GRAN BRETAGNA
AUSTRIA
FRANCIA
STATI UNITI
RUSSIA
GIAPPONE
GERMANIA
ITALIA
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GRAN BRETAGNA: ETA’ VITTORIANA L’Inghilterra rimase indenne dalle rivoluzioni che colpirono l’Europa e l’America (con il forte divario Nord-Sud): visse un grande momento di prosperità e di stabilità politica che vide alternarsi al governo liberali e conservatori. La regina Vittoria diede al paese una forte impronta culturale e morale. Il periodo che va dal 1837 al 1901 prende il nome di “età vittoriana” ed è caratterizzato dalla realizzazione di grandi opere pubbliche e industriali che daranno primato industriale e potere all’Inghilterra. Sulla scena politica si assiste ad una stabilizzazione delle tensioni dopo gli sconvolgimenti politicosociali della prima parte del secolo. L’incoraggiante situazione di generale benessere di cui il regno godeva sviluppò un diffuso ottimismo nella classe dirigente e negli intellettuali, in realtà tale stato nascondeva i gravi problemi della civiltà industriale e le sue profonde ingiustizie: l’Inghilterra vittoriana era un paradiso per i più ricchi, un purgatorio per i capaci e un inferno per i poveri. A fine secolo l’Inghilterra inizia a risentire della concorrenza di Germania e Stati Uniti sul versante industriale, si concentrò di conseguenza sul settore coloniale che da sempre le garantiva mercati privilegiati, materie prime e sicurezza economica. Quanto alla questione irlandese…. In Parlamento c’erano: da una parte i conservatori che miravano all’unione di Inghilterra e Irlanda, dall’altra i liberali che intendevano concederle l’indipendenza. L’Irlanda desiderava ottenere un proprio parlamento e un autogoverno, rimanendo comunque all’interno del Regno Unito.
FRANCIA: LA SECONDA REPUBBLICA, IL BONAPARTISMO E IL DECLINO DI NAPOLEONE III. LA TERZA REPUBBLICA Il 24 febbraio 1848 in Francia viene proclamata la Seconda Repubblica con a capo Luigi Napoleone Bonaparte. Il governo repubblicano concesse il suffragio universale maschile, abolì la schiavitù nelle colonie, ridusse la giornata lavorativa a 10 ore, avviò una politica assistenziale nei confronti dei più poveri (nascono gli ateliers nationaux: fabbriche in cui lavorava chi era disoccupato). Gli operai, tuttavia, vennero impiegati in lavori di scarsa produttività e il sistema finanziario dello Stato entrò in crisi.
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Luigi Napoleone Bonaparte si fece protagonista della restaurazione conservatrice in Francia. Il sovrano intendeva mettere in atto sia il rafforzamento del potere presidenziale che incontrava il favore dell’esercito e dei gruppi conservatori, sia la proposta di allargamento del suffragio che mirava a conquistare il consenso delle masse. Dopo continui scontri con il Parlamento, con un colpo di stato liquidò le istituzioni repubblicane e diede vita ad una dittatura personale, col nome di Napoleone III. Figura carismatica, Napoleone III restaurò l’Impero godendo anche dell’appoggio di conservatori e forze imprenditoriali. Sotto Napoleone III si sviluppò la rete ferroviaria, si effettuarono gli scavi di due trafori, il Moncenisio (Piemonte) e il Canale di Suez (Egitto) che metteva in comunicazione il Mediterraneo con il Mar Rosso. Parigi divenne un grande centro commerciale in aperta competizione con Londra. I proletari si mostravano sempre meno inclini al potere imperialistico e anche i borghesi gli voltarono le spalle in seguito alla stipula di un trattato di libero scambio che Napoleone III aveva stabilito con l’Inghilterra. un trattato di libero scambio. Napoleone tenta, allora, di rimediare con alcuni provvedimenti in politica interna liberalizzando l’impero e, in politica estera, procedendo alla conquista di alcuni territori in Messico. Nel 1870 venne votata una nuova Costituzione che ampliava i poteri del Parlamento, si pensava che la situazione volgesse a favore dei liberali ma, nel settembre dello stesso anno, il conflitto con la Prussia avrebbe interrotto l’avventura imperiale di Luigi Bonaparte. A Sedan l’esercito francese venne circondato e costretto alla resa, lo stesso Napoleone III fu fatto prigioniero.
