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DOMENICA 3 NOVEMBRE 2013 A N N O X N . 40
SETTIMANALE DIOCESANO
DI
€ 1.00
CAGLIARI
Liberi, oltre le sbarre c’è il problema del sovraffollamento: siamo sempre su una media di 500 detenuti. Il carcere n carcere non è cambiato molto dopo può contenerne fino a 375, non può superare la Visita del Papa: i problemi restano i 400: i disagi dunque ci sono, anche se noi quelli di sempre. Certo, se ne parla di cerchiamo di non farli pesare. Le catechesi e le più, vista l’attenzione dell’opinione pub- tante attività che organizziamo ogni giorno blica suscitata da fatti recenti, in particolare servono anche per aiutare i detenuti a uscire dopo l’accorato appello del Presidente Na- dalle celle e non farsi tediare da questo propolitano che ha invitato tutti a fare qualcosa blema: tantissimi detenuti passano 20-22 ore per la situazione delle carceri. Il in cella, quindi non è facile vivere Papa ha colpito molto i detenuti, un’esistenza normale. Non hanno fin dall’inizio, fin da quel gesto del da lavorare, molti non hanno hobby: Giovedì santo in cui ha lavato i anche le sale che sono state create piedi a persone come loro. dentro il carcere non possono esseE poi il fatto che citi spesso le carre utilizzate da tutti, perché spesso ceri ha creato un filo sottile che li non puoi affidare alcuni attrezzi a unisce, che non significa che gli qualche detenuto che in passato ha riconoscano minore autorevoavuto problemi di un certo tipo lezza: hanno scritto al Papa per (penso, per esempio, alla tossicodifoto di roberto pili chiedere una parola di conforto e pendenza, o a problemi psichici). di aiuto. Anche l’incontro nella Cattedrale di Quanto alla vivibilità, cerchiamo di non far Cagliari è stato molto bello: le sue parole di pesare troppo l’isolamento dal resto del monsperanza, e poi il riferimento alla cultura del- do: certo, sentir parlare di indulto e amnistia lo scarto. Per tanta parte della mentalità mo- sta creando moltissime aspettative. Penso che derna i detenuti sono lo scarto della società. E questa possa essere una buona occasione, ma resta indimenticabile il richiamo forte a non intanto sarebbe giusto applicare le leggi che ci usare i poveri, la loro carne, per i propri inte- sono in modo corretto. Tanti che escono prima ressi, così come l’appello a non trasformare il per via dei benefici di legge, spesso non sanno volontariato in assistenzialismo. E quindi l’in- nemmeno dove andare: molti di loro hanno rivito, con quel “non fatevi rubare la speranza”: fiutato l’applicazione delle norme che prevedopo quel giorno, nessuno ha più diritto di devano uno sconto di pena proprio perché bruciare la speranza dei nostri fratelli ristretti. non avrebbero saputo cosa fare, e da chi anParole molto serie, su cui tutti dovremmo tor- dare, una volta fuori. Non hanno una faminare ogni tanto. glia e nessuno li vuole. E’ il problema del “doIn ogni parte, e quindi anche a Buoncammino, po”: il carcere lo vivi, e poi? P. MASSIMILIANO SIRA, ofmcap
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La prospettiva del nuovo carcere è positiva: gli spazi dovrebbero essere più grandi, le celle più capienti, e i detenuti dovrebbero stare in due per ogni cella. Sembra molto più vivibile, è un carcere strutturato meglio: speriamo di avere più sale, un campo sportivo. Si spera di avere più attenzione, sarà da vedere quali attività e in che modo saranno proposte. Sarà un istituto più grande, quindi aumenterà la popolazione carceraria in proporzione alla capacità di ciascuna cella. Sarà poi da gestire la realtà del 41 bis, tanti agenti stanno arrivando, e la consegna non è più tanto lontana. Il problema resterà il “dopo”: l’area educativa fa quel che può, come tutti quelli che lavorano a contatto con i detenuti. Si tratta di individuare dei progetti per il re-inserimento lavorativo: imprenditoria e coop sociali stanno portando avanti alcune iniziative a Torino, dove apriranno due call center all’interno del carcere. Bisogna pensare a iniziative diverse, ad un volontariato che possa costruire qualcosa di concreto. A Buoncammino si vive con dignità, sia da parte degli agenti sia di tutti gli altri: ci può essere uno stato di malessere, ma è comprensibile. I detenuti sono da guardare con comprensione: sono coraggiosi e sono capaci di andare avanti nonostante le fatiche di ogni giorno, a prescindere da ciò che hanno fatto.Il fatto che i detenuti non manifestino troppo disappunto per ciò che non va ci aiuta a portare avanti le attività con loro tutti i giorni. * cappellano del Carcere di Buoncammino
SOMMARIO CHIESA
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Ignacio Larranaga: “L’ideale di Francesco per la società di oggi” INTERVISTA
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Mons. Luigi Negri: “La novità? L’amore a Cristo e all’uomo” CAGLIARI
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Ecumenismo, verso la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani DIOCESI
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La Veglia missionaria: l’orizzonte per tutti è il mondo intero PAESI TUOI
Ad Assemini riprese le attività oratoriali con l’Azione cattolica
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IL PORTICO DEL TEMPO
il Portico
domenicA 3 novembre 2013
L’intervista. Ad un mese dalla visita del Papa alla città umbra, ripercorriamo la figura e l’insegnamento del santo di Assisi.
Cosa può dire San Francesco agli uomini di oggi? La radicalità del Vangelo con dolore e con amore Parla Ignacio Larranaga, padre cappuccino, autore di una quindicina di volumi e animatore di comunità in più di trenta nazioni: “Francesco amò Cristo in modo davvero originale” MASSIMO PETTINAU UN MESE DALLA VISITA di Papa Francesco ad Assisi, dopo commenti a caldo e valutazioni legate al momento, vale la pena soffermarsi su poche linee fondamentali che hanno contraddistinto san Francesco nel tempo in cui è vissuto e lungo i secoli sino ad oggi. Amore totale verso Gesù, amore profondo alla Sua Chiesa, amore a cuore aperto verso tutte le persone, soprattutto sofferenti e rifiutati. Queste caratteristiche sono state spesso messe in luce da diversi autori, ma Ignácio Larrañaga, padre cappuccino di 85 anni, è noto soprattutto per il libro “Nostro Fratello di Assisi”. Proprio a padre Ignacio, autore di una quindicina di volumi e da oltre cinquant’anni ani-
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Padre Ignacio Larranaga.
matore di comunità in oltre trenta nazioni con i suoi “Incontri con l’esperienza di Dio” e con le sue “Scuole di preghiera e di vita”, abbiamo voluto chiedere alcune parole sulla figura del Santo di Assisi. San Francesco ha amato Gesù in un
modo personalissimo e unico. Ma quali erano le caratteristiche umane che è possibile riscontrare in lui e che magari sono presenti in tanti giovani del mondo oggi? Sì, è vero. San Francesco amò Gesù Cristo in una maniera originale.
Questa originalità è consistita nella radicalità con cui Francesco mise in pratica il Vangelo senza interpretazioni, letteralmente. Francesco seppe anche coniugare, soprattutto al termine della sua vita, due assoluti: dolore e amore, perché le sue piaghe non erano decorazioni. Erano ferite vere che causavano dolore e febbre. L’identificazione di Francesco come Cristo crocefisso a La Verna come binomio tra dolore e amore fu l’altezza massima alla quale arrivò l’unione di Francesco con Cristo. Le caratteristiche umane furono, tra le altre, la sensibilità per i lebbrosi e i mendicanti, in una parola per gli ultimi e gli abbandonati della società. Una sensibilità altissima che ebbe anche per tutti gli esseri della creazione. Il messaggio francescano ha dato alla Chiesa una vitalità che ancora si estende per tutti i Continenti.Quali sono i maggiori pericoli che la Chiesa corre oggi? La vitalità perenne di Francesco lungo tutti i secoli si riscontra nelle sue caratteristiche di personalità, cioè carattere vivace e vibrante, passionalità con tenerezza, semplicità totalizzante, senso poetico, pietà semplice e profonda.I pericoli che corre la Chiesa, a mio parere, sono: concentrazione su se stessa, immobili-
smo, assenza di una preghiera personale e profonda, non cogliere i segni dei tempi, eccessivo dogmatismo, clericalismo dominante. I santi francescani come san Salvatore da Horta, san Massimiliano Kolbe o san Pio da Pietrelcina hanno vissuto da figli di san Francesco, in modo diversissimo, la loro vocazione alla santità. Ma come si può diventare santi oggi? I santi francescani vissero la loro vocazione alla santità, ciascuno secondo le caratteristiche della propria personalità, però portando avanti l’ideale francescano, cioè l’ideale che fu incarnato dal Fratello Francesco: povertà, umiltà e fraternità. Alcuni santi con la tendenza verso la solitudine contemplativa e altri verso la dimensione missionaria; e in ogni caso in grado eroico. Per essere santi, oggi, non si richiede solo una vita di preghiera, ma anche una vita di contemplazione trasformante, con una sensibilità sociale, mantenendo permanentemente gli occhi fissi su Gesù di Nazaret. Quel Gesù umile, paziente e compassionevole. Quel Gesù che passò in tutti i luoghi “beneficando e risanando”. Quel Gesù che passò sconosciuto e inerme per i luoghi dove si fece presente cercando solo la Gloria del Padre.
sono, e quindi i festival sono saltati da 100 a 20 e quindi è difficile proseguire. Il mondo del cinema sardo invece come sta? Si dovrebbe pensare ad un discorso di filiera ed invece i fondi per il cinema si perdono in mille rivoli. Si fa poi fatica con la burocrazia che non da le risposte, e perciò chi investe nel cinema in realtà non ha mai una data certa di quando avrà la risposta e se e quando arriverà il contributo. Le
possibilità per la Sardegna sarebbero enormi ma è necessario crederci, non i soli operatori ma tutti. Da Roma, dove vivo, ho visto ad esempio che lavorando con realtà del Piemonte piuttosto della Puglia le risposte arrivano con più celerità, siano esse negative o positive. La Sardegna per la sua natura e per le condizioni climatiche sarebbe ideale per le produzioni cinematografiche, ma dobbiamo crederci e non solo noi addetti ai lavori.
Cinema sardo, è necessario crederci Parla il regista Cabiddu: “Nell’Isola condizioni ideali” ROBERTO COMPARETTI EGISTA SARDO TRAPIANTATO a Roma, ma con il cuore in Sardegna, specie quella delle isole minori, Gianfranco Cabiddu è tra i più ferventi sostenitori del Festival “Le Isole del cinema”, rassegna di appuntamenti che si svolge in quattro isole minori: La Maddalena, l’Asinara, Tavolara e San Pietro. Il progetto, finanziato con fondi europei, ha messo in rete le quattro rassegne, che restano comunque indipendenti, anche se hanno in comune le isole e il cinema, declinato in quattro diversi aspetti. Fino al 4 novembre all’interno del multisala di viale Monastir a Cagliari è visitabile una mostra che racconta dei quattro festival, mentre nello scorso fine settimana esperti, protagonisti del mondo delle celluloide del calibro di Giulio Montaldo (regista di “Sacco e Vanzetti”), si sono ritrovati per parlare di cinema e tutto ciò che ruota intorno alla settima arte. “L’idea de “Le Isole del Cinema” -
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dice Gianfranco Cabiddu organizzatore “Creuza de Ma”, il festival che racconta dell’incontro tra cinema e musica a Carloforte nasce dalla convinzione che la Sardegna dovesse essere vista come un’entità unica e quindi abbiamo deciso di insieme i quattro festival “Una notte in Italia” a Tavolara, “La valigia dell’attore” a La Maddalena, “Pensieri e parole” all’Asinara e “Creuza de Mà” a Carloforte, dividendoci ognuno gli aspetti creativi del cinema. In fondo pensiamo che uniti si può fare una proposta originale al cinema italiano. Qual è lo stato di salute di questi Festival? Dal punto di vista di pubblico siamo felici perché sono molto seguiti. In questi sette anni abbiamo compreso che il pubblico li segue massicciamente anche in luoghi non facili: andare a Carloforte non è semplice e non certo economico eppure in tanti ci vanno. Da punto di vista finanziario fin tanto che siamo rimasti dentro ad una visione europea, utilizzando fondi comunitari, è stato possibile programmare e quindi por-
Gianfranco Cabiddu.
tare nomi importante del cinema italiano in Sardegna. Il problema è che questi fondi europei vanno interpretati insieme al territorio: a fianco dovremmo avere tutti i comuni, una regia regionale che creda nello sviluppo non del turismo ma della conoscenza della Sardegna attraverso delle manifestazioni culturali. Così si possono utilizzare i fondi comunitari in maniera intelligente. Spesso però quando si cade nella legge del cinema i fondi sono quelli che
domenicA 3 novembre 2013
IL PORTICO DEGLI EVENTI
Personaggi. L’arcivescovo di Ferrara, mons. Negri, ha ricevuto il premio Cultura Cattolica.
