Ventilazione meccanica
La ristrutturazione di un impianto di ventilazione comporta degli oneri molto importanti, sia dal punto di vista logistico e di cantierizzazione, sia dal punto di vista economico. Di contro, però, i vantaggi sono fondamentali
Riqualificare gli impianti di ventilazione meccanica negli edifici esistenti
di Riccardo Antoniazzi*
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a ristrutturazione di un impianto
di ventilazione meccanica comporta sempre difficoltà tecniche e logistiche di primaria importanza, poiché, a causa delle canalizzazioni di mandata e di ripresa, che occupano l’interno degli spazi tecnici, la maggior parte dei volumi disponibili, sono spesso molto ingombranti. La loro sostituzione non è quindi mai immediata e spesso comporta il coinvolgimento di tutti gli altri impianti interni ai cavedi. Infatti, anche solo un intervento puntuale di ristrutturazione di alcune parti delle canalizzazioni richiede la necessità di rimuovere altre installazioni impiantistiche. Si sottolinea, inoltre, che gli impianti di ventilazione si distribuiscono in vaste aree degli edifici e quindi un intervento di ristrutturazione comporta la necessità di importanti adeguamenti delle opere edili (apertura e/o rimozione di controsoffitti, forometrie invasive, …). È inoltre importante evidenziare come ad un impianto di ventilazione sia associata la maggior parte
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del fabbisogno energetico di un edificio; soprattutto nei casi di impianti a tutta aria esterna, l’energia assorbita dalle batterie di trattamento aria interne alle UTA è spesso molto maggiore dell’energia assorbita dagli altri terminali degli impianti. Di conseguenza una ristrutturazione di un impianto di ventilazione necessita di una particolare attenzione dal punto di vista tecnico: pochi interventi correttivi mirati sull’impianto di ventilazione possono consentire un miglioramento della prestazione energetica di un edificio molto superiore rispetto ad azioni sull’involucro edilizio. Infine si sottolinea che all’impianto di ventilazione è spesso associata, soprattutto negli edifici ospedalieri, una fondamentale funzione
igienico-sanitaria legata ai ricambi d’aria esterna dei diversi locali. Lo stato di conservazione di tale impianto spesso compromette tale funzione. La ristrutturazione di un impianto di ventilazione necessita, quindi, di opere di sanificazione e/o pulizia delle condotte in modo da ripristinare l’originaria salubrità dell’impianto. Alla luce di quanto descritto si può affermare che la ristrutturazione di un impianto di ventilazione comporti oneri economici, logistici e progettuali molto importanti; inoltre tale operazione di riqualificazione impiantistica procura conseguenze notevoli sulla logistica del cantiere e sui risultati energetici dell’intera riqualificazione dell’edificio.
Riqualificazione igienico-sanitaria Soprattutto negli ambienti ospedalieri, un impianto di ventilazione meccanica ricopre un’importante funzione igienico-sanitaria, poiché consente di ottemperare ai cogenti requisiti di ricambio dell’aria esterna imposti da numerose normative nazionali ed europee, che impongono un livello idoneo di pulizia alle superfici interne delle condotte. In primo luogo, il D.Lgs. 81/2008 prescrive nel punto 1.9.1.4 dell’Allegato IV che gli impianti di condizionamento dell’aria “devono essere periodicamente sottoposti a controlli, manutenzione, pulizia e sanificazione per la tutela della salute dei lavoratori”. Mentre, le Linee guida per la prevenzione e il controllo della legionellosi (Gazzetta Ufficiale n.103 del 05/05/2000) riportano nel punto 7.2 che “durante l’esercizio dell’impianto è importante eseguire controlli periodici per rilevare la presenza o meno di sporcizia. Nel caso, poi, di un intervento di pulizia,
PRIMA e DOPO. Canale di ventilazione prima e dopo la pulizia e la sanificazione occorre assicurarsi successivamente che le sostanze usate siano rimosse completamente dal sistema”. Lo stesso dicasi per le “Linee guida recanti indicazioni sulla legionellosi per i gestori di strutture turistico-ricettive e termali”, pubblicate sulla G.U. Del 04/02/2005, che sottolineano l’importanza della pulizia periodica degli impianti di climatizzazione. Infine è doveroso citare le “Linee Guida per la definizione di protocolli tecnici di manutenzione predittiva sugli impianti di climatizzazione”, pubblicate sulla G.U. del
ELETTROSPAZZOLA. Comandata da un operatore specializzato, durante la roteazione l’elettrospazzola solleva e tiene in sospensione tutto ciò che si trova all’interno dei canali d’aria
03/11/2006, le quali nel punto 2.2.7 prescrivono che “le condotte d’aria devono essere periodicamente ispezionate”. Nonostante questi numerosi e pesanti vincoli normativi, viene raramente realizzata la pulizia e la sanificazione dei canali, in quanto tale attività comporta spesso delle fermate dell’impianto piuttosto prolungate e, talvolta, risulta di difficile realizzazione a causa della contemporanea presenza nei locali di operatori e di utenti.