LA TERZA REPUBBLICA E LA COMUNE DI PARIGI A Parigi, assediata dai prussiani, si costituisce un Governo Provvisorio repubblicano che riesce ad organizzare un esercito che si batterà valorosamente contro i prussiani nei pressi di Orléans. Dopo il crollo del regime napoleonico nel febbraio del 1871 un’Assemblea Costituente provvedeva a costituire la Terza Repubblica (sotto il governo di Thiers) composta da una maggioranza monarchica e da una minoranza repubblicana. La Guardia Nazionale di Parigi elesse un Comitato centrale con il tentativo di costituire una Repubblica autonoma. Nel marzo del 1871 i dissidi tra Parigi e Versailles sfociarono in una vera e propria rivoluzione: il Governo intimò alla Guardia Nazionale di deporre le armi. Rifiutata l’intimazione, la Guardia Nazionale istituì una Comune rivoluzionaria.
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Per fronteggiare la Comune, Thiers decise di farsi restituire da Bismarck i prigionieri di guerra e organizzò una spedizione repressiva a Parigi per abbatterla. Ciò avverrà nella cosiddetta “Settimana di Sangue, 21-28 maggio 1871”: migliaia di vite, specie appartenenti al proletariato, vennero trucidate o deportate. Stroncata la Comune, Thiers fu eletto presidente della Repubblica e, in breve tempo, la Francia riuscì a pagare l’indennità di guerra alla Germania. Nel 1875 fu approvata la Costituzione della Terza Repubblica che durerà fino al 1940.
L’AFFARE DREYFUS Nel 1894 si verificò un caso che scatenò forti tensioni nella società francese: l’affare Dreyfus. Dreyfus era un ufficiale ebreo accusato ingiustamente di tradimento in favore dei tedeschi nella guerra del 1870. L'epilogo della vicenda giudiziaria avvenne dopo un processo svoltosi a porte chiuse tra il 19 e il 22 dicembre, in cui fu degradato e condannato ai lavori forzati. La cerimonia di degradazione viene attuata il 5 gennaio 1895 nel cortile della Scuola Militare: a Dreyfus vengono strappati i gradi e gli viene spezzata la spada di ordinanza, nonostante si dichiarasse innocente e patriota. Venne tradotto al carcere duro dell'Isola del Diavolo, nella Guyana francese. Il caso fu riaperto nel 1896: venne presentata una relazione nella quale si dimostrava l'innocenza del capitano. Negli stessi anni Emile Zola nell’editoriale J’Accuse…! (Io accuso…!) scrisse una lettera aperta al Presidente della Repubblica, con lo scopo di denunciare pubblicamente le irregolarità e le illegalità commesse nel corso del processo contro Alfred Dreyfus. La locuzione «j'accuse» è entrata nell'uso corrente della lingua italiana, come sostantivo, per riferirsi a un'azione di denuncia pubblica nei confronti di un sopruso o di un'ingiustizia. Dreyfus sarà riabilitato nel 1906. Nonostante le ripetute crisi di governo la Francia di fine Ottocento uscì dalla stasi economica con una forte ripresa soprattutto in campo coloniale.
