Musei 2.0

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Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia Facoltà di Scienze della Comunicazione e dell’Economia

Corso di Laurea Specialistica in Nuovi Media e Comunicazione Multimediale

Musei online Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Relatore:

Prof. Esposito Elena

Laureando: Strozzi Simone matr. 19551

a.a. 2007/08


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

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Musei online Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale Simone Strozzi

ai miei genitori 2Â Â


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Indice Capitolo 1 - Musei e Internet. Una nuova comunicazione della memoria Introduzione

05

Storia e definizioni

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Memoria 2.0

27

La conversazione online

33

Conclusioni

40

Capitolo 2 – Il Web 2.0. Una breve introduzione Cosa si intende per Web 2.0?

43

Strumenti

47

Curiosità

63

Conclusioni

65

Capitolo 3 – La storia delle realtà museali in Rete Evoluzione del rapporto tra museo e web

68

Timeline

87

Capitolo 4 – I musei online ed i suoi pubblici Introduzione

90

Pubblici online

94

Musei online

98

Capitolo 5 – Gli strumenti 2.0. Esperienze concrete Blog

113

Wiki

136

Social network

148

Caratteristiche degli strumenti

168

Conclusioni

171

Riferimenti

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Capitolo 1 Musei e Internet Una nuova comunicazione della memoria

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Introduzione Il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali1 dell’umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto. Fonte: ICOM (2004), http://www.icom-italia.org

Due sono gli elementi che mi hanno spinto ad affrontare questo studio: una splendida esperienza lavorativa presso una piccola istituzione culturale e un interesse personale verso l’evoluzione che negli ultimi anni ha avuto Internet. Ho deciso di unirli per capire in che modo, gli ultimi strumenti disponibili in Rete, possono rivitalizzare la comunicazione legata ai beni culturali: una sorta di macchina del tempo che porta strutture ottocentesche, come alcune strutture museali, in contatto con le comunità online del 2008. I due protagonisti di questo studio, musei e World Wide Web, hanno avuto entrambi un percorso evolutivo dilatato in tempi diversi ma con una caratteristica identica, che svelerò subito dopo una breve introduzione . I musei, nel corso degli ultimi 100 anni, si sono resi protagonisti di una trasformazione continua : da prima semplici scatole conservatrici di oggetti preziosi, con compiti di conservazione, restauro e studio, rivolti per lo più ad un pubblico d’elite composto da professionisti e studiosi, hanno nel tempo ampliato le loro attività. Gli staff museali hanno così affiancato, alle attività di conservazione e restauro, anche quelle di valorizzazione e promozione del bene culturale attraverso una crescente apertura verso l’esterno, con la volontà di rendere il proprio patrimonio storico-artistico fruibile anche ad un pubblico diverso da semplici professionisti. Disegnando una linea che rappresenti un continuum temporale vedremmo nel corso del ‘900 una crescente volontà da parte dell’istituzione culturale di mostrarsi ad ogni tipo di pubblico, cambiando la destinazione del bene culturale, il quale non riguarda più solamente un’elite istruita. Questo cambiamento viene spinto da entrambi gli attori principali: dalle istituzioni stesse che sperimentano modalità nuove di fruizione del bene culturale (notti bianche, eventi temporanei, festival, contaminazione di generi artistici), ma, forse in quantità maggiore, dai nuovi comportamenti dei fruitori dell’arte, basti pensare al 1

I beni immateriali sono stati inseriti nella definizione di museo di ICOM (International Council of Museums, www.icom.org) nell'ottobre 2004 in occasione dell'Assemblea Generale di Seoul.

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boom del turismo nelle piccole città d’arte, dalle presenze a festival di medie/piccole dimensioni: tutto questo aiutato da una sempre maggiore facilità negli spostamenti (voli low cost). Fig. 1 – I giovani e la cultura

Fonte: Tucci (2007), Il Sole 24 ORE

La spinta verso una nuove concezione dell’istituzione culturale e di come si “vive” all’interno dei luoghi culturali è dovuta, quindi, sia alla volontà delle istituzioni che per vari motivi (maggiori introiti, maggiore visibilità, oppure sincera voglia di animare il dibattito culturale) andava alla ricerca di nuovi pubblici, sia dei pubblici stessi che nel tempo hanno aumentato la loro fame di cultura. Il secondo protagonista, Internet, ha radici lontane, militari e universitarie. ARPANET, progetto finanziato dal Dipartimento della difesa statunitense, è datato 1969 e collegava 4 nodi: l'Università della California di Los Angeles, l'SRI di Stanford, l' Università della California di Santa Barbara e l'Università dello Utah. Nel corso degli anni ’70 e ’80 i nodi connessi si moltiplicarono unitamente alla crescente diffusione dei computer.

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Fig 2 – L’evoluzione della Rete

Anno

Avvenimento

1962

Avvio delle ricerche di ARPA, progetto del Ministero della Difesa degli Stati Uniti

1969

Collegamento dei primi computer tra 4 università americane

1971

La rete ARPANET connette tra loro 23 computer

1979

Creazione dei primi NewsGroups (forum di discussione) da parte di studenti americani

1981

Nasce in Francia la rete Minitel. In breve tempo diventa la più grande rete di computer al di fuori degli USA

1982

Definizione del protocollo TCP/IP e della parola "Internet"

1984

La rete conta ormai mille computer collegati

1986

Nasce “cnr.it”, il primo dominio con la denominazione geografica dell'Italia. È il sito del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

1987

Sono connessi 10mila computer

1989

Sono connessi 100mila computer

1990

Scomparsa di ARPANET, e uso del linguaggio HTML

1991

Il CERN (Centro Europeo di Ricerca Nucleare) annuncia la nascita del World Wide Web

1992

Un milione di computer sono connessi alla rete

1993

Apparizione del primo browser pensato per il web, Mosaic

1996

Sono connessi 10 milioni di computer

1999

Gli utenti di Internet sono 200 milioni in tutto il mondo

Fonte: Wikipedia - http://it.wikipedia.org/wiki/INTERNET (18.08.2008)

Ma è il 1991 presso il CERN di Ginevra che avviene uno step importante nell’evoluzione della Rete. Due ricercatori, Tim Berners-Lee e Robert Cailliau, definirono il protocollo HTTP (HyperText Transfer Protocol) : un sistema che permette una lettura ipertestuale, non-sequenziale dei documenti, saltando da un punto all'altro mediante l'utilizzo di rimandi (link o, più propriamente, hyperlink). Il primo browser con caratteristiche simili a quelle attuali, Mosaic, venne realizzato nel 1993. Esso rivoluzionò profondamente il modo di effettuare le ricerche e di comunicare in rete. Nacque così il World Wide Web. Fonte: Wikipedia - http://it.wikipedia.org/wiki/World_wide_web (18.08.2008)

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E’ verso il 1993-1994 che Internet conosce una diffusione di massa, e risalgono a questi anni anche le prime esperienze in Internet di istituzioni culturali. Strumento di comunicazione di enormi potenzialità, che però (sorte toccata all’avvento di ogni nuovo media) non manca di detrattori. In ogni caso Internet nasceva spinto dalla volontà di dare a tutti una voce e dai primi anni ’90 ad oggi si è evoluto aumentando la possibilità di interagire degli individui: fino a pochi anni fa, in Internet, un’istituzione o azienda costruiva un proprio website, che le persone, attraverso il proprio browser (installato nel Pc), avevano la possibilità di visitare digitando l’indirizzo e leggendo le notizie pubblicate dall’istituzione/azienda. Ora, tutto questo si può ovviamente ancora fare, ma la Rete oggi è formata da continui flussi di notizie ed informazioni che occupano tutte le direzioni: dalle istituzioni verso gli utenti, tra gli utenti stessi, dagli utenti alle istituzioni, e tra istituzioni stesse. Il Web 2.0, è stato il motore principale di questa rivoluzione, grazie ad applicazioni che offrono a tutti quanti la possibilità di produrre contenuti e farsi sentire. Attraverso la dicitura 2.0 si intende infatti un nuovo stadio della Rete: dal Web 1.0, dove l’utente era ancora troppo passivo, si è passati al secondo stadio, 2.0, caratterizzato da una fortissima interazione tra gli utenti con un’attività di comunicazione che non ha più niente a che fare con l’unidirezionalità, ma anzi occupa tutte le direzioni possibili con contenuti non più solamente professionali, ma di carattere amatoriale o misto. In sostanza il Web 2.0 è un insieme di applicazioni web che hanno reso estremamente facile ed intuitivo, oltreché gratuito, immettere e condividere in Rete contenuti scritti, fotografici, audiovisivi, spesso costruiti e manipolati dagli stessi utenti.

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Fig. 3 – Web e beni culturali

Fonte: Rustichelli (2007), Repubblica Affari e Finanza

Torniamo ora ai due protagonisti, Internet e le istituzioni culturali. Qual è il minimo comun denominatore che li unisce? Molto semplice. Il percorso evolutivo di entrambi li ha portati verso una visione dell’utenza non come semplice spettatore ma come protagonista attivo: User oriented. E’ a partire da questa visione orientata all’utente/fruitore (non più solo l’ intellettuale/esperto) che all’interno delle istituzioni culturali hanno preso vita una serie di strumenti per la promozione-valorizzazione-comunicazione del bene culturale: si è assistito così ad una spettacolarizzazione della cultura e ad una creazione continua dell’evento, come le riprogettazioni museali affidate ad archistar che rendono le strutture stesse opera di richiamo internazionale, esposizioni temporanee, un’ attività massiccia di comunicazione visiva formata da brochure, flyer, locandine, inviti, card e pannelli segnaletici che, nelle forme più azzardate, sono vere e proprie campagne pubblicitarie, servizi tv e programmi specializzati, i vari progetti di identità visiva di musei e fondazioni e, infine, l’utilizzo di Internet come strumento per interagire con il pubblico.

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E allora perché non sfruttare le opportunità offerte dalla Rete per la produzione e condivisione dei contenuti, sviluppando così quelle che dovrebbero essere, a mio avviso, le attività centrali di ogni istituzione culturale moderna: •

trasmettere cultura

animare il dibattito culturale

stimolare l’utente ed interagire con lui

produrre contenuti di qualità e farseli produrre dai fruitori condividendoli in Rete.

Questo è l’aspetto che interessa a questa tesi: cercare di capire, attraverso i pochi studi pubblicati e vari casi interessanti, in che modo le nuove comunità online interagiscono con le istituzioni museali. Ci sono già molte realtà culturali che utilizzano in modo illuminato gli strumenti del Web 2.0 (e si vedranno in seguito), ma il rapporto tra istituzione culturale e Web rimane in certi casi problematico. L’Italia offre un patrimonio storico artistico di grandissimo valore, ma non sempre opportunamente promosso: e sono proprio certi strumenti legati al Web ad essersi rivelati un flop. Un caso ormai tristemente famoso è la fine del portale Italia.it: l’obiettivo del Dipartimento di Innovazione Tecnologica era di costruire un unico punto di contatto che presentasse il nostro paese, soprattutto verso il turismo estero, con informazioni sulle strutture ricettive, news, eventi. Rivelatosi un clamoroso buco nell’acqua, è stato chiuso gettando al vento svariati milioni di euro. Tra i tanti errori commessi (storici e geografici), è pesato soprattutto il fatto di voler calare un progetto dall’alto: durante il processo di costruzione e progettazione del website non si è interagito con l’utenza, con il popolo di Internet, presentando un prodotto fatto e finito. Anche la scarsa visibilità online di molte strutture ricettive fa si che molti turisti stranieri prima cerchino online destinazioni italiane ma che in seguito, causa una ricerca online difficile e scarsamente informativa vadano poi in vacanza altrove.

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Fig. 4 – L’Italia invisibile sul web

Fonte: A.V. (2008) , Città e Regioni – http://www.ttgitalia.com

Anche dal dossier ENIT2 relativo al turismo culturale in Italia, tra le varie criticità del “prodotto culturale offerto” si evidenziano: •

l’immagine di alcune regioni ed aree ricche di risorse culturali ed attrattive è scarsamente conosciuta e poco pubblicizzata. Su tutti i mercati si richiede un incremento di risorse per la promozione dell’intero territorio e di singole aree che riguardi il patrimonio artistico e naturalistico

è necessaria una maggiore programmazione delle iniziative e manifestazioni e la relativa e tempestiva informazione con vari strumenti di comunicazione.

Tuttavia, negli ultimi anni, si sono sviluppate iniziative di carattere europeo che mirano, attraverso seminari, linee guida e strumenti condivisi in Rete, a far aumentare la sensibilità delle istituzioni culturali nei confronti di Internet e delle possibilità che offre.

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Enit: Agenzia Nazionale del Turismo in Italia, http://www.enit.it

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Un esempio è il progetto Minerva3 (e i suoi step Minerva-plus, Minerva eC) attraverso il quale si è creata una piattaforma comune europea per la digitalizzazione del patrimonio culturale e il suo accesso in rete composta da raccomandazioni, standard e linee guida condivisi dagli Stati Membri e sviluppata da esperti che rappresentano tutti i settori (archivi, biblioteche, musei, ricerca, tutela….) Fonte: De Francesco (2007)

I temi oggetto di discussione sono stati: standard e interoperabilità delle risorse e servizi digitali, buone pratiche e contenimento dei costi, inventari di contenuti digitali, qualità dei siti web culturali, multilinguismo, diritti di proprietà intellettuale. Un altro progetto è Michael4 ( e Michael plus) anche questo volto alla valorizzazione del patrimonio culturale: Il progetto MICHAEL nasce dalla collaborazione tra Francia, Italia e Regno Unito e adotta una piattaforma software precedentemente sviluppata in Francia. MICHAELplus estende la partnership a Finlandia, Germania, Grecia, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia, Ungheria. I due progetti procedono allineati e mirano all’integrazione delle iniziative nazionali nel campo della digitalizzazione del patrimonio culturale e dell’interoperabilità fra portali culturali nazionali, allo scopo di promuovere l’accesso ai contenuti digitali di musei, biblioteche e archivi. Fonte: Progetto Michael – http://www.michael-culture.org/it

Ma da un punto di vista quantitativo, c’è modo di sapere quante sono le realtà culturali che utilizzano gli strumenti del web 2.0? I dati a riguardo scarseggiano, tuttavia sono da segnalare due relazioni. La prima, condotta su scala europea nell’ambito della ricerca interuniversitaria TRAME (2006-2007), viene descritta nel volume Comunicare la memoria, le istituzioni culturali europee e la rete5. I risultati riguardanti l’interattività dei website parlano di luci e ombre. Gli strumenti utilizzati sono maggiormente quelli a carattere organizzativo - informativo: •

Newsletter

Avvisi sulla telefonia mobile

RSS

E-card

3

Minerva: MiNisterial NEtwoRk for Valorising Activities in Digitasion, http://www.minervaeurope.org Michael: Multilingual Inventory of Cultural Heritage in Europe, http://www.michael-culture.org 5 Capaldi, Ilardi, Ragone (2008) 4

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Mentre si punta poco su un’interattività di approfondimento come: •

Ricerca di documenti

Videoconferenza

Invio di articoli e contributi

Inoltre si evidenzia come nella maggior parte dei website presi ad esame sia assente o poco sviluppata un’interattività partecipativa con occasioni di intervento in diretta, presentando una scarsità dei seguenti strumenti: •

Forum

Blog e chat sul patrimonio

Più in generale, si evidenzia una scarsità di spazi per commenti, notizie e suggerimenti in tempo reale

Scarso è anche lo spazio verso l’interattività produttiva: non ci sono spazi personali dedicati agli utenti in cui ognuno potrebbe effettuare l’ upload di materiali per la ideazione di manufatti sviluppando così una sensibilità creativa che è vitale per la discussione culturale. Un’altra ricerca degna di interesse è quella realizzata da Javier Celaya, Revista Cultural Dosdoce6 , che riguarda più dettagliatamente la realtà culturale spagnola. L’obiettivo era quello di capire in che modo gli istituti culturali spagnoli utilizzavano gli strumenti del Web 2.0: anche in questo caso i risultati non sono incoraggianti. El estudio señala que la mayoría de entidades analizadas utilizan estrategias de comunicación unidireccionales que tienen como principal objetivo la obtención de reseñas/cobertura mediática en las secciones de cultura y sociedad de los principales medios de comunicación tradicionales (prensa escrita, radio y TV) y en sus correspondientes suplementos culturales. Los responsables de comunicación de estos museos y centros culturales se sienten muy cómodos con este modelo, ya que a lo largo de las últimas dos décadas ha funcionado de forma más o menos eficaz. El estudio refleja este modelo de comunicación lineal ya que tan sólo un 23% de las entidades culturales analizadas ofrecen canales de comunicación colaborativa (foros, blogs, comunidades virtuales, etc.). Fonte: Celaya (2006), p. 7

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Celaya (2006)

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Gli istituti culturali spagnoli seguono ancora un modello di comunicazione unidirezionale, prendendo scarsamente in considerazione le potenzialità odierne della Rete. Obiettivi Dopo questa breve introduzione è utile specificare più precisamente quello che questo studio andrà ad analizzare. Il rapporto che lega le istituzioni culturali e Internet è talmente ampio che gli aspetti possibili da analizzare sono molti: accessibilità, navigabilità e grafica del website, la correttezza dei testi (in Internet si scrive in un determinato modo), la completezza delle informazioni sull’ente e sulle varie attività, la qualità e quantità dei contenuti (audio, testi, immagini, video), l’accesso ad archivi digitali e basi di dati, l’interattività verso l’utenza e più in generale il rapporto con l’utenza online. E’ in quest’ultimo campo che si inserisce questa tesi: l’obiettivo è analizzare in che modo le realtà del Web 2.0 (soprattutto le comunità online) consentono all’istituzione culturale di avere un rapporto sempre più diretto con gli utenti online, in modo tale da rendere questi ultimi quasi co-operatori dell’istituzione stessa. Un rapporto che può giovare ovviamente anche in termini di visite reali presso l’istituzione.

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Storia e definizioni Definizioni

Per comprendere meglio, in seguito, gli scopi che i musei possono

perseguire grazie all’utilizzo della Rete è doveroso chiarire prima di tutto cosa si intende per museo: nel corso del tempo sono state formulate diverse definizioni, dall’ICOM, da altre associazioni, da professionisti e studiosi, con continui aggiornamenti anche in tempi recentissimi. Prima di definire le caratteristiche di questa evoluzione, vediamo una semplice timeline che riassume le date chiave delle definizioni di museo assunte dall’ICOM negli ultimi cinquant’anni7. 1951

Lo statuto dell’ICOM definisce il museo l’istituzione che conserva, studia,

valorizza e essenzialmente espone un insieme di elementi di valore per il diletto: i beni in questione sono collezioni di oggetti artistici, storici, scientifici e tecnici, giardini botanici e zoologici, acquari. 1961

Vi è un ampliamento dei beni di competenza museale: si aggiungono

monumenti storici, siti archeologici e storici, i siti e i parchi naturali che garantiscono una visita regolamentata al pubblico. 1974

L’ICOM cambia radicalmente la definizione di museo: un’istituzione al

servizio della società, che acquisisce, conserva, comunica, e presenta con il fine di accrescere

la

competenza,

la

salvaguardia

e

lo

sviluppo

del

patrimonio,

dell’educazione e della cultura, le testimonianze della natura e dell’uomo. 1989

L’ICOM chiarisce che il museo è un’istituzione al servizio della società e

questo indipendentemente dalla natura dell’autorità di tutela (pubblica o privata) e dal sistema di funzionamento. 1995

L’ICOM cita la museologia come materia cardine dell’attività museale: sono

musei quelle istituzioni o organizzazioni senza scopo di lucro che svolgono attività di ricerca, di formazione, di educazione, di documentazione legate ai musei e alla museologia. 2001

Durante la 20° assemblea generale di ICOM, tenutasi a Barcellona, si adotta

la seguente definizione di museo: il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico che svolge 7

Marani, Pavoni (2006)

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ricerche concernenti le testimonianze materiali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, le comunica e soprattutto le espone a fini di studio, di educazione e di diletto. 2004

All’assemblea generale ICOM, tenutasi a Seul, si introduce un elemento

nuovo all’interno della definizione di museo: si amplia il campo di ricerca del museo, non solo “testimonianze materiali dell’uomo e del suo ambiente” ma anche le “testimonianze immateriali”. Guardando l’evoluzione nel tempo della definizione di museo si nota un costante ampliamento del concetto di museo. Più precisamente, sono due le tipologie di ampliamento: uno, letterale, che riguarda l’aumento nel tempo dei beni di competenza museale, l’altro, più tra le righe, riguarda l’ampliamento del ruolo museale nel fare cultura. Spiego meglio quest’ultima tipologia. Passando in rassegna le varie definizioni si vede come il museo passa dall’essere principalmente un luogo dove ci sono “cose” conservate che vengono mostrate al pubblico, per diventare nel corso del tempo un luogo a contatto con l’uomo e la società, diventando un attore centrale nell’educazione della società stessa. In questo senso un grande cambiamento è avvenuto con la definizione del 1974, che “apriva” finalmente il ruolo del museo da mero contenitore a “formatore” di conoscenza. Un cambiamento ancora più epocale avviene con la definizione del 2004, che inserisce anche le “testimonianze immateriali” dell’uomo all’interno delle competenze museali. Cosa sono questi beni immateriali? Sono tutte le forme culturali che forse più di ogni altre rappresentano l’identità di una società: la musica, la danza, i rituali, alcuni avvenimenti storici (ne sono esempi i musei della memoria), le tradizioni. Per chiarire ulteriormente cosa si intenda con l’accezione “beni immateriali” ci viene in aiuto una definizione dell’UNESCO8 del 2003: Si intende per “patrimonio culturale immateriale” le pratiche, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il saper fare –così come gli strumenti, oggetti, artefatti e spazi culturali che sono loro associati- che le comunità e i gruppi riconoscono come facenti parte del loro patrimonio culturale. Fonte: Marani – Pavoni (2006), p. 28

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UNESCO: United Nations Educational Scientific and Cultural Organization, http://www.unesco.org

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Si nota, quindi, come la definizione di museo sia cambiata radicalmente nel giro di cinquant’anni, descrivendolo, oggi, come un luogo che non contiene necessariamente oggetti fisici ma che abbraccia l’arte, la storia e la memoria a 360 gradi, e che cerca i mezzi più adatti per preservarne e ricrearne i contesti e gli ambienti originari. Va detto, che quanto appena esposto è la visione di ICOM, ovvero del consiglio internazionale dei musei. Tuttavia, come sopra accennato, ci sono diverse associazioni che mantengono una propria definizione di museo, la quale si diversifica, evolve o indietreggia (da un punto di vista storico) rispetto a quella dell’ICOM. Vediamo qualche esempio. Una definizione che segue le linee dettate da ICOM è quella adottata dall’Associazione dei Musei Canadesi: anche in questo caso si fa espressamente riferimento alle attività di acquisizione, conservazione, interpretazione, esposizione dell’intero patrimonio culturale/naturale, indicando quindi l’importanza delle testimonianze immateriali per lo sviluppo della comprensione e dell’educazione della società. L’Associazione dei Musei Inglesi, adotta una infinita, classica e ricca definizione per spiegare le finalità dell’istituzione museale: conservare le collezioni a nome della società, salvaguardare il servizio pubblico, coinvolgere la comunità, acquisire patrimoni onestamente e responsabilmente, riconoscere gli interessi di coloro che fecero, usarono, collezionarono o donarono gli oggetti esposti, sostenere la protezione dell’ambiente umano e naturale, ricercare, condividere e interpretare informazioni relative alle collezioni riflettendo differenti punti di vista. Infine, rendere capaci le persone di esplorare le collezioni per prenderne ispirazione, per imparare, per diletto. Fonte: Marani – Pavoni (2006), p. 30

Più interessante, per le finalità di questo studio, è comparare due definizioni estremamente diverse che riflettono due visioni quasi opposte dell’istituzione museale. La prima è quella adottata dall’Irish Heritage Council, che evidenzia come l’attività di un museo deve essere principalmente quella di salvaguardare, acquisire e interpretare oggetti originali: in questa definizione si evidenzia una visione estremamente classica e legata alle prime definizioni dell’ICOM, con un forte orientamento all’oggetto in sé. Tutt’altra visione è quella che sta alla base della definizione data dall’Associazione dei Musei Australiani, dalla quale emerge l’idea di museo come di un’istituzione che aiuta le persone a capire il mondo sia attraverso 17


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oggetti sia attraverso idee: interessante è il riferimento all’accessibilità delle collezioni, dove si parla di contesti reali e virtuali. Internet, si vedrà in seguito, ha offerto alle persone nuove possibilità di fruizione ed interazione dei musei, sviluppando tuttavia una discussione accesa tra gli addetti ai lavori, in particolare sulla legittimità di riproduzione di immagini e contenuti di proprietà del museo. Tuttavia nel caso dei musei australiani, l’utilità di Internet è ovvia: un territorio con distanze enormi ridotte dalla Rete con interessanti prospettive per agevolare la diffusione del sapere. Si sta capendo che il web non cerca di creare uno specchio di ciò che esiste in un museo, bensì è lo strumento per realizzare un museo completamente diverso, legato ma al contempo distinto da quello reale e fisico. Fonte: Glenn D. Lowry (direttore MoMA, New York), in Marani – Pavoni (2006), p. 31

Origini

Dalle definizioni di museo moderno sopra esposte, emergono come

caratteristiche fondamentali l’apertura al pubblico e l’educazione permanente di questo: tuttavia, in molti casi, ancora fino alla metà dell’Ottocento il concetto di “pubblico” non si estendeva a tutte le classi sociali ma soltanto a quelle più istruite, agli artisti e agli addetti ai lavori. E’ necessario quindi vedere quando nasce il concetto di museo, e attraverso quali tappe arriva alle definizioni assunte nel ‘900. L’origine del museo moderno è spesso fatto risalire al collezionismo privato che va dal Quattrocento al Seicento, dal momento che questi collezionisti e scienziati consentivano al pubblico (un’elite molto ristretta) di vedere e studiare le loro raccolte. Esiste però un’altra visione sull’origine del concetto di museo moderno, che va in controtendenza rispetto alla visione precedente, indicando sempre collezioni private, ma appartenenti all’aristocrazia e nobiltà rinascimentale spinte da un sincero amore per l’arte e gli artisti: […] l’origine del museo moderno non sia da vedere tanto nel collezionismo privato […] ma piuttosto nella forte motivazione ad aprirsi verso la società e verso il pubblico più diversificato nel tentativo di rispondere a precise istanze provenienti dagli strati più illuminati mirate alla volontà di appartenere ad un popolo, a una nazione, e di chiarire a sé il ruolo avuto nella storia e nei processi storici. Fonte: Marani – Pavoni (2006), p. 31

Indipendentemente da dove si voglia fa risalire l’origine del museo moderno, c’è comunque un elemento costante nelle collezioni esposte in quegli anni, e cioè di essere rivolte ad un pubblico colto, senza prendere in considerazione le altre classi 18


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sociali e le loro esigenze di fruizione. In questo senso, si distinse il papato già a partire dalla seconda metà del Quattrocento, e più precisamente nel 1471 quando Sisto IV dona al popolo di Roma le collezioni di antichità che si trovavano in Campidoglio. Rimanendo in ambienti ecclesiastici ma facendo un salto nel tempo fino al Settecento, vediamo alcune date chiave: 1773

Viene allestita la Galleria lapidaria da Gaetano Marini

1773-1790

Per ospitare le immense raccolte papali, due architetti, Michelangelo

Simonetti e Giuseppe Camporesi, progettano per la prima volta un

vero e proprio

edificio museale, diverso dalle gallerie seicentesche: progettarono tre Sale e una pianta centrale circolare che diviene l’emblema del museo moderno. 1786-1792

G. Volpato e A. L. R. Ducros eseguono quattordici incisioni che

raffigurano le sale del Museo Pio Clementino: queste incisioni sono importantissime perché mostrano per la prima volta un nuovo pubblico del museo, non più formato esclusivamente da aristocratici ed intellettuali ma da gente comune, borghesi, genitori con i figli, coppie che gustano le opere esposte. Molte opere che oggi vediamo esposte nei musei sono frutto di donazioni o acquisti da quelle collezioni private prima citate: ne offre un esempio, quello che spesso viene definito il primo museo moderno aperto al pubblico, il British Museum9, che fu fondato nel 1759 dall’esigenza di conservare tre raccolte private di manoscritti e libri. Tuttavia, il museo era sì aperto a tutto il pubblico, ma vi erano ancora molte limitazioni come l’obbligo di seguire un preciso percorso o di lasciare le proprie credenziali in segreteria e ottenere l’accesso al museo solamente due settimane dopo. Per questi motivi, molte correnti di pensiero sostengono che in realtà il primo museo moderno è nato grazie alla trasformazione del palazzo del Louvre10 in Musée Francais a seguito della Rivoluzione francese del 1789, e che aprì al pubblico il 10 agosto 1793.

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http://www.britishmuseum.org/ http://www.louvre.fr/louvrea.htm

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Anche a Milano nasce un museo rappresentativo della storia dell’arte italiana: la Pinacoteca di Brera11, come appendice dell’Accademia di belle arti fondata nel 1776, che proprio con il Louvre instaurerà un forte rapporto attraverso lo scambio di opere per le proprie collezioni. A Firenze, nel 1771, il granduca decise di aprire la Galleria degli Uffizi12 al pubblico. Il modello americano Per introdurre la visione americana di museo moderno è utile partire dall’operato di un museo europeo: il Victoria and Albert Museum13 di Londra (questo il nome adottato a partire dal 1899, prima era South Kensington Museum). Il museo, che nasce a seguito della Great Exhibition di Londra del 1851, ha rappresentato un vero e proprio modello anche per molti musei di arti decorative made in USA, proponendo un percorso fortemente educativo e formativo. Gli obiettivi del V and A Museum erano quelli di educare le classi lavoratrici, accrescere le collezioni di oggetti antichi e rispondere alle richieste del governo di creare la più grande raccolta di modelli per la migliore scuola. Diversi musei americani si riconosceranno in questa visione formativa dell’arte, che si confronta con la realtà sociale e che insegna a tutte le classi della società. In questo senso è chiarificatore il pensiero di John Cotton Dana, museologo americano attivo nei primi anni del ‘900, che rifiuta l’idea classica ed europea di museo. Il museo doveva servire come forza propulsiva per il miglioramento del design e dei prodotti in commercio e per mostrare il significato delle arti in relazione alla società industriale: accusando l’arte nella sua accezione classica di essere lontana dalla gente comune […] In questa visione, i grandi magazzini, vanto della nuova America e della “democrazia del desiderio” di possedere beni e oggetti finalmente alla portata di una società in espansione , diventavano per i musei un riferimento a cui guardare per le strategie espositive, per la capacità di comunicare e di dialogare con la gente … Fonte: Marani – Pavoni (2006), p. 43

Proprio questo legame che l’arte doveva avere con la vita di tutti i giorni e soprattutto con il mondo industriale, era parte integrante dei primi due grandi musei USA: il Metropolitan Museum di New York e il Museum of Fine Arts14 di Boston. Entrambi si ponevano come obiettivo quello di incoraggiare lo studio delle belle arti e allo stesso tempo di sviluppare il rapporto di queste con le manifatture: un obiettivo generalmente condiviso da tutta una generazione di museologi e curatori 11

http://www.brera.beniculturali.it/ http://www.uffizi.firenze.it/ 13 http://www.vam.ac.uk/ 14 http://www.mfa.org/ 12

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che attraverso la gestione dei musei (American Museum of Natural History, Brooklyn Museum) istituzionalizzava legami e collaborazioni con commercianti, manifatture e imprenditori. La grande novità che prende forma in America dagli anni 80 dell’Ottocento è sostanzialmente l’alleanza e la condivisione di intenti tra i grandi magazzini, i musei, le agenzie governative che iniziarono a lavorare insieme per creare quella che è stata chiamata la “terra del desiderio” reindirizzando l’aspirazione e l’aspettativa nazionale verso il consumatore di beni, di divertimento, di fantasie. […] Strategie condivise di esposizione accomunano i nuovi eccitanti luoghi del commercio su larga scala con i musei, come la scelta di un ampio ricorso alle ambientazioni e alle ricostruzioni di atmosfere di luoghi esotici o di epoche passate. Fonte: Marani – Pavoni (2006), p. 45

Questo stretto rapporto di collaborazione tra il design, la grande distribuzione, i musei, le aziende, rimarrà una caratteristica forte della museologia americana, la quale sarà sempre attenta al mercato e agli investitori e utilizzerà tecniche di marketing di derivazione industriale. Esempi simbolo del legame museo-business sono quattro musei, già citati in precedenza: American Museum of Natural History15: il museo organizzò diversi incontri e conferenze, rivolti a designer e responsabili aziendali, cercando di aprire le collezioni del museo al mondo dell’industria tessile, esponendo costumi, intagli e tessuti d’epoca. Tutto questo doveva servire a rinnovare e a far nascere nuove idee nel mondo dell’industria tessile. Newark Museum16: nel 1912 il curatore John Cotton Dana organizza all’interno del museo una mostra di arte industriale dedicata al maggior gruppo tedesco di industrial design, Deutcheswerkbund. Brooklyn Museum17: Stewart Culin, il curatore, fece del museo un centro per le industrie artistiche con l’apertura nel 1917 di un laboratorio per designer, cercando di contaminare i prodotti moderni con elementi (colori, materiali) delle culture primitive.

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http://www.amnh.org/ http://www.newarkmuseum.org/ 17 http://www.brooklynmuseum.org/ 16

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Metropolitan Museum18: fu il museo più impegnato nel rapporto col mondo business. Tra il 1910 e il 1917 le iniziative in questo senso furono tantissime e di ogni genere. Ci furono lezioni sulle leggi del colore in relazione ai nuovi prodotti industriali, seminari per designer industriali e venditori, corsi sull’arte del drappeggio. Ci furono poi veri e propri “laboratori”, coordinati da esperti di diversi ambiti di attività, dove i designer potevano formulare idee sui prodotti più disparati, ispirandosi anche dagli oggetti esposti all’interno del museo: la prima esposizione di questi prodotti avvenne nel 1919. Da questa breve introduzione del modello americano di museo si intuisce che esso è inteso in modo profondamente diverso rispetto alla visione europea, e presenta alcune caratteristiche che è necessario riassumere. •

Un utilizzo museale che ha come obiettivo lo sviluppo e il miglioramento del mondo industriale.

Una costante attenzione alla volontà della comunità locale.

Musei come istituzioni civiche più che nazionaliste come i musei europei.

Forte orientamento didattico.

Una forte idea di entertainment: stupire, divertire, incuriosire, creare spettacolo per educare.

I musei americani ancora oggi sono principalmente “narrativi” capaci di parlare al pubblico, raccontare storie e di coinvolgere il visitatore, piuttosto che far risaltare gli oggetti del museo.

Tutte queste caratteristiche tipiche del museo americano rendono quindi difficile importare certe attività in una realtà europea che ha ben altra storia alla base dell’attività museale. Un esempio in questo senso emerge tra gli anni settanta e ottanta del Novecento, quando il turismo culturale inizia a raggiungere numeri importanti e molti fruitori viaggiano oltreoceano per visitare i grandi musei americani: qui trovano, all’interno delle strutture museali, ogni tipo di servizio e comodità, dai ristoranti a punti di ristoro tra le collezioni, da sale ospitalità per i bambini a spazi dedicati per approfondire le tematiche del museo. Questi servizi al pubblico, in quegli anni, erano per lo più sconosciuti ai musei europei e italiani e il confronto, sul piano dei servizi, con le strutture americane era impietoso. Tuttavia, 18

http://www.metmuseum.org/

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anche se nel corso del tempo molti musei tradizionali europei hanno cercato di emulare certi servizi proposti dai musei americani, è necessario fare una precisazione: le strutture americane erano spesso decentrate dal centro città o comunque risiedevano in aree dove era impossibile trovare bar e ristornati mentre al contrario le strutture museali europee e italiane erano palazzi all’interno di centri storici in cui abbondano bar, caffetterie, ristornati, negozi. Questo è solo un esempio ma fa luce sul fatto che è sempre necessario tenere a mente la diversità di “provenienza” del museo americano da quello europeo. Sullo stesso piano viaggia l’analisi di “museo dell’oggetto” e di “museo della narrazione”. Ho già parlato, poco sopra, di come la visione americana sostenga la seconda tipologia, dove i musei devono essere utili ed utilizzati dalla comunità, dove i servizi devono coinvolgere il fruitore e l’attenzione dello staff museale è incentrata sul pubblico, e non sulla sacralizzazione e conservazione di oggetti, fondate dall’idea europea di museo classico, all’interno del quale sono appunto le collezioni il cuore pulsante dell’attività museale. L’innovazione Alla fine degli anni 60 del Novecento i movimenti di protesta, la beat generation, il rifiuto verso una cultura calata dall’alto e la voglia di sovvertire regole e gerarchie travolse ovviamente anche le strutture museali, in quanto attori principali del mondo culturale: fu però da qui, che partì un processo di profondo rinnovamento. Alcune date19: 1966

Nasce l’idea di “museo di quartiere” lanciata da Sidney Dillon Ripley,

segretario della Smithsonian Institution20, realizzata in via sperimentale presso Anacostia, ghetto nero di Washington. 1971

Si inizia a dibattere sulla contrapposizione di museo-tempio e museo-forum

(sulla quale si tornerà in seguito). Il museologo canadese Duncan F. Cameron denuncia la necessità di creare forum destinati al confronto, alla sperimentazione ed al pubblico dibattito. In questo senso, John Kinard, direttore dell’Anacostia Neighborhood Musem21, durante la nona conferenza ICOM presenta l’avvenuta realizzazione del “museo di quartiere”, all’interno del quale, in uno spazio privo di

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Marani – Pavoni (2006) http://www.si.edu/ 21 http://anacostia.si.edu/ 20

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collezioni si animano dibattiti, confronti e dialoghi con la comunità, dove questa è profondamente coinvolta nelle attività espositive e didattiche. 1972

L’ UNESCO organizza una tavola rotonda a Santiago nel Cile sul ruolo dei

musei in America latina, dalla quale emerge l’idea il“museo integrale”: il museo inteso come processo di cambiamento con il compito di fare interagire persone e patrimonio culturale. In questi stessi anni, in Francia, nascono gli ecomusei: si amplia così il concetto di

patrimonio

culturale

attraverso

l’aggiunta

di

funzioni

di

conservazione del patrimonio culturale e della tutela ambientale. 1977

La costruzione del centro culturale George Pompidou22 a Parigi, progettato

da Renzo Piano, rappresenta un punto di forte rinnovamento nella concezione museale europea: l’obiettivo della struttura è infatti quello di rendere accessibile la cultura al grande pubblico. L’enorme struttura vetrata con i tubi colorati […] funge da spartiacque tra il passato e il presente, ergendosi in opposizione al modello del museo elitario chiuso, nel sogno di un’agorà aperta allo scambio di esperienze e di culture. Il Centre Pompidou, che intende assommare in sé le caratteristiche di tempio (la collezione permanente) e di foro (un complesso di attività diverse), s’impone come prototipo del nuovo museo nella società del consumo culturale. Fonte: Ribaldi (2005), p. 29

Il museo diventa così un “centro” in cui incontrarsi per studiare, partecipare a conferenze, passeggiare tra le collezioni, mangiare e acquistare. Questa struttura segna anche l’inizio di un nuovo rapporto tra “contenuto” e “contenente”: le strutture museali diventano esse stesse oggetti d’arte, con design spettacolari che sono perfetti veicoli di comunicazione per l’intero comparto turistico delle città dove sorgono. 1988

E’ l’anno in cui Thomas Krens diventa direttore del Guggenheim23 di New

York. Un operato, il suo, non esente da critiche perché estremamente audace e “spinto” verso una logica industriale. Egli applica all’attività museale una visione da azienda multinazionale, costituendo un network di sedi museali sparse per il mondo.