“Ripartendo dall’amore a Cristo e all’uomo produrremo novità” Conversazione a tutto campo: “È necessario risvegliare la coscienza del popolo: senza di essa, anche la cultura cattolica diventa un puro e inutile esercizio intellettuale” SERGIO NUVOLI
icevendo il premio “Cultura cattolica” ha richiamato il rischio che questa resti qualcosa di nicchia, comunque minoritaria o elitaria. Qual è adesso la responsabilità dei cattolici? Questo momento è difficile e complesso perché la cultura cattolica è paradossalmente attesa da molti: il consenso intorno al nuovo Papa ne è un segno. È attesa e invocata, per come è per come dovrebbe essere: una buona novella sull’uomo, l’annuncio di un modo nuovo di vivere e di pensare. Credo che il legame da riannodare continuamente sia quello tra vita e cultura. La cultura è la coscienza critica e sistematica dell’esistenza, come mi insegnava don Giussani quando facevo il Liceo Berchet. L’ho capito anni dopo: senza il popolo, la cultura cattolica cade, perché diventa un esercizio intellettuale, magari so-
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L’incontro con mons. Negri ha concluso la festa per la beata suor Nicoli.
stenuto da interessi anche buoni, non necessariamente interessi di potere di natura intraecclesiale o ecclesiale nella società. Anche se - a dire il vero - uomini soli finiscono sempre per colludere con strutture di potere. Qual è la questione fondamentale da affrontare oggi? La crescita e la maturazione della coscienza del popolo cristiano: era il messaggio che con tanta pertinenza aveva lanciato Benedetto XVI al convegno ecclesiale di Verona, qualche anno fa. In Italia la Chiesa ha custodito la cultura del popolo, e l’ha maturata. Quanto è diffusa questa coscienza nel popolo cristiano? È diffusa seminalmente, come dicevano i cristiani parlando dei se-
“Bisogna dire sempre le cose come stanno” Ritratto minimo dell’arcivescovo di Ferrara-Comacchio S. N.
isogna dire sempre le cose come stanno”. Lo ripete quasi come un mantra, Luigi Negri. E non da oggi. A Cagliari per partecipare alla “festa popolare” (per usare la felice espressione di padre Rana) della Beata Giuseppina Nicoli, l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio parla volentieri della situazione dei cattolici in Italia, e della necessità di risvegliare la coscienza di un popolo. Luigi Negri è sempre stato così: prendere o lasciare, non ci sono scelte intermedie. Fin da quando, ragazzino, incontrò nelle aule del Berchet don Luigi Giussani e cominciò a seguirlo come un’ombra, non solo in senso fisico ma anche spirituale. Oggi la nettezza, la schiettezza di mons. Negri riecheggia spesso quella del fondatore di Comunione e Liberazione, anche ora che siede nella Conferenza episcopale italiana.
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Nato nel 1941, oggi è membro della Commissione Episcopale per la Dottrina della Fede, l'Annuncio e la Catechesi e membro del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Filosofo, teologo e saggista mai banale, per nulla scontato, ha scritto decine di volumi per difendere l’autenticità della fede cristiana: la prova di quanto sono lette le sue opere è anche il fatto che la chiesa della cripta di San Domenico nei giorni scorsi non è bastata per contenere tutte le persone che hanno voluto ascoltare la lezione sulla Beata Nicoli. Poco tempo fa, la trasmissione “Le iene” ha provato ad incastrarlo su un problema nato trent’anni fa nella sua Diocesi. Lui, pur distinguendo le responsabilità da chi guidava la Chiesa locale in quel periodo, non si è tirato indietro, e ha subito incontrato in modo riservato i protagonisti di una dolorosa vicenda di cronaca.
mi del Verbo sparsi nelle culture diverse dalla loro. Basta poco: è sufficiente dare un segnale vero, reale, paterno e materno - cioè educativo - e il popolo si risveglia. Ahimè, c’è una parte del popolo che non riconosce di avere bisogno di questo: si sente già cristiano adulto, lo dico senza polemica. E si sente adulto non per un’esperienza di appartenenza e di sequela alla Chiesa e alla sua autorità, ma in virtù di un processo individualistico. È per questo che lei sostiene che l’emergenza educativa riguarda più gli adulti dei bambini? Certo, ritengo che bisogna riaprire oggi il problema della cultura. Dopo i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, è incredibile dover fare ancora i conti con il dualismo tra fede e cultura. Non ho sufficienti elementi per un’analisi compiuta, ma certo dev’essere successo qualcosa negli ultimi passaggi. Si tratta di riprendere il nesso vitale tra l’esistenza del popolo, la sua maturazione e l’esprimersi di una cultura come capacità critica. “Se la fede non diventa cultura – diceva Giovanni Paolo II – non è stata pienamente accolta e vissuta”. Se capisce questo, oggi la Chiesa può riprendere davvero ad educare. Nutro una grande speranza nei gruppi di preghiera, che vedo spesso vivacissimi. Lo dice perché la preghiera è la coscienza della dipendenza? Esattamente. Ed è al tempo stesso l’incremento di questa coscienza, dentro un impegno totalizzante che c’entra con tutto: con il vivere e il morire, con il mangiare e il dormire, come dice il Vangelo. Non si può restringere il campo. E’ fondamentale capire che la comunità è un ambito di una vita intera, dove giudicare tutto ciò che accade. Se la comunità ritrova il senso della sua identità svolge un’azione educativa, e in questo modo offre un contenuto specifico come realtà culturale, educativa e della carità. E dà valore anche alla missione, vocazione comune di tutto il popolo di Dio. Il nostro vero problema è
che il popolo non vive la propria vita come missione, cioè come vita animata da fede, speranza e carità: serve una presenza missionaria nell’ambiente. Oggi sembra esserci una gara nel dividersi tra opposte tifoserie di Francesco e di Benedetto XVI. Dov’è l’errore? Intanto si deve scontare l’aspetto diabolico dei mass-media, che sono non al servizio della Verità ma di egemonie presunte o reali. Questo dovrebbe essere ben chiaro tra noi cattolici: non parliamo più in un territorio neutrale, né ad una comunità carica della voglia di capire, ma ad una realtà sospettosa, che manipolerà le parole per affermare la posizione di uno o di un altro. Il cardinal Newman si convertì perchè vedeva una realtà unita, un Ordo, eppure carica di varietà. Quello che serve è ancora l’unità, anche oggi. Oggi abbiamo il compito di ritrovare la sana disciplina della Chiesa, garantita dal Papa, e di sottoporci ad essa perché ognuno possa dare il suo contributo. Dato così, l’apporto di ciascuno è sempre valido. Fuori dalla logica della comunione, anche il miglior contributo tende a dividere. Guardini parla molto della differenza tra il “riformatore” e lo “scismatico”: il primo fa passare il contributo dentro la disciplina unitaria, il secondo privilegia talmente il suo personale punto di vista al punto da rompere l’unità. C’è un punto di speranza da cui ripartire, anche guardando a suor Giuseppina Nicoli? Sì: la contemporanea passione per Cristo e per l’uomo. In fondo questa donna si è posta in un mondo in cui cominciava la disgregazione oggi arrivata alle estreme conseguenze, forte del suo amore a Cristo, quindi forte della sua volontà di diffondere questo amore a Gesù come carità. La carità è questo: la diffusione dell’amore a Cristo per noi. Suor Giuseppina in questo modo ha dato espressione all’intuizione profonda della Lettera a Diogneto: se si vive così, si ha un grande rispetto per le persone che ci circondano. L’autore della Lettera a Diogneto dice dei cristiani di Roma che avevano una capacità di rispetto ignota a tutti. Han rispettato i malati, gli orfani, i piccioccus de crobi. E dentro questo rispetto questi ragazzini si sono ritrovati e hanno ritrovato Cristo. Forse, più propriamente, hanno ritrovato la madre del Signore: ma se si ritrova la madre, prima o poi si ritrova anche il Figlio. La loro è stata davvero una crescita umana e insieme cristiana. Se la Chiesa riparte dall’amore a Cristo e dall’amore all’uomo, comincia a produrre novità in ogni campo. Poi, come Cristo e la Chiesa utilizzano questa novità, ultimamente non dipende da noi.
il Portico
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blocnotes MONS. NEGRI E SUOR NICOLI
Una vita cristiana capace di leggere i segni Ha risposto con la propria personale carità, con il proprio personale entusiasmo all’amore di Cristo che aveva travolto la sua vita. Nella sua vita, così quotidiana eppure così straordinaria, il Signore preparava cose bellissime. Cose straordinarie in una vita ordinaria vissuta nella certezza della fede, della speranza e della carità. Cosa avevano visto gli occhi di questa suora? La devastazione dell’inizio del capitalismo moderno, con la riduzione di tutto a rapporti economici: si disgregavano le famiglie per correre dietro al capitalismo sfrenato, per andare a vivere nelle grandi città a tutti i costi, per finire dentro i rapporti totalmente conflittuali tipici dei primi rapporti di lavoro, tra borghesi ricchi e la realtà di povera gente. E l’abbandono dell’agricoltura significava pian piano l’abbandono dei piccoli centri.
Bisogna dimostrare allora che la vita cristiana era capace di leggere questi segni, coinvolgersi nella realtà nuova di questa situazione, e di starvi di fronte non in forza di una propria sconfinata presunzione. E aveva in sé la coscienza che i compiti a cui adempiva dovevano essere adeguati alle sfide della realtà che si trovava di fronte. Era l’inizio della disgregazione sociale: ai tempi della beata Giuseppina si traduceva in una immoralità diffusa, quella dei giovani che pur di guadagnare un pezzo di pane facevano qualunque cosa venisse loro richiesta, e quella delle giovani che spesso capivano che l’unico modo per mantenersi era scendere a compromessi terribili con la propria coscienza, con l’immoralità spesso accettata come strada, come lavoro. L’impossibilità di sfamarsi, di avere un luogo stabile dove riposare la sera: bisognerebbe mettere in rapporto gli inizi dell’avventura della beata suor Giuseppina Nicoli con la straordinaria iniziativa di San Giovanni Bosco a Torino.
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il Portico
IL PORTICO DEL TEMPIO
domenicA 3 novembre 2013
Il Papa. Parole chiare del Pontefice rivolte ai vescovi in occasione di due ordinazioni.
