La vita delle forme. Viaggio tra le opere di un artista artigiano. Walter Falciatore

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LA VITA DELLE FORME

viaggio tra le opere di un artista-artigiano Walter Falciatore







LA VITA DELLE FORME

viaggio tra le opere di un artista-artigiano


Catalogo delle mostra “Walter Falciatore. La vita delle forme” Ecomuseo del Frediano, Settimo Torinese (To), 31 Marzo - 29 Aprile 2018 Promossa dall’Associazione d’Arte e Cultura Leon Battista Alberti Edizioni Arshile Booklets, 2018 Design: Susanna Fisanotti


La vita organica disegna delle spire, delle orbite, dei meandri, delle stelle. Se io voglio studiarla, la colgo appunto al cappio della forma e del numero. Ma, dal momento che queste figure entrano nello spazio dell’arte e nelle materie specifiche di questa, esse acquistano un valore nuovo, e generano dei sistemi completamente inediti. Henri Focillon, “Vita delle Forme�

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Si ringraziano per la collaborazione e il supporto: il Sindaco di Settimo Torinese, Fabrizio Puppo la Vicesidaco di Settimo Torinese, Elena Piastra con Aldo Corgiat Loia, Federica Bressan, Marianna Sasanelli, Massimo Scorsone, Franco Pezzini, Roberto Tutino, Luca Fiorentino, Donatella Taverna, Anna Maria Falciatore e Irene Guglielminetti

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Prefazione Questo catalogo e la relativa mostra ospitata dall’Ecomuseo del Freidano di Settimo Torinese nel mese di Aprile 2018, nascono dalla volontà dell’associazione Leon Battista Alberti di far conoscere a un più vasto pubblico il percorso artistico di Walter Falciatore. Un percorso piuttosto peculiare in quanto mai asservito a mode o correnti, ma orientato all’insegna di una concezione dell’arte in tutte le sue forme - dalla grafica alla pittura, all’incisione - senza tralasciare il vario e multiforme ambito delle arti applicate. É infatti l’artista stesso ha rendere esplicita la dimensione politica del suo lavoro sul modello del movimento Arts and Crafts, cimentandosi per tutta la vita in plurime imprese nell’ambito dell’editoria, dell’artigianato e dell’arte, non solo senza mai cercare aiuti o protezioni pubbliche o accademiche, ma senza una distinzione valoriale tra l’esecuzione di un quadro astratto, di una matrice intagliata per la stampa di tessuti o di una vignetta satirica, come si addice a chi voglia aderire senza compromessi a una dimensione di rigore morale.

quanto frutto di una selezione del suo stesso lavoro, passato a un vaglio severo, addirittura impietoso. Un distillato del suo continuo studio e approfondimento della storia e della natura delle arti maggiori e minori che ha fatto di Walter Falciatore il primo e, fino ad ora, unico critico della sua opera complessiva. Sebbene Falciatore non abbia avuto il tempo di giungere a una formulazione teorica sistematica con un testo scritto, i frammenti dei suoi testi e le testimonianze che riportiamo ci forniscono una prima traccia delle sue idee sull’astrattismo o sul disegno di satira, per citare due dei campi in cui si sono declinati i suoi interessi di estetica.

Un rigore che si ritrova, inoltre, non solo nella perizia tecnica e manuale, ma anche nel suo lascito più strettamente artistico, costituto da un numero piuttosto esiguo di dipinti, disegni, intagli e incisioni, in

I curatori e l’associazione: Susanna Fisanotti, Gisella Cecchini e Luca Guglielminetti

Ringraziando coloro che hanno permesso questa prima valorizzazione della “vita delle forme” di Walter Falciatore, ci auguriamo così che questa pubblicazione ed esposizione possano fornire il viatico più propizio alla scoperta del suo mondo artistico e che altre iniziative possano seguire.

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Walter Falciatore 1948-2016

Grafico e artista, nasce a Brandizzo; agli inizi degli anni ’50 la famiglia si trasferisce a Torino. Dopo aver frequentato il Liceo Artistico, inizia a lavorare come free-lance collaborando con diversi studi pubblicitari, illustra parecchie copertine di fantascienza per la casa editrice torinese MEB e nel ’66 pubblica su Galassia, rivista di fantascienza, il suo primo racconto, “Ritmo”. Negli anni successivi fa parte della redazione di Arbor, mensile di floricoltura e giardinaggio, su cui scrive diversi articoli, inizia a realizzare le prime incisioni a puntasecca e modella in pasta di legno la figura di un paracadutista per una ditta di giocattoli che lo realizzerà poi in plastica, e che in quegli anni avrà una grande diffusione a livello europeo. Dal 1985 collabora con la casa editrice Milano Libri per la rivista Linus, creando i Chicks, delle streep ambientate in un pollaio, dove arguti e strampalati polli vivono a modo loro gli avvenimenti degli anni ’80, e per la rivista Corto Maltese con articoli su donne viaggiatrici. Nel 1991 crea il marchio Arshile, un omaggio al pittore armeno-statunitense Arshile Gorky (1904-1948), nome che utilizzerà sempre, con varianti grafiche, in tutte le sue attività. In quell’anno dà vita insieme alla sua compagna Susanna Fisanotti, a Luca Guglielminetti e a Gisella Cecchini, ad un atelier per la realizzazione di paraventi dipinti, intagliati o a collage e pannelli decorativi per l’arredamento d’interni personalizzato. 5


