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Edoardo SANGUINETI

Edoardo SANGUINETI

patreon.com/giovannisucci

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18 maggio 2020 Primo episodio.

Voglio cominciare con un bel decennale. Era il maggio del 2010, per la precisione il 18 maggio, quando Edoardo Sanguineti uscì fuori di testo.

O meglio, diventò solo testo e non più corpo, lasciando al mondo solo il corpo del suo testo. Insomma se ne andò non dico all’altro mondo, dal momento che non ha mai creduto in nessun altro mondo al di fuori di questo.

Avrebbe sperato di farlo in tutta calma, con un certo preavviso, per avere tutto il tempo di preparare l’ultimo baglio, riordinare intorno, ragionarci ancora un poco e lasciare tutto a posto. E invece dovette farlo all’improvviso, in tutta fretta, come quando alla stazione ti accorgi che hai indugiato troppo nella sala d’attesa e tra un minuto parte il treno sul binario più lontano e devi correre. Un saluto alla compagna di una vita, cantata nei suoi versi come nessun altro poeta ha mai fatto con la moglie. Se ne andò da un giorno all’altro, a tre giorni da un malore, esattamente dieci anni fa. Lasciando, per la verità, ben più di un testamento.

Anzi, tutto il corpus del testo di Sanguineti è un lascito testamentale: a volte un vero e proprio documento, verboso e notarile, burocratico; a volte un foglio di getto, contorto e

schietto; più spesso una cartolina, un biglietto, un tema d’esame, un esamino elementare, con tanto di titolo e svolgimento; oppure un inventario, una check list di cose da fare, viste, fatte, portate a termine… Tutto ciò che è anti letterario diventa forma poetica in Sanguineti, che fa propria la lezione novecentesca di Gozzano e Corazzini, al netto di qualsasi patetismo. L’ultimo baluardo novecentesco dell’anti Dannunzianesimo.

Tutto il lascito di versi compone in blocco un piccolo (piccolo si fa per dire) manuale di sopravvivenza pratica per chi vive e per chi scrive. Al centro c’è la figurina della scrivente, appiccicato anche lui nell’album degli umani tutti, non come personaggio eccezionale, ma quasi come una macchina per scrivere, che nel frattempo è ormai computer, file, bug, tweet: istant poems.

Quasi come maschera comica (sapeva d’essere quasi sosia di Marty Feldman): la macchia o la macchietta del poeta, senza slanci lirici, anzi che evita il lirismo come si evita una merda sul marciapiede dove passi; e tuttavia, prima o poi la schiacci. Il verso di Sanguineti emana un suo lirismo nonostante l’intenzione programmatica dell’autore.

Nell’arco di una lunga vita, tutta universitaria con qualche parentesi politica, abbandonata perché si trattava di cambiar mestiere, va dall’avanguardia della sgrammaticatura alla pubblicità per una marca di Jeans. Rimbalza su tutta la materia del Novecento come la palla d’argento nel flipper della Storia, variopinto e tremendo, sbattendo contro tutto quel che incontra al mondo, un immenso magazzino commerciale in piena guerra fredda dove tutto è merce; segnando sonoramente punti che si accumulano in versi come bonus.

Ma l’argento della palla è argento vivo: quel suo essere vivo, quel suo essere corpo deperibile al mondo, che sputa inchiostro o pixel o quel che sia, che ha la facoltà di generare altri corpi resistenti, testi o figli o studenti o ideali discendenti, è la sola forma residua di attivo antagonismo. Chissà se Sanguineti, se fosse al mondo oggi, avrebbe impugnato ancora la sua tessera di partito, rigorosamente rossa, oltre al proprio corpo e al proprio testo, che son la stessa cosa, con la stessa convinzione.

1930, propugnatore della lotta studentesca da agente interno al sistema stesso che la lotta contestava, ha sicuramente fatto del suo meglio.

Di certo fu un insegnate straordinario e se sono qui adesso è anche grazie al fatto di averlo visto all’opera, in carne ossa e viva voce, pacato come un notaio eppure capace di darti fuoco, una macchina del tempo in un varco nello spazio. Seduto, un mucchio d’ossa in una giacca grigia, ad una ordinaria cattedra dell’Università di Genova, dove a metà anni Novanta mi trasferii apposta per seguire le sue lezioni sul Decameron.

La storia del mondo lo incornicia in un secolo che sembra ormai da un secolo trascorso. Proprio come Dante, che scavallando il limite del secolo che archivia il Medioevo, incarna pienamente l’essere medievale.

Giovanni Succi

Se davvero il comunismo era solo un’opinione, quindi contingente, e non un atto di fede, come ci teneva a precisare, quell’opinione sarebbe ancora così salda? Chi lo sa, suppongo di sì, con un moto di tenerezza. Figlio della guerra, classe

Fuori di testo + fuori di tasting / podcast di versi vini e mix / maggio 2020 / patreon.com/giovannisucci

FUORI DI TASTING

In abbinamento all’opera e al personaggio propongo: “BACCHEROSSE”, denominazione PIEMONTE ROSSO DOC. Annata 2016. 13% vol. Produttore: Cantina di Nizza, Nizza Monferrato (Asti). Temperatura di servizio: 18°C. Costo abbordabilissimo, rapporto qualità prezzo sorprendete.

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EDOARDO SANGUINETI + “BACCHEROSSE”

PIEMONTE ROSSO DOC Cantina Di Nizza, Nizza Monferrato (Asti).

In omaggio al prof. stappiamo un bel PIEMONTE ROSSO DOC. Già dal nome gli rimanderà sicuramente affetto, per le sue origini torinesi e per il colore a lui caro. Un altro dettaglio me li fa abbinare: la denominazione PIEMONTE ROSSO indica un blend, un uvaggio o per capirci un mix, di vitigni. Proprio come il corpus testuale del prof. si compone di un linguaggio eterogeneo. Il linguaggio di Sanguineti non è mai in purezza, ma sempre assortito, assemblato, alchemizzato: il termine aulico o il latinismo, la risonanza letteraria elevata, dantesca o leopardiana, convivono con il gergo quotidiano e qualsasi forma di slang.

Come il PIEMONTE ROSSO DOC, anche Sanguineti è piemontese almeno al 60%: un 30% per esser nato e vissuto, i primi venticinque anni, a Torino; e un altro bel 30% almeno per il debito poetico verso Guido Gozzano, altro piemontese DOC, uno degli autori più amati e studiati e divulgati dal prof. Al 40% appartiene tutto il resto. Così come in questo BACCHEROSSE della Cantina di Nizza, il piemontesissimo Barbera si internazionalizza col l’eclettico Cabernet Sauvignon.

Note di ciliegia accoglieranno i sensi in apertura. Rosso rubino intenso, vinoso e invitante, con il suo calore alcolico equilibrato nel suo essere morbido e tannico al giusto grado, con la sua versatilità, sarà perfetto per una cena casalinga o una merenda del buon umore, che di questi tempi non farà mai male. Con la sua etichetta che rimanda al colore della terra, calcareo argillosa, idealmente vergata da calligrafie infinite, come potenzialmente lo è l’inventario del mondo per Sanguineti.

E poi, c’è quella scritta, dettata dalla contingenza, di cui ci ricorderemo per il resto dellenostre vite: #distantimauniti, per ricordarci che quel che ci unisce è sempre più di quel checi divide. Al prof. piacerà.

Giovanni Succi

www.nizza.it/baccherosse

“BACCHEROSSE” Piemonte Rosso DOC su vivino.com

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Edoardo SANGUINETI

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