“Episcopato è il nome di un servizio Vi compete servire, non dominare” ROBERTO PIREDDA A SETTIMANA DEL Santo Padre è stata caratterizzata in particolare dall’Incontro con le Famiglie previsto nell’ambito dell’Anno della Fede. Nell’omelia della Messa di Domenica Papa Francesco ha insistito sull’impegno che ogni famiglia deve avere nel custodire la fede: «in che modo noi, in famiglia, custodiamo la nostra fede? La teniamo per noi, nella nostra famiglia, come un bene privato, come un conto in banca, o sappiamo condividerla con la testimonianza, con l’accoglienza, con l’apertura agli altri? Tutti sappiamo che le famiglie, specialmente quelle giovani, sono spesso "di corsa", molto affaccendate; ma qualche volta ci pensate che questa "corsa" può essere anche la corsa della fede? Le famiglie cristiane sono famiglie missionarie […] nella vita di ogni giorno, facendo le cose di tutti i giorni, mettendo in tutto il sale e il lievito della fede!». Nella giornata precedente il Papa aveva incontrato le famiglie in Piazza San Pietro. Agli sposi il Santo Padre ha ricordato la forza della grazia che nasce dal Sacramento che hanno ricevuto: «gli sposi cristiani non sono ingenui, conoscono i problemi e i pericoli della vita. Ma non hanno paura di assumersi la loro responsabilità, davanti a Dio e alla società. Senza scappare, senza isolarsi, senza rinunciare alla missione di for-
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mare una famiglia e di mettere al mondo dei figli. - Ma oggi, Padre, è difficile… -. Certo, è difficile. Per questo ci vuole la grazia, la grazia che ci dà il Sacramento! I Sacramenti non servono a decorare la vita - ma che bel matrimonio, che bella cerimonia, che bella festa!… - Ma quello non è il Sacramento, quella non è la grazia del Sacramento. Quella è una decorazione! E la grazia non è per decorare la vita, è per farci forti nella vita, per farci coraggiosi, per poter andare avanti! Senza isolarsi, sempre insieme. I cristiani si sposano nel Sacramento perché sono consapevoli di averne
bisogno! Ne hanno bisogno per essere uniti tra loro e per compiere la missione di genitori». In settimana Papa Francesco aveva ricevuto in Udienza i partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia ricordando l’importanza di sostenere i diritti della famiglia e la dignità del matrimonio come sacramento. Sempre in settimana il Santo Padre ha conferito l’Ordinazione Episcopale a Mons. Speich e Mons. Gloder, impegnati nel servizio diplomatico della Santa Sede. Con loro ha insistito sul servizio e sulla preghiera: «“Episcopato” infatti è il no-
me di un servizio, non di un onore. Al vescovo compete più il servire che il dominare […] un vescovo che non prega è un vescovo a metà cammino. E se non prega il Signore, finisce nella mondanità». Ricevendo in udienza i partecipanti al Convengo nazionale dei cappellani delle carceri italiane Papa Francesco ha mostrato la presenza di Cristo dentro la sofferenza dei carcerati: «il Signore non rimane fuori, non rimane fuori dalla loro cella, non rimane fuori dalle carceri, ma è dentro, è lì. Potete dire questo: il Signore è dentro con loro; anche lui è un carcerato, ancora oggi, carcerato dei nostri egoismi, dei nostri sistemi, di tante ingiustizie, perché è facile punire i più deboli, ma i pesci grossi nuotano liberamente nelle acque. Nessuna cella è così isolata da escludere il Signore, nessuna; Lui è lì, piange con loro, lavora con loro, spera con loro; il suo amore paterno e materno arriva dappertutto». All’Udienza generale il Santo Padre si è soffermato sul tema di Maria, immagine e modello della Chiesa: «la Madonna vuole portare anche a noi, a noi tutti, il grande dono che è Gesù; e con Lui ci porta il suo amore, la sua pace, la sua gioia. Così la Chiesa è come Maria: la Chiesa non è un negozio, non è un’agenzia umanitaria, la Chiesa non è una ONG, la Chiesa è mandata a portare a tutti Cristo e il suo Vangelo; non porta se stessa– se piccola, se grande, se forte, se debole, la Chiesa porta Gesù».
pietre IN CIAD
75 anni di presenza dei Frati Cappuccini I Frati Minori Cappuccini hanno celebrato nei giorni scorsi i 75 anni di presenza in Ciad e nella Repubblica Centrafricana, con una Messa nella Cattedrale di Moundou. L'evento è stato preceduto da una settimana di preghiere, adorazioni eucaristiche e conferenze. P Michel Guimbaud, giunto in Ciad nel 1957 e che ha ora 82 anni, è uno dei pochi cappuccini ancora in vita che ha conosciuto alcuni dei fondatori della missione cappuccina in Centrafrica-Ciad. P. Michel ha quindi tracciato a grandi linee la storia della presenza dei Frati Minori Cappuccini nei due Paesi. L'evangelizzazione del Ciad è molto recente perché risale al 1929 ad opera dei Padri Spiritani provenienti da Bangui (Centrafrica) e poi dai Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù (Dehoniani) arrivati da Foumban in Camerun.
EGITTO
Attacco ad una chiesa copta Quattro morti e 18 feriti in un attacco alla chiesa copta-ortodossa della Vergine Maria avvenuto durante i festeggiamenti di un matrimonio nel quartiere di Warraq al Cairo. Fra le vittime vi è anche una bambina di otto anni. Questo è il primo attacco deliberato contro una chiesa della capitale dal 3 luglio, giorno della caduta del presidente islamista Mohamed Morsi. Secondo una prima ricostruzione due uomini a bordo di una motocicletta si sono avvicinati all'ingresso dell'edificio e uno di loro ha aperto il fuoco con un mitragliatore sulla folla riunita davanti al sagrato in attesa di accogliere i due sposi. Gli attentatori hanno sparato da pochi metri di distanza. Tutte le persone rimaste ferite sono in gravi condizioni.
CONGO
Da un anno nessuna notizia di 3 religiosi foto roberto pili
Hanno collaborato a questo numero: Padre Massimiliano Sira, Cappellano del Carcere di Buoncammino, Massimo Pettinau, Insegnante di religione al Liceo Scientifico Pacinotti, Roberto Comparetti, giornalista pubblicista e vicedirettore Radio Kalaritana, don Roberto Piredda, Direttore dell’Ufficio diocesano per l’Insegnamento della Religione Cattolica e insegnante di religione al Liceo Dettori, Carla Sitzia, Giovane per un Mondo Unito, Matteo Meloni, laureato in Governance e Sistema Globale, Sandra Cois, Responsabile del GEL, Pino Siddi, diacono, don Andrea Busia, studente al Pontificio Istituto Biblico di Roma, fra Silvano Bianco, Segretario provinciale Frati minori conventuali, Carlo Boi, sindacalista, padre Fadi Rahi, missionario redentorista, Matteo Mazzuzzi, laureato in Governance e Sistema Globale, Matteo Venturelli, giornalista pubblicista, Gianni Piras, parrocchiano di San Vincenzo martire (Orroli), Franco Camba, insegnante di religione e collaboratore del Seminario Regionale Sardo, mons. Tore Ruggiu, Vicario episcopale per la vita consacrata e parroco di N. S. delle Grazie in Sanluri, Michele Antonio Corona, specializzato in Teologia Morale e Sacra Scrittura, dottorando in Fonti scritte della civiltà mediterranea, don Luca Venturelli, parroco di San Carlo Borromeo, Davide Lai, collaboratore dell’Ufficio catechistico diocesano. Il direttore della testata, Sergio Nuvoli, è giornalista professionista, laureato in Giurisprudenza e ha un master in Economia e Finanza etica. La tiratura di questo numero è stata di 3800 copie. Il giornale non pubblica, e non ha mai pubblicato, articoli di agenzie di stampa.
Ad un anno esatto dal loro rapimento non si hanno notizie dei 3 padri assunzionisti (Agostiniani dell'Assunzione) di nazionalità congolese. I tre sono scomparsi la sera del 19 ottobre 2012 (nella loro parrocchia Notre-Dame des Pauvres di Mbau, a 22 km da Beni, nel Nord Kivu (est della Repubblica Democratica del Congo). Il loro caso non è però una vicenda isolata perché almeno 800 persone sono state finora rapite nel territorio di Beni. La maggior parte dei rapimenti sono attribuiti alla coalizione terrorista Al Shabaab, altri sono opera di miliziani mai-mai e altri di bande armate non identificate.
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IL PORTICO DEI GIOVANI
il Portico
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Iniziative. Torniamo sullo SlotMob, che nelle scorse settimane ha coinvolto in modo originale tante persone.
“Votando con il portafoglio premiamo con i consumi le aziende più responsabili” Così l’economista Leonardo Becchetti ha commentato l’iniziativa organizzata a Cagliari. Più di 20 le associazioni coinvolte, centinaia le persone interessate ROBERTO COMPARETTI NA RIVOLUZIONE che parte dal basso. “Slot Mob, Cittadini mobilitati per il buon gioco contro le nuove povertà e la dipendenza dal gioco d’azzardo" è l’iniziativa che ha fatto tappa anche a Cagliari, “mobilitando” diverse centinaia di persone ritrovatesi nel centro città al caffe Valentina, per premiare la scelta di Vittorio e della sua famiglia di bandire dal proprio esercizio commerciale slot machine e
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Nelle foto di Roberto Pili, la manifestazione “SlotMob”.
gioco d’azzardo. “Faccio questo mestiere da 20 anni- dice Vittorio, il barista - e fino a qualche tempo fa avevo anch’io la saletta con le slot e una ricevitoria, che fruttava anche se il mio guadagno andava a discapito delle persone. Questo non mi piaceva, pur convinto che
chi fa questo mestiere lo faccia per guadagnare. Ho scelto questo mestiere perché mi piace. La decisione di bandire il gioco d’azzardo dal mio bar non è stata semplice. Pian piano però sono riuscito a rimanere in piedi ed oggi Slot Mob ha scelto noi per mostrare come sia possibile fare business in modo sano”. Lo Slot Mob è un modo per “premiare” le virtù civili, e soprattutto fare cultura e opinione. “È un modo per votare con il portafoglio dice l’economista Leonardo Becchetti, Ordinario di Economia Politica, presente alla manifestazione - Attraverso questa modalità possiamo cambiare il mondo: la vittoria arriverà perché verranno premiate con i nostri consumi le aziende più socialmente e am-
bientalmente responsabili, grazie alla consapevolezza dell’auto-interesse ovvero al fatto che ciascuno può decidere chi premiare con le proprie scelte”. Slot Mob ha coinvolto oltre 20 tra associazioni e soggetti del terzo settore cagliaritano che hanno dato la loro adesione: dal volontariato, ai movimenti ecclesiali, dal mondo dello spettacolo ai media locali. Tutti uniti per dire basta al gioco d’azzardo. Tra i fautori della tappa cagliaritana di Slot Mob, il ricercatore di economia all’ateneo di Cagliari Vittorio Pelligra. “Ci stiamo attivando per mappare la città di Cagliari e stilare un elenco di esercizi commerciali che sono già slotfree e di quelli che lo vorrebbero diventare. Per questo contiamo sui singoli che possono segnalarci gli esercizi commerciali che hanno rinunciato ad avere nel proprio locale slot e/o altri giochi
d'azzardo. Quando abbiamo lanciato l’iniziativa il sito internet di riferimento è stato hackerato, segno forse che la nostra scelta da fastidio”. Dietro al mondo dell’azzardo c’è un business miliardario, che vede però oltre mezzo milioni di italiani ludopatici, per lo più persone meno istruite, con più tempo libero ed un reddito basso, con costi che si aggirano sui quarantamila euro a soggetto affetto da questa patologia, e dispendio di denaro per le casse pubbliche. Cercare di invertire la rotta è possibile. “Io – dice Claudia, una giovane cagliaritana - sono qui per impegnarmi in prima persona verso la mia città. Slot Mob è un’iniziativa che vuol liberarci dalla schiavitù del gioco d’azzardo. Nel mio piccolo cercherò di sensibilizzare chi mi è vicino: ognuno di noi ovunque si trova può fare qualcosa”.
prima o poi li indosserò, decido di tenerli ancora nel guardaroba”, poi ad un tratto il mio atteggiamento è cambiato. Ho iniziato a stare più attenta a certe cose che prima davo per scontate e ho compreso che con alcuni gesti semplici posso rendere felici altre persone. Donando il mio maglione preferito una ragazza sarebbe stata al settimo cielo; con quel pupazzo che tengo sul letto avrei fatto felice un bambino; con quegli stivali con la pelliccia avrei potuto scaldare i piedi di una signora ….; e poi è magnifico il passaparola: chiedere ai parenti, ai vicini di casa se hanno del vestiario che non utilizzano e preparare insieme a
loro tantissime buste da portare con me! Inizi a pensare all’altro e non più solo a te stessa, inizi a fare sacrifici anche nel mangiare: non lascio più un ultimissimo cucchiaio di pasta perché non mi va più, piuttosto lo mangio perché molte persone lo desidererebbero e non è giusto che lo si sprechi. Concludo con una frase attraverso la quale possiamo riflettere: “Se uno vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’Amore di Dio?”. L’esperienza Caritas arricchisce e io auguro a tutti voi di poterla sperimentare, perché è un continuo generare Amore!”.