22 23

http://www.cnac-gp.fr/ http://www.guggenheim.org/new_york_index.shtml

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Nella logica dell’economia di scala, la crescita del numero di sedi aumenta lo spazio per la rotazione delle mostre temporanee e dell’esposizione di opere conservate nei depositi; la centralizzazione del lavoro scientifico riduce il costo del personale intellettuale; diminuiscono inoltre le spese per i prestiti e le assicurazioni con il conseguente aumento di redditività. Fonte: Ribaldi (2005), p. 30

Inoltre, Krens adotta strategie di comunicazione imponenti, facendo delle sedi museali veri e propri spettacoli architettonici come il Guggenheim24 di Bilbao e, come sopra accennato, “spinge” il rapporto contenuto-contenente verso una deriva commerciale. Tempio o Forum La discussione sul ruolo del museo nella società è stato affrontato, dal già citato museologo canadese Duncan F. Cameron, in un saggio del 1971 all’interno del quale introduceva il concetto di museo-forum, un aspetto importante e di estrema attualità che si lega perfettamente alla realtà del Web 2.0. Cameron, all’interno del suo saggio, inizia riflettendo sull’utilità che il tradizionale museotempio, semplice contenitore di collezioni, ha per la vita delle persone e di tutta la società. Il museo è stato il luogo in cui si poteva andare per mettere a confronto la propria percezione individuale della realtà con la visione cosiddetta oggettiva della realtà socialmente accettata e convalidata. Per questo motivo ho affermato a volte che, dal punto di vista sociologico, il museo ha una funzione più simile a quella della chiesa che non a quella della scuola. Il museo offre l’opportunità di riaffermare una fede; offre l’occasione di vivere esperienze intime e private, per quanto condivise con molti altri. Fonte: Cameron (1971), p. 53

Tuttavia egli è conscio che esistono argomentazioni forti anche per una riforma dei musei, dal momento che nella visione del museo tradizionale manca qualcosa: non è la struttura del museo–tempio a rappresentare il problema quanto la mancanza di confronto, di dibattito, di incontro e da qui la necessità di ripristinare il forum. I nostri musei tradizionali si stanno sforzando di acquisire un significato più pregnante pur conservando il ruolo di templi, ma è indispensabile creare nel contempo forum destinati al confronto, alla sperimentazione e al pubblico dibattito, poiché il forum è un’istituzione strettamente collegata al museo ma distinta da esso. Fonte: Cameron (1971), p. 56

Cameron intende il forum come un’istituzione estremamente attiva, vitale: spazi espositivi e luoghi di incontro aperti a tutti, laboratori, e sopratutto programmi, 24

http://www.guggenheim-bilbao.es/

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fondi e investimenti per tutti coloro che cercano di sperimentare ed innovare i vari campi dell’arte. Si pone, però, un problema: dove si posiziona il forum nei confronti del museo? Alcune realtà museali hanno cercato di integrare il forum all’interno del museo-tempio: gli esiti sono sempre stati mediocri. Questo perché si cerca di integrare attività sperimentali più o meno radicali all’interno del museo: quest’ultimo, essendo un’istituzione “conservatrice” inibisce l’autonomia e la vitalità del forum; inoltre importare attività nuove ed inedite all’interno del tempio rischia di sacrificare e danneggiare quelle opere già conservate nel museo. Questa serie di considerazioni ha spinto Cameron ha pensare al forum come un’attività collegata ma distinta dal museo tempio: Il forum è il luogo in cui si combattono le battaglie, il tempio è dove rimangono i vincitori. Il primo è il luogo in cui avviene il processo, il secondo è la sede che ne ospita gli esiti prodotti. Fonte: Cameron (1971), p.59

E’ bene chiarire che i concetti di museo-tempio e museo-forum non sono da considerarsi opposti. Il rinnovamento dei musei passa per l’ascolto di nuove idee, di nuovi progetti e di nuovi stimoli: dove manca il forum il museo-tempio non riesce ad ascoltare il cambiamento in atto, mentre dove il forum esiste il museo è in grado di continuare come tempio e in più ha un orecchio per ascoltare i cambiamenti e i conflitti in atto che opportunamente sfruttati potranno caratterizzare i musei di domani. La popolazione parla e discute, il museo è l’orecchio in ascolto Fonte: Kinard (1972), p. 25

Come detto poco sopra, questa visione di museo–forum è molto attuale: nei capitoli seguenti si analizzeranno le possibilità offerte da Internet e si vedrà come molte delle funzioni del forum qui esposte sono oggi disponibili per un pubblico inimmaginabile fino a pochi anni fa. Chiaramente è ancora valida e necessaria l’idea di forum “fisico” e reale, con sedi del museo dedicate al seminari, confronti, lezioni, sperimentazioni e laboratori: tuttavia, il Web 2.0 oggi consente tutte queste attività, e altre, offrendole ad un pubblico mondiale. Concludendo, è quindi in questi anni ’70 del Novecento che si inizia a pensare al museo non più, o meglio non solo, come istituzione statica e conservatrice ma anche come luogo dove i fruitori diventano protagonisti partecipando all’attività museale. Partecipazione, confronto, dibattito e 26


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produzione: saranno proprio questi i temi che, tra gli anni ’90 e il nuovo millennio, intrecceranno il loro sviluppo con quello della Rete globale.

Memoria 2.0 Oltre al concetto di forum, sopra esposto, c’è un altro tema da considerare nel rapporto tra web e musei: la memoria storica. In fondo, uno dei ruoli del museo è proprio quello di conservare testimonianze della storia della società: in precedenza si è visto come il museo non contiene solo oggetti ma si occupa del patrimonio culturale a 360°, e la memoria è parte integrante di questo patrimonio. Allo stesso modo la Rete è un contenitore di ogni tipo di materiale (testi, immagini, video, idee) che testimonia la storia della società attuale: si possono rintracciare conversazioni, contenuti, articoli di giornali, servizi e approfondimenti. Un esempio: oggi qualsiasi studente che deve scrivere una relazione su di un personaggio storico, trovare immagini e magari vedere esempi di relazioni o contenuti simili, va su Google e digita una parola chiave. Si potrebbero fare mille altri esempi simili. Internet, soprattutto per le generazioni più giovani, è diventato il luogo in cui cercare le informazioni relative a qualsiasi argomento; e allora diviene importante il ruolo di associazioni culturali, musei, fondazioni, gruppi di interesse per far si che le informazioni storiche in Rete, che formano la memoria della società, siano complete, di qualità, coinvolgenti, stimolanti e soprattutto utilizzino linguaggi appropriati al media in questione. Fig. 5 – Memoria 2.0

Fonte: Paini (2008) - http://www.museodiffusotorino.it/files/eventi/90_memoria2_0.pdf

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Proprio come il ruolo del museo non si esaurisce nella conservazione degli oggetti, anche la memoria non va solamente conservata: oggi ci sono strumenti che consentono di “vivere” la memoria partecipando alla sua conservazione e promozione. Proprio come il resto del patrimonio culturale di cui fa parte, la memoria va promossa in modo adeguato. Grazie alla Rete tutte queste operazioni – conservazione, promozione, partecipazione - hanno acquisito, e tuttora stanno acquisendo, nuove forme: basti pensare alla digitalizzazione delle collezioni e alla condivisione di queste con un pubblico mondiale oppure il successo di archivi multimediali online. Questa “mediamorfosi” ha aperto nuove modalità di fruizione dei contenuti: •

Tutto il nostro patrimonio culturale sta acquisendo nuove forme e nuove modalità di fruizione.

Siamo passati dall’era riproducibilità digitale.

Questo passaggio ci offre la possibilità di “vivere ciò che viene digitalmente riprodotto”

non tanto e non solo in riferimento agli artifici digitali, che ci possono consentire un’immersione virtuale nella “memoria”

della

riproduzione

tecnica

(Walter

Benjamin)

all’era

della

Fonte: Paini (2008) - http://www.museodiffusotorino.it/files/eventi/90_memoria2_0.pdf

L’utilizzo, quindi, delle nuove tecnologie applicate alla memoria storica offre anche la possibilità di avvicinare un pubblico più giovane attraverso l’utilizzo di nuovi linguaggi e nuovi stimoli: studiare la storia su vecchi libri di testo è spesso noioso, mentre l’esperienza attiva e partecipe in un museo o in un’istituzione che utilizza strumenti multimediali come dvd, wall screen, installazioni virtuali, animazioni video, può rendere l’apprendimento della storia davvero piacevole. Un esempio in questo senso è “Il Museo Audiovisivo della Resistenza di Massa Carrara e La Spezia”. Il museo, nato nel 2000 e situato a Prade di Fosdinovo (MS), utilizza tecnologie multimediali per coinvolgere il pubblico e spiegare le lotte partigiane. Paolo Pezzino, professore ordinario presso la Facoltà di Storia dell’Università degli Studi di Pisa, spiega chiaramente modalità e obiettivi del progetto:

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Un museo che non espone cimeli od oggetti, ma mette in mostra persone, volti, narrazioni, storie; una Resistenza intesa non solo in senso militare, come lotta armata contro i tedeschi ed i fascisti, ma nella più ampia accezione di lotta contro la guerra e per la vita, in condizioni difficilissime.[…] Il museo di Fosdinovo non è solo un luogo di conservazione della memoria storica dei protagonisti di quell’epoca, dato che l’interattività consente al visitatore di incontrare e organizzarsi un suo proprio percorso, invitandolo ad interagire con racconti, fotografie, filmati; non è stato organizzato secondo canoni museali tradizionali e rappresenta la fusione di un’antica tradizione orale con le più moderne tecnologie audiovisive Fonte: Pezzino(2008) - http://www.museodiffusotorino.it/files/eventi/90_memoria2_0.pdf

E’ evidente l’intenzione di andare oltre il semplice ricordo della nostra storia, adottando nuovi codici per comunicare la storia: libri virtuali che il visitatore può sfogliare, animazioni video e audio che propongono interviste e approfondimenti ai protagonisti, la compresenza di immagini, volti e voci narranti. Fig. 6 – Progetto ERA (European Resistance Archive)

Fonte: http://www.resistance-archive.org

Proprio la Resistenza è oggetto di diverse iniziative che legano la volontà di non dimenticare all’utilizzo della Rete: l’aumento di casi simili a quello del museo appena descritto è dovuto a diversi fattori, tra i quali la naturale scomparsa dei protagonisti di quel periodo, il dovere di ricordare e la necessità che questa esperienza venga comunque trasmessa alle nuove generazioni. Proprio per questi motivi la Commissione Europea sostiene diversi progetti, tra cui “ERA” (European Resistance Archive) presentato proprio all’Università di Modena e Reggio Emilia. Il 29


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progetto, risalente ad una decina d’anni fa, nasce grazie all’idea dell’Istituto per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea di Reggio Emilia (Istoreco), con il patrocinio della Commissione Europea, la collaborazione della Provincia di Reggio Emilia, di associazioni italiane e di altri paesi europei, tra cui Austria, Francia, Germania, Polonia e Slovenia. Il progetto comprende la costruzione di un archivio e di un portale a cui hanno partecipato molti studenti degli istituti scolastici del reggiano, cui è stata offerta l’opportunità di condurre alcune videointerviste ai pochi testimoni della Resistenza ancora in vita. […]Le videointerviste realizzate sono naturalmente tutte catalogate e quindi ricercabili secondo il periodo e luogo in cui la Resistenza si è concretizzata, oppure secondo il luogo di residenza e il nome dei testimoni. È possibile anche vedere le videointerviste selezionando solo i diversi temi che vengono trattati dai protagonisti oppure si può fare una ricerca delle interviste per singolo argomento: cliccando su “antifascismo” potremo, per esempio, vedere e ascoltare i frammenti di interviste che approfondiscono direttamente questa tematica.[…] Sul sito sono, infine, disponibili una mappa interattiva che indica, per ogni Paese, dove erano situati i campi di concentramento, dove si sono concretizzate maggiormente le lotte dei partigiani e dove abitano ora i testimoni che hanno rilasciato le interviste e uno specifico glossario dei termini più ricorrenti ed utilizzati negli anni della seconda guerra mondiale. Termini conosciuti da molti, ma spesso ignorati dai più giovani. Fonte: Daniela Gamba (2007) - www.oneweb20.it , 12.06.2007

Fig. 7 – Esempi di musei online che diffondono la memoria

Fonte: http://www.museodellaresistenza.it, http://www.museodiffusotorino.it

Gli esempi descritti ci mostrano come si può interagire con la memoria storica, attraverso un’esperienza di visita reale in museo in cui le nuove tecnologie ci permettono di interagire con la narrazione della storia e ci regalano un elevato senso

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di coinvolgimento; inoltre l’utilizzo della Rete offre la possibilità di accedere ad una grande quantità di contenuti come videointerviste, immagini, documenti. Tuttavia, le applicazioni web che sono alla base dell’enorme sviluppo delle relazioni sociali in Internet, che vanno sotto il nome di Web 2.0, consentono di animare un continuo confronto sulla memoria: forniscono un aiuto per un’interazione con la memoria che non sia solo individuale e passiva; oggi l’utente può produrre e distribuire contenuti condividendoli con un pubblico sparso ai quattro angoli del globo. In questa realtà, formata da continui scambi di idee e contenuti, la memoria non viene solo conservata, ma si fa oggetto di dibattito e discussione. Fig. 8 – ACMOS, community 2.0

Fonte: http://www.acmos.net

Ne sono un esempio la comunità online di Acmos25 che presenta una piattaforma 2.0 con blog, RSS, slide show, profilo personale.

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Acmos: L’associazione Acmos nasce nel 1999 da un gruppo di giovani provenienti da diverse esperienze di volontariato e di impegno sociale, accomunati dal desiderio di cercare insieme percorsi di solidarietà e giustizia, di partecipazione e responsabilità. Si prefigge come scopo di promuovere e sostenere l’inclusione democratica, attraverso progetti, rivolti in special modo ai giovani, di educazione ai valori e alla prassi che fondano la cultura della cittadinanza attiva. Opera prevalentemente a Torino e conta oggi oltre 100 associati e una vastissima rete di collaborazioni in Piemonte e nel resto d’Italia

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Inoltre è da citare lo strumento del “geoblog”: Geoblog: è una mappa partecipativa on-line dei luoghi delle memoria dell’Europa: un ambiente interattivo in cui esplorare e sperimentare l’idea di Europa unita nei linguaggi e con le sensibilità dei nuovi media. Già sperimentato a Torino nella primavera del 2006, il geoblog è un nuovo spazio pubblico virtuale, dove a parlare sono i luoghi e le persone che li attraversano Fonte: Tabbia (2008) - http://www.museodiffusotorino.it/files/eventi/90_memoria2_0.pdf

Carlo Infante26 spiega come è nata l’esperienza della Mappa Emozionale dei Luoghi della Memoria Antifascista: Ma il geoblog su cui è opportuno centrare l’attenzione in questo contesto è sicuramente la Mappa Emozionale dei Luoghi della Memoria Antifascista (http://memoria.acmos.net) a Torino […] E’ da questa esperienza apripista che si può affermare con precisione l’idea dello “scrivere storie nelle geografie”, per arrivare a rilanciare le arti della memoria nelle mappe on line, tesa cioè non solo a trasmettere ma a condividere, attraverso i commentari propri del web 2.0. Fonte: Infante (2008) - http://www.museodiffusotorino.it/files/eventi/90_memoria2_0.pdf

Marco Tabbia, di Performing Media Lab che ha realizzato il progetto, spiega in modo incisivo quali possibilità offre il Web 2.0: collaborazione, condivisione di esperienze, partecipazione attiva. Tra i mezzi di comunicazione, Internet permette non solo una fruizione pubblica ed estesa, ma anche la creazione e la diffusione del sapere storico: chiunque oggi può accedere alla rete e diventare un utente attivo. Il nodo fondamentale è la partecipazione: nel nostro caso al geoblog, che è un modo per costruire la storia ed educare alla storia sfruttando le nuove tecnologie. Al centro vi è il concetto di social net-working: la rete che crea, comunica e intesse relazioni. Il geoblog è una piattaforma collaborativa, perché è partecipata e perché stimola alla collaborazione, non solo tra utenti, ma anche tra media, storia, cittadinanza e tra docenti, studenti, istituzioni.[…] Tre livelli d’accesso prevedono tre tipologie di utenti del geoblog, che sono i musei, le associazioni, i singoli individui: essi hanno approcci differenti e possibilità differenti di dare il loro contributo. Fonte: Tabbia (2008) - http://www.museodiffusotorino.it/files/eventi/90_memoria2_0.pdf

Questi ultimi esempi rappresentano un passo ulteriore nell’approccio digitale alla memoria: Internet quindi è un’ ottimo strumento sia per condividere contenuti, ma soprattutto per formare comunità di interesse attive, le quali “trasformano” la memoria da semplice “oggetto” da conservare e commemorare in qualcosa di “vivo” e “attuale”.

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Carlo Infante è libero docente di "Performing Media" nelle Università (Udine, Bologna, Lecce, Macerata), Accademie (Macerata) e altre agenzie formative (IED Torino e Roma, etc.) che tendono ad interpretare l’Innovazione attraverso l’uso sociale e culturale dei nuovi media

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La conversazione online Il concetto di identità riveste un ruolo sempre più centrale non solo nella riflessione linguistica ma sopratutto in quella politica, sociale, culturale. La ridefinizione dell’identità, oggi, passa per la crisi del modello tradizionale di nazione per effetto della globalizzazione e delle conseguenze che questa ha prodotto sulle varie lingue e sui loro rapporti di forza; […] per la pratica dell’occultismo di sé o per il tentativo di ricerca di nuovi assetti comunitari nella comunicazione in rete (come per i sempre più frequentati social network) Fonte: Arcangeli (2007), p. 104

Il Concetto di Identità Si è già accennato in precedenza che la rete è uno strumento potentissimo

composto

in

gran

parte

da

iterazioni

tra

individui

formate

principalmente da testo scritto, e in misura minore da altri ”materiali” come file audio e video, o immagini. Interazioni diverse, a volte sporadiche a volte appartenenti a vere e proprie comunità o mondi virtuali che sviluppano al proprio interno varie tipologie di relazioni sociali. Come nella vita reale si litiga, si fa amicizia o si chiacchiera e origlia, con una differenza, ovvia, che caratterizza in modo forte l’interazione virtuale: l’incorporeità. La nostra “vita” digitale si lega ad un nickname, ad uno pseudonimo, e ad un profilo, e in situazioni più recenti (Second life27) anche ad un “corpo simulato”, intervenendo in diversi modi sulla formazione dell’identità. Grazie alle nuove tecnologie si è sviluppata una interazione in tempo reale, una trasmissione di informazioni indipendente dallo spazio tempo, che ha inciso anche sulla autoformazione del Sé, che ha a disposizione una moltitudine di risorse mediate dai moderni mezzi di comunicazione i quali offrono la possibilità di sperimentare forme di vita alternative, e infatti capita spesso che in Rete qualcuno si finga qualcun altro o che assuma più identità diverse. Non bisogna pensare subito a qualcosa di socialmente problematico o deviato, quando si parla di nuova identità virtuale. Il “grado” più basso di questa identità, lo sperimentiamo tutti quando ci scegliamo il nome virtuale (al contrario di quello reale che ci viene imposto) e spesso scegliamo un nickname che deriva dal nostro background socioculturale. Può derivare dal film preferito, dal gruppo musicale più popolare, e spesso rivela qualcosa della 27

Second Life: Second Life è un mondo virtuale tridimensionale multi-utente online inventato nel 2003 dalla società americana Linden Lab. Il sistema fornisce ai suoi utenti (definiti "residenti") gli strumenti per aggiungere e creare nel "mondo virtuale" di Second Life nuovi contenuti grafici: oggetti, fondali, fisionomie dei personaggi, contenuti audiovisivi, ecc. La peculiarità del mondo di Second Life è quella di lasciare agli utenti la libertà di usufruire dei diritti d'autore sugli oggetti che essi creano, che possono essere venduti e scambiati tra i "residenti" utilizzando una moneta virtuale (il Linden Dollar) che può essere convertito in veri dollari americani e anche in Euro. http://www.secondlife.com

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personalità profonda che si vuole rendere pubblico, e che non separa del tutto l’identità virtuale da quella reale. Ovviamente, si “esiste” in rete solo comunicando e partecipando con un certo grado di continuità e producendo testi scritti. Se guardiamo a fenomeni come i siti di social networking si nota, a differenza delle chat, che l’identità la si costruisce oltre che con scambi di iterazione scritta anche condividendo altre tipologie di materiali (film, musica e autoproduzioni). Si sono spinti oltre, sistemi interattivi come appunto Second Life, universi virtuali in cui si comunica con gli altri per mezzo dei propri personaggi, dotati di un corpo virtuale. Qui il concetto di identità è l’elemento centrale del sistema: oltre a dire quello che uno vuole si può essere chi si vuole. In pratica ci si autodefinisce una nuova identità, dall’aspetto fisico al genere sessuale, dal lavoro agli interessi. Identità che il più delle volte è quella desiderata nella vita reale o che comunque segue filtri estetici e sociali del mondo reale. Parola scritta e comunicazione La rivoluzione elettronica che ha portato alla larga diffusione dei media non alfabetici, propriamente audiovisivi come il telefono, la radio e la televisione, sembrava far precipitare inesorabilmente l’importanza della parola scritta, a favore di quella che Ong28 definisce “oralità secondaria” o “di ritorno”; l’interesse per gli italiani trasmessi dai nuovi mezzi di comunicazione oltre a minacciare la parola scritta, secondo diverse tesi, poteva condurre ad un analfabetismo di ritorno. Una visione fin troppo apocalittica, in seguito scongiurata dalla nascita della telematica – unione di informatica e telecomunicazioni – e al costante sviluppo delle applicazioni che permettono di compiere operazioni a distanza con la mediazione del computer, basti pensare ai vari termini adottati come e-government, e-learning ed e-business. Si passa così dal semplice audiovisivo al concetto più ampio e complesso di multimedialità con l’attuale possibilità di inviare, ricevere e condividere materiale audio, video, immagini e dove il materiale scritto torna inaspettatamente ad occupare un ruolo di primo piano. Quindi, non solo la parola scritta non è morta a causa delle nuove tecnologie, ma al contrario, grazie al costante evolversi di Internet è prosperata oltre ogni previsione. 28

Walter J. Ong, studioso di storia della cultura, di retorica e dei problemi della comunicazione, è stato docente di Humanities alla Saint Louis University (Missouri). Tra i suoi libri “La presenza della parola” (1970) e “Interfacce della parola” (1989), entrambi IL Mulino

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Si nota come oggi si sia desacralizzata la scrittura, perché adesso si scrive dovunque per raggiungere chiunque e comunicare comunque Fonte: Antonelli (2007), p. 11

presentando processi di pianificazione e produzione del testo accumunati dal concetto di rapidità e con la consapevolezza di essere totalmente indipendenti dalle coordinate spazio temporali. Un altro elemento che ha contribuito all’incremento delle comunicazioni scritte in rete è la perdita di timore reverenziale nei confronti della scrittura, perché i messaggi scambiati sono in larga misura tra amici e quindi non si ha paura di commettere errori o di venire giudicati per una pessima sintassi. Riassumendo, oggi, negli attuali infiniti scambi comunicativi scritti tramite sms, email, messaggerie istantanee, comunità virtuali, non vi è più quella sacralità e solennità di un tempo, e scrivere è diventato un’attività in larga parte informale, breve, adatta ad una lettura rapida e distratta. In pochi anni l’atto di digitare testo su una tastiera è passato dall’ambito professionale alle case di tutti grazie ad una diffusione ormai capillare di internet facendo sì che ampie fasce d’età, che non avevano un rapporto forte con la scrittura se non in ambito didattico, iniziassero a produrre una grande mole di testi scritti (digitati) finendo sotto l’etichetta di “neoepistolarità tecnologica”29. Certo i testi digitati spesso sono formati da stereotipi, modismi, da un lessico infarcito di anglicismi e di prestiti da lingue settoriali30, e , come si vedrà da uno stretto legame con la lingua parlata. Tutto questo nuovo fermento intorno agli scritti trasmessi ha dato vita a diversi studi delle interazioni umane mediate dal computer, definite appunto “Computer Mediated Communication” (CMC). Si può cercare di individuare le caratteristiche generali che delineano la CMC. Diversi studi dimostrano che non è assolutamente un compito facile: come l’italiano scritto e parlato non rappresentano due varietà decisamente contrapposte, allo stesso modo anche l’italiano digitato non rappresenta una varietà univoca.

29 30

Antonelli (2007), p. 141 Lingue settoriali: Per linguaggio settoriale s'intende quello proprio di un certo settore dell'attività umana, caratterizzato «da un lessico specializzato, cioè da una particolare terminologia che, nei linguaggi scientifici, è il più possibile rigorosa (i termini hanno definizioni esplicite e univoche, sono monosemici, non hanno sinonimi). I linguaggi settoriali sono detti anche sottocodici» Casadei (2001), Breve dizionario di linguistica, p.68

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La sociolinguistica analizza le varietà della lingua, prendendo in considerazione diversi assi di variazione: •

Asse diacronico: evoluzione nel tempo della lingua

Asse diatopico: variazioni per area geografica

Asse diafasico: situazione e/o funzione del messaggio interlocutori, contenuto del messaggio, lingue speciali)

Asse diamesico: mezzo o canale (scritto/parlato, telefono, posta elettronica)

Asse diastratico: fascia o gruppo sociale

(ruolo

degli

Nel web si trovano tutte queste distinzioni, ovviamente alcune sono più presenti di altre: dal punto di vista diacronico ci sono testi recenti, o addirittura non ancora pubblicati in supporto cartaceo, e testi in formato digitale di vecchi volumi; per quanto riguarda la variazione diafasica, è più o meno presente in tutte le sue sfumature a seconda della situazione comunicativa, si passa dalla struttura comunicativa informale della mail all’amico alla struttura complessa di molti testi burocratici; guardando la variazione diatopica, basta osservare certi ambienti virtuali (chat o forum) in cui prevalgono dialettismi e regionalismi, tra cui i più “fortunati” si sviluppano anche tra utenti di tutta Italia; un discorso complesso è quello riguardante la variazione diastratica, dato che non è facile far risalire certe caratteristiche peculiari dei testi a fasce ben definite di popolazione, anche quando sono gli stessi utenti che visualizzano i propri dati (profili), perché a questi non corrisponde una differenziazione linguistica univoca; in ambito diamesico, e cioè al variare del mezzo utilizzato, la comunicazione in rete assume diverse caratteristiche, che si scriva in chat o in un forum o una mail, intrecciandosi spesso con la variazione diafasica. Generalizzando, però, è possibile trovare dei tratti comuni, condivisi, che diano uno “sguardo dall’alto” dell’italiano digitato. La caratteristica maggiormente sottolineata da diversi studiosi è il legame tra scrittura digitale e la lingua parlata. Ma prima di vedere quali sono i tratti linguistici che caratterizzano una vera e propria “mimesi del parlato”31, è utile capire quali sono i fattori che incidono su questo tipo di linguaggio. Internet è ormai uno straordinario mezzo comunicativo tra individui, il quale ha ormai adottato al suo 31

Orletti (2004), p. 121

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interno tutte quelle forme di comunicazione proprie di altri software (e-mail, chat, newsgroup) e di altre tecnologie (oggi anche dalla rete possiamo inviare sms e mms) offrendo come caratteristica principale la possibilità di “coprire” tutte le relazioni possibili tra individui: uno a uno, uno a molti, molti a molti e molti a uno. Il web ha inoltre abbattuto le coordinate spazio temporali e non importa se siamo distanti migliaia di chilometri, il nostro messaggio (a seconda dei vari “mezzi”) sarà recapitato praticamente in tempo reale. Un’idea chiara di come intendiamo oggi la comunicazione è il concetto espresso da Cosenza32 di “economia” non solo di denaro ma di sforzo mentale ed emotivo: gli effetti di distanza delle tecnologie della comunicazione si misurano con questo criterio di economia: minori sono i costi, da tutti i punti di vista, minore è l’effetto di distanza prodotto dalla tecnologia Fonte: Cosenza (2004), p. 123

Parlando di spazio/tempo è interessante come Antonelli supera la difficile divisione tra sincronia (tipica delle chat) e asincronia (e-mail), proponendo come nuova scala temporale per la comunicazione la semi-sincronia, dove quest’ultima si differisce dalla sincronia per la peculiarità di lasciare al ricevente la discrezionalità del quando rispondere Fonte: Antonelli (2007), p. 147

In questa categoria rientrano così, oltre alle chat, anche certi scambi in tempo reale tramite mail ed sms. Legata a questo fattore è anche la copresenza, cioè la sensazione quando scriviamo in rete che il nostro destinatario sia sempre presente, raggiungibile e disponibile e ciò conferisce una persistente sensazione che la comunicazione avvenga in tempo reale come una conversazione faccia a faccia. Tutti questi fattori contribuiscono a caratterizzare il linguaggio diffuso in rete come una forma scritta che tende progressivamente ad avvicinarsi alla lingua parlata: si ricreano tratti del parlato con strumenti della scrittura e si utilizzano espedienti grafici per conferire espressività ai messaggi. Si finisce per sviluppare veri e propri usi creativi (spesso scorretti) della lingua per sopperire a quegli elementi che inevitabilmente si perdono nel passaggio da parlato a scritto, come i gesti, le espressioni facciali, l’intonazione. 32

Giovanna Cosenza insegna Semiotica dei nuovi media all’Università di Bologna. Si occupa di filosofia del linguaggio, di teorie della comunicazione, di nuove tecnologie.

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Dalla comunicazione alla conversazione Strumenti come la televisione, i giornali o la radio presentano un rapporto emittente-ricevente ben definito: ci sono giornalisti, conduttori, dj in qualità di emittenti ed un pubblico di ascoltatori e lettori che rappresentano i riceventi. Questi ultimi sono passivi e solitamente non possono intervenire sul contenuto che viene loro proposto. E’ una comunicazione uno a molti, dall’alto verso il basso nella quale il ricevente non ha possibilità di interagire né con chi produce il contenuto né sul contenuto stesso. In realtà, per quanto riguarda la televisione digitale, un minimo grado di interazione c’è: possono decidere di vedere un film, comprare un match di tennis, o decidere io il mio palinsesto. Rimane comunque grado di interattività bassissimo, dal momento che si può intervenire solamente nel processo di fruizione del contenuto ma non in quello di produzione. In Internet questo non avviene: i ruoli di emittente (produttore) di contenuti e ricevente (pubblico) non hanno più contorni rigidi e anzi sono intercambiabili. Ovviamente questo non è avvenuto in un giorno solo; se guardiamo ai primi anni di Internet c’erano molti siti di università, istituzioni, aziende e media company: l’utente navigava su questi website e si leggeva le informazioni che cercava. Col tempo, però sono nati sempre più website costruiti e gestiti da singoli utenti: iniziava da qui il processo che avrebbe trasformato, in seguito, il singolo utente da semplice ricevente a produttore di contenuti. Anche le opportunità di scambio di informazioni tra utenti aumentavano con lo sviluppo di diversi strumenti: e-mail, forum, chat. E’ oggi, in quel mondo senza confini che va sotto il nome di Web 2.0, che il rapporto emittente – ricevente scompare nella sua forma tradizionale. Infatti, come spiega Marco Massarotto33 nel suo libro Internet P.R., quando un utente viene a contatto con un contenuto ha a disposizione una serie di possibilità: •

Registrarlo come bookmark (preferiti) e tornare a leggere altri lavori dello stesso autore

Pubblicare i bookmark per far si che altri utenti sappiano ciò che abbiamo letto

Commentare quel pezzo diventandone in qualche modo coautore

Segnalarlo ad altri lettori con un link, perché meritevole di attenzione

33

Marco Massarotto gestisce HAGAKURE, una giovane agenzia specializzata in Internet P.R. Lavora con i blog, YouTube, i social media.

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Prendere una frase o un’ immagine e riprodurla su un altro sito/blog

Votare quello che si sta vedendo, esprimendone il nostro gradimento, influenzandone la visibilità o il successo

Contribuire a classificare quel pezzo aggiungendo dei tag (etichette)

Quindi un utente può essere ricevente e diventare produttore di contenuti verso mille altri riceventi che a loro volta modificheranno, ri-aggiorneranno i contenuti diventando emittenti (produttori) a loro volta. Ecco allora che la comunicazione cambia: diventa una comunicazione tra pari, orizzontale, non più dal basso verso l’alto. Si trasforma così in una vera e propria conversazione: tutti hanno la possibilità di “parlare”, di produrre contenuti, tutti gli utenti possono diventare dei piccoli media formando la “parte abitata della Rete34”.

34

Maistrello (2007)

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Conclusioni Questa breve introduzione era necessaria per presentare alcuni temi fondamentali che “legano” la storia museale alle nuove applicazioni di Internet. Fig. 9 – I cinque elementi chiave del rapporto Web e musei

Il rapporto attuale tra musei e Internet è la naturale evoluzione di quella apertura al pubblico che ha rappresentato un processo lungo e complicato: da un’elite selezionata ad un pubblico di massa. Il fatto di rapportarsi con pubblici di non addetti ai lavori ha spinto i musei a fare propri linguaggi che storicamente non gli appartenevano. Nel tempo, molte strutture hanno affiancato al ruolo di conservatori, anche quello di educatori, sviluppando e promuovendo iniziative didattiche e formative. Fig. 10 – L’evoluzione del rapporto museo ‐ pubblico

E’ proprio il mutato rapporto col pubblico a segnare l’evoluzione dell’istituzione museale. L’utilizzo, oggi, della Rete e più precisamente del Web 2.0, si collega alla 40


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volontà di coinvolgere maggiormente il pubblico, integrando altri due concetti importanti: il forum e la conversazione. Abbiamo visto come negli anni ‘60/’70 del Novecento è stato introdotto, da parte di alcuni museologi, l’idea di museo-forum: ovvero la necessità di creare spazi di dialogo e confronto sui temi museali, che desse l’opportunità al pubblico (e allo staff museale) di dibattere argomenti di interesse culturale. Nei capitoli successivi vedremo come questi spazi di confronto, grazie al Web 2.0, possono avere una dimensione virtuale richiamando milioni di persone: il web come spazio di conversazione. Tuttavia

è

stato

necessario

spiegare

come

questa

visione,

orientata

alla

partecipazione attiva del pubblico, sia una caratteristica dei grandi musei americani, i quali hanno avuto origine ed evoluzione completamente diverse dall’esperienza europea. Il Web 2.0 si presenta, quindi, come un ottimo mezzo per lo sviluppo di idee nate decenni fa (forum), per approfondire il rapporto col pubblico (spingendo questo a partecipare alla “memoria”): inoltre offre interessanti prospettive per obiettivi promozionali e pubblicitari.

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Capitolo 2 Il Web 2.0 Una breve introduzione

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Cosa si intende per Web 2.0? Introduzione Negli ultimi quattro anni il termine Web 2.0 si è diffuso a macchia d’olio nella società raggiungendo l’orecchio anche dei non appassionati della Rete. Per alcune correnti di pensiero il Web 2.0 rappresenta l’evoluzione di Internet, per altre è solamente un’opera di marketing che non presenta niente di rivoluzionario. Esiste una definizione di Web 2.0? Come è nato? Da quali strumenti è formato? Cercherò di fare chiarezza senza entrare nei dettagli tecnico/informatici dei singoli strumenti, anche perché ci sarà occasione di analizzarli nei capitoli successivi. Definizioni

All’interno del capitolo introduttivo ho cercato di fare chiarezza sul

termine Web 2.0 dando una mia definizione: un insieme di applicazioni web che hanno reso estremamente facile ed intuitivo, oltreché gratuito, per chiunque, produrre, immettere e condividere in Rete contenuti testuali, fotografici, audiovisivi, spesso costruiti e manipolati dagli stessi utenti.

Non esiste una definizione “ufficiale” e universalmente riconosciuta di Web 2.0, ci sono varie correnti di pensiero ed ognuna lo interpreta un po’ a suo modo, con vari gradi di complessità. L’ enciclopedia libera online, Wikipedia, si esprime in questi termini: Web 2.0 is a term describing changing trends in the use of World Wide Web technology and web design that aims to enhance creativity, information sharing, and collaboration among users Fonte: Wikipedia - http://en.wikipedia.org/wiki/Web_2.0 (25.07.08)

In linea con le prime due definizioni pure quella di Universal McCann: Online applications, platforms and media which aim to facilitate interaction, collaboration and the sharing of content. Fonte: Universal McCann (2008) http://www.universalmccann.com/Assets/2413%20%20Wave%203%20complete%20document%20AW%203_20080418124523.pdf

Fig. 11 – Le “parole 2.0”

Fonte: Policaro (2007) - http://www.slideshare.net/catepol/policaro-progettotrio-def

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In sostanza, ed in accordo con quanto sostiene Tim O’Rielly35, il passaggio tra quello che si poteva chiamare Web 1.0 e l’attuale Web 2.0 non ha niente a che fare con un aggiornamento tecnico di Internet: per questo motivo ad un altro personaggio come Tim Berners Lee (l’inventore del Web) la dicitura 2.0 non è gradita. Lo step evolutivo quindi non è da ricercare nelle caratteristiche tecniche di Internet ma nell’approccio degli sviluppatori di software e nel comportamento degli utilizzatori finali. Oggi l’utente finale non deve più essere un esperto di programmazione per poter creare il proprio spazio online, per poter caricare in Rete i contenuti da lui prodotti e condividerli con altri: gli strumenti per queste attività sono disponibili online, facili da utilizzare e offrono una grande capacità di personalizzazione. Elena Farinelli36, per descrivere l’evoluzione della Rete, fa riferimento proprio a parte di questi nuovi strumenti. Fig. 12 – L’evoluzione del Web

Fonte: Farinelli (2008), http://www.rinascimento-digitale.it/seminari2008/doc/Farinelli-2008.pdf

Se dovessi fotografare l’evoluzione del Web 1.0 verso il Web 2.0 direi che si è passati da una Rete strutturata da moltissimi website poco interconnessi tra di loro ad una Rete formata da piattaforme che interconnettono fortemente tra loro gli spazi personali degli utenti. 35

Tim O’Rielly è fondatore della casa editrice americana O’Reilly Media, che pubblica libri e siti che discutono di informatica. Nel 1992, quando esistevano soltanto 200 siti web, O'Reilly Media ha pubblicato il primo libro sul web, dedicandogli l'intero capitolo, nell'innovativo Guida e catalogo per tutti utenti internet (1992) di Ed Krol. O'Reilly Media ha inoltre creato il primo portale web (e il primo sito internet pubblicitario), il Global Network Navigator (Navigatore Globale di Rete), detto GNN, nel 1993. GNN fu venduto alla AOL nel 1995 in una delle prime grandi transazioni del boom delle dot com. (http://it.wikipedia.org/wiki/O'Reilly_Media, 27.08.2008) 36 Elena Farinelli, Web Marketing 2.0 – Come cambia la comunicazione online nel 2008.

