Malocchio Nel mondo esistono milioni di persone che soffrono di "mal di testa", una situazione generica che è meglio definita come "emicrania o cefalea." L'emicrania è il termine usato per definire il dolore a una sola parte del cranio, mentre la cefalea colpisce bilateralmente. Qui mi fermo perché non voglio discutere un trattato di medicina, ma soprattutto perché l'argomento vuole trattare un caso di "mal di testa" guarito non con la medicina classica, bensì con l'impiego di "vecchie sagge" e del quale il sottoscritto è stato testimone. Il fatto risale a oltre quindici anni addietro. Un mio cugino un pomeriggio d'estate, fu ricoverato in ospedale perché accusava fortissimi dolori alla testa, così forti da provocargli vomito e senso di svenimento. Visto il periodo caldo ed essendo stato a mare il mattino, si pensò subito a un’insolazione. Gli furono praticate le cure del caso ma niente, non sortivano alcun effetto. Il ragazzo continuava a peggiorare e a lamentare dolori insopportabili. Le analisi non denunciavano alcuna patologia essendo negativa sia la TAC che gli esami del sangue. A quel punto mio zio (il padre) uscì dall'ospedale per ritornare dopo poco insieme ad un'anziana signora. La conoscevo perché abitava di fronte la casa dei miei nonni. Senza dire una parola, entrò nella stanza e con fare perentorio ci invitò a uscire spingendoci a braccia larghe verso il corridoio e non appena si trovò da sola con il ragazzo, chiuse la porta. Ci guardavamo tutti in faccia 2
senza sapere cosa dire ma soprattutto senza riuscire a capire cosa stesse accadendo. Dopo una trentina di minuti la porta si riaprì e il primo a spuntare fu mio cugino. Era rinato! Non accusava più alcun dolore, riusciva a camminare e mostrava un'espressione rilassata e felice. Dopo i vari abbracci di genitori nonni e zii, mi avvicinai e gli chiesi lumi. Mi disse solamente: "Ero in uno stato d'incoscienza, intravedevo la vecchia signora che con le mani mi teneva il capo mentre recitava frasi che non capivo. Quello che di certo so è che a un certo punto il dolore è svanito di colpo, come se mi avessero letteralmente sradicato i punti dolenti e ho sentito ritornare le forze molto velocemente". Non potevo credere ai miei occhi e certo non avrei creduto a una storia del genere se non fossi stato presente. Dove le cure mediche e farmacologiche hanno fallito, l'intervento di una saggia e anziana donna, ha avuto la meglio. Seppi più tardi che si trattò di un rito per togliere il malocchio, causa del problema che aveva colpito mio cugino. Sono sempre stato scettico su questi argomenti, ma io c'ero e ho visto. Potrei dire che si è trattato sì un caso risolto grazie all'effetto placebo, ma il malcapitato era in uno stato di semiincoscienza e quindi non in grado di capire cosa stesse avvenendo. Neanche i medici hanno saputo spiegare un miglioramento così repentino. Hanno solo potuto costatarne la guarigione. Dalle nostre parti esistono ancora certe credenze e certi 3
personaggi. Fra la popolazione locale sono rispettati e spesso vengono contattati per risolvere quei problemi che per la scienza risultano inspiegabili. Non so di cosa si sia trattato, ma quello che so di certo è che mio cugino grazie a questa pratica è potuto tornare a una vita normale...
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La ballerina Ciao ragazzi. Io sono stato il protagonista di una storia allucinante. Una sera stavo per recarmi presso una discoteca della mia zona. Nel mio paese esiste un castello molto grande, oggetto delle storie più disparate com'è giusto che sia per un maniero che si rispetti, ma le ho sempre ritenute chiacchiere, dicerie, leggende metropolitane insomma. Per farla breve mi trovavo a passare con la macchina accanto a uno dei muri di cinta della costruzione. Potevano essere le 23,30 mezzanotte al massimo quando notai a una cinquantina di metri di fronte a me sul ciglio della strada, una figura. Era vestita tutta di bianco e stava seduta sul marciapiede con il capo chino tra le ginocchia. La cosa m’incuriosì non poco, per cui rallentai. Pensando che potesse trattarsi di qualcuno in difficoltà feci per affiancarmi al ciglio del marciapiede ma non appena arrivai a una decina di metri dalla persona, questa si alzò e a passo di danza si diresse nel mezzo della carreggiata. Ero allibito, pensavo a uno scherzo e cercavo di scorgere se intorno ci fosse qualcuno a riprendere pensando a una candid camera, avevo amici che erano capaci di questo e altro. Non appena feci per aprire lo sportello e scendere dall’auto, la figura che adesso avevo definito come una donna dai capelli lunghi e biondi e che vestiva un abito elegante da sera, mi guardò per un attimo dopodiché sempre a passo di danza si diresse verso un muro in pietra alto una decina di metri che stava di fronte alla strada e non appena si trovò a un metro lo oltrepassò con un balzo…. Avete capito bene. Questa tipa aveva attraversato 5
un muro! Ero letteralmente terrorizzato e salito in macchina percorsi i cinque km che mi separavano dalla discoteca in meno di due minuti, con gli occhi fissi sullo specchietto retrovisore, convinto che da un momento all’altro me la ritrovassi seduta sul sedile posteriore. Questo non accadde per mia fortuna ma quando arrivai a destinazione quasi mi dovettero sorreggere visto che non mi sentivo più le gambe. Quando raccontai la storia, molti si misero a ridere ma alcuni mi dissero della ballerina. A quanto pare in una delle varie dominazioni, una donna, una ballerina di corte, si buttò giù dal castello dalla parte che guardava la scogliera per una delusione d’amore. Da quel giorno sembrerebbe che il suo spirito girovaghi nella zona come un’anima in pena. Dopo quest’avventura ho passato momenti veramente difficili. Non riuscivo a dormire al buio e dovevo tenere la luce accesa come un bimbo di cinque anni. Ci sono voluti diversi mesi per tornare alla normalità se così possiamo dire. Io ho visto un fantasma nello stesso modo in cui si possa vedere un motorino, un albero o una casa. Sono sicuro che non si sia trattata di un’allucinazione o di un sogno. Io so di aver visto la ballerina……
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Tradimento La prima domanda che una donna si pone quando scopre di essere stata tradita dal partner, ovviamente è: “PERCHE’?”, domanda più che legittima e non certo meno dolorosa se il fedifrago ha consumato l’adulterio con una più brutta… In effetti sembra inspiegabile scoprire uno che ha una bella moglie fare sesso con una cozza. Ma il mistero è più semplice da spiegare di quel che non si creda e spesso l’adultero tace non perché non sappia rispondere, ma per l’imbarazzo e la vergogna della motivazione. Tra le diverse cause, la prima è l’incomprensione sessuale. Ma ce ne sono altre: educazione in materia inesistente, tabù, privazione di richieste fantasiose, stress, mancanza di tempo, routine, insomma l’elenco è infinito. Tutti questi fattori contribuiscono a far scemare l’appetito che mai è equivalente in entrambi i partner, per cui al desiderio di uno corrisponde l’inappetenza dell’altro e vorrei avere la presunzione di affermare che il più delle volte a chiamare in causa l’emicrania è una LEI…. Ecco quindi che nei momenti più tristi e bui della nostra esistenza sessuale appare la Circe della situazione, la sirena ammaliatrice… Ti punta e lo sguardo sembra penetrarti fin dentro la mente, in grado di leggere tutto ciò che puoi pensare, ivi inclusi quei desideri repressi che la tua partner non intende ascoltare e che lei è pronta a soddisfare. Immaginate di capire che davanti vi trovate la geisha che avete sempre sognato pronta a soddisfare tutto ciò che desiderate ma che non avete mai osato chiedere. Quello che le potrebbe mancare dal punto di vista estetico, 7
sarà sostituto da una sapiente arte amatoria, tecniche sopraffine con finale rottura di ogni tabù sessuale. Ma la cosa più bella e che non dovremo condividere altro con lei che solo questo, il sesso appunto. Tutti i problemi della convivenza resteranno fuori, rilegati esclusivamente a essere affrontatati con l’altra vita, quella legale. Nessuna complicazione sentimentale, perché è vero che, quando colti sul fatto, affermiamo che la persona che amiamo è solo lei, la metà a cui abbiamo giurato eterno amore, anche se il sentimento si è modificato in un amore platonico, evangelico, il motivo appunto che ha determinato la ricerca del piacere fisico in un’altra. In questo modo si è ricreato il giusto equilibrio, contrappesando allo stress quotidiano generato dalle incomprensioni familiari e di lavoro, il piacere anche se fugace di un’evasione machiavellica in chiave erotica, nel nirvana del sesso. Certo, non tutti riescono a convivere bene con i rimorsi, ma alla fine questo è un piccolo prezzo da pagare per quella che deve essere definita la valvola di sfogo esistenziale. Vorrei chiarire una cosa: il sottoscritto in questo caso è solo portavoce di quella che dovrebbe essere una spiegazione logica del perché accade un tradimento,tenendo conto che non è la verità assoluta, ma una delle probabili, soprattutto se il tradimento avviene esclusivamente per motivi legati al sesso. E tra i motivi sessuali non è da ritenere meno importante quello dell’inappetenza e della strafottenza. Emicrania, mal di pancia, mal di denti, mestruazioni, depressione sono le “scuse” che più frequentemente ci sentiamo rispondere. Bellissimo quando entrano a letto con quel pigiamone di 8
felpa che le copre fino al collo, come l’anticristo esiste anche l’antisesso, perché è questo che rappresenta un tale abbigliamento, uno scafandro inespugnabile. E se ciò non bastasse, un bel cuscino piazzato nel centro del letto dissolverà ogni dubbio. Per carità, i momenti no capitano a tutti, non siamo certo delle macchine. Ma se i fatti si verificano continuamente, che cavolo ti sorprendi a fare se l’hai colto a eseguire tutte le posizioni del kamasutra con la contorsionista da circo? Il mio ragionamento e quindi le sensazioni, vengono esposte in qualità di uomo ma credo valgano anche per la donna. Lascerei perdere i luoghi comuni che recitano come la donna tradisca solo per amore. Niente di più falso considerando come spesso le amanti siano a loro volta sposate e tradiscano per gli stessi identici motivi. Non ho certo scoperto l’acqua calda, ma ho solo esposto il mio punto di vista senza fronzoli e giri di parole, del perché potrei tradire la mia partner. Non è nemmeno una dichiarazione d’accusa o di difesa per nessuno. Basterebbe solo dire no con meno frequenza, ma soprattutto evitare di indossare le tute di felpa come pigiama che altro non sono che un inequivocabile segnale di “off limits”…..