Appassionato da sempre allo studio dell’arte, indaga il mondo della forma e dei suoi principi. Negli anni ‘90 inizia a dipingere quadri astratti e si avvicina alle tecniche del pastello e dell’acquarello per sperimentare nuovi linguaggi. Realizza incisioni d’arte a xilografia, a cui affianca matrici intagliate su legno o linoleum per la stampa a mano di tessuti d’arte per l’arredamento, creando così la linea Arshile tessuti d’Arte; alcuni velluti con questo marchio verranno esposti a Parigi al Salone Internazionale Maison & Objet e, sempre a Parigi, al Museum Expressions. Nel 1994 entra in dialisi, terapia che affronterà per tutta la vita come un incidente di percorso che non intaccherà mai né il suo spirito né i suoi innumerevoli interessi. Dal 2000 al 2007 con Susanna Fisanotti dà vita a Torino, nella storica Casa Broglia, alla Galleria d’Arte Arshile, dove si susseguono, oltre all’esposizione permanente dei loro tessuti stampati a mano, mostre di grafica, di artisti dell’incisione, della ceramica, della tessitura a telaio, del ferro battuto. Con il supporto di un gruppo di collaboratori, realizza arshile news, una serie di brochures su arte, artigianato, musica e architettura. Per il Nuovo Caffè Letterario, web-zine, scrive note sul disegno di satira, da sempre un argomento che indaga con passione, disegnando anche alcune vignette ispirate a Giuseppe Scalarini. In questo periodo realizza piccole sculture in legno di animali fantastici ed alcuni bassorilievi astratti anch’essi in legno. Nel 2003 tiene un corso di xilografia presso il Primo Liceo Artistico di Torino.

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Nel 2007 inizia l’attività di self-publishing; nascosto da tredici pseudonimi, dà vita alla Arshile Booklets, piccola casa editrice che produce libretti creati con tecnica artigianale, in cui l’integrazione tra testo e immagine è alla base del progetto. “Testi e immagini: invenzioni, paradossi, favole e satira, nuove e antiche storie”. Questo è quanto si legge nella prima pagina del catalogo. Sarà anche autore di una collana di racconti apocrifi di Sherlock Holmes che illustrerà a silhouettes, con lo pseudonimo di Janvier. Negli anni seguenti, qualche autore oltre lui, approda alla piccola casa editrice, mantenendo comunque sempre l’impronta iniziale. In quegl’anni inizia anche una collaborazione con i bookshop museali di Torino sia con sciarpe stampate a mano con il marchio Arshile che con i booklets, entrambe creati ad hoc per i relativi musei. Realizza una serie di piccoli acquarelli su carta e sperimenta l’elaborazione al computer di disegni astratti. Il 2014 vede una sua mostra al Collegio San Giuseppe di Torino con opere di grafica, pittura, intagli ed editoria, dopo aver partecipato in questa sede a diverse mostre collettive. Alla Reggia di Venaria Reale, nella mostra (luglio 2017- febbraio 2018) sul pittore italofrancese Boldini, ai famosi ritratti fanno corona oggetti e arredamenti Liberty, tra cui un salotto d’epoca tappezzato con i tessuti d’arte Arshile, che riprendono nel decoro le forme floreali degli schienali. “Una piccola storia di self-publishing” è il titolo con cui si è tenuto al Salone del Libro di Torino nel 2017, un omaggio a lui e alla sua opera. 7


Walter Falciatore Morning Star

Quando penso a Walter Falciatore mi ritornano alla mente quei suoi occhi celesti vispi e brillanti, un odore lieve di sigaro (che usava tenere tra le dita e che solo per ascoltare una tua risposta faceva riposare tra le labbra) e le lunghe chiacchierate e discussioni accese su tutto ciò che poteva essere arte o il mondo dell’arte. Lo conobbi tra il 2000 ed il 2001 quando dirigeva insieme alla sua compagna Susanna Fisanotti la Galleria Arshile in Piazzetta Tasso, anzi in Piazzetta Quattro Marzo come lui stesso avrebbe corretto, con quella sua aria sorniona e divertita, i suoi amici che utilizzavano impropriamente i nomi delle strade da loro percorse ogni giorno. Teneva nel mese di aprile una mostra collettiva a tema, tra gli artisti in mostra vi era anche mio zio Paolo Genovese il quale, essendo ben a conoscenza del mio percorso universitario come storico dell’arte, volle presentarmi quella “persona molto intelligente e disponibile con la quale avrei potuto parlare di molte cose e iniziare forse una bella collaborazione”. Niente di più vero. La galleria aveva stampato per l’occasione della mostra un pieghevole che nei giorni successivi lessi con interesse. Tre giorni dopo mi trovavo seduto alla scrivania di fronte a Walter vestito con camicia e gilet per parlare di Focillon e la Vita delle forme, di “tempo pittore”, di patina nei dipinti antichi, delle bruciature di Burri e dell’incomprensione

delle masse verso il contemporaneo...ma quello vero e non quello modaiolo! Conobbi Walter come gallerista ed editore piuttosto che come artista. Possedeva una mente attiva, fervida, rapida nelle connessioni, intelligente, riusciva molto bene a destreggiarsi tra la teoria dell’arte e le tecniche (a lui certamente più affini), era dotato di grande dialettica e di giusta ironia con un comportamento affabile, gentile ma al tempo stesso duro se doveva difendere una sua convinzione. Difetti particolari non ne ricordo, forse la sua testardaggine in alcune idee; ma con il tempo, se constatava la legittimità della tua posizione, poteva cambiare opinione. Non tutti gli uomini riescono a cambiare opinione, e ho sempre pensato che questa fosse una virtù delle persone intelligenti. A Walter Falciatore devo molto, molto più di quanto possiate leggere in queste righe. Ero al terzo o quarto anno di università e mi ritrovai a collaborare con la galleria, a dover sostenere le mie prime convinzioni sul mondo dell’arte e sulla teoria dell’arte con una persona davvero ben preparata che mi lasciava spazio pur mettendomi seriamente alla prova. Non si parlò mai di organizzare mostre insieme, Walter era molto interessato al mio mondo, un mondo più spostato verso la teoria e la storia rispetto alle altre per8