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Fig. 13 – Web 2.0 come piattaforma di partecipazione

Fonte: Estrada (2006) - http://www.ensilicio.com

Questa accelerata interconnessione ha stimolato gli utenti alla collaborazione nella produzione di contenuti e ha aumentato la velocità di condivisione delle informazioni aiutando la diffusione del sapere. Alcune delle caratteristiche di base del Web 2.0 sono: •

Le applicazioni sono utilizzabili attraverso il browser web

Sono gli utilizzatori stessi ad avere il controllo delle informazioni

Gli utilizzatori stessi creano valore

Collaborazione, partecipazione e condivisione sono aspetti fondamentali

Un’interfaccia ricca di possibilità e user-friendly

Le origini Il termine Web 2.0 risale al 2002: durante una conferenza tra MediaLive International e la casa editrice O’Reilly si inizia a discutere dello sviluppo della Rete dopo la bolla delle società dot.com avvenuta l’anno precedente, che aveva spazzato via molte aziende della new economy. Dale Dougherty, vice-Presidente di O'Reilly, fece notare che Internet non era “crollata” e che le realtà sopravvissute presentavano caratteristiche simili. Questo “nuovo corso” della Rete fu denominato da Dougherty e da Tim O’Reilly Web 2.0, e poco dopo nacque la prima conferenza che analizzava questa nuova realtà: O'Reilly Media Web 2.0. Fu qui che molti sentirono per la prima volta questo termine. E’ quindi a partire dal 2004 che il termine si diffonde rapidissimamente portando sempre con sé ombre e polemiche: 45


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come abbiamo visto non esistono definizioni ampiamente condivise che facciano chiarezza sul mondo 2.0, e questa stessa dicitura, che “informaticamente” parlando segnala la nuova versione di un prodotto, non convince fino in fondo. Il motivo principale di tali diffidenze risiede nel fatto che molti degli strumenti che si fanno risalire al Web 2.0 sono in realtà a disposizione degli utenti online già da molto prima dell’emergere di tale dicitura: né è un esempio il blog, che vedremo essere uno degli strumenti appartenenti al mondo 2.0, che è nato in realtà il 18 Luglio 199737! In ogni caso, tratti fondamentali della realtà 2.0 sono senz’ombra di dubbio la conversazione e la collaborazione tra utenti. Questa volontà di confronto tra utenti non nasce di botto alle soglie del 2000 ma ha radici fin dall’esplosione di massa del World Wide Web, nei primi anni ’90: forum di discussione, e-mail, mailinglist, fino alla Real time Communication attraverso chat e video chat. Vediamo nel dettaglio quali sono le loro caratteristiche: •

Mailing list: elenco di indirizzi di posta elettronica gestiti da aziende, associazioni, organizzazioni o persone singole. Solitamente condividono un interesse o uno scopo, e quando ci sono novità, il gestore invia mail a tutta la lista per far nascere discussioni e commenti. Rappresenta, almeno al primo messaggio inviato dal gestore, un tipo di comunicazione “uno a molti” e con un grado di co-presenza inferiore a quello delle chat.

Newsgroup: sono gruppi di discussione tematici legati alla rete Usenet ed organizzati gerarchicamente. Eredi dei newsgroup sono le bacheche elettroniche: i forum. Anche qui si sviluppa un argomento generale e chiunque sia registrato può lasciare un commento: i messaggi rimangono sempre visibili e si può recuperare l’intero sviluppo del discorso e i vari botta e risposta (spesso è presente un moderatore che “sorveglia” le comunicazioni). A differenza della chat, in cui il grado di interazione e la velocità comunicativa è superiore, qui i messaggi tendono ad essere un po’ più lunghi.

Istant messaging: ambienti integrati che offrono servizi di messaggeria istantanea (come la chat) unita alla possibilità di essere avvisati quando qualcuno della nostra rubrica si connette. Inoltre è possibile, tramite webcam, la videocomunicazione eguagliando l’interazione faccia a faccia.

Chat: Il primo sistema di chat in rete è stato inventato nel 1988 da Jarkko Oikarinen con il nome di Intenet Relay Chat, IRC. La caratteristica principale è che permette delle vere e proprie conversazioni in “salotti virtuali” (canali) tra più utenti contemporaneamente: per lo più sono dialoghi senza uno scopo preciso, solo per il piacere di chiacchierare. Il grande successo riscontrato

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http://it.wikipedia.org/wiki/blog (2008)

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dalle chat è dovuto a diversi fattori: prima di tutto la semplicità d’accesso ai canali, le stanze virtuali nelle quali si svolge la conversazione, la possibilità di crearsi una identità fittizia senza alcun problema, e la gestione dello spazio/tempo, chiacchierando con un amico dall’altra parte del mondo in tempo reale esattamente come se fosse davanti a noi. Tutti questi strumenti rappresentano credo il background d’appartenenza del Web 2.0: di più, molti di questi strumenti sono stati, come vedremo, inglobati nelle piattaforme 2.0 e si utilizzano tutt’ora.

Gli strumenti In precedenza si è cercato di dare una giustificazione al proliferare del termine Web 2.0, ora si cercherà di capire da che cosa è effettivamente costituito. Sono tantissimi gli strumenti che possono entrare nella categoria 2.0: blog, social networking site, wiki, applicazioni per la condivisione di foto e video, RSS. Fig. 14 – La “margherita” degli strumenti 2.0

Fonte: Universal McCann (2008) http://www.universalmccann.com/Assets/2413%20%20Wave%203%20complete%20document%20AW%203_20080418124523.pdf

Anche in questo caso i contorni di questa categoria non sono universalmente stabiliti ma credo si possano rintracciare due caratteristiche chiave che guideranno l’analisi degli strumenti.

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User-created Content Le tipologie di contenuti che gli utenti producono (UCC), modificano, reinventano (mash up) e condividono in Rete. Più in generale quindi l’utente come creatore di contenuti.

Platforms Le piattaforme Web che ospitano e consentono le attività citate agli utenti come i social network, blog, wiki.

User-Created Content (UCC) The concept of the “participative web” is based on an Internet increasingly influenced by intelligent web services that empower users to contribute to developing, rating, collaborating and distributing Internet content and customising Internet applications. As the Internet is more embedded in people’s lives users draw on new Internet applications to express themselves through “user-created content” (UCC). Fonte: Vickery, Wunsch-Vincent (2007) – http://www.sourceoecd.org/scienceIT/9789264037465

Definire correttamente chi sono gli User-created Content non è facile: ci sono utenti che non producono niente ma postano, citano e immettono contenuti prodotti da altri. Così, ad esempio, chi all’interno del proprio spazio YouTube inserisce un servizio del telegiornale, uno spot, le immagini di una partita può essere considerato un “creatore di contenuti”? Per tracciare un confine più rigido intorno a questa figura adotterò i criteri utilizzati dalla ricerca OECD38. Le caratteristiche che definiscono un UCC sono: •

I contenuti prodotti sono disponibili online in vari contesti: blog, website, social network, wiki.

I contenuti devono riflettere un certo impegno creativo. Di conseguenza il semplice upload da parte dell’utente di servizi del telegiornale, di scansioni da giornali non rappresentano “creazioni dell’utente”.

I contenuti devono essere prodotti fuori dalle realtà professionali. Spesso infatti gli utenti che creano contenuti e li pubblicano in Rete non si aspettano un profitto o una remunerazione, ma sono spinti da fattori come la volontà di comunicare con altri utenti, di ottenere notorietà e prestigio all’interno della comunità online, dalla necessità di esprimersi. In realtà, vedremo in seguito come ci sia un impatto da un punto di vista economico.

Ma quali sono i fattori che hanno fatto si che Internet diventasse principalmente una piattaforma per contenuti autoprodotti dagli utenti? 38

OECD: ORGANISATION FOR ECONOMIC CO-OPERATION AND DEVELOPMENT. The OECD is a unique forum where the governments of 30 democracies work together to address the economic, social and environmental challenges of globalization. http://www.oecd.org/publishing

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Ci sono prima di tutto motivi tecnologici: •

Grazie a velocità di connessione sempre maggiori e a costi sempre più accessibili, per gli utenti è diventato facile fare l’upload o il download di materiali di qualsiasi tipologia e “pesantezza”(testo, immagini, audio, video).

La diffusione di videocamere e fotocamere digitali, cellulari, lettori portatili di audio e video, tutti ormai di ottima qualità con hard disk e memorie flash sempre più capienti, e allo stesso tempo prezzi sempre più alla portata di tutte le tasche, hanno permesso agli utenti di produrre musica, video, immagini molto facilmente.

Anche i software per il montaggio, per la pubblicazione e per la ricerca di video, audio, immagini e testi sono diventati sempre più intuitivi e spesso si trovano ottimi prodotti gratuitamente in Rete.

Oltre ad input di carattere tecnologico, alla base dello sviluppo del UCC si rintracciano motivi di carattere: sociale, economico, istituzionale. Fig. 15 – Fattori di sviluppo dei contenuti generati dagli utenti

Fonte: Vickery, Wunsch-Vincent (2007) – http://www.sourceoecd.org/scienceIT/9789264037465

I contenuti prodotti dagli utenti si possono fare risalire generalmente a 4 categorie: testo, immagini, audio, video. La tabella che segue presenta una chiara ripartizione delle tipologie includendo anche altre macroaree: citizen journalism, educational content, mobile content, virtual content.

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Fig. 16 – Tipologie dei contenuti prodotti dagli utenti

Fonte: Vickery, Wunsch-Vincent (2007) – http://www.sourceoecd.org/scienceIT/9789264037465

Per quanto riguarda i contenuti testuali gli utenti producono narrazioni di carattere personale (come spesso capita nei blog), racconti, e-book o semplici scambi informativi con altri utenti. Alcune tipologie di testi (come i post presenti nei blog) sono solitamente piuttosto brevi e vengono immessi direttamente in Rete. Altre volte capita che il contenuto testuale sia lungo (romanzo, e-book) e venga reso disponibile in formato pdf per il download. Inoltre i testi possono essere sia completamente inediti sia riguardanti delle idee già edite: in questo caso si modificano e riprendono personaggi e storie già oggetti di film e romanzi. I contenuti fotografici (a volte rielaborati con software grafici) sono spesso prodotti da fotocamere digitali e resi disponibili in Rete, spesso senza restrizioni legali, rappresentando quindi una risorsa anche per web designer, giornalisti, editori e altri utenti. Per quanto riguarda i contenuti audio le possibilità sono moltissime: si può decidere di pubblicare online materiale inedito oppure mixare insieme più pezzi audio di altri artisti creando qualcosa di nuovo e proporlo al pubblico della Rete, si possono rendere disponibili letture di volumi, interviste, servizi di podcasting. Per i contenuti video ci sono tre possibilità: la creazione ex novo di filmati, l’estensione e la ricombinazione di filmati esistenti, l’unione di filmati originali con filmati esistenti.

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Platforms Ognuna delle tipologie UCC sopra elencate viene pubblicata in Rete attraverso diverse piattaforme. Fig. 17 – Le piattaforme distributive dei contenuti prodotti dagli utenti

Fonte: Vickery, Wunsch-Vincent (2007) – http://www.sourceoecd.org/scienceIT/9789264037465

Come si vede dalla tabella OECD, la dicitura social network riguarda solo una delle possibili piattaforme che gli utenti hanno a disposizione per pubblicare i propri contenuti: ci sono Blog, Wiki, e mondi virtuali. Social networks Una definizione precisa di social network la possiamo trovare nel report di OFCOM39: At the most basic level social networking sites are sites which allow users to set up online profiles or personal homepages, and develop an online social network. The profile page functions as the user’s own webpage and includes profile information ranging from their date of birth, gender, religion, politics and hometown, to their favourite films, books quotes and what they like doing in their spare time. In addition to profile information, users can design the appearance of their page, and add content such as photos, video clips and music files. Fonte: Report OFCOM (2008) – http://www.ofcom.org.uk

Si è già parlato di comunità web (web community) per quanto riguarda le chat o i forum di discussione. L’idea di utilizzare la rete per intrattenere conversazioni o

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Office of Communications, UK, http://www.ofcom.org.uk

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riunire gruppi col medesimo interesse, si è sviluppata abbastanza presto in Internet ma negli ultimissimi anni ha avuto un incredibile sviluppo. Fig. 18 – L’evoluzione dei social network

Fonte: Report OFCOM (2008) – http://www.ofcom.org.uk

Denominatore comune dei siti di social networking riguarda il fatto che sono gli utenti stessi a creare i contenuti iscrivendosi e pubblicando propri testi, video e canzoni tutto gratuitamente. Ovviamente, non c’è nulla di completamente nuovo: se si guarda attentamente ogni utente ha il suo spazio dove pubblica ed interagisce con altri, ma questo non è del tutto differente dalla creazione di un proprio sito web. Che c’è di nuovo quindi? •

Possiamo pensare a queste piattaforme condivise come a contenitori di tanti siti web personali, ma con un grado maggiore di standardizzazione, perché le aree personali sono uniformi per struttura e quindi di più facile interazione rispetto alla navigazione in un sito mai visitato.

Inoltre la gestione di questi spazi è immediata, facile e non occorre essere programmatori esperti di web design: spesso per immettere all’interno del nostro spazio (upload) file audio o video bastano due o tre semplici passaggi.

E’ molto più difficile fare conoscere il nostro sito web rispetto all’area personale che abbiamo a disposizione in un sito di social network: qui dal primo minuto che ci registriamo possiamo compilare liste di amici di tutto il mondo coi nostri stessi interessi condividendo con loro il nostro materiale, che loro condivideranno con le loro liste di amici, cosi facendo si raggiunge una popolarità diffusa.

Ovviamente concorre a fare crescere il numero di utenti di queste aree anche il fattore moda: per le nuove generazioni è oggi quasi indispensabile, per essere considerati al passo coi tempi e aggiornati, avere un propria pagina in Myspace o caricare i proprio video su YouTube. Questo fa si che anche chi magari non è un patito della Rete sia incuriosito a vedere come funzionano queste realtà.

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

In sintesi, credo che le caratteristiche principali di questi siti possano essere riassunte in tre punti: •

Possibilità di creare siti volti a crescere ed accogliere un ampio database di iscritti.

Offrire agli utenti tutte le forme di interazione che il Web mette a disposizione (Chat /forum/ private messaging/Voip).

Ampia possibilità dell’utente di agire sul sito con la possibilità di essere un partecipante attivo nella costruzione dei contenuti.

Un successo riscontrabile anche dal fatto che queste realtà sono state notate anche dall’ambiente business, con le aziende che interagiscono e si avvicinano ai comportamenti degli utenti, creando campagne e facendo nascere personaggi e artisti proprio sfruttando il passaparola dei social networking. Le realtà Quando si parla di social network è bene fare qualche distinzione: ci sono piattaforme di carattere più generale ed altre che riguardano argomenti più specifici. Le realtà più famose senza dubbio sono Facebook e MySpace: cioè piattaforme che offrono la possibilità di crearsi un profilo personale e condividere con altri utenti varie tipologie di contenuti. Altre come YouTube e Flickr sono specificamente orientate ad un argomento: il primo offre la possibilità agli utenti di fare l’upload di brevi videoclip e di renderli immediatamente disponibili in streaming, mentre il secondo consente di pubblicare online le proprie foto e discuterne con altri utenti. Non esiste però solo una segmentazione in base ai contenuti ma anche di tipo demografico: linkedin ad esempio è un social network orientato all’ambito lavorativo. Dal momento che ormai tutte le piattaforme consentono la pubblicazione di contenuti di qualsiasi formato, credo che la tendenza futura dei social network si diriga proprio verso lo sviluppo di comunità di interesse intorno ad argomenti specifici. MySpace40 – Fondato da due studenti americani, Tom Anderson e Chris DeWolfe, è la comunità virtuale per antonomasia che conta il numero maggiore di utenti registrati ma che nel corso del 2007 si è vista superare da Facebook in termini di visitatori unici. Offre ai propri utenti uno spazio dove creare il proprio profilo ed inserire i propri contenuti, blog, musica, video, foto. E’ tra i siti web di maggiore popolarità. 40

http://www.myspace.com

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Fig. 19 – Comparazione visitatori unici Facebook Vs. MySpace (Luglio 2007/Luglio 2008)

Fonte: Google Trends, 08.2008

Facebook41 – Fondato nel 2004 da un giovane studente dell’Università di Harvard, Mark Zuckerberg, con l’idea di farlo diventare un punto d’incontro online per gli studenti della stessa università di Harvard, fu in seguito ampliato ad altre università fino a diventare il social network più visitato al mondo. Gli utenti creano profili che spesso contengono foto e liste di interessi personali, scambiano messaggi privati o pubblici e fanno parte di gruppi di amici. Bebo42 – Fondato nel 2005 e dal 13 marzo 2008 di proprietà Time Warner. Il funzionamento è simile ad altri social network. In ogni profilo personale sono presenti due sezioni: uno spazio dedicato agli utenti che vogliono lasciare messaggi e commenti, e un altro che presenta la lista degli amici. All’interno della pagina profilo ci sono spesso quiz da sottoporre agli amici, foto album, blog, e video box. Orkut43 – Creato nel 2003 da Google, viene lanciato nel gennaio 2004. Anche qui ci sono spazi per profili personali ed elenchi di interessi di ogni iscritto, ma rispetto ai social network sopra citati, qui non è possibile accedere a nessuna informazione di nessun iscritto senza prima registrarsi. Twitter44 – Creato nel marzo 2006 dalla Obvious Corp di San Francisco. Consente agli utenti di mandare messaggi via e-mail, sms, messaggeria istantanea, oppure attraverso lo stesso Twitter. I messaggi sono visibili nel profilo dell’utente e si può scegliere che essi siano mandati istantaneamente solo agli “amici” registrati per 41

http://www.facebook.com http://www.bebo.com/ 43 http://www.orkut.com/ 44 http://twitter.com/ 42

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riceverli: spesso si pubblica il proprio stato d’animo (come ci si sente) e cosa si è impegnati a fare al momento Flickr45 – Fondato nel 2002 dalla compagnia canadese Ludicorp, viene acquistato nel 2005 da Yahoo. E’ un social network tematico che permette il photosharing, cioè la condivisione delle proprie foto con tutti gli utenti (anche i non registrati). All’inizio creato solamente come contenitore di foto online negli anni si è sviluppato seguendo la logica 2.0: è diventato una vera e propria comunità virtuale con commenti, forum e alla formazione di gruppi tematici. Gli account possono essere gratuiti (massimo 100 MB di spazio disponibile) oppure a pagamento (2 GB). YouTube46 – Fondato nel 2005 da tre ex impiegati di PayPal: Chad Hurley, Steve Chen, Jawed Karim. Tra i primi cinque siti web più popolari al mondo, YouTube consente la condivisione di video tra i suoi utenti. Secondo il regolamento, dovrebbe ospitare esclusivamente video realizzati da chi effettua l’upload, in pieno spirito User-created Content: in realtà si trovano clip tv, scene di film, telegiornali, cioè materiale protetto dal diritto d’autore. Inoltre, consente l'incorporazione dei propri video all'interno di altri siti web. LinkedIn47 – Social network impiegato in ambito lavorativo - professionale. Lo scopo principale del sito è consentire agli utenti registrati il mantenimento di una lista di persone conosciute e ritenute affidabili in ambito lavorativo: trovare offerte di lavoro, opportunità di business, “contatti” per sviluppare la propria attività. Del.icio.us48 - Creato nel 2003 da Joshua Schachter ed acquisito nel 2005 da Yahoo è un sito web di social bookmarking per la ricerca e la condivisione di bookmark: vengono cioè resi disponibili elenchi di segnalibri creati dagli utenti stessi. Questi siti stanno crescendo enormemente perché consentono all’utente, attraverso l’uso di tag (etichette), una facile individuazione, organizzazione, consultazione e condivisione delle risorse Internet.

45

http://www.flickr.com/ http://it.youtube.com/ 47 http://www.linkedin.com/ 48 http://del.icio.us/post 46

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Fig. 20 – Comparazione visitatori unici (Luglio 2007/luglio 2008)

Fonte: Google Trends, 08.2008

Gli utenti Cercherò ora di definire quali sono e come si comportano gli utenti dei social network illustrando due diverse classificazioni49. •

Alpha Socialiser: sono utenti che si collegano con brevi ed intense sessioni, con lo scopo di conoscere e incontrare “virtualmente” nuove persone o per puro intrattenimento.

Attention Seekers: utenti molto attivi che cercano l’attenzione ed i commenti dagli altri utenti, spesso postando foto o video e aggiornando il proprio profilo.

Followers: utenti che si divertono nel vedere ed osservare quello che fanno altri utenti.

Faithfuls: utenti che tipicamente utilizzano i social network per riaccendere vecchie amicizie, solitamente con ex compagni di scuola o università.

Functionals: utenti che sono guidati nella loro visita all’interno del social network da un’intenzione particolare.

Per quanto riguarda i non utilizzatori dei social network, si distinguono tre motivazioni principali: •

Sicurezza: molti utenti sono spaventati dalla possibilità che i propri dati personali vengano diffusi in Rete.

Inesperienza: alcuni utenti non hanno nessuna esperienza con Internet e i computer.

Nessun interesse: questi utenti considerano le comunità virtuali solamente una perdita di tempo.

49

Fonte: Report OFCOM (2008) – http://www.ofcom.org.uk

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Un’altra classificazione, di carattere più generale, dell’utenza di queste comunità presenta 6 tipologie di utente50: •

Creators: sono gli utenti attivi che formano i social network. Pubblicano blog, testi, postano video e audio da loro creati, e realizzano pagine web personali.

Critics: sono utenti attivi ma non “creatori”. Commentano gli articoli o i blog di altri utenti, oppure collaborano ad articoli Wiki, cioè insieme ad altri utenti.

Collectors: sono utenti che organizzano materiale per sé o per altri utenti. Utilizzano i feed RSS, inseriscono tag (etichette) a pagine Web o a fotografie.

Joiners: visitano e mantengono un profilo all’interno dei social network

Spectators: sono i consumatori del web 2.0. Leggono i post degli altri utenti all’interno dei forum, dei blog, scaricano e ascoltano video e musica prodotta dagli altri utenti.

Inactives: non costruiscono e non consumano nessun tipo di contenuto online.

Gli utilizzatori delle comunità online, per prima cosa, si creano un profilo personale di qualità: informazioni dettagliate, fotografie e video che diano una chiara idea agli altri utenti della propria personalità. Infatti, un’altra attività dell’utente online è quella di condividere con tutti gli “amici” le proprie informazioni personali (religione, politica, sport, sessualità, ecc.). Inoltre, secondo la ricerca qualitativa dell’OFCOM51, la comunicazione con utenti che già si conosce rimane l’attività predominante all’interno dei social network, mentre il 17% degli utilizzatori comunicano con utenti mai conosciuti. Il mondo Wiki Con il termine Wiki si indicano quei siti web, quelle collezioni di documenti ipertestuali o quelle piattaforme che consentono all’utenza di modificarli, rielaborarli ed integrarli. Ne è un esempio l’enciclopedia libera Wikipedia le cui voci sono create dagli utenti, i quali possono intervenire per integrare, ampliare o correggere voci costruite da altri utenti. La collaborazione tra utenti nella creazione di questi documenti è aperta a tutti e libera: lo scopo è quello di diffondere conoscenza in modo democratico e collaborativo. I campi di applicazione possono essere: documentazione, progetti collaborativi, enciclopedie o basi di conoscenza online, Wiki comunitarie e personali. 50 51

Li, Bernoff (2007) Report OFCOM (2008) – http://www.ofcom.org.uk

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Blog Veri e propri diari in Rete nati nel 1997 in Usa e dal 2001 diffusi anche in Italia. La struttura è costituita, solitamente, da un programma di pubblicazione guidata (Wordpress o Blogger) che consente di creare automaticamente una pagina web, anche senza conoscere necessariamente il linguaggio HTML. In questo modo è semplice per chiunque aprire un proprio blog, il quale può ospitare articoli, foto e video sui temi che gli stanno più a cuore. Caratteristica principale dei blog è che per ogni articolo è prevista la possibilità di lasciare un commento visibile a tutti da parte di qualsiasi utente: in questo modo si sviluppa una discussione tra utenti intorno all’argomento postato in origine. Un blog è formato da diverse sezioni: i post, i commenti, le categorie di argomenti trattati, gli ultimi argomenti trattati, gli ultimi commenti postati, il blogroll con i link esterni di interesse per l’autore, gli archivi. Solitamente il tono dei post è informale e i messaggi si caratterizzano per brevità e con la presenza di fonti e link. Il fenomeno, nato dalla volontà dei singoli utenti di scrivere liberamente dei propri interessi e di confrontarsi con i commenti altrui, è stato notato anche dall’ambiente business e ormai tutte le aziende più attive online ne hanno uno con lo scopo di interloquire in maniera più informale e diretta con i propri clienti. RSS

E’ un formato per la distribuzione di contenuti sul Web (Really Simple

Syndication). Più precisamente per RSS si intende: una struttura adatta a contenere un insieme di notizie, ciascuna delle quali sarà composta da vari campi (nome autore, titolo, testo, riassunto, ...). Quando si pubblicano delle notizie in formato RSS, la struttura viene aggiornata con i nuovi dati; visto che il formato è predefinito, un qualunque lettore RSS potrà presentare in una maniera omogenea notizie provenienti dalle fonti più diverse. Fonte: Wikipedia - http://it.wikipedia.org/wiki/Really_simple_syndication, (07.09.2008)

La fruizione di un documento RSS avviene in due modalità: attraverso appositi reader RSS, cioè dei software che interpretano il flusso RSS (feed) consentendo agli utenti di leggerne i contenuti, oppure integrando i contenuti del feed all'interno di un sito web. La comodità risiede nel fatto che se abbiamo tra i preferiti una ventina di blog, ogni volta che uno di questi viene aggiornato, la nuova news ci arriva direttamente via RSS, senza dovere ogni volta visitare tutti quanti i blog per controllare gli aggiornamenti!

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Spesso i feed reader sono dotati di funzionalità avanzate; ad esempio sono in grado di rilevare automaticamente se il produttore del feed ha effettuato aggiornamenti al feed stesso, effettuandone il download a intervalli di tempo regolari. In questo modo l'utente può essere informato quasi in tempo reale quando un sito è stato aggiornato Fonte: Wikipedia - http://it.wikipedia.org/wiki/Really_simple_syndication, (07.09.2008)

Un po’ di numeri

Dopo avere elencato gli strumenti che formano il mondo 2.0

cerchiamo di definirlo in termini quantitativi. Fig. 21 – Cosa si fa in Rete?

Fonte: Universal McCann (2008) http://www.universalmccann.com/Assets/2413%20%20Wave%203%20complete%20document%20AW%203_20080418124523.pdf

Da una visione globale emergono, come attività principali degli utenti la visione di videoclip online, la lettura di blog, la visita a website che condividono fotografie, e la gestione del proprio profilo all’interno di un social network esistente. A parte quest’ultima attività, dal grafico, si nota come le percentuali maggiori spettino ad attività “passive” degli utenti piuttosto che ad attività “creatrici”: infatti attività come postare commenti, effettuare l’upload di foto e video, effettuare il download di podcast ottengono tutti percentuali inferiori. Tuttavia, rimangono comunque percentuali elevate se si pensa che il 52,2% degli utenti effettuano l’upload di proprie foto e il 38,7% crea un proprio blog.

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Fig. 22 – Panoramica quantitativa delle attività svolte in Rete

Fonte: Universal McCann (2008) http://www.universalmccann.com/Assets/2413%20%20Wave%203%20complete%20document%20AW%203_20080418124523.pdf

Social Networks Gli utenti si creano un profilo all’interno dei social network per mandare messaggi agli amici, per effettuare l’upload di fotografie, per ascoltare musica e scrivere in un blog. Fig. 23 – Cosa si fa all’interno dei social network?

Fonte: Universal McCann (2008) http://www.universalmccann.com/Assets/2413%20%20Wave%203%20complete%20document%20AW%203_20080418124523.pdf

Come si può notare, queste piattaforme integrano praticamente tutte le possibilità creative/comunicative del Web, ma l’attività principale rimane di gran lunga (74%) lo scambio di messaggi online con amici e conoscenti. Un dato, questo, che fa 60


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particolarmente gola al mondo business, basti pensare all’importanza che ha il passaparola nella reputazione, nel successo e nello sviluppo di un prodotto. Proprio per questo le aziende, dopo un iniziale immobilismo, stanno pian piano analizzando le dinamiche sviluppatesi all’interno di queste grandi comunità virtuali. Blog Nato come diario online e divenuto strumento prezioso per chiunque voglia condividere online i propri interessi: dagli appassionati di pesca ai giornalisti, dalle celebrità ai precari, grandi media factory o piccolissimi produttori indipendenti, si sono formati blog ormai su qualsiasi tipologia di argomento. Alcuni, seguitissimi, hanno fatto dell’autore un vero e proprio opinion leader (basti pensare al caso Grillo). Ma perché hanno avuto così tanto successo? Facilità di pubblicazione, brevità, informalità e possibilità di commento da parte di chiunque lo rendono uno strumento informale di piacevole e utile consultazione. Fig. 24 – I blog più frequentati

Fonte: Universal McCann (2008) http://www.universalmccann.com/Assets/2413%20%20Wave%203%20complete%20document%20AW%203_20080418124523.pdf

Tra le varie tipologie di blog, i più letti risultano essere quelli personali, veri e propri diari online, seguiti dai blog di conoscenti e amici e da quelli musicali: tuttavia, al fine del mio studio, è interessante notare come ci sia una cospicua percentuale di utenti (22,5%) che si informa tramite i blog su luoghi per le vacanze.

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Italia Qual è la dimensione del fenomeno 2.0 nel nostro paese? Cercherò di definirne i confini. Sono circa 11 milioni, pari al 56% dei navigatori, gli utenti italiani che hanno visitato almeno una volta un sito Web 2.052. Fig. 25 – Attività 2.0, in Italia

Fonte: Universal McCann (2008) http://www.universalmccann.com/Assets/2413%20%20Wave%203%20complete%20document%20AW%203_20080418124523.pdf

Elemento fondamentale per analizzare realmente l’utilizzo di strumenti 2.0 è però il tempo che l’utente trascorre con questi strumenti. Le applicazioni Web 2.0 facilitano la distribuzione dei contenuti e la socializzazione e gli utenti hanno uno stimolo particolare ad affacciarsi alla finestra dell’online con continuità, per aggiornarsi, verificare se qualcuno ha risposto allo stimolo messo in rete precedentemente, condividere un’informazione, un parere, un’esperienza. Fonte: Sommavilla (2007) - http://www.netratings.com/downloads/Nielsen_NetRatings_Web20.pdf

L’utenza 2.0 mostra dati di consumo online più alti rispetto alla media53: •

27 ore e 50 minuti contro le 18 ore e 36 minuti della media

44 collegamenti mensili contro i 29 della media

Inoltre gli utenti del Web 2.0 in Italia sono prevalentemente di sesso maschile e collocati all’interno della fascia d’età compresa fra i 18 e i 34 anni.

52 53

Nielsen/NetRatings, http://www.netratings.com/downloads/Nielsen_NetRatings_Web20.pdf Sommavilla (2007)

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Curiosità Soldi Abbiamo visto come molti degli strumenti 2.0 siano messi a disposizione degli utenti gratuitamente: pubblicare un blog è gratuito, effettuare l’upload di un videoclip su YouTube è gratuito, scambiarsi messaggi con altri utenti è gratuito, così come ascoltare musica su last.fm. In effetti anche i più grandi siti di social network consentono a chiunque di crearsi liberamente il proprio profilo. A questo punto varie domande paiono lecite: e i soldi? Quanti ne girano nel mondo 2.0? E, soprattutto, chi ci guadagna e come? La realtà 2.0 si è rivelata una seconda età dell’oro per il comparto delle dot.com, dopo la bolla del 2001, infatti basta elencare alcuni casi eclatanti: •

La NewsCorp di Rupert Murdoch acquista nel 2005 MySpace per 580 milioni di dollari!54

Nel 2006 Google assorbe YouTube per 1,6 miliardi di dollari!55

Il 13 marzo 2008 Aol, divisione Internet di Time Warner, acquista per 850 milioni di dollari il sito di social networking Bebo56

Il mercato dell'advertising (pubblicità) online sui siti di social networking cresce del 75% all'anno.57

Cifre davvero incredibili, ma come avviene tutto questo? La storia è semplice. Minimo comun denominatore di molte grandi comunità online è la loro nascita: solitamente un gruppo di studenti universitari crea intorno ad un argomento (la voglia di ricontattare amici, la necessità di condividere filmati e fotografie) dei piccoli siti senza scopo di lucro. Questi siti però nel corso del tempo (il tempo virtuale è rapidissimo) vengono notati da sempre più utenti, e, grazie al passaparola digitale, iniziano a formare comunità online di svariati milioni di utenti. Fin qui è tutto gratuito. Queste enormi piazze virtuali, però, oltre a riunire milioni di utenti, mostrano inoltre quali sono i loro interessi, le loro opinioni, quali argomenti sono oggetto di discussione: è quindi facilmente intuibile come i pubblicitari guardino al Web 2.0 con interesse enorme. E’ infatti sulla pubblicità che puntano le grandi company 2.0: succede così che al ragazzino 20enne che ha creato una community 54

De Martino (2008) Ibidem 56 Rusconi (2008) 57 Ibidem 55

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telefoni un grande magnate dei media con la volontà di finanziarlo o di acquistare la sua creatura dot.com a suon di milioni di dollari, sapendo già che ne incasserà in seguito molti di più grazie alla pubblicità. Nel caso appena descritto i soldi quindi viaggiano nelle tasche dei fondatori grazie all’intervento di finanziatori o compratori, mentre nelle tasche di quest’ultimi ci arrivano grazie ai contratti pubblicitari. Ma quando parliamo di soldi in ambiente 2.0 il discorso non si esaurisce ai protagonisti sopra citati: anche gli utenti che generano contenuti possono arricchirsi. Facciamo un po’ di esempi. Nel 2003 una band di ragazzini inglesi sconosciuti, gli Arctic Monkeys, posta su MySpace le proprie canzoni, rendendo disponibile il download a chiunque: queste, grazie al passaparola, iniziano a circolare in Rete riscuotendo un enorme successo. Risultato: contratto discografico e album che vende 300.000 copie la prima settimana in Inghilterra diventando la pubblicazione d’esordio più venduta della storia UK58. Anche il blog si è rivelato, in certi casi, uno strumento prezioso: sono infatti moltissimi i blog che, riscuotendo un enorme successo, hanno permesso al loro autore di pubblicare libri o diventare uno stimato opinion leader. Lo stesso discorso vale per i contenuti video e foto. Abbiamo visto, quindi, come l’importanza assunta dal Web 2.0 si riscontra, oltre che dal crescente interesse del pubblico e di tutti gli altri media, anche dal notevole giro d’affari che lo circonda, in termini di pubblicità, acquisizioni, finanziamenti, quotazioni. Un’altra testimonianza viene addirittura dalla politica, e più precisamente dalle recenti campagne americane: Gli strumenti del Web 2.0 e i siti di social networking hanno avuto un forte impatto sull'esito delle presidenziali e lo dimostra il fatto che i due contendenti che si giocheranno l'eredità di George W. Bush - Barack Obama e John McCain – e la "vincitrice morale" di questa infinita sfida Hillary Clinton - li hanno assiduamente utilizzati. Il candidato democratico "postando" con frequenza quasi quotidiana su Twitter, il leader dei repubblicani dialogando con la propria comunità su una pagina di MySpace e l'ex first lady intrattenendo i suoi ammiratori su Facebook Fonte: Rusconi (2008) – ilSole24ORE

Emerge infatti come principalmente i giovani abbiano preso contatto con i candidati proprio attraverso strumenti online: videoclip, blog, forum, social network. 58

http://www.bpi.co.uk

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Conclusioni A questo punto si intuisce come la realtà 2.0 sia in larga parte formata proprio dall’attività degli utenti: Internet oggi non è più solo un luogo dove cercare e trovare informazioni, ma una piattaforma dove possiamo pubblicare i nostri video, le nostre canzoni, le nostre riflessioni o semplicemente commentare quelle altrui. L’elemento caratterizzante del Web 2.0 è proprio la continua produzione, da parte degli utenti, di materiali, scritti e audiovisivi, che si trovano in rete: romanzi autoprodotti, brani musicali, fotografie, file video e audio di ogni genere e software gratuiti da scaricare sul proprio PC. Sembra, che tutti al giorno d’oggi non riescano a trattenersi dal dire la propria opinione, dal rendere noti i propri interessi. Oggi è facile pensare ad un ragazzo che scriva critiche cinematografiche sul proprio blog, che faccia parte di un forum di discussioni sul cinema, che abbia girato un corto e pubblicato su YouTube e che ne discuta con gli amici su Facebook. Internet, supportato dall’avanzamento tecnologico ha reso accessibile a chiunque, dal punto di vista economico e delle competenze, sia la produzione di contenuti sia la condivisione di questi con milioni di persone. Pensare che solo 7-8 anni fa tutti questi contenuti non esistevano è sorprendente. Viene da pensare che il così detto Web 2.0 stia guidando una esplosione creativa. Tuttavia, il concetto di produzione di contenuti non esaurisce la spiegazione riguardante la differenza tra il Web 1.0 o il Web 2.0, perchè a ben guardare per tutti gli anni ’90 è stato un crescendo di contenuti immessi in Rete: aziende ed istituzioni che pubblicavano i proprio siti web, grandi media factory che si cimentavano con edizioni online, e siti web costruiti proprio dagli utenti. Ma allora quali sono gli elementi caratteristici della tanto sbandierata rivoluzione 2.0? Prima di tutto, mentre nel corso degli anni ’90 i contenuti presenti in Rete, come abbiamo visto, erano in prevalenza creati “professionalmente” da aziende, multinazionali, istituzioni, media factory, e da utenti esperti di informatica, oggi i contenuti che formano il Web sono in prevalenza creati da “amateurs” (amatori) che non necessariamente sono esperti di programmazione.

