9. R. Middleton, Studiare la popular music, Feltrinelli, Milano 2009, p. 313. 10. A. Marino, Teoria della letteratura, il Mulino, Bologna 1994, p. 216.
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è ispirato, per esempio, per La ballade des dames du temps jadis? Anche la ricerca di Guccini, uno dei cantautori più coerenti e raffinati del nostro panorama musicale, attinge alla poesia, quando, per esempio, cita Howl del poeta beat Allen Ginsberg per l’incipit di Dio è morto, oppure s’ispira a La più bella di Gozzano per L’isola non trovata (non presente nell’antologia). Alla seduzione della poesia non hanno resistito neanche Dalla, che offre con Canzone un esempio perfetto di riutilizzo del tòpos cavalcantiano11 e dantesco12 del componimento poetico, inviato all’amata affinché le rechi notizia dei sentimenti del poeta, e De Gregori, che con L’abbigliamento di un fuochista richiama la lauda Donna de Paradiso di Jacopone da Todi. Perfino la tradizione poetica più ‘scolastica’ nella riscrittura parodistica può recuperare parte di quella carica eversiva imbrigliata dalla ‘sistemazione libresca’, come in Frammenti, brano di Battiato costruito con versi tratti da poesie di Carduc-
11. Si pensi a una ballata come Perch’i’ no spero di tornar giammai, interamente costruita su tale tòpos. 12. Ricordiamo, a titolo esemplificativo, almeno due componimenti: il sonetto Parole mie che per lo mondo siete, dove leggiamo: «Parole mie che per lo mondo siete, / voi che nasceste poi ch’io cominciai / a dir per quella donna in cui errai: / “Voi che ’ntendendo il terzo ciel movete”, // andatevene a lei, che la sapete, / chiamando sì ch’ella oda i vostri guai; / ditele: “Noi siam vostre, ed unquemai / più che noi siamo non ci vederete”»; e la celebre canzone ‘petrosa’ Così nel mio parlar voglio esser aspro, che si conclude con i seguenti versi: «Canzon, vattene dritto a quella donna / che m’ha ferito il core e che m’invola // quello ond’io ho più gola, / e dàlle per lo cor d’una saetta; / ché bell’onor s’acquista in far vendetta».
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