sone che conosceva e con cui collaborava (artisti e altri galleristi). Ricordo quel periodo come uno dei più belli della mia vita: la prima attività come studioso, la prima collaborazione con una Galleria, i primi esperimenti di scrittura al di là delle relazioni e questioni accademiche. Ero felice di poter mettere subito in pratica quanto stavo studiando in università. E Walter lo sapeva bene. Per questi motivi mi propose di organizzare insieme una sorta di rivista (e qui l’anima dell’editore che era in lui poteva uscire allo scoperto) intitolata con il nome stesso della Galleria (Arshile è anche il nome del famoso artista armeno, Arshile Gorky, e a lui venne dedicata la galleria) in cui si potevano affrontare tematiche strettamente torinesi inerenti alla teoria, storia e problematiche artistiche. I files che rimangono sul mio computer (dopo l’avvicendarsi degli anni e dei pc) mi concedono di recuperare soltanto una parte degli articoli che scrissi per Walter. L’attività che ho ancora in memoria sul PC attuale registra un biennio, precisamente dal 2002 al 2004, anni in cui preparai anche la mia tesi di laurea. Rileggendo titoli e articoli mi rendo conto di quanto riuscimmo a spaziare con gli argomenti, spesso complessi e con soggetti piuttosto rari. La scelta avveniva in maniera dialettica: ci trovavamo in galleria in quelli che io avevo soprannominato i giorni “giusti” ovvero nei periodi in cui era libero dalla malattia che lo costringeva ad assentarsi. I giorni della settimana in cui ci trovavamo furono per due anni (salvo cattive sorprese o eccezioni) sempre gli stessi, in particolare il giovedì o il sabato pomeriggio erano i giorni

giusti in cui parlare. Iniziavamo a raccontarci alcuni pensieri sull’arte elaborati durante la settimana e da quelli prendevamo spunto per focalizzare tematiche a noi care. Una volta trovato il giusto compromesso editoriale (ovvero l’argomento doveva piacere ad entrambi, lo trovavamo inedito ed interessante, in alcuni casi completamente ignoto ai più, in qualche caso anche divertente) ci lasciavamo fornendoci un calendario in base al quale io dovevo portargli l’elaborato da inserire ad hoc nella rivista. Gli argomenti trattavano dalle decorazioni dei vestiti delle dame del Quattro e Cinquecento al Blaue Reiter, da un breve dizionario sul restauro o su alcuni lemmi inerenti al disegno e alla grafica al problema del Palazzaccio di fronte al Duomo torinese, dalle Porte Palatine e lo scempio architettonico sul Palazzo del Pingone agli scavi romani. Ricordo con piacere che l’ultimo numero (in cui avevamo coinvolto molti miei colleghi di università di storia dell’arte, architetti e ingegneri laureandi) venne parzialmente pubblicato su La Stampa con elogi poiché la tematica trattava in prevalenza architettura e le problematiche di restauro della zona delle Porte Palatine (Palazzaccio e Palazzo del Pingone compresi) che erano in quel momento particolarmente sentite dalla cittadinanza. É stato Walter, insieme a Susanna ovviamente, ad avviarmi e ad interessarmi al mondo collezionistico, al mercato d’arte antica, alla pratica delle attribuzioni dal vivo che in università si potevano eseguire tramite fotografie. Mi trovai immerso in un mondo nuovo, ma appassionante, 9


in cui l’attribuzione è importante ma si devono conoscere anche le tecniche per avere gli strumenti necessari al corretto riconoscimento degli stili dei maestri. E quindi tutto quello che avevo imparato all’Opificio a Firenze e all’università a Torino si concretizzò con Walter che mi mise alla prova con sculture in marmo e alabastro e dipinti antichi del Sei e Settecento. Non gli bastava l’attribuzione per via stilistica, voleva la controprova nelle tecniche e poi ancora insisteva per via filologica ponendo dubbi e domande alle quali dovevo trovare risposte. Posso dire che quegli anni furono fondamentali, ebbi ottimi maestri dentro e fuori l’università: Walter fu certo uno di quelli. Tutta la mole di conoscenze che ebbi modo di imparare mi formarono e mi diedero impulso ad essere perennemente curioso.

ripercorrere le discussioni artistiche di cui parlavo all’inizio di questo mio omaggio a Walter. La sua espressione artistica è certamente frutto dell’elaborazione, intelligente e personale, di alcune correnti stilistiche a lui care e in particolare mi tornano in mente alcuni artefici che sono stati oggetto delle nostre ricerche per la rivista della galleria. E se i suoi lavori a colori (ovvero gli acquerelli, i dipinti e i pastelli) mi ricordano i sogni e i mirabolanti effetti di Kandinskij, di Odilon Redon e Matisse, nelle poche sculture eseguite riconosco le suggestioni avvenute con la scultura africana e Picasso. Proprio in questi lavori appena citati rivedo parte di Walter, della sua cultura, dei suoi discorsi e anche un po’ del suo carattere a volte spigoloso e tagliente come nei Tre animali fantastici intagliati a spigoli vivi ma che lasciano intravedere allo stesso tempo il sogno di un uomo verso creature inventate e di indole dolce; nulla ci spaventa di questi tre piccoli animali, anzi ci viene voglia di possederli per coccolarli, tenerli in luogo sicuro come pietre preziose seppur siano eseguiti con un materiale semplice come il legno. E in queste piccole sculture ritroviamo anche la passione per l’Oriente come ad esempio dichiara apertamente il piccolo Animale fantastico o Netsuke.

Walter fu anche artista. Non era vanitoso e non aveva forme di protagonismo, quindi sporadicamente mi mostrava alcuni lavori ed in genere erano quelli che rimanevano in galleria per caso o per motivi lavorativi. Si trattava soprattutto di matrici xilografiche che venivano adoperate per decorare tessuti, ma anche lastre a puntasecca. Pochissimi furono i lavori che vidi trasposti su carta. Fortunatamente Susanna li ha fotografati e posti in rete su un sito intitolato Fondo Walter Falciatore, per merito del suo lavoro possiamo comprendere le tecniche utilizzate da Walter, le dimensioni ed il periodo della vita in cui si dedicò a specifiche opere. La sensazione personale che ho avuto scorrendo le fotografie dei lavori è stata quella di