“Aiutando i più poveri finalmente amo davvero” La testimonianza di una Giovane per un mondo unito CARLA SITZIA
e tocchiamo con mano la violenza dei conflitti, le conseguenze di calamità naturali, ma anche la generosità che suscitano nei cuori delle persone, ed anche noi ci siamo chiesti, ma là dove la nostra quotidianità sembra filare liscia come l’olio, cosa possiamo fare e quale può essere il nostro contributo per migliorare la qualità della vita delle persone che abbiamo intorno? Tanti di noi sono impegnati nelle proprie parrocchie di appartenenza ma ci siamo sentiti chiamati a rispondere sempre più concretamente all'invito di Papa Francesco di “andare verso le periferie esistenziali”. Cagliari è per noi oggi un cantiere aperto, settimanalmente diamo la nostra disponibilità alla Caritas e più volte alla settimana siamo presenti per la catechesi e l'a-
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ESPIRIAMO OGNI GIORNO
nimazione delle Messe nel carcere di Buoncammino. Da circa tre mesi come Giovane per un Mondo Unito offro la mia disponibilità alla Caritas in una parrocchia di Cagliari, nel reparto indumenti/giocattoli e alimenti di prima necessità. Uno dei nostri compiti è quello di smistare il vestiario che tante famiglie generose fanno arrivare: eliminando tutto ciò che ci appare vecchio, rovinato e quindi non presentabile; con tanto amore e rigore li sistemiamo negli appositi scaffali e poi la cosa più coinvolgente e forte viene vissuta proprio nel servire le persone bisognose. La Caritas è una realtà molto delicata, perché si entra in contatto diretto con delle persone che presentano situazioni di vita non facili. Vedi con i tuoi occhi la tristezza nei visi, senti con le tue orecchie la disperazione di non avere nemmeno un litro di latte con il quale
fare colazione o un giubbotto caldo con il quale uscire! Tocchi con mano ogni tipo di disagio: mamme con figli piccoli, genitori disoccupati, extracomunitari. E ogni volta, mi chiedo: “Io Carla, cosa posso fare oggi per rendere felice quella persona?” E la mia risposta è sempre la stessa, ogni giorno: “Amarla con la A maiuscola”. Mi sono ritrovata spesso ad ascoltare anche le situazioni meno facili e lì, l’unica cosa da fare, è essere se stessi ed esserlo fino in fondo, con un grande cuore totalmente aperto al prossimo che in quel momento mi passa accanto. Per esempio io a inizio autunno avevo pensato: “ questi maglioni
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IL PORTICO DEI GIOVANI
il Portico
DOMENICA 3 novembre 2013
Cultura. dalla Somalia al camerun, dai reading letterari ai film: si è parlato senza censure del continente più ignoto.
Immagini, suoni e parole per parlare d’Africa: c’è tanto interesse per ascoltare i protagonisti Antropologi e missionari hanno intessuto una trama di incontri e visioni sul tema per rispondere al grande desiderio di conoscere meglio e più da vicino un popolo e la sua cultura MATTEO MELONI ERVE DARE VISIBILITÀ all’Africa: in tanti hanno voglia di sapere, c'è molta curiosità e interesse verso il continente”. Esordisce così Marisa Fois, tra i fondatori del sito affrica.org, nel raccontare a Il Portico l’esito di “Incontri d’AFFRICA”, manifestazione giunta alla seconda edizione, e che ha come obiettivo quello di sensibilizzare il grande pubblico verso le tematiche legate all’Africa. Come ha risposto la cittadinanza all’evento? Siamo molto soddisfatti della partecipazione del pubblico. Come l'anno scorso, abbiamo avuto una presenza trasversale e variegata: hanno assistito agli eventi persone di ogni genere ed età, e non in-
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Un momento della manifestazione.
serite nel solo circuito accademico. Questo significa che c'è un interesse per il continente africano, che la gente ha bisogno e voglia di sentire parlare dell'Africa, di ascoltare i suoi protagonisti parlare e raccontarla. I temi affrontati quest'anno sono stati vari. Siamo partiti dalla Somalia, lacerata dalla guerra: questo ha permesso di parlare anche dell'Italia, del suo ruolo nella colonizzazione, dell'eredità coloniale e delle responsa-
bilità del nostro Paese. Si è poi parlato di contaminazione di culture e delle varie identità come gli italo-somali dei Kaha e degli Antar. A suo avviso quale è stato il momento più interessante della manifestazione? Sono stati molteplici i momenti che hanno attratto, quasi incantato, la platea di “Incontri d’AFFRICA”. Il reading di Timira in particolare è stato veramente emozionante, denso di significato. Per
due ore le persone sono state letteralmente affascinate, si sentiva in sala molta partecipazione. Il secondo giorno si è parlato di Camerun, di lingua e dell'importanza delle parole, del loro uso e di come la conoscenza sia strettamente legata alla lingua. Il film dell'antropologo Tonino Melis ha ugualmente interessato il pubblico, con tantissime domande in sala, che dimostra la volontà d’interazione del pubblico con le tema-
Un lungo abbraccio di culture e sensibilità Diario di bordo della seconda edizione dell’iniziativa MAT. MEL. ER IL SECONDO ANNO consecutivo si è svolta a Cagliari la manifestazione denominata “Incontri d’AFFRICA”, evento organizzato dai fondatori del sito internet affrica.org che ha come obiettivo principale quello di raccontare il continente africano senza filtri né censure. È stato l’Hostel Marina, nelle scalette di San Sepolcro, lo scenario della due giorni di incontri e dibattiti, che ha visto la numerosa partecipazione della cittadinanza, interessata ed appassionata alle tematiche in discussione al ciclo di conferenze, svoltosi nelle giornate del 18 e 19 ottobre scorsi. Anche quest’anno “immagini, parole, musica” sono state il trait d’union della manifestazione, con la partecipazione di protagonisti – a vario titolo – dell’Africa contemporanea. L’evento, seguendo il format vincente della prima edizione, ha proposto documentari, incontri e racconti dal continente africano. Storie intense e drammatiche, co-
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me quelle raccontate nella prima giornata, che ha ospitato Kaha Mohamed Aden e Antonio Maria Morone dell’Università di Pavia. Aden, nata a Mogadiscio negli anni Sessanta, a 20 anni ha dovuto abbandonare il suo Paese per via della persecuzione della sua famiglia da parte del regime di Siad Barre. Arrivata in Italia nel 1986 si è laureata in Economia all’Università di Pavia e ha poi iniziato a lavorare nell’ambito della mediazione culturale e dell’intercultura. È stato soprattutto il padre, Sheikh Mohamed Aden – importante chirurgo laureatosi in Italia – a subire le angherie del governo somalo che lo aveva fatto arrestare due volte per aver assunto un atteggiamento critico rispetto alle idee del regime. Alla storia di Aden è seguito l’incontro con Antar Mohamed Marincola, insieme al reading di Timira. Marincola, nato in Somalia da madre italiana e padre somalo, risiede a Bologna dal 1983 dove lavora come educatore e mediatore culturale. Egli porta con sé le singolari storie dello zio e della
Gli organizzatori. Sotto, un’immagine di Dietrich Steinmetz.
mamma, dalle quali sono nati due libri di successo: “Razza partigiana. Storia di Giorgio Marincola (1923-1945)” di Carlo Costa, Lorenzo Teodonico e Timira, e “Romanzo Meticcio” di Wu Ming 2 e dello stesso Antar Mohamed. I protagonisti sono Giorgio e Isabella Marincola, nati in Somalia rispettivamente nel 1923 e nel 1925 dall’unione tra un sottoufficiale dell’esercito italiano e una donna somala. Riconosciuti dal padre, i due fratelli giungono in Italia da piccolissimi, e in Italia crescono e studiano. Sono cittadini a tutti gli effetti, ma avere la pelle scura ed essere italo-africani in un Paese che si percepisce come bianco e omogeneo, avrà importanti conseguenze sulla vita di entrambi. Sabato 19 è stato proiettato il film
dell’antropologo e missionario sardo Tonino Melis “L’uomo che cerca parole”. È lo stesso missionario il protagonista del lungometraggio: nel nord del Camerun al confine con il Ciad da anni sta portando avanti un progetto, realizzare il primo vocabolario della lingua Masa. Attraverso le scene di vita quotidiana, dal mercato alla messa, il film racconta l’impegno di Don Tonino e le difficoltà nel ricercare, capire e spiegare i vocaboli di quella lingua e di quel mondo. Con i colori della savana, gli scudi di paglia africani al fianco delle maschere dei mammuthones e i Quattro Mori sempre presenti, il lungometraggio rappresenta un bellissimo abbraccio di culture e di lingue. Protagonisti della seconda pellicola proiettata ad “In-
tiche della manifestazione. Così è stato anche per il corto che ha per protagonisti i bambini di Sedilo, coinvolti nel raccontare attraverso la lingua sarda l'importanza di un bene comune come l'acqua. È questa la formula giusta per raccontare l’Africa? Ci piacerebbe continuare le nostre iniziative sempre con questa formula. Associando documentari, libri e dibattiti e usando anche altri mezzi che raccontino l'Africa contemporanea: l'anno scorso c'è stata una mostra fotografica di immagini scattate tramite l'iPhone, quest'anno una sfilata di moda con una linea di abiti senegalesi nata all'interno di una sartoria. Questo per dimostrare che è un continente variegato e vivo, energico. Cosa è emerso dalla due giorni di “Incontri d’AFFRICA”? Il sottotitolo degli incontri – immagini, parole, musica – sintetizza proprio lo spirito alla base degli incontri stessi: vogliamo che siano le immagini, le foto, i documentari, insieme alle parole dei protagonisti e dei libri, e la musica a parlare dell'Africa e a raccontarla, senza filtri, in modo che ognuno possa poi recepire e interpretare il messaggio. contri d’AFFRICA” sono i quaranta bambini della Scuola Primaria di Sedilo, con il documentario “Su contu de Funtana Froria”. Progetto dell’associazione in MediAzione, il filmato tratta del rispetto dei beni comuni e di socialità. Il progetto, interamente in sardo, è l’esito del laboratorio di cinema tenuto presso la scuola di Sedilo. Di grande interesse la sfilata di abiti senegalesi della linea “Gis Gis”, nata nel Centro SocioCulturale di formazione in taglio e cucito, nel cuore della banlieu di Guediawaye, nei pressi di Dakar. L’obiettivo principale del progetto Gis Gis è quello di avviare le ragazze alla professione, attraverso la creazione di una cooperativa e di un’attività commerciale finalizzata all’immissione dei prodotti nel mercato locale e internazionale. La scuola di Sunugal non svolge solo un’azione di formazione, ma anche educativa e sociale.
DOMENICA 3 novembre 2013
IL PORTICO DI CAGLIARI
Ecumenismo. La Diocesi ha organizzato una iniziativa con le altre chiese cristiane.
Nel confronto delle esperienze prosegue spedito il dialogo di fede La cronaca del primo incontro organizzato in preparazione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Per conoscersi e scoprire i reciproci doni spirituali UEST’ANNO IN preparazione alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di gennaio, la Diocesi, insieme con le altre chiese cristiane presenti sul territorio, ha organizzato due incontri di conoscenza delle diverse confessioni. Il primo incontro si è svolto lo scorso giovedì 24 ottobre presso la Parrocchia di San Sebastiano a Cagliari. Don Mario Farci, delegato diocesano per l’Ecumenismo e il dialogo, ha introdotto la serata presentando che cosa è l’ecumenismo. Ha ripercorso le tappe principali del cammino verso l’unità e messo a fuoco le domande: “Ecumenismo come? quando? e perché?”. Anzi (il docente non smette mai l’abito) ha affidato ai presenti il compito di rispondere alla domanda: ecumenismo come? In rappresentanza della chiesa ortodossa c’erano padre Andrei Agape, della Parrocchia Ortodossa Romena “Sant’Antimo di Iberia” ospitata a Cagliari presso la Chiesa del Santo Sepolcro nel Quartiere della Marina, e padre Michele Povaliaiev, della parrocchia russa, intitolata a san Savva Osvjaschenyi, che ha sede nella chiesa Nostra Signora della Speranza a fianco della Cattedrale.
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Papa Francesco e il Patriarca ortodosso.