Tecnologie per la pulizia interna dei canali Alla luce di quanto descritto, appare evidente come la pulizia e la sanificazione dei canali sia un’attività assolutamente necessaria durante un intervento di ristrutturazione di un impianto di ventilazione meccanica. La sanificazione interna dei canali può essere realizzata mediante tecniche differenti: utilizzo di elettrospazzole (rotanti, manuali o robotizzate), utilizzo di testine ad aria compressa, deposizione turbolenta controllata di aerosol polimerici ristrutturanti ad azione battericida e fungicida. Utilizzo di elettrospazzole
The retrofitting of mechanical ventilation systems in existing buildings
The present work describes how the retrofitting of mechanical ventilation systems in existing buildings involves very important responsabilities, both economic and operational. However, the benefits (sanitary and energetic) are very important. This paper describes how to maximize the benefits of a retrofitting of a mechanical ventilation system. Keywords: existing buldings, mechanical ventilation systems, retrofitting
La prima tecnologia descritta per la pulizia interna delle condotte aerauliche viene eseguita attraverso l’introduzione di una particolare elettrospazzola dotata di speciali setole in nylon e polipropilene, adatte alle dimensioni ed alla forma delle condotte aerauliche interessate dalle operazioni di bonifica. L’elettrospazzola, comandata da un operatore specializzato, durante la roteazione solleva e tiene in sospensione tutto ciò che si trova all’interno dei canali d’aria. Contemporaneamente allo svolgimento di tali operazioni, attraverso un apposito tubo flessibile, viene attivato un estrattore d’aria che è in grado di garantire
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RECUPERATORE IN CONTROCORRENTE
il totale distacco e la successiva eliminazione di tutto lo sporco presente nelle condotte. La disinfezione viene garantita nebulizzando in soluzione, su tutte le superfici interne, un prodotto disinfettante; il tempo di contatto nel quale il principio attivo del disinfettante agisce sulle superficie interne delle condotte aerauliche è pari a circa 90 minuti.
La testina, inoltre, avanza all’interno delle condotte con un raggio d’azione di 25/30 metri in orizzontale e circa 8/10 metri in verticale. Il raggio d’azione utile e la dimensione contenuta della testina consentono di minimizzare la quantità e la grandezza dei varchi di accesso all’impianto da bonificare, salvaguardandone quanto più possibile l’integrità. Spesso vengono utilizzati varchi già presenti, quali fori per bocchette, griglie, diffusori. Questa operatività riduce fortemente i tempi necessari per l’effettuazione del servizio limitando al minimo l’interferenza con le normali attività che si svolgono negli ambienti interessati dalla manutenzione all’impianto. Tutta l’aria ricca di particolato e depositi che sono stati distaccati dall’interno della condotta passano attraverso una serie di filtri dove l’ultimo di questi è un filtro assoluto. Questa filtrazione ad altissima efficienza mantiene indenni i locali serviti dall’impianto in manutenzione da dispersioni di particolato potenzialmente pericoloso, rendendo immediatamente fruibili i locali e garantisce la protezione dei tecnici che eseguono la bonifica.
Utilizzo di testine ad aria compressa
La seconda tecnologia è invece basata sull’azione di testine ad aria compressa (6/8 bar), che, grazie ad un flusso d’aria opportunamente convogliato, creano una lama d’aria (“coltello d’aria”) che aggredisce le sostanze contaminanti ed i depositi di particolato, distaccandoli. Il flusso d’aria imposto dalla conformazione della testina consente alla testina stessa di mantenersi in costante contatto con la superficie interna della condotta da bonificare, garantendo così l’avanzamento a prescindere dalla conformazione del condotto.