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Quando l'amore supera ogni barriera Io sono Amanda, ho quaranta anni e quello che mi è successo è incredibile e per molti impossibile da comprendere. Provengo da una storia sentimentale difficilissima, durata quasi dieci anni e conclusasi tre anni fa dopo dei tira e molla che avevano minato il mio equilibrio psichico. Alla fine sono riuscita a dare un taglio netto e a gettarmi tutto alle spalle, certo non con poche difficoltà. C’è voluto oltre un anno per riprendermi e proprio quando credevo di aver trovato il mio equilibrio, accadde qualcosa che segnerà per sempre la mia vita. Avevo deciso di non avere più relazioni sentimentali. A dire il vero avevo deciso di non avere più relazioni con il mondo intero, ecco perché passavo le mie giornate tra lavoro e computer. Uscivo da casa giusto per svolgere le attività necessarie per rientrarci immediatamente dopo, una volta finito il turno lavorativo. Riuscivo a guardare all’esterno solo attraverso il monitor. Non avevo più amici, li avevo allontanati tutti e l’unico svago era il computer. Mi teneva compagnia fino a notte fonda ed era l’unico mezzo che mi dava l’illusione di vivere in una società anche se solo multimediale. Frequentavo diversi social network convinta che così sarei stata al sicuro, ben protetta dalla fortezza della mia casa. Lui si chiamava Marco e lo conobbi su internet. All’inizio uno come tanti pensai, il classico falco che si molla sulla preda non appena legge un nome femminile. Ma sbagliavo, non era come gli altri. Sin dall’inizio notai un comportamento che mi colse alla sprovvista. Non era mai insistente o scurrile, direi molto brillante e simpatico al punto giusto, 10
quella simpatia che spesso sconfina in ammirazione per la facilità con cui riesce a coinvolgerti, a inebriarti. Riusciva a provocarmi uno stato intenso d’interesse, non era mai banale e sembrava conoscere tutto di me, cosa pensassi, cosa mi piacesse e cosa no. Aveva il dono di leggermi dentro. Passarono circa due mesi e la nostra relazione s’intensificò a tal punto che non vedevo l’ora di tornare a casa per potermi collegare. Non riuscivo a fare a meno di pensarlo a qualunque orario e ovunque mi trovassi. Non sapevo nulla di lui eppure ero perdutamente innamorata! Ero scappata dal mondo proprio per evitare quello che invece era accaduto e, che fosse successo così, era il colmo. Accadde dopo quasi tre mesi. Mi decisi a chiedergli se fosse interessato a incontrarmi, gli parlai dei miei sentimenti, mi misi a nudo e rischiai di perderlo. Scomparve per un paio di giorni. In questo periodo non ne seppi più nulla, pensavo di averlo spaventato, che magari fosse sposato. Non riuscivo a darmi pace. Eppure il suo comportamento non dava adito a fraintendimenti. Più volte mi aveva fatto capire di provare le stesse mie sensazioni, riusciva a farmi sentire importante, una donna vera come non mi era mai capitato, era riuscito in pochissimo tempo a farmi riavere quella fiducia e sicurezza che credevo perse e che ci fosse riuscito senza alcun contatto fisico, lo avevano fatto diventare un dio ai miei occhi. Provavo pura venerazione e sarei stata pronta e seguirlo fino in capo al mondo. Fu quando stavo per cadere nella disperazione più profonda, che riapparve. Si scusò, mi disse che non era pronto a ciò che chiedevo. Anzi mi disse che sarebbe stato 11
impossibile per lui avere una relazione fisica con me, che non avrebbe potuto darmi più di quello che stava concedendomi in questo momento, anche se provava vero amore nei miei confronti. Ero confusa e amareggiata, arrabbiata anzi. Lo pregai di incontrarmi anche una sola volta, che non mi sarebbe importato del suo aspetto fisico perché mi ero innamorato del suo spirito, di quel cuore immenso che aveva mostrato. Ma fu irremovibile e credetti di morire quando aggiunse anzi che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo avrei sentito. Mi disse “perdonami se puoi. Mi conforterà il fatto di saperti nuovamente forte e pronta ad affrontare la vita.” E se anche attraverso la cuffia, mi sembrò di sentire una grandissima tristezza e disperazione in quelle parole, quasi gli venissero imposte da qualcuno che gli puntava una rivoltella alla tempia. Poi fu il silenzio. “NO”. Non ero certo decisa a mollare così. Lo volevo vedere, volevo guardarlo in faccia dritto negli occhi e chiedergli perché. Perché provocare tanto dolore a una persona, illuderla per poi farla sprofondare nella disperazione. Di lui conoscevo nome e cognome e abitava a non più di 100 km dalla mia città. Non conoscevo la via e ringraziai di vivere in un epoca dove il computer in questi casi diventa un elemento insostituibile. Grazie al fatto di avere un cognome particolare e a internet, trovai anche la via e sperando che fosse l’indirizzo giusto, salii in macchina e mi avviai verso l’ignoto. Ci volle poco più di un’ ora per trovare l’abitazione. Era un villetta isolata, con un piccolo giardino intorno. Da poco 12
erano passate le ore 21,00 e probabilmente sarei piombata in casa di sconosciuti all’ora di cena, con la possibilità che nulla avessero a che vedere con lui. Ma ormai non potevo più fare marcia indietro, mi feci coraggio, posteggiai e suonai al campanello. Mi aprì una signora. Doveva avere pressappoco cinquanta anni e corrispondeva perfettamente alla descrizione della madre che Marco mi aveva fatto in uno dei tanti discorsi. Per un attimo rimasi interdetta perché non sapevo da dove cominciare, poi però trovai la forza di salutare e presentarmi. A quel punto le chiesi se quella fosse la casa giusta, la caso di Marco. Per un attimo vidi il volto della donna diventare ceruleo e piegare le ginocchia. Ma fu solo un attimo…”Io sono la mamma di Marco” rispose, “cosa vuole?” Cercai di rassicurarla e la pregai di farmi entrare così le avrei spiegato ogni cosa. Tentennò qualche istante ma poi mi fece accomodare. Non c’era nessun altro in quella casa e sapevo che viveva da sola perché da oltre quattro anni era rimasta vedova. Raggiungemmo il salone e lì m’invitò a sedere sul divano. Le raccontai tutto, ogni cosa. Lei non fiatò una parola. Mi fece finire il discorso e poi disse a bruciapelo “Marco, mio figlio è morto più di sei mesi fa in un incidente stradale. Non capisco perché mi sta facendo questo, ma la prego adesso di andarsene”. Il mio cervello però si bloccò sulla parola “morto”, il resto mi arrivò in modo incomprensibile. Non riuscivo a respirare o parlare. Quando ci riuscì dissi bisbigliando “non è possibile. Ho parlato con lui fino ad oggi”. Eravamo entrambe spaventate. Sua madre mi rinnovò l’invito ad andarmene o avrebbe chiamato la polizia. Il suo viso era una maschera di terrore e 13
disperazione e le lacrime le ricoprivano interamente il viso. Mi sembrava di vivere una situazione irreale, ero incapace a reagire. Mi prese per un braccio e cominciò a spingermi fuori. A quel punto mi fermai e la pregai di aspettare un attimo. Mi vennero in mente tutte le cose intime che Marco mi raccontò sulla sua famiglia. Iniziai a farle uscire fuori, una a una. Le raccontai episodi che nessuno poteva conoscere tranne suo figlio. A quel punto cadde in ginocchio e cominciò a singhiozzare ancora più forte e più disperata che mai. Non trovai di meglio che abbracciarla e piangere insieme a lei. Restammo in quella posizione per quasi dieci minuti, poi mi feci forza e l’aiutai a rialzarsi. Le lacrime erano finite e adesso i suoi occhi rossi e cerchiati erano smarriti, vogliosi però di capire. Si alzò, andò nell’altra stanza e tornò con la foto di un ragazzo.“Questo è Marco” mi disse con voce rotta dall’emozione. Era bellissimo, un viso sorridente e due occhioni blu. Una bocca perfetta. Un principe azzurro. Mi sentii morire e non riuscivo a capire cosa provassi, se angoscia rabbia o delusione. Per quanto mi sforzassi di dare un senso a quanto accaduto non ci riuscivo. Le chiesi se Marco aveva una stanza e se avesse un computer in casa. Rispose di sì. Allora la pregai di mostrarmela. Mi disse che l’aveva lasciata esattamente come l’ultima volta in cui sui figlio era vivo. Non era riuscita a dar via nulla, nemmeno a togliere i vestiti dall’armadio. La prima cosa che notai fu il computer. Era un notebook ed era collegato tramite un cavo di rete a un router il quale risultava acceso. Le domandai come mai non fosse spento e lei rispose che non sapeva nemmeno cosa fosse. Le chiesi il permesso di aprire il computer e me 14
lo concesse. Feci per alzare il coperchio e il monitor si accese, era come se il PC fosse stato messo in standby. Il video mostrava il desktop di windows. La signora non riusciva a dare alcuna spiegazione. Pensò che il laptop fosse rimasto acceso per tutto questo tempo perché il figlio non lo aveva spento. Spesso chattavamo tramite il Messenger e il programma archivia le chat. Le trovai tutte. I nostri discorsi erano stati salvati sull’hard disk. Non le dissi nulla di questo. Chiusi il computer e uscimmo dalla stanza. Eravamo scosse, incredule e non sapevamo più che dire o fare. A quel punto si era fatto veramente tardi e dovevo rientrare. Le chiesi se potevo fare qualcosa per lei, se avesse qualcuno da cui andare, ma mi rassicurò dicendo che era tutto a posto e che voleva solo andare a dormire perché si sentiva sfinita. Mi congedai e tornai a casa. Mi sentivo svuotata e quando entrai nell’appartamento cercai direttamente la stanza da letto. Volevo addormentarmi possibilmente senza svegliarmi più. Fu la luce del monitor del computer ad attirare la mia attenzione. Mi guardai intorno convinta che qualcuno fosse entrato in casa essendo sicura di aver spento il PC prima di uscire. Ma la paura durò solo un attimo, il tempo di leggere quello che c’era scritto sullo schermo.
“L’amore è il sentimento che governa l’universo e può superare qualsiasi barriera, anche quella della morte. Non chiedermi come tutto ciò sia stato possibile, ma ho avuto 15
quest’opportunità e non l’ho rifiutata. Il sentimento che nutro per te è di amore puro e potrò offrirtelo solo in questa dimensione. Rispetterò la tua decisione qualunque essa sia. Sappi però che ti amo.” Ormai sono due anni che Marco ed io conviviamo, certo non nel modo delle coppie convenzionali, ma a un livello diverso, direi più elevato. Sono felice e ho trovato la mia dimensione. Come faremo se vogliamo dei figli? Beh, quelli si possono pure adottare. Ah, quasi dimenticavo. Roberta, mia suocera di tanto in tanto viene a farci visita. Sapete cosa ha chiesto al figlio? Se la sera si copre bene per non raffreddarsi. Eh si! La mamma è sempre la mamma….