Padre Andrei ha presentato la Chiesa Ortodossa evidenziando come caratteristica principale “la sua ricca vita liturgica e la sua fedeltà alla Tradizione apostolica. I cristiani ortodossi credono che la loro Chiesa ha conservato la Tradizione e la continuità della Chiesa antica in tutta la sua pienezza e ricchezza del simbolismo. Oggi la Chiesa Ortodossa conta all’incirca 300 milioni di cristiani che seguono la fede e la prassi definite dai primi sette Concili ecumenici. Il termine “ortodosso” (che significa retta fede e retta gloria) è stato tradizionalmente utilizzato in ambito ellenofono per designare comunità o individui che conservavano la fede vera definita dai Concili”. Questo aspetto della fedeltà alla Liturgia e alla Tradizione è stato evidenziato come uno degli ostacoli per celebrare insieme una liturgia ecumenica. Lo scorso gennaio la
chiesetta della Speranza, ha ospitato anche cristiani di altre Chiese che hanno ascoltato le loro preghiere e i loro canti in lingua russa ma non c’è stata la condivisione della liturgia ecumenica della Parola, che tradizionalmente durante la Settimana di preghiera si svolge la domenica, per la difficoltà di partecipare a un rito che vada fuori da quello tradizionale. Continuando la presentazione dell’ortodossia, per noi cattolici la caratteristica che colpisce maggiormente è l’assenza di un Papa: “La Chiesa Ortodossa è una famiglia di chiese “autocefale” (che si governano da sole) di fronte alle quali il Patriarca Ecumenico (universale) di Costantinopoli ha un titolo onorario primaziale di “primus inter pares” (primo tra uguali). La Chiesa Ortodossa non è un’organizzazione centralizzata al cui capo c’è un pontefice. L’unità della Chiesa è data non
da un’organizzazione esterna ma dalla comune fede e dalla comunione sacramentale. Nessun uomo sta a capo della Chiesa poiché il suo capo è Cristo”. Nell’assemblea erano presenti la Pastora della Chiesa Luterana, Kirsten Thiele, e il Pastore della Chiesa Avventista, Gianfranco Irrera; mancava la Pastora della Chiesa Battista, Cristina Arcidiacono, impegnata in contemporanea in altra sede per la “Giornata del Dialogo Cristiano-Islamico”. Tra i rappresentati del Gruppo Ecumenico di Lavoro, impegnato in città da oltre un decennio, chiediamo ad Anna la sua impressione sulla serata: “E' stata per me una vera scoperta l'universo ortodosso, perché ho sentito direttamente come vivono e sentono la propria fede: non nozioni apprese dai libri ma la loro esperienza di vita, per certi versi inattesa. Importante la schiettezza delle loro risposte: è stato un modo di guardare con onestà ciò che ancora ci divide, dato che noi siamo ormai portati a guardare soprattutto ciò che ci unisce. In questi anni forse abbiamo date per certe alcune cose e invece il dialogo ecumenico ci ricorda che dobbiamo ogni volta ascoltare l'altro profondamente senza dare niente per scontato”. Quindi il compito di don Mario è proprio molto attuale! A tutti è rivolta la sua domanda: “Ecumenismo come?” Continueremo insieme la ricerca. Il prossimo appuntamento sarà giovedì 7 novembre alle ore 19:30 nella Parrocchia di San Sebastiano, per scoprire le chiese protestanti. Sandra Cois Pino Siddi
“Èfacile punire i deboli, i pesci grossi sono liberi” Il discorso del Papa ai cappellani delle carceri italiane ARI FRATELLI, vi ringrazio, e vorrei approfittare di questo incontro con voi, che lavorate nelle carceri di tutta Italia, per far arrivare un saluto a tutti i detenuti. Per favore dite che prego per loro, li ho a cuore, prego il Signore e la Madonna che possano superare positivamente questo periodo difficile della loro vita. Che non si scoraggino, non si chiudano. Voi sapete che un giorno tutto va bene, ma un altro giorno sono giù, e quell’ondata è difficile. Il Signore è vicino, ma dite con i gesti, con le parole, con il cuore che il Signore non rimane fuori, non rimane fuori dalla loro cella, non rimane fuori dalle carceri, ma è dentro, è lì. Potete dire questo: il Signore è dentro con loro; anche lui è un carcerato, ancora oggi, carcerato dei nostri egoismi, dei nostri siste-
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mi, di tante ingiustizie, perché è facile punire i più deboli, ma i pesci grossi nuotano liberamente nelle acque. Nessuna cella è così isolata da escludere il Signore, nessuna; Lui è lì, piange con loro, lavora con loro, spera con loro; il suo amore paterno e materno arriva dappertutto. Prego perché ciascuno apra il cuore a questo amore. Quando io ricevevo una lettera di uno di loro a Buenos Aires li visitavo, mentre ora quando ancora mi scrivono quelli di Buenos Aires qualche volta li chiamo, specialmente la domenica, faccio una chiacchierata. Poi quando finisco penso: perché lui è lì e non io che ho tanti e più motivi per stare lì? Pensare a questo mi fa bene: poiché le debolezze che abbiamo sono le stesse, perché lui è caduto e non sono caduto io? Per me questo è un mistero
IL PORTICO
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brevi GRUPPO ECUMENICO
A San Sebastiano il secondo incontro Come spiegato nell’articolo qui accanto, si terrà il 7 novembre alle 19.30 l’incontro dal titolo “Il cammino ecumenico a Cagliari. Le chiese protestanti”, all’interno del ciclo “Forse Cristo è diviso?”, organizzato dalla Diocesi, dalla Chiesa evangelica luterana, dalla Chiesa evangelica battista e dalla Chiesa cristiana avventista del 7mo giorno. L’incontro si terrà nei locali della parrocchia di San Sebastiano (via Serra, a Cagliari), di fronte al Residence Ulivi e Palme, ed è l’occasione per approfondire il tema sempre caro e quanto mai appropriato dell’ecumenismo.
PER UN ELENCO DA FORMARE
Il comune cerca ingegneri e architetti L'Amministrazione comunale intende effettuare un'indagine esplorativa per procedere alla formazione di un “elenco degli operatori” ingegneri e/o architetti cui eventualmente affidare incarichi di servizi tecnici di carattere edilizio, impiantistico, strutturale e paesaggistico, per corrispettivi stimati ciascuno inferiore a 100mila euro (art 91 del D. Lgs. 163/2006). Gli interessati possono presentare la domanda di inserimento nell'elenco degli operatori, entro il termine del giorno 31 ottobre ore 13 esclusivamente via PEC intestata al titolare, all'indirizzo protocollogenerale@comune.cagliari.legalmail.it, specificando nell'oggetto “Servizio lavori Pubblici 2 - Domanda di inserimento nell’elenco degli operatori di servizi tecnici”. La domanda deve essere sottoscritta o firmata digitalmente, avendo cura di allegare tutta la documentazione richiesta in formato pdf. Gli interessati possono scaricare il bando e gli allegati dal sito istituzionale www.comune.cagliari.it.
IL 6 E 7 NOVEMBRE
Convegno liturgico in Seminario
che mi fa pregare e mi fa avvicinare ai carcerati. E prego anche per voi Cappellani, per il vostro ministero, che non è facile, è molto impegnativo e molto importante, perché esprime una delle opere di misericordia; rende visibile la presenza del Signore nel carcere, nella cella. Voi siete segno della vicinanza di Cristo a questi fratelli che hanno bisogno di speranza. Recentemente avete parlato di una giustizia di riconciliazione, ma anche di una giustizia di speranza, di porte aperte, di orizzonti. Questa non è un'utopia, si può fare. Non è facile,
perché le nostre debolezze ci sono dappertutto, anche il diavolo c'è dappertutto, le tentazioni ci sono dappertutto, ma bisogna sempre provarci. Vi auguro che il Signore sia sempre con voi, vi benedica e la Madonna vi custodisca; sempre nella mano della Madonna, perché lei è la madre di tutti voi e di tutti loro in carcere. Vi auguro questo, grazie! E chiediamo al Signore che benedica voi e i vostri amici e amiche delle carceri; ma prima preghiamo la Madonna perché ci porti sempre verso Gesù: Ave Maria....
Il 6 e il 7 novembre, nell’Aula Magna del Seminario Arcivescovile, si terrà il convegno liturgico diocesano in occasione dei 50 anni dalla promulgazione della Costituzione conciliare “Sacrosantum concilium”. Questo il tema del convegno: “Celebrare la liturgia per incontrare il Signore”. Interverranno tra gli altri Goffredo Boselli (Liturgista, Monastero di Bose) e P. Idelbrando Scicolone (Docente emerito presso il Pontificio Istituto Liturgico S. Anselmo, Roma). Il programma dettagliato dell’evento con gli orari è disponibile e consultabile sul sito della Diocesi di Cagliari.
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IL PORTICO DE
il Portico
XXXI DOMENICA DEL T. O.(ANNO C)
Zacc
dal Vangelo secondo Luca
I
n quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand'ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch'egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto». Lc 19, 1-10 DON ANDREA BUSIA
il portico della fede
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a città di Gerico è il teatro di uno degli episodi più famosi della vita di Gesù in cui l’attenzione non è tanto sulle azioni intraprese da Gesù e Zaccheo, bensì dai desideri, dai bisogni profondi espressi nel brano: è indubbiamente un brano in cui si parla di perdono ma questo tema non è trattato attraverso citazioni bibliche o attraverso parabole, ma in primo luogo attraverso l’espressione di ciò che Zaccheo e Gesù desiderano e di quanto lo desiderano. Questi desideri però mutano o meglio vengono ulteriormente specificati lungo la parabola. Zaccheo non è noto al lettore del vangelo prima di questo brano, ci viene presentato come un capo di pubblicani e come uomo ricco, due caratteristiche che, nell’ottica del vangelo, non sono propriamente positive sebbene, proprio nella parabola di domenica scorsa, ci venisse presentato come modello un pubblicano pentito. Non si tratta solamente di un uomo ricco: Luca
non ci sta informando tanto del fatto che Zaccheo fosse ricco, bensì del fatto che quella ricchezza fosse frutto di disonestà, di illegittimi “arrotondamenti” delle tasse che i pubblicani raccoglievano dai cittadini per i romani, e Zaccheo non era inoltre semplicemente un pubblicano, ma addirittura il loro capo. Zaccheo ha un desiderio: vedere Gesù, forse per curiosità, perché aveva sentito parlare di lui. Per realizzare questo desiderio compie un’azione che, se pensiamo al suo status sociale, può risultare simpatica e ironica: salire su un albero. Gesù gli passa vicino, il desiderio di Zaccheo sembra realizzato, ma Gesù fa qualcosa di inaspettato: alza lo sguardo verso di lui. Non si tratta semplicemente di averlo visto, averlo notato tra la folla, è un azione voluta da parte di Gesù. Questo sguardo è lo stesso che più avanti ritroveremo al culmine del vangelo, dopo il terzo rinnegamento di Pietro: “il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai
tre volte». E, uscito, pianse amaramente” (Lc 22,61-62). Cosa sta facendo Gesù? Il suo non è un semplice guardare, il suo è uno sguardo di ricerca: con il suo sguardo Gesù cerca il vero Zaccheo, il vero Pietro, quelli formati a immagine e somiglianza di Dio, che si erano persi o, meglio, nascosti sotto il peso dei loro peccati. La reazione per Zaccheo, come per Pietro, non si fa attendere: accoglie Gesù nella sua casa ma soprattutto lo accoglie nel suo cuore, restituisce a Dio il posto che gli compete: il primo posto. La decisione di Zaccheo di restituire la metà ai poveri e quattro volte tanto a coloro che aveva frodato assume un valore totalizzante contando che buona parte delle sue ricchezze erano proprio frutto di ingiustizia, il risarcimento di fatto deve averlo lasciato quasi nullatenente. Il desiderio di vedere Gesù era, anche se non lo sapeva, sintomo di una ricerca di Dio e di sé stesso che andava ben oltre la vera curiosità. Dicevamo che Gesù ha “cercato” Zaccheo con il suo sguardo e questo viene specifi-
cato da lui stesso che, nella risposta a coloro che mormoravano per il suo ingresso in casa di un peccatore, dice due cose fondamentali: “anch’egli è figlio di Abramo” e “Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. La prima indica che il peccato non ci può mai separare totalmente da Dio, che continua a cercarci e aspettare l’occasione buona per ricondurci a sé (pensiamo alla parabola del padre misericordioso e del figlio prodigo): Zaccheo è e rimane figlio di Abramo (che alla fine significa “amato da Dio”) nonostante il suo peccato. Il fatto che Gesù sia venuto per cercare e salvare chi era perduto indica qui il desiderio (parliamo ancora di “desiderio”) profondo del suo cuore, la sua missione viene riassunta – da lui stesso – in questa frase. Risuona di fatto qui l’oracolo del Signore trasmesso attraverso la parola del profeta Ezechiele: “Com'è vero che io vivo, io non godo della morte del malvagio, ma che il malvagio si converta dalla sua malvagità e viva” (Ez 33,11a)
IL LEGAME TRA ASCOLTO E VISIONE Nella Lumen fidei Papa Francesco mostra il legame che intercorre tra ascolto e visione a riguardo della fede. Nella Scrittura troviamo espresso in vario modo il rapporto tra Dio che rivolge la sua Parola e l’uomo che è chiamato a prestare ascolto a questo appello. San Paolo esprime bene questo rapporto quando dice che «la fede viene dall’ascolto» (Rm 10, 17): «la conoscenza associata alla parola è sempre conoscenza personale, che riconosce la voce, si apre ad essa in libertà e la segue in obbedienza. Perciò san Paolo ha parlato dell’"obbedienza della fede" (cfr Rm 1,5; 16,26). La fede è, inoltre, conoscenza legata al trascorrere del tempo, di cui la parola ha bisogno per pronunciarsi: è conoscenza che s’impara solo in un cammino di sequela» (LF, 29). Per alcuni la concezione biblica di fede come “ascolto” sarebbe da contrapporre a quella di “visione”, propria della cultura greca. Se si approfondisce però il dato biblico si scopre che nella
Scrittura ritroviamo entrambe le modalità di conoscenza che risultano allora complementari: «l’udito attesta la chiamata personale e l’obbedienza, e anche il fatto che la verità si rivela nel tempo; la vista offre la visione piena dell’intero percorso e permette di situarsi nel grande progetto di Dio; senza tale visione disporremmo solo di frammenti isolati di un tutto sconosciuto» (ibidem). Il legame tra ascoltare e vedere lo ritroviamo approfondito nel Vangelo di Giovanni: «credere e vedere s’intrecciano: “Chi crede in me […] crede in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato” (Gv 12,44-45). Grazie a quest’unione con l’ascolto, il vedere diventa sequela di Cristo, e la fede appare come un cammino dello sguardo, in cui gli occhi si abituano a vedere in profondità» (LF, 30). La sintesi piena tra udire e vedere è possibile «a partire dalla persona concreta di Gesù, che si vede e si ascolta» (ibidem). La fede porta alla conoscenza di una verità «centra-
ta sull’incontro con Cristo, sulla contemplazione della sua vita, sulla percezione della sua presenza» (ibidem). Questa è l’esperienza degli apostoli che hanno visto con i loro occhi il Risorto e comprendendo quanto vedevano lo hanno testimoniato agli altri. Con l’incarnazione la conoscenza che deriva dall’amore giunge alla sua pienezza: «la luce dell’amore, infatti, nasce quando siamo toccati nel cuore, ricevendo così in noi la presenza interiore dell’amato, che ci permette di riconoscere il suo mistero» (LF, 31). In questa prospettiva si comprende allora perché in San Giovanni la fede è un “toccare”: «con la sua Incarnazione, con la sua venuta tra noi, Gesù ci ha toccato e, attraverso i Sacramenti, anche oggi ci tocca; in questo modo, trasformando il nostro cuore, ci ha permesso e ci permette di riconoscerlo e di confessarlo come Figlio di Dio. Con la fede, noi possiamo toccarlo, e ricevere la potenza della sua grazia» (ibidem). di don Roberto Piredda
ELLA FAMIGLIA
domenicA 3 novembre 2013
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Il Forum dopo l’incontro con il Papa.
