Questione di sguardi
Trilogia siberiana
Q
uanto ha valore il primo sguardo? Il diverso non perde le sue unicità, ma non Quante volte la prima impressone è più il nemico da guardare con riluttanza, condiziona il nostro approccio? un altro da noi da giudicare. Quante volte, ancora, sapDiventa ciò che di più puro piamo concederci di came complesso ci possa esA volte la diversità biare idea? sere: un individuo, da coUno sguardo condanna irrompe nelle nostre noscere e scoprire. o accoglie. Ti accetta nel percezioni, scardina gruppo dei pari o ti emargiLa redazione. i nostri preconcetti, na nell’insieme dei diversi. Barbara Coaro, Ma quante volte il nostro si fa portatrice di una Chiara Giordani, sguardo è miope? nuova visione. Cristina Sabino È capitato a tutti di dare
un’etichetta e di doverla poi staccare, come quando decidiamo di dare una seconda opportunità a quel barattolo per trasformarlo in candelabro, a quella bottiglia di vino che sarà vaso di fiori. Perché la diversità spaventa, destabilizza. Ci abbandona alle nostre insicurezze. Ci costringe a scavare per trovare una chiave di lettura, a non soffermarci alla superficie. A volte accade e accettiamo la sfida di guardare oltre. A volte la diversità irrompe nelle nostre percezioni, scardina i nostri preconcetti, si fa portatrice di una nuova visione. Inclusiva, aperta, pulita.
individuo
in•di•vì•duo/ aggettivo e sostantivo maschile 1. Aggettivo Definibile come fondamentalmente unico in quanto singolo o in quanto particolare. 2. sostantivo maschile Ciascun elemento della collettività.
Io sono Francesco
soluzioni anche dove sembrava non ce ne fossero. Francesco è diventato grande e io non ho mai smesso di fare domande. Continuiamo a batterci contro le difficoltà quotidiane, rancesco è un adolescente di 13 a lavorare per far capire alle persone che anni. Segni particolari: Down. anche chi è affetto da sindrome di Down Io sono Sonia, sua madre, e questa è ha capacità e competenze. Può scegliere la mia storia. Di quanto sia facile parlare di e può decidere. inclusione e di quanto sia Francesco ora è in pridifficile praticarla nella superiore: voleva Ho aperto strade nuove, ma vita di ogni giorno. fare l’Istituto Agrario, una 13 anni fa fu un’esplodove sembrava non scuola lontana, con la nesione: di gioia e di paura, cessità di soggiornare in esserci alcuna via, dell’ impazienza di vedere convitto, ma non è stato ho trovato soluzioni chi per nove mesi aveva possibile. Non siamo riuanche dove sembrava abitato il mio ventre, di sciti a scardinare la conconoscere quell’inquilivinzione che un’handicap non ce ne fossero. no che mille volte avevo è un’handicap, che i rasognato di abbracciare e gazzi certificati non posamare incondizionatamente. sono provvedere a sé stessi. Poi è un attimo. Francesco ha scelto un’altra scuola, per Il tempo di un vagito e tutto cambia. Agli fortuna di passioni ne ha tante. Ma forse occhi dell’ostetrica Francesco non è il mio quando gli diciamo che può avere le stesse perfetto bambino. opportunità degli altri dubita che gli stiamo “Suo figlio ha un problema”. mentendo. Io pensavo solo a quanto era carino il mio Il continuerò a fare domande, ma ho iniziabambino perfetto. to a dare risposte. Perché ci sono e ci saLa procedura ci ha imposto di stargli lonranno sempre genitori che hanno bisogno tani. Per lunghissime ore io e mio marito di non sentirsi abbandonati. siamo stati lasciati in camera, in penombra, con la porta chiusa. Per riflettere. SembraSonia Tomasi va fosse una tragedia. Segretaria di studio medico, Io volevo Francesco, e volevo risposte. Medicina di Gruppo di Cornedo Vic.no Quali terapie avremmo dovuto affrontare? Cosa avremmo dovuto fare? Cosa significava Trisomia 21? Troppe famiglie reagiscono male all’arrivo in•con•di•zio•na•ta•mén•te/ di un figlio con la sindrome di Down. avverbio Si sentono spaventate, impreparate, sole. L’ospedale non dava risposte, io avevo Senza alcuna riserva. mille domande. Ho cercato le risposte da sola. Ho aperto strade nuove, dove sembrava non esserci alcuna via, ho trovato
F
incondizionatamente