Deposizione di aerosol polimerici
L’ultima tecnologia descritta si avvale di una tecnica di controllo della deposizione di aerosol in fase liquida all’interno di condotte. Si crea un rivestimento polimerico continuo all’interno delle canalizzazioni, il quale svolge la funzione di inglobare i depositi di polveri alle pareti e di rendere inattiva la carica microbica e micotica in essi eventualmente contenuta. Il flusso d’aria nel quale viene iniettato l’aerosol polimerico viene generato ponendo l’impianto di ventilazione in condizioni di pressione relativa negativa, scongiurando
quindi il rischio di fuoriuscita di polveri, contaminanti microbiologici ed aerosol polimerici dalle condotte sottoposte a trattamento. La turbolenza indotta e modulata all’interno della vena d’aria in cui viene iniettato l’aerosol, garantisce la deposizione continua del polimero sulla totalità delle superfici interne delle condotte. Tale tecnologia utilizza aerosol polimerici ottenuti per atomizzazione di una emulsione sintetica acquosa bicomposta, ininfiammabile, ad azione sanificante; tale resina è in grado di legarsi alla superficie interna “sporca” dei canali aeraulici, bagnando ed impregnando i depositi di polvere su di essa presenti, ed abbattendo la carica microbica e micotica in essi eventualmente contenuta. In tal modo assicura un’elevata compatibilità chimico-fisica con tutti i materiali di consueto impiego nella realizzazione delle reti aerauliche degli impianti di ventilazione. Naturalmente durante le operazioni di sanificazione risulta necessario escludere dal resto dell’impianto, mediante otturazioni statiche, la porzione di rete aeraulica che deve essere rigenerata. Otturare staticamente lungo i punti terminali della rete aeraulica per l’isolamento della porzione di rete da sottoporre a rigenerazione.
Riqualificazione energetica È già stato ribadito come un impianto di ventilazione meccanica, soprattutto quando utilizza tutt’aria esterna, sfrutta la maggior parte del fabbisogno energetico di un edificio. È quindi necessario, quando se ne progetta la ristrutturazione, analizzare tutte le soluzioni che consentano di limitare tale dispendio energetico. I principali punti da analizzare affinché l’impianto di ventilazione possa limitare il fabbisogno energetico dell’edificio sono: il recupero di calore dell’aria espulsa, la tenuta all’aria dei canali e la coibentazione dei canali.
Recupero di calore dell’aria espulsa Il recupero del calore dell’aria espulsa è uno dei metodi principali per ridurre la spesa energetica di un impianto di
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RECUPERATORE ROTATIVO doppio che consente di ridurre il diametro e di essere utilizzato a controsoffitto
ventilazione. Tale tecnologia è obbligatoria, ai sensi dell’Allegato C del D.P.R. 412/93, se la portata di aria espulsa e il numero delle ore/ anno di funzionamento dell’impianto superano i valori limite. Tali valori limite sono diversi in funzione dei Gradi Giorno della località in cui è installato l’impianto stesso. La realizzazione del sistema di recupero del calore su un impianto di ventilazione meccanica esistente è banale se l’UTA installata è già dotata di tale sezione. Molto più problematica è la ristrutturazione nel caso in cui l’impianto esistente sia privo di recuperatore di calore. Ristrutturazione di un impianto di ventilazione dotato di recuperatore di calore
La ristrutturazione dell’impianto comporta il ripristino della sezione di recupero di calore esistente. Tuttavia è fondamentale, almeno per i recuperatori a flussi incrociati, prevedere una serranda di by-pass del recuperatore stesso. Deve essere sempre possibile, infatti, by-passare lo scambiatore di recupero ogniqualvolta le condizioni dell’aria esterna rendano lo stesso energeticamente sfavorevole. Tale serranda deve essere dimensionata in modo che, nei momenti in cui il recuperatore è by-passato, le perdite di carico di tale sezione risultino estremamente limitate. Infatti, il recupero di calore garantito dagli scambiatori sull’aria espulsa non è gratuito: le perdite di carico aggiuntive generate da questa sezione comportano un incremento di energia elettrica assorbita dai ventilatori dell’UTA (sia dal ventilatore di mandata, che da quello di ripresa). Si possono quindi definire COP e EER di un recuperatore di calore come rapporto tra la