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Cosa significa tutto questo? •

Tutti possono creare facilmente contenuti e condividerli con altri utenti.

Si può utilizzare qualsiasi registro espressivo.

Si formano reti sociali.

Aggregazione di contenuti simili.

Le idee più interessanti emergono dal basso.

Fig. 26 – Copertina del Time Dicembre ‘06/Gennaio ‘07

Tutto questo ha portato alla nascita di nuove opinioni pubbliche, di nuove idee, ad uno scambio continuo di informazioni e conoscenza. Un cambiamento, quello del web 2.0, che ha avuto come incoronazione perfino la copertina del Time 2006: il personaggio dell’anno 2006 siamo noi.

Fonte: http://www.time.com/

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Capitolo 3 La storia delle realtà museali in Rete

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Evoluzione del rapporto tra museo e web Risorse Fornire un’evoluzione temporale della comunicazione web da parte delle istituzioni culturali è materia complessa: sui siti web attuali di musei o altre istituzioni non vi è traccia della loro storia evolutiva su Internet, e soprattutto non sembrano esistere copie delle prime homepage pubblicate. Tuttavia ci sono due risorse interessanti a disposizione: la lista di discussione sui musei dell’ICOM e l’evoluzione negli anni del congresso “Museums and the web”. Fig. 27 – A sinistra il logo della Conferenza “Museums and Web”; a destra l’homepage della lista ICOM

Fonte: http://www.archimuse.com - http://home.ease.lsoft.com/scripts/wa.exe?A0=MUSEUM-L

La prima risorsa riguarda i contatti, le discussioni, i confronti tra operatori culturali e fornisce una mole di dati davvero impressionante, impossibile da consultare interamente: sono conservati tutti i post dal gennaio 1994 ad oggi! Molti link a website e risorse non funzionano ma leggere i vari messaggi rende l’idea di come è evoluto Internet e conseguentemente l’utilizzo di questo da parte delle istituzioni culturali. Purtroppo, dal momento che ci sono semplici post e pochi link funzionanti, ci aiuta poco a capire su come concretamente le singole realtà culturali sviluppavano l’approccio al web. La seconda risorsa che abbiamo a disposizione è rappresentata dai papers che a partire dal 1997 vengono presentati alla conferenza Museums and the web, organizzata da Archives and Museums Informatic: è un congresso con cadenza annuale, nel quale, grazie ai lavori provenienti da tutto il mondo, si fa il punto sul rapporto tra istituzioni culturali e Internet. Ci sono workshop, dimostrazioni, papers: il materiale è interamente consultabile online. La lista di discussione dell’ICOM offre una maggiore quantità di dati a partire dal 1994 ma i 68


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

papers di “Museums and the web”, pur partendo dal 1997 offrono indicazioni più specifiche sulle singole realtà. Ho quindi deciso di raccontare l’evoluzione del rapporto web/istituzioni culturali attraverso alcuni casi meglio documentati: non ci sono date chiave e precise che segnalano i vari step evolutivi ma l’analisi di diverse realtà in giro per il mondo riesce comunque a dare l’idea del passaggio tra l’iniziale passività delle prime esperienze sul Web ad una costante ricerca di maggiore interazione con il pubblico online. Ovviamente l’evoluzione delle modalità di utilizzo del web da parte delle istituzioni culturali corre parallelamente all’evoluzione del web stesso: un’evoluzione che nel tempo ha consentito un costante aumento di velocità di navigazione, un abbassamento dei costi di accesso a queste tecnologie, e un costante sviluppo di software sempre più intuitivi anche ai non esperti di informatica. Origini ed evoluzione

La timeline ha come punto obbligatorio di partenza la

diffusione di massa del World Wide Web: creato, come abbiamo visto in precedenza, nel 1991, si è in seguito diffuso su larga scala a partire dal 1994. In realtà, già nel mese di maggio 1993, registra il proprio dominio l’ICOMOS59 diventando la prima istituzione “conservativa” nel Web (ma lo “sbarco” nel web diventa operativo nel 1994). Sempre nel 1993, un’istituzione pubblica, l’ Art and History Program (AHIP) del Getty Trust di Los Angeles immette in Rete il proprio sito web come sorta di esperimento per meglio capire le potenzialità della Rete. L’intento dichiarato era quello di stimolare la costruzione di una comunità di conservatori, così come di ricercatori, di esperti e di studenti attraverso la creazione di un sito che fosse graficamente interessante, che contenesse contenuti validi e utilizzabili, che cambiasse continuamente per adeguarsi alle esigenze degli utenti. Grazie a una chiara organizzazione delle informazioni il sito Web del Getty poteva offrire accesso a una notevole varietà di basi di dati tutte fruibili liberamente (senza oneri) dall’utente esterno. Fonte: Buzzanca (2004) - http://www.museiit.net/docs/storia_web_culturale_buzzanca.pdf

Si intuisce già, e lo si vedrà anche in seguito come le prime esperienze nel Web miravano a rendere accessibile l’uso di basi di dati soprattutto ai fini di studio e ricerca.

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ICOMOS: International Council on Monuments and Sites

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

In un post del 1996 Geoffrey Lewis, moderatore della lista e presidente dell’ICOM, fece il punto delle esperienze di musei e istituzioni nel web a partire dai primi anni 90: The beginning of the 1990s saw many museums in a number of different countries with computerised collection information, some of which were already making that information available online for public use in their galleries. Fonte: Geoffrey Lewis (1996), http://home.ease.lsoft.com/scripts/wa.exe?A2=ind9610E&L=MUSEUM-L&P=1717 (25.07.2008)

Aprile 1991 John Chadwick inizia a lavorare alla lista di discussione Museum-L60 presso la University of New Mexico. 1993-1994 Sono gli anni in cui concretamente molti musei collocano in Internet le proprie collezioni o informazioni e questo avviene, soprattutto in USA, attraverso strette collaborazioni con le università. In un post del maggio 1994, Robert Guralnick (Museum of Paleontology, University of California) descrive in modo chiaro il funzionamento dei primi server e il concetto di ipertesto:

Fonte: Robert Guralnick (1994), http://home.ease.lsoft.com/scripts/wa.exe?A2=ind9405&L=MUSEUM-L&P=21524 (25.07.2008)

Tra le prime realtà culturali a sperimentare la Rete si contano: Smithsonian's National Museum of Natural History, Museum of Paleontology at Berkeley (University of California), Field Museum of Natural History (Chicago), Exploratorium (San Francisco), Art Museum (Trobe University di Melbourne ), Louvre (Francia), Astronomical Museum (Bologna), Library of Congress Vatican Exhibit, The Natural History Museum (London). 60

http://home.ease.lsoft.com/scripts/wa.exe?A0=MUSEUM-L

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Fig. 28 ‐ I primi website museali nel Regno Unito

Anno 1994 1995 1996

Website Natural History Museum (http://www.nhm.ac.uk) Science Museum (http://www.sciencemuseum.org.uk) Hunterian Museum and Art Gallery (http://www.hunterian.gla.ac.uk) The Victoria and Albert Museum(http://www.vam.ac.uk) National Museums and Galleries of Wales (http://www.nmgw.ac.uk) National Maritime Museum (http://www.nmm.ac.uk)

1997

Guernsey Museums and Galleries (http://www.museum.guernsey.net) British Museum (http://www.thebritishmuseum.ac.uk) Tate Online (http://www.tate.org.uk)

1998

National Gallery (http://www.nationalgallery.org.uk) Imperial War Museum (http://www.iwm.org.uk) East Lothian Museums (http://www.eastlothianmuseums.org.uk)

1999

24 Hour Museum (http://www.24hourmuseum.org.uk) National Galleries of Scotland (http://www.natgalscot.ac.uk)

Fonte: http://www.archimuse.com (28.07.2008)

Il 31 gennaio 1994 annuncia l’entrata in Internet anche il Dallas Museum of Art, presentando una serie di servizi ai visitatori online: Visitors to our 'online Museum' have access to general DMA information, such as exhibition and event schedules, gallery guides, and educational documents relating to the Museum and its Permanent Collection. You can also pick up a copy of a new DMA electronic newsletter, 'CI,' which details the activities and services of the Museum's new Collections Information Center. A selection of digital images from the Museum's Permanent Collection is also available in GIF89a format. Each image file includes not only a picture of an artwork, but also a full text identification label and in many cases extended remarks about the piece written by our Curatorial staff. Visitors are welcome to download these images for their personal, educational use Fonte: Kevin J. Comerford (1994), http://home.ease.lsoft.com/scripts/wa.exe?A2=ind9401&L=MUSEUM-L&P=25156 (25.07.2008)

E’ davvero incredibile pensare che questo post sia datato 1994: c’è già un tentativo di utilizzare Internet in modo attivo e di avere una minima interazione con il fruitore offrendo la possibilità di ricevere la newsletter e di scaricare immagini con descrizioni approfondite e di incoraggiare l’invio di mail per qualsiasi richiesta.

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Nel febbraio dello stesso anno il National Museum of American Art amplia i proprio contenuti in Rete consentendo di leggere libri o scaricarseli gratuitamente per la stampa. Una curiosità deriva dal tempo di download che occorreva per scaricarsi immagini digitali: Note that currently the images must be downloaded from the system to one's computer, a process that takes from eight to twenty minutes per image Fonte: Joan Stahl (1994), http://home.ease.lsoft.com/scripts/wa.exe?A2=ind9401&L=MUSEUM-L&P=13834 (25.07.2008)

1995-1996

Si aggiungono, tra i tanti, tre musei di Chicago (The Field Museum,

Chicago Academy of Sciences, Oriental Institute Museum), in Francia il Pompidou Center, Museums and Galleries of Southern Utah University, San Diego Model Railroad Museum, National Museums of Scotland, New Mexico Museum of Natural History and Science. Il 31 dicembre 1995 nasce De Museumserver, una piattaforma in Internet per i musei tedeschi e, restando sempre in Europa, investe nello sviluppo della Rete anche l’Hunterian Museum (University of Glasgow) con un progetto diviso in tre fasi, in collaborazione con gli studenti: What started out as an idea discussed over a beer (or two) between myself and my colleague Chris Johnson from Computing Science, has developed into what we consider to be a worthy framework from which to expand into new areas of heritage presentation over the network. The first phase involved a group of third year honours students examining ways of solving navigation and design problems related to the presentation of museum artefacts on the web. Stage two had one of our IT Masters candidates looking at the problem of download time for video over the web. Both these phases are now complete. The students concerned all received high ratings for their reports. Fonte: Jim Devine (1995), http://home.ease.lsoft.com/scripts/wa.exe?A2=ind9512&L=MUSEUM-L&P=20723 (25.07.2008)

In questi anni si diffondono anche le prime survey (soprattutto all’interno dei musei scientifici) ed i primi corsi e seminari riguardanti l’utilizzo del web da parte dei musei. Inoltre, in molti post, c’è la volontà di sapere quali sono gli indirizzi di alcuni musei e da qui la necessità di tenere sempre aggiornate diverse liste con gli indirizzi web di musei o di risorse utili: Here is the list of Web sites which can be helpful for anyone interested […] The Consortium for the Computer Interchange of Museum Information (CIMI) […], Museum Online Resource Review […],The WWW Virtual Library […],WWW Virtual Library museums pages. Fonte: Tatyana Dumova (1996), http://home.ease.lsoft.com/scripts/wa.exe?A2=ind9603&L=MUSEUM-L&P=61101 (28.07.2008)

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Does anybody know where to find the web site addresses of the world's famous museums like, Louvre, musee d'Orsay, Victoria and Albert Museums and Uffizi Gallery and other museums in Europe? Need urgent help. Please e-mail me if you know. Tks Fonte: Anonimo (1996), http://home.ease.lsoft.com/scripts/wa.exe?A2=ind9601&L=MUSEUM-L&P=65522 (28.07.2008)

There are roughly 300 *science* *museums* on the www now. According to my observations, the number of science museums on the www has doubled about every two months.(96) Fonte: Arthur Anderson (1996), http://home.ease.lsoft.com/scripts/wa.exe?A2=ind9602&L=MUSEUM-L&P=80821 (28.07.2008)

1997 Dal 16 al 19 marzo prende il via a Los Angeles la conferenza “Museums and the web” (MW 97), creata da Archives & Museum Informatics che già organizzava fin dal 1991 l’ International Conference on Hypermedia and Interactivity in Museums (ICHIM), nata dalla constatazione che nel giro di tre anni moltissimi musei erano sbarcati in Internet, aveva come obiettivo quello di fare interagire tra loro le realtà culturali presentando ognuno la propria esperienza. We believe museums have much to learn from each other and from developers who have been using the Web for other applications. To provide an opportunity for information exchange, Archives & Museum Informatics hosted an international conference devoted exclusively to Museums and the Web. WebMasters, educators, exhibits staff, curators and managers from museums, science centers, archives and special collections libraries attended. Because these institutions hold the vast majority of the cultural resources of our society and have proven track records in its interpretation, publishers, software developers and service providers came to the meeting to explore the potential museums offer as a source of content and the challenge they present to providers of Web-based multimedia. Fonte: http://www.archimuse.com/mw97 (25.07.2008)

Papers, Workshop, dimostrazioni sono pubblicati in Rete e messi a disposizione di tutti. In questa prima edizione ci sono 50 interventi da parte di addetti ai lavori provenienti da 11 paesi diversi e circa 400 partecipanti. E’ bene chiarire che i papers riguardano non solo musei ma anche gallerie e altri tipi di organizzazioni culturali. Uno sguardo ad alcuni workshop presenti ci permette di vedere a quali livelli di sviluppo fosse nel 1997 l’intesa tra istituto culturale e web: •

Building a Web Site (Jonathan Bowen, University of Reading, UK)61

The Anatomy of a Web Raising: Building Communities in the Digital Frontier (David Jensen, Getty Information Institute, USA)62

61 62

http://www.cs.reading.ac.uk/museum/mw97 / http://www.archimuse.com/mw97/mw97work.htm

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Making Money on the Web: Museums and Electronic Commerce (Richard Rinehart, University of California, Berkeley, USA)63

Copyright and Licensing: Protecting and Exploiting Museum Property (Jeremy Rees and Christine Steiner International Visual Arts Information Network, UK and J. Paul Getty Trust, USA)64

Making Your Site Interactive: Video - Conferencing and Other Visitor/Artist Interaction Over the Web (Susan Hazan, Israel Museum, Israel)65

Queste discussioni sono significative e credo rappresentino 5 ipotetiche linee guida nel rapporto museo e web. Il primo workshop spiega come costruire un sito Web, cosa che forse nel 1997 era ancora fatta all’interno delle realtà culturali stesse, almeno per quanto riguardava realtà piccole, mentre negli altri quattro workshop citati si fa un passo avanti parlando già di costruire comunità digitali, (What is a digital community? What is its cultural potential? For more than a year, the Getty Information Institute has been exploring questions likethese in a project called Los Angeles Culture Net) Fonte: Davis Jensen (1997), http://www.archimuse.com/mw97/mw97work.htm (25.07.2008)

del commercio elettronico e delle strategie di marketing come opportunità di guadagno dei musei, le problematiche relative al copyright di testi ed immagini nel web, lo sviluppo di una maggiore interazione con artisti e visitatori. Proprio lo sviluppo dell’interazione tra gli utenti, unito all’idea di comunità online, rappresenta la linea guida di questa tesi, che trova una definizione precisa nelle parole di Suzan Hazan di Israel Museum:

Fonte: Suzan Hazan (1997), http://www.archimuse.com/mw97/mw97work.htm (25.07.2008)

63

64 65

http://www.archimuse.com/mw97/mw97work.htm

http://item.suffolk.ac.uk/ http://www.imj.org.il/shazan

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

E’ proprio questo che dovrebbe fare il museo in Rete: stimolare, “sgomitare” e sedurre l’utenza per renderla partecipe, attiva ed interessata. 1998 Gli interventi riguardanti l’interazione web museo/fruitore iniziano ad essere sempre più numerosi e nell’edizione del 1998 della conferenza viene presentato un interessante paper dal titolo Using the Web to Change the Relation Between a Museum and its Users (Science Museum, London)66: il progetto STEM incoraggiava studenti e insegnanti a produrre progetti e risorse riguardanti il museo rendendoli in seguito accessibili via web. Un tentativo di creare una relazione di lungo termine con i fruitori e un’anticipazione di quello che ora si chiama User Created Content (UCC). Il progetto, finanziato da Toshiba, metteva in palio anche un premio per il miglior contributo prodotto con la volontà di diventare, dopo un periodo di prova, un creatore di contenuti formativi di qualità. Restando in Europa, sempre nel 1998, è necessario citare un ottimo progetto sviluppato in Portogallo e descritto nel paper Using the Web to Give Life to Museum67 che spiega come, anche per le piccole realtà museali, essere attivi in Rete è utile per svolgere uno degli obiettivi principali di un museo: l’interazione con le comunità locali. Per questo scopo alcune soluzioni proposte per “dare vita” al website del museo, sono: navigare in mondi virtuali, show audiovisivi delle collezioni e delle stanze del museo, viaggiare nel tempo attraverso la storia degli oggetti. Viene presentato, come esempio, il Museu Nogueira da Silva: The site structure follows a conventional approach - the museum background, school oriented activities, the collections, guided tours and the art gallery - but it also includes some innovation in the way the site is built, both at the presentation level and at the contents.(…) The MNS site interface was designed for three adult user profiles - the "occasional", the "intentional" and the "expert" user - and a "kid" profile. Fonte: Helena Regalo (1998), http://www.archimuse.com/mw98/papers/proenca/proenca_paper.html (05.08.2008)

Da questa breve descrizione dell’architettura del website si intuisce come le realtà museali iniziassero già negli anni 90 ad analizzare quali target navigassero all’interno del sito constatando come diversi fruitori avessero diverse necessità: un contenuto non poteva essere presentato nel medesimo modo sia all’esperto che al semplice curioso. In particolar modo per il profilo “bambino” l’esperienza della visita museale

66 67

http://www.archimuse.com/mw98/papers/jackson/jackson_paper.html http://www.archimuse.com/mw98/papers/proenca/proenca_paper.html

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reale chiamata Look, listen and feel a museum che riguardava un po’ tutta l’attività didattica ha in seguito avuto una “coda” in Internet davvero interessante. •

I documenti prodotti dallo staff museale venivano diffusi via Web, tra questi puzzle da disegnare e colorare, quiz relativi agli oggetti del museo, alcuni giochi formativi da svolgere durante la visita reale al museo.

Durante la visita reale al museo si filmavano e registravano alcuni incontri con i bambini, le loro domande/risposte (spesso divertenti) che venivano poi resi accessibili via web alle scuole.

Dopo le visite reali, i disegni e i manufatti creati dai bambini durante le lezioni in laboratorio venivano pubblicate in Internet all’interno della virtual gallery del museo.

1999 In questa edizione di Museum and the web spiccano due paper riguardanti survey sui comportamenti dei visitatori web: Time for Renovations: A Survey of Museum Web Sites68 e A Survey of Characteristics and Patterns of Behavior in Visitors to a Museum Web Site69. Le ricerche sui comportamenti dei visitatori di website museali risalgono, come si è visto in precedenza, già al 1995 e si sono moltiplicate nel corso degli anni evolvendo contemporaneamente alle nuove possibilità che offriva Internet. Interessante è anche l’intervento di Giuliano Gaia, del Museo Nazionale di Scienza e Tecnologia di Milano: Promoting a Museum Website on the Net70. Raccontando la sua esperienza spiega come il sito non nasceva per replicare virtualmente le visite reali al museo, ma aveva piuttosto la funzione di strumento di preparazione e approfondimento per queste. In più, si decide di immettere online disegni e fotografie degli oggetti nei loro contesti reali, cercando così di ricreare la relazione tra oggetto e mondo reale. Nel 1998 la svolta: si decise di essere più permeabili in Rete e di non continuare con un website dai confini così rigidi. Si decise così di creare dei singoli website per le esibizioni considerate di maggior valore collaborando intensivamente con le scuole. Un’altro esempio (edutainment) di allargamento dei confini è la collaborazione con il Website di Martyn Mystere, che ospitava al suo interno “le leggende del mare” prodotte dal museo. 68

http://www.archimuse.com/mw99/sessions/index.html http://www.archimuse.com/mw99/papers/chadwick/chadwick.html 70 http://www.giulianogaia.net/papers/mw99/Archives%20&%20Museum%20Informatics%20MW99%20-%20Papers.htm 69

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Fig. 29 – L’iniziativa del Museo Nazionale di Scienza e Tecnologia legata al fumetto Martyn Mystere

Fonte: Giuliano Gaia (1999), http://www.archimuse.com/mw99/papers/gaia/gaia.html (05.08.2008)

Anche per questo museo, quindi, l’interazione con il pubblico iniziava a diventare parte fondamentale della mission web: si promuoveva, in diverse pagine del website, la possibilità di contattare via mail il museo, di scrivere nel guestbook, di iscriversi per ricevere direttamente via mail le news sugli eventi. In più si lanciò un esperimento di e-commerce legato ad Amazon riguardante le pubblicazioni. E’ da notare come questo paper analizza la promozione, non solo in Rete ma anche nei giornali, dello stesso website museale una volta pubblicato in Rete. Una analisi che credo abbia pochi precedenti all’epoca, sicuramente per quanto riguarda il panorama italiano. Anni 2000 Tra la fine degli anni 90 e l’inizio del 2000 praticamente qualsiasi realtà culturale si era almeno “affacciata in Internet”: ovviamente le grandi istituzioni, capaci di sviluppare già una buona interazione con il proprio pubblico online e di abbozzare, in qualche fortunato caso, l’idea di un fruitore attivo capace di produrre lui stesso contenuti per il Museo (soprattutto in ambito educativo); ma ormai anche piccolissime realtà avevano le capacità per costruirsi un proprio website. Le edizioni di Museum and the web dei primi anni del 2000 sono contraddistinte da una sempre maggiore diffusione di interventi relativi alla costruzione di comunità online. Il museo, o l’istituzione culturale in genere, smettono di pensare ad Internet come un luogo dove far trovare semplici notizie ed immagini delle proprie collezioni, un 77


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luogo, cioè, dove la comunicazione segua le caratteristiche dei vecchi media (comunicazione ad una via, da uno verso tutti), passando ad una concezione di website museale come piazza di discussione per il dibattito culturale (una comunicazione a più vie, tutti verso tutti). Un esempio, è il già citato Museo Nazionale di Scienza e Tecnologia di Milano, e in un intervento di Giuliano Gaia del 2001 spiega come tropo spesso molti musei si focalizzino solamente sull’attività di conservazione e poco sulla parte comunicativa, e così facendo si cristallizzano su posizioni che riguardano solo studiosi, professionisti ed esperti, ma che rimangono anni luce lontani dagli interessi della gente comune. Gaia spiega come il Museo Nazionale di Scienza e Tecnologia nel 2001 avesse iniziato ad utilizzare diversi strumenti per la creazione di una comunità online:

Fonte: Giuliano Gaia (2001), http://www.archimuse.com/mw2001/papers/gaia/gaia.html (06.08.2008)

Il website del museo, dal 1998 al dicembre 2000, aumenta le sue pagine da 100 a 1.300 contando 500.000 visite e 2.500.000 pagine visitate. Si decide così di ascoltare il più possibile il proprio audience. Viene stimolato, in molte pagine del website, l’utilizzo di e-mail per contattare il museo, chiedendo esplicitamente ai fruitori di inviare disegni, foto, idee o qualsiasi cosa riguardasse le collezioni. Si nota come la volontà del museo di parlare con i fruitori non fosse solo apparente, ma regolata da precise norme sui tempi di risposta (massimo due giorni lavorativi), su chi rispondesse (direttamente il webmaster o smistamento verso lo staff dedicato), e da una presa decisa di coscienza del tempo richiesto da queste pratiche: Of course this is not for free; you have to dedicate much time to this activity Fonte: Giuliano Gaia (2001), http://www.archimuse.com/mw2001/papers/gaia/gaia.html (06.08.2008)

Nonostante gli sforzi nell’anno 2000 solo 1000 messaggi arrivarono a fronte di 500.000 visitatori del website. Anche un altro strumento, la newsletter (140 registrazioni nel 2000), fu creata da subito seguendo precise indicazioni: non annoiare i membri con messaggi frequenti e troppo lunghi da leggere e scaricare, ma 78


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

una struttura di solo testo composta da 3/4 notizie brevi inviate ogni 2 o 3 settimane. Per creare contenuti di qualità è bene sapere a chi ci si riferisce: il pubblico del website era in prevalenza internazionale ma, da una ricerca svolta dall’Università Cattolica di Milano, più del 50% degli utenti registrati nella newsletter erano di Milano; quindi uno strumento fondamentale per dialogare con la comunità locale. Il successo della newsletter spinge in seguito a produrne diverse e specializzate: una rivolta ai giornalisti, una al pubblico internazionale ed una per gli insegnanti. Fig. 30 – L’evoluzione della comunicazione online del Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia (MI)

Si decide poi in seguito di sviluppare anche una comunicazione sul website: con mail, newsletter, mailing list, il contatto rimane tra il museo e i vari fruitori, ma il vero successo per una comunità online è fare si che il contatto avvenga fra i fruitori che si incontrano per discutere del museo. Da qui nascono guestbook e discussion forum, all’interno dei quali rimangono i commenti di ognuno visibili a tutti e ai quali si può rispondere. L’ultimo passo, nel 2001, fu quello di sviluppare la cosiddetta real time communication introducendo un servizio di chat con le scuole. In questi anni si iniziano ad approfondire anche altri strumenti per incrementare l’interazione tra website museali e pubblico, come da esempio lo streaming audio e video. Una ricerca Nielsen NetRatings stimava in 35 milioni gli utilizzatori web di 79


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

contenuti in streaming nel novembre 2000, con un incremento del 65% rispetto al novembre del 1999: questi dati vanno letti parallelamente allo sviluppo delle linee telefoniche che iniziano a garantire collegamenti di banda sempre più veloci. In Streaming Audio And Video: New Challenges And Opportunities For Museums71, Jim Spadaccini spiega in che modo erano organizzati i contenuti streaming all’interno del website del Tech Museum of Innovation nella sezione “Robotics: Sensing, Thinking, Acting”. Fig. 31 – Homepage della sezione “Robotics: Sensing, Thinking, Acting” del Tech Museum of Innovation

Fonte: Jim Spadaccini (2001), http://www.archimuse.com/mw2001/papers/spadaccini/spadaccini.html (07.08.2008)

L’esempio del Tech Museum of Innovation tratta in questo caso video on demand, cioè registrati, montati e resi disponibili al pubblico web: altra cosa sono invece video in diretta (live webcast) più complessi da produrre e gestire. E’ necessario ricordare che in questi anni la qualità di questo strumento era ancora scarsa: poca qualità video e finestre piccolissime.

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http://www.archimuse.com/mw2001/papers/spadaccini/spadaccini.html

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Fig. 32 – Prototipo di webcam “internazionale”: The Webcast Viewer

Fonte: Jim Spadaccini (2001), http://www.archimuse.com/mw2001/papers/spadaccini/spadaccini.html (07.08.2008)

“The Webcast Viewer” era un prototipo di schermata per l’interazione simultanea di contenuti museali con i fruitori e tra fruitori stessi, che potevano “chattare” mentre guardavano video o altre risorse. Restando in tema di real time communication anche l’Holocaust Memorial Museum (USA) aveva sviluppato diverse possibilità interattive con i propri utenti, scegliendo come tecnologia per il web cast il software Flash Communications Server (Flashcom) prodotto da Macromedia: questo consentiva di gestire piattaforme per comunicazioni scritte come le chat, e audio/video conferenze. Fig. 33 – Applicazioni di Real Time Communications; Holocaust Memorial Museum

Fonte: Jacobson - Swiader (2003), http://www.archimuse.com/mw2003/papers/jacobson/jacobson.html (07.08.2008)

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Il Virtual tour era formato da gallerie online delle mostre con i commenti dei curatori in formato video e audio, video interviste, in modo da formare una sorta di colonna sonora durante la navigazione: le pagine con i commenti dei curatori avevano un tempo di vista di circa 7 minuti. L’area di Help OnLine consentiva agli utenti di porre quesiti relativi all’Olocausto: gli interessati potevano chattare con gli storici in servizio in quel momento, i quali rispondevano in tempo reale. I commenti e le domande più interessanti venivano poi archiviate all’interno di un database utilizzabile online dagli stessi utenti: una sorta di contenitore di argomenti chiave che gli utenti potevano esplorare per arricchire la propria conoscenza sull’Olocausto. Altre applicazioni in real time riguardavano la trasmissione degli eventi del museo via web cast e la possibilità di lasciare commenti audio e video sul sito del museo da parte degli utenti. Interessante, in questa specifica situazione, la possibilità che offriva la videoconferenza di mettere in contatto i sopravissuti all’Olocausto con il museo e le scuole.

Fonte: Jacobson - Swiader (2003), http://www.archimuse.com/mw2003/papers/jacobson/jacobson.html (07.08.2008)

Per capire a che punto era arrivata l’attenzione degli istituti culturali verso la Rete, è interessante analizzare la proposta del MoMA (The Museum of Modern Art, USA). Per cercare di attrarre un audience più giovane e per renderlo effettivamente partecipe lo staff del MoMA creò due website all’interno del sito principale: Red Studio dedicato ai teenagers dai 13 ai 18 anni, e Destination Modern Art per i bambini dai 5 agli 8 anni.

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Fig. 34 – Due aree per due diversi target: bambini e ragazzi (MoMA)

Fonte: Schwartz – Burnette (2003), http://www.archimuse.com/mw2004/papers/schwartz/schwartz.html (07.08.2008)

Questi due strumenti si inseriscono in un contesto di collaborazione di lunga data tra il Department of Education del MoMA e scuole, istituzioni culturali e università: questi due website rappresentano un altro strumento che si affianca ad un costante lavoro di incontri e visite museali, workshop, corsi, pubblicazioni, tutti mirati a spiegare la professionalità del lavoro artistico e le complessità e diversità dell’arte contemporanea. Due sono i punti di vista che lo staff del MoMA considera: quello dell’artista che concretamente produce il lavoro e quello del fruitore. Una delle prime iniziative di Red studio, il website per teenager, riguardava l’operato del designer e architetto Vito Acconci: sul sito era presente un’intervista in streaming con l’architetto, e in un secondo momento venne lanciato un design contest (youDESIGN) tra gli studenti, che li spingeva ad essere molto creativi, utilizzando strumenti che richiamavano le opere di Acconci. Destination Modern Art, il website dedicato ai bambini, presentava una grafica elementare formata da illustrazioni e mirava a due obiettivi: il primo era quello di far conoscere ai bambini gli strumenti necessari per interpretare l’arte attraverso attività online focalizzate su specifici artwork presenti nel museo; il secondo obiettivo era quello di far si che bambini e genitori si recassero ad interpretare l’arte proprio presso il MoMA o altre sedi affiliate, sollecitando così le visite reali.

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Fig. 35 – Alcune pagine del website per ragazzi Destination Modern Art

Fonte: Schwartz – Burnette (2003), http://www.archimuse.com/mw2004/papers/schwartz/schwartz.html (07.08.2008)

2003 – 2004 E’ circa da questi anni che si inizia a parlare di Web 2.0 da parte di website culturali: proprio in un paper del Victoria & Albert Museum dal titolo Learning From Amazon And EBay: User-Generated Material For Museum Web Sites72 fa capolino la parola user generated content per indicare i contenuti prodotti dagli utenti. Lo staff del museo aveva sollecitato ai propri fruitori di appiccicare in uno spazio apposito del museo delle fotografie o cartoline riguardanti momenti chiave della loro vita o momenti importanti per la società: la risposta fu enorme e i contenuti più significativi furono pubblicati in una web gallery. Un’altra iniziativa, in collaborazione con BBC e Lomographic Society, dava la possibilità ad un pubblico di tutte le età di sperimentare tre diverse tecniche fotografiche all’interno del museo. Una parte delle fotografie realizzate venne poi inserita in una sezione del website. Sempre in questo periodo, alcuni musei, tra cui The 24 Hour Museum (Britain's National Virtual Museum) iniziano ad utilizzare RSS, un formato per l’esportazione di contenuti e notizie sul web e la tecnologia Wiki (esempio è l’enciclopedia libera Wikipedia), che permette agli utenti di produrre contenuti e di fare in modo che chiunque possa aggiornarli, integrarli, correggerli.

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http://www.archimuse.com/mw2004/papers/durbin/durbin.html

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Fig. 36 – Le prime “apparizioni” degli strumenti del Web 2.0

Fonte: http://www.archimuse.com - (08.08.2008)

In questi anni con il boom di alcune comunità online (social networking sites), ci si inizia a domandare in che modo queste grandi comunità, che riuniscono milioni e milioni di utenti, possano essere concretamente utilizzate dagli enti culturali allo scopo sia di promuovere la propria istituzione online, sia di creare una comunità di utenti uniti dall’esperienza museale. Uno sguardo in Italia

Anche in Italia le prime “comparsate” online di musei e

istituzioni culturali risalgono ai primi anni ’90. Più precisamente sono sei gli istituti museali che nel 1994 “sbarcano” in Internet73: •

Il sito Web dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza (IMSS) di Firenze

Il Museo di Fisica di Napoli (DSF)

Il MIFAV, cioè il Ministero dell’Immagine Fotografica e delle Arti Visuali facente capo all’Università di Roma Tor Vergata

Il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrasanta di Portici (Napoli)

73

Granata (2000) p.142

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Il Museo della Specola di Bologna

Il Museo di Storia Naturale dell’Università degli studi di Firenze

L’anno seguente, precisamente nel marzo del 2005 vede la luce il website dei beni culturali ad opera della Soprintendenza ai Beni Ambientali ed Architettonici del Piemonte: Il sito venne rapidamente ampliato per descrivere le attività della Soprintendenza e fornire indicazioni di servizio (orari, referenti ecc.) e venne da subito concepito come parte di un sistema cui si sarebbero dovute inserire le altre istituzioni statali presenti nella regione Piemonte. All’interno del sito della Soprintendenza vennero presto inserite anche pagine relative all’ICCD (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione). Il dominio “beniculturali.it” venne successivamente raccolto in gestione direttamente dal Ministero e le prime presenze istituzionali, a parte la Soprintendenza di Torino, risalgono al 1997- 1998 e sono per lo più riconducibili all’ambiente degli archivisti e bibliotecari. Fonte: Buzzanca (2004) - http://www.museiit.net/docs/storia_web_culturale_buzzanca.pdf

E’ interessante notare come il sito nacque da un esigenza precisa: informare continuamente su eventi e novità la stampa estera. Si era reso necessario, quindi, utilizzare Internet per ottenere una comunicazione immediata e tempestiva, uniformandosi così a quelli Stati (Europei ma soprattutto nord americani) che già avevano sviluppato un massiccio utilizzo della Rete a scopo informativo. Le pagine allora elaborate erano statiche e puntavano a rendere disponibili informazioni generali (caratteristiche essenziali dell’esposizione, indirizzi, orari, prezzi...) del gran numero di musei e istituzioni dipendenti dal Ministero. In breve tempo, difatti, venne messa a punto una base di dati interrogabile via Web, che conteneva le informazioni sui luoghi della cultura e sulle iniziative in corso Fonte: Buzzanca (2004) - http://www.museiit.net/docs/storia_web_culturale_buzzanca.pdf

Sempre nel 1995 videro la luce i website del Museo di Capodimonte di Napoli e quello del Museo Archeologico di Bologna, mentre nel 1996 nacque il website degli Uffizi di Firenze.

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Timeline Dopo l’esposizione di diversi casi interessanti, vediamo di riassumere un po’ l’evoluzione del rapporto ente culturale – Internet, annotando già due caratteristiche fondamentali emerse nei paragrafi precedenti: •

Una volontà crescente da parte del museo di interagire con l’utenza attraverso il web.

Una intensa attività di collaborazione con le scuole.

Primi anni ’90

Le prime esperienze di enti culturali online avvengono

un po’ in tutte le parti del mondo a cominciare dal 1993, ma il numero maggiore di casi si registra negli USA quasi sempre in partnership con le università e corrispondono a poco più che semplici esperimenti mirati a capire quali erano le possibilità offerte dal web. Tuttavia, minimo comun denominatore dei primi website culturali erano: •

Informazioni generali sull’ente in formato testuale e primi tentativi di testi cliccabili (ipertesti) che permettevano di approfondire argomenti navigando da una risorsa ad un’altra

Disponibilità online di basi di dati liberamente fruibili dagli utenti

Metà anni ’90

Si moltiplicano i website museali/culturali ed iniziano

ad intravedersi le prime survey sul comportamento online degli utenti ed i primi seminari relativi alla costruzione di website e alla conoscenza del web. •

Possibilità di effettuare il download di immagini delle collezioni e di brevissimi clip audio.

Si cerca una maggiore interazione online, quasi esclusivamente con istituti scolastici attraverso l’uso di e-mail e newsletter.

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Fine anni ’90

Quasi tutte le realtà culturali dispongono di un website:

la direzione di sviluppo è quella di un maggiore rapporto con l’utente online e con la produzione di contenuti in diversi formati resi disponibili per il download degli utenti. •

Più interazione museo-utente online: newsletter, e-mail, mailinglist

Più interazione tra gli utenti online: guestbook, discussion forum

Si sviluppa anche la Real time communication (chat) con discussioni in tempo reale.

Sempre più contenuti a disposizione degli utenti: audio e video in streaming, live web cast, quiz e games (edutainment)

Ci sono i primi tentativi di fare dell’utente online un fruitore attivo del website: si chiede all’utente di produrre contenuti (User created content, UCC) che verranno successivamente inseriti in spazi appositi del website. In molti casi queste attività sono rivolte agli studenti attraverso partnership con le scuole.

Anni 2000

I website culturali, soprattutto quelli di grandi realtà,

raggiungono livelli di alta professionalità e vengono dedicate sezioni specifiche in base al tipo di audience, ed anche i contenuti video e audio aumentano e migliorano di qualità. Inoltre alcune realtà iniziano ad indagare le possibilità offerte dagli strumenti del Web 2.0 (blog, social network, RSS, podcasting, UCC) cercando di creare una comunità di discussione attiva ed interessata. •

Sviluppo di website in base al target d’utenza

Crescente produzione di contenuti da parte degli utenti (UCC): si produce il contenuto ed è l’utente stesso che lo immette in Rete.

Nascono e si diffondono in molte realtà culturali i blog: lo staff museale pubblica costantemente notizie e contenuti dando la possibilità agli utenti di commentare.