LA RUSSIA: LA GUERRA DI CRIMEA E LA RIVOLUZIONE DEL 1905 Lo zar Nicola I nel 1854 tentò di stabilire il pieno controllo sul Mar Nero contro i turchi (Guerra di Crimea). L’inferiorità ottomana preoccupava Francia e Inghilterra che decisero di intervenire nel conflitto a favore dei turchi. La guerra alla quale partecipò anche il 4
Piemonte si concluse con la presa di Sebastopoli e con la ritirata dei russi. Il figlio dello zar, Alessandro II partecipò alle trattative della pace di Parigi dove venne dichiarato che il Mar Nero doveva essere area neutrale. La Russia prendeva consapevolezza del suo ritardo tecnico-militare rispetto all’Occidente, e lo zar procedette alla formulazione di una serie di riforme per l’ammodernamento del suo paese: viene abolito il servaggio, viene riformata l’agricoltura che favoriva solo i grandi latifondisti, viene decentrato il potere con l’istituzione di assemblee elettive provinciali. In questo clima si registrarono non poche opposizioni al regime soprattutto da parte di una forte élite intellettuale che si esplicitò: -
nel populismo (manifestava l’attaccamento alla terra, la solidarietà delle comunità rurali contro ogni forma di capitalismo; si voleva educare il popolo e una ridistribuzione più equa delle terre);
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nell’anarchismo (rifiutava ogni forma di potere centralizzato, il maggiore esponente fu Bakunin che prospettava una società senza stato e fondata sul principio della comunanza dei beni e delle terre; non c’era il partito operaio come nella proposta di Marx in Germania, i protagonisti della rivoluzione erano masse diseredate e contadini);
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nel nichilismo (negazione dell’ordine costituito: il movimento, ancor prima che al dispotismo politico, si oppose a qualunque forma di costrizione morale nella vita privata dell'individuo. Fautore di un individualismo assoluto, nemico di tutti gli obblighi imposti dalla società).
Le riforme agrarie di Alessandro II non avevano portato buoni risultati: si era formata una classe media di proprietari (kulaki) che viveva in un generale benessere, tuttavia, la maggior parte dei contadini vivevano ancora in condizioni precarie. Le tensioni condussero all’uccisione dello zar. A fine secolo la Russia conobbe un tentativo di crescita industriale - con lo sviluppo dell’industria pesante e con l’incremento della rete ferroviaria – e politica con la nascita del partito socialdemocratico. In seguito alla sconfitta subita contro il Giappone la Russia entra in una profonda crisi (sociale ed economica) destinata a sfociare inevitabilmente in una rivoluzione interna. Nonostante il regime assolutistico, gli operai e i lavoratori avevano cominciato ad organizzarsi, si diffuse il marxismo ad opera di Plechanov (critico del populismo) e favorevole a riorganizzare la lotta politica su basi di massa. Venne fondato, clandestinamente, il partito socialdemocratico russo al cui interno militavano due correnti politiche:
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bolscevichi (maggioranza) guidata da Lenin che era convinto sostenitore del processo rivoluzionario ad opera della classe operaia guidata da un’elite;
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menscevichi (minoranza) favorevole all’affermazione della rivoluzione democraticoborghese.
La rivoluzione scoppiò quando la Russia era in piena guerra con il Giappone. Il 22 gennaio 1905 a Pietroburgo confluirono di fronte alla residenza dello zar oltre 100.000 dimostranti che chiedevano la convocazione di un’assemblea costituente, miglioramenti dei salari e la riforma agraria. Contro i manifestanti si scagliò la Guardia imperiale (domenica di sangue). Da qui si diffusero proteste in tutta la Russia e nei paesi baltici. Si arrivò ad uno sciopero generale proposto dai Soviet e a ribellioni all’interno dell’esercito (corazzata Potempkin).
#SOVIET: forme di organizzazione politica finalizzate alla conquista e alla gestione del potere, a livello centrale e a livello locale, da parte della classe operaia e dei lavoratori.
Lo zar Nicola II concesse allora le libertà politiche e l’istituzione di un Parlamento (la Duma). Qualche mese più tardi, tuttavia, lo zar non mantenne le promesse, stroncò tutti i focolai rivoluzionari e sciolse la Duma. A tentare di portare il paese sulla strada della modernizzazione fu il presidente del Consiglio dei ministri Stolypin con un’azione riformatrice soprattutto nelle campagne con la promozione di una riforma agraria che intendeva trasformare le campagne in senso capitalistico sciogliendo le antiche comunità rurali, consolidando un ceto di contadini ricchi (kulaki) e uno di contadini poveri (con il conseguente inasprimento dei conflitti sociali). Stolypin rimarrà vittima di un attentato. In queste condizioni la Russia prenderà parte al primo conflitto mondiale e ne uscirà con nuove rivoluzioni interne (Rivoluzione di Febbraio – Rivoluzione di Ottobre).