potenza recuperata dall’aria espulsa e la potenza elettrica utilizzata dal recuperatore stesso: qinv COPrec = ———— (1) qrec qest EERrec = ———— (2) qrec Si può dimostrare che per taluni valori di temperatura dell’aria esterna i valori di COP e di EER del sistema di recupero sono meno vantaggiosi dei valori di COP e di EER delle centrali termo-frigorifere. In questi casi si deve by-passare lo scambiatore di recupero. Parallelamente è necessario dotare i motori dei ventilatori di
inverter o di ventilatori EC a corrente continua in modo che il sistema di regolazione possa ridurre le prevalenza dei ventilatori nel momenti in cui lo scambiatore di recupero è disattivato. Si sottolinea che allo stato attuale non tutte le UTA, anche di nuova installazione, sono dotate di serranda di by-pass del recuperatore. Ma anche quando presente, tale serranda viene dimensionata in modo da garantire le medesime perdite di carico dello scambiatore di recupero. È necessario, invece, ridurre al minimo le perdite di carico della serranda (compatibilmente con gli ingombri), in modo da limitare l’energia elettrica assorbita dai ventilatori quando le condizioni dell’aria esterna lo richiedano.
NOMENCLATURA
COPrec = COP del sistema di recupero del calore (kW/kW) Qinv = Potenza recuperata in fase invernale dal sistema di recupero del calore (kW) Qest = Potenza recuperata in fase estiva dal sistema di recupero del calore (kW) Qrec = Potenza elettrica assorbita dal sistema di recupero del calore (kW)
RECUPERATORE ROTATIVO NORMALE
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Ristrutturazione di un impianto di ventilazione privo di recuperatore di calore
Spesso gli impianti di ventilazione meccanica da ristrutturare sono, allo stato di fatto, privi di sistemi di recupero dell’aria espulsa. Talvolta poi le griglie di presa aria esterna delle UTA sono posizionate in zone molto distanti dalle griglie di espulsione, mentre i canali di mandata e di ripresa sono collocati in parti di edificio lontane tra loro e occupano cavedi e intercapedini diverse. In queste condizioni, l’inserimento della sezione di recupero spesso non è fattibile a meno di una completa dismissione e rifacimento di tutte le canalizzazioni, con conseguente individuazione di nuovi cavedi e passaggi all’interno dell’edificio. Non risulta quindi possibile installare un recuperatore di calore a flussi incrociati, un rotativo e nemmeno un termodinamico. In tali casi sarebbe possibile installare una doppia batteria ad acqua di recupero, ma l’efficienza di tale sistema risulta estremamente limitata, tanto più se le due batterie sono posizionate in zone lontane e quindi le perdite energetiche di distribuzione del fluido vettore aumentano. In tali circostanze, è possibile “sostituire” il sistema di recupero dell’aria espulsa con altre tecnologie che consentono, sia in fase invernale che in fase estiva, di ridurre il fabbisogno energetico legato al trattamento dell’aria esterna. Tali tecnologie, divise tra la stagione di utilizzo, sono: • recupero rigenerativo (funzionamento estivo); • raffreddamento adiabatico indiretto per preraffreddamento aria esterna (funzionamento estivo). • sottoraffreddamento del condensatore di una pompa di calore per preriscaldamento aria esterna (funzionamento invernale);
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RECUPERATORE A FLUSSI INCROCIATI
• energia solare per preriscaldamento aria esterna (funzionamento invernale). Recupero rigenerativo