L’Oriente deve essere stato un modello e un mondo da perscrutare, da osservare e da prendere in prestito, mai in maniera banale o pedissequa, ma affrontando con perizia e capacità inventiva la sfida che quegli artisti giapponesi ci hanno lanciato. Ed è con questa premessa che possiamo avvicinarci alle incisioni di Walter Falciatore. Le 10


matrici xilografiche raffiguranti fiori ed eseguite per le decorazioni di tessuti hanno una forza espressiva che richiama non solo l’Oriente, ma anche il Rinascimento italiano con i tessuti broccati delle dame di corte con la spalla ricamata a motivo floreale, spesso un segno di appartenenza ad una casa nobiliare o simbolo allegorico da interpretare. Le sue incisioni rivelano ancora un collegamento con un altro artista molto particolare, bizzarro a volte, ma molto attento al segno, alla linea, al tratto non inserito, all’eterna lotta della superficie bianca con il nero dell’inchiostro invasore: Aubrey Beardsley. Leggiamo questa connessione, forse da me maturata e da Walter soltanto sentita in maniera inconscia, ad esempio nella Ragazza armena con il suo cane, o in Gatto e uccello, Vaso di fiori con viole del pensiero, Leopardo e fiore, in Figura femminile addormentata o in Figura femminile addormentata con paravento. É inoltre evidente il legame con Picasso, con Matisse, fin anche con Van Gogh poiché erano tutti maestri a cui guardava con devozione essendo alcuni di essi anche incisori. Affascinanti i suoi paesaggi fantastici più volte incisi in dimensioni minute come Sole nascente con stelle: un uomo così razionale che ci mostra un lato così intimo della sua dolcezza, della sua fantasia.

io ho inciso insieme a mio zio Paolo. Si tratta di buon feeling, di comprensione con uno sguardo. Il segno, tortuoso, ricercato, vuole raggiungere la finezza senza palesarla al primo sguardo, vuole rendere il bianco della carta puro colore per contrastare un nero confinato in pochi e circoscritti spazi, recintato dal solco della sgorbia. Questa la mia lettura di Walter artista, ma sono sicuro che lui mi avrebbe stupito nominando anche altri artefici, altri fenomeni artistici più recenti dai quali poter trarre ispirazione. Mi rimane questo: tra le stelle del mio piccolo firmamento Walter è stato una di quelle che compaiono il mattino, il mattino della giovinezza, e che ti accompagnano idealmente per tutta la vita, una delle mie Morning star come il titolo di una delle sue più belle incisioni su legno. Luca Fiorentino storico dell’Arte

Le sue incisioni e le matrici su legno, come tutte le opere grafiche per editoria ed illustrazioni, sono quelle che sento più vicine all’uomo che ho conosciuto, che capisco forse più del resto della sua produzione, forse per affinità, forse perché anche 11


Walter Falciatore

e un esperimento Arts and Crafts Incubi squisiti

con un assaggio di Surfanta: immagini anche piuttosto libere rispetto al contenuto (probabilmente si forniva agli artisti un spunto un po’ generico e poi ci mettevano del loro) ma capaci di colpire il lettore con le loro atmosfere totalmente altre, come recettive dei sogni di un’epoca. Non sapevo che a distanza di anni avrei conosciuto – purtroppo solo di sfuggita – l’autore di una serie di queste meraviglie, Walter Falciatore (Torino, 1948-2016): e aprendo i booklet della sua intrapresa Arshile avrei ritrovato – in forma più ironica, smaliziata e matura, ma con un filo rosso visionario ben avvertibile – uno degli evocatori dei miei antichi sogni. In effetti negli anni successivi all’avventura MEB, mascherato da più di una dozzina di pseudonimi, questo artigiano pienamente artista produrrà per testate capitali dell’immaginario in Italia: per dare un’idea, da Linus a Corto Maltese, oltre che per tanti altri committenti. Le copertine giovanili per MEB avevano spesso tinte vivaci, e Falciatore – reduce da studi artistici, e dalla gavetta in uno studio pubblicitario – il colore lo sapeva usare: penso per esempio ai suoi successivi lavori pittorici, una selezione dei quali è visibile tramite il sito del Fondo a lui dedicato. Tavole di grande fascino, spesso dai colori caldi (arancio, pesca, rosso, bruno), le cui forme sembrano evocare impressioni visive ai limiti dello

In un recente incontro sul fantastico a Torino e sul suo sviluppo negli anni settanta veniva ricordata la produzione di un piccolo editore locale al tempo attivissimo, la MEB. In quel periodo strano – certo drammatico ma per tanti versi fertilissimo, e che ha flirtato con l’immaginario su tutti i registri possibili – la MEB aveva infatti varato un’indimenticabile collana popolare di letteratura fantastica, fantascienza, fantasy. Ricordo per esempio il fascino della scoperta di Clark Ashton Smith, il terzo dei moschettieri di Weird Tales con Howard e Lovecraft, proprio attraverso quelle collane MEB: e mi ritorna il sapore di certe giornate di primavera sotto il cielo grigio torinese, quando tra incontri con gli amici, amori per ragazze irraggiungibili e studi di liceo, il tempo passato su quei libri spalancava all’improvviso scene di palazzi ciclopici, foreste di medioevi improbabili o scorci di continenti perduti, spesso con un surplus d’ironia. Artigiano pienamente artista I titoli erano parecchi, di formato tascabile ed economici: ma il successo di quei testi era garantito da indimenticabili copertine. Immagini visionarie, spesso coloratissime, tra pop e pulp 12


sguardo – conchiglie, un volo di colibrì, lo sbocciare di un iris – o forse frammenti di memoria o visioni di flora e fauna di quei lontani continenti perduti. Come a colori sono gli splendidi ritratti a pastello, le vedute di una Torino notturna o le illustrazioni pubblicitarie di rara efficacia.