La comunicazione dell’ente esce dal proprio website verso altre piattaforme online: si occupano spazi e si immettono contenuti in siti di social networking più popolati dagli utenti. Si cerca di costruire comunità online che discutano dell’attività dell’ente culturale.

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Capitolo 4 I musei online ed i suoi pubblici

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Introduzione Dialogo

Abbiamo visto in precedenza come gli strumenti del Web 2.0 abbiano

consentito una più facile interazione tra utenti: comunicazioni immediate, comunità costruite intorno ad interessi condivisi, produzione e condivisione di contenuti. Inoltre ho cercato di disegnare lo sviluppo del rapporto tra realtà museali ed Internet: un rapporto nato prestissimo che si è sviluppato secondo diverse strade. Certe realtà utilizzavano Internet solamente come ulteriore vetrina di presentazione delle proprie collezioni, senza nessuno scopo di interagire con l’utenza e in molti casi l’utilizzo della Rete da parte di queste realtà è rimasto il medesimo anche oggi. Al contrario, certi musei hanno seguito lo sviluppo della Rete ed hanno, di volta in volta, utilizzato quegli strumenti comunicativi che la Rete adottava: per queste realtà si nota nel corso del tempo un crescente rapporto online col proprio pubblico (dalle e-mail alle newsletter, dai forum alle chat). E’ proprio all’interno di questo rapporto che si inserisce il Web 2.0; grazie all’utilizzo di questi strumenti il museo può esplorare diverse vie per intrattenere un dialogo attivo con i proprio fruitori: un dialogo che, si vedrà in seguito, va oltre l’ambiente virtuale. Tuttavia, queste nuove opportunità di interazione non sono così semplici da attuare ed anzi esistono diverse criticità. In primo luogo la natura stessa della realtà museale e quella del Web 2.0 presentano diversi punti di tensione74: •

I musei hanno spazi ben definiti, mentre il Web 2.0 è una sorta di piattaforma dai confini imprecisati, che consente ad ogni tipologia di utente di disegnarsi il proprio spazio.

I musei quando aprono al pubblico una mostra, questa è già completa e non subisce altre variazioni. I contenuti del Web 2.0 cambiano sempre.

La struttura museale è formata da varie autorità: direttori, curatori, ricercatori, ispettori, educatori. Nel Web 2.0 il potere è nelle mani degli utilizzatori.

E’ comprensibile che relazionare queste due filosofie non è cosa semplice; infatti per i musei approcciare la filosofia del Web 2.0 richiede l’adozione di una visione completamente nuova: troppo spesso, anche nelle realtà museali che attivano progetti legati agli strumenti del Web 2.0, questi sono relegati allo staff informatico, 74

Simon (2006) – http://www.museumtwo.com

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mentre dovrebbero avere a monte una strategia globale che attraversa tutto la struttura museale. Inoltre, analizzeremo in seguito, come nasce e si sviluppa il dialogo con l’utenza: un dialogo inteso come vero e proprio discorso tra il museo e l’utente o tra utenti stessi. Fare del website museale un luogo dove discutere del patrimonio culturale non è semplice: pensare di sviluppare un dibattito culturale è già difficile con amici, parenti e conoscenti, e nel caso del web che incrocia persone che spesso non si conoscono, è ancora più arduo. Rimane da fare una premessa doverosa: ci sono musei che decidono di non adottare certi strumenti del Web 2.0 e che non vogliono incoraggiare un dibattito virtuale aperto alle osservazioni degli utenti. Queste scelte online sono probabilmente da ricondurre alla tipologia del museo reale: •

Musei “object-centered”: il focus del loro operato è sugli oggetti, sul patrimonio culturale.

Musei di carattere più narrativo: il focus è sulle storie che racconta.

Musei “client-centered”: il focus è rappresentato dall’audience. Spesso ne sono esempi i musei scientifici o quelli rivolti ai bambini.

Musei “community”: il focus è rappresentato dalla possibilità degli utenti di essere attivi, di esprimere se stessi. Questi musei sono veri e propri centri culturali.

E’ possibile infatti che le tipologie “client-centered” e “community” utilizzino il web in modo più interattivo rispetto, ad esempio, ai musei focalizzati sul patrimonio culturale: è ovvio però che ci sono molte grandi realtà museali che integrano elementi di diverse categorie. Comunque, indipendentemente dalla classificazione appena menzionata, ci sono musei che non ritengono giusto seguire una strategia online di costante interazione con gli utenti attraverso gli strumenti 2.0: realtà molto prestigiose possono trovare poco nobile aprire una pagina su MySpace o Facebook così come non sono interessate ad avere una comunicazione paritaria con gli utenti. Perché? I motivi possono essere diversi: •

Successo: alcuni musei hanno già un numero elevatissimo di visite e non vedono nessuno scopo nell’incrementare l’interazione online con gli utenti.

Mantenere un profilo d’elite: alcune realtà museali si rivolgono principalmente a intellettuali e ricercatori portando avanti l’idea di museo ottocentesco. 91


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Immagine: alcuni musei trovano che aprire profili in social network di successo possano nuocere all’immagine del museo stesso.

Pubblicità: alcuni musei trovano l’attività online una forma di promozione e pubblicità alla quale non sono interessati.

Scarsità di capacità e mezzi: soprattutto per quanto riguarda i piccoli musei.

Snobismo.

Tuttavia credo sia inevitabile porsi il problema dell’attività online del museo. Guardiamo ad altre “industrie della cultura”: il mercato discografico e filmico è stato stravolto dai nuovi comportamenti web degli utilizzatori, tanto da avere messo in crisi le strutture che non si sono adeguate o che non hanno colto in tempo le opportunità del Web 2.0. Per non parlare dell’importanza che ha il Web 2.0 per l’economia, la politica, le news e infine la cultura. Ho già mostrato nei capitoli precedenti come il rapporto museo ed Internet è evoluto nel tempo verso un sempre maggiore coinvolgimento dell’utente: a questo punto, almeno per le realtà che desiderano dialogare con l’audience, capire gli strumenti del Web 2.0 non è un’opzione ma una necessità reale. Anche il versante dell’utenza però non è tutto uguale: esistono utenti che visitano il website del museo ma ai quali interessa solamente vedere, leggere, approfondire il patrimonio culturale ma non sono interessati né ad interagire con il museo o con altri utenti, né tantomeno a produrre contenuti. Quando uno staff museale progetta l’attività online deve quindi tenere conto anche di questa tipologia d’utenza: in ogni caso una buona attività online ha alle spalle una costante attività di online survey (form di registrazione e questionari), per capire qual è il proprio pubblico online (età, sesso, comunità locale o internazionale, necessità, desideri, aspettative). Per concludere, il primo passo per un museo che vuole essere attivo online è capire chi incontrerà in Rete, e solo in seguito ottimizzerà gli strumenti adatti a soddisfare le esigenze del pubblico. Abbiamo visto, quindi, che stabilire un dialogo online non è cosa immediata e alle volte non è neanche una priorità degli attori coinvolti. A questo punto si pone una domanda: e se gli attori coinvolti non vogliono instaurare un dialogo online, che senso ha capire ed utilizzare gli strumenti del Web 2.0? Per rispondere a questa domanda è utile tirare in ballo la realtà aziendale: negli ultimi anni si sono 92


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

moltiplicati gli studi sul marketing virale online, sul passaparola online e sull’advertising virtuale. Tutto questo perché grazie agli strumenti Web 2.0 è cambiata radicalmente la promozione, la pubblicità ed il lancio di un nuovo prodotto: varie aziende ormai sondano il mondo delle community, dei blog per capire cosa pensano di loro e dei loro prodotti gli utenti. Senza voler accomunare aziende e musei, è tuttavia doveroso analizzare come anche il marketing dei musei può e deve servirsi degli strumenti del Web 2.0 per la promozione, la pubblicità, la reputazione, il merchandising e il commercio elettronico. Riassumendo e volendo chiarire le nuove possibilità che il Web 2.0 offre all’attività online del museo, si potrebbe parlare di due macro-aree, una di carattere più culturale, l’altra di carattere più commerciale: •

Web 2.0 – per creare un dialogo con l’utenza. Scambio di informazioni, accrescimento del livello culturale, aumento della sensibilità artistica del pubblico, maggiore partecipazione al dibattito culturale.

Web 2.0 – per incrementare l’attività di promozione, pubblicità, introiti (e – commerce, merchandising, visite).

Dopo questa breve introduzione, analizzerò più in profondità le tipologie d’utenza online, perché credo sia utile partire da chi sono i destinatari dei vari progetti. In seguito si analizzeranno le varie tipologie di musei online e quali gradi di interazione consentono al pubblico.

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Pubblici online Una domanda diffusa all’interno delle realtà museali, soprattutto quando si iniziava ad intravedere il potenziale di Internet, era questa: “non si corre il rischio che, riproducendo online i contenuti museali, non ci siano più visitatori che si rechino fisicamente al museo?”. In realtà il tempo ha dato una risposta ben precisa: la via virtuale per i musei rappresenta un’integrazione della visita fisica. Non c’è modo di ricostruire online l’esperienza emozionale di una visita al museo, questa non può essere in alcun modo sostituita neanche dalle più sofisticate visite virtuali in 3D. Tuttavia essere presenti in Rete offre diverse possibilità di approfondimento e integrazione: ad esempio per chi, abitando dalla parte opposta del mondo riesce comunque ad interagire con i contenuti del museo non avendo la possibilità di recarvisi fisicamente; ma è utile pure per utenti che preparano una visita futura oppure per chi desidera approfondire particolari temi dopo avere effettuato una visita. Proprio queste diverse possibilità rappresentano delle linee guida per una prima, generale, classificazione75 dell’utenza: •

Ci sono utenti che consultano il website per preparare la visita al museo.

Ci sono utenti che consultano il website museale dopo aver effettuato la visita al museo, con lo scopo di approfondire la propria conoscenza sul patrimonio del museo, oppure per entrare a far parte della community museale.

Ci sono utenti che visitano il website con scopi di studio e ricerca, esaminando la documentazione disponibile, e che in seguito si recheranno al museo.

Ci sono utenti che consultano il website per varie ragioni (studio, interesse personale, lavoro) ma non si recheranno mai, causa certi problemi(distanza, denaro, tempo), all’interno del museo.

Questa classificazione è abbastanza generale e illustra le diverse motivazioni che spingono gli utenti ad utilizzare il website museale. E’ doveroso, però, scendere un po’ più in profondità e vedere le modalità con cui gli utenti interagiscono con il website: cioè analizzare cosa effettivamente possono fare una volta digitato l’indirizzo www del museo interessato.

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MINERVA EC Working Group (2008) – http://www.minervaeurope.org/publications/handbookwebusers-firstdraft-june08.pdf

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Un’altra classificazione dell’utenza è la seguente, che rispecchia un po’ quella già vista per il Web 2.076, all’interno del secondo capitolo: •

“The lurker” (gli osservatori):

“The judge” (i critici):

“The contributor” (i produttori):

Come ho accennato nel paragrafo precedente, ci sono utenti online a cui non interessa minimamente dialogare con il museo o con altri utenti: soprattutto non sono intenzionati a produrre alcun contenuto. Prendiamo ad esempio cosa succede all’interno di social network come YouTube77 o Flickr78: ci sono tantissimi utenti che entrano e guardano i video o le immagini senza effettuare l’upload di nessun contenuto e senza lasciare commenti. Questo avviene anche all’interno del website museale: si entra, si guardano le immagini delle collezioni, si leggono le informazioni, si cerca del materiale. Questi utenti sono i cosiddetti lurkers, cioè semplici osservatori che vivono il rapporto con il website museale come un’esperienza solitaria in cerca di informazioni. Ci sono altri utenti che pur non producendo contenuti, commentano quelli altrui, applicano tag (etichette) oppure votano i contenuti che ritengono essere i migliori. Questi utenti sono chiamati judge, o critici, e anche non producendo alcun tipo di contenuto partecipano attivamente alla “vita” del Web 2.0. Per quanto riguarda i contributors, questi utenti sono coloro che producono contenuti e ne effettuano l’upload in Rete condividendoli con tutti gli altri. Per quanto riguarda la realtà dei website museali, questi ormai offrono una gran quantità di contenuti ai lurkers: immagini delle collezioni, ricerca di documenti, file audio e filmati. Inoltre, oggi, soprattutto per le grandi realtà museali, ci sono anche diverse possibilità per i contributors: si promuove l’invio di contenuti digitali, immagini, video anche se è bene chiarire che non tutto avviene online e non sempre è l’utente che effettua l’upload del proprio materiale. In ogni caso, la categoria più bistrattata risulta essere quella dei judges: ad esempio, in molti website museali si consente agli utenti di caricare video (o altri contenuti) che però non possono essere votati o etichettati dagli altri utenti, oppure si possono leggere commenti del giorno stesso ma non navigare attraverso l’archivio dei commenti passati. 76 77 78

Simon (2006) – http://www.museumtwo.com http://www.youtube.com http://www.flickr.com

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Dal momento che gli utenti online sono diversi e presentano differenti necessità, come può un website museale riuscire a soddisfare tutte queste diverse esigenze? Ci sono diversi accorgimenti79 che è importante tenere a mente: Contributors/Produttori di contenuti •

Predisporre diversi canali per i contenuti prodotti

Offrire la possibilità agli utenti di mostrare la propria sensibilità artistica

Possibilità di condividere i contenuti con altri “amici”

Il website museale deve dare chiare informazioni su come e dove gli utenti possono creare, effettuare l’upload, e condividere i propri contenuti. Se il contenuto creato è un commento, un’opinione ad un tema sollevato in precedenza è importante mostrare tutto il network formato dai contributi degli utilizzatori precedenti. Inoltre è importante seguire l’utente passo dopo passo nella creazione di propri profili/spazi personali/collezioni online: in seguito la rete formata da questi profili sarà a discrezione dei produttori. Judge/Critici •

Dove possibile, permettere agli utenti di discutere i contenuti attraverso tag, voti e commenti.

Quando un utente commenta qualcosa è necessario mostrare le connessioni con altri utenti che hanno dato giudizi simili o dissimili (per creare discussione)

Tuttavia il punto cruciale è la considerazione che si ha di questa tipologia d’utenza. Il museo deve immaginare questi utenti come una risorsa. Ad esempio, si possono utilizzare le etichette create dai “critici” per favorire una migliore ricerca dei contenuti da parte dei “lurkers/osservatori” o per altri “critici”: oppure lasciare che siano questi utenti a guidare la presentazione di certi contenuti. Più in generale, quindi, se all’interno del website museale, o su altre piattaforme collegate, si aiuta lo sviluppo di commenti e opinioni da parte degli utenti questo non può far altro che migliorare l’attività del museo stesso.

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Simon (2006) – http://www.museumtwo.com

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Lurker/Osservatori •

Il website museale deve offrire molti contenuti/informazioni di qualità

Accessibilità e navigabilità dei contenuti

Mantenere i contenuti in costante aggiornamento e utilizzare diversi strumenti per avvisare l’utenza sugli aggiornamenti effettuati.

Riassumendo, quindi, l’obiettivo del museo online deve essere quello di dare a tutti contemporaneamente diverse opportunità: guardare, commentare, fare. Anche perché le tipologie d’utenza sono “mobili” nel corso del tempo: un utente può essere solamente un osservatore (lurker) ma se vede che produrre contenuti online è semplice ed intuitivo potrebbe diventare in seguito prima un critico (judge) poi un produttore di contenuti (contributor). Per concludere, è bene chiarire che gli strumenti del Web 2.0 non riguardano solamente gli utenti attivi, ma sono strumenti fondamentali anche per ottimizzare la presentazione di contenuti per un’utenza più passiva.

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Musei online Comunemente, quando si sente parlare di Virtual museum salta alla mente la possibilità di visitare tridimensionalmente, attraverso Internet, le diverse stanze museali: in effetti soprattutto le grandi realtà culturali consentono una visita in 3D della struttura museale con una qualità di navigazione davvero impressionante. Tuttavia questa rappresenta solo una delle tipologie di Virtual museum: non esistono definizioni standard, ma si può rintracciare comunque qualche tentativo di classificazione. Un primo esempio, molto semplificativo, indica due vie possibili per i musei in Rete: •

Brochure museum (museo vetrina): questi website contengono esclusivamente le informazioni di base relative al museo ed alle sue collezioni. Non presentano né servizi né contenuti aggiuntivi, ma hanno il solo scopo di presentare il museo in Rete, in una sorta di brochure cartacea immessa in Rete. Utilizzano, quindi, Internet ad un livello di base offrendo un grado di interattività all’utenza praticamente inesistente.

Content museum (museo dei contenuti): il website presenta moltissimi contenuti relativi alle collezioni, alle sale del museo, alle mostre temporanee. Forniscono informazioni dettagliate e complete, approfondimenti, e i contenuti sono esposti in vari formati.

Una classificazione un po’ più specifica, ma non così diversa, amplia a tre i possibili sviluppi in Rete80: •

“Simulated museum”: è appunto il tentativo di ricreare virtualmente l’esperienza della visita museale (virtual tour, un esempio è il sito web del Louvre) senza alcuna aggiunta di informazioni rispetto a quelle che si trovano durante la visita reale: in poche parole, dal punto di vista informativo (non certo da quello emotivo) la visita reale e quella virtuale tendono ad essere la stessa cosa.

“Information”: in questo caso il website del museo è pensato come strumento utile da utilizzare sia prima che dopo la visita; in sostanza all’interno del website si trovano informazioni aggiuntive che non si trovano all’interno del museo reale, ma che hanno lo scopo di formare il visitatore prima della visita reale al museo oppure di approfondire certi temi dopo che si è effettuata la visita reale.

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Forte - Franzoni (1998)

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

“Virtual museum”: in questo caso il website è in molte parti indipendente dal museo reale, con alcune mostre ed esibizioni che esistono solamente online.

Ovviamente i confini delle varie categorie sono molto labili: ci sono infatti diversi website museali che offrono elementi di diverse categorie simultaneamente. In questo senso tali classificazioni erano forse più appropriate negli anni ’90 quando i costi, la tecnologia e le professionalità richieste creavano un divario, tra piccole e grandi realtà culturali, ben più ampio di oggi. Nonostante questo, le tipologie sopra citate consentono di fare alcune considerazioni in merito alle vie possibili che offre la Rete alle realtà museali. Si va da un continuum dove in un’estremità c’è l’idea di museo online come “prolungamento” di quello reale, mentre all’estremità opposta c’è l’idea di museo online come qualcosa di diverso dalla struttura fisica. Una diversità caratterizzata dalla produzione di contenuti inediti (sia dallo staff, sia dagli utenti), da esibizioni online di contenuti digitali, da approfondimenti e contestualizzazioni del patrimonio culturale e scambi informativi con altri utenti e con il museo stesso in una comunicazione paritaria. Tutto questo, però, si può in parte fare anche offline: mostre temporanee di contenuti prodotti dagli utenti, eventi in cui scambiarsi impressioni, aperitivi, una costante attività di produzione di contenuti (cartacei e non) da affiancare alle collezioni. Dove sarebbe, quindi, la diversità? Prima di tutto la dimensione online permette al museo di relazionarsi non più solamente con una comunità locale (quella cioè che presumibilmente già vi si reca fisicamente) ma di avere un audience più vasto. Inoltre la circolazione dei materiali fra gli utenti avviene più rapidamente, gli approfondimenti attraverso i link possono condurre l’utente ad approfondire temi anche all’esterno del website istituzionale, l’attività di comunicazione può avvenire in modo più rapido e costante, i costi in termini di denaro (non di tempo dedicato!) sono inferiori rispetto alla dimensione “fisica”. Tornando alla definizione di museo virtuale, non c’è una definizione precisa ma tante vie possibili: museo virtuale come semplice replica del museo reale, oppure museo virtuale inteso come strumento, e quindi con attività diverse rispetto al museo reale. In mezzo a questi due poli c’è poi una serie di possibili sfumature caratterizzate da diverse tipologie di interazione. 99


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Esiste, infatti un’interattività rivolta agli utenti, che permette vari gradi di partecipazione all’attività del museo a seconda degli strumenti utilizzati: form di registrazione, forum di discussione, chat, blog, spazi online in cui gli utenti possono effettuare l’upload dei propri contenuti, presenza del museo nei social network. Inoltre è presente anche un’interattività rivolta ai bambini; in questo caso si sviluppa online l’attività didattica già presente nel museo reale per promuovere il patrimonio culturale, attraverso domande all’esperto, quiz, videogiochi, premi, e grafiche elementari (un esempio lo abbiamo visto in precedenza con il MoMA). Esiste però anche un’interazione online che si rivolge ad altri enti come musei, fondazioni, istituzioni culturali, biblioteche ecc. Questa interazione ha lo scopo di fare rete con altri attori del panorama culturale attraverso scambi di materiale, progetti congiunti, festival, seminari. Approfondendo il tema a me più caro, cioè il dialogo museo-utente, si possono riscontrare ulteriori classificazioni interattive81. Interattività descrittiva: è un livello base di interazione. Il museo inserisce online dei form di iscrizione o registrazione per l’utente dalle quali riuscirà a trarre i profili dei suoi visitatori e organizzare di conseguenza l’erogazione di campagne e servizi. La forma più estesa di questa interazione è rappresentata da vere e proprie online survey che consentono all’utente di compilare lunghi formulari sui propri interessi, passioni, aspettative. Interattività informativa: questa tipologia di interattività è formata da una parte ricettiva e da una attiva. La prima è formata dalla possibilità dell’utente di ricevere notizie selezionate secondo criteri personalizzati attraverso info/sms e RSS, oppure news ed aggiornamenti su eventi e manifestazioni attraverso newsletter. E’ inoltre possibile chiedere all’utente di “dire la sua” sulla riuscita di mostre e altri eventi attraverso la compilazione di questionari online o la partecipazione a mini website dedicati all’evento. Esiste però anche un’interazione informativa “attiva” nella quale l’utente, in appositi spazi virtuali, può fare domande agli esperti del museo, esporre delle richieste, ricercare documentazione e organizzare il download del materiale in modo personale.

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Capaldi - Ilardi - Ragone (2008)

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Interattività di contatto: questa tipologia fa riferimento alla possibilità di instaurare utili relazioni con museo - utenza, ma anche di favorire il dibattito tra gli utenti facendo del website museale una piazza di discussione. Vari sono gli strumenti che si possono utilizzare: articoli che prevedono l’immediato invio ad una amico (“invia ad un amico”), forum di discussione, chat, blog, videoconferenze live oppure on demand, creazioni di profili all’interno di social network esistenti oppure costruire un proprio social network. Lo scopo è quello di creare una comunità attiva ed interessata che si scambi materiale, discuta e commenti le attività museali. Come abbiamo visto questo avviene non necessariamente solo all’interno del website istituzionale: ma il museo può crearsi profili ed andare ad occupare spazi virtuali esterni. Interattività di intrattenimento didattico: questa tipologia riguarda essenzialmente i contenuti che il museo rende disponibili online. Audio e video podcast, immagini, video in streaming, pubblicazioni scaricabili come cataloghi e altre pubblicazioni. Di questa categoria fanno parte, inoltre, tutti quei contenuti didattici prevalentemente rivolti al mondo scolastico come quiz, concorsi e videogame. Lo scopo è quello di avvicinare il pubblico alle collezioni: in sostanza ci si rivolge ad un pubblico di non esperti, cercando di informare coniugando divertimento e approfondimento (edutainment). Interattività produttiva: fa riferimento alla possibilità che l’utente diventi produttore di contenuti. Ci sono diverse possibilità: •

Gli utenti vengono invogliati a produrre contenuti (testuali o audiovisivi) offline, come fotografie durante le mostre, video di eventi temporanei, articoli e recensioni sulle collezioni, che in seguito lo staff museale selezionerà ed inserirà online.

Gli utenti hanno a disposizione uno spazio web all’interno del website museale dove possono effettuare upload di materiale senza passare attraverso lo staff museale.

Un’altra possibilità è quella che sia il museo stesso a rendere scaricabili online contenuti di ogni tipo per essere poi rielaborati dagli utenti.

E’ interessante notare come non sempre sia il website istituzionale il luogo dell’attività degli utenti: ad esempio, le fotografie scattate dagli utenti alle collezioni possono essere ospitate nel profilo Flickr del museo, i video clip amatoriali 101


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

vengono postati sul profilo di YouTube mentre i commenti si propagano su diversi blog. Proprio questa possibilità di “far vivere” i contenuti, riguardanti l’attività museale, anche all’esterno della sola piattaforma istituzionale presenta un vantaggio enorme: la possibilità di raggiungere non più solo il pubblico che visita costantemente il website museale ma un audience ben più vasto, cioè quello delle community, dei blog, dei forum. Ascoltare e partecipare Ma come si avvicina lo staff museale all’ambiente del Web 2.0? E’ ovvio che niente può essere improvvisato, perché il successo di un articolo o di qualsiasi altro tipo di contenuto ha alle spalle una strategia precisa e globale. Prendiamo il mondo business: negli ultimi anni le aziende hanno guardato con sempre maggiore attenzione al fenomeno del Web 2.0. Questo ha infatti permesso la nascita di nuove procedure per l’analisi di mercato, la promozione e la pubblicità dei prodotti, la reputazione della azienda, e le indagini di customer satisfaction. Fig. 37 – Le “nuove” attività di marketing attraverso il Web 2.0

Fonte: http://blogs.forrester.com/charleneli/2008/03/corporate-socia.html, (24.10.2008)

Lo schema riguarda essenzialmente la realtà business, la quale è profondamente diversa da quella di un museo. Tuttavia, molti dei punti sopra citati sono utili anche alla realtà museale: anche questa si deve confrontare, piaccia o meno, con il marketing. Ho già detto in precedenza, infatti, che il Web 2.0 offre possibilità sia per 102


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

incrementare il dialogo con l’utenza sia per attività promozionali, pubblicitarie e d’analisi. Ascoltare L’istituzione che vuole avere un ruolo attivo in Rete per prima cosa deve assumere un atteggiamento ricettivo nei confronti del web: deve essere disponibile a ricevere tutti i segnali che la riguardano. Significa attivarsi per andare a cercare le persone nei loro habitat naturali online (web 2.0) e prestare attenzione costante su quello che dicono, commentano e scrivono sulla nostra istituzione Fonte: Nina Simon (2008), http://museumtwo.blogspot.com/2008/08/groundswell-book-club-part-1-listening.html (15.08.2008)

La parola ascolto può trarre in inganno: seguire costantemente le conversazioni che riguardano l’istituzione è un lavoro attivissimo che richiede una grande quantità di tempo. Occorre monitorare e ricercare informazioni in quel mondo sterminato che è la Rete: le fonti possono essere milioni, le conversazioni tra utenti possono avvenire in micro canali difficili da raggiungere. E’ quindi necessario pianificare una strategia e selezionare le fonti realmente importanti: per fare questo si devono utilizzare diversi strumenti che ci permettano di aggregare le informazioni82. Motori di ricerca: è uno strumento prezioso perché effettuando una ricerca del nome del museo ci visualizzerà tutte le pagine che contengono tale nome. Ovviamente è una ricerca molto vaga: ci possono essere utenti che cercano informazioni sul museo ma digitano male il nome, altri effettuano la ricerca con il nome di una mostra o iniziativa, ci sono conversazioni che avvengono in aree private in cui i motori di ricerca non entrano e inoltre avremo una sovrabbondanza di informazioni. Quindi questo strumento è utile ma troppo poco pervasivo per capire chi parla del museo, in che modo e dove. Link e backlink: più utile, rispetto all’utilizzo dei motori di ricerca, è l’analisi di link in uscita e di link in entrata. E’ utile partire da quella che si ritiene essere una delle fonti più autorevoli e analizzare le due varietà di link: in questo modo si costruirà un bacino di fonti degne di nota. Ad esempio se un autorevole critico d’arte scrive un articolo in un blog riguardante il nostro museo è fondamentale analizzare i link e i link in entrata (back link): in poche parole vedere che fonti linka e da quali è linkato.

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Massarotto (2007)

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Tag: sono etichette che indicano “la famiglia” di un particolare contenuto e, come i link, formano ampi percorsi di lettura. Tornando all’articolo del critico d’arte, se questo ha tra i tag la parola “festival”, “cliccandola” mi indirizzerà ad altri articoli o contenuti affini in quel blog o in quella comunità. RSS: è uno strumento ormai imprescindibile per aggregare le informazioni di nostro interesse. Ormai tutti i blog, tutti i quotidiani e le riviste online, i social network, consentono di ricevere gli aggiornamenti con una formula che assomiglia a quella della posta elettronica: in poche parole scaricandosi un apposito reader (spesso gratuito), possiamo essere aggiornati in ogni istante dei cambiamenti che avvengono alle fonti da noi preferite. Un risparmio di tempo incredibile rispetto alla completa visualizzazione di tutti i bookmark (preferiti). Social network: sono i luoghi virtuali dove milioni di utenti trascorrono sempre più tempo a comunicare e dove presumibilmente parleranno anche della nostra istituzione. Qui gli utenti conversano in modo informale in un ambiente a loro “famigliare”. Attraverso la partecipazione (registrazione) in questi network, l’istituzione si inserisce in queste conversazioni e impara a comunicare tra pari con gli utenti. L’attività d’ascolto deve essere costante, mirata, ampia, pervasiva ed effettuata con estrema pazienza. Per il modo business gli obiettivi cui mira una strategia d’ascolto sono: •

Capire in che modo le persone percepiscono il brand di un’azienda.

Consapevolezza di come cambia questa percezione nel tempo

Individuare chi sono gli opinion leader del mercato

Nuove idee per nuovi prodotti

Per quanto riguarda l’attività museale si possono definire i seguenti obiettivi: •

Definire il brand del museo

Creare delle comunità per una continua ricerca sui visitatori

Migliorare l’esperienza della visita museale

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Secondo diversi esperti il brand di un’azienda o istituzione è definito dalle percezioni e dalle espressioni dei clienti: è quindi necessario capire cosa dicono del nostro museo in Rete, quali problematiche o quali successi emergono nelle conversazioni tra utenti. Soprattutto gli utenti del Web 2.0 amano parlare, confrontarsi e giudicare: ne è stato un esempio la vicenda del portale Italia.it. Il giorno dopo la presentazione del logo, hanno preso piede in Rete commenti, scambi di opinione, critiche e discussioni. Fig. 38 – Gli utenti discutono tra loro delle iniziative culturali

Fonte: Farinelli (2008) - http://www.rinascimento-digitale.it/seminari2008/doc/Farinelli-2008.pdf

Non è sufficiente limitarsi a leggere le recensioni di mostre o eventi eseguite da riviste, quotidiani, oppure servizi giornalistici e speciali televisivi: certo sono ovviamente importanti, ma i commenti tra gli utenti, spesso sono più informali, sinceri e aiutano comunque ad avere una panoramica di giudizi sulla riuscita o meno di un evento. Se mi devo recare in un museo e decido di cercare in Internet informazioni e giudizi a riguardo, sono certamente più interessato dei pareri di persone a me affini come interessi e passioni piuttosto che da articoli e servizi di qualche media company: di conseguenza la mia opinione si formerebbe leggendo commenti su qualche blog, oppure all’interno di social network in profili “amici”. 105


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Lo staff museale deve ascoltare cosa si dice in Rete del museo, deve essere presente in quelle conversazioni in cui si giudica il suo operato, per motivi che non sono solo quelli legati all’immagine percepita dagli utenti. Ascoltando in tempo reale e costantemente giudizi e valutazioni, il museo può operarsi per intraprendere nuove strade, correggere gli errori passati, o semplicemente capire in che modo ragionano e valutano i propri utenti. Quello che ho appena descritto vale per musei e realtà abbastanza grandi: ma che fare per i piccoli musei? Se in Rete non si trova niente, come possono monitorare il proprio brand? In realtà una caratteristica dei piccoli musei è quella di essere direttamente a contatto con le persone e con il territorio, più di quanto lo possa essere una grande istituzione culturale: bisogna utilizzare questa vicinanza come fosse uno strumento d’ascolto, anche offline. E’ importante spingere il pubblico a fornire idee e suggerimenti per migliorare l’attività museale: ancora più importante, per iniziare a creare una comunità, è condividere pubblicamente queste idee con altri utenti, cercando di sviluppare un dialogo, non una semplice comunicazione ad una via con il museo. E’ possibile fare questo sia offline che online: ad esempio, utilizzare le e-mail non solamente come statico veicolo per pubblicizzare eventi e mostre, ma per chiedere agli utenti cosa pensano delle collezioni e delle attività del museo, pubblicando le risposte sul website. Un elemento necessario per far si che la gente partecipi è la sincerità: il museo deve mostrare sinceramente interesse per le idee degli utenti, utilizzandole effettivamente per migliorare la propria attività. Una crescente partecipazione da parte del pubblico, attraverso confronti e commenti, garantisce anche una migliore attività d’analisi del museo. Le attività tradizionali d’ascolto, come questionari ed interviste, sono saltuarie e spesso relative a specifici eventi: al contrario, poter monitorare costantemente le varie conversazioni relative all’attività museale, permette allo staff di vedere l’utente nel contesto della comunità. In questo modo se vado su Flickr e guardo le foto scattate dal pubblico di una mostra, capisco quali elementi hanno colpito il pubblico, rendendoli oggetto di condivisione. Tutto questo si ripercuote anche sul numero di visite “fisiche”: aver creato una comunità online interessata e partecipe all’attività museale può portare ad un aumento delle visite sia di nuovi utenti, sia di utenti già recatisi al museo ma che aumentano la loro frequenza di visita. 106


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

In conclusione, quindi, prima di “prendere la parola” in Rete è necessario ascoltare chi parla del museo, ammesso che ci sia qualcuno che ne parla. Ci sono diverse comunità cui prestare una grande attenzione83: •

Comunità già attive offline

Comunità già attive online

Comunità latenti

L’attività di un museo (organizzazione di mostre ed eventi, restauri, acquisizioni, ecc.) porta l’istituzione stessa a collaborare con diverse comunità e gruppi di interesse

offline:

studenti,

associazioni

scientifiche,

scuole,

associazioni

di

volontariato. E’ importante spingere anche questo “pubblico” a partecipare alla conversazione online del museo, fornendogli contenuti e mettendogli a disposizione degli spazi web ad hoc. Esistono, però, anche comunità latenti: gruppi di persone che hanno interessi comuni ma che non sanno che possono diventare comunità. In questo caso l’attività online del museo deve mirare a capitalizzare queste persone, costruendo un punto di incontro. Offrire contenuti, chiedere suggerimenti e accettare apertamente critiche, far produrre contenuti, condividere con e tra gli utenti opinioni, recensioni, valutazioni: tutte attività per incrementare la partecipazione online dei vari gruppi di interesse. Prendere parte alla conversazione

L’attività di ascolto appena analizzata

rappresenta il primo passo per entrare nella conversazione: ascoltare come parlano gli altri in Rete è importante per capire il linguaggio, le regole, le forme e prepara lo staff museale in vista di quando sarà il museo a conversare attivamente. Prendere parte alla conversazione online è infatti un processo che inizia ascoltando gli altri e che si sviluppa in tre livelli successivi, di crescente complessità: •

Lasciare commenti su blog e community affini alla nostra attività museale.

Creare e pubblicare contenuti in un nostro profilo all’interno di un social network, all’interno del nostro blog oppure su piattaforme di condivisione (Flickr, Youtube).

Creare e gestire una propria community che consente al museo di conversare costantemente coi propri utenti.

83

Massarotto (2007)

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Fig. 39 – I passaggi per “entrare” in conversazione con gli utenti

Fonte: Nina Simon (2006) -

http://museumtwo.blogspot.com/ (15.08.2008)

Molti musei decidono di “buttarsi” nel mondo 2.0 e aprono un blog, o un profilo in una community, saltando così il primo passo. Può essere un errore: si corre il rischio di ripetere una comunicazione unidirezionale tipica dei vecchi media utilizzando però un media, Internet, dalle possibilità ben più interattive. Inoltre c’è da considerare il fattore tempo: almeno all’inizio partecipare attivamente in blog e community affini all’attività del nostro museo porta via meno tempo che non produrre da subito contenuti. Per utilizzare termini già visti per l’utenza, anche lo staff museale prima di diventare un contributor è bene si faccia le ossa come judges (o commenter) frequentando blog, community, forum, accumulando esperienza e nuovi contatti con nuovi interlocutori. Tuttavia ogni museo deciderà il livello di conversazione più opportuno, in base all’utenza di riferimento e agli scopi preposti: non necessariamente si deve arrivare al livello più complesso.

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Fig. 40 – I diversi scopi dell’attività in Rete del museo

Come si è visto in precedenza gli scopi di una presenza attiva online da parte del museo possono essere sia di natura “culturale” sia di natura “commerciale”, di conseguenza una volta raggiunta la capacità di produrre e pubblicare contenuti online si decideranno le strategie più opportune: costruzione di blog tematici per approfondire più temi, la presenza in social network per commentare e “messaggiare” con gli utenti, la costruzione di contenuti audio e video da condividere per fa aumentare la brand awareness. Saper parlare in Rete è utile anche per rispondere alla critiche: conoscere la blogosfera, le community, gli opinion leader consente al museo di rispondere in tempo reale a critiche sia che queste siano vere o inconsistenti. Molto più comodo e diretto che inviare una lettera ad un giornale, rilasciare un’intervista o aspettare l’interesse di tv e riviste. Come si costruisce il dialogo 2.0 Per un museo, costruire un dialogo realmente informativo e continuo attraverso la Rete non è cosa facile: nella maggior parte dei casi si interagisce con utenti che non si conoscono e questo rende difficile instaurare un rapporto più intenso, che vada al di là del semplice scambio di qualche e-mail. Ancora più difficile, per il museo, è riuscire in un secondo momento, a far dialogare tra loro questi sconosciuti sui temi relativi all’attività museale: non basta certo pubblicare contenuti, anche se di qualità, per fare del website museale un punto di incontro dove gli utenti possano dialogare con il museo e tra loro. Dunque, la costruzione del dialogo 2.0 è un processo che parte da un punto di vista personale, non relazionale. Nina Simon ha elaborato un’immediata piramide che 109


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

rende bene l’idea dei vari passi che l’attività in Rete del museo deve compiere per arrivare a creare un discorso collettivo con l’utenza: vediamo in dettaglio i singoli stadi. Fig. 41 – La “costruzione” del dialogo online con l’utenza

Fonte: Nina Simon (2006) – http://www.museumtwo.com (15.08.2008)

Il primo livello è formato dall’offerta dei contenuti online: il museo inserisce in Rete e condivide con gli utenti diverse tipologie di contenuti come ad esempio le schede riguardanti gli oggetti, le immagini delle collezioni, podcast audio e video, ecc. Il livello 2 consiste nell’offrire all’utente online un’interazione di carattere individuale con i contenuti: la possibilità di accedere a cataloghi online, di lasciare commenti e opinioni, di effettuare il download di documenti, di registrarsi e disporre di uno spazio personale dove aggregare i contenuti preferiti. Il passo successivo (livello 3) consiste nel collegare e rendere disponibile, ad un limitato gruppo di visitatori (per esempio solo gli utenti registrati), alcune personali interazioni del livello 2. Un esempio sono i sondaggi online dove ci viene chiesto, previa registrazione, di valutare una mostra cliccando sulla valutazione che riteniamo più opportuna: appena effettuato il click compaiono i risultati, e vediamo come hanno votato gli altri utenti. Più in generale, il terzo livello, consiste nel mostrare le opinioni, i giudizi, ed i contenuti preferiti dagli utenti: se le attività del terzo livello

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

hanno successo, gli utenti vorranno conoscere chi la pensa come loro, chi utilizza gli stessi contenuti, gettando le fondamenta per la nascita di una comunità. Il successivo livello 4 consiste, infatti, nel fornire strumenti 2.0 che possano connettere facilmente le esperienze virtuali degli utenti del museo: questo richiede una architettura che connetta automaticamente le interazioni individuali degli utenti. Praticamente si linkano tra loro i vari profili degli utenti come nei famosi social network: si formano reti di tag, rating, commenti, che portano gli utenti a connettersi con altri che hanno interagito con contenuti simili. Tutto questo crea un tessuto di scambi e relazioni tra gli utenti sull’esperienza museale: ora gli appassionati hanno un luogo virtuale dove confrontarsi e pubblicare i proprio contenuti. A questo punto sta allo staff museale sfruttare questa comunità per sviluppare azioni comuni implementando discussioni e dibattito. Concludendo, per instaurare un dialogo con l’utenza è necessario rispettare tutti gli stadi analizzati: progettare prima contenuti di qualità da pubblicare in Rete e creare un’esperienza individuale interattiva, ricca ma di facile accessibilità. Solo in seguito si svilupperà l’architettura per connettere gli utenti ed i contenuti tra loro.