Il recupero rigenerativo è una tecnologia che, in fase estiva, permette di ridurre il fabbisogno di energia legato al raffreddamento dell’aria esterna e al post-riscaldamento della stessa (Vio, 2009; 2011). Tale tecnologia può essere utilizzata principalmente negli impianti di ventilazione adibiti alla funzione di “aria primaria” e quindi negli impianti che non hanno il compito di controllare la temperatura ambiente. In quest’ultimo caso, infatti, proprio nei momenti in cui l’aria esterna assume valori più elevati (e quindi i carichi sensibili e latenti sono maggiori), l’UTA deve immettere aria a temperatura ridotta, eliminando il post-riscaldamento. Di conseguenza, si perde ogni vantaggio di tale tecnologia. Diversa è la situazione dei locali i cui carichi estivi comportano un rapporto R tra carico sensibile e carico totale ridotto, e quindi la potenza latente ha un valore in percentuale elevato rispetto alle rientrate totali degli ambienti. In questo caso, l’aria immessa deve essere postriscaldata e quindi tale tecnologia può essere energeticamente utile. Il recupero rigenerativo può essere poco adatto anche in impianti con terminale radiante (a soffitto, a pavimento o a parete) e aria primaria; in taluni casi i carichi endogeni di alcuni locali sono così elevati che la potenza garantita dall’impianto radiante non è sufficiente ad abbattere le rientrate sensibili; anche in questo caso l’aria primaria deve in tali circostanze partecipare all’abbattimento di sensibile, immettendo aria a temperatura inferiore alle condizioni ambiente. Il post-riscaldamento viene limitato proprio nei momenti in cui l’aria esterna è alle condizioni di temperatura più elevate e quindi proprio nei momenti in cui il preraffreddamento dell’aria esterna consente il massimo vantaggio del recupero rigenerativo. La tecnologia si presta alla massima efficacia negli impianti in cui l’aria primaria viene sempre immessa alle condizioni termoigrometriche
neutre rispetto all’ambiente e quindi quando il post-riscaldamento dell’aria deumidificata è sempre necessario. Raffreddamento adiabatico indiretto
Il raffreddamento adiabatico indiretto è una tecnologia, alternativa al recupero rigenerativo, che permette di ridurre, in fase estiva, il fabbisogno di energia legato al raffreddamento dell’aria esterna, anche in caso di lontananza del punto di espulsione dell’aria rispetto al punto di presa aria esterna (Vio, 2009; 2011). Consiste nell’installazione di uno scambiatore a flussi incrociati in cui si incrocia il flusso di immissione con un flusso di aria esterna raffreddato attraverso umidificazione adiabatica. L’aria umidificata non necessariamente deve essere l’aria ambiente espulsa: proprio nel caso descritto (in cui il ventilatore di espulsione è lontano dalla presa aria esterna) si può umidificare aria esterna che viene espulsa direttamente, dopo il passaggio nel recuperatore. In tal modo si ottiene un pre-raffreddamento dell’aria esterna spesso superiore rispetto ad un comune recuperatore a flussi incrociati che incroci l’aria immessa con l’aria ambiente. Tale tecnologia, a differenza del recupero rigenerativo, si può applicare con efficacia in tutti gli impianti di ventilazione meccanica in quanto il raffreddamento gratuito dell’aria esterna non comporta un post-riscaldamento dell’aria immessa e quindi non va ad interagire con il controllo della temperatura ambiente. Tuttavia,
questo sistema comporta maggiori oneri manutentivi legati alla sezione di umidificazione dell’aria espulsa. Sottoraffreddamento del condensatore di una pompa di calore
Le due tecnologie precedentemente descritte consentono di sopperire alla mancanza di una sezione di recupero del calore dell’aria espulsa solo in fase estiva. Lo sfruttamento del sottoraffreddamento del condensatore di una pompa di calore per preriscaldare l’aria esterna consente, in fase invernale, di limitare il fabbisogno energetico legato al ricambio d’aria. Tale tecnologia consiste nell’installare, all’interno di una pompa di calore, uno scambiatore in serie al condensatore; tale scambiatore acqua/refrigerante, permette di ridurre l’entalpia del punto di uscita del sottoraffreddamento a valle della condensazione. Infatti l’acqua prodotta dallo scambiatore deve essere utilizzata per preriscaldare aria esterna; se la portata d’acqua del circuito è sufficientemente ridotta, si può ottenere un elevato salto termico e quindi è possibile sottoraffreddare il refrigerante a valle del condensatore. Analizzando tale fenomeno nel diagramma p-h del circuito frigorifero si nota come si ottiene un aumento del lavoro utile della pompa di calore, parte del quale si ritrova nel preriscaldamento dell’aria esterna. Energia solare per il preriscaldamento dell’aria esterna