chèo, scendi subito...
Il motore del mondo e della storia Le famiglie, con tantissimi bimbi, a Piazza San Pietro I. P.
e due giornate romane con Papa Francesco sono state un vero e proprio balsamo, per ogni famiglia, e soprattutto per le famiglie italiane, così ferite e colpite dal clima di individualismo, di depressione, di disperazione che segna troppo spesso il nostro Paese» è il commento a caldo di Francesco Belletti, presidente del Forum, dopo la conclusione delle due giornate memorabili di Piazza San Pietro e la grande udienza con il pontefice. «Il Pellegrinaggio sulla Tomba di Pietro ha restituito speranza e gioia a ciascuno dei presenti, e credo anche a tutti coloro che hanno seguito l’evento sui media. Abbiamo amato subito la paterna concretezza delle indicazioni di vita quotidiana, come “non finire la giornata senza fare la pace”, ma anche quella delle tre parole necessarie alla famiglia, “scusa, grazie, permesso”… Un parlare semplice, capito subito dagli allegri bambini presenti sulle scale del sagrato di San Pietro, ma chiaro, nella sua profondità, anche alle più anziane coppie di sposi, ripensando ad ogni momento del-
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RISCRITTURE
LA MISSIONE SALVIFICA DELLA CHIESA "La missione salvifica della Chiesa nel mondo è attuata non solo dai ministri in virtù del sacramento dell'Ordine ma anche da tutti i fedeli laici: questi, infatti, in virtù della loro condizione battesimale e della loro specifica vocazione, nella misura a ciascuno propria, partecipano all'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo. I pastori, pertanto, devono riconoscere e promuovere i ministeri, gli uffici e le funzioni dei fedeli laici, che hanno il loro fondamento sacramentale nel Battesimo e nella Confermazione, nonché, per molti di loro, nel Matrimonio. (...) Meritano di essere qui riascoltate alcune espressioni particolarmente significative della Esortazione Evangelii nuntiandi di Paolo VI: «Strati dell'umanità che si trasformano: per la Chiesa non si tratta soltanto di predicare il Vangelo in fasce geografiche sempre più vaste o a popolazioni sempre più estese, ma anche di raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti d'interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza. Si potrebbe espri-
mere tutto ciò dicendo così: occorre evangelizzare - non in maniera decorativa, a somiglianza di vernice superficiale, ma in modo vitale, in profondità e fino alle radici - la cultura e le culture dell'uomo (...). La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lo fu anche di altre. Occorre quindi fare tutti gli sforzi in vista di una generosa evangelizzazione della cultura, più esattamente delle culture» (165). La via attualmente privilegiata per la creazione e per la trasmissione della cultura sono gli strumenti della comunicazione sociale (166). Anche il mondo dei mass-media, in seguito all'accelerato sviluppo innovativo e all'influsso insieme planetario e capillare sulla formazione della mentalità e del costume, rappresenta una nuova frontiera della missione della Chiesa. In particolare, la responsabilità professionale dei fedeli laici in questo campo, esercitata sia a titolo personale sia mediante iniziative ed istituzioni comunitarie, esige di essere riconosciuta in tutto il suo valore e sostenuta con più adeguate risorse materiali, intellettuali e pastorali”. Christifideles laici, Beato Giovanni Paolo II
la propria vita coniugale e familiare. Ed è scoppiato l’applauso, improvviso, quando il Papa, alzando la voce, ha esortato a vivere, così come lui stesso è entrato nella Piazza, insieme a bambini e palloncini colorati, “Mano nella mano, per tutta la vita! E non fare caso a questa cultura del provvisorio, che ci taglia la vita a pezzi!”. «Ora, tornando a casa, queste parole lavorano il cuore di ciascuno di noi, e ci confermano quella “gioia della fede”, che era richiamata su tutti i manifesti del Pellegrinaggio. E portiamo nel cuore il peso leggero e insieme impegnativo del compito di testimoniare questa gioia in ogni casa e in ogni piazza del nostro Paese, portando la Buona Notizia della famiglia all’umanità tutta. «Quella famiglia che Papa Francesco ha definito, sempre con grande chiarezza e semplicità, nell’udienza di venerdì scorso con il Pontificio Consiglio per la famiglia, “il motore del mondo e della storia”. Senza la famiglia non c’è umanità piena» conclude Belletti «con la famiglia la società diventa più umana. Da oggi questo è ancora più evidente. Grazie, Papa Francesco».
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IL PORTICO DEI LETTORI
il Portico
domenicA 3 novembre 2013
LETTERE A IL PORTICO Caro Don Paolo, la notizia del tuo trasferimento ci riempie di grande tristezza, questo particolare e commovente momento non avremo voluto viverlo. Andrai via portando con te le tue poche cose ma, lascerai a noi tutti un’enorme ricchezza… E’ meglio essere cristiani senza dirlo che dire di essere cristiani senza esserlo! Ti chiediamo perdono se in questi tre anni di vissuto comunitario abbiamo peccato di umiltà e di carità. Papa Francesco ci sprona dicendoci: “Siate sempre pastori e missionari, una Chiesa ricca è una Chiesa che invecchia presto”. Il vero potere è il servizio!!! Con il cuore carico di emozione, diciamo al Signore e in particolare a te, caro Don Paolo “ Grazie”.
Grazie per quanto ci hai insegnato spiritualmente. Grazie per tutto il tempo che, con amore, ci hai dedicato sempre nella massima trasparenza. Grazie perché in te c’è sempre stato oltre che il parroco la persona. Grazie per la capacità di ascoltare e per la libertà che hai sempre concesso a tutti noi. “Grazie per questa eredità spirituale”. Ti chiediamo di accompagnarci sempre con la preghiera come noi faremo per te, e come tu ci hai promesso il tuo trasferimento non ci separerà. L’allora giovane prete Karol Woytila affermava che il sacerdote è uomo della parola di Dio, uomo del Sacramento, uomo del mistero della Fede e, noi in te abbiamo visto questo sacerdote.
n questo anno della fede, breve nel tempo (11 ottobre 2012 – 24 novembre 2013) ma indicativo di una vita di fede nel Cristo salvatore, per ognuno iniziata col battesimo e da terminare “con il passaggio attraverso la morte alla vita eterna” (Benedetto XVI, Porta fidei 1), la Chiesa sta additando in particolare agli uomini e donne della Sardegna un testimone di fede eroica: il servo di Dio Francesco Zirano, di Sassari, dei frati minori conventuali. Infatti il 16 maggio 2012, la Congregazione dei Santi, attraverso nove Consultori Teologi riuniti a congresso, ha espresso voto quasi unanime sulla sua morte come di ‘martire’, in quanto inferta in odio alla sua fede e da lui accolta in fedeltà a Cristo. Una morte atroce, avvenuta in Algeri il 25 gennaio 1603, dove decine di migliaia di cristiani vivevano da schiavi patendo ogni sorta di sofferenze e umiliazioni, esposti perciò continuamente alla tentazione di apostatare abbracciando la religione maomettana per porre fine alla loro infelice situazione. Il Servo di Dio si era recato in quella città nell’estate 1602 per liberare il cugino e confratello fra Francesco Serra e altri sardi, volendoli restituire non solo alla libertà ma anche toglierli da quella durezza e lunghezza di schiavitù occasione di abbandoni della fede. PADRE FRANCESCO ZIRANO Quei tempi, per tra Cristo e Islam quanto lontani da A cura di noi, sono realtà di vita ancora oggi per tanti cristiani, soprattutto dove questi sono minoranza e le occasioni o tentazioni per abbandonare la fede sono le più varie, come continua a parlarci la cronaca di fatti in-
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Umberto Zucca
Biblioteca Francescana Sarda ORISTANO 2013
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Un prete pieno di Fede! Don Paolo, ognuno di noi conserverà di te un ricordo tutto suo, particolare, unico, personale, così come unico e personale è stato il suo rapporto con te. Ti saremo sempre e comunque vicini nella preghiera e ti diciamo ancora grazie per il bene donato e speso bene per questa comunità. Ti porteremo gelosamente nel nostro cuore sapendo di aver perduto il nostro faro resterai sempre l’immagine del vero sacerdote, servo di Dio e di tutta la comunità, la gratitudine come la carità non avrà mai fine! Don Paolo i tuoi collaboratori e tutta la comunità di Sant’Elia Profeta ringraziano Dio per averci fatto dono in questi anni di Te. Ci hai saputo guidare nella Fede ed
è proprio sul tuo esempio che accogliamo con altrettanta grande Fede la scelta del nostro Arcivescovo certi che - illuminato dallo Spirito Santo - ha deciso ciò che è meglio per la nostra crescita spirituale. In nome di questa Fede accoglieremo con altrettanta gioia il nuovo parroco perché come Pastore pos-
Anno della fede, il dono dei modelli: il Servo di dio Francesco Zirano
Frate francescano, martire della fede di FRA’ SILVANO BIANCO
cresciosi quasi ogni giorno. Ma quei tempi sono realtà di vita anche nel contesto del mondo occidentale, compresa la nostra Isola, dove chiamarsi ed essere cristiani è oggi davvero difficile, tanto che come ai tempi del padre Zirano in tanti hanno già lasciato la fede o vivono come se non l’avessero, come se Cristo non contasse in tutto quel che fanno. Proprio due mesi dopo il pronunciamento dei Consultori Teologi, ha visto la luce in Oristano, curato dal vicepostulatore della causa di canonizzazione padre Umberto Zucca, il libro Padre Francesco Zirano tra Cristo e Islam. Diviso in due parti, la prima,
scritta a più mani e centrata sulla figura del Servo di Dio, questi è visto innanzi tutto come punto di riferimento per il dialogo tra le fedi cristiana e islamica (Mauro Maria Morfino, Giuseppe Simbula), nel contesto dei rapporti fra mondo islamico e cristiano del ‘5‘600 (Maria Bonaria Lai), nella ricostruzione delle sua vicenda terrena sino al martirio e alla introduzione della causa di canonizzazione (Umberto Zucca) e nell’ottica del suo andare e stare tra i musulmani come indicato dalla “Regola non bollata” di san Francesco (Costantino Piras). La seconda parte del libro, del vice-postu-
sa continuare a guidarci in Santità per un solo obiettivo dare GLORIA A DIO nostro Padre e Creatore. Grazie ancora per tutto quello che ci hai insegnato saremo sempre Amici anche se un po’ lontani. Ciao Caro Don Paolo... chi Deus t’accumpangiri. La comunità di Sant’Elia Profeta
latore, è dedicata alla scoperta dei testimoni del suo martirio: quattro schiavi (tra cui due di Tempio Pausania e uno di Cagliari), tre frati francescani spagnoli, due viceré (di Sicilia e di Maiorca), alcuni dei quali facenti sintesi di quanto riferito da molteplici testimoni orali. Leggendo le loro testimonianze, riportate nell’originale spagnolo e nella traduzione italiana, ma precedute da opportune introduzioni, è come l’accendersi di un faro che illumina e mette a fuoco le ultime settimane, ma soprattutto le ultime ore del Servo di Dio. Significativa la sua preghiera in carcere perché la morte gli venga inflitta “per essere cristiano” e giovi al ritorno dei rinnegati alla fede; più significativa ancora la sua testimonianza di fedeltà a Cristo quando per la terza volta gli propongono di farsi maomettano per avere salva la vita. Ormai nudo e con le mani distese e legate a formare col suo corpo una croce, pur avendo davanti il rinnegato pronto a spellarlo vivo, egli interrompendo il suo continuo pregare, risponde: “Sono cristiano e religioso del mio padre san Francesco, per cui come tale voglio morire; e supplico Dio chi vi illumini così che abbiate a conoscerlo”.Incisioni antiche e rappresentazioni varie nel tempo della sua vita e martirio, quasi tutte a colori, impreziosiscono il libro e ne rendono più comprensibile e fruibile la lettura. Il mese missionario di ottobre, col richiamo al dono della fede di cui essere grati e l’impegno a conservarla, e l’anno della fede voluto per ravvivarla e farcene convinti trasmettitori, trovano anche in questo Servo di Dio un punto di riferimento. L’auspicio di tanti, specie di Sassari e della Sardegna, è che la sua causa di canonizzazione, ormai a buon punto del suo percorso, possa arrivare presto al momento in cui la Chiesa ce lo presenti quale modello sicuro di vita e avvocato dal Cielo, con l’elevazione agli onori degli altari.