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Capitolo 5 Gli strumenti 2.0 Esperienze concrete

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Blog Museum Blogging

Ho già detto in precedenza come il blog sia nato prima del

fenomeno 2.0 (1997), come sorta di diario personale online, ciò nonostante questo strumento è diventato di uso popolare nel corso dei primi anni del 2000: uno dei motivi principali del suo successo è riconducibile all’estrema facilità della sua realizzazione e del suo mantenimento. Inoltre il suo utilizzo è evoluto nel corso del tempo: da semplice diario online è diventato uno strumento di comunicazione fondamentale per il mondo business, per i quotidiani, per attività didattiche dove i professori tengono quotidianamente aggiornati contenuti e altro materiale, e per moltissime altre istituzioni, tra cui quelle culturali. Elemento caratteristico dei blog è la possibilità immediata di partecipare lasciando un commento alle notizie: i commenti sono visibili a tutti e spesso originano veri e propri “dialoghi” tra utenti. Fig. 42 – L’incremento dei blog museali (o relazionati ad essi)

Fonte: www.museumsblogs.org – (25.10.2008)

Per quanto riguarda il mondo dei musei, ad inizio 2006 si contavano non più di 30 blog museali (o che trattavano il “tema” museo): un numero destinato a crescere se si pensa che alla fine dello stesso anno, il numero di blog di questo genere, aumentò fino a 95 che divenne 111 verso la fine di gennaio 2007. Allo stato attuale sono 345 i blog museali presenti in Rete. Lo strumento è il più facile ed immediato (e anche il più noto!) della “famiglia” 2.0, tuttavia le prime apparizioni di blog museali avvengono nel 2002: infoTECMuseo in giugno, Museum People in agosto, Modern Art 113


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Notes in settembre. Ma perché si è reso necessario, per molti musei, “creare” un blog come strumento comunicativo online? Perché a volte non è sufficiente il solo website istituzionale? Molte realtà museali che hanno effettuato una ricerca sulla Rete hanno notato che si “parlava di loro” ma loro non erano presenti: blog di visitatori, turisti, teenager che si scambiavano informazioni, richieste, opinioni, giudizi riguardanti le strutture museali. In precedenza si è parlato del Web 2.0 come della “parte abitata della Rete”: è qui che adesso le persone (soprattutto giovani) si scambiano idee, recensioni, consigli e cercano informazioni. Inoltre spesso i website istituzionali sono aggiornati in termini di notizie ed eventi, ma adottano un linguaggio freddo, molto formale e soprattutto non permettono al visitatore/fruitore di esprimere la propria opinione. Il blog, se ben utilizzato, è uno strumento che permette al museo di rapportarsi in modo diretto con i fruitori, magari utilizzando linguaggi e contenuti diversi rispetto al website istituzionale, e offre diverse opportunità “promozionali” come raggiungere un audience che non avrebbe mai visitato il website: Excitingly, as these blogs have gone public, many have experienced new unexpected interactions with public audiences and, as their content has been captured by search engines, they have also attracted new audiences who had been previously unaware of the host organization Fonte: Russo – Watkins – Kelly - Chan (2006) -

La crescita del “museum blogging” non riguarda solamente il rapporto dei musei con i possibili fruitori/visitatori ma anche la creazione di una fitta rete di rapporti con le altre istituzioni, che non può che giovare all’intero patrimonio culturale. Questo è quanto emerge da una fondamentale ricerca del 2007, Radical Trust: The State of the Museum Blogosphere: The survey and the response to it reveals an emerging museum blogging community. More than 60 percent of the known museum blogs participated in the survey. Many museum bloggers comment on each other’s postings and, as the survey revealed, over 80 percent link to other museum blogs. Anecdotally, the two authors of this paper ‘met’ while commenting on each other’s blogs, and agreed to conduct this survey and write this paper without first meeting in person. Fonte: Sebastian - Spadaccini (2007) - http://www.archimuse.com/mw2007/papers/spadaccini/spadaccini.html

Dovrebbe essere proprio questo il senso ultimo di un blog, e cioè creare, stimolare e sviluppare una comunità di interesse, non essere solamente una via per pubblicare le

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

solite news sugli eventi e le mostre del museo: è necessario quindi adottare una community strategy e non una publishing strategy84. Caratteristiche del blog Un blog può essere “situato” sia all’interno del web server del museo sia esternamente ad esso, appoggiandosi alle piattaforme online. Il primo caso richiede sicuramente più tempo per la realizzazione e una maggiore conoscenza in campo informatico, anche se esistono diversi software open source molto intuitivi. Tuttavia è consigliato, sopratutto per le istituzioni che vi muovono i primi passi, creare un blog sfruttando piattaforme online come Blogger o Wordpress: in questo modo la realizzazione sarà rapida e non richiederà alcuna conoscenza di informatica dal momento che si utilizzano template standard. Utilizzare queste piattaforme consente di gestire i contenuti anche di diversi blog in modo rapido ed efficace: questo è utilissimo per quei musei che, si vedrà in seguito, scelgono di avere più blog per approfondire diversi temi specifici. Inoltre queste piattaforme sono le più utilizzate per la creazione di blog anche dagli utenti stessi, che quindi troveranno una struttura famigliare visitando il blog del museo. Indipendentemente dalla scelta effettuata la struttura base di un blog è sempre simile. Fig. 43 – La struttura del blog

84

http://www.newmatilda.com/home/articledetailmagazine.asp?ArticleID=2430&HomepageID=217

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

I post, creati dall’autore, vengono visualizzati mantenendo in alto il più recente: molti post non contengono solo testo, ma immagini e video (spesso collegamenti a video presenti su YouTube), oppure presentazioni di slide (collegate a Slideshare85). Cliccando su “commenti” si apre una pagina che ospita il singolo post e i suoi commenti: in questo caso la successione cronologica dei commenti inviati è verso il basso, dal più vecchio al più recente. A lato c’è sempre un spazio “about” in cui si specifica chi ha creato e cura il blog e con quali obiettivi. Inoltre molto spesso si trovano: •

Le categorie dei diversi post

Gli archivi dei post riguardanti i mesi e gli anni precedenti

Link esterni ad altri blog e website (blogroll)

Link ai post più letti

Link ai post più recenti

Link agli ultimi commenti ricevuti

Aree di interesse Per quali attività museali si rivela prezioso costruire un blog? Sono essenzialmente 3 le aree per cui può tornare utile utilizzare questo strumento86: •

Didattica/Educazione

Comunicazione

Pubbliche Relazioni

L’attività didattica rappresenta una componente importante del ruolo del museo all’interno della società. Proprio l’attività di educazione con le scuole, o con altri gruppi di interesse, è stata oggetto di un grande cambiamento nel corso degli ultimi decenni: For much of their histories, museums have been primarily didactic institutions, providing the answers for their visitors and expecting information to be absorbed. Over the past 20 years, a change has occurred. Museums, especially in their educational programming, have recognized the work of theorists like Piaget and Vygotsky and have moved toward an approach to learning that more actively involves the visitor Fonte: Lynn A. Bethke (2007), p.13

85 86

http://:www.slideshare.com Lynn A. Bethke (2007) – http://www.museumblogging.com

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Senza volermi addentrare all’interno del paradigma del Constructivist Learning, oggi gli incontri didattici all’interno del museo sono all’insegna della partecipazione attiva da parte dei ragazzi: non semplici lezioni, ma laboratori in cui i ragazzi producono contenuti. In tutto questo, anche nel rapporto tra visitatori adulti e museo, il confronto continuo, il dialogo, la conversazione tra gli stessi visitatori rappresentano degli elementi cruciali per l’apprendimento: When the museum goes the extra step to encourage constructivist learning through interactive exhibits and innovative educational programming, the museum encourages social constructivist learning through the conversations that will often occur between visitors Fonte: Lynn A. Bethke (2007), p. 17

Passando ad un punto di vista online, abbiamo già visto nei capitoli precedenti come sia stato proprio il “comparto” didattico del museo ad approcciarsi per primo all’attività online. One way museums may encourage constructivist learning outside of their walls is by blogging. Blogs offer the opportunity for conversation, both through “blogosphere stories” and through commenting structures which mimic conversational structures. […] Blogs offer a way for museums to extend their educational mission into the homes of potential visitors Fonte: Lynn A. Bethke (2007), p.17

Il blog è quindi uno strumento che permette la diffusione della conoscenza e l’apprendimento attivo da parte dei partecipanti anche fuori i confini fisici della struttura museale: quando in un post si trovano decine e decine di commenti, significa che quel contenuto ha stimolato un buon numero di persone e le ha spinte a confrontarsi fra di loro, esponendo i loro punti di vista e magari, ha fatto nascere in loro la volontà di approfondire quel tema. Per quanto riguarda l’attività comunicativa del museo, questa si attua attraverso innumerevoli strumenti: pubblicazioni, locandine, brochure e pieghevoli, website istituzionale, eventi temporanei, la segnaletica di identità visiva. La comunicazione è un altro dei ruoli chiave del museo moderno: oltre alla conservazione e allo studio dei reperti occorre infatti adottare una comunicazione efficiente per promuovere al meglio il patrimonio culturale. Tuttavia in molti casi la comunicazione museale segue un modello di comunicazione unidirezionale e gerarchico: dal museo al pubblico, dal curatore al visitatore, da esperto a novizio. In poche parole, in questa “impalcatura” comunicativa vi è una parte (il museo) che detiene tutto il sapere e un’altra (il pubblico/fruitore)

che

aspetta

di

essere

acculturato.

Questa

tipologia

di 117


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

comunicazione però non favorisce il diffondersi della conoscenza: solo una partecipazione da parte dell’utenza all’interno di uno scambio comunicativo tra pari può portare concreti benefici sia all’utente stesso, sia al museo (basti pensare all’enorme utilità di avere feedback continui). Come ho già avuto modo di dire in precedenza, gli strumenti del Web 2.0, tra cui appunto il blog, consentono una comunicazione tra pari, dove l’utente è partecipe nel processo di costruzione della conoscenza. Il blog, quindi, è uno strumento che da la possibilità al museo di dialogare con l’utenza utilizzando, solitamente, un linguaggio più semplice ed immediato, più caldo rispetto al freddo mondo delle pagine stampate di qualche locandina, o alla formalità del website istituzionale. In this way, blogs can have value in maintaining relationships between organizations and publics. When museums choose to speak with a conversational voice, whether singular or plural, visitors will relate to the institution more effectively. Fonte: Lynn A. Bethke (2007), p. 29

Le

pubbliche

relazioni

rappresentano

una

componente

importante

della

comunicazione, soprattutto se lo staff museale vuole capire in che modo i visitatori abituali “vedono” il museo oppure per incrementare la consapevolezza/popolarità dell’istituzione presso i visitatori potenziali. Per questi motivi, oggi, i musei di grandi e medie dimensioni hanno un ufficio dedicato per le pubbliche relazioni ma spesso utilizzano gli strumenti tradizionali e non ascoltano la risposta da parte del pubblico. Museums have created relationships with newspapers, radio stations, and television broadcasters; they offered information through the one way methods of press conferences and press releases; they posted flyers and brochures, then waited for the masses to come to them. These forms of public relations strategies are primarily one-sided; the museum puts out a message and does not expect to hear one back from the public Fonte: Lynn A. Bethke (2007) – p. 32

Se si vuole instaurare una relazione con il pubblico, quindi, è necessario che il museo non utilizzi solamente strumenti appropriati per la comunicazione ma che investa, soprattutto in termini di tempo, anche in strumenti per la conversazione. Diverse tipologie e diversi approcci Il blog può essere utilizzato in diversi modi, secondo diversi approcci da parte dello staff soprattutto in relazione al tipo di rapporto online che si vuole instaurare con il pubblico, alla specificità degli argomenti trattati, al tempo che ci si vuole dedicare, e più in generale al “taglio” che si vuol dare a questo tipo di comunicazione. Ci sono blog che hanno un audience 118


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

generico, altri che si rivolgono ad un pubblico di professionisti, e ci sono musei che decidono di creare più di un blog per poter “seguire” ogni argomento specifico. Per quanto riguarda i blog per professionisti ne sono un esempio quelli che trattano il rapporto tra musei e nuove tecnologie: sia di origine extramuseale (e cioè creati e gestiti da studiosi, esperti, associazioni, appassionati, come Museum 2.0 e Musematic) sia di origine museale come uno dei blog del Powerhouse Museum di Sydney. Fig. 44 – Blog museali: Eye Level e Science Buzz

Fonte: http://eyelevel.si.edu – (25.10.2008)

Fonte: http://www.smm.org/buzz - (27.10.2008)

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Fig. 45 – Esempi di blog che trattano il tema musei/nuovi media: Museum2.0, Musematic, Fresh+New

Fonte: http://museumtwo.blogspot.com – (27.10.2008)

Fonte: http://musematic.net – (26.10.2008)

Fonte: http://www.powerhousemuseum.com/dmsblog - (27.10.2008)

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Per quanto riguarda il numero dei blog che un museo può realizzare è importante capire quante “storie” ha da raccontare. Come sostiene Nina Simon nel blog Museum 2.0, tuttavia è importante partire con un solo blog, magari relativo ad una mostra temporanea, approfondendo la familiarità con lo strumento : aprire da subito diversi blog può creare confusione sia all’utenza sia allo stesso staff museale. Una volta che il blog è stato “capito” dalla struttura museale è consigliato non utilizzarlo in modo troppo generico: un blog ha successo se è specifico su un argomento e non un’accozzaglia di temi privi di coerenza. Per questo motivo vari musei hanno più di un blog, creando in questo modo “luoghi” di discussione relativi a singoli argomenti, con linguaggi propri e proprie comunità di riferimento. Fig. 46 – La pagina web del Manchester Museum dove sono presenti i link ai vari blog temtici

Fonte: http://www.manchestermuseum.co.uk – (28.10.2008)

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Fig. 47 – Altri esempi di musei che hanno creato diversi blog tematici

Fonte: http://www.powerhousemuseum.com/dmsblog - (27.10.2008)

Fonte: http://info.walkerart.org – (28.10.2008)

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Per lo staff museale è necessario capire, oltre a quanti blog realizzare, anche quale tipologia è più adatta per il museo e i suoi scopi online. Ci sono diverse tipologie di blog87: Institutional info blog: questa tipologia di blog distribuisce informazioni e news sull’attività museale, ma è poco più di una semplice ripetizione del calendario eventi e del materiale che si trova anche altrove (all’interno del website istituzionale, per esempio). Secondo Simon un ottimo esempio di questa tipologia è Eye Level88, il blog ufficiale del Smithsonian American Art Museum89. Aggregated content blog: questa tipologia distribuisce notizie sul contenuto del museo e può servire a “dar vita” online alle collezioni. Solitamente ci sono brevi post che rimandano ad altri contenuti per un maggiore approfondimento. Un esempio è il blog del Food Museum90. Fig. 48 – Tabella relativa ai diversi “approcci” con lo strumento blog

Fonte: Nina Simon - http://museumtwo.blogspot.com/2007/03/institutional-blogs-different-voices.html - (14.06.2008)

87 88 89 90

http://museumtwo.blogspot.com/2007/03/institutional-blogs-different-voices.html http://eyelevel.si.edu/ http://americanart.si.edu/index3.cfm http://foodmuseum.typepad.com/food_museum_blog/

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Community content blog: questa tipologia distribuisce informazioni relative al contenuto del museo “aprendosi” però ad un’attività partecipe da parte dell’utenza: These blogs often offer opportunities for blog authorship to registered users of the public Fonte: Lynn A. Bethke – (2007), p. 47

Un esempio di questa tipologia è offerto da Science Buzz91, il blog della comunità online del Science Museum of Minnesota92. Specialized content blog: molto simile alla tipologia “aggregated content blog” ma con la differenza di occuparsi dei contenuti di una specifica esibizione del museo, oppure di una parte secondaria rispetto al nucleo chiave delle collezioni. Un esempio è il blog “Voice on Genocide”93 del United States Holocaust Memorial Museum94, oppure The Great Tate Mod Blog, della Tate Modern. Fig. 49 – Esempio di blog specifico: The Great TATE Mod Blog

Fonte: http://modblog.tate.org.uk/ - (25.10.2008)

Personal voice blog: questa tipologia, in crescita ma comunque ancora abbastanza rara, si caratterizza dal fatto che la voce del blog è una sola persona (il direttore o il curatore, ad esempio) o comunque un gruppo ristretto dello staff. E’ una tipologia un po’ azzardata dal momento che la visione dell’istituzione è soggettiva, ma allo stesso

91 92 93 94

http://buzz.smm.org/buzz/blog http://www.smm.org/ http://www.ushmm.org/conscience/podcasts/ http://www.ushmm.org/

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

tempo anche attraente. Un esempio è il “director’s blog” del Walters Art Museum95, oppure il Curator’s blog del Manchester Museum96. Gestori e tempi

All’interno del grafico appena descritto si nota che ci possono

essere diverse figure (sia interne che esterne allo staff museale) dedite al mantenimento del blog del museo. Un’interessante ricerca del 200697 ha posto la seguente domanda a diversi blogger museali: “How would you describe yourself?” I risultati sono stati i più diversi: •

Museum Educator (14 su 53)

Interested Individual (14 su 53)

Museum Curator (11 su 53)

Student (11 su 53)

Museum Consultant (8 su 53)

Marketing Professional (3 su 53)

Scientist (3 su 53)

Molti hanno scelto più di una categoria e la risposta “altri” conteneva tantissimi termini diversi: media developer, librarian, historian, museum youth staff, IT specialist, Collections Assistant, Podcast Producer. La diversità dei blog museali è quindi spiegata dal fatto che non c’è una figura precisa che se ne occupa. Inoltre è importante capire se chi si occupa del blog pubblica i post direttamente o se il “pezzo” deve subire una profonda “revisione” da parte di terzi. Infatti il blog è uno strumento spontaneo dal punto di vista linguistico, informale, e spesso, all’interno di grandi

istituzioni

questa

sua

informalità

cozza

contro

la

cultura

stessa

dell’organizzazione: se il museo decide di realizzare il blog, esso deve “aprirsi” nel modo più sincero possibile, il che significa comunicare con la massima trasparenza, e dedicando molti sforzi in questo senso. Proprio per quanto riguarda l’investimento in termini di tempo che la gestione di un blog richiede, un recente studio riguardante la blogosfera museale ha trovato dati interessanti. 95 96

97

http://www.thewalters.org/blog/ http://palaeomanchester.wordpress.com

Chan - Spadaccini (2007) - http://www.archimuse.com/mw2007/papers/spadaccini/spadaccini.html

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Fig. 50 – Tempo dedicato al blog da parte dello staff

Fonte: Chan, Spadaccini 2007 - http://www.archimuse.com/mw2007/papers/spadaccini/spadaccini.html

Ovviamente il tempo dedicato al blog varia anche in relazione al tipo di blog che si vuole realizzare. Se il blog viene utilizzato solamente come un’altra piattaforma dove inserire news già utilizzate per altri strumenti (bacheche, locandine, website,ecc.) allora il tempo richiesto per il suo mantenimento sarà veramente scarso. La situazione cambia se si intende il blog come uno spazio attivo in cui informare con contenuti creati ad hoc per il blog, con la necessità di invogliare il pubblico a partecipare: in questo caso il tempo richiesto allo staff aumenta ben oltre le 3 ore mensili del 41,5% dei blog museali analizzati nel grafico precedente. E’ ovvio che c’è quindi una diretta relazione tra il numero di post mensili e il tempo richiesto allo staff museale per il mantenimento del blog. Problematiche

Ho parlato poco sopra dell’estrema facilità richiesta per la

realizzazione di un blog, tuttavia molte istituzioni culturali oggi continuano a non utilizzare questo strumento per conversare con l’utenza: per quale motivo? Abbiamo visto come i tempi richiesti per il mantenimento di questo strumento siano elevati, almeno nei casi in cui si decida di fare del blog uno strumento costantemente aggiornato. Strutture di grandi dimensioni possono permettersi staff appositi, mentre le realtà più piccole possono incontrare diversi problemi come la mancanza di professionalità nel campo dei nuovi media. In realtà, anche in musei di grandi dimensioni, spesso il problema sta nella mentalità dell’organizzazione che vede in Internet poco più che un altro canale su cui veicolare le solite informazioni e, più in generale, non è interessata alle nuove tecnologie. Oltre ad una ragione prettamente culturale, costruire un blog necessita un investimento di tempo notevole anche in fase di progettazione: cosa dovrà raccontare? Chi se ne occuperà? Chi lo gestirà dal punto di vista informatico?

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Management would need to decide who would be responsible for writing posts and what topics were germane. The museum would need to spend time and energy working with information technology staff to establish the blog. The blog would need to fit into the established and specific brand experience the museum offers. It would need to be faithful to the mission while serving as a vehicle to draw visitors to the museum Fonte: Lynn A. Bethke (2007), p. 30

Oltre agli investimenti di energia e tempo, alcune istituzioni hanno paura dei commenti negativi (o dello spam) che potrebbero arrivare sul blog, dal momento che si potrebbe diffondere online una visione del museo in contrasto con l’immagine reale dell’istituzione. In effetti a diversi blog museali arrivano commenti negativi su eventi o mostre ma questo è un bene: il blog rappresenta un canale prezioso proprio in questo senso, mostrando un feedback immediato e franco, dando al museo un mezzo veloce per riparare alla situazione. Come tutte le osservazioni anche i commenti negativi, se opportunamente ascoltati, aiutano lo staff museale a migliorare la propria attività: dagli errori si impara e un commento negativo può essere più utile di 10 commenti positivi. Ci sono due possibilità per i musei che decidono di “ascoltare” i commenti negativi: •

Sostenere uno scambio informativo con l’utente che ha inviato il commento e lavorare per risolvere il problema.

“Ascoltare” le ragioni dell’utenza ed esprimere la propria prospettiva.

Oltre ai motivi appena citati c’è un altro elemento da considerare. Il blog è un canale che permette al museo di instaurare un forte legame con l’utenza, ma molti musei, molto semplicemente, non sono interessati ad un rapporto così diretto con gli utenti. Questo può avvenire per diverse ragioni: ad esempio lo staff museale preferisce non mostrare il proprio modo di lavorare, oppure in caso di crisi e scandali, preferisce agire secondo altri canali e non attraverso un mezzo “trasparente” come il blog. Anche il prestigio può essere una motivazione: una struttura museale di fama preferirebbe essere conosciuta esclusivamente per il proprio blasone, senza bisogno di “promuoversi” online.

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Visioni Future Nonostante sia ancora troppo presto per trarre delle conclusioni, lo strumento blog sta prendendo piede in un crescente numero di musei. I vantaggi sono molti: •

Semplicità e rapidità di pubblicazione

Brevità, informalità e spontaneità della comunicazione

Utilità nell’approfondimento delle tematiche museali grazie agli scambi informativi con lo staff e con altri utenti

Per quanto riguarda il futuro di questo strumento nell’ambito museale, una tesi del 200798 ci offre qualche indicazione sugli obiettivi futuri. Per alcuni musei c’è la volontà di “integrare” il blog, spostandolo così da una piattaforma esterna verso il website istituzionale. Per altri c’è la volontà di aumentare l’attività del blog con l’inserimento di altri blogger: in questo senso si dirige pure l’obiettivo di alcuni musei di potenziare l’attività strategica, sviluppando una comunicazione adatta ai vari target della community (magari con la creazione di più blog dedicati ad argomenti specifici). Infine c’è la volontà di inserire nei blog diverse tipologie di contenuto, soprattutto videoclip. Good Practices Ci sono realtà museali che hanno deciso di condividere, con papers o attraverso la partecipazione a convegni di settore, la propria esperienza relativa alla creazione del blog del’istituzione. Eye Level - Smithsonian American Art Museum Il SAAM è dedicato alla diffusione, alla spiegazione e alla piacevolezza dell’arte americana: fondato nel 1846 rappresenta la collezione d’arte più importante degli Stati Uniti. The museum celebrates the extraordinary creativity of our country's artists, whose works are windows on the American experience. All regions, cultures, and traditions are represented in the museum's collections, research resources, exhibitions, and public programs. The collection features colonial portraits, nineteenth-century landscapes, American impressionism, twentiethcentury realism and abstraction, New Deal projects, sculpture, photography, prints and drawings, contemporary crafts and decorative arts, African American art, Latino art, and folk art. Fonte: http://eyelevel.si.edu/ - (27.10.2008)

L’idea di costruire un blog (Eye Level) del museo nasce nel 2004 e ha come preciso obiettivo quello di stimolare e impegnare il pubblico in conversazioni relative all’arte americana sfruttando le opere presenti nel museo. Il museo è rimasto chiuso per 98

Lynn A. Bethke – (2007)

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

lavori di rinnovamento quasi sei anni e mezzo a partire dal 2000: è durante questo periodo di rinnovamento che lo staff museale pensa di re-interpretare anche la comunicazione online, e quindi il rapporto con l’utenza. La volontà di utilizzare un nuovo strumento come il blog derivava da alcune considerazioni: •

La necessità di raggiungere un pubblico più giovane: a lungo termine un pubblico giovane affezionato diventerà un pubblico maturo che porterà cultura, soldi, tempo.

La possibilità di valorizzare al meglio le news con costi contenuti

Utilizzare il blog per creare “buzz” (rumorio, chiacchiericcio) online e quindi utilizzarlo come strumento di marketing virale

Fig. 51 – Le ragioni che hanno spinto il SAAM verso la costruzione del blog Eye Level

Fonte: Jeff Gates (2008) - http://www.archimuse.com/mw2007/papers/gates/gates.html

Il team iniziale che si occupava del blog era composto dal Chief of Information Technology, dal Head of New Media Initiatives, dal Producer in New Media e dal direttore. Fu questo team che attraverso presentazioni in PowerPoint introdusse al resto del museo il progetto del blog: un processo chiave per avere un primo feedback interno, per ascoltare diverse opinioni e i primi problemi. Tra questi ultimi, il problema principale era che si andava ad aggiungere ulteriore lavoro in un momento in cui il museo stava riaprendo e dove i diversi dipartimenti stavano già lavorando a progetti propri:

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

The blog would build community, connect to our museum’s mission, and be used as a powerful marketing tool in a ‘conversational mode’ rather than just a ‘broadcast mode.’ Rather than just disseminating information, as had been the role of museums for most of the 20th century, we wanted to use the blog to encourage a dialogue with our viewers. Fonte: Jeff Gates (2008) - http://www.archimuse.com/mw2007/papers/gates/gates.html

Il flusso di lavoro (workflow) prevedeva un ingente lavoro di editing interno prima della pubblicazione. Jeff Gates spiega così le varie fasi di costruzione di un post: •

Si utilizza Basecamp’s Writeboard (http://www.basecamphq.com) come strumento di pubblicazione interna delle idee per i post

Un autore immette qui l’idea per la “storia” da raccontare.

Sempre all’interno del Writeboard inizia la discussione dell’intero blog team intorno all’idea posta dall’autore.

Una volta finita la discussione si invia “il pezzo” al “Dipartimento Pubblicazioni” per l’editing.

Infine, per l’approvazione finale, l’articolo viene analizzato dal direttore.

Il post è pronto per la pubblicazione.

L’autore in questione può essere chiunque all’interno del blog team, ma anche appartenete ad altri staff, in questo modo si amplia sia la “popolarità” interna del nuovo

strumento

sia

la

consapevolezza

che

questo

appartiene

davvero

trasversalmente alla struttura museale. Anyone on the blog team can propose a piece. And we have had interest from other museum staff as well. Our lighting designer has written two posts about his work, for example Fonte: Jeff Gates (2008) - http://www.archimuse.com/mw2007/papers/gates/gates.html

Durante il primo anno di vita del blog i post realizzati furono 108 e i visitatori 127000 e non mancarono le prime controversie: tuttavia Eyelevel è un blog con moderatore, e i commenti degli utenti vengono seguiti con attenzione dallo staff. Vincitore di numerosi premi, è uno dei blog museali più famosi al mondo.

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Fig. 52 – Caratteristiche del blog Eye Level

Fonte: http://eyelevel.si.edu/ - (27.10.2008)

E’ interessante notare come per altri musei sopra indicati, anche Eye Level ha tra le sue categorie interne la voce “Museum and Technology”, per discutere con gli utenti del rapporto sempre più intenso tra museo e tecnologia. Brooklyn Museum Il museo si trova in un edificio di 16.000 metri quadrati, facente parte di un complesso di parchi e giardini del diciannovesimo secolo, che comprende tra gli altri Prospect Park, il giardino botanico di Brooklyn e lo zoo di Prospect Park, ed è uno dei più antichi e rinomati musei d’arte di tutti gli Stati Uniti: le sue collezioni permanenti, rinomate in tutto il mondo, spaziano dai capolavori dell'antico Egitto all'arte contemporanea e rappresentano un ampio ventaglio di culture. La parte “online” del museo rappresenta l’esempio più “pieno” di comunità online per quanto riguarda i musei: social network, podcast, YoutTube, Flickr e appunto blog. Nel corso del 2007 fu presa una decisione relativa agli spazi virtuali: diversi blog relativi ad alcuni progetti del museo erano situati su piattaforme esterne (blogger), e alcuni di questi erano diventati veri e propri magazzini di materiale pubblicitario, lo staff decise, forse per una maggiore attività di controllo, di situarli all’interno del proprio website istituzionale.

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

L’intenzione era quella di formare un blog “immediato” nel suo utilizzo sia per il pubblico, sia per la gestione interna: Thereafter, we moved forward with the intention to make publishing quick, easy, and enjoyable for staff, and also to make the information we provided to our audience as open and transparent as possible. In contrast to other means of communication (e.g. Web sites, publications, printed materials, press releases), blogging in its very nature is more personal; ideally, the authors’ voices are retained and spontaneity rules. Fonte: Bernstein (2008) - http://www.archimuse.com/mw2008/papers/bernstein/bernstein.html

Un elemento di differenziazione rispetto ad Eye Level (il blog sopra analizzato), che si contraddistingueva da una certa rigidità istituzionale o comunque da un forte lavoro redazionale, sembra essere una concezione dello strumento blog più immediata, umana ed informale, proprio da un punto di vista interno. Questo lo si può riscontrare nelle parole di Shelley Bernstein, Manager of Information Systems, del Brooklyn Museum: On our Web site, information is thoroughly vetted, like any other official publication from the Museum; but our blog allows for much quicker, direct communication from staff. This means that readers of our blog sometimes find typos and less than elegantly phrased missives, but we also hope they reveal the human side of the institution. Fonte: Bernstein (2008) - http://www.archimuse.com/mw2008/papers/bernstein/bernstein.html

Inoltre, rispetto all’esempio precedente, qui sembra esserci maggiore autonomia per tutti gli autori e i post sono accompagnati da una breve biografia e da un’immagine del membro dello staff che ha scritto il post: in parole povere, se in Eye Level la voce del blog era l’istituzione, qui il blog è formato dalle voci dei singoli membri dello staff. Lo staff museale, per agevolare gli utenti che vogliono rimanere sempre aggiornati, ha deciso di creare un gran numero di RSS feed: si possono così sottoscrivere costanti aggiornamenti, seguendo ogni nuovo post dell’autore e dell’argomento preferiti.

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Fig. 53 – Homepage della community online del Brooklyn Museum

Fonte: http://www.brooklynmuseum.org/community/blogosphere/bloggers/ (28.10.2008)

Buzz Blog - Science Museum of Minnesota

Nato nel 2004 questo blog è parte

integrante della community online del museo, denominata “Science Buzz” e ha origine da una particolare necessità: lo staff museale voleva uno strumento semplice ed immediato dove inserire frequentemente notizie dal mondo scientifico. Infatti, la particolarità di questo caso, è che il blog è ovviamente raggiungibile online da qualsiasi luogo, ma ne è stato incentivato l’uso anche internamente al museo: è stata costruita infatti una postazione tra le collezioni in cui i visitatori possono sedersi e leggere le novità. Può sembrare strano ma il blog presenta una caratteristica che lo differenzia rispetto a molti altri: solo raramente riporta notizie relative al museo. E’ quindi considerato uno strumento indipendente, per certi aspetti, dall’attività museale vera e propria: il blog riporta infatti notizie di diversi ambiti ma che in un modo o nell’altro sono legati alla scienza. E’ un tipo di blog fortemente orientato all’utente, quindi, con news molto diverse, anche perché gli autori sono diversi: i post possono essere opera di tutti i componenti dello staff e anche degli utenti registrati.

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Il tono dei post è molto informale, ci sono vignette e la grafica è molto “giovanile”, si direbbe quasi poco adatta ad una struttura museale, con colori molto accesi, fonts corposi e un logo “forte” realizzato apposta per il merchandising. Tuttavia il coinvolgimento è alto, e l’attività dello staff museale è fortemente orientata ad una comunicazione paritaria e frequente con l’utente. Fig. 54 – Analisi del blog Science Buzz

Fonte: http://buzz.smm.org/buzz/blog (09.11.2008)

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Lo stretto rapporto che si instaura attraverso il blog, tra staff museale e utente, ha giovato all’immagine del museo: Additionally, the Science Buzz staff is proficient at responding to comments and offering new information therein. In this way Science Museum staff are creating an image of the museum as responsive to the community and eager to engage in one to one conversation.[…] Buzz Blog seems to be encouraging relationships by engaging in networked communication. Fonte: Lynn A. Bethke (2007), p. 52

Un’attività online da parte dello staff museale così frequente, appassionata e trasparente, ha prodotto numeri99 davvero notevoli: •

Ad aprile 2007 c’erano 478 link in entrata (verso Buzz Blog) provenienti da 43 blog

Nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2007 sono stati prodotti 135 post che hanno ricevuto 368 commenti

Sempre nel mese di marzo la comunità online Science Buzz (di cui è parte integrante Buzz Blog) ha ricevuto 60770 visite

In questo caso, quindi, si è visto un tipo di blog che si discosta dall’attività museale proponendo un tipo di informazione che non si trova né al museo, né tantomeno nei contenuti del website istituzionale; inoltre grazie ad un forte lavoro di comunicazione dello staff, i numeri del blog sono davvero impressionanti e la comunità di interesse che ruota attorno al museo è in forte espansione.

99

Lynn A. Bethke (2007), p. 54

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Wiki Un wiki è un sito web (o comunque una collezione di documenti ipertestuali) che può essere modificato dai suoi utilizzatori e i cui contenuti sono sviluppati in collaborazione da tutti coloro che ne hanno accesso, come in un forum. La modifica dei contenuti è aperta e libera, ma viene registrata in una cronologia permettendo in caso di necessità di riportare la parte interessata alla versione precedente; lo scopo è quello di condividere, scambiare, immagazzinare e ottimizzare la conoscenza in modo collaborativo. Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Wiki (01.11.2008)

A Wiki is a Web site where it is easy for users to create and update the content interactively via a Web interface Fonte: Leuf - Cunningham (2001)

Introduzione L’esperimento di maggiore successo di questa “conoscenza condivisa” è la già citata Wikipedia, l’enciclopedia libera. Lanciata il 15 gennaio 2001 da Jimmy Wales e Larry Sanger è una vera e propria enciclopedia online costruita in modo collaborativo dagli utenti: la principale caratteristica è infatti quella di offrire ad ognuno la possibilità di pubblicare i propri contenuti, di intervenire su quelli altrui con aggiunte e modifiche grazie ad un sistema di modifica e pubblicazione aperto. Fig. 55 ‐ Wikipedia

Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia (01.11.2008)

Strumento, quindi, dai numeri impressionanti e vero e proprio giants del Web 2.0 assieme ai vari YouTube, Facebook, MySpace. Tuttavia come esprime Nina Simon sul suo blog museum 2.0100, ci sono perplessità nel ritenere Wikipedia un mezzo di informazione ma non ci sono dubbi che esso rappresenti un successo come progetto di conoscenza condivisa, soprattutto perché le soluzioni wiki non richiedono alcuna conoscenza del codice html e la partecipazione è quindi realmente per tutti. 100

http://museumtwo.blogspot.com/2008/09/wikis-what-when-why.html (18.09.2008)

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Le applicazioni wiki fanno parte della famiglia 2.0, proprio come i blog appena descritti, ma si discostano da questi per quanto riguarda alcuni aspetti comunicativi. Il blog è spesso amministrato da una singola persona, il blogger (o comunque da uno staff dedicato all’interno di un’istituzione). Questa figura è l'unica in grado di creare, pubblicare o cambiare i contenuti dei post, mentre l'utente crea contenuti solamente attraverso i commenti. Un altro elemento di differenziazione è che, generalmente, il blog offre un punto di vista soggettivo (del blogger o dell'istituzione per cui il blogger scrive) nei confronti di un preciso argomento. In questo senso, anche le piattaforme wiki si originano intorno ad un argomento "forte": tuttavia, lo sviluppo di queste avviene con il contributo di un'intera community e non di un singolo. Tutti possono aggiungere la propria conoscenza ad un documento. Questo non vuol dire solo commentare cosa gli altri hanno prodotto ma intervenire sulla produzione altrui aggiungendo testo, modificando ed eliminando passaggi. Per questa serie di ragioni gli strumenti wiki richiedono (si vedrà anche in seguito) un grado maggiore di interazione all’utente, molto più impegnativo che postare un commento di poche righe in un blog e proprio per questo alcuni progetti wiki hanno visto una scarsa “produzione” di contenuti da parte dell’utenza. Wiki e musei E’ a partire dal 2005 che si inizia a pensare in che modo le applicazioni wiki possono facilitare il rapporto tra musei e il pubblico online, e uno dei primi lavori presentati è il paper “Museums and Wikipedia101” realizzato da Jonathan Bowen (London South Bank University, UK) e Jim Angus (National Institutes of Health, USA) e discusso ad Albuquerque all’interno del convegno Museums and the Web 2006: si vedrà in seguito come sia nella conferenza del 2007 sia in quella del 2008 Bowen approfondirà la relazione wiki - musei. Una lista di voci di musei all’interno di Wikpedia è presente a quest’indirizzo: http://en.wikipedia.org/wiki/Category:Museums. All’interno di questa ci sono diverse sottocategorie, presentate in ordine alfabetico: tra queste, “museums by country”, “museums by city” e per avere una lista dei musei italiani “museums in Italy”.