lunga avventura tra tecniche e prodotti artistici diversi, insieme ricapitolandoli e sovvertendoli in un raffinato bianco e nero. L’artista su commissione si fa committente di se stesso, e anzi prende a esplorare la più vasta latitudine dell’Arts and Crafts, producendo delizie cartacee ma anche su tessuto; provvede (recita una nota) “Testi e immagini in bianco e nero. Libretti stampati con tecnica artigianale. Invenzioni – satira – gialli – fantasy e fantascienza – poesie – biografie – paradossi e parodie”; l’illustrazione ancillare che sulle antiche copertine sgomitava in termini di libertà creativa ora muta natura, acquisendo pari dignità con lo scritto, esondando incurante dei pochi centimetri concessi e anzi facendosene forza; la quantità di pseudonimi si spariglia tra grafica e testi scritti. Così R. C. Twite è autore di un dittico di deliziosi racconti fantascientifici e tale Hangar delle tavole di corredo, ma in realtà è sempre lo stesso Falciatore e le due dimensioni (narrativa e figurativa) sono cresciute assieme. Walter Scythe è lo pseudonimo con cui vara una serie di piccoli apocrifi sherlockiani – in genere in forma di racconto, ma per esempio Sherlock Holmes e il delitto del Sogno è un dialogo in due atti –, e Javert (sempre lui) firma le eleganti e spesso ironiche silhouettes che li accompagnano, dove dalla pipa di Holmes in controluce salta fuori di tutto. Sotto la tonaca di Fra’ Justino de’ Passeri compone La Ballata degli Uccelli di Brydon dall’apocrifo sembiante medioevale, e come Wiz mette in scena perplessi asinelli nel divertentissimo Che cos’è l’Arte (Contemporanea)? In Quattro Lezioni. Ci sono poi i Poemas di Francisco Zurlin, presunto

Il colore lo sapeva usare; eppure la preferenza di Falciatore andava al bianco e nero. Come nella strepitosa raccolta di incisioni a puntasecca: contorsioni di alberi spogli o strane piante a corolla quasi dal fondo marino; torri babeliche dove l’archeologia industriale trascolora nelle architetture di mondi sconosciuti; albe stellate o padiglioni da orienti alla Coleridge. O come nelle xilografie, a graffiare in pochi tratti giaguari, tigri e lupi ma anche più domestici gatti e cagnetti: in salotti però che sembrano arredati da Lovecraft, con lampade a forma di stelle marine, mentre belle addormentate totalmente oniriche giacciono nude dietro a paraventi dalle fantasie orientali. Ma le figure stesse sono a un passo dal divenire ornamenti, sfumando in giochi di torsioni e di volute: ed è illuminante esaminare le sue matrici per stampe a mano su tessuti, le incisioni e intagli su legno e le stesse sculture. Le mille identità Non stupisce a questo punto che l’operazione Arshile booklets (in omaggio al pittore armenostatunitense Arshile Gorky), varata con la compagna di lavoro e di vita Susanna Fisanotti nel primo decennio del nuovo millennio, veda un precipitato brillante, lucido, ironico di tutta una 13


autore seicentesco che scrive in un veneziano meticcio, i Birdwatching Poems del pettirosso (sì, avete capito bene) Robin Cock Williams, e in entrambi i casi con opportune traduzioni…

soso” presenta una sparapanzata meditabondità di felicissima resa. La varietà – a questo punto sarà chiaro – è estrema. Falciatore reinterpreta Kafka ed Erik Satie, il primo ammorbidendone gli incubi in termini di surrealtà, il secondo coinvolgendolo – proprio lui, col suo ombrellino – in un delizioso teatro marionettistico Belle Époque; spalanca fiabe di Gnomi nasoni, di animali e improbabili draghi; insegue nei sogni Josephine Baker (che spunta in copertina da una tazza di caffè) e la magia del jazz. Su quest’ultimo tema torna anzi nel delicato Jazz was a Yellow Dog dedicato a Paolo Conte e illustrato con malinconiche miniature; mentre in St. Louis Blues un topino malinconico riceve dal diavolo – “un elegantone con tanto di bombetta” che è semplicemente un topo più lungo coi baffetti, e che pesca lucci da un sedile griffato 666 – il segreto di “vecchie canzoni nostalgiche che non avevo mai sentito prima” e il dono della sua armonica, cioè il Blues.

Però attenzione, gli pseudonimi non sono buttati lì a caso, ma corrispondono a ben precisi tratti grafici o tipi stilistici. I disegni più vignettistici sono per esempio quelli a firma Wiz (dal famoso mago?): dalla verve politica de I Moderatti (“Ma se lei non si sposta, io come faccio a collocarmi al centro?” chiedono simultaneamente due notabili topi, pardon ratti) al paradosso di Mouse Story (i topi divenuti padroni del pianeta dopo l’autodistruzione del genere umano riconoscono “il loro dio” nella sopravvissuta statua di Topolino); dal non compreso amore di una bimba per il suo animaletto domestico – Iguana – che diventa però per lei motore di indipendenza, alla riflessione ironica sulla difficoltà di accettare l’altro persino se identico a noi, in Identity. E proprio nelle tavole a firma Wiz si coglie forse il nesso più evidente e insieme la distanza dalle antiche fantasie per MEB: in particolare nel booklet Memory, in cui l’omonimo testo di Lovecraft – presente fin dalla deliziosa caricatura in copertina, dove dalla sua penna fiotta un gorgoglio demoniaco – è accompagnato da una serie da impagabili tavole. Soprattutto alcune scintillanti d’ironia: a proposito del fiume Thamo, “il Demone della Valle non sa per quale ragione le sue acque sian rosse, né a quale foce guidi la sua corrente”, ed è esilarante vedere un mostrillo perplesso, con gli occhi a palla e l’espressione interdetta. Nell’ultima tavola poi “il Demone, pen-