domenicA 3 novembre 2013
IL PORTICO DI CAGLIARI
Storia. Con il ricordo delle splendide serate musicali, c’è anche la memoria dei tempi.
Quelle straordinarie coincidenze con la Visita di Papa Francesco
munità per crimini, quindi come si direbbe in gergo cagliaritano anche un po’ di “burrumballa”) - poterono edificare nella Pola, ancora in parte deserta, fatta eccezione della zona di via Baylle di oggi, da 2mila a 3mila aree. Notizie conosciute grazie alla copiosa documentazione storica prodotta e riferita a quel periodo. Sappiamo inoltre che nell’acropoli di Cagliari andarono ad abitare autorità civili, militari e religiose e famiglie di nobili origini e nel 1327 anche la colonia ebrea, arrivata a seguito delle truppe, che diede avvio alla costruzione della Sinagoga, oggi identificabile nel perimetro della Chiesa di Santa Croce. A quel periodo, come riportato nell’articolo di mons. Antioco Piseddu pubblicato sull’Almanacco di Cagliari del 1988, sono riportate notizie storiche di Sant’Eulalia, che datano la nascita della chiesa dedicata alla patrona di Barcellona al 1300 su un precedente insediamento. Da altre fonti - l’Almanacco di Cagliari del 2000 - sappiamo che, nella zona oggi riconoscibile dal palazzo della Rinascente, già dal periodo ara-
gonese erano insediate - nella strada che aveva il nome di via delle Conce, l’attuale via Sardegna - diverse botteghe artigiane per la lavorazione dei cuoi e delle pelli che provenivano dal contado e dalle zone limitrofe della città di allora. E’ assai naturale quindi che tutti questi coloni portassero con sé usi e costumi della terra di origine. In questo caso, come accadeva a Barcellona, i conciatori, con i calzolai, pellicciai, sellai e fabbricanti di fodere per spade si organizzarono in cooperazione o gremio e scelsero come luogo per le riunioni una cappella di San Domenico, con patroni San Pietro e San Marco Evangelista. In seguito i conciatori scelsero come sede una cappella della chiesa di Santa Lucia, di cui oggi sono visibili solo i ruderi nel quartiere Marina, affidandosi a due protettori, San Carlo Borromeo e San Francesco. Successivamente si trasferirono nella chiesa di S. Agostino, dove acquistarono per 250 lire in moneta cagliaritana una cappella dedicata a Nostra Signora del Buon Viaggio. E’ documentato che, ancora negli anni intorno al 1860 a Cagliari si contavano 10 concerie con 120 operai, che lavoravano 20milacuoi, di cui circa 15-16mila di produzione locale – sardi - e 4-5mila addirittura importati dall’Argentina. Quando si dice la casualità. Un’ultima chicca: l’usanza dell’inchino da parte delle navi da crociera - vedi l’isola del Giglio - è tipicamente cagliaritana, altri poi l’hanno imitata per ragioni squisitamente turistiche. Tutte le navi che entrano nel porto, affiancate dagli ormeggiatori, fanno infatti “l’inchino” alla Basilica di Bonaria.
Durante la visita, Sua Beatitudine incontrerà le autorità civili e la chiesa locale. Celebrerà la Divina Liturgia Bizantina Cattolica (la Santa Messa) nella Cattedrale di Cagliari nella quale si coglierà l’occasione per la solenne vestizione dei nuovi cavalieri dell’Ordine Patriarcale della Santa Croce di Gerusalemme. Così la Sardegna concluderà l’anno della Fede accogliendo il Patriarca
dell’Oriente e della Chiesa Melchita nel mondo, ringraziando il Signore per il dono che ha dato alla Chiesa universale di vivere quest’anno con la Trinità che ci ha seguito nel nostro pellegrinaggio. Così come fedeli in Cristo, viviamo un altro evento storico per l’isola e per la chiesa locale di Cagliari rinnova la sua fede testimoniando Cristo. Così la Chiesa Sarda, dopo aver abbracciato Sua Santità, abbraccerà anche sua Beatitudine.
CARLO BOI TRASCORSO POCO PIÙ di un mese della visita di Papa Francesco a Cagliari: una circostanza indimenticabile, anche per tutte le iniziative collaterali che in modo inappuntabile sono state programmate in suo omaggio, in particolare le manifestazioni canore tenutesi nella nostra città e non solo, capaci di mobilitare coristi di numerose associazioni musicali, decine di musicisti e artisti, che gratuitamente hanno voluto dare lustro alla visita del Pontefice. Ci riferiamo in particolare all’elettrizzante serata musicale del 28 settembre nella parrocchia di Sant’Eulalia, in cui si sono esibiti l’orchestra del Conservatorio Pier Luigi da Palestrina di Cagliari, il gruppo musicale Machapu, il coro Collegium karalitanumcon il contributo affascinante del soprano Betty Scano e l’impareggiabile direzione del Maestro Giacomo Medas, che hanno allietato la serata con bellissimi brani musicali in particolare della Misa Criolla musicata da Ariel Ramirez. E’ stata una serata indimenticabile per tutti coloro che hanno avuto la possibilità di parteciparvi (la chiesa era strapiena e non c’erano più posti a sedere). Un bel regalo per la nostra città, per l’ottima musica e la professionalità di tutti gli artisti, ma soprattutto per le particolari coincidenze che si sono determinate nella circostanza. Per l’occasione, idealmente, un filo conduttore ha unito la città di Cagliari a Buenos Aires, alla Madonna di Bonaria, quindi alla piccola cittadina sorta nel colle di Monreale, og-
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gi Bonaria, la “Barcelloneta”, in occasione dell’assedio al Castrum Kallari da parte dell’esercito catalanoaragonese nel 1324, alla chiesa di S. Eulalia e alla esecuzione della messa argentina. Una fortuita e straordinaria coincidenza: la Misa Criolla è stata eseguita, guardacaso, proprio a Sant’Eulalia, la chiesa originariamente in stile gotico-catalano, sorta nel Trecento nel quartiere de la Pola, la Marina di oggi. Bisogna ritornare a quel periodo, quando le truppe - circa 12mila militari, con 4mila cavalli – dopo aver cacciato i pisani dal Castello abbandonarono la piccola cittadina, “Barcelloneta”, sorta sul colle di Monreale, oggi di Bonaria, per insediarsi nel Castello. Come accade in tutte le spedizioni militari, anche in quella circostanza si aggregò alle truppe una nutrita colonia di mercanti, artigiani, coloni, negozianti provenienti dalla Catalogna, dall’Aragona, dalla Murcia, dal regno di Valencia, dalle Baleari, che - facilitati da particolari benefici (quali salvacondotti di commercio, franchigie per debiti e anche im-
Gregorio III Laham visiterà la Sardegna Il Patriarca d’Antiochia sarà a Cagliari il 24 novembre P. FADI RAHI, C.Ss.R. A SARDEGNA CONTINUA a vivere pienamente l’anno della Fede, secondo l’appello del Papa Benedetto XVI e del Papa Francesco e secondo l’appello del nostro Arcivescovo mons. Miglio. Vivere l’anno della Fede, pregando, riflettendo, testimoniando, facendo pellegrinaggi e amandosi l’uno con l’altro secondo la Parola del nostro Redentore Gesù Cristo. La nostra isola ha vissuto un gran evento nel mese di settembre di quest’anno nel quale ha accolto l’uomo bianco, il pellegrino presso Nostra Signora di Bonaria, Papa Francesco, che ci ha consolato con le sue parole e ci ha dato il coraggio per andare
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avanti credendo in Gesù Cristo, nonostante tutte le difficoltà quotidiane, affidando noi stessi a Maria Madre della Chiesa e Madre nostra. Come sappiamo Sua Santità chiuderà l’anno della Fede con una Messa Solenne in Piazza S. Pietro a Roma il 24 novembre 2013 dove parteciperanno tutti i patriarchi cattolici orientali, vescovi di tutti i continenti e fedeli di tutto il mondo. Nello stesso giorno mentre l’Arcivescovo di Cagliari celebrerà la Santa Messa in occasione della chiusura dell’anno della Fede; arriverà all’aeroporto di Elmas Sua Beatitudine Gregorio III Laham, Patriarca d’Antiochia, di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme della Chiesa Greco Cattolica Melchita per una visita di tre giorni.