passo dopo passo si riappropria della sua umanità. Da orientatrice non posso fare a meno di cegliere un libro è un processo che registrare la sua capacità di resilienza, le richiede più ispirazione che raziorisorse e le competenze a cui si è aggrapnalità. Quel un giorno in libreria mi pato per ricostruire un’identità, la sua alsono fermata fra gli scaffali, quasi frustrata tissima motivazione al cambiamento. dal sapere in anticipo che non avrei trovato Le competenze apprese erano tante: una niente. Sbagliavo. minuziosa conoscenza delle armi, strategie Il testo era notevole: 950 pagine, una racmilitari, la conoscenza delle regole tra gecolta di tre volumi. Il livello di endorfine nel rarchie criminali. Ma quello che gli ha persangue ha avuto un picco messo di ricominciare, di (c’è a chi basta il numero di “uscirne sano è stato altro. La prima lettura è pagine, sì). In copertina, un Kolima fa parte di una coquella più facile. Alla pugnale trattenuto da una munità abituata ad altissimi seconda si arriva solo livelli di lealtà e vicinanza, mano letale e furtiva, tatuata. È così che ho iniziato a se ci si sofferma, se ci che accoglie o rifiuta senza leggere “Trilogia siberiana”, compromessi ma che da lui la storia di Kolima (sopran- si concede di restare e non ha preteso il sacrificio nome di Nicolai), un figlio continuare a guardare. completo della sua individella Russia, quella delle dualità. periferie urbane post comuniste. La scrittuLa sua intelligenza curiosa e attenta ai ra è secca, asciutta, solo in alcuni momenti dettagli lo porta a sviluppare una profonda si concede introspezioni che rimandano fascinazione per i tatuaggi, quelli che hansensazioni bucoliche. Dall’inizio alla fine del no sul corpo i suoi famigliari. Lentamente racconto una domanda mi ha tenuto impee con ostinazione chiede ed ottiene di esgnata: come fa uno così ad uscirne sano? sere iniziato all’arte di scrivere sulla pelle le Kolima nasce in una famiglia dove chiama storie delle persone. nonno il capo dell’organizzazione criminale Non basterebbe uno sguardo per leggecui appartiene la sua gente. Sono criminali re un tatuaggio siberiano, così come non il padre e lo zio, i cugini, i vicini di casa. Tutti è mai sufficiente uno sguardo per inconcon un passato di ribellione ed esilio alle trare una persona e conoscerne la storia. spalle e un futuro povero di prospettive. Eppure quei segni ci guidano, a partire dal Una vita segnata in modo così profondo primo sguardo. Quasi un piccolo accordo, che non sembrerebbe possibile pensarla tra il razionale e l’istintivo, che permette di oltre quell’universo di codici e leggi. Ma per oscillare tra nuove domande e nuove riKolima le cose vanno diversamente. Non sposte. Oggi Nicolai ha cambiato il proprio so come si sia potuto salvare dagli scontri cognome assumendo quello della madre, tra bande armate, dalla caduta del comuLilin. Vive a Milano con moglie e figlie ed nismo e dall’arrivo della droga sul mercato è naturalizzato italiano. Le sue storie su russo, dal carcere minorile e da un arruolacarta sono state pubblicate da Einaudi e mento forzato che sembra una condanna a riscuotono molto successo, mentre quelle morte. Come si fa a venirne fuori, una volta sulla pelle ancora le racconta collaborando finito l’orrore della guerra? Con l’adrenalicon due e più laboratori di tatuaggi. Uno na sempre a livelli così alti che quando ti dei questi si trova ad Abano, Padova. rimandano a casa il corpo e la testa vanno in tilt non riuscendo a gestire deliri ed alFarida Framarin lucinazioni? Psicologa, Orientatrice, Gli psicologi lo chiamerebbero disturbo Operatrice Informagiovani post traumatico da stress. Potrebbe bastare un ritorno alle radici? Un lunghissimo viaggio verso la Taiga, la sconfinata foresta siberiana, dove il tempo si è fermato, gli i•den•ti•tà/ animali e gli uomini convivono seguendo sostantivo femminile una semplice indiscutibile legge: mors tua, vita mea? Il complesso dei dati personali Ferocia e purezza, istinto e sopravvivenza. caratteristici e fondamentali che Kolima sopravvive. Le probabilità di uscirconsentono l’individuazione o ne vivo erano poche. Quelle di uscirne angarantiscono l’autenticità di qualcuno che sano, praticamente nulle. Ma Kolima o qualcosa. ha delle carte da giocare, ha dei talenti. E
S
identità
Sundjata Keita Ogni vita è una vita Il torto richiede una riparazione Aiutatevi reciprocamente Veglia sulla tua patria Combatti la servitù e la fame Che cessino i tormenti della guerra Chiunque è libero di dire, di fare e di vedere (tratto da “La Carta di Manden”, 1922)
O
e sconfiggendo l’invasore. Diventò così “Mansa” - il Re dei Re - e fondò l’Impero del Manden, in cui unì 12 regni. Mostrò che l’unità era meglio della dispersione e della rivalità. Fondò un impero e lo dotò di una costituzione: la Carta di Mandé, stabilendo, per la prima volta, i buoni principi per la coesistenza tra il potere e i cittadini, tra l’individuo e il bene comune, tra gli esseri umani e le risorse naturali. La Carta di Madnen, proclamata nel 1222, è dal 2009 iscritta dall’Unesco nella lista dei “Patrimoni Culturali Intangibili dell’Umanità” e viene considerata una delle prime dichiarazioni dei diritti umani.