I booklet per i Musei Alcune serie di booklet sono pensate per i Musei. L’Egizio, ad esempio, cui l’artista dedica tutto un bestiario ironico con storie di gatti e Faraoni, di scarabei sacri, topi delle piramidi, ibis, camelidi e sciacalli; per Palazzo Madama, con il dittico a firma Walden le cui immagini sono veri e propri giochi di prestigio barocchi, di straordinaria e fiabesca fantasia; e per il MAO, con gli ikebana naturalistici di Wu-Sheng, gli haiku gastronomici di Wu-ti-Mang (“Il soufflé cresce. / La 14


glassa si squaglia. / Io mi risveglio. / Inquieto”), ma è inutile cercare questi autori su Wikipedia, perché ancora una volta è sempre lui, come pure l’Hangar che firma i disegni, nonché tredici impagabili storie zen. Ma l’Oriente torna anche per esempio coi Tre Racconti Giapponesi del già smascherato R. C. Twite e nel lievemente inquietante, onirico Japan in my Heart sempre a firma Hangar. Ovviamente non è scopo di questo intervento visitare tutto il catalogo Arshile, cui si rinviano i lettori: sottolineando che questo ricordo di Walter Falciatore è (diciamo così) un ricordo al futuro, non confinato tra le pieghe della memoria ma aperto, perché la Arshile continua a produrre con Susanna Fisanotti. Ma almeno su un booklet vorrei tornare in chiusura: ed è Incubus, sempre a firma Wiz. Dove l’incubo (nel senso appunto di demone incubo) che ossessiona il protagonista ormai notte e giorno viene bandito, permettendogli di tornare alla sua “quieta esistenza, pacifica e priva di mostri”. Salvo il fatto che così la vita diventa più povera, tanto più povera: e il Nostro finirà col richiamare quel vecchio amico perché nuovamente popoli le sue notti e le stesse giornate “di incubi squisiti”. Ma per questi incubi squisiti possiamo trovare anche un nome diverso, che ha guidato il lavoro di Walter Falciatore, e che guida a tutt’oggi la Arshile: ed è fantasia. Franco Pezzini saggista 15


Stampa artistica in rilievo La xilografia

Nel panorama dell’arte contemporanea gli aspetti dell’applicazione tecnica tendono sempre di più a prevaricare sulla immediatezza del gesto, al punto che talora lo stesso processo della creatività finisce per coincidere con la capacità di gestire una tecnica nuova.

Ciò nondimeno con questa tecnica, che va alle radici del disegno e del rapporto bianco e nero, le suggestioni si moltiplicano generando grafie essenziali nelle quali (come è negli intenti di questa esposizione) la linea rivela le parentele esistenti tra le forme in natura, siano esse animali o floreali o ritrattistiche, e come il disegno sia sempre oscillante tra la rappresentazione del reale e la sua astrazione decorativa.

All’inverso era tipico dei metodi artistico-artigianali delle origini che la mano e lo strumento mirassero a fondersi al punto che le difficoltà della tecnica si trasformassero in nuove possibilità di sviluppo dell’idea formale, generando nuovi stili e modi di vedere.

Walter Falciatore dalla brochure per la mostra “La tigre, i fiori, i tessuti”, Galleria Arshile, 2005

È precisamente quanto accade nel procedimento xilografico, in cui l’artista, dovendo trarre l’immagine ricavandola dagli intagli eseguiti su una tavoletta di legno, che sarà in seguito inchiostrata e adoperata come matrice da stampa, viene indirizzato ad una particolare disciplina, e costretto a ridurre il campo del possibile alla massima stilizzazione formale. 16


Xilografie

Giaguaro stellato xilografia, cm. 50x40 metĂ degli anni ‘80

Figura femminile addormentata xilografia, cm. 34x28 primi anni del 2000

Lupo sotto la luna xilografia, cm. 30x14,5 primi anni del 2000

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Gatto e uccello xilografia, cm. 40x50 primi anni del 2000

Vaso di fiori con viole del pensiero xilografia, cm. 26x34 metĂ degli anni ‘80

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Iris e strelitzia xilografia, cm.70x50 metà degli anni ‘80

Queztal xilografia, cm. 13x32 metà degli anni ‘80

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Ritratto di Gisella xilografia, cm. 12x19 metà degli anni ‘80 (Collezione privata)

Ritratto di Jantin xilografia, cm. 50x33 metà degli anni ‘80 (Collezione privata)

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Stampa artistica in cavo Puntesecche

Padiglione orientale puntasecca, cm. 15x12 anni ‘70

Paesaggio con tre torri puntasecca, cm. 24,5x16 anni ‘70

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Arbusto fiorito puntasecca, cm. 15x10 anni ‘70

Paesaggio esotico puntasecca, cm. 19x9,5 metà anni ‘80

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Paesaggio con pioppi e nuvole puntasecca, cm. 24,5x11,5 metà degli anni ‘80

Piccolo paesaggio fantastico puntasecca, cm. 12,5x8 metà degli anni ‘80

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Tessuti d’arte Arshile da xilografie di Walter Falciatore

Velluti stampati a mano con relative matrici xilografiche e ritratto di Cristina di Francia, 1640 circa, olio su tela di ritrattista attivo alla corte dei Savoia

I tessuti stampati a mano Arshile, da xilografie e linoleografie originali dell’atelier, intendono recuperare i temi della tradizione popolare così come di quella aristocratica. Ricompaiono così nei tessuti Arshile, antiche e rivisitate in chiave attuale, le stesse suggestioni formali tra esotismo e purezza di linea che caratterizzarono all’origine i modelli delle più antiche manifatture italiane: lucchesi, veneziane e fiorentine poi. I temi sono sempre, volutamente, di origine fitomorfa e zoomorfa, con il dichiarato intento di reintrodurre elementi di natura nel décor e nella progettazione artigianale, in ossequio all’idea di Antonin Artaud, secondo il quale tutta l’arte deriva dalle forme animali

e dalla natura. I tessuti d’Arte Arshile sono realizzati in funzione di arredamenti e di ambientazioni ispirati alla semplicità, funzionalità e rifiuto della ridondanza. Le matrici intagliate nel legno e impresse a mano hanno rappresentato per secoli la tecnica fondamentale per la decorazione su stoffa; nei paesi asiatici è tuttora impiegata con alti risultati formali e produttivi. In Occidente il risultato più significativo di questo metodo fu raggiunto dall’opera grafica di William Morris, i cui modelli di tessuti e carte da parati indicarono la strada all’Art Nouveau e agli sviluppi futuri dell’arte moderna. (Walter Falciatore) 24


Sopra: Racemo matrice intagliata su legno per stampa su tessuto cm. 11,5x24 fine anni ‘90

Sotto: Araba fenice matrice intagliata su legno per stampa su tessuto cm. 14x10 primi anni 2000

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L’astrazione

Quando si pensa all’astrazione in arte si fa soprattutto riferimento a quei pittori moderni che fecero della composizione di linee e colori sul piano una compiuta teoria della visione.

vegetali o animali, che hanno generato il flusso storico delle immagini sino dalle origini, che era anzitutto decorazione intesa come rivelazione di culture diverse intrecciate ai vari aspetti della natura.