101

Bowen – Angus (2006) http://www.archimuse.com/mw2006/papers/bowen/bowen.html

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Oltre alle voci create su Wikipedia, si collegano ad essa due progetti utili per condividere materiale fotografico Wikimedia Commons102 e WikiProject Museums103. Fig. 56 – Wikimedia Commons

Fonte: http://commons.wikimedia.org/ (1.11.2008)

WikiProject

Museums

ha

come

obiettivo

quello

di

gestire,

razionalizzare,

categorizzare le immagini dei musei, proponendo una serie di guidelines. Questo è l’obiettivo dichiarato: The WikiProject Museums aims to rationalize the work on museums in Commons, by improving the usability of photographs taken in museums. To do so, the project proposes flexible guidelines to face problems such as: naming museums, managing museum category trees, naming and describing photographs Fonte: http://commons.wikimedia.org/wiki/Commons:WikiProject_Museums – (1.11.2008)

In sostanza, questi progetti, (la piattaforma Wiki Commons e il progetto WikiProject Museums) aiutano l’organizzazione e la diffusione di materiale del museo, soprattutto immagini, disegni, fotografie e attraverso dei link sono disponibili anche all’interno della “voce” riguardante il museo su Wikipedia. Non solo, questi file sono disponibili anche per tutti gli altri progetti targati Wikimedia: oltre a Wikipedia, Wikibooks, Wikinews, Wikispecies. 102 103

http://commons.wikimedia.org/ http://commons.wikimedia.org/wiki/Commons:WikiProject_Museums

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Il progetto Wiki Commons, nato nel 2004, ha trovato un rapidissimo successo tanto che dal maggio 2005 il sito ha accumulato un'ampia collezione. Raccoglie oltre 10.000 riproduzioni di dipinti di pubblico dominio dai tempi antichi ai moderni, oltre 7.000 file di pronuncia in varie lingue, centinaia di registrazioni di pubblico dominio di musica classica e una collezione in crescita di filmati di discorsi storici Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Wikimedia_Commons (1.11.2008)

Fig. 57 – Wikiproject Museum

Fonte: http://commons.wikimedia.org/wiki/Commons:WikiProject_Museums (1.11.2008)

In “Museum and Wikipedia” Bowen introduce a vari operatori museali le modalità in cui si può creare, all’interno di Wikipedia, una nuova voce relativa al museo nel caso non ne esista già una, o come perfezionare e migliorare una voce già esistente. Secondo Bowen tutti i musei dovrebbero avere una voce su Wikipedia: i musei di piccole dimensioni potrebbero costruire una voce con poche righe e il link al website istituzionale, mentre per realtà di grandi dimensioni occorrerebbero voci per le diverse collezioni, la storia del museo, diverse immagini. E’ bene precisare 139


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

l’indipendenza e l’informalità delle voci di Wikipedia, ed è quindi da evitare di inserire materiale pubblicitario o promozionale del museo, e lo stesso “tono” della voce pubblicata deve essere informale piuttosto che “di marketing”. In questo senso è opportuno inserire voci riguardanti la storia del museo piuttosto che le ultime mostre temporanee: dal momento che Wikipedia è un’enciclopedia e non uno strumento commerciale, chi, all’interno del museo pubblica, cura o corregge materiale deve avere un’ottima conoscenza del museo e non appartenere all’ufficio marketing. Tuttavia a volte è appropriato aggiungere link oltre a quello al website istituzionale, inserendo collegamenti diretti alle collezioni, ai database, ecc. Il paper prosegue mostrando concretamente come si origina una voce e in che modo si può categorizzare il museo. Il primo passo è, ovviamente, assicurarsi che non sia già stata creata una voce del museo, e in tal caso, iniziare a contribuire! Fig. 58 – Schermata relativa alla creazione dell’abbozzo riguardante il museo

Fonte: Bowen (2006) - http://www.archimuse.com/mw2006/papers/bowen/bowen.html

E’

da

chiarire

che

in

Wikipedia

tutti

possono

partecipare

e

contribuire

all’ampliamento di una voce: può quindi capitare che cercando su Wikipedia il nome del museo ci sia già una voce presente o un abbozzo; in questo caso, a maggior ragione lo staff museale dovrebbe utilizzare lo strumento contribuendo a migliorare, 140


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

correggere, aggiornare ed ampliare la descrizione del museo e delle sue collezioni. Nel 2007 a San Francisco, l’attenzione di Bowen si sposta esternamente all’utilizzo di Wikipedia: questa rimane una risorsa preziosa, che i musei dovrebbero utilizzare per inserire voci enciclopediche che spieghino la loro storia e le loro collezioni. Tuttavia, in certi casi è indicato che le stesse realtà museali si costruiscano una propria piattaforma wiki, o quando questo non è possibile, utilizzino delle “wiki facilities” esterne che interagiscano con Wikipedia. Questo è quanto dimostra Bowen alla conferenza “Museum and Web” 2007, presentando un’iniziativa104 nata e sviluppata nel corso del 2006: […] it is possible to use other external wiki facilities. A museums wiki has been set up expressly for this purpose and other experiments concerning museum-related information (http://museums.wikia.com). Museums and people interested in museums are encouraged to add to this wiki and promote community use of it. Fonte: Bowen (2007) - http://www.archimuse.com/mw2007/papers/bowen/bowen.html

“Museums Wiki” è quindi una piattaforma dove raccogliere gli interventi di musei e individui sui temi museali. In questo caso la “wiki facility” esterna è Wikia, servizio di web hosting gratuito nato nel 2004, che permette (dopo una vaglio su argomenti e obiettivi) la creazione di nuove wiki per progetti specifici. In questo caso, il progetto specifico Museums Wiki è stato accettato nel 2006, e il suo indirizzo è http://museums.wikia.com. In sostanza qual è dunque il principale vantaggio di una wiki esterna a Wikipedia? L’utilità del progetto Museums Wiki risiede nel fatto che c’è più libertà per quanto riguarda le voci che si possono inserire: Wikipedia, essendo un’enciclopedia, consente l’immissione di informazioni “storiche”, e non troppo dettagliate, e soprattutto non consente voci marketing-oriented. Il problema della lunghezza e della complessità delle voci può emergere, ad esempio, per musei importanti e di grandi dimensioni che necessitano di una voce per ogni collezione importante. Museums Wiki risolve proprio questi problemi, lasciando ampia libertà di inserimento: So far this has been used for experimental purposes, but museums are encouraged to use it for any museum-related entries that they would like to create. This may be especially appropriate if the material is not suitable for Wikipedia (e.g., if it is too detailed or marketing-oriented). The issue of notability and marketing is not applicable on the Museums Wiki. The main criterion for acceptability applicable on this wiki is that the material is museum related. Fonte: Bowen (2007) - http://www.archimuse.com/mw2007/papers/bowen/bowen.html

104

Bowen (2007) - http://www.archimuse.com/mw2007/papers/bowen/bowen.html

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

E’ bene precisare che Museums Wiki rimane uno strumento identico per molti aspetti a Wikipedia e interconnesso ad essa: anche qui si incoraggia l’aperta collaborazione di tutti nel produrre contenuti e, in questo caso, è incoraggiato l’apporto sia di singoli individui sia di musei. Per le strutture museali che, al contrario, vogliono utilizzare applicazioni wiki avendo però un maggiore controllo su contenuto, possono costruirsi delle proprie wiki personali magari visualizzate al’interno del website istituzionale, attraverso software come Media Wiki (http://www.mediawiki.org). Questo esempio riguarda anche quelle realtà museali che utilizzano le applicazioni wiki internamente alla struttura. Opportunità e vantaggi Le caratteristiche di collaborazione e creazione condivisa di contenuti, proprie delle piattaforme wiki, sono opportune in quei contesti in cui è il contenuto da costruire l’elemento primario e non la socializzazione tra i partecipanti, come invece succede ad esempio nei social network. Le realtà wiki quindi hanno successo quando gli individui sono motivati nell’assemblare un contenuto insieme, oppure necessitano di uno spazio condiviso dove sviluppare una pagina comune: They are best-used in situations when a team of people is working together on something and needs a central place to document their efforts, or when a group of people come together to share lots of content in parallel and want to document it (i.e. a conference). Fonte: http://museumtwo.blogspot.com/2008/09/wikis-what-when-why.html (18.09.2008)

Per riassumere ci sono due occasioni in cui le piattaforme wiki sono necessarie e lavorano al meglio: Wikis are great for documenting events with many parallel content tracks Wikis are great useful when a distributed team is designing a project together or managing a changing set of projects Fonte: http://museumtwo.blogspot.com/2008/09/wikis-what-when-why.html (18.09.2008)

Da queste citazioni si capisce l’utilità delle piattaforme wiki sia per un utilizzo pubblico sia a scopi interni alla struttura museale: per la prima area, basti pensare all’utilità di affiancare, ad ogni conferenza che avviene in museo, una piattaforma wiki all’interno della quale diversi volontari potrebbero inserire schemi, note e appunti delle varie sessioni della conferenza; per la seconda area, wiki è uno strumento necessario per portare a termine progetti condivisi dai vari staff museali 142


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ma formati da un unico documento finale (progettazione di eventi, mostre, campagne di comunicazione). Tornando per un attimo a Wikipedia, è importante segnalare un interessante vantaggio online. Dal punto di vista della ricerca online, la pubblicazione di una voce museale in Wikipedia è importante per la maggiore visibilità presso i motori di ricerca: A significant advantage of creating a Wikipedia entry for a museum with a link to the museum Web site is a likely improvement in search engine rankings (especially on Google). Wikipedia is highly rated by search engines such as Google, so the Wikipedia entry is liable to appear high in search engine listings, especially if a user searches for a museum by name. Fonte: Bowen (2006) - http://www.archimuse.com/mw2006/papers/bowen/bowen.html

Non un vantaggio da poco se la maggior parte delle persone inizia un collegamento in Rete proprio da Google e lo utilizza come strumento per cercare informazioni. Problematiche

Oltre alle oggettive opportunità che questo strumento offre a

strutture “educative” come i musei, ci sono casi di insuccesso e problematiche da affrontare. La problematica più comune è quella relativa allo scarso contributo, in termini di contenuti inseriti all’interno della piattaforma wiki, dopo l’iniziale curiosità. Un esempio eclatante è raccontato da Nina Simon105: scelta come membro del New Media Consortium’s 2008 Horizon Report per lo studio delle tecnologie emergenti in ambiente museale, doveva confrontarsi con altri professionisti attraverso una wiki condivisa. Dopo l’iniziale invio di contributi la conversazione continuò …. tramite email e allegati in Word! Questo l’esilarante commento della Simon: We had 40 “emerging technology” professionals on the team, and we couldn’t sufficiently selfmotivate to do our work on the wiki instead of an antiquated email list. Fonte: http://museumtwo.blogspot.com/2008/09/wikis-what-when-why.html (18.09.2008)

Questo esempio deve far riflettere attentamente sulla scelta, da parte del museo, di uno strumento wiki: è molto specifico e richiede agli utenti molto più impegno, in termini di partecipazione, rispetto ad altri strumenti 2.0, dal momento che la possibilità di partecipare non è data dalla semplice conversazione attraverso un profilo ma da un più complesso contributo richiesto all’utente, e cioè scrivere contenuti originali e corretti. 105

http://museumtwo.blogspot.com/2008/09/wikis-what-when-why.html

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Riassumendo, ci sono diverse criticità da tenere presenti106: •

Per iniziare a utilizzare uno strumento wiki (ad esempio una piattaforma wiki propria) è necessario avere sia abbastanza competenze tecniche per installare la wiki sia competenze sociali per fare nascere una community che partecipi costantemente attraverso informazioni adatte.

Ci devono essere concrete ragioni per utilizzare una piattaforma wiki: questa deve essere utile per un certo numero di persone e per continui contributi, altrimenti, se non raggiungerà una massa critica di utenti, rimarrà un’applicazione stagnante con poche voci.

I musei dovrebbero pensare attentamente alle ragioni di utilizzo di una piattaforma wiki e al target cui si riferiscono: si può scegliere di creare una wiki online pubblica aperta a tutti i contributi (ad esempio per scopi educativi), oppure una wiki inserita nell'intranet museale per un utilizzo interno (staff diversi che preparano una mostra, o un progetto). Tuttavia si possono realizzare wiki leggibili a tutti ma alle quali possono contribuire, in termini di scrittura di contenuti, solamente un gruppo selezionato: può essere il caso di un museo che presenta una wiki pubblica ma aperta ai soli contributi di alcuni conosciuti esperti (egittologi, scienziati, naturalisti, ecc.)

La realizzazione di una piattaforma Wiki presenta costi (in termini di denaro) molto contenuti, se non completamente inesistenti: questo significa che se un’esperienza è andata male, si può tranquillamente riprovare, magari dopo avere analizzato attentamente cosa non funzionava.

In quelle applicazioni wiki pubbliche che consentono la pubblicazione di contenuti a chiunque possono generarsi dei cattivi utilizzi: può capitare, ad esempio, che qualche utente inserisca link pubblicitari o materiale non autorizzato (protetto da copyright non permissivo). In questi casi, la comunità della wiki provvede spesso all’eliminazione o alla correzione delle voci in oggetto, ma ci sono diverse possibilità: If vandalism does occur, it is important to have a person monitoring the wiki (often the original champion) to take corrective action quickly. This may involve rolling back the contents of the page to a previous version (easy to do with the history facility on many wiki systems such as MediaWiki), or banning the user if registered, or locking down a particular page to prevent updates for a period, or changing general access permissions, etc., depending on the severity and type of problem encountered. Fonte: Bowen (2008) - http://www.archimuse.com/mw2008/papers/bowen/bowen.html

106

Bowen (2008) - .http://www.archimuse.com/mw2008/papers/bowen/bowen.html

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Restando in tema di cattivo utilizzo di una applicazione wiki, l’enciclopedia libera Wikipedia presenta comunque delle linee di condotta: Wikipedia possiede un insieme di linee guida volte ad identificare quali tipi di informazioni siano adatte ad esservi inserite. Ad esse si fa spesso riferimento nelle dispute per decidere se un particolare contenuto debba essere aggiunto, rivisto, trasferito ad un progetto affine oppure rimosso. Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia (29.10.2008)

Good Practices Oltre ai progetti sopra citati che in qualche modo hanno iniziato a collegare le realtà museali con lo strumento wiki, allo stato attuale non si è a conoscenza di molti spazi wiki propri dei musei: in realtà, questa scarsità di casi conosciuti, è dovuta in parte al fatto che questo strumento si adatta fortemente al contesto interno al museo, e quindi magari risiede su una intranet a cui non si può accedere come utente. Tuttavia Bowen, anche grazie al suo progetto Museums Wiki, ha identificato qualche caso. Fig. 59 – La piattaforma Wiki del Newark Museum

Fonte: http://www.newarkmuseumpr.org/mwiki/ (12.11.2008)

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Fig. 60 – L’utilizzo dello strumento Wiki da parte dell’Amersham Museum

Fonte: http://amershammuseum.pbwiki.com (12.11.2008)

Fig. 61 – Utilizzo della piattaforma Wiki per un progetto specifico: MN150

Fonte: http://discovery.mnhs.org/MN150 (12.10.2008)

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Altri esempi sono la piattaforma wiki dell’ Exploratorium a San Francisco (http://apps.exploratorium.edu/worlds/wiki/) e quella dell’onnipresente Brooklyn Museum (http://www.brooklynmuseum.org/eascfa/dinner_party/about_wiki.php): in questo particolare caso la wiki è realizzata in relazione ad uno specifico progetto del museo (The Dinner Party), e si rivolge prevalentemente agli scolari, chiedendo il loro contributo. Anche qui per poter contribuire alla wiki è necessario contattare via mail il museo. Si è visto, quindi, come la creazione di una piattaforma wiki sia un facile strumento per la condivisione di progetti, piuttosto che per dialogare con l’utenza. In questo senso la condivisione di progetti và intesa sia internamente che esternamente. Una wiki può essere utile come spazio comune per lo staff (o per gli staff) dove far nascere e sviluppare un progetto del museo, risiedendo così all’interno dell’intranet. Allo stesso modo, come si è visto, può essere un’appendice online di una mostra/esibizione: cioè uno spazio rivolto agli utenti in cui essi possono produrre materiale relativo a quel progetto specifico del museo.

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Social network Introduzione Come ho già accennato nei capitoli precedenti, i social network sono vere e proprie piattaforme in cui chiunque può registrarsi e, gratuitamente, usufruire di un proprio spazio online: un individuo (un’azienda, un’istituzione) può quindi costruirsi il proprio profilo inserendo messaggi, video, musica, condividendoli (se decide di farlo) con altri componenti della community. In breve tempo siti come MySpace e Facebook hanno accolto milioni e milioni di persone, figurando tra i siti più visitati in assoluto, raggiungendo una fama e una popolarità tale da diventare oggetto di interesse per il mondo business, per le grandi media company, e per le aziende che gestiscono la pubblicità online. Molte aziende, infatti, hanno deciso di dare una svolta alla propria comunicazione online scendendo in campo a fianco dei clienti, costruendosi un proprio profilo all’interno di qualche social network per avere un contatto diretto con i clienti, entrando così all’interno del loro mondo e utilizzando il loro linguaggio. Questo ha comportato un tipo di comunicazione diverso, sotto due punti di vista: il primo, è che cambia il “luogo” della comunicazione, uscendo dal website istituzionale o dal blog dell’azienda per andare su altre piattaforme “esterne”; il secondo punto di vista, legato al primo, è che il fatto di partecipare in queste “piattaforme esterne” che sono i social networks, da un’immagine dell’azienda (o istituzione) più informale, più vicina agli utenti. In questo modo la comunicazione diventa paritaria e pluridirezionale. L’utilità di tutto questo è ovvio per il mondo business: cosa c’è di più utile che potere interagire direttamente con gli interessi di un bacino d’utenza composto da milioni di utenti? Basti pensare al lancio di un nuovo prodotto, ai feedback, alla possibilità di monitorare i gusti e le tendenze di selezionate fasce di pubblico, alla promozione e pubblicità. Tutto questo per il mondo business, ma per quanto riguarda l’attività museale? Parlando di social network è necessario fare una distinzione, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo in ambito museale: ci sono social network generalisti come MySpace e Facebook, e ci sono quelli “orientati al contenuto” (o social network mediatici) come Flickr e YouTube.

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Social generalisti Per quanto riguarda i social network generalisti, l’utilità derivata dall’utilizzo di queste piattaforme è, credo, strettamente promozionale: nel senso che estende la presenza online del museo alimentando il passaparola tra grandi comunità di utenti. Vediamo, dunque quelli che possono essere gli obiettivi e le opportunità di una presenza all’interno, ad esempio, di MySpace o FaceBook: •

Diffondere la presenza online del museo presso un pubblico enorme (milioni e milioni di utenti): si trovano degli “amici” che parlano con altri “amici” del museo, che a loro volta …

Raggiungere un nuovo audience (soprattutto giovani)

Il “profilo” all’interno del social network come pagina che riassume tutte le iniziative del museo sia reali (news, eventi, calendario, informazioni) sia online (immagini, video, podcast, blog, link al website istituzionale)

In questo modo aumenta la presenza online sia del museo (quindi la popolarità) sia la condivisione dei suoi contenuti e di quelli realizzati dagli utenti.

In parole povere, lo scopo di una presenza museale all’interno di un social network generico significa aprire una finestra sul museo in un ambiente nuovo, catturando l’attenzione di quegli utenti che non sapevano nemmeno dell’esistenza del website istituzionale o del blog, e più in generale delle iniziative del museo. Oltre a questo, la principale caratteristica dei social network di questo tipo è lo scambio di messaggi, commenti, il chiacchiericcio veloce tra utenti: un prezioso strumento per incrementare il word-of-mouth, il passaparola. MySpace Per raccontare l’importanza e la popolarità si questo social basta dire che è il sesto sito più popolare al mondo. E’ considerato un social network generalista perché dopo essersi creati un proprio profilo si può inserire qualsiasi tipo di contenuto riguardante qualsiasi tipo di argomento: non esiste infatti un argomento “forte” che contraddistingua questo social site. Tuttavia, da un punto di vista mediatico, MySpace ha due fortissime caratterizzazioni: la musica e il cinema. Ad esempio, è qui che tantissime band sono diventate famose grazie a milioni di “contatti” prima ancora di avere registrato un album.

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

La potenza promozionale di questo strumento e il suo carattere multimediale sono ben descritte da una frase di Marco Massarotto, in Internet P.R.: E’ un laboratorio a cielo aperto, alcuni lo considerano già il modello di unico media di domani e centinaia di aziende vi prendono parte attiva. Fonte: Massarotto (2007), p. 114

E’ uno strumento, quindi, ormai ampiamente utilizzato dal mondo business, ma vediamo qualche esempio di utilizzo da parte di musei. Fig. 62 – Pagina MySpace del Brooklyn Museum

Fonte: http://www.myspace.com/brooklynmuseum (03.11.2008)

All’interno delle piattaforme di social network la struttura della pagina è sempre uguale: in questo caso lo sfondo è bianco e contribuisce a dare al tutto maggior chiarezza, ma ci sono casi in cui lo sfondo è al limite della sopportazione visiva (American Museum of Natural History – http://www.myspace.com/amnh). Come si vedrà pure per Facebook, l’utilità per un museo di questi social generalisti è sostanzialmente promozionale, con obiettivo di raggiungere nuovo pubblico e di metterlo rapidamente in contatto con il museo e le sue iniziative: in questo senso, 150


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già dal layout si capisce la grande importanza data ai contatti, agli amici e alle immagini (del museo, delle locandine, e degli amici). FaceBook Social network inizialmente rivolto all’ambiente studentesco, in seguito aperto a chiunque volesse parteciparvi, negli ultimi anni è cresciuto in maniera esponenziale anche in Italia. Soprattutto in America molte aziende hanno capito subito le potenzialità dei “gruppi” di utenti che si formavano intorno ad un argomento107: •

Aprire una pagina e avere dei fan ai quali si possono inviare aggiornamenti, notizie, o farli partecipare ad un forum.

Si può organizzare e gestire un evento (le feste Facebook sono ormai note anche in Italia).

Aprire un gruppo dove raccontare un prodotto.

Lanciare sondaggi e questionari.

Inutile dire che alcune delle voci elencate qui sopra sono valide anche per l’ambiente museale: basti pensare alla possibilità di creare un gruppo di discussione relativo ad una mostra o esibizione temporanea; oppure la possibilità, aggiornando le news, di fare arrivare tale aggiornamento a tutti gli “amici” del museo. Una cosa interessante, a cui si era già accennato in precedenza, è la possibilità di interazione con altri staff di altri musei per condividere, discutere e commentare le reciproche esperienze. Inoltre, come si vedrà fra poco, FaceBook consente la creazione e la condivisione di particolari applicazioni utili in ambiente museale. Tuttavia fino a qualche anno fa era consentito costruirsi un profilo FaceBook solo alle singole persone: lo scopo era quello di ritrovare vecchi amici, conoscerne dei nuovi, sviluppare delle relazioni e alle istituzioni (o alle aziende) non era permesso partecipare attivamente. C’era solo una possibilità, quindi, per un museo di prendere parte attivamente alla comunità: bastava che un membro dello staff (o più di uno) si registrasse creando un profilo personale, e in seguito costituisse un “gruppo” di discussione relativo al museo. In questo modo il membro dello staff museale gestiva il gruppo di discussione “postando” notizie, video e immagini relative al museo.

107

Massarotto (2007), p. 113

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

In questo sistema c’era un vantaggio significativo, e cioè quello che il museo si “presentava” al resto della community attraverso una “voce” e una “faccia” univoche, avendo inoltre un proprio profilo personale dove gli utenti potevano cercare informazioni relative all’amministratore. Fig. 63 – Pagina FaceBook del Brooklyn Museum

Fonte: http://www.facebook.com/pages/Brooklyn-Museum/ (5.11.2008)

Nel corso del tempo furono due le intuizioni che FaceBook seguì per ampliare la comunità e “liberalizzarne” la struttura. La prima modifica avvenne nell’estate del 2007, “aprendo” l’architettura del social network e consentendo a chiunque di costruire e condividere applicazioni (attraverso l’ Application Programming Interface) utilizzabili proprio all’interno del social network. In breve tempo diverse applicazioni erano a disposizione di tutti gli utenti registrati. Un altro cambiamento importante avvenne nel novembre del 2007 con l’introduzione di una nuova possibilità di 152


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

registrazione: oltre ai profili, ai “group”, si aggiunse “pages”. In questo modo si permetteva anche alle imprese o alle istituzioni di creare proprie “pagine”. Come si vede in figura (63), la “pagina” FaceBook del Brooklyn Museum riporta grosso modo le stesse sezioni già viste per MySpace. Grande importanza è data ai contatti, ai fan, ai messaggi: qui inoltre vengono condivise anche le attività situate su altre piattaforme online. La cosa più interessante è lo spazio dedicato alle applicazioni: in campo museale la più sorprendente è stata quella creata dal Brooklyn Museum Information Systems department, per la condivisione dell’arte, chiamata ArtShare108. Questa applicazione permette agli utenti Facebook di selezionare le opere artistiche della collezione del museo e trasportarle sul proprio profilo. Seguendo lo spirito di condivisione che anima queste piattaforma, ArtShare è disponibile anche per altri musei, e per quegli artisti che vogliono diffondere le proprie creazioni. Fig. 64 – Il successo dell’applicazione ArtShare, creata dallo staff del Brooklyn Museum

Fonte: http://www.facebook.com

ArtShare consente agli utenti di mostrare, all’interno del proprio profilo, i loro quadri, disegni, e pittori preferiti: in un certo senso è come se l’utente costruisse online la propria collezione, condividendola e commentandola con i propri amici. Concludendo, questa applicazione è un bel modo sia per promuovere l’arte sia per la promozione delle collezioni di un museo.

108

http://www.facebook.com/apps/application.php?id=7723691927&ref=pr

153


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

All’interno di Facebook il numero di musei e gallerie è aumentato spaventosamente che si tratti di gruppi o pagine (una lista parziale è visibile all’indirizzo: http://www.musesphere.com/Facebook). Sono inoltre presenti gruppi che discutono di temi relativi a musei e nuovi media: Museum Professionals unite across Facebook, Museums in the Digital Age, International museum web professionals. Social network mediatici Sono sempre piattaforme pubbliche, cioè aperte ad ogni tipo di utente, ma si caratterizzano per lo specifico contenuto che trattano: YouTube per clip video, Flickr per le fotografie e Slideshare per le presentazioni. A differenza dei social network generalisti, che in un qualche modo valorizzano la componente della socialità, dello scambio di messaggi e del passaparola tra utenti, qui tutto questo è messo al servizio della valorizzazione del contenuto. In men che non si dica, YouTube e Flickr sono diventati la cabina di regia e l’album fotografico interattivo del mondo. Milioni di persone caricano quotidianamente filmati e foto, guardano quelli di altri, commentano, ripubblicano, tessono relazioni, diventano amici, organizzano gruppi di interesse e incontri offline. Fonte: Massarotto (2007), p. 112

Sono molti i progetti realizzati e condivisi attraverso questi social network da parte delle strutture museali: infatti credo che le caratteristiche di questi strumenti siano più utili per veicolare alcuni contenuti del museo rispetto ai social network generalisti. YouTube offre la possibilità di mostrare interviste agli artisti, backstage di eventi, incontri didattici, e di organizzare contest con i video amatoriali realizzati dagli utenti. Allo stesso modo Flickr lavora con fotografie, e alcuni musei hanno deciso di condividere immagini (il progetto Flickr Commons109 ha visto l’adesione di molti musei e la partecipazione di moltissimi utenti) delle gallerie, dei dipinti, dei disegni, degli edifici, dello staff oppure semplicemente fotografie relative alle attività didattiche: tutto questo materiale soggetto all’attività di tagging, rating e commento degli utenti. YouTube Sito di videosharing famosissimo dove la persone caricano video (in teoria solo quelli autoprodotti, in pratica qualsiasi clip, anche protetti dal diritto d’autore) che tutti gli altri utenti (anche chi non è registrato) può semplicemente guardare, oppure votare, commentare e ri-pubblicare su altre piattaforme come blog, profili FaceBook e website istituzionale. La ragioni del suo successo sono proprio la rapidità 109

http://www.flickr.com/commons/

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

e la facilità di ri-pubblicare i video in altri contesti: questo ha creato una vera e propria invasione di filmati, “copiati” da YotuTube e “incollati” ovunque in Rete, solitamente all’interno dei blog. Anche qui credo sia doveroso, per dare un’idea delle potenzialità del mezzo, riportare le possibilità per il mondo business110: •

Diffondere un proprio notiziario

Proporre un numero infinito di spot in tutto il mondo

Dare voce ai propri manager, azionisti, dipendenti e consumatori

Creare contenuti appassionati e divertenti che possono “viralizzarsi” ed essere visti da milioni di persone

Ottenere un feedback continuo sui propri prodotti e sui propri contenuti

Costruirsi l’identità online

Come sempre, molte voci risultano utili anche in un’ottica culturale, come quella del museo. Come si diceva prima si può dare voce (e volto) allo staff: ad esempio al responsabile di una collezione che introduce i futuri eventi, oppure all’ispettore archeologo che promuove il museo in uno spot dove racconta e spiega le meraviglie presenti in museo. Ma gli utilizzi possono essere davvero molti: •

Oltre che allo staff si potrebbe produrre clip video di interviste fatte ai visitatori uscenti di una mostra o collezione.

Si potrebbe promuovere l’attività didattica producendo clip video delle lezioni, o della “costruzione” di manufatti che dovranno svolgere le classi di ragazzi una volta giunti in museo.

Si possono produrre clip video relative agli incontri che si svolgono in museo, con esperti, studiosi, divulgatori.

Si possono organizzare concorsi con gli utenti: questi potrebbero essere incoraggiati ad inviare clip video girate in museo, e premiare i filmati che valorizzano al meglio una particolare mostra. Al contrario, potrebbe essere il museo stesso a proporre clip agli utenti e sono questi che devono votare i filmati più interessanti.

Infine, dal momento che il museo non si relaziona solo con gli utenti ma anche con i media (giornali, riviste, tv, radio) sarebbe utile tenere un canale YouTube dove raccogliere le conferenze stampa e le presentazioni.

110

Massarotto (2007), p. 115

155


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Uno strumento, quindi, che si presta ottimamente a veicolare l’immagine e le iniziative del museo: perché tutto questo funzioni al meglio ci sono però due considerazioni importanti da fare. La prima riguarda lo strumento YouTube: la durata dei video è limitata a poco più di 10 minuti, anche se si aggira questo problema spezzettando un filmato più lungo in più parti da al massimo 10 minuti. Questo porta ad essere brevi e a riassumere le parti più salienti ed interessanti. Ed è proprio l’interesse, il secondo elemento chiave: in YouTube (ma più generalmente in tutto l’ambiente Web 2.0) non vince chi paga di più, non funziona come con gli spot televisivi; un messaggio è vincente e quindi verrà sempre più diffuso (dagli utenti stessi) se è interessante, curioso, divertente e stimolante. Il museo,

quindi,

prima

di

pubblicare

video/interviste,

spot,

meeting,

deve

realizzarli/montarli in modo che siano adatti alla fruizione online: rapidi, veloci, interessanti, frizzanti. Le possibilità offerte da questo strumento sono state capite immediatamente dai musei e si segnalano diverse iniziative: il MoMA utilizza YouTube come vetrina per i video degli artisti, l’Ontario Science Center utilizza il proprio canale per mostrare esibizioni ed incontri mentre il Tech Museum of Innovation ha scelto di utilizzare questo strumento per mostrare le interviste agli esperti. Fig. 65 – Lo spazio YouTube del Brooklyn Museum

Fonte: http://www.youtube.com/user/BrooklynMuseum (10.11.2008)

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Anche il Brooklyn Museum e l’Exploratorium di San Francisco, hanno puntato sulla condivisione di video su YouTube. Nel primo caso, i video sono strettamente relazionati all’attività del museo, con clip sulle mostre e interviste agli artisti ed esperti: inoltre c’è uno spazio dedicato alla “competition” sui migliori video realizzati dai visitatori all’interno delle mostre. Per confermare quanto detto in precedenza i video clip sono molto brevi e raramente superano i 3 minuti. Per quanto riguarda l’Exploratorium la scelta tematica sembra quella di non prendere in considerazione le interviste. Fig. 66 – Snapshot estratti dallo spazio YouTube dell’Exploratorium

Fonte: http://www.youtube.com/exploratorium , 11.11.2008

Queste osservazioni sembrano corrispondere con quanto emerso da una delle uniche ricerche111 sul rapporto tra YouTube e musei, svoltasi nel gennaio 2008, che analizza le esperienze di cinque musei, tra cui proprio l’Exploratorium, lo Smithsonian's Hirshhorn Museum, lo Sculpture Garden, l’ Indianapolis Museum of Art, il Museum of Modern Art, e il San Jose Museum of Art.

111

Alexander (2008) -. http://www.archimuse.com/mw2008/papers/hart/hart.html

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Fig. 67 – Le diverse tipologie di video pubblicate

Fonte: Alexander (2008) - http://www.archimuse.com/mw2008/papers/hart/hart.html

Dalla tabella si capisce come diversi musei utilizzino per diversi scopi lo strumento dei videoclip. L’Exploratorium, come già detto non presenta interviste video agli artisti, mentre il San Jose Museum of Art ne ha realizzate ben 28: è una dimostrazione di come la strategia di pubblicazione di videoclip segua la mission dell’istituzione, così risulta ovvio che un museo d’arte ospiterà più interviste agli artisti rispetto ad un museo scientifico,

che

invece

privilegerà

una

tipologia

più

dimostrativa

(infatti

l’Exploratorium presenta ben 25 videoclip nella categoria “demonstration”). Un altro chiaro esempio è quello dell’ Indianapolis Museum of Art (IMA) che vuole cambiare l’immagine del museo: At the IMA, one of the main goals for the YouTube initiative was to change the reputation of the institution and reach out to the community, so several of their videos are employee profiles which help expose audiences to the diverse human side of the institution. Fonte: Alexander (2008) - http://www.archimuse.com/mw2008/papers/hart/hart.html

L’IMA ha quindi prodotto diversi videoclip riguardanti lo staff museale (26) con l’obiettivo di dare un’immagine più umana del museo: ha inoltre diffuso anche una grande quantità di clip con materiale promozionale riguardante esibizioni, eventi, programmi (38). Tuttavia per questi musei, ma si può generalizzare, esistono alcune 158


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

criticità nell’utilizzo di YouTube, sia direttamente che indirettamente. Per i musei d’arte, ad esempio ci sono forti restrizioni per quanto riguarda il copyright delle opere filmate e così molti video non possono essere pubblicati in Rete oppure lo possono essere ma con restrizioni di tempo. Inoltre YouTube non offre una grande qualità di visione: i formati e le specifiche richieste non danno sempre buoni risultati. Infine, molte istituzioni lamentano la difficile e poco intuitiva gestione dei commenti. Tra i vantaggi dell’utilizzo di YouTube, c’è quello di raggiungere un nuovo pubblico: non sono in molti a cercare direttamente il museo su YouTube, tuttavia il pubblico viene a contatto con l’attività del museo cercando altro materiale. Per esempio se l’Exploratorium di San Francisco pubblica un video riguardante il circolo polare artico, molti visitatori vedranno il video realizzato dal museo, non avendo cercato il museo su YouTube bensì il tema in questione. Un altro esempio di questa possibilità è quanto accaduto all’ Indianapolis Museum of Art: For the IMA, one of their most successful series featured calligraphy artist Hirokazu Kosaka. Based on the comments (incidentally, their most commented-upon videos), the people watching this were not searching for "museum" content; they were searching for "calligraphy" content Fonte: Alexander (2008) - http://www.archimuse.com/mw2008/papers/hart/hart.html

Un altro vantaggio di YouTube è la già citata facilità di inserire i video realizzati in altri contesti: si possono infatti inserire i videoclip del proprio profilo Facebbok, all’interno del blog del museo, in altri social network, oppure ospitarli all’interno una pagina del website istituzionale, in modo da convergere le diverse piattaforme. Flickr E’ ormai considerato l’album fotografico in Rete per eccellenza: ma è molto di più di un semplice raccoglitore di fotografie. Come YouTube, anche Flickr è focalizzato su un contenuto specifico, le fotografie, ma in un’ottica 2.0: si può cioè inserire tag alle foto, condividerle con altri, formare gruppi di interesse, in sostanza è un ottimo strumento di gestione, diffusione e relazione. Inoltre questo strumento si presta ottimamente più all’ambito museale che a quello business. Anche a livello di expertise richiesta agli utenti, Flickr risulta essere una mossa vincente: fare fotografie e scaricarle sul proprio Pc è ormai un’operazione comune per chiunque ed è estremamente facile pure inserirle su Flickr per la condivisione con altri utenti. 159


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Oggi l’utilizzo di immagini digitali è comune a tutti: il successo di questa piattaforma (e di YouTube per i video) deriva dal fatto che i componenti hardware per effettuare scatti e video sono alla portata di tutti e di buona qualità, e chiunque può fare fotografie ad alta definizione o girare videoclip con il cellulare. Il successo è quindi comune per tutta la “filiera”: oggetti hardware semplici, buoni ed economici (digital camera, smartphone, videocamere, cellulari, i-phone) che sono compatibili (anche wireless) con i pc di tutti quanti; e anche il passo successivo, dal pc alla condivisione web, avviene ormai sempre più in modo integrato e intuitivo. Concludendo, sono tre le parole chiave: economicità (di tempo e denaro), intuitività, facilità. Sono cinque i grandi vantaggi che Flickr offre alla gestione di immagini112: •

Una grandissima quantità di immagini, da tutto il mondo, sia amatoriali sia di professionisti.