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La cartomante E’ quando credi di avere avuto tutto dalla vita che sei più vulnerabile, perché pensi che non esista altra possibilità se non quella della felicità. Una bella famiglia, grande casa, ottimo lavoro, fidanzata e macchina stupenda, ti senti un leader nella società, una sorta di super eroe intoccabile. Ho sempre creduto esclusivamente nelle mie forze e non mi sono mai posto il problema di Dio o del diavolo, se ci sia la vita dopo la morte e discorsi affini. Secondo la mia forma mentis la realtà è quella che vivi, che tocchi, che respiri, tutto ciò che gli organi sensoriali riescono a percepire e decifrare; il resto è out. E’ per questo che quel maledetto pomeriggio del mese scorso, ho preso in giro la cartomante. L’ho derisa davanti ai miei amici, umiliandola e offendendola oltre modo. Ma è anche grazie a questo che oggi posso raccontarlo… Dobbiamo fare un passo indietro, esattamente al 19 Settembre 2011. Quest’anno l’estate non vuole finire più e le isole Eolie in questo periodo sono meravigliose. Temperatura non troppo elevata, flusso turistico all’osso, prezzi vantaggiosi e tanto mare pulito. L’isola in questione è Vulcano e uno dei luoghi che raccoglie la maggior parte dei ragazzi, è la baia delle spiagge nere, chiamata così per la sabbia scura e sottile di origine vulcanica. Era all’imbrunire, l’orario in cui è possibile ammirare uno dei tramonti credo più belli al mondo, quando il sole cala 17
dietro i faraglioni, diffondendo nel cielo una velo colorato rosso arancio. Ero sul bagnasciuga in compagnia della mia ragazza e di un’altra mezza dozzina di amici quando spuntò lei. Doveva avere non più di ventidue, ventitré anni, nonostante il caldo indossava un indumento nero e pesante che la ricopriva fino alle caviglie. La testa e parte del viso erano nascosti da un foulard che lasciava intravedere una chioma nera e due grossi orecchini pendenti. Si fermò proprio dinanzi a me, come se sapesse chi cercare. Aveva due occhi stupendi e un paio di labbra turgide e rosso pepe, ma non per il rossetto, bensì per merito di mamma natura. Disse solo, “ti leggo il futuro e per te lo faccio gratis”. Dalla cerchia di amici si alzò un bisbiglio di scherno e sfottò che ricambiai con un sorriso beffardo e uno sguardo d’intesa, che voleva far intendere come la poveretta fosse entrata nella tana del lupo. Pensai che ci saremmo divertiti con lei. “perché no” risposi e le porsi la mano destra. “la sinistra” mi disse, “è la mano sinistra di cui ho bisogno”. Ritirai una e porsi l’altra… Iniziò ad accarezzarla molto delicatamente, seguiva le linee con le dita procurandomi una stranissima sensazione. Aveva un modo così sensuale direi, che lo ritenni addirittura eccitante. E della cosa se ne accorse Claudia, la mia ragazza, la quale si avvicinò e prendendomi sotto braccio chiese “e allora, che novità ci sveli?”
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La donna non girò il capo ma tenne gli occhi fissi sul palmo della mia mano e senza scomporsi le rispose che la prima novità sarebbe stata la nostra rottura. Mentre tutti gli altri scoppiarono a ridere, Claudia diventò seria e paonazza in viso e con voce tremula disse “non sei per niente spiritosa !” La notizia mi aveva sorpreso nel senso che ormai da tempo non provavo più amore per lei e a essere sinceri non avevo ancora trovato il coraggio di dirglielo. Ma fu la seconda cosa che disse a farmi smettere di sorridere. Aveva indovinato e commentato in maniera esatta, un episodio di cui solo io ero a conoscenza. Riguardava un incidente che mi aveva visto coinvolto da bambino, in cui per salvarne un altro mi ero gettato dentro una pozza di calce viva nella quale era finito questo piccolo ragazzino rischiando di morire. Riuscì a tirarlo fuori ma a un prezzo molto altro. Finimmo entrambi in ospedale rischiando di morire… Mentre gli altri continuavano a fare i buffoni prendendo in giro la cartomante, io diventavo sempre più serio. La mia bocca adesso era perfettamente dritta senza mostrare quella smorfia di scherno di alcuni minuti prima. Lei invece ruotava gli occhi dalla mano ai miei e lo faceva molto lentamente con gli angoli della bocca tirati verso su, segno di un sorriso benevolmente ironico che sapeva di rivincita. Fu quando mi disse che da lì a un paio di giorni il mio destino sarebbe stato segnato che cominciai a preoccuparmi sul serio. Ritirai di colpo la mano e feci un passo indietro stizzito. Le urlai testuali parole “che cazzo dici? Che intendi con destino segnato?” Lei continuò a 19
fissarmi dritto negli occhi e aggiunse “non devi aver paura, perché puoi ancora salvarti. Basta che tu creda in ciò che ti dirò adesso”. “no” le risposi. “Tu adesso sparisci perché hai rotto”. La ragazza non aggiunse altro, si girò e si apprestò ad avviarsi non prima di aver aggiunto “Mi trovo alloggiata presso villa Elena, all’inizio della strada che porta a Vulcanello. Potrai venire a qualsiasi orario se ne avrai voglia”. Fu Claudia a risponderle e lo fece in malo modo, schernendola e insultandola. La bloccai pregandola di tacere. Prima che fosse troppo lontano perché non mi sentisse le chiesi come si chiamava. Zaira era il suo nome. Cercai di dimenticare l’episodio e di tornare il tipo brillante di sempre, ma per quanto mi sforzassi non ci riuscivo. Nelle mie orecchie rimbombava il suono delle parole di Zaira e della profezia. Non riuscivo a pensare ad altro. Cercavo di convincermi che era solo suggestione, ma le cose che aveva indovinato non potevano essere una semplice coincidenza. Volevo andare a fondo e scoprire la verità. Decisi di andarla a trovare, così mi alzai dal tavolo della pizzeria in cui ci eravamo seduti per cenare e mi congedai senza dare troppe spiegazioni, azione che lasciò in un certo imbarazzo la compagnia. Ma sapevano benissimo dove fossi diretto anche se nessuno lo disse apertamente. Fu Claudia a seguirmi e a chiedermi di accompagnarmi, ma le dissi che era una cosa che dovevo fare da solo. Diventò insistente e aggressiva e lo faceva non perché fosse preoccupata per la mia incolumità ma solo per gelosia. Fu la goccia che fece
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traboccare il vaso. La mandai definitivamente a quel paese…. Per chi non conosce l’isola, Vulcano rappresenta a mio avviso la più caratteristica tra le sette sorelle. Esistono due crateri, quello centrale e più alto e poi su una piccola penisola si è formato quello più piccolo detto appunto Vulcanello. Le strade sono buie com’è giusto che sia su un’isola di quel tipo e la strada principale è una e compie l’intero giro passando anche per la zona dove risiede la cartomante. Impiegai meno di dieci minuti per arrivare sul posto. La villetta si trovava in una zona interna alle pendici di Vulcanello, ma riuscii a scovarla facilmente. Suonai al cancello elettrico esterno e dopo qualche secondo si aprii senza che mi fosse stato chiesto nulla. La casa si trovava a circa cinquanta metri dall’entrata, una villetta in classico stile eoliano, bianca con veranda a un piano. Non appena misi piede nel patio la porta si aprì e lei apparve in tutto il suo splendore. Aveva i capelli sciolti, lunghissimi di un nero brillante. Gli occhi scuri intensi luccicavano di luce propria. Indossava una vestito lungo che le dava una classe fuori dal comune valorizzandone le forme e la bellezza. Restai senza fiato. “Entra” mi disse con un sorriso che le illuminava il volto “ti aspettavo”. Mi sentivo frastornato mentre mi accomodavo sul divano e senza falsa modestia, difficilmente una donna riesce a mettermi in imbarazzo. Avevo dimenticato il vero motivo per cui mi trovavo li. L’ambiente era illuminato esclusivamente da candele e nell’aria si percepiva un odore inebriante, frutto di un particolare incenso che si 21
consumava dentro una ciotola. Non disse una parola, mi s’inginocchiò davanti e mi baciò. So che può sembrare esagerato, ma ogni cosa di lei sembrava appartenere a un mondo sconosciuto. La pelle simile a seta e l’odore, una fragranza che coinvolse ogni cellula dei miei sensi facendomi precipitare in uno stato di oblio. L’unica piccola parte ancora vigile del mio cervello che ancora era in grado di tenere un legame con la realtà mi ricordò il motivo per cui mi trovavo in quel posto. Feci per parlare ma lei mise delicatamente un dito sulla mia bocca e disse “non ora…” Fu una notte di passione che non riesco a descrivere (e non voglio a dire il vero). Quello che provai non mi era mai accaduto prima e l’ultima cosa che ricordo è il suo bel viso che mi guarda mentre mi accarezza i capelli e mi addormento. Il camion della spazzatura passa la mattina presto intorno alle sei. Era questo l’orario in cui mi svegliai grazie al rumore del cassonetto che veniva svuotato. Non mi resi subito conto di dove mi trovassi. Avevo la testa che mi girava e mi sentivo sfinito, svuotato. Quando mi ricordai allungai la mano per cercarla ma non c’era. Mi drizzai a fatica mettendomi seduto e la chiamai. Avevo ancora un sonno bestiale e feci una fatica immensa per alzarmi. Girai la casa ma di lei non c’era traccia. Tornando nella camera mi accorsi che sul suo cuscino c’era una busta con fuori il mio nome. Andai in bagno, mi lavai la faccia aprii la busta tirai fuori la lettera e cominciai a leggerla. 22
“Quando leggerai questa lettera io sarò già molto lontana.” Pensai lontana quanto visto che prima delle nove non parte alcun mezzo dall’isola. “A volte accadono cose che sembrano inspiegabili ma che avvengono perché è cosi che deve essere. Ciò che è avvenuto stanotte è ciò che ti ha salvato la vita. Era necessario che accadesse affinché tu potessi continuare a vivere; con le parole non mi avresti mai creduta. Esiste più di ciò che vedi e ti prego di ricordarlo. Fai tesoro di ciò e non dimenticare mai questa notte. Addio, Zaira” Era tutto assurdo… Mi sembrava di vivere una situazione irreale, talmente impossibile che pensai ad uno scherzo. Ma rimaneva il fatto di ciò che era riuscita a indovinare alle sabbie nere e poi poteva una ragazza arrivare a fare l’amore solo per scherzo? Quello che c’è stato stanotte non poteva essere accaduto solo per gioco. Mi rivestii in fretta e furia con la ferma convinzione di cercarla anche se ciò avesse voluto dire girare tutta l’isola. Feci in tempo a immettermi sulla strada che in lontananza notai una colonna di fumo e proveniva dalla zona in cui risiedevamo. Avevamo preso in affitto un trilocale dalle parti del porto delle Genti, una zona oltre le sabbie nere. Iniziai a correre più forte che potevo e più mi avvicinavo e più ero certo che si trattava della nostra abitazione. Quando arrivai sul posto c’era una piccola autobotte che cercava di spegnere le fiamme che fuoriuscivano dal locale, in particolare da quella che doveva essere la mia stanza. Mi catapultai verso il cancelletto cercando di entrare nel 23
giardino, ma gli agenti che erano giunti sul posto mi bloccarono. “Ci sono i miei amici dentro” urlai e fu a quel punto che li vidi. Erano tutti sani e salvi in un angolo, tremanti di paura ma vivi. Ci abbracciammo con le lacrime agli occhi. “Cosa è successo?” chiesi. La bombola del gas era esplosa. La cucina si trovava in un locale esterno confinante con la mia stanza. Nella deflagrazione la parete a contatto con essa era stata letteralmente polverizzata distruggendo ogni cosa. I ragazzi che si trovavano nell’altra ala dell’appartamento erano riusciti a mettersi in salvo senza riportare alcun graffio. Se mi fossi trovato li sarei sicuramente morto. Lo so, è difficile da credere e non mi aspetto che lo facciate e scusatemi la franchezza nemmeno m’interessa; a dire il vero non ci credo nemmeno io. Però è accaduto, io lo so e questo mi basta. Lo racconto esclusivamente perché devo pubblicamente ammettere quanto limitata sia la conoscenza umana e poco propensa ad andare oltre i limiti dei sensi. Chi era Zaira e perché ha fatto ciò che ha fatto è un mistero che si aggiunge al mistero. Io voglio pensare che sia stata il mio angelo custode, non conforme allo standard certo e che abbia compiuto una missione che consisteva nel salvare il sottoscritto ma più che dalla morte fisica da quello dello spirito, assopito da una concezione esclusivamente terrena e materiale. E voglio anche credere che ciò che sia accaduto fra noi non sia stato programmato, ma sia stato un eccezionale evento in cui due esseri pur se diversi hanno provato amore consumandolo con ardente passione. Storia brevissima 24
certo, ma intensa a tal punto che resterà per sempre vivida nella mente ma soprattutto nel cuore. Di tutto ciò l’unica cosa inventata è la location. Ho cambiato il luogo (molto attinente con l’originale) e i nomi dei protagonisti per ovvi motivi di privacy ma il resto è accaduto esattamente così come l’ho raccontato. Ah, stavo dimenticando di dire che ho provato in tutti i modi a risalire a lei. Mi recai presso l’agenzia che gestiva l’affitto di villa Elena. Mi dissero che la villa era sfitta da oltre due settimane. Credo che ognuno di noi abbia una Zaira accanto e che in un modo o nell’altro questi esseri cerchino di proteggerci come meglio possono. Sono letteralmente cambiato. Ho invertito i valori e adesso conosco e capisco un pochino di più il mondo in cui viviamo. Auguro di vivo cuore a ognuno di voi che un giorno possiate incontrare la vostra (o il vostro) Zaira. Buona fortuna….