Si pensa al purismo ritmico musicale delle griglie quadrettate di Mondrian, alle calligrafiche incursioni di Klee nell’universo della psicologia, alle sacerdotali organizzazioni geometriche di Kandinsky che, ormai svaniti gli antichi terrori per l’incomprensibilità del non figurativo, popolano riprodotte in posters le più rispettabili sale d’aspetto come i muri di casa e quelli del caffè.

Se oggi, quando concezioni del mondo si incontrano e si scontrano, differenti e tuttavia obbligate a coesistere, si dovesse ripensare una teoria dell’astrazione adatta ai tempi , sarebbe necessario ritornare alle stesse radici della forma nel suo sviluppo. Una simile teoria potrebbe considerarsi allora una ricerca che forse meriterebbe d’essere definita come una sorta di “ecologia dell’arte”.

La pittura astratta s’è così fatta però anche la fama di arte intellettualistica per eccellenza, regola cifrata, segno disincarnato in un mondo in cui il materialismo, virtuale o di fatto, è il paesaggio dominante delle nostre vite.

Walter Falciatore dalla brochure per la mostra “Walter Falciatore. Dipinti, pastelli, disegni”, Galleria Arshile, 2006

Ma l’astrazione in arte è più antica delle sue stesse definizioni, e ci viene dalle forme viventi, 26


Oli

Luci di conchiglie olio su tela, cm. 115x70 primi anni ‘90

Lama di luna olio su tela, cm. 40x50 fine anni ‘90

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Verso Bisanzio olio su tela, cm. 70x50 fine anni ‘90

Colibrì olio su tela, cm. 50x30 metà anni ‘90

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Acrilici Progetti per dipinti acrilici su legno: Danza del peyote verde e Danza del pelote arancione matita su carta, cm. 27x23 prima metà anni ‘90 A destra realizzato: Danza del peyote verde acrilico su legno, cm. 64x180 prima metà anni ‘90

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Acquarelli

Festa gialla acquarello su carta, cm. 13x7 2015-2016

Finestra indiana / I acquarello su carta, cm. 8,5x8,5 2015-2016

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Indian Garden acquarello su carta, cm. 9x13,5 2016

Giardino persiano acquarello su carta, cm. 10x7,5 2015-2016

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Pastelli

Finestra indiana / III pastello su carta, cm. 22x33 metà anni ‘90

Canzone brasiliana pastello su carta, cm. 26,5x24 metà anni ‘90

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Finestra indiana II pastello su carta, cm. 23,5x17 metĂ anni ‘90

Fiesta pastello a cera su carta, cm. 42x29,5 2015-2016

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Intagli

Morning Star incisione su legno, cm. 25x25 fine anni ‘90

Nel cuore dell’ascia incisione su legno, cm. 27x40 fine anni ‘90

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Giardino armeno incisione su legno riempita a stucco, cm. 70x50 inizio anni ‘90 (Collezione privata)

Fuoco verde incisione su legno tinto, cm. 40x110 metà anni ‘90 (Collezione privata)

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Disegni elaborati al computer

Behind Window stampa digitale su carta da disegno elaborato al computer, cm. 25x19 2015

Canzone gialla stampa digitale su carta da disegno elaborato al computer, cm. 18,5x13 2015

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Carboncini

Progetto urbano carboncino su carta, cm. 30x35 prima metà anni ‘90

Melograno carboncino su carta, cm. 29,5x34 prima metà anni ‘90

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Piccole sculture

Tre animali fantastici scultura in legno con foglia d’argento cm. 18x10x9 fine anni ‘90 - primi anni 2000

Animale fantastico (Netsuke) scultura in legno cm. 8x5x2,5 fine anni ‘90 - primi anni 2000

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Le opere di Falciatore pazienza e virtuosismo

Una mostra interessante nella mostra. La brava Susanna Fisanotti espone stoffe stampate con le proprie mani e a occhio, utilizzando matrici in legno, con risultato e gusto Liberty. Si tratta di xilografie eseguite da un artista paziente, Walter Falciatore. Infatti è un’arte, quella antica xilografica, dove l’attenzione deve coniugarsi alla tranquillità d’animo. In una saletta appartata, invece, viene incontro un Walter Falciatore totalmente diverso. Non più l’artista-artigiano dedito alle matrici su legno, ma il pittore di segno e di colore, un virtuoso del pastello. Sono ritratti dedicati ai grandi scrittori del Novecento. Fotografico e violaceo Hermann Hesse; molto bello ed americano anni Cinquanta il volto di Jack Kerouac; con un leone accanto, ovviamente, Ernest Hemingway, mentre Emilio Salgari ha come decoro una tigre dietro il collo. Il ritratto forse più accattivante è quello dedicato a R. L. Stevenson. Molto inglese quello di T. S. Eliot.

Jack Kerouac pastello, cm. 30x40 2000-2001

Paolo Levi, da Repubblica, 25 maggio 2001 recensione della mostra tenuta alla Galleria Arshile “Il volto della letteratura” 39


Silvia Plath pastello, cm. 30x40 2000-2001

Robert Luis Stevenson pastello, cm. 30x55 2000-2001 (Collezione privata)

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Antonin Artaud pastello, cm. 30x40 2000-2001

Emily Dickinson pastello, cm. 30x50 2000-2001

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Falciatore gallerista La galleria Arshile

TRA TESSUTI, LEGNI, COLORI nel centro storico di Torino ...Tra questi spazi, uno aperto di recente si presenta con l’intento di costituire un punto d’incontro, studio, galleria, bottega d’arte, spazio espositivo...