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GERMANIA E IMPERO ASBURGICO L’UNIFICAZIONE TEDESCA: LA GERMANIA DI BISMARCK
Nella seconda metà del XIX secolo la Germania è interessata da una forte crescita industriale legata soprattutto allo sfruttamento dei giacimenti di carbone e metallo della regione della Ruhr. Anche l’agricoltura ebbe un forte slancio sotto il controllo dello stato in accordo con le grandi famiglie agrarie (junker). Tra i 38 stati della Confederazione l’Austria, indebolita dalle guerre franco-piemontesi, sembrava sempre meno adatta a dirigere il processo di unificazione nazionale. Il nuovo sovrano, Guglielmo I di Prussia, per togliere all’Austria la supremazia sul mondo tedesco, chiamò il cancelliere Otto von Bismarck. BISMARCK uomo politico reazionario e autoritario, disposto ad allearsi anche con i movimenti rivoluzionari per ottenere qualcosa; interessato ai fatti e non alle idee, era convinto che in ogni azione politica il fine giustificasse i mezzi (“coi discorsi non si risolve niente, ci vuole ferro e sangue”).
La Guerra austro-prussiana Bismark cercò di creare attriti con l’Austria con l’occupazione del ducato di Holstein, provocando, in tal modo la dichiarazione di guerra da parte dell’Austria (1866). Si assicurò la neutralità di Napoleone III e strinse alleanze militari con il Regno d’Italia (promise che, finita la guerra, avrebbe potuto annettere il Veneto – 1866 in quella che noi chiamiamo III g. d’Indipendenza). L’Austria, dopo una serie di battaglie firma la pace di Praga (23 agosto 1866) che riservava alla Prussia il dominio di alcuni ducati danesi costituendo la Confederazione Germanica del Nord. Bismark ottenne anche l’alleanza militare degli stati del sud della Germania. L’ultimo ostacolo all’unificazione della Germania era Napoleone III. Abilmente Bismark chiese aiuto militare all’Austria. Il Conflitto franco-prussiano: Nel suo gioco politico Bismark costrinse Napoleone III a dichiarare guerra alla Prussia dopo aver fatto circolare tra gli ambienti aristocratici francesi un documento contenente delle umiliazioni subite dall’ambasciatore francese da parte di Guglielmo I. (La Prussia appariva vittima innocente dell’aggressione francese!). L’esercito prussiano batte a Metz e a Sedan i francesi nell’estate del 1870; Napoleone III si consegna prigioniero.
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Parigi venne assediata e bombardata e costretta a firmare un armistizio a Versailles dove nel Salone degli Specchi veniva proclamata la costituzione di un Impero federale germanico sotto Guglielmo I (chiamato Kaiser – Cesare della Germania). A ciò si accompagnò la resa dell’intera Francia che firmò la pace di Francoforte che imponeva alla Francia di cedere alla Germania l’Alsazia e la Lorena, di versare un’enorme indennizzo di guerra e di subire l’occupazione militare nelle regioni nord-orientali fino al pagamento dell’indennità. La Prussia aveva, quindi, unificato la Germania. Sotto la guida di Bismark la Germania era diventata l’ago della bilancia degli equilibri europei. Grazie alla politica estera del Cancelliere di Ferro le tensioni fra Austria e Russia nell’area balcanica furono tenute a freno, mentre la Francia veniva progressivamente isolata. Al livello economico, nei confronti dell’Inghilterra, la Germania aveva ottenuto la supremazia su alcuni settori dell’industria. Nel cuore dell’Europa sorgeva una potenza destinata ad affermarsi tra le più forti del mondo. In politica estera Bismark fu il grande tessitore delle relazioni internazionali in Europa: mediatore e arbitro delle contese costruì una fitta rete diplomatica che fece della Germania il perno degli equilibri europei (Patto dei Tre imperatori con Austria e Russia in funzione antifrancese; Triplice Alleanza con Italia e Austria; Patto di controassicurazione con la Russia – patto di non aggressione). Con l’ascesa al potere del nuovo kaiser Guglielmo II, Bismark si trovò in difficoltà per via della politica coloniale poco aggressiva. Contando sull’appoggio dell’esercito e dei gruppi industriali, dopo aver estromesso Bismark, Guglielmo II, inaugurò un nuovo sistema di politica estera, il “Nuovo corso”. La Germania potenziava la flotta in concorrenza con quella britannica e nella questione balcanica assumeva un atteggiamento filoaustriaco nei confronti della Russia, così accentuò le tensioni continentali e coloniali. Il nuovo kaiser si impegnò in Africa nella conquista di Togo, Camerun e Namibia, ma si trattava di territori eterogenei che non garantivano stabilità di potere alla Germania.