La possibilità di “tagging” alle foto consente una ricerca delle stesse più flessibile e precisa: si può infatti effettuare una ricerca sia per nome che per tag.

La condivisione delle immagini avviene in maniera semplicissima: Flickr è più comodo rispetto all’utilizzo di FTP o via mail.

Le immagini sono facilmente commentabili.

E’ (praticamente gratuito): tuttavia esiste la possibilità di crearsi un account “pro” (molti musei hanno fatto questa scelta) a costi molto contenuti, che da diritto a più spazio disponibile alle immagini.

Oltre alla possibilità di creare un profilo personale, Flickr consente la creazione di gruppi (già visto in Facebook): questo permette ai singoli di unirsi intorno ad un tema comune. I gruppi possono essere pubblici, pubblici ma solo su invito, completamente privati.

112

http://museumtwo.blogspot.com/2007/02/20-at-work-why-you-should-use-flickr.html

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Fig. 68 – Powerhouse Museum e Brooklyn Museum su Flickr

Fonte: http://www.flickr.com

Fig. 69 ‐ Iniziativa della TATE Britain su Flickr: “How we are: Photographing Britain”

Fonte: http://www.flickr.com/photos/tategallery/509111206/ (20.11.2008)

Molti musei hanno creato un proprio profilo Flickr, e molti creano dei gruppi di discussione relativi a mostre ed eventi in cui chiedono ai visitatori di partecipare pubblicando foto relative ai temi in questione: spesso il materiale dei visitatori (user generated content) è oggetto di concorsi, mostre o gallery virtuali. Tuttavia, il progetto più interessante, da un punto di vista museale, legato al social network Flickr è The Commons113. Questo progetto culturale, creato il 16 gennaio 2008, desidera mostrare al pubblico i tesori nascosti negli archivi fotografici pubblici di tutto il mondo, contando proprio sulla partecipazione del pubblico stesso per 113

http://www.flickr.com/commons/

161


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

accrescere la conoscenza. The Commons consente ai musei, e alle istituzioni culturali in generale, di aumentare le informazioni sul materiale pubblicato, grazie alla condivisione degli utenti. In sostanza quindi gli obiettivi generali del progetto sono: •

Incrementare l’accesso alle raccolte fotografiche pubbliche presenti nel Social Network Flickr

Offrire un modo al pubblico per contribuire con informazioni e conoscenza

Ma in che modo può partecipare il pubblico? Semplice, il modo migliore per partecipare è aggiungere un tag o due alle foto visualizzate e, se l’utente ha conoscenze particolari sul soggetto, può aggiungere un commento alle fotografie. Il progetto è davvero sorprendente e ha il merito di voler dare visibilità a moltissime immagini magari stipate dentro qualche magazzino museale: inoltre (e questa è la componente 2.0) queste immagini saranno arricchite dalle informazioni degli utenti, aiutando così esperti e studiosi nel diffondere la storia delle fotografie. Per quelle istituzioni che desiderano parteciparvi, Flickr comunica due note a cui prestare attenzione114: •

Le istituzioni culturali possono partecipare inviando un’e-mail all’indirizzo flickrcommons@ yahoo-inc.com. Oltre a questo è utile inviare anche qualche informazione relativa all’ istituto e comunicare l’indirizzo di eventuali raccolte fotografiche online già realizzate

La partecipazione al programma richiede agli istituti di dichiarare “nessuna restrizione nota sul diritto d’autore” in merito al contenuto condiviso.

Nonostante il progetto sia partito solo nel gennaio 2008 diverse realtà culturali stanno già partecipando molto attivamente, tra le quali: The Library of Congress, Powerhouse

Museum

Collection,

Brooklyn

Museum,

Smithsonian

Institution,

Bibliothèque de Toulouse, George Eastman House. Powerhouse Museum La prima realtà museale a partecipare al progetto, nell’aprile 2008, grazie al suo sterminato archivio di immagini, il più importante archivio storico di tutta l’Australia. Il 12 maggio 2008 il museo ha pubblicato ben 450 immagini provenienti dalla Collezione Tyrrell, ma con intenzione di pubblicarne ben 50 ogni settimana!

114

http://www.flickr.com/commons/

162


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Fig. 70 ‐ Collezione Tyrell su The Commons di Flickr

Fonte: http://flickr.com/photos/powerhouse_museum/ (23.11.2008)

La Collezione Tyrrell consiste di 7903 negativi su lastra provenienti dagli studi di Charles Kerry (1857-1928) e Henry King (1855-1923), due degli studi principali di Sydney tra l’800 e il ‘900. L’intenzione è quella di mappare e taggare le foto grazie all’attività di tutti gli utenti e chiunque è in possesso di informazioni sui luoghi, le persone, gli oggetti raffigurati è invitato a lasciare commenti. Proprio l’attività di geo-mapping è quella più interessante, soprattutto per vedere i luoghi come erano un tempo e come sono adesso: […] we have also started geo-tagging as many of the images we are uploading as possible. You can jump over to Flickr and see the images plotted on a map, then zoom in to browse and navigate. We are really excited by the possibilities that this opens up - suddenly ‘then and now’ photography becomes possible on a mass public scale. Fonte: http://www.powerhousemuseum.com/dmsblog/index.php/2008/04/08/powerhouse-museum-joins-the-commons-onflickr-the-what-why-and-how/ (24.10.2008)

L’obiettivo, quindi, del Powerhouse Museum è quello di diffondere grazie a Flickr un patrimonio di immagini poco conosciuto. Smithsonian Institution Nato nel 1846 negli Stati Uniti è un istituto di ricerca tra i più grandi al mondo: 19 musei, 9 centri di ricerca e uno zoo. All’interno di questi edifici può vantare milioni di manufatti storici e pezzi d’arte a cui si aggiungono 1,5 milioni di libri. L’elemento interessante, e che dovrebbe far riflettere molte istituzioni italiane, è che lo staff del museo ha deciso di iniziare la digitalizzazione di tutto il materiale per renderlo, nel tempo, disponibile a chiunque, via web. Con un 163


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

patrimonio così sterminato e una visione così aperta alle nuove tecnologie, il museo ha deciso di inserire su The Commons di Flickr moltissime immagini. George Eastman House Nel corso dell’estate 2008 anche un altro prestigioso museo ha deciso di partecipare a The Commons di Flickr: il George Eastman House è il più vecchio museo fotografico del mondo e uno dei più prestigiosi centri per la conservazione della fotografia. Le prime immagini inserite risalgono al periodo tra il 1890 e la prima guerra mondiale: eventi politici europei e orientali, i primi dagherrotipi scattati a Boston per finire con i primi autocromi, il primo metodo per ottenere foto colorate, inventato dai fratelli Lumière nel 1904. Brooklyn Museum Anche questo attivissimo museo ha partecipato a The Commons con la solita qualità riscontrabile anche in tutti gli altri progetti: oltre ad avere inserito diverse foto splendide sull’esposizione del 1900 a Parigi, ha realizzato alcune di queste in altissima definizione, chiedendo a chi le ri-utilizzerà semplicemente di avvisare via mail lo staff museale per informarlo della destinazione. Dal punto di vista dell’utenza quindi le attività possibili su Flickr (e su The Commons) sono diverse. Fig. 71 – Le “azioni” possibili da parte dell’utente in The Commons di Flickr

Fonte: http://www.powerhousemuseum.com/dmsblog/index.php/2008/07/21/commons-on-...-some-concepts-and-an-faq-thefirst-3-months-from-the-powerhouse-museum/ - (24.10.2008)

164


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Oltre alla semplice gradevolezza di poter vedere immagini pubblicate da grandi istituti di conservazione e ricerca, l’utente può infatti partecipare più attivamente: selezionare i preferiti, etichettare, commentare, oltre ovviamente al fatto che spesso molte iniziative/mostre dei musei richiedono esplicitamente il contributo fotografico del pubblico, con esposizioni sia online che offline. Inoltre, il fatto che le immagini su The Commons sono prive del diritto d’autore, questi contenuti possono essere riutilizzati dagli utenti, con elaborazioni Photoshop, oppure inseriti in altre piattaforme online (blog, profili, website). Micro-contenuti

Sotto questo termine intendo tutte quelle possibilità di

partecipazione dell’utenza minime, ma necessarie ad incrementare il traffico sui contenuti prodotti dal museo e non solo. Fig. 72 – L’utilizzo dei tag da parte del Powerhouse Museum

Fonte: http://www.powerhousemuseum.com/dmsblog/index.php/2008/07/25/re-ingesting-flickr (13.11.2008)

La possibilità di inserire tag alle fotografie, di votare i migliori video (o i migliori podcast), di effettuare ricerche proprio utilizzando le tassonomie create dagli utenti, e infine di avere più materiale possibile via RSS feed e quindi consultare gli aggiornamenti comodamente. Infatti, come si è già visto, RSS è uno dei più popolari formati per la distribuzione di contenuti web: rendere disponibili più contenuti (audio, video, podcasts) via RSS significa che l’utente, che ha sottoscritto le voci di 165


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

suo interesse, può rimanere aggiornato sui cambiamenti dei contenuti attraverso un Feed reader (un programma semplice che aggrega gli aggiornamenti), senza dovere andare ogni volta sul website del museo. Da un punto di vista museale, l’applicazione più utilizzata è di rendere disponibili via RSS i podcasts: interviste, esibizioni, o più spesso, le audio guide utilizzate dentro il museo. Ormai moltissimi musei realizzano podcasts pregevoli: tra i migliori musei produttori di podcasts, c’è all’ottavo posto115 della top ten 2008 il MART di Trento e Rovereto. A volte, avviene poi un utilizzo creativo di questo strumento: un esempio divertente (ma forse un po’ troppo azzardato per l’attività di un museo) è quanto hanno realizzato al MET Museum di New York. Il museo, nel corso del 2006, ha fatto una mostra dal titolo “Anglo Mania” per raccontare la moda nel regno di sua maestà fra il 1976 e 2006 affidando la voce dei podcasts relativi niente meno che all’indimenticato cantante dei Sex Pistols, Johnny Rotten116! Fig. 73 – L’attenzione ai micro – contenuti da parte del Brooklyn Museum

Fonte: Bernstein (2008) - http://www.archimuse.com/mw2008/papers/bernstein/bernstein.html

Inoltre, in precedenza si è discussa l’importanza proprio dei Judges, cioè quel pubblico che partecipa ai contenuti online inserendo tag o votando le varie tipologie di materiali, e di come queste micro-operazioni siano utilissime alla diffusione del materiale online. 115 116

Top Ten Best Podcast Museums (2008) - http://static.grazr.com/gzpanel.html http://www.soundsblog.it/post/352/johnny-rotten-registra-un-podcast-per-il-met-museum

166


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Proprio per questo molti musei hanno iniziato progetti in cui il pubblico può inserire i propri tag alle immagini e ricercare i contenuti all’interno del website non solamente con i canoni tradizionali ma attraverso i tag degli utenti. Del resto, l’importanza di queste micro-operazioni, è evidente proprio nei casi sopra descritti, riguardanti i social networks mediatici (Flickr, YouTube). Infatti, in queste piattaforme, oltre al possibile upload di materiale (ad opera dei “contributors”), è presente in larga misura tutta una serie di operazioni possibili (ad opera dei “judges”): etichettare, votare, commentare, incollare, selezionare i preferiti. Rendere disponibili tutte queste operazioni sia per i contenuti di produzione museale sia per quelli degli utenti, è necessario per incrementare l’interazione degli utenti con i materiali: come abbiamo visto ci sono diversi gradi possibili di partecipazione e non tutti gli utenti costruiscono video o scattano fotografie. A molti interessa solamente poter vedere e giudicare il materiale altrui: inoltre è proprio questo livello minimo di partecipazione a far si che la comunità di interesse online intorno al museo aumenti, contribuendo anche a far nascere i futuri “contributors”.

167


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Caratteristiche degli strumenti Dopo avere descritto e analizzato diversi esempi di utilizzo degli strumenti 2.0 nell’ambito museale credo sia necessario riassumere brevemente quanto è emerso. Prima di tutto sono in continua crescita le realtà museali che sperimentano questi strumenti per comunicare con il pubblico e per farlo partecipe degli avvenimenti museali: và detto che questo riguarda molto spesso mostre/esibizioni temporanee, progetti, eventi. Tuttavia gli esempi citati sono diversi, con una concentrazione di utilizzo del Web 2.0 sopratutto per le realtà museali nord americane, canadesi, australiane e inglesi. Fig. 74 – Tabella relativa alle caratteristiche degli strumenti 2.0

Tipologia

Impegno

Utilizzo

interattiva

partecipativo

(interno

(socialità

richiesto

Vs.

Vs.

all’utenza

esterno)

Obiettivo

Partecipazione del pubblico

contenuto) Veicolare contenuti Blog

Entrambi

Medio

Esterno

particolari,

Media/alta

ascoltando l’utenza Wiki Social generalisti Social mediatici

Contenuto

Molto alto

Entrambi

Collaborare ad un progetto/evento

Bassa

P.R. – Allargare la Socialità

Basso

Esterno

community del

Alta

museo Diffondere Entrambi

Medio

Esterno

contenuti

Media/alta

multimediali

Tornando agli strumenti analizzati (principalmente blog, wiki, social networks) è importante osservare dall’alto i molti casi concreti citati, alla ricerca di ipotetiche linee guida. In tabella (Fig. 74) ho riportato i quattro macro-strumenti principali: blog, piattaforme wiki, social network generalisti (MySpace, Facebook), social network mediatici (YouTube, Flickr). Per ognuno di questi ho individuato cinque 168


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

categorie d’analisi che mi sembrano interessanti per riassumere le caratteristiche di ogni strumento: •

Tipologia interattiva (socialità Vs. contenuto): questa voce mira ad individuare qual è la principale tipologia di interazione che avviene con un determinato strumento. Ad esempio, può prevalere una componete sociale perché lo strumento presenta caratteristiche utili per sviluppare relazioni, e i contenuti prodotti sono brevissimi (al massimo qualche scambio di messaggi); al contrario ci sono strumenti che sono orientati alla costruzione/diffusione di contenuti altamente informativi.

L’impegno partecipativo richiesto all’utenza: questa voce è molto importante perché non tutti gli strumenti 2.0 richiedono lo stesso “impegno partecipativo” da parte dell’utenza; preparare un testo originale per una Wiki è più impegnativo che inserire una tag ad una fotografia.

Utilizzo (interno Vs. esterno): questa voce ha l’obiettivo di individuare qual è il “luogo” più adatto per l’utilizzo degli strumenti 2.0.

Obiettivo: per quale motivo si utilizza quel determinato strumento 2.0?

Partecipazione del pubblico: questa voce sembra essere in parte legata al livello di partecipazione sopra indicato, infatti la partecipazione del pubblico varia molto da strumento a strumento.

Per quanto riguarda lo strumento più diffuso, il Blog, il suo obiettivo è quello di veicolare informazioni particolari, diverse per forma e contenuto da quelle che si trovano nel website: per questo motivo molti musei hanno creato più blog per seguire le diverse attività del museo. Nonostante qualche istituto utilizzi il blog solamente come un’altra finestra web su cui “postare” le stesse informazioni del website, i casi sopra esaminati ci dicono che questo strumento (sempre più utilizzato) è utile per aggiornare in modo veloce e informale gli utenti, che nella maggior parte dei casi, possono commentare gli articoli, relazionandosi direttamente con l’autore. Proprio questa caratteristica del blog di pubblicare informazioni, articoli, link, video, né fa uno strumento tipicamente orientato al contenuto: anche perché spesso i commenti degli utenti sono brevi ma realmente costruttivi e con rimandi ad altre informazioni sul tema. Tuttavia proprio la possibilità di interagire con l’autore, ma anche di rispondere ad altri utenti, sviluppa una componente di socialità che può evolvere se non proprio in una relazione almeno in un rapporto più diretto e informale tra museo e utente. Il fatto che, tecnicamente, lasciare un commento ad un articolo è spesso semplicissimo stimola il pubblico a partecipare, anche se lasciare un commento 169


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

davvero informativo richiede un po’ di tempo all’utente. Quest’ultima affermazione è particolarmente vera per i blog museali, in quanto spesso si parla di arte o di scienza e quindi gli utenti rispondono con commenti preparati e informativi sia per il museo, sia per gli altri utenti. Per quanto riguarda le piattaforme collaborative WIKI và fatta una precisazione. Abbiamo visto come i musei utilizzano questo strumento sia esternamente (Wikipedia, MuseumsWiki, oppure wiki proprie ma pubbliche) sia internamente. Io credo che l’utilizzo migliore sia quello interno: cioè quello per cui di fronte ad un progetto, l’allestimento di una mostra, la creazione di un paper, lo staff museale ha a disposizione uno strumento di lavoro condiviso (ad esempio sull’intranet) a cui tutti i membri possono partecipare con i propri contenuti. Gli esempi sopra descritti, che citano wiki aperte al pubblico, registrano, per stessa ammissione degli autori, una scarsa partecipazione: questo è probabilmente dovuto al fatto che il livello dell’impegno partecipativo richiesto al pubblico è elevato, molto di più rispetto a un commento su un blog, al voto di un videoclip,ecc. Infatti sono pochissime le realtà museali che adottano questo strumento pubblicamente, anche se, ripeto, come strumento interno di condivisione e co-realizzaazione di progetti è davvero interessante:

basti

pensare

a

quante

professionalità

sono

coinvolte

nella

realizzazione di una mostra, di un evento ecc. Concludendo, questo strumento è ovviamente caratterizzato da un orientamento al contenuto piuttosto che alla costruzione di relazioni. Dagli esempi analizzati nei paragrafi precedenti si nota come i musei che si sono registrati su un social network generalista, hanno avuto veramente molti contatti nella loro pagina personale: questo significa che sono un ottimo strumento di promozione, di pubblicità e, in parte, di condivisione di contenuti. Tuttavia questo strumento è adatto per stabilire relazioni, dal momento che la connessione con altri utenti avviene in modo semplicissimo e in breve tempo si forma una comunità di interesse intono all’attività museale: questo anche grazie alla possibilità di creare gruppi relativi ad una specifica iniziativa, mostra o esibizione. Un po’ diverso è l’ambiente dei social network mediatici. Qui la componente relazionale, tipica dei siti di social networking, si sposa con l’orientamento al contenuto. Moltissimi musei stanno utilizzando queste piattaforme per condividere in 170


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

modo facile e con un gran numero di utenti, i contenuti multimediali realizzati dallo staff museale o dagli utenti stessi (interviste agli artisti, videoclip realizzati dagli artisti, immagini e fotografie di archivi storici, e user created content). Il livello di impegno partecipativo richiesto al pubblico per l’interazione è molto vario: è basso quando l’utente inserisce tag alle immagini, oppure vota un videoclip, medio quando lascia brevi commenti ai contenuti ed è abbastanza alto quando decide di partecipare a contest organizzati dal museo e quindi deve girare videoclip, oppure scattare foto alle mostre, o realizzare dei mash up con le immagini del museo. Concludendo, l’obiettivo di queste piattaforme è quello di veicolare i contenuti (spesso liberi dal diritto d’autore) e far si che “viaggino” per la Rete, raggiungendo anche quei pubblici che non cercherebbero mai online il museo in questione.

171


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Conclusioni Dopo avere visto alcuni esempi concreti dell’utilizzo di strumenti 2.0 da parte di alcune realtà museali in Rete, è necessario definire cosa caratterizzi il

“museo

online” nell’epoca del Web 2.0. Per farlo, è utile ripescare i 5 punti da cui si è partiti nell’introduzione di questa tesi: memoria, forum, comunicazione/conversazione, rapporto con il pubblico, promozione. Il discorso riguardante l’evoluzione del concetto di memoria storica è complesso e tutt’oggi oggetto di importanti seminari117: nell’introduzione di questo lavoro ho accennato a qualche bell’iniziativa, a carattere 2.0, sviluppata per diffondere, accrescere e rendere “viva” e “attuale” la memoria legata alla Resistenza. Infatti le possibilità offerte dagli strumenti 2.0 di sviluppare un rapporto diretto e realmente partecipativo tra museo e utenza, consentono al museo stesso di andare oltre la semplice conservazione della memoria storica e spingersi verso un’”attualizzazione” di questa. Per spiegare meglio questo concetto è utile far riferimento ad uno degli esempi analizzati nel capitolo precedente a proposito dei social network. Un perfetto esempio di attualizzazione della memoria è il progetto The Commons di Flickr: una quantità impressionante di fotografie d’epoca che, invece di rimanere stipate dentro qualche magazzino museale, vengono pubblicate in Rete e condivise con chiunque. Non solo, ma è espressamente richiesta la partecipazione del pubblico per raccogliere più informazioni possibili sulle immagini, per commentare, inserire tag, e, data l’assenza di copyright, gli utenti sono liberi nel riutilizzare le immagini. Il numero ed il prestigio delle istituzioni che hanno aderito a questo progetto e soprattutto la grande partecipazione del pubblico, dimostrano che c’è un audience in Internet fortemente interessato alle tematiche culturali e che, grazie alla facilità e all’immediatezza degli strumenti 2.0, partecipa assiduamente alle iniziative quando gliene viene offerta la possibilità. Ad ogni modo credo che questo esempio rispecchi in pieno la volontà di fare uscire la memoria dai musei per farla "vivere" attraverso il rapporto col pubblico. La possibilità che la memoria storica sia oggetto di dibattito continuo, di partecipazione attiva da parte del pubblico, di creazione di contenuti ad essa legati da parte degli utenti, è uno degli elementi che caratterizza specificamente l’utilizzo del Web 2.0 da parte delle realtà culturali. 117

Memoria 2.0 - http://www.museodiffusotorino.it/focus_evento.aspx?id=254

172


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Il dibattito culturale online rappresenta, credo, l’evoluzione del concetto di Forum ampiamente analizzato dagli esperti già negli anni ’70. La necessità di spazi fisici in cui dibattere l’esperienza museale, confrontarsi, sperimentare, condividere i temi e le attività del museo è ancora attuale e necessaria: questa visione è ampiamente stata collaudata dai musei americani, veri e propri centri culturali. Non è un caso, infatti, che siano proprio le stesse realtà che poi hanno dato vita ad attività online estremamente partecipative e collaborative. Quindi, senza voler togliere niente alla straordinaria importanza di realizzare spazi di confronto e partecipazione fisici nel museo, credo che la dimensione online si adatti perfettamente per questi scopi affiancandosi e spesso integrando, con nuove potenzialità, i “forum” fisici. Credo che valga la pena di ripescare una citazione di Cameron, riportata nell’introduzione di questo lavoro: I nostri musei tradizionali si stanno sforzando di acquisire un significato più pregnante pur conservando il ruolo di templi, ma è indispensabile creare nel contempo forum destinati al confronto, alla sperimentazione e al pubblico dibattito, poiché il forum è un’istituzione strettamente collegata al museo ma distinta da esso. Fonte: Cameron, in Il Nuovo Museo , 2005

Blog, wiki, social network, community e tutti gli esempi visti in precedenza hanno dimostrato che è possibile animare un dibattito culturale con gli utenti e, soprattutto, tra gli utenti: perché speso il pubblico è si interessato a dibattere delle tematiche relative al museo, ma non solamente col museo stesso, soprattutto con altri utenti che hanno interessi, esperienze, e gusti simili. In questo senso è azzeccata la definizione sopra indicata di Cameron: lo staff museale deve creare uno spazio online che dibatta le tematiche del museo ma che allo stesso tempo non sia semplicemente una vetrina di elementi già sentiti e già visti, deve cioè rappresentare qualcosa di diverso, e questo può avvenire dando la possibilità agli utenti di interagire fra loro. Nel capitolo precedente si è visto come Youtube e Flickr consentano al pubblico di diffondere video e immagini relative alle proprie esperienze in museo: a volte spontaneamente, altre volte registrandosi a veri e propri contest lanciati dallo staff museale. Ad ogni modo le piattaforme 2.0 consentono a questi contenuti di essere visibili e scaricabili da tutti e chiunque può votarli e commentarli: allo stesso modo il commento di un utente su un blog può dare vita ad una discussione con altri utenti. All’interno di questa tesi, parlando dei pubblici online, si è visto come siano i judges (giudici, critici) il target maggiore: è 173


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

quindi opportuno dotare tutti i contenuti prodotti dal museo, e dagli altri utenti, delle possibilità di commento e giudizio. L’idea di forum, intesa come uno spazio di condivisione di idee e contenuti, dove si può esprimere le proprie opinioni e preferenze, e allo stesso modo riutilizzare o cerare ex novo dei contenuti, trova nuova linfa in Rete grazie alle applicazioni 2.0. Inoltre, al concetto di forum, è ovviamente legato anche il discorso fatto in precedenza relativo alla memoria: è in questi luoghi, in questo caso “virtuali”, che si conserva, estrae e promuove la memoria storica della società. Ovviamente, l’ambiente online, e più specificamente la realtà del Web 2.0, presenta delle proprie caratteristiche, e l’analisi svolta in questa tesi credo che mostri e disegni l’evoluzione proprio di una delle caratteristiche chiave del Web 2.0: la comunicazione. Ho già spiegato come la comunicazione in queste realtà online sia sostanzialmente molto informale, diretta, tra “pari” più che gerarchica, e multidirezionale. Molti dei concetti descritti sono in realtà presi a prestito dagli innumerevoli studi in ambiente business, che rimangono validi anche per un’istituzione

culturale

come

il

museo.

Tuttavia

la

trasformazione

della

comunicazione in Rete, avvenuta grazie al Web 2.0, ha per le istituzioni museali un significato ancora più interessante. La storia dell’attività comunicativa dei musei ci dice che per molto tempo questa era principalmente rivolta ad esperti, studiosi o addetti ai lavori e poco si curava del rapporto con il pubblico per così dire generalista: questo derivava, soprattutto per i musei europei, da una struttura museale che per decenni si era rivolta esclusivamente a un’elite intellettuale per tutte le sue attività. Per i musei, dunque, l’evoluzione della comunicazione non è stato un passo facile. Negli anni ’90 poi, con l’avvento della Rete Internet, i musei hanno iniziato a sperimentare la comunicazione attraverso questo nuovo media, e ho cercato di darne una piccola timeline nel secondo capitolo di questo lavoro. Oggi l’utilizzo del Web 2.0 richiede che non sia più solo il museo il centro della comunicazione online, ma gli utenti stessi. Il website istituzionale è stato per anni (e per moltissime realtà è ancora) il centro online delle comunicazioni dell’ente: il museo comunica agli utenti notizie, informazioni ed eventi. Nel capitolo precedente si è visto come il website sia ancora importante come luogo istituzionale, ma semplicemente per informazioni generali, database o gallery. La comunicazione con gli utenti avviene attraverso il blog o attraverso la creazione di profili su piattaforme 174


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

2.0: è all’interno di queste spazi che avviene un cambiamento importante. La comunicazione è spesso informale, trasparente, breve, diretta, umana e non ha niente a che vedere con la fredda homepage del website: ma il punto chiave è che in questi spazi il pubblico ha diritto di parola e si posiziona sullo stesso piano comunicativo (paritario) del museo, con buona pace di qualche curatore ottocentesco che ne sarebbe inorridito al semplice pensiero. Tuttavia credo ci sia una precisazione importante da esplicitare: il rapporto pubblico-museo è paritario sul piano comunicazionale, non certo su quello informativo. Al di là della correttezza teorica dei termini, significa che è sempre il museo ha svolgere il ruolo di centro culturale con il suo patrimonio e il suo sapere. Detto questo, il cambiamento nella comunicazione rimane epocale in quanto il pubblico esprime le proprie opinioni e, forse l’elemento più importante, il pubblico può esprimere critiche o domande: questo rappresenta un’utilità enorme in termini di feedback per l’attività museale. Come abbiamo visto per il Brooklyn Museum e altre realtà (Science Buzz), si sono create vere e proprie aree del website dedicate al rapporto con il pubblico: link ai profili di social network, questionari, diversi blog per diversi argomenti, wiki per progetti collaborativi. Qui lo scambio comunicazionale è incoraggiato, le critiche accettate, e il rapporto con gli utenti è quello che si ha con un amico o conoscente: spesso avviene una vera e propria conversazione sui temi culturali. Inutile dire che questa comunicazione informale è strettamente collegata al tema del rapporto col pubblico da parte del museo. Gli esempi analizzati nel capitolo precedente mostrano che diverse realtà, attraverso il web (ovviamente non solo), “spronano” e “stimolano” la partecipazione dell’utente, mettendone alla prova la propria sensibilità artistica. Questo coinvolgimento dell’utente avviene spesso anche nello spazio fisico del museo, basta pensare all’iniziativa Graffiti118 del Brooklyn Museum, ma in ogni caso presenta poi una “coda” online, con commenti sui blog, immagini su Flickr e video su YouTube. La scopo degli strumenti 2.0 è proprio quello di consentire una facile, gratuita ed immediata condivisione di interessi e contenuti tra gli utenti: queste caratteristiche ne fanno quindi gli strumenti perfetti per fare diventare il pubblico non più solo un ricevente passivo ma egli stesso un attore “culturale” attraverso recensioni, fotografie, video e commenti realizzati dagli utenti (usercreated content) e condivisi con tutti. 118

http://www.brooklynmuseum.org/exhibitions/graffiti/

175


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

In realtà, come l’ Exploratorium di San Francisco, l’Ontario Science Center, il Brooklyn Museum, Lo Smithstonian, Israel Museum e altri ancora, il Web 2.0 ha aiutato lo sviluppo di vere e proprie comunità di interesse relative alle attività del museo. C’è da aggiungere, tuttavia, che questo diverso rapporto con il pubblico non nasce grazie al Web 2.0: è la mentalità dello staff museale che deve passare dalla percezione di un museo immobile e semplicemente conservatore, all’idea di centro culturale aperto (o perlomeno in ascolto) alle impressioni del pubblico. Il passo successivo è quello di attuare concrete e “reali” azioni perché questo accada. Infine, l’adozione di strumenti online, come quelli del Web 2.0, consentono un grande impulso, nuove prospettive e soprattutto un audience globale a questo cambiamento di mentalità. Ma qual è la specificità propria di un’istituzione culturale nel rapporto con il pubblico attraverso gli strumenti 2.0? Nel mondo business, l’ascolto e la partecipazione dell’azienda nelle community o l’utilizzo di blog e altri strumenti, è finalizzata a capire che interessi ha l’utente, in che modo discute del prodotto con i suoi “amici” in Rete. Per un’istituzione culturale e più specificamente per un museo il discorso è più ampio. Certo, si può equiparare l’esperienza della visita fisica nel museo alla “prova” di un prodotto, e si devono ascoltare gli utenti sulla riuscita o meno di una mostra o esibizione. Ma l’elemento che interviene in un conteso culturale, e lo differenzia dal modo business e da altre aree, è appunto la cultura: in questi contesti interviene una componente formativa e didattica che deve avere, come scopo primario, la diffusione del sapere e della conoscenza presso il pubblico. Non solo. Oggi, vista la varietà del pubblico museale, questo scopo deve essere raggiunto con una comunicazione accessibile a chiunque, e attraverso diversi strumenti. Gli strumenti 2.0, per quanto riguarda l’attività comunicativa online, credo siano utili proprio per questo scopo: raggiungono vasti segmenti di pubblico (soprattutto quello giovane), consentono al pubblico una facile interazione con i contenuti museali, permettono al patrimonio museale un’immediata diffusione all’interno della Rete, tutto questo attraverso una comunicazione facile ed informale. Le opportunità didattiche e formative, che offre il materiale del museo online, sono state oggetto di analisi e sperimentazione sin dalle prime realtà museali che si affacciavano in Rete, come viene ampiamente descritto nel terzo capitolo di questo lavoro: questa 176


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

componente didattica può oggi essere ulteriormente sviluppata grazie agli strumenti 2.0. Tornando al concetto di museo come “diffusore”, oltreché conservatore, di conoscenza, l’utilizzo degli strumenti online del Web 2.0 presuppone che lo staff museale faccia attenzione a due elementi: credibilità e qualità dei contenuti. L’attività comunicativa online del museo deve essere credibile, trasparente, in quanto comunica, in un certo senso, il patrimonio culturale della società: come già detto prima, uno degli scopi nell’utilizzo del Web 2.0, per un museo, è quello di animare il dibattito culturale, e questo richiede serietà nel rapporto con il pubblico online. La seconda caratteristica, la qualità, è indissolubilmente legata alla prima, ma presenta anche un altro aspetto interessante. Gli strumenti del Web 2.0 non funzionano come i vecchi media. Mi spiego meglio. In televisione un’azienda più paga più ha passaggi pubblicitari indipendentemente dalla qualità dello spot, del prodotto, del marchio. In Internet funziona diversamente, soprattutto nell’era del Web 2.0: se un museo vuole che i suoi contenuti e la sua comunicazione “girino” per la Rete, anche per mano degli stessi utenti, deve creare contenuti di qualità e realmente interessanti. Questo anche perché una buona reputazione (di fondamentale importanza per un museo) nel mondo del Web è difficile da costruire e consolidare, ma è facilissima da perdere (un esempio arcinoto è il portale Italia.it). Piattaforme 2.0 come i social network generalisti (Facebook, MySpace) e mediatici (Flickr, YouTube) vengono utilizzati, dalle realtà museali, proprio come “spazi” in cui veicolare contenuti o promuovere gli eventi del museo. Fin qui, ho discusso relativamente al “lato culturale” offerto dall’utilizzo di questi strumenti, ma, ovviamente, per un museo questi rappresentano anche uno straordinario (ed economico!) canale di promozione e pubblicità. Come si è visto, analizzando alcuni casi, soprattutto per quel che riguarda i social network generalisti, lo scopo è proprio questo: il museo “esce” dal proprio website istituzionale e va ad “affacciarsi” in queste “piazze” interattive proponendo le proprie attività, ad un pubblico che, spesso, non sarebbe mai andato a cercare il website istituzionale. In questo senso operano pure i social mediatici: la facilità con cui vengono condivise le foto tramite Flickr, o meglio ancora, la possibilità di “incollare” ovunque un filmato pubblicato su YouTube fanno si che anche quegli utenti che espressamente non “cercano” in Rete il 177


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

museo vengano comunque a contatto con i suoi contenuti. E la qualità, cui si accennava prima, fa si che questi si diffondano globalmente e in poco tempo. Il “museo online 2.0” si contraddistingue, quindi, per essere una piattaforma di scambio e dibattito con gli utenti, che ha come scopo la diffusione della conoscenza e nei migliori casi diventa un vero e proprio strumento didattico. L’importanza degli strumenti 2.0 per l’attività online dei musei è inoltre dimostrata dallo stretto rapporto

professionale

e

di

discussione

delle

medesime

realtà

museali.

Documentandomi su questo tema ho notato come le poche (ma in crescita) realtà che utilizzano questi strumenti siano in forte contatto: blog museali che non perdono l’occasione di citare un bel lavoro svolto da un’altra struttura, continui link tra un museo e un altro, scambi informativi relativi alle proprie esperienze con questi strumenti (come con The Commons di Flickr). Una realtà fatta di pochi attori ma molto compatta e aperta al confronto e ai consigli: inoltre sono nati, negli ultimi tre anni, molti website o blog non propriamente museali ma gestiti da professionisti del settore che discutono proprio le tematiche relative all’utilizzo dei nuovi media in ambito museale. Credo che questa rete di scambi, da cui ho attinto a piene mani per la creazione di questo lavoro, sfornerà in precise linee guida per l’utilizzo del Web 2.0 per le realtà culturali.

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Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

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Ontario Science Centre - http://www.ontariosciencecentre.ca/ Powerhouse Museum - http://www.powerhousemuseum.com/ Progetto ERA - http://www.resistance-archive.org Progetto Michael - www.michael-culture.org/it Smithsonian Institution - http://www.si.edu/ TATE - http://www.tate.org.uk/ The Exploratorium - http://www.exploratorium.edu/ The Israel Museum - http://www.english.imjnet.org.il/ Walker Art Center - http://www.walkerart.org/

Blog Museum 2.0

http://museumtwo.blogspot.com

Blog creato da Nina Simon, analizza approfonditamente le esperienze 2.0 di molte realtà museali. Forse la migliore risorsa da cui partire per approcciare il problema: ricco di schemi, link ad altre risorse in uno stile assolutamente informale. Museum Blogging

http://museumblogging.com

Blog con meno contenuti rispetto al precedente ma utile per avere una panoramica a 360° sul Web 2.0 in ambito museale: indipendentemente dal titolo, infatti, non si occupa solamente di blog museali, ma di tutti gli strumenti 2.0. Fresh+New

http://www.powerhousemuseum.com/dmsblog/

Blog molto professionale creato da Seb Chan e legato al Powerhouse Museum di Sydney. Approfondisce il tema dei nuovi media all’interno del museo e offre utili link anche verso altre realtà museali che si sono distinte in questo settore. TEC-Ch Blog

http://tec-ch.blogspot.com/

Blog del Master in “Technology-Enhanced Communication for Cultural Heritage” dell’Università di Lugano. Il Blog di Roberta Milano

http://www.robertamilano.com/

Blog utilissimo e ben fatto relativo a marketing/turismo/Web. 190


Musei online. Gli strumenti 2.0 al servizio del dibattito culturale

Internet P.R.

http://internetpr.it/

Blog creato da Marco Massarotto, porta il medesimo nome del libro. Necessario per tenersi informati sugli sviluppi (in qualsiasi settore) del Web 2.0. Social Media Corner

http://lucaconti.nova100.ilsole24ore.com/

Blog creato e gestito da Luca Conti all’interno della piattaforma online de ilSole24ORE. Notizie e filmati con lo scopo di informare (in modo molto piacevole) sui cambiamenti nel mondo del web. New Media Initiatives

http://blogs.walkerart.org/newmedia/

Blog dedicato ai nuovi media all’interno del museo. Creato dallo staff del Walker Art Center di Minneapolis, contiene tra le tante cose, delle interessanti survey sull’attività online degli utenti. Archimuse

http://conference.archimuse.com/

Blog creato da Archives and Museums Informtic (gli stessi della conferenza Museums and Web). Aggiornatissimo e utile per venire a contatto con professionisti di tutto il mondo relativamente all’utilizzo dei nuovi media in museo. MuseumBlogs

http://www.museumblogs.org/

Lista dei blog museali (o di blog che trattano queste tematiche) presenti in Rete. Im in Ur Museum Blogz

http://museumblogthesis.blogspot.com/

Blog creato e gestito da Lynn Bethke. Risorse, esempi e link utilissimi per esplorare l’ambiente del museo online.

Thanks/ElenaEsposito/NicolaBigi/LuisaCarrada/MarcoMassarotto/NinaSimon/CinziaFerrara/PietroSant achiara/MuseiCiviciRE/DivaSilvano/RobertoTruzzi/MatteoMercati/FabioVarini/ElenaBellin

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