ttocento anni fa, dove ora c’è l’Alta Guinea, c’era un piccolo ma evoluto regno, il Mandingacora. C’erano un re, Re Mostrò che l’unità Narè Maghan Konatè, la era meglio della Questa storia ci è stata racsua bellissima moglie e il contata da uno degli ospiti dispersione loro bellissimo figlio. E c’era del nostro progetto Sprar una strega, che profetizzò e della rivalità Sistema di Protezione per al re che se avesse sposaRichiedenti Asilo e Rifugiato una donna bruttissima ti che gestiamo per il Comune di Valdagno. avrebbe generato un figlio potentissimo, E noi abbiamo deciso di raccontarla a voi. in grado di cambiare il destino del suo popolo. Narè Maghan Konatè sposa SPRAR così la bruttissima Sologon, nome Sistema di Protezione che significa “la donna bufalo” da per Richiedenti Asilo e Rifugiati la vita a Sundiata Keita, incapace di camminare e di parlare. Talmente brutto da spingere il padre a liberarsi di lui e di sua madre, esiliandoli. Le profezie però non possono essedi•rìt•to/ re fermate. E allora, quando un popolo sostantivo maschile vicino attacca il regno ed il bellissimo primogenito si dimostra incapace di go1. Diritti umani: quelli fondamentali che vernare, tanto da fuggire e lasciare il regno concernono la dignità e la libertà di ogni agli invasori, fu allora che Sundjata Keita individuo, proclamati dalle Nazioni Unite trovò in sé la forza di mobilitare tutti i regni nel 1948. vicini, formando un unico grande esercito
diritto
Questione di approcci
settore soprattutto se si tratta di comparti come il welfare, la cultura, l’ambiente). Come mai il modello dell’amministrazione condivisa fatica ad affermarsi come modo naturale di esercitare la funzione pubblica Pubbliche Amministrazioni e rimane relegato a qualche buona pratica e Terzo settore verso uno sguardo settoriale o in alcuni territori più progredicomune al futuro del territorio ti? La risposta più immediata, soprattutto da parte del terzo settore, è di accusare osa c’è di più bello, e tutto sommala pubblica amministrazione di poca preto naturale, nel lavorare insieme per disposizione in tal senso, poco incline inobiettivi di interesse generale per di somma ad aprire la stanza dei bottoni del più se riferiti alla propria comunità locale? governo territoriale anche a fronte dell’eSono ormai 30 anni che oltre alla Pubblividenza che la complessità ca Amministrazione anche dei beni da produrre - edusoggetti del cosiddetto Come mai il modello cazione, cura, inclusione privato sociale e pure d’imrichiederebbe un concerto presa come le cooperative dell’amministrazione di apporti, anche in termini sociali possono, e anzi decondivisa rimane di risorse economiche. Ma vono, impegnarsi in questa relegato a qualche d’altro canto anche a imdirezione perché stabilito portanti segmenti del terzo da una serie di leggi e dobuona pratica settore tutto sommato la cumenti di politica. Eppure, settoriale? vecchia logica dell’amminisoprattutto gli addetti ai lastrazione della cosa pubvori, sanno che aggiungere blica gestita attraverso appalti di fornitura suffisso “co” prima di “programmazione” e non va poi così male. Nella sua rigidità e soprattutto di “progettazione” e di “gestiosemplificazione consente di “impacchetne” non è facile, anzi. Spesso quindi si pretare” beni e servizi all’interno di standard ferisce procedere attraverso un modello di di prestazione e di costo certi però con il amministrazione separata: da una parte chi rischio di perdere quegli elementi di valore governa la distribuzione delle risorse (ente che derivano dal partecipare ad un propubblico) e dall’altra chi esegue in veste di cesso aperto dove è possibile raccogliere fornitore (soggetti privati, spesso di terzo
stimoli, indicazioni e proposte che difficilmente si potrebbero catturare nel chiuso degli uffici di progettazione. Ecco quindi alcune indicazioni utili a capire da che parte andare. Se lanciarsi in processi di coprogettazione stimolanti ma dagli esiti incerti oppure se insistere per la via della subfornitura magari non così esaltante ma comunque con margini, seppur incrementali, anche in termini di sviluppo. Il primo elemento riguarda la missione dell’organizzazione: se ha intenti trasformativi, cioè di cambiamento sociale e non solo di gestione dell’esistente, allora tende quasi naturalmente verso processi di amministrazione condivisa. Il secondo elemento riguarda il proprio patrimonio in termini di saper fare (il famoso know-how). Se la conoscenza legata ai modelli di servizio è proprietaria e non aperta (un po’ come succede con i software) allora si propende verso meccanismi di fornitura. Ancora: se la leadership è intesa non solo come una assegnazione formale di ruoli ma come un meccanismo di trasparenza e di condivisione del potere decisionale allora sarà (relativamente) più semplice negoziare obiettivi di interesse collettivo e allocare di conseguenza le risorse. Infine se non ci si limita a rendicontare ma a valutare quanto è stato realizzato, allora, anche in questo caso tenderà a prevalere sarà l’approccio