L’IMPERO AUSTRO-UNGARICO L’Impero d’Asburgo dovette affrontare il problema delle rivendicazioni indipendentiste dei popoli ad esso sottomessi, entrarono in crisi il prestigio e il ruolo internazionale che da sempre lo aveva caratterizzato. L’indipendenza nazionale dell’Italia aveva spinto anche altri popoli alle rivendicazioni di autonomia accentuando anche tensioni interne contro l’assolutismo di Francesco Giuseppe. Sotto questo sovrano l’Austria venne sconfitta dalla Francia e dalla Prussia e perse molti territori e il titolo 8
di potenza egemone dell’area tedesca. Dovette concedere molte autonomie all’Ungheria e l’Impero diventò austro-ungarico di stampo laico e concesse la libertà di culto alle minoranze religiose. Con l’unificazione tedesca l’Austria dovette consolidare il proprio impegno politico ripiegando nell’area balcanica.
GLI STATI UNITI L’Ottocento fu il secolo in cui gli Stati Uniti si espansero su tutto il continente nordamericano, attirando nuove ondate di migrazione dall’Europa. Il presidente Monroe tracciò le linee guida della politica americana, incentrate sull’opposizione a qualsiasi interferenza europea sul continente “L’America agli americani”. Nella seconda metà del XIX secolo fu combattuta la guerra civile che contrappose gli stati del nord a quelli del sud. Il nord conquistava il sud secondo un “destino inevitabile” di civilizzazione dell’immenso continente. Con la seconda rivoluzione industriale gli USA si inserirono tra le potenze più forti del mondo grazie al loro innovativo contributo tecnologico, ciò avvenne in particolar modo sotto la presidenza di Theodore Roosvelt (primo ‘900). Per fare degli USA una grande potenza Roosvelt realizzò un vasto programma di: -
costruzioni navali, che portò il paese a sopravanzare la Gran Bretagna (che in Europa era stata superata dalla Germania);
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espansionismo statunitense nei territori dell’America Latina
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politica della “porta aperta”, tesa a mantenere pace tra le nazioni europee (Roosvelt: premio Nobel per la pace) e ad evitare contrasti sul versante asiatico (contrasti che avrebbero potuto limitare i commerci internazionali degli Stati Uniti).
IL GIAPPONE E LA GUERRA CONTRO LA RUSSIA Un nuovo protagonista stava emergendo sul palcoscenico internazionale: il Giappone che, nel giro di pochi anni, aveva compiuto un enorme salto da un sistema economico e sociale di tipo feudale a quello di un paese avanzato e politicamente agguerrito. Dopo aver vinto la guerra con la Cina, la potenza giapponese si volse verso la Russia, la quale aveva occupato una base navale a Port Arthur e aveva occupato la Manciuria. Nel 1904 il Giappone attaccò e distrusse la flotta russa con una nuova arma, il siluro, e successivamente sconfisse le armate russe 9
in Manciuria. Per la prima volta un antico impero europeo veniva battuto da un piccolo paese asiatico. La vittoria giapponese fece crollare simbolicamente anche il mito dell’invincibilità dell’uomo bianco e della superiorità dell’Europa nel mondo. La storia non era più eurocentrica: in questi anni che precedevano lo scoppio del primo conflitto mondiale, diventava pienamente mondiale.
