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Toccare il cielo con un dito Lo sci, quello di una volta

Toccare il cielo con un dito

Torniamo indietro nel tempo fino ai primordi dello sci, quando prima di sciare si conquistava il pendio a spina di pesce. Quando il vento freddo fischiava nelle orecchie mentre il cestello svolazzava traballante in quota. E quando sulle terrazze mondane la moda incontrava lo sci

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La seggiovia Pfannspitz (Monte Fana), prima seggiovia della Plose, con le Odle sullo sfondo in una cartolina del 1965

Non c’erano gli skilift, l’abbigliamento tecnico, le piste battute dal gatto delle nevi: sciare, all’epoca, nei dintorni di Bressanone era un’avventura e per viverla era sufficiente un dosso innevato. Si conquistava faticosamente la cima a spina di pesce e si scivolava giù con la neve fino ai polpacci. Per appiattire la neve, la si batteva passo dopo passo con gli sci ai piedi. Ben presto si era capito che la tecnica telemark importata dalla Norvegia non era adatta alle forti pendenze alpine. Si svilupparono così nuove tecniche, cambiarono gli attacchi e le linee degli sci. Era nato lo sci alpino.

Allenamento a secco

Marzo 1946, Maranza. Sci in spalla e scarponi di cuoio, un gruppo di sciatori si avvia verso le distese di neve del Monte Gitschberg. Pratica ancora molto spartana, lo sci a quei tempi non era sinonimo di impianti di risalita: esisteva un’unica funivia che, dal 1957, da Rio Pusteria conduceva a Maranza. Se già a partire dagli anni venti alcuni intraprendenti contadini altoatesini avevano adibito le loro malghe a rifugi e le prime e semplici seggiovie erano entrate in servizio negli anni trenta, si dovette attendere il dopoguerra per assistere allo sviluppo del turismo invernale. In tutta la provincia sorsero impianti, rifugi, alberghi di montagna: con i turisti arrivò la comodità che avrebbe risparmiato le faticose salite a piedi dei pionieri dello sci.

Sospesi nel cestello

Sulla Plose tutto iniziò nel 1950 con una modesta sciovia. Ma sul finire degli anni cinquanta partì lo sviluppo dell’industria sciistica: una funivia collegava Bressanone al paese di Sant’Andrea e da qui una seconda funivia portava sulla montagna. L’8 dicembre 1964 fu inaugurata la cestovia o “bidonvia” che rimase in servizio fino al 1985: partiva proprio accanto alla stazione a monte di Valcroce e arrivava fino alla vetta della Plose. Il cestello poteva trasportare due persone, si stava in piedi, c’erano lunghe code di attesa per salire. Spesso, durante il tragitto un vento gelido fischiava nelle orecchie e nelle giornate particolarmente fredde, prima di salire nel cestello, gli sciatori ricevevano una coperta di lana in cui potersi avvolgere. Giunti in cima, la riconsegnavano.

Sole, neve e allegria

“Sulla Plose, che allegria! Neve, sole, pronti… via!”, diceva più o meno così lo slogan in tedesco di una vecchia campagna pubblicitaria del comprensorio sciistico. Erano gli anni settanta: un decennio particolarmente importante per il turismo invernale in Valle Isarco. Questo manifesto pubblicitario della Plose, con il famoso Sass de Putia sullo sfondo, è del 1971. Nel 1970 furono costruiti i primi quattro impianti di risalita sul Gitschberg sopra Rio Pusteria, e nel 1976 fu inaugurato il comprensorio sciistico di Jochtal.

Le vecchie lire

Secondo un listino prezzi in lingua tedesca di cinquant’anni fa, nella stagione invernale 1968/69 lo skipass giornaliero della Plose, di domenica, costava 2200 lire, che corrispondono oggi a circa 20 euro. Con 7500 lire, all’incirca 70 euro odierni, si poteva sciare per una settimana intera, in alta stagione. L’offerta per gli sciatori comprendeva soltanto quattro piste e quattro impianti di risalita, oltre alla cabinovia da Bressanone. Il collegamento con il Pfannspitz (Monte Fana), che oggi fa parte del comprensorio sciistico, all’epoca ancora non esisteva.

La mondanità arriva a Valcroce

Gli Erler, famiglia di imprenditori di Bressanone, costruirono un albergo montano a Valcroce, proprio ai piedi della collina su cui qualche anno dopo sarebbe sorta la stazione a monte della funivia. Le terrazze in legno dell’albergo diventarono ben presto un punto d’incontro molto amato dagli appassionati di sci. Nel 1953 l’albergo si dotò persino di un proprio skilift sul pendio accanto all’hotel, chiamato appunto “Erlerlift”. Al suo posto sorge oggi la partenza della moderna seggiovia a quattro posti “Schönboden”. L’hotel, invece, fu purtroppo devastato da un incendio nel 1990.

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