Un’alternativa in fase invernale al sottoraffreddamento del condensatore di una pompa di calore consiste nell’utilizzo dell’energia di un impianto solare per pre-riscaldare l’aria esterna immessa in un impianto di ventilazione meccanica. Infatti, in piena fase invernale l’impianto solare produce acqua a temperatura meno vantaggiosa; l’energia solare, quindi, viene trasferita solo parzialmente all’acqua sanitaria, la cui temperatura è pari a circa 15°C. È evidente come l’energia solare ceduta è inversamente proporzionale alla
temperatura della sorgente fredda da riscaldare; quindi utilizzando l’acqua dei pannelli solari per alimentare una batteria di pre-riscaldamento dell’aria esterna consente di aumentare la resa energetica dell’impianto e consente quindi di evitare lo scambiatore di recupero dell’aria espulsa. Si può dimostrare (Lazzarin e Minchio, 2011) che un collettore solare medio, raggiunto da un’insolazione pari a 300 W/m², sarebbe inattivo se costretto a lavorare con mandata a 35°C per riscaldare acqua calda sanitaria. Il medesimo collettore, se utilizzato per preriscaldare aria esterna, e quindi con temperatura di mandata pari a 10°C, avrebbe una resa di circa 180 W/m² e quindi un’efficienza pari al 60%. Tale tecnologia è utilizzabile negli edifici con alto consumo di acqua calda sanitaria, in cui l’impianto solare, quindi, è caratterizzato da ampie superfici. Non sarebbe infatti economicamente vantaggioso sovradimensionare il campo solare solamente per lo scopo di preriscaldare aria esterna.
Tenuta all’aria del canali Spesso gli impianti di ventilazione meccanica datati sono caratterizzati da una scarsa tenuta all’aria dei suoi componenti, siano essi canali in lamiera piuttosto che unità di trattamento aria. La tenuta all’aria dei canali convoglianti aria deve essere rispondente a quanto indicato dalla Norma UNI 10381-1. Questa definisce tre classi di tenuta (A, B e C) e i limiti superiori del fattore di perdita fmax per ogni classe, funzione del parametro Psm, misurato in Pa, il quale rappresenta il valore della media aritmetica dei valori massimi e minimi della pressione statica misurata nella condotta sottoposta a test. La norma UNI 10381-1 si basa sul concetto che la perdita è proporzionale alla superficie laterale della condotta. Una rete aeraulica con maggiore superficie laterale complessiva delle condotte può presentare una perdita d’aria più elevata rispetto a quella di condotte di minori dimensioni. Questa definizione è più corretta rispetto a quella generica, spesso utilizzata, secondo la
quale il limite massimo della perdita d’aria viene espresso in percentuale sulla portata complessiva della rete (in genere compresa tra 3% e 5%). È evidente che una scarsa tenuta all’aria dei canali comporta un elevato spreco energetico dovuto al trattamento di aria che trafila all’interno di controsoffitti, di cavedi o addirittura all’esterno. Quindi la ristrutturazione di un impianto di ventilazione può consentire un elevato risparmio energetico anche in funzione di questo aspetto. Si sottolinea che le perdite di energia dovute alle perdite di massa di un impianto di ventilazione sono citate nell’Appendice A della Norma UNI TS 11300-3 (punto A.2.1).
Coibentazione dei canali Gli impianti di ventilazione esistenti possono essere caratterizzati da una scadente coibentazione dei canali, sia interni all’edificio, che esterni. Si sottolinea che le perdite di energia dovute alla trasmissione di calore di un impianto di ventilazione sono citate nell’Appendice A della Norma UNI TS 11300-3 (punto A.2.2 per il metodo analitico e punto A.2.3 per il metodo semplificato). La ristrutturazione di un impianto di ventilazione può comportare un risparmio energetico anche legato alla coibentazione delle condotte.
Conclusioni
Il presente lavoro ha dimostrato come la ristrutturazione di un impianto di ventilazione meccanica risulta una delle attività più onerose all’interno di un’opera di riqualificazione di un edificio. Parallelamente, i benefici legati alla ristrutturazione di un impianto di ricambio d’aria possono essere molto evidenti, sia dal punto di vista energetico che dal punto di vista igienico-sanitario. n * Riccardo Antoniazzi, Studio Protecno S.r.l., Verona
BIBLIOGRAFIA
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