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La bambola dolly pat Non ho mai creduto alle storie di fantasmi, demoni maghi e streghe. Quando leggevo su siti o pagine come queste racconti che trattavano l’argomento, sorridevo sarcastico e ritenevo i protagonisti dei poveri sfigati depressi e strafatti che vivevano in uno stato di perenne malessere. Almeno è quello che ho creduto fino a qualche giorno fa, quando anch’io mi sono trovato coinvolto in una storia inverosimile. Mia madre fin da piccola ha avuto una grande passione: la collezione di bambole. In tanti anni ne ha collezionate di tutti i tipi, dalle micro alle maxi, di pezza, di plastica di ceramica. Credo che se avesse voluto, si sarebbe potuta aprire un commercio all’ingrosso! Iniziò con il tenerle nella stanza da letto, poi man mano che crescevano di numero dovette trasferirle nello scantinato, tutte tranne quelle che riteneva più belle e preziose. Ne lasciò una decina e fra queste c’era anche dolly pat, una bambola ad altezza bimbo, per intenderci alta circa 120 cm. Dal punto di vista artigianale era bellissima. Vestiti lavorati in ogni dettaglio e il viso di ceramica aveva dei colori stupendi con due occhioni blu e una chioma nera corvino. Questa fu una delle ultime che arrivò in casa e non appena la vidi ebbe un effetto inquietante sulla mia persona. L’aveva posizionata seduta su una poltrona in modo tale che comunque ti muovessi sembrava seguirti con lo sguardo. Ero convinto che il mio nervosismo dipendesse
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dal fatto che avevo visto troppi film in cui le protagoniste erano bambole assassine o indemoniate. Dovevo cambiare necessariamente genere …. Fu esattamente in una notte di settembre che si manifestò l’evento che avrebbe cambiato il mio modo di pensare e di percepire la realtà. La stanza di mia madre è posizionata frontalmente alla mia e dal letto posso vedere la parte centrale di essa. Normalmente per abitudine lasciamo le porte aperte, una forma di controllo reciproco. Ho un sonno molto leggero e il minimo rumore mi sveglia; la considero una maledizione perché è una situazione che la mattina ti fa alzare più stanco di quando sei andato a dormire. Fu un fruscio a farmi aprire gli occhi e proveniva dalla stanza di mia madre. Era come se qualcuno strofinasse qualcosa sul pavimento. Non diedi importanza alla cosa perché non era anomalo che mia madre si alzasse nel cuore della notte per fumarsi una maledetta sigaretta. Lo feci quando a differenza delle altre volte non vidi accendere la luce nel corridoio e non udii lo scatto dell’accendino. A quel punto alzai il capo e mia accorsi che le luci erano tutte spente. Nella penombra intravedevo la sagoma di mia madre nel lettone. Chi era allora che causava quel rumore? Feci fatica a mettere i piedi per terra, dovevano essere le due di mattino o giù di lì ed ero intenzionato a capire cosa provocasse questo fastidioso struscio. Non appena varcai la soglia della porta per immettermi in quella di mia madre il rumore cessò. Cercai di muovermi con passo felpato per non svegliarla e sgranando gli occhi per cercare di vedere di più nella penombra,scrutai in ogni angolo alla ricerca di 27
qualche intruso come ad esempio un bel topino di campagna. Ero intento a osservare un punto vicino alla persiana quando giusto dietro alle mie spalle sentii di nuovo un rumore di strascico …. Immaginate qualcuno che cammina strofinando i piedi. Sobbalzai girandomi di scatto aspettandomi di vedere qualche ladro pronto a pugnalarmi. Invece non trovai nessuno alle mie spalle. Se per nessuno si può intendere una persona umana, un elemento razionale, una qualunque cosa che il nostro cervello elabori come reale … Davanti ai miei piedi quasi a toccarli c’era dolly pat, la bambola con il viso di ceramica. Era riversa a faccia in sotto con le mai protese verso i miei piedi. Feci un passo indietro cercando di capire chi l’avesse lanciata. Ero sicuro che dietro la porta ci fosse qualcuno pronto a sbucare fuori urlando come un matto brandendo una lama da macellaio e che ci avrebbe fatto a pezzi per poi metterci in due sacchi neri grossi come quelli usati per gettare l’immondizia. Afferrai una caraffa che era sul comò e sulla punta dei piedi mi avvicinai alla porta. Avrei voluto gridare ma non volevo far prendere un colpo a mia madre. Sudavo freddo e stringevo la caraffa con una tale forza che credevo il manico cedesse sotto la pressione delle dita. Il sudore mi colava sugli occhi e il cuore stava per uscire dal petto. In gola mi sentivo un macigno, era secca e dolorante. Mi trovavo a meno di dieci cm dalla maniglia … L’afferrai di scatto, tirai la porta verso di me e gridai a dispetto di ciò che avevo pensato un minuto prima. Sentii mia madre urlare e mentre stavo per colpire con la caraffa, mi fermai di 28
botto perché avrei colpito solo il vuoto. Dietro la porta non c’era il serial killer che mi aspettavo, non c’era nessuno a dire il vero. Nel frattempo la mamma aveva acceso l’abatjour. Aveva il volto stralunato. Mi disse solo “cosa stai facendo?” Era terrorizzata, credo pensasse che mi fossi trasformato nel classico figlio impazzito che si alza di notte per far fuori l’intera famiglia. Mi accorsi che guardava la caraffa che avevo in mano, così la posai e mi avvicinai per tranquillizzarla, spiegandole ciò che era accaduto. Fu quando arrivai a nominare la bambola che mi accorsi che non era più in terra ma comodamente seduta sulla solita poltrona. A quel punto mia madre mi guardò non più con preoccupazione ma direi con scherno e ironia. Così mi chiese se avessi assunto qualche sostanza prima di coricarmi. Lo disse per scherzo lo so, ma forse questa volta non era tanto spiritosa ed era convinta che mi fossi fatto sul serio. Dolly era li, seduta con il suo bel completino, i capelli lisci e pettinati, con gli occhioni aperti e il visino rosa. Non mi capacitavo di aver avuto un’allucinazione così reale. A quel punto mia madre si alzò, prese il suo inseparabile pacchetto di sigarette e si diresse in cucina per arieggiare i polmoni. Ero pronto per tornare nella mia camera e fu quando mi alzai dal letto in cui ero seduto che lei sorrise. Dolly pat aveva accennato a una smorfia, lieve ma tale da far venire la pelle d’oca. Scattai in avanti, la afferrai per i piedi e la sbattei ripetutamente al muro facendola in mille pezzi. Ho dovuto sudare letteralmente sette camicie per convincere mia madre a non portarmi da uno strizza 29
cervelli e dovetti giurare su ogni cosa che avevo più cara che non sarebbero più accaduti più fatti simili. La pregai di far scomparire le bambole dalla sua camera e anche se a denti stretti mi accontentò. In quel momento sicuramente pensò che era un piccolo sacrifico da compiere, utile per farmi recuperare la tranquillità mentale. Da quel giorno dormo ancora meno e male, soprattutto perché è novità fresca, che verso le due di ogni notte senta provenire dal fondo dello scantinato un rumore di strofinamento e poi come se qualcuno salisse le scale e cercasse di aprire la porta del sottoscala che ho provveduto a bloccare con un chiavistello a doppia mandata. So che sono le sue amiche e che cercano vendetta, ma io sono pronto e le aspetto.