L’ITALIA AGLI INIZI DEL XX SECOLO Tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento l’Italia si avviò sulla strada dell’industrializzazione, rimanendo, tuttavia un paese fondamentalmente agricolo. Come in altri paesi si attuò una maggiore articolazione delle classi sociali con la crescita della classe operaia e del ceto medio. Con il decollo industriale l’Italia conobbe miglioramenti nelle condizioni di vita, di istruzione e di lavoro, anche grazie all’opera riformatrice di Giolitti. Con l’industrializzazione, tuttavia, si aggravò il divario tra Nord e Sud e il sud ne pagò il prezzo senza averne vantaggi, e milioni di contadini furono costretti dalla miseria a scegliere la strada dell’emigrazione. Nel 1899 veniva fondata a Torino da Giovanni Agnelli la FIAT (Fabbrica Italiana automobili Torino), simbolo dell’industria italiana e del made in Italy. L’apparato industriale in Italia (così come in altri paesi) venne sostenuto dallo stato attraverso una politica protezionistica, anche in conseguenza dell’arrivo del grano dall’America. Furono messe imposte sui cereali “stranieri” per incoraggiare i consumi interni al paese. Un ruolo di grande importanza ebbero le banche miste grazie alle quali si avviò la crescita dei grandi gruppi industriali e di piccole e medie imprese (si realizzò una progressiva integrazione tra banche e industrie che sarà tipica del capitalismo italiano).
#BANCA MISTA - modello di gestione bancario, che prevede il deposito dei risparmi dei singoli clienti con quelli di istituti finanziari impegnati nel sistema produttivo. Oggi rappresenta il più diffuso modello di istituzione bancaria, impegnato nell'erogazione di molti servizi (tra cui raccolta di risparmio a breve e a lungo termine) e nella vendita di numerosi prodotti finanziari.
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I settori cruciali dello sviluppo italiano erano: siderurgia (acciaierie di Terni) meccanica (Fiat, Lancia e Alfa Romeo), gomma (Pirelli) chimica (Montecatini) ed elettrica. Anche il settore tessile incrementò produzione e posti di lavoro. Con il miglioramento delle condizioni di vita e la progressiva urbanizzazione, ci fu un miglioramento anche del livello di istruzione. L’analfabetismo scese dal 78% (dato dell’Italia post-unitaria) al 38% nel 1911, anche se con grande disparità tra Nord, Centro e Sud. Migliorarono gli stili di vita: siamo nel periodo della Belle epoque, caratterizzato da spensieratezza e divertimento. Questa situazione, tuttavia, non toccò tutta la nostra penisola… il sud rimase nelle condizioni del Risorgimento. I provvedimenti protezionistici gettarono il Mezzogiorno in una crisi gravissima: le popolazioni del sud, costrette ad acquistare a prezzi elevati i prodotti dell’industria e a vendere a prezzo basso i loro prodotti agricoli, pagarono i costi
dell’industrializzazione del
paese. Il problema del sottosviluppo del Meridione si pose come questione centrale della società italiana, senza però che i governi riuscissero a risolverlo e ad attuare una riforma agraria. Dalle difficoltà e dall’incapacità di risolvere i problemi del Mezzogiorno avrebbe preso avvio l’avvio lo sviluppo di organizzazioni criminali (mafia in Sicilia, ndrangheta in Calabria e Camorra in Campania). Molti emigrarono verso l’Argentina, il Brasile e gli Stati Uniti: erano giovani, donne e uomini vittime talvolta di violenze e soprusi nei paesi di accoglienza.
NASCITA DEL PARTITO SOCIALISTA Conseguenza dell’industrializzazione fu, come in altri paesi, la nascita di organizzazioni sindacali e politiche del movimento operaio e contadino. Le idee di Marx si erano diffuse sul finire dell’800 maggiormente nella Pianura Padana, ma si ampliarono ben presto in Piemonte, in Lombardia e a Roma sotto la spinta di nomi quali: Antonio Labriola, Andrea Costa (Partito Socialista Rivoluzionario di Romagna), Filippo Turati e Anna Kuliscioff (Lega socialista milanese) nasce a Milano la prima Camera del lavoro. Nel 1892 si formò per la prima volta il PSI per l’emancipazione dal capitalismo e il miglioramento della vita operaia. Qualche anno più tardi il PSI avrà anche un proprio quotidiano, l’Avanti. 11
DA CRISPI ALL’ETA’ GIOLITTIANA Crispi Alla morte di Depretis (Sinistra storica) venne eletto Francesco Crispi che attuerà una politica accentratrice e autoritaria. Con lui prese vita una riforma amministrativa che prevedeva la subordinazione delle prefetture e delle amministrazioni locali al governo. Con il codice Zanardelli venne abolita la pena di morte e venne riconosciuto il diritto allo sciopero. Il governo Crispi caratterizzato da un forte anticlericalismo, provocò la totale rottura con il Vaticano (come provocazione venne collocata la statua di Giordano Bruno in Campo dei Fiori). Nei confronti delle rivolte popolari Crispi operò una politica repressiva ordinando alla pubblica sicurezza di reprimere ogni gesto insurrezionale. In politica estera firmò il trattato di Uccialli con il negus (imperatore d’Etiopia) Menelik: venivano riconosciuti i possedimenti italiani in Eritrea. Crispi si dimette nel 1891 a causa di questioni di politica fiscale che lo misero in minoranza in parlamento. Divenne presidente del consiglio Giovanni Giolitti.