Al di là del pregio rilevante delle opere presentate, la galleria rivela un vero e proprio scambio e più crocevia di culture, nella prospettiva autentica di un nuovo mondo e di una nuova società.

I responsabili di questo spazio offrono spunto di un incontro interessante e coinvolgente, e forse sono meno conosciuti di quanto meriterebbero. Sotto la denominazione di Galleria Arshile, intendono indirizzare la propria attività verso una integrazione stilistica tra i modelli decorativi occidentali e quelli della cultura altra. La loro stessa formazione li spinge in tal senso: infatti hanno compiuto tutti e due studi artistici, sia pur di carattere lievemente diverso e con diversi esiti, Susanna Fisanotti, che lavora in particolare nel campo della decorazione delle stoffe, avendo studiato in modo prevalente la storia del tessuto e del costume. Walter Falciatore, invece è grafico professionista, dedicatosi anche alla pittura, che tuttora pratica. Con grande abilità intaglia i legni durissimi per ottenere le matrici da stampa, da imprimere a mano sul tessuto.

Donatella Taverna critico d’Arte da IRIDE giornale cartaceo e telematico Arte – Tecnoscienza – Cultura 2000

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Sopra: Brochure di tre mostre organizzate da Falciatore nella sua galleria d’arte Arshile di Torino A fianco: Walter Falciatore all’interno della galleria

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Nella pagina precedente: Casa Broglia, sede della galleria


La storia di Falciatore, il Pessoa delle vignette

Una sola moltitudine abitava in lui, dispiegandosi in generi, stili e nomi diversi. Walter Falciatore, fondatore della casa editrice di self-publishing Arshile Booklets - artefice di godibilissimi opuscoli di satira illustrata, che spesso reinterpretano i classici della letteratura - era il Pessoa delle vignette: una somma di eteronimi lo rendeva unico e molteplice e perciò inimitabile, se non da se stesso.

nome, o meglio i nomi, e poi per rilanciare la casa editrice”.

A poco più di un anno dalla scomparsa, l’evento di ieri a Torino La Vera storia di Wiz & Friends ha rivelato l’identità dell’autore di testi e vignette di quei volumetti satirici, nascosta dietro 14 pseudonimi: se Wiz si occupava di sketchbooklets, libretti dall’immagine e la battuta fulminante, Walter Schyte era il nome usato per gli apocrifi di Sherlock Holmes, mentre Hangar per i disegni su temi orientali, e così via.

Gian Luca Veneziani da Libero di domenica 3 dicembre 2017

Falciatore scriveva si sé: “Sono un Corvaccio nato a Brandizzo che scrive storielle a casaccio illustrate in modo assai spiccio”.

L’appuntamento torinese, cui hanno partecipato Franco Pezzini, Luca Guglielminetti, Massimo Scorsone e Noemi Taccone, è nato come risposta agli interrogativi di chi, sulla pagina Fb ‘Wiz & Friends”, si chiedeva chi fossero gli autori di quelle argute e ironiche vignette. “E’ stato un modo”, dice Susanna Fisanotti, compagna di Walter e oggi titolare di Arshile Booklets, “per farne sopravvivere, oltre alle opere, anche il 44


Sopra: gli Arshile Booklets Sotto: bozze e appunti di Walter Falciatore

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Estratto d’estetica per asini e non solo NewYork, Fifth Avenue. Davanti al Guggenheim Museum, in cui, intimidito, non ha il coraggio di entrare, un asino giunge alla seria considerazione che “non è possibile non conoscere l’arte contemporanea nel mondo contemporaneo”. E dimostrandosi l’asino meno asino del mondo, va in cerca di qualcuno cui porre le sue molte domande. L’iniziativa è premiata e già alla seconda vignetta trova un gallerista pronto a introdurlo ai fondamenti dell’estetica contemporanea. Con geniale leggerezza, passando per Duchamp e Magritte, la penna ironica di Wiz, al secolo Walter Falciatore (Brandizzo, 1948) riesce a farci sentire tutti un po’ meno asini. Cara Ronza dalla rivista Arte, agosto 2014, Mondadori Che Cos’é l’Arte Contemporanea? In quattro lezioni, di Wiz 30 pagg. su cartoncino, 94 ill. in b/n, Arshile Booklets, 2014 46





Walter Falciatore è nato a Brandizzo (Torino) il 2 novembre del 1948. Dopo aver frequentato il liceo artistico inizia a lavorare in un piccolo studio pubblicitario dove apprende i fondamenti della tecnica tipografica. Si impiega per alcuni anni come disegnatore tecnico nella storica Scuola Radio Elettra di Torino, per poi dedicarsi a numerose attività nel campo grafico, realizzando copertine di fantascienza ed illustrazioni per l’editoria, utilizzando le più diverse tecniche. Si specializza nell’uso del pastello per la ritrattistica ed il paesaggio contemporaneo, nell’incisione a puntasecca e nella xilografia d’arte e per la stampa a mano su stoffa. In questo settore dai primi anni ‘90, con il marchio Arshile, scelto in omaggio al grande pittore armeno-americano Arshile Gorky, crea prima un atelier di paraventi artigianali e poi una linea di patterns per la stampa tessile ispirata al modello della tradizione decorativa di William Morris e del movimento Arts and Crafts. Sempre con il marchio Arshile, alla fine degli anni ‘90 apre con Susanna Fisanotti una galleria a Casa Broglia in Torino che alterna esposizione d’arte e d’artigianato. Nell’ultimo decennio è infine autore di testi di natura narrativa e di ricerca estetica; cura le edizioni Arshile Booklets, diffuse via web e nei bookshop museali torinesi, nelle quali esperimenta in svariati ambiti il rapporto d’integrazione tra segno testuale e quello iconico nell’essenzialità del bianco e nero.


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