Un linguaggio universale
Sono educatrice e musico terapeuta e a ze cognitive. attraverso la musica troviamo marzo 2018 ho iniziato un percorso di muincontro, condivisione ed inclusione. sicoterapia con alcuni degli La musica non significa. utenti del Centro Diurno La musica evoca, fa imCapaci di urlare, No Problem. Molti di loro provvisare la mente e ci di cantare, di suonare, rende tutti uguali, supera convivono con deficit cognitivi tali da impedire una la barriera delle parole e di muoverci. regolare comunicazione ed abbatte i muri che ergiamo Capaci persino interazione verbale, con le per separarci dall’altro. di restare in silenzio, conseguenti problematiche emotive dovute all’impossiliberi di fare bilità di esprimere ciò che e di non fare. voglio, ciò che sentono, ciò che realmente sono. La musica riesce ad avere un ruolo teraChiara Soldà peutico, a farsi vettore di comunicazione. Educatrice e Musicoterapeuta, La musica è un linguaggio immediato, diCentro Diurno No Problem retto. È l’elemento pre-linguistico e istintivo che ci contraddistingue fin dalla nascita, che non scompare nemmeno in presenza di deficit cognitivi. Pensate ai neonati che comunicano con il pianto ogni loro bisogno. Il pianto altro non è che suono che diviene relazione, un proto linguaggio che trasmette emozioni e informazioni. em•pa•tì•a/ I suoni e la musica ci permettono di entrare sostantivo femminile in comunicazione con l’altro scavalcando le distinzioni: , trascendendo quelle caratteriLa capacità di porsi nello stato d’animo o stiche personali che ci contraddistinguono: nella situazione di un’altra persona, con non importa il colore della pelle o la nostra nessuna o scarsa partecipazione emotiva. origine, la nostra età o le nostre competen-
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n’unica regola: non usare parole, solo la musica. Siamo seduti uno di fronte all’altro Fra di noi uno xilofono, dei tamburi, un cembalo e degli shakers. C’è silenzio, i nostri sguardi esplorano l’ambiente che ci circonda, si incrociano per brevi istanti. C’è attesa: percepiamo il tempo con difficoltà, a volte scorre veloce, a volte più lento,
quasi immobile. Ognuno cerca il suo momento esatto, il più opportuno per sé e per l’altro. Michele si aggiusta sulla sedia, si mette comodo, si avvicina allo xilofono e prende in mano il battente. Non servono parole. C’è un mondo di suoni, di sguardi, di movimenti. Un mondo fatto di empatia, in cui noi stessi siamo vicinanza. Questo mondo ci permette di comunicare, di andare oltre le barriere della parola per esprimere ciò che veramente siamo, liberi di agire senza giudizio. Capaci di urlare, di cantare, di suonare, di muoverci. Capaci persino di restare in silenzio, liberi fare e di non fare.
dell’amministrazione condivisa. In sintesi non è facile e forse non è neanche sempre consigliabile agire secondo logiche di partenariato pubblico-privato, ma comunque si può fare anche a fronte di elementi ostativi come il recente parere del Consiglio di Stato in merito alla riforma del terzo settore. Quel che deve prevalere infatti è l’intento che muove persone e organizzazioni. Perché lo “stare nel territorio” si misura anche (e soprattutto) nella voglia di fare insieme. Flaviano Zandonai Sociologo, ricercatore e formatore. Si occupa di organizzazione, management e reti. Lavora in Euricse (European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises) e collabora con Iris Network, la rete degli istituti di ricerca sull’impresa sociale
partecipare par•te•ci•pà•re/ intransitivo
1. Prendere parte a un fatto o a un’attività collettiva. 2. Contribuire con il proprio apporto, collaborare.
empatia
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SCOOP
|| PAROLE SOCIALI || N. 1
Chi non sa comprendere uno sguardo, non potrà capire lunghe spiegazioni. - Proverbio arabo -
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PERSONE E TERRITORI IN EVOLUZIONE
QUESTIONE DI SGUARDI
INVERNO 2018