Giolitti Il suo governo liberale è caratterizzato dalla ricerca dell’equilibrio tra le diverse forze politiche: abbandona l’autoritarismo di Crispi e opta per l’apertura e per il dialogo. In campo economico promosse un sistema di tassazione progressiva sul reddito. Il governo assunse un atteggiamento tollerante nei confronti del movimento sindacale siciliano noto con il nome di Fasci Siciliani che combatteva contro i cosiddetti “galantuomini” latifondisti e richiedeva una distribuzione equa delle terre. Sarà costretto alle dimissioni a causa del suo coinvolgimento nello scandalo della Banca romana: accusato dell’irregolarità nella gestione della stessa banca, fu costretto a lasciare la presidenza del consiglio che sarà nuovamente affidata a Crispi.
Secondo governo Crispi, governo Rudinì e crisi di fine secolo (governo Pelloux)
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Tornato al governo, Crispi proclamò lo stato d’assedio in Sicilia per reprimere i moti dei Fasci Siciliani e nell’ottobre 1894 saranno sciolte le organizzazioni politiche degli operai. Crispi limitò la libertà di stampa e ridusse il numero degli elettori, ciò provocherà il rafforzamento della sinistra estrema composta da socialisti, repubblicani e radicali e lo scontro tra governo e classi lavoratrici. In campo estero si andavano deteriorando i rapporti con l’Etiopia fino alla rottura diplomatica. Dopo il fallimento delle spedizioni in Africa, Crispi si dimette. Il nuovo capo di stato Rudinì, adottò una politica più moderata: in campo estero cercò di riavvicinarsi alla Francia. Il nostro paese vivrà, in questa fine del secolo, una crisi socio-economica: il rincaro del pane provocò nel 1898 scioperi e manifestazioni. La fase della Sinistra storica si concluse con i presidenti Pellox e Saracco. Intanto saliva al trono, dopo l’uccisione di Umberto I (per mano di un anarchico), Vittorio Emanuele III che opterà per una linea liberale che vedrà protagonista Giolitti, uomo destinato a segnare la storia italiana dei successivi quindici anni.
ETA’ GIOLITTIANA Il programma politico di Giolitti teneva in considerazione i cambiamenti avvenuti (industrializzazione e modernizzazione) nel paese e del moto ascendente delle classi operaie: il presidente del Consiglio dei ministri piemontese voleva coniugare lo sviluppo produttivo, la democrazia economica e le riforme sociali.
Giolitti sarà Presidente del Consiglio dei ministri quasi ininterrottamente dal 1903 al 1914. Riforme giolittiane: -
nazionalizzazione delle ferrovie
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provvedimenti a sostegno delle industrie
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prolungamento dell’obbligo scolastico e gestione statale delle scuole di campagna
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legislazioni per migliorare la situazione delle opere pubbliche nel Mezzogiorno (ciononostante le condizioni del Sud dell’Italia rimanevano comunque drammatiche e Giolitti sarà accusato di aver considerato il Mezzogiorno come terra di conquista e di aver fondato la sua politica sull’asservimento e sul disprezzo del Sud).
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Legislazione per migliorare le condizioni di lavoro e di vita (provvedimenti a tutela degli anziani, degli invalidi e degli infortuni sul lavoro); regolamentazione del lavoro di donne e bambini
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Suffragio universale maschile: il diritto di voto venne esteso a tutti i cittadini maschi, anche analfabeti che avevano compiuto 30 anni e 21 anni per chi aveva prestato servizio di leva.