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La casa che sprigiona fuoco Quando si abita in piccoli centri, è facile che arrivino all’orecchio antiche storie che evocano misteri oscuri. E il mio piccolo paese non fa certo eccezione. I ragazzi che come me non hanno molte distrazioni, cercano di passare il tempo come meglio possono e uno dei più piacevoli (dipende dai punti di vista) è quello di andare a caccia di stranezze come visitare la classica casa infestata, luoghi maledetti o chiese dissacrate. E di luoghi in cerca di emozioni ne ho visitati tanti ma purtroppo senza mai riscontrare nulla che non appartenesse a questo mondo. Tra le tante storie che giravano per il paese, una per me era di maggior interesse. Parlava di una casa molto antica in stile medievale, immersa in un boschetto non lontano. La storia narrava che un tempo la casa fosse abitata da uno strano individuo, dedito all’arte della magia nera e che in virtù di ciò fu condannato e giustiziato dall’inquisizione. Da quel momento, di notte può capitare di vedere fuoriuscire dalle mura della case, palle di fuoco, come quelle infuocate che si lanciavano con le catapulte. La casa (ma direi un piccolo castello molto bello) in effetti è rimasta vuota nonostante fosse stata messa in vendita ad un prezzo bassissimo o affittata a meno di un classico appartamento. Essendo questa una delle poche esperienze che mi mancava, decisi di preparare un raid insieme agli amici che condividevano la stessa passione. Detto, fatto. Una notte di luglio, decidemmo di entrare nella proprietà per vedere con i nostri occhi se si trattasse di 31
leggenda o realtà. In verità tutti noi eravamo scettici e lo facevamo più per passatempo che non per convinzione verso l’occulto. Per arrivare al cancello della proprietà, bisogna abbandonare la macchina all’entrata di un viottolo, il quale lasciato in stato di completo abbandono, è quasi scomparso tra erbacce e a arbusti vari. Dopo dieci minuti di passo veloce ci trovammo il cancello giusto di fronte. Era buio pesto e la costruzione s’intravedeva in penombra, situazione che la rendeva ancor più spettrale di quanto non facesse il racconto. Scavalcammo il muro di cinta e ci avviammo verso l’entrata principale. Il portone era immenso come tutta la casa del resto, che con i suoi oltre 1000 mq, sembrava non finire mai. Era disposta su due piani, e la terrazza sembrava ospitare una mansarda. Iniziammo a girare intorno all’immobile in cerca di una finestra aperta o rotta ma trovammo l’ingresso grazie a una botola che conduceva nel sotterraneo. Eravamo in quattro e uno dopo l’altro c’infilammo in fila indiana tra polvere e ragnatele. Era buio pesto, talmente scuro che le torce facevano fatica a penetrarlo. Seguimmo una scala che ci portò in quello che doveva essere lo scantinato. Era freddo e umido e i locali erano pervasi da un forte odore di muffa. Vi erano suppellettili antichi e in parte coperti da lenzuola ormai ridotte a cenci. Ho visitato molti posti strani, ma questo era veramente inquietante. La casa stessa sembrava spiarci…. Finalmente trovammo quella che doveva essere la scala che portava ai piani superiori e infatti una volta saliti ci 32
trovammo nell’ingresso. Era enorme. Centralmente c’era una porta che immetteva nell’appartamento a pian terreno mentre nei laterali due scale perfettamente speculari, conducevano al piano di sopra. Decidemmo di dividerci. Io e il mio amico Antonio ci avviammo al primo piano, mentre Giovanni e Carlo scelsero il pian terreno. Ma non riuscimmo a fare nemmeno la prima rampa che un fortissimo rumore ci gelò il sangue paralizzandoci. Fu come un fischio seguito da un boato. Ma non proveniva da dentro. Qualunque cosa fosse, si trovava fuori. Le finestre, prima completamente oscurate, s’illuminarono come quando viene acceso un falò. Mentre cercavamo di riprenderci e di capire cosa fare, ci fu un altro evento uguale al primo, solo che a questo seguì un frastuono che proveniva dal piano superiore, come se tutti i mobili venissero spostasti contemporaneamente. Sembrava l’inferno! Ricordo che gridai “via via!” e mi diressi verso le scale che portavano giù allo scantinato. Gli altri mi seguirono a ruota. Mentre correvamo, sentimmo ruzzolare (questa fu l’impressione) qualcosa che dal primo piano cadeva sotto nell’ingresso. Adesso provavamo terrore puro. Dopo qualche minuto che sembrò interminabile, ci trovammo nel giardino esterno e mentre ci dirigevamo verso il muro di cinta, un altro boato esplose alle nostre spalle. Il terreno tutto intorno s’illuminò a giorno. Mi fermai di scatto e mi voltai. Quello che vidi era innaturale. Una grossa palla di fuoco saliva verso il cielo ma lentamente, come se fosse stato inserito l’effetto moviola. Mentre guardavo l’oggetto, la coda 33
dell’occhio colse una figura ferma sotto il porticato centrale della casa. Indossava un saio tipo quello dei frati e non riuscivo a vedere il volto poiché coperto da un cappuccio. Mi trovai a fissarlo. Ero come in uno stato d’ipnosi, incapace di prendere qualunque decisione. Ricordo che fece un verso con la mano, come a richiamarmi. In quel momento il mio cervello iniziò a urlare “scappa, scappa, scappa” ma le gambe non ubbidivano. Si mossero invece nella direzione sbagliata, verso la strana figura. Fu Antonio che mi si buttò letteralmente di sopra facendomi cadere. Era come se mi avessero svegliato con una busta d’acqua. Lo sentii gridare “corriiiiiii” e in men che non si dica ci trovammo a saltare il muro e dopo sulla macchina. Percorremmo la strada del ritorno più veloce di quanto non avesse potuto fare Alesi Questo accadde esattamente un anno fa. Tutti e quattro giurammo di non farne parola con nessuno sia per non essere presi per pazzi ma soprattutto per non incoraggiare altri ragazzi a trovarsi nella situazione di pericolo in cui ci trovammo noi. Questa è la mia storia e anche se non sarò creduto, io so quello che ho visto e so che a questo mondo avvengono cose che è meglio non conoscere.
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Il fantasma del piano L'anno è il 1980 e da pochi mesi mi sono trasferito dalla Calabria in Sicilia, terra che mi ha dato i natali e alla quale ritorno dopo circa sedici anni. Andiamo ad abitare in una casa di famiglia, sacrifici di una vita dei miei tramutati in un bellissimo immobile a tre piani. Come la maggior parte della mentalità del sud ed in particolare quella siciliana, una delle priorità dei genitori è di pensare alle abitazioni dei figli, per cui la casa è stata ideata per ospitare all’ultimo piano i miei, in quella centrale il sottoscritto e al pian terreno mio fratello. All’epoca i miei lavorano fuori e spesso ci trovavamo a dormire da soli, ma eravamo oltre che abituati, anche grandicelli. L’abitazione sorge di rimpetto ad una spiaggia che guarda ponente, una zona bellissima con l’unico problema che quando si alza vento si rischia letteralmente di volare, con il mare che ingrossa quasi a lambire i confini del giardino. La storia che sto per raccontare parte da una situazione del genere. E’ una sera di novembre e fuori imperversa una sorta di bufera. Il vento che soffia ad oltre ottanta km orari, genera quel classico lamento che si ode quando colpisce gli spigoli esterni dei muri o le balaustre sporgenti. Quando decidiamo di coricarci sono ormai le 23.00. La nostra camera (e sì, una sola stanza per me e mio fratello. Meno male che andavamo d’accordo …) si trova in mansarda, nel punto più alto della casa, alla quale si accede tramite una scala interna dall’appartamento dei miei. Morfeo ci accolse immediatamente grazie alla condizione di tepore che avvolgeva il letto, ma soprattutto per la stanchezza 35
accumulata. Credo che fossero le 3.00 quando sentii suonare quelle note. Devo aprire una parentesi. All’età di sette anni, mi era venuta la vena di Mozart, per cui mio padre che non si è mai risparmiato per ciò che riguarda l’istruzione e la cultura, mi mandò a lezioni private non prima di avermi comprato un bellissimo piano a muro (usato, di costruzione tedesca). Lo studiai per cinque anni, ma poi mi arresi forse a causa di una maestra oltremodo classica che uccise la mia vena artistica per il troppo solfeggio. Il piano era stato riposto nell’appartamento che un giorno sarebbe stato mio, esattamente nel salone. Ma ritorniamo nello stato di dormiveglia in cui entrai quando sentii suonare le note. Dicevo che dovevano essere circa le 3.00 del mattino. Nella penombra con lo sguardo cercai mio fratello, il quale anch’egli si era drizzato sul letto svegliato da quel suono. Questo mi fece capire che non l’avevo sognato e la prova l’ebbi quando entrambi ormai svegli, eravamo in grado di percepire il suono che proveniva dal piano. E non poteva essere altro. In tutta la palazzina eravamo gli unici inquilini e la casa più vicina all’epoca si trovava a circa 200 Mt, per non parlare del vento che avrebbe coperto ogni rumore esterno. Adesso non so dire se ero più impaurito che incuriosito, certo che la situazione era al quanto strana. Non sapevamo che fare, se scendere per andare a controllare o chiamare la polizia. Scartammo la seconda ipotesi perché qualora ci fossimo sbagliati, avremmo evitato una figuraccia. Fu mio fratello a fare strada, non prima di esserci muniti io di un coltello con lama di oltre 30 cm e mio fratello di un pugnale da sub. Aperta la porta che da sulle scale del pianerottolo, 36
cominciammo a scendere gli scalini cercando di fare meno rumore possibile. Le note adesso erano chiare. Sembrava come se qualcuno si esercitasse eseguendo scale musicali. Adesso avevo paura perché non capivo chi diavolo potesse trovarsi dentro casa mia, ma soprattutto come aveva fatto ad entrare. Arrivammo davanti alla porta dell’appartamento, io da un lato e mio fratello dall’altro. Il suono adesso era molto chiaro. Chiunque fosse era in gamba perché adesso seguiva un’aria (a me sconosciuta) in modo perfetto. Avrei voluto ritardare l’entrata per ascoltarla tutta, ma mio fratello non mi diede il tempo di fiatare, in pochi secondi aveva inserito la chiave nella toppa spalancandola. In quell’attimo esatto calò il silenzio. Trovato l’interruttore accese la luce protendendo in avanti la lama. Il piano era al solito posto ma seduto sullo sgabello non c’era nessuno. Il coperchio che protegge i tasti era alzato. Se c’era qualcuno doveva trovarsi ancora dentro l’appartamento. Fu a questo punto che provai terrore. Pensai che qualcuno o più di uno avrebbe potuto saltarci alle spalle e farci del male. Ci trovammo schiena contro schiena a cercare un minimo segno, un movimento, un rumore, qualsiasi cosa che ci facesse capire dov’era finito l’intruso. Ma percepivamo solo il soffiare del vento. Girammo tutta la casa, stanza per stanza. Nulla. Chiunque fosse stato nell’appartamento adesso non c’era più. Ma come era entrato? E soprattutto come era uscito? E perché mettersi a suonare il piano in un appartamento praticamente vuoto? Non ho mai avuto risposta ai miei quesiti. Ho archiviato e accettato il fatto come un evento “strano” e forse è stato meglio così. Non 37
so se mi sarebbe piaciuto conoscere la verità. Quella fu l’unica volta che il piano suonò di notte “da solo”. Tutt’oggi (abito in un'altra casa ma non per paura,bensì per altri motivi) il piano che adesso vive con me, di notte è rimasto muto come è giusto che sia.
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La cosa Il fatto risale esattamente a trentaquattro anni or sono. A quel tempo avevo sedici anni e mi trovavo in vacanza presso i miei parenti. Era uso comune durante le feste estive, riunirsi a casa della nonna e cenare insieme a zii e cugini. Quella era una sera d'Agosto verso la fine del mese, quel periodo in cui è facile assistere a temporali improvvisi e violenti. Erano gli anni 70 e possedevo una moto da cross 125, solo che in quell'occasione era rimasta in garage per problemi al carburatore e per me era un problema poiché avevo appuntamento per il dopocena con gli amici. Per mia fortuna c'era una cugina che possedeva la gloriosa Vespa 50 e fu molto contenta di prestarmela. Indossata una giacca a vento (pioveva) scesi in strada per avviarmi all'appuntamento. Casa di mia nonna era situata in periferia di una cittadina della Sicilia. Considerando anche il periodo, le luci nelle strade secondarie erano un lusso e quella di mia nonna non faceva eccezione. Sotto un cielo scuro e sempre più minaccioso con fulmini che arrivavano da nord, cercai di mettere in moto la vespa, ma questa aveva deciso di non partire. Provai allora alla vecchia maniera, cioè a spinta. La strada da un lato costeggiava una spiaggia, ma tra questa e la strada vi era una fitta sterpaglia. Avevo iniziato a spingere e percorso non più di 10 metri, quando a un certo punto un fulmine illuminò a giorno la zona. E fu allora che lo vidi con la coda dell'occhio. Una figura, come una persona ricurva che dalla spiaggia tra gli arbusti, si avvicinava molto velocemente. Mi aveva puntato e si trovò a non più di 8/10 metri dal 39
sottoscritto. Il cuore inizio a battermi all'impazzata e mi sentii un nodo in gola, come se mi fosse rimasto un boccone che non voleva andare giù. Cominciai a spingere il motociclo con tutta la forza che avevo e quando raggiunsi una velocità elevata inserii la marcia. Per mia fortuna la vespa si mise in moto. Senza voltarmi saltai sulla sella e piegandomi in avanti mi allontanai a tutto gas…Sono sicuro che quell'essere arrivò quasi a toccarmi perché un attimo prima di saltare sulla sella, avvertii la sua presenza dietro la schiena quasi a toccarmi. E quei versi. Sembravano ululati, suoni che facevano gelare il sangue. Quando arrivai in piazza raccontai tutto ai miei amici e con questi tornammo indietro armati di catene e bastoni, caso mai avessimo avuto a che fare con gente pericolosa. Ma dell'essere non vi era più traccia. Controllammo l'intera zona in lungo e in largo, ma niente. Non scorderò mai più ciò che accadde quella sera e oggi sono contento di non aver capito chi o cosa fosse quella cosa, ma soprattutto di essere ancora qui per raccontarlo.
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La Suora Ciao. Vorrei raccontare quello che mi è accaduto, o meglio quello che credo mi sia accaduto perché i fatti risalgono a quando ero piccolo e la scena che ricordo sembra surreale. La mia stanza da letto era vicino a quella dei miei genitori in fondo al corridoio e il mio letto era posizionato di fronte alla porta. Una notte fui svegliato dalla luce che era stata accesa nel corridoio e in dormiveglia non diedi importanza alla cosa perché era normale che uno dei miei genitori si alzasse per andare in bagno o a bere. Ma rigirandomi verso la porta notai in fondo fuori dalla porta una figura scura. Con gli occhi semi chiusi facevo fatica a distinguerla,così iniziai a stropicciarli. Si trattava di una suora e pian piano veniva verso di me con le mani protese. Sentivo che pronunciava il mio nome anche se in realtà non emetteva alcun suono. Era come se percepissi ciò che diceva telepaticamente. Arrivò fino all’uscio della stanza e ricordo il sorriso sul suo viso. La sensazione che provavo non era di paura ma neanche di piacere. Ero basito, mi domandavo cosa ci facesse una suora in casa mia alle tre di notte, ma soprattutto cosa volesse da me. L’ultima scena che ricordo siamo io e lei uno di fronte a l’altro e poi più nulla. Potrebbe essersi trattato di un sogno, ma la cosa incredibile è che risulta talmente vivido che sembra essere successo ieri (in realtà sono passati più di quarant’anni). Boh…
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L'essere misterioso Mi chiamo Laura,sono italiana ma per motivi di studio mi trovavo all’epoca in Inghilterra nei pressi di Bournemouth, una zona bellissima vicino a New Forest e l’isola di Wight. Qui la vita è abbastanza cara e se non stai attenta con le spese, rischi di non farcela. E' per questo che sono stata molto oculata nel selezionare il mio alloggio, una casetta di periferia in una zona bellissima leggermente in collina. L'unico problema è che è isolata, ma la nota positiva è che pago veramente poco (e in seguito ho capito anche il perché). La casa più vicina è ad oltre un km, mentre il centro dista circa 15 minuti. Sono abituata a stare da sola, nel senso di vivere in casa isolata e in posti non certo affollati visto che provengo da un piccolissimo paesino di montagna, anzi devo dire che per certi versi mi fa sentire più vicino casa. Non so da dove cominciare. Allora, per le prime due settimane tutto filò liscio senza problemi, ma dopo una ventina di giorni dal mio insediamento, comincia a notare i primi segni strani di qualcosa che non andava. Da qualche tempo di notte, capitava di sentire rumori intorno la casa e sinceramente non facevo caso a ciò visto che la zona è piena di animali, dai cani agli scoiattoli, i quali in cerca di cibo si avvicinano alle case nella speranza di razziare alimenti. La cosa strana è che i rumori sembravano quelli prodotti dallo struscio di qualcosa contro la parete esterna (la casa è in legno, per cui le pareti risultano molto più sottili e acusticamente più sensibili rispetto al cemento). I primi giorni non diedi peso al fatto, ma una mattina notai una cosa che mi fece gelare il 42
sangue: la veranda era piena di orme, orme molto grandi simili ad un piede ma molto più largo (quindi si presume che qualcuno girava intorno alla casa scalzo) e le maniglie delle due porte di casa erano letteralmente ricoperte di fango. Qualcuno aveva provato ad entrare in casa! Ero letteralmente terrorizzata, ma dovetti farmi coraggio e avviarmi perché avevo un appuntamento importante. Non avevo idea di cosa fare. Volevo andare alla polizia ma non volevo essere presa per pazza e poi forse avevo esagerato colta dal panico del momento. Decisi di lasciar perdere. Il pomeriggio tornata a casa e riguardando i segni fuori casa, in effetti non sembrarono così minacciosi come la mattina (forse le orme si erano asciugate ridimensionandone le misure) ma restava il mistero di quel fango sulle maniglie...Ero intenzionata a capire cosa fosse successo e chi era la creatura che ormai da tempo girava intorno la mia abitazione. Così presi il mio portatile e la webcam che posizionai in una finestra dalla quale potevo scorgere benissimo parte dell’uscio e del vialetto e gran parte del giardinetto, attivai il programma di rilevazione di movimento cosicché ci fosse stato qualcuno nei pressi, sarebbe rimasto immortalato. Si fecero le 23.00 prima di potermi coricare e non dico senza una certa preoccupazione, ma non essendo una tipa impressionabile, il sonno ebbe la meglio dopo una decina di minuti...Fu un colpo secco a svegliarmi. Sobbalzai dal letto, mi guardai intorno convinta di trovarmi di fronte qualcuno, ma grazie a Dio non fu così. La sveglia segnava le ore 1,28. Al momento c'era di nuovo silenzio. Mi alzai molto lentamente e senza accendere le luci mi recai 43
verso il salone. Fu a quel punto che un altro colpo mi bloccò letteralmente i respiro facendomi inciampare e finendo per terra. Qualcuno o qualcosa stava cercando di forzare la porta d'ingresso. Ero terrorizzata, non riuscivo a muovermi, non sapevo che fare. Fu durante una pausa di silenzio che notai una cosa agghiacciante...Sentivo un respiro. Era come se qualcuno mi fosse vicino respirandomi dietro l'orecchio. Mi voltai di scatto e non vidi nulla. Cercai di capire da dove provenisse e capii che veniva da oltre la porta. Cosa e chi poteva ansimare in quel modo? Stavo per svenire dalla paura ma capii che non potevo o sarei stata veramente in pericolo. Mi trascinai nuovamente dentro la stanza da letto e mi chiusi a chiave. Ero in preda a crisi di pianto credevo che non ne sarei uscita viva e cominciai a pregare. Non mi restava altro da fare visto che sfortuna tra le sfortune, l'unico telefono disponibile è il mio cellulare ma la zona fa schifo e da dentro casa non prende. Ogni volta per telefonare devo fare cose turche, come andare fuori e mettermi su un dosso per avere una linea di segnale. Consentitemi il vocabolo, ma ero proprio nella merda. Il mio cervello era ancora offuscato dalla paura quando udì qualcosa che non scorderò per tutta la vita. Chiamarlo urlo o grido è riduttivo. Fu un verso mai sentito. Immaginate il pianto di un bambino ma con un tono più grave e dieci volte più forte. Era terribile. Non so cosa scattò in me, ho idee confuse da quel punto in poi. Ma ricordo perfettamente che cominciai a urlare in un modo che non credevo fosse possibile. Le nostre voci per diversi secondi si sovrapposero. Uscii correndo dalla stanza e mi catapultai verso la porta 44
d'entrata e comincia a tempestarla di pugni grida r insulti. Non so bene cosa dissi e in che lingua (studio inglese, francese e giapponese) ma ebbe il suo effetto. Di colpo calò il silenzio. Un silenzio irreale, talmente grave che sembrava assordante. Penso di essere stata in ginocchio di fronte a quella porta per oltre 20 minuti. Non pensavo a niente, non ero in grado di realizzare cosa fosse veramente accaduto. Il mio cervello era in tilt. Cercai di ricompormi. Trovata una sedia la feci mia e mi sedetti. Ci vollero buoni tre quarti d'ora per rientrare in possesso delle facoltà mentali e fu allora che mi ricordai del PC. Corsi a prenderlo,lo sistemai sul tavolo e cliccai l'applicazione video di registrazione. Il programma, un semplicissimo software di rilevazione di movimento, si mette in moto non appena un oggetto passa dinanzi all'obbiettivo. Vi erano tanti spezzoni di video nella cartella e comincia dal primo. All'inizio non capivo perché non si vedeva nulla. Poi mi accorsi che erano stati ripresi piccoli animali come scoiattoli e addirittura una civetta...Ecco perché era partita la registrazione. Fu il quinto video a farmi gridare. La scena mostrava il vialetto e in fondo una macchia, da prima piccola e poi sempre più grande man mano che si avvicinava alla veranda. E lo faceva in modo strano...Sembrava un cane enorme, anzi direi un orso. Le movenze erano particolari. Non si camminava per linea retta, ma spesso saltava lateralmente. Fu appena arrivò ai gradini della veranda che si drizzò su due gambe. Non riuscivo a scorgerne i lineamenti perché la luce era veramente bassa, e l'unica lampadina esterna era distante dalla “cosa”. Doveva essere alto intorno al metro e 45
sessanta, settanta al massimo, ma sembrava avere una corporatura importante. Nel video si vede solo per pochi secondi perché la finestra dove era stata posizionata la webcam è frontale come la porta, per cui non appena entrato in veranda è scomparso dalla visuale. In un altro video si vede la stessa figura dileguarsi ad una velocità non umana ( deve essere stato quando mi sono messa a gridare.) La mattina seguente mi recai immediatamente presso gli uffici della polizia portando con me il video e consegnandolo a chi di dovere. Raccontai per filo e per segno la mia disavventura a due signori che s'interessarono al mio caso. Mi aspettavo un comportamento di scherno, quell'aria che le persone assumono quando si trovano di fronte ad un ubriaco o un demente. Invece notai solo preoccupazione e cenni d'intesa fra i due, quasi sapessero in anticipo di cosa si trattasse. Si fecero consegnare i video che avevo masterizzato su un dvd e mi chiesero di fargli avere anche l'originale e comunque tutti quelli che avevo fatto. M’intimarono inoltre di non farne parola alcuna e di andarmene immediatamente da quella casa. Ero frastornata e non capivo. Chiesi spiegazioni e furono decisamente evasivi. Mi parlarono di un folle che si aggirava in quei luoghi e al quale stavano dando la caccia. Gli feci notare che nessun umano, per quanto folle sia, assomiglia a quella cosa che avevo immortalato. A quel punto m’invitarono ad uscire dall'ufficio cercando di tranquillizzarmi e mi consigliarono nuovamente di cercarmi una sistemazione altrove, cosa che feci immediatamente. Questi fatti risalgono esattamente a un anno fa. Tornai in 46
Italia e da allora non ho piÚ messo piede in Inghilterra. Il mio notebook è stato letteralmente formattato dai tecnici della polizia inglese e io non ho avuto la prontezza di fare copie dei filmati precedentemente. Non so cosa fosse quell'essere, di certo non era una persona umana. Ma se dovessi dire la mia, credo si sia trattato di un licantropo...