IL PARTITO SOCIALISTA Anche il partito socialista fu segnato da diversi cambiamenti e contrasti, tanto che si arrivò alla divisione tra riformisti e intransigenti (non disponibili alla collaborazione con la borghesia e oppositori della politica di Giolitti). Nella corrente intransigente rivoluzionaria spicca il nome di Benito Mussolini impegnato contro il moderatismo dei sindacati. Nonostante queste tensioni, il PSI rimaneva il punto di riferimento della maggior parte della popolazione italiana e le iscrizioni videro un profondo incremento.
I CATTOLICI Tra gli ambienti cattolici si iniziava a diffondere l’idea di uscire dal non expedit di Pio IX e di iniziare alla vita politica attiva (in particolar modo con attenzione ai problemi sociali e al mondo del lavoro). Si formò così il movimento della Democrazia cristiana ad opera del sacerdote Don Romolo Murri. Il successore del pontefice Leone XIII (autore della Rerum Novarum), Pio X concederà ai cattolici di appoggiare i candidati conservatori in alcuni collegi elettorali in occasione delle elezioni del 19041909, ma terrà una posizione censorio nei confronti del sacerdote Murri sospeso e scomunicato.
NAZIONALISMO Un movimento del tutto nuovo nel panorama politico italiano fu quello del nazionalismo che si opponeva sia alle posizioni democratiche che a quelle socialiste, proponendo una forte spinta alla politica espansionistica: l’Italia doveva ottenere il posto che le spettava nella politica internazionale. I nazionalisti ritenevano il sistema liberale un limite all’espansione del paese e alla costituzione di uno stato forte.
CRISI DEL GOVERNO GIOLITTI Accusato per i suoi metodi di governo e per l’incapacità di fare una politica in grande, Giolitti fu osteggiato da socialisti rivoluzionari, forze economiche significative e dai nazionalisti che lo credevano responsabile di non saper governare l’Italietta. Fu questo un periodo di numerosi movimenti culturali e artistici che si ponevano in rottura con il passato, tra i quali spicca il Futurismo
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di Tommaso Marinetti. Nel Manifesto Marinetti intendeva glorificare la guerra come sola igiene del mondo. L’impresa di Libia segnò l’inizio della crisi dell’equilibrio creato da Giolitti. A favore dell’impresa premevano gruppi industriali e finanziari che facevano capo alla Banca commerciale e al Banco di Roma. Un ruolo importante nella diffusione dei miti imperialisti fu svolto dalla stampa quotidiana e dalle poesie di Gabriele D’Annunzio che esaltava la conquista d’oltremare e Pascoli che scrisse La grande proletaria si è mossa, in cui rivendicava per l’Italia il dovere di contribuire all’incivilimento dei popoli e di conquistare terre per dare lavoro ai suoi “figli”. Iniziata nel 1911 la guerra si concluse con il Trattato di Losanna (1912) con il quale la Turchia accettava la sovranità italiana sulla Libia e l’Italia si impegnava a lasciare alcune isole del Dodecaneso nell’Egeo. La Libia non si rivelò così fertile come la propaganda faceva credere, venne definita dallo storico Salvemini uno “scatolone di sabbia”. L’impresa aveva portato ad affermarsi sempre di più, nella nostra penisola, l’idea dell’esaltazione militarista e imperialista. La crisi definitiva del governo Giolitti avvenne in seguito alle elezioni dell’ottobre 1913. Prima di queste elezioni Giolitti aveva preso accordi con il presidente dell’Unione elettorale cattolica, Vincenzo Gentiloni, in base ai quali i cattolici avrebbero votato per i candidati giolittiani che si impegnavano a non appoggiare in Parlamento progetti non voluti dalla chiesa (divorzio e abolizione della religione nella scuola) per contrastare le idee socialiste (Patto Gentiloni). Risultarono eletti circa 300 liberali, 50 socialisti, 20 cattolici e 6 nazionalisti. Risultavano presenti ora al governo anche i cattolici (inoltre dei deputati liberali circa la metà aveva firmato il patto Gentiloni). Non c’era più sostanzialmente la maggioranza liberale che sosteneva Giolitti. E così nel marzo 1914, a seguito delle dimissioni di Giolitti, iniziava il governo anti-giolittiano guidato da Salandra.
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