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Percezioni Spesso, mentre sono immerso a svolgere un'azione, che sia lavorare al computer, guardare la televisione, pulire la macchina o giocare con il cane, ho la sensazione di percepire con la coda dell'occhio il movimento di qualcosa, ma non appena giro la testa per metterla a fuoco, l'oggetto è scomparso. Il più delle volte uno non ci fa caso e continua a fare quello che stava facendo, convinto di essersi trattato di un riflesso, un'ombra generata da un fatto spiegabile e il più delle volte è vero. Ma come la mettiamo se questa sensazione accade di sera, quando non c'è la luce del sole e mentre state leggendo il vostro libro preferito, notate con la coda dell'occhio un movimento, una scia, un attimo in cui qualcosa vi è passato davanti o di fianco? E sì, ammetto che fa venire la pelle d'oca! Al sottoscritto questa situazione è capitata diverse volte, ma più che paura ho provato un senso di curiosità. Tra l'altro essendosi questi eventi verificatisi abbastanza frequentemente senza che fosse accaduto nulla di male, ho sempre pensato che qualunque cosa fosse, non dovesse essere ostile. Personalmente ho sempre creduto alla tesi degli'angeli custodi e mi piace pensare che le ombre che intravedo si riferiscano a loro, ma più volte mi ha sfiorato l'idea che si trattasse di folletti, quegli esseri rappresentati nelle favole (ma che in verità non sempre si dimostrano simpatici e pacifici) e che sentivo spesso nei discorsi dei nonni. A proposito, non potrò mai scordare quando da piccolino riuniti intorno al tavolo, i parenti parlavano di questi fatti esoterici a bassa voce, quasi a non volersi far 48
sentire da spiriti e spiritelli. Una di queste storie mi è rimasta impressa. Pare che in una vecchia casa abitata da una coppia di anziani, bivaccasse un folletto della specie cattiva. La notte la coppia, veniva assalita a suon di schiaffi e pugni per risvegliarsi la mattina pieni di lividi. Non riuscirono mai a capire di chi si trattasse. Solo ombre che si muovevano ad una velocità inaudita. Dovettero lasciare la casa e trasferirsi altrove. Ancora oggi l'immobile è vuoto e nessuno ci ha più abitato. Se dovesse capitarvi un'esperienza simile, ricordate che per sottomettere un personaggio del genere, è necessario entrare in possesso del suo cappello. Solo così potrete obbligarlo a fargli fare tutto ciò che volete. Ma fate attenzione perché se doveste fallire nell'impresa, ne andrà della vostra incolumità!!
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La seduta spiritica Era la fine degli anni 70 ed io a quell'epoca ero piccolino. Mio fratello più grande ed i suoi amici, ispirati da film come l'esorcista, non avevano trovato di meglio da fare che provare a effettuare delle sedute spiritiche. Una sera d'inverno, mi ricordo si riunirono nello scantinato di una casa in costruzione. Il posto era molto isolato e faceva un freddo cane. Intorno ad un tavolo si posizionarono 4 ragazzi e una ragazza. A me non fu permesso di partecipare, per cui mi sistemai proprio dietro mio fratello. Non essendoci luce elettrica, furono accesi un lume a gas ed alcune torce. Sul tavolo fu posizionato un cartone con su stampate tutte le lettere dell'alfabeto e i numeri da 0 a 9. Al centro un bicchiere messo al contrario. Tutti i partecipanti posarono un dito sopra il bicchiere e a turno cominciarono a fare domande e a chiamare esseri ed ectoplasmi. Sinceramente tutto sembrava tranne che una cosa seria visto che nessuno riusciva a trattenere sorrisi più o meno striduli. E continuammo a ridere anche quando ad un certo punto la ragazza diventò di colpa seria e rigida come una tavola di pino. Il bicchiere che fino a quel momento era stato immobile, iniziò a muoversi dapprima lentamente in modo confuso e poi sempre più velocemente. Ognuno incolpava l'altro di esserne l'artefice. Si continuava a ridere, ma sarebbe più corretto dire si cercava di farlo. Ma tutti diventarono dannatamente seri quando a un certo punto la ragazza cominciò a vibrare e a tremare come se fosse attraversata da una scarica elettrica. La testa roteava da un lato all'altro e gli occhi 50
erano serrati. Convinti di essere di fronte ad una scena da attrice consumata, i ragazzi levarono le dita dal bicchiere e si alzarono spezzando la catena. Non l'avessero mai fatto… Il bicchiere non smise di muoversi mentre la ragazza cadde in terra tremando e strabuzzando gli occhi. Le pupille non esistevano più e dalla sua bocca uscivano suoni incomprensibili, gutturali. Fu a quel punto che il terrore c'invase. Ricordo benissimo che un amico di mio fratello chiamava a gran voce la ragazza, ma questa continuava a dimenarsi tra strani suoni. Ad un certo punto qualcuno gli chiese "chi sei?". La ragazza smise di colpo di fremere. Tirò su il corpo mettendosi in posizione seduta e con una smorfia orribile e con un timbro di voce non umana disse "sono satana". La frase non fu proprio chiara, ma tutti percepimmo esattamente queste parole. Quello che avvenne subito dopo fu un fuggi fuggi generale. Il terrore si era impossessato di ognuno di noi. Ci trovammo fuori dalla casa nel giro di pochi secondi, ma mancava lei. Da dove eravamo sentivamo quell’orribile voce che emetteva parole senza senso, risate isteriche e poi fu il silenzio. Passato l'attimo di smarrimento, uniti quasi tenendoci per mano, attaccati come se ci avessero legati con una fune, rientrammo dentro. La ragazza era in terra e non dava alcun segno di vita. Mio fratello ed uno degli amici si chinarono e si accorsero che respirava. Era svenuta. Ci volle un tempo che a me sembrò interminabile prima che si riprendesse. Quando si vegliò non ricordava nulla di quanto era accaduto (meno male pensai fra me). I ragazzi presero il cartone e il bicchiere e li bruciarono. Dopo quella notte non fu più detta una parola in merito a quella storia. La 51
ragazza adesso è una donna adulta, sposata e madre di figli. A dire il vero in seguito provai con alcuni miei amici a ripetere l'esperimento, senza che però succedesse nulla. Non so se quella sera si trattò di un caso di possesso o d'isteria collettiva. Quello che so è che non dimenticherò mai più quella ragazza e la sua voce…
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Orrenda presenza I fatti risalgono al 2007 il territorio è quello italiano. Ci troviamo nella provincia di Reggio Calabria zona Aspromonte. Carlo (chiameremo così il protagonista) è un ragazzo di 16 anni e come tutti gli adolescenti conduce una vita normale. Scuola, sport amici, fidanzata...Carlo ha i nonni materni entrambi in vita e da loro, in una casa in montagna, spesso passa alcuni fine settimana. Per lui è un piacere poiché la zona molto tranquilla, offre aria pura e inoltre aiutare i nonni con gli animali è anche un piacere. Ultimamente però aveva notato un velo di preoccupazione avvolgere il viso dei suoi cari, ma non aveva dato peso alla cosa, poiché riteneva trattarsi solo di stanchezza. Una sera mentre rientrava in casa, si accorse che la nonna era seduta in cucina con il viso fra le mani. Singhiozzava quasi silenziosamente. Lei non si era accorta di me e quando accadde cercò di asciugarsi velocemente il viso e di abbozzare un sorriso. Ma non riuscì a trarmi in inganno e sedutomi accanto, le chiesi cosa fosse successo. Dovetti insistere per oltre venti minuti, ma alla fine forse stanca per le mie insistenze,decise a raccontarmi perché era disperata. Succedeva ormai da diverse settimane. Durante la notte, intorno alle ore 2.45, lei e il nonno venivano svegliati di soprassalto da alcuni eventi molto strani. Il letto cominciava a tremare come se qualcuno lo sbattesse con forza facendoli sobbalzare letteralmente. Ma al risveglio la stanza era vuota...Inoltre capitava di sentire rumori provenienti dalla cucina, come se qualcuno sbattesse le 53
stoviglie oppure il televisore della stanza da pranzo si accendeva e si spegneva da solo... Ma la cosa più terribile capitò settimana scorsa. Sempre di notte e sempre allo stesso orario, la nonna visse un'esperienza terribile. Mentre dormiva ad un tratto sentì un forte dolore al piede e subito dopo alla gamba. In dormiveglia non riuscì a capire cosa stesse accadendo. Accesa la luce del comò, si girò immediatamente verso il nonno e constatò che dormiva, non aveva sentito nulla di quanto era accaduto. Era stata fortemente bastonata sul piede e sulla gamba con un ferro del camino. Il ferro era ancora accanto al letto, ma non c'era traccia alcuna dell'aggressore. Mi disse che svegliò immediatamente il nonno raccontandogli ogni cosa. Si alzò, controllò ogni angolo della casa ma non vi era segno alcuno di estranei né tantomeno di effrazioni alle porte o finestre. Il giorno dopo avvertirono i carabinieri i quali constato che non vi era alcun segno che facesse presumere il coinvolgimento di estranei, dissero che non c'erano elementi per attivare un'indagine. Da quel momento in poi dormirono sempre con la porta sbarrata. I rumori ormai si sentivano quasi tutte le notti, così come si avvertiva il rumore di qualcuno che cercava di entrare e di forzare la porta della stanza da letto. Non sapevo se ridere o piangere. Ero confuso. I miei nonni sono persone semplici che non hanno mai dato segni di squilibrio e sentire questa storia mi aveva preoccupato non poco. Non tanto per i fatti misteriosi quanto perché temevo per la salute mentale dei miei cari. La rassicurai e gli dissi che quella notte sarei stato di guardia, tranquillizandola che niente sarebbe accaduto e che forse le cose che aveva 54
vissuto erano frutto di una mente stanca per la mole di lavoro che aveva dovuto affrontare negli ultimi tempi. Per farla breve quella notte dopo che i nonni si ritirarono nella stanza da letto, mi sistemai nella mia stanza. Non vi nascondo che avevo un forte senso di agitazione. Anche se credevo che le storie che la nonna aveva vissuto fossero accadute nella sua immaginazione, ero molto nervoso, ecco perché sotto le coperte avevo riposto un martello da carpentiere. Non so se conoscete l'Aspromonte. E' una zona bellissima, ma di notte una casa isolata in mezzo al nulla, può diventare veramente spettrale. Comunque, iniziai a leggere un libro quando ad un tratto mi appisolai. Non ricordo se a svegliarmi fu il rumore o quello spiffero di aria calda sul viso. Sembrava come se qualcuno mi alitasse in piena faccia e l'odore... Dio che tanfo. Aprii gli occhi di colpo e… Credo che non scorderò più ciò che vidi...La stanza era buia. Dalla finestra filtrava solo una leggera luce di un piccolo pezzo di luna. Mi accorsi della sagoma perché oscurava la poca luce che entrava nella stanza. Ma ciò che mi fece drizzare ogni pelo del corpo, fu il fatto di avere quasi attaccati sul viso quelli che dovevano essere gli occhi...Due sfere rosse. E quando dico rosse intendo rosso vivo, un rosso che s'intensificava come la luce di una dinamo che varia a seconda della velocità con cui viene girata. Li avevo a non più di 20 o 30 cm dalla mia faccia. Provai a gridare ma la voce non usciva. Ebbi un giramento di testa così forte che credetti di svenire. Istintivamente la mia mano cercò il martello trovandolo. A quel punto la voce uscì come un fiume in piena e la mia mano cominciò a colpire ciò che mi stava di fronte. Non so 55
quanti colpi sferrai. Quello che so è che l'essere emise una sorta di urlo bestiale dissolvendosi letteralmente dalla mia vista subito dopo. Oggi i miei nonni si sono trasferiti a casa mia. Ritornano di tanto in tanto a dar da mangiare agli animali per poi ritornare in città. Hanno la morte nel cuore, ma la paura è talmente grande da preferire l'esilio. Non abbiamo più contattato le forze dell'ordine visto ciò che accadde quando lo abbiamo fatto. Abbiamo raccontato la vicenda ad un nostro caro amico prete e sembra che questo fenomeno in quella zona non sia stato l'unico caso. Non sappiamo cosa fare, da chi andare. Il prete è venuto una volta a benedire la casa, ma dopo meno di mezz'ora è dovuto uscire in preda a forti crampi addominali e sudorazioni fredde, con il terrore stampato sul viso. Io non credo a spiriti, gnomi e diavoletti e non so con cosa e con chi mi sia incontrato quella notte. Quello che so è che da allora non riesco più a dormire se non ho la luce accesa e un crocifisso sotto il cuscino. So anche che la mia vita d'ora in poi non sarà più la stessa…
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Il vecchio Personalmente non ho mai creduto a fenomeni esoterici, paranormali o di qualunque natura che non fossero possibili spiegare con la ragione. E questo non perché nego la possibilità di Dio, ma perché credo che questi mondi siano (e debbano rimanere) distintamente divisi. Tuttavia da qualche mese ho cambiato opinione, poiché reputo ciò che mi è accaduto un fatto appunto "inspiegabile". Era un pomeriggio soleggiato, così decisi di uscire insieme ai miei due figli (di 11 e 13 anni) con il nostro bellissimo cane per fare una passeggiata. Abito in periferia vicino a campi coltivati e dove le case sono ben distanziate fra loro, quindi si gode di ottima pace. Normalmente percorro la strada esclusivamente in macchina in direzione centro, per cui pur conoscendo bene la zona, non avevo mai percorso quel tratto di strada a piedi. Rimasi sorpreso per i dettagli che non avevo mai notato percorrendo il tratto alla guida dell’autovettura. Bellissimi giardini e ville facevano da cornice alla strada che risaliva fin sopra le colline. Avevamo percorso circa mezzo chilometro, quando ci trovammo a rasentare l’inferriata di un giardino che racchiudeva una fitta siepe che cingeva una casa, modesta a dire il vero rispetto alle altre. Il cane stranamente era nervoso e tendeva a tirarmi dall’altro lato della strada e dovetti faticare non poco per tenerlo buono. I miei due figli camminavano subito dietro. Non ci feci caso ma ebbi la sensazione che qualcuno camminasse accanto a noi dietro le siepi e ne ebbi la conferma quando pochi metri oltre, mio figlio il grande mi si 57
avvicinò turbato dicendo di aver scorto tra gli arbusti la figura di una persona anziana. Aveva uno sguardo inquietante e la bocca storta. Con un sorriso tranquillizzai il piccolo dicendogli che probabilmente si trattava di un anziano curioso, come quelli che trovi in zone poco frequentate. Percorremmo altri cinquecento metri per poi far dietrofront sempre sulla stessa via. Mi ero scordato di quanto accaduto poco prima fin quando ci trovammo nuovamente a fiancheggiare la casa. Avevamo appena passato il cancello del giardino quando a un tratto lo sentimmo scuotere violentemente, come se qualcuno volesse letteralmente buttarlo giù. Mi girai sorpreso e feci appena in tempo a vedere le gambe di un uomo che scomparivano dietro un cespuglio. Guardai i mie figli che erano molto spaventati e con un sorriso li tranquillizzai dicendo testualmente: “Ce n’è di gente strana a questo mondo” e ci avviammo verso casa. L’accaduto però mi aveva incuriosito. Sapere di avere un vicino strambo m’inquietava non poco, così decisi d’indagare. Avevo un amico che conosceva ogni centimetro di quella zona così lo chiamai al telefono per capire di chi fosse l’abitazione. Mi disse che era di una famiglia emigrata qualche anno fa dopo la morte del vecchio genitore e che adesso era disabitata. Gli raccontai l’accaduto e la sua reazione mi sorprese. Disse che volevo prenderlo in giro perché la figura dell’uomo che aveva visto mio figlio e che gli avevo descritto, corrispondeva alla persona morta. Aveva la bocca storta a causa di un ictus che lo aveva colpito due anni fa. Rabbrividii. Ai bambini non dissi nulla, ma da allora
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non riesco più a passare davanti a quella casa. Soprattutto da allora il buio e quindi l’ignoto mi rende nervoso…
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ll mistero dell'uomo lupo
Questa è una di quelle storie che se ben conosciute da tutto il paese, nessuno ne ha mai parlato apertamente. Un po’ per paura un po’ per rispetto verso la famiglia coinvolta. Il fatto risale a moltissimi anni fa. Ci troviamo in un paese della Sicilia orientale. Quasi al centro della cittadina, vi è una grossa area di stoccaggio di grano. L’azienda è molto conosciuta in paese e i padroni rispettati perché brava gente. L’attività si basa sulla raccolta e la lavorazione del grano che viene stipato in enormi capannoni posti all’interno di mura di recinzione. Tutto normale se non fosse per alcuni strani avvenimenti che quasi tutti i cittadini avevano avvertito. E’ capitato che in alcune notti di luna piena, dall’interno dell’azienda si potevano ascoltare urla e lamenti sovrumani, tali da far accapponare la pelle. Le voci di paese riportavano una diceria secondo la quale il figlio del padrone della ditta, avesse avuto un figlio licantropo e che questi fosse rinchiuso in una sorta di locale all’interno dei capannoni. E i fatti venivano confermati da quegli operai che lavorando presso la struttura, avevano visto con i loro occhi un locale, chiuso con diversi catenacci e dal quale più volte avvicinandosi, avevano udito strani versi. Ma nessuno aveva mai visto questo fantomatico licantropo. Una sera, mi trovai a cenare presso degli amici che abitavano dirimpetto all’azienda. Era una di quelle sere invernali limpide ma fredde, per cui per tenersi caldi il vino non fu risparmiato. Approfittai della bella serata per uscire a 60
piedi poiché la distanza era relativamente breve. La serata passò allegramente ed ero pieno come una botte, in parte di cibo e per l’altra metà di vino. Non ero ubriaco, direi molto allegro. Era mezzanotte passata quando mi congedai dagli amici per avviarmi verso casa. Mi trovai sulla strada e camminando sorridevo come uno scemo ripensando alle battute della cena. Senza accorgermene, mi trovai a rasentare uno dei muri di cinta dei capannoni di grano. Diventai serio di colpo perché nei miei pensieri subentrò di prepotenza il pensiero del mistero dell’essere rinchiuso al di là del muro. Colto da un certo nervosismo affrettai il passo e inizia a guardarmi da ogni lato. Cercavo di scacciare dalla mente ogni cattivo pensiero, ma il vino si sa, può avere un doppio effetto, portarti dalle stalle alle stelle e viceversa. E fu mentre il mio cervello combatteva per eliminare pensieri spiacevoli, che fui richiamato da rumori che provenivano oltre il muro. Sembrava come se qualcuno camminasse al mio fianco schiacciando del fogliame. Mi fermai di colpo e dopo qualche secondo anche il rumore si fermò. I miei sensi si erano allertati come radar, cercavo di cogliere ogni segno possibile, ma alle mie orecchie arrivava solo il rumore dei rami degli alberi scossi dal vento che nel frattempo si era rafforzato. Stavo per prendermi a schiaffi e per scoppiare in una risata isterica quando un odore sgradevole invase le mie narici. Era come l’odore che si percepisce dentro una stalla. E non era tutto. Avvertii alle mie spalle una presenza. Era come se qualcuno avesse proteso il capo per osservarmi la nuca. Serrai i pugni, socchiusi gli occhi e mi girai di scatto. Credo di aver perso i 61
sensi per qualche secondo ma senza cadere. Me lo trovai di fronte a meno di mezzo metro, immobile. Era altissimo, sarà stato poco sotto i due metri. Era interamente ricoperto di peli, seminudo, indossava solo un pantalone malconcio. Se ne stava lì a fissarmi con due occhi profondi e luminosi ma non mostravano cattiveria, anzi tutto il contrario. Esprimevano una grande tristezza e sofferenza. Ero pietrificato e non riuscivo a respirare. Mi appoggiai al muro per non cadere e riuscì solo a farfugliare un “no… ti prego!”. L’essere protese una mano verso la mia figura. Pensai di essere spacciato e chiusi gli occhi aspettando la fine. Non so quanto tempo li tenni chiusi ma quando li riaprì davanti a me non c’era più nessuno. Mi guardai in ogni lato ma dell’essere nessuna traccia. Non mi posi alcuna domanda e cominciai a correre fino a farmi scoppiare i polmoni. Entrai in casa, mi spogliai e mi ficcai sotto la doccia, rimanendoci per oltre 20 minuti. Riuscì a prendere sonno solo all’alba. Non ho mai raccontato la mia esperienza a nessuno e lo sto facendo solo oggi e a distanza di moltissimi anni. Del presunto licantropo e dei terribili ululati non se ne seppe più nulla. Venni a conoscenza solo dopo qualche anno, che l’uomo (perché di questo si trattava) in questione, fosse un poveretto sofferente di “irsutismo”, una condizione in cui tutto il corpo viene completamente ricoperto di grossi peli e che morì qualche mese dopo il particolare incontro. Io so quello che ho visto e concordo con questa tesi. La persona che incontrai quella notte tutto era tranne che un lupo mannaro. I suoi occhi testimoniavano una sofferenza infinita e non c’è giorno che non rimpianga la mia reazione, 62
certo comprensibile ma non giusta. Credo che quando compì il gesto di protendere la mano, quello che cercava era solo un contatto umano e io glielo negai. Questo è il mio unico cruccio. Forse questo è uno di quei casi dove leggende e realtà si fondono. Sulla base di un “diverso” e grazie a una buona dose d’ignoranza, è nata la leggenda del licantropo.
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I fuochi fatui Per chi non lo sapesse, queste sono piccole fiammelle in genere di colore blu che si sprigionano apparentemente dal sottosuolo ma che di fatto rappresentano l'effetto della combustione di gas di metano e fosforo dovuta alla decomposizione di resti organici. Infatti è facile osservarli nei pressi dei cimiteri. Un'antica storia narra di un giovane per scommessa entrò di notte in un cimitero. Ad un certo punto a causa di questi fuochi di cui era all’oscuro, colto dal panico cominciò a correre all'indirizzo del cancello principale e con un balzo felino si apprestò a scavalcarlo. Nell'atto di scendere dall'altro lato però, il cappotto s'impigliò nell'inferriata. Il poveretto convinto di essere stato raggiunto e trattenuto dai morti, schiattò per il terrore a causa di un colpo apoplettico. Mai scherzare con in morti e con la morte...
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