il Portico
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memoria LO STUDIOSO SARDO
Placido Cherchi ricordato con affetto Ci ha lasciato il 24 settembre, Placido Cherci, a seguito di un malore che lo aveva colto durante una delle sue abituali passeggiate. Docente di filosofia nei licei, era nato a Oschiri e aveva studiato a Cagliari da grandi maestri come Ernesto De Martino e Corrado Maltese, interessandosi contemporaneamente di antropologia e storia dell’arte. Autore di libri “demartiniani” e volumi storico-artistici, dedicava i suoi studi all’analisi delle pieghe profonde dell’identità e della nostra Isola. A un mese di distanza, la Fondazione Sardinia, in collaborazione con altri enti, ha voluto commemorare la figura dello studioso sardo con un ammentu organizzato nei giorni scorsi nell’aula Teatro di via Nicolodi a Cagliari. Un momento ricco di commozione, che si è fatta viva durante gli interventi dei relatori davanti a un pubblico di studiosi, amici e allievi, e sotto lo sguardo attento della moglie Mariolina. Nereide Rudas, presidente Istituto Gramsci e Fondazione Alziator, ha ricordato così l’amico: «La perdita di Placido è molto grave per la Sardegna, sia culturalmente sia umanamente. Attraverso un percorso complesso, era arrivato a una nuova concezione relazionare e dialettica dell’identità, che applicava per la prima volta alla Sardegna. Placido usciva dai classici canoni demartiniani, elaborandoli e applicandoli in maniera originale alla nostra Isola. Ci mancherà uno strumento importantissimo di conoscenza di noi stessi e della nostra realtà». Bachisio Bandinu, presidente Fondazione Sardinia, ha parlato dell’uomo: «Era un personaggio che nella sua dialettica non parlava mai male di nessuno. Era un buono d’animo e non cercava il litigio. Tentava sempre di elaborare concetti e pensieri per trovare punti in comune e punti di contrasto costruttivi. Ci lascia in eredità un profondo discorso sull’identità sarda e sulle relazione tra il locale e il globale. Pur scrivendo su De Martino, Placido utilizzava quei concetti che poi riversava sulla realtà sarda di oggi per poter parlare di noi». In occasione dell’ammentu è stato anche presentato l’ultimo lavoro di Cherchi, “Per un’identità critica - Alcune incursioni autoanalitiche nel mondo identitario dei sardi”, terminato di stampare proprio nel giorno della sua morte. Il volume, incentrato sull’analisi dei fattori etnici che connotano un popolo e il suo sviluppo culturale, costituisce una ricerca analitica che coinvolge diversi aspetti, dalla lingua fino all’antropologia, alla società e alla storia, e consente una visuale ampia sul tema dell’identità sarda. Matteo Mazzuzzi
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IL PORTICO DELLA DIOCESI
il Portico
scuola INTERPELLANZA DEL PD
Il caso Azuni approda in Consiglio regionale E’ davvero paradossale la situazione di studenti e docenti dell’Istituto Azuni di Cagliari, se del loro caso si deve interessare perfino il Consiglio regionale. Va da sè che nell’epoca di internet - fa sorridere che una scuola che dovrebbe formare cuochi non abbia le cucine, esattamente come sostenuto dagli iscritti qualche settimana fa in un loro volantino: sarebbe come imparare a nuotare - diciamo noi - senza l’acqua. Della loro vicenda si è interessato anche il capogruppo del Partito democratico in Consiglio regionale: “Il Presidente della Regione e l’Assessore all’Istruzione devono intervenire sulla realizzazione del laboratorio di cucina per l’Istituto Azuni di Cagliari e sulla possibilità di promuovere accordi con altri Istituti o strutture dotati di cucina di Cagliari o nelle vicinanze, fino a risoluzione del problema, per consentire agli studenti lo svolgimento delle lezioni pratiche del corso alberghiero e di enogastronomia”. Così ha scritto Giampaolo Diana, che sulla problematica ha presentato un’interpellanza in Consiglio Regionale. “Dopo quattro anni di promesse – spiega Diana – l’Istituto alberghiero Azuni è ancora privo di un laboratorio di sala e cucina dove gli studenti devono poter svolgere l’attività fondamentale di pratica di cucina del corso. Da qui lo stato di agitazione più che comprensibile dei docenti, studenti dell’Istituto e dei loro genitori, uniti nella protesta sull’inaccettabile situazione che la Provincia propone di tamponare per l’anno in corso portando gli studenti all’Istituto alberghiero di Pula. Il viaggio sino a Pula – continua il Capogruppo – comporterebbe soltanto un dispendio di energie e di tempo sia per gli alunni che per i docenti accompagnatori. L’orario di laboratorio inoltre verrebbe ridotto in quanto, per le classi terza e quarta, in base al piano di studi, è previsto che devono poter realizzare sei ore settimanali di laboratorio. Ciò rappresenta un forte rischio, dal punto di vista didattico e motivazionale, per i ragazzi che hanno operato una scelta orientata verso il sapere pratico. Cappellacci e l’Assessore all’Istruzione – conclude Diana – devono poter promuovere delle soluzioni alternative, come la possibilità di verificare accordi con strutture più vicine che abbiano una mensa, quali ad esempio l’Hotel Regina Margherita o l’Istituto tecnico Agrario Duca degli Abruzzi di Elmas, considerato che in quest’ultimo caso consentirebbe inoltre di realizzare una filiera dal produttore di materie prime con gli studenti dell’agrario, al produttore di prodotti lavorati con gli studenti dell’enogastronomico”. E’ davvero incredibile che, pur privi di strumentazioni assolutamente indispensabili, sia stato consentito all’istituto di ricevere iscrizioni anche per quest’anno.
DOMENICA 3 novembre 2013
Celebrazioni. Appuntamento annuale stavolta svolto nella parrocchia madonna della Strada
Veglia missionaria legata alla GMG: “Percorriamo le strade del mondo” L’arcivescovo ha ripetuto la necessità di tornare alla missione per le strade per potervi vivere la fede. Spazio anche ai giovani che hanno partecipato alla Giornata mondiale R. C. NA VEGLIA MISSIONARIA legata alla GMG di Rio. La parrocchia Madonna della Strada di Cagliari ha ospitato domenica sera l’appuntamento annuale che segna il culmine dell’ottobre missionario. Una chiesa affollata di fedeli ha accolto la processione con il Vangelo e cinque ceri accessi sistemati nei pressi del grande mappamondo posto ai piedi dell’altare maggiore ha dato il via alla Veglia. La serie di letture ha preceduto l’omelia dell’Arcivescovo Monsignor Arrigo Miglio, che ha presieduto il rito insieme a diversi sacerdoti. Nel corso del suo intervento monsignor Miglio ha evidenziato la necessità di ritornare alla missione per le strade per poter vivere la nostra fede. “ Dobbiamo – ha detto l’Arcivescovo – recuperare questa dimensione missionaria, per poter percorrere il cammino di evangelizzazione. Lo abbiamo letto nel Vangelo dove il seme cade nella strade pare destinato a scompari-
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re ma non è così. Il seminatore continua a seminare perché nel seme, che è la Parola di Dio, c’è una forza intrinseca che nulla può fermare. Questo deve essere il nostro atteggiamento: continuare a percorrere le strade del mondo come faceva e fa Papa Francesco. A Buenos Aires veniva chiamato “vescovo di strada”, a sintetizzare il suo operato tra la gente. È un Papa che ci spiazza con criteri diversi rispetto alla nostra tradizione europea”. A seguire spazio alle testimonianze dei giovani cagliaritani presenti alla GMG e al successivo trasferimento alle missioni della Diocesi di Viana dove operano don Gabriele Casu e don Giuseppe Spiga. “La nostra prima tappa – ha detto
Valentino, uno dei tre – è stata una parrocchia non distante da San Paolo dove abbiamo fatto le missioni per le strade insieme ai giovani dell’Angola. Lì abbiamo annunciato a chi trovavamo per strada l’amore di Dio per la nostra vita”. Nei giorni della GMG diversi giovani sono rimasti nei pressi della rinomata spiaggia di Copacabana. “Dopo un viaggio difficile con il bus fermo per cinque ore – ha raccontato Giacomo - ci siamo ritrovati vicinissimi alla famosa spiaggia che avrebbe ospitato il grande incontro. Lo abbiamo letto come un dono dopo le tensioni dovute al viaggio e ai disagi patiti. La successiva visita alla chiesa della Madonna dell’Aparecida è stata an-
che l’occasione per chiedere alla Vergine una grazia, certi che avrebbe ascoltato la nostra richiesta”. Significativa per Mariano l’esperienza fatta nella favela. “E’ stata una grande grazia – ha detto quella di poter entrare in quella realtà, dipinta spesso a tinte fosche dalla cronaca quotidiana. Poter avvicinare tanti giovani, anche alcuni con le armi e poter parlare loro della nostra scelta di vita cristiana, è un’esperienza che mi porto ancora nel cuore”. La professione di fede e l’aspersione dell’assemblea da parte del Arcivescovo hanno portato all’atto finale della Veglia: il mandato missionario ai fedeli presenti, ai quali è stato consegnato un cartoncino con disegnate delle orme con un’indicazione precisa: percorrere la strade del mondo per portare il Vangelo.
foto elio piras
domenicA 3 novembre 2013
IL PORTICO DEI PAESI TUOI
Parrocchia. Riprese le attività oratoriali alla Beata Vergine del Carmine di Assemini.
Laboratori, sport e formazione: la ricetta giusta per i nostri ragazzi Da ormai dieci anni piena collaborazione con l’Azione Cattolica parrocchiale per offrire servizi sempre migliori. “Non c’è gioco senza te”, lo slogan scelto quest’anno
della comunità, ci impegniamo con costanza a portare avanti il nostro cammino e a dedicare il nostro tempo al servizio dei più piccoli nonostante gli impegni o i problemi della vita di un giovane”. La ricetta sembra essere quella giusta a sentire le parole di Alessandro, tra i papà più attivi nell’animazione. “L’oratorio - confessa - è importante per mio figlio perché li trova un ambiente dove capire e rafforzare l’insegnamento dei valori che io e mia moglie cerchiamo di dargli: la famiglia, l’amicizia la preghiera, la solidarietà, lo studio, lo sport e il far sorridere sempre il prossimo”.
MATTEO VENTURELLI
motore diesel, il mese di Ottobre per la parrocchia Beata Vergine del Carmine di Assemini ha visto la ripresa delle attività oratoriali dopo la pausa di Agosto e Settembre. Numerose le attività e i laboratori che i bambini e i ragazzi della parrocchia potranno condividere con i loro amici. “Da ormai 10 anni – comunicano dalla struttura – le attività dall’oratorio vengono portate avanti grazie alla collaborazione con l’Azione Cattolica parrocchiale che oltre all’impegno costante dei propri aderenti si occupa dei momenti di formazione per tutti. Per i bambini lo slogan di quest’anno dell’A.C.R. calza a pennello: “Non c’è gioco senza Te!”. Durante la settimana non mancano i laboratori di tutti i gusti. Il lunedi lo dedichiamo all’attività sportiva come il calcio, il pattinaggio e attività con lo skateboard. Quest’ultime due attività sono
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OME UN AFFIDABILE
Nelle foto di Alessandro Atzori, due momenti della festa.
un’idea dei bambini stessi nata durante le attività di Grest estivo. Il martedi siamo impegnati con i lavori di bricolage. I bambini imparano divertendosi a realizzare lavoretti, decorazioni e a costruirsi piccoli giochi come si faceva una volta. La seconda parte della settimana è dedicata a preparare gli appuntamenti tradizionali per tutti gli oratori: spettacoli natalizi, di fine anno sociale e patronali. Attraverso i laboratori di ballo, canto e teatro tutti i ragazzi possono mettersi in gioco e offrire il proprio contributo. Anche quest’anno insieme al gioco e alla creatività non dimentichiamo alcuni aspetti importanti come l’accompagnamento scolastico e la possibilità delle ripetizioni.”. Oltre alle attività ricreative, il pun-
to fermo caratterizzante rimane la formazione. “ Per tutti i bambini e i ragazzi, il sabato è dedicato al gioco libero e alle attività nei gruppi ACR. Confrontandosi insieme, i ragazzi scoprono la radice profonda dell’essere amici e la bellezza di imparare a vivere come fratelli dentro la Chiesa”. I gruppi rappresentano il segreto della buona riuscita delle iniziative. “In oratorio sono presenti anche il gruppo dei giovanissimi e dei giovani – commenta Marta Porceddu, responsabile parrocchiale del Settore Giovani – con i loro cammini formativi. Oltre a gruppi di ragazzi che si incontrano per un cammino di fede la nostra forza è un’amicizia che ci interpella seriamente nella vita. Contando sull’aiuto reciproco e sulla fiducia
A SARDEGNA, COME tutti sappiamo da tempo, è sempre stata il fulcro d’attrazione per il turista, il quale ogni anno approda per lungo tempo in cerca di relax e forti emozioni. Fra queste, non mancano oltre le bellissime spiagge le dimore storiche, archeologiche ed artistiche che la nostra Isola ci offre. Un immenso scrigno di testimonianze del passato, da immortalare e raccontare come un bellissimo libro aperto ai visitatori. Oltre alle bellissime testimonianze archeologiche, il turista rimane incantato nell’osservare le molteplici dimore architettoniche ecclesiastiche, ricche di eccentrici manufatti pittorici e scultorei. La storia ecclesiastica orientale ed occidentale, ci narra che il Concilio
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brevi IL 5 NOVEMBRE ALLE 17.30
Mons. Miglio incontra gli operatori Caritas Martedì 5 novembre, dalle 17.30 alle 19, nel Centro Comunale di Solidarietà "Giovanni Paolo II" Viale Sant’Ignazio 88, l’Arcivescovo di Cagliari Mons. Arrigo Miglio incontrerà gli operatori della Caritas diocesana, delle Caritas parrocchiali e il mondo del volontariato. Il tema sarà relativo ai discorsi rivolti da Papa Francesco alla Caritas nel corso degli ultimi mesi. Si tratta del primo di una serie di incontri che avranno luogo durante il prossimo anno pastorale.
VOLI E DISAGI
Protestano i lavoratori della Sogaerdyn
pertura, da parte dell'azienda di assistenza a terra dei voli di una procedura di licenziamento collettivo, dopo l'assegnazione ad Alitalia, assistita dal Consorzio Gh, delle rotte Cagliari-Roma e Cagliari-Milano Linate. Come ampiamente previsto da Massimo Lavena su queste colonne, la nuova “discontinuità territoriale” sta lasciando sul campo disoccupazione e disagi con buona pace di chi ha architettato il nuovo sistema. Il tutto mentre i corsi - nostri vicini d’isola - hanno da tempo una vera continuità.
Liturgia e architettura turistica, un binomio vincente Vaticano II è stato l’unico Concilio a trattare un saldo rapporto tra liturgia e architettura. Già nel 787 dopo Cristo, nei testi riguardanti il Concilio Niceno II, si incomincia a citare i vari arredi interni degli edifici cristiani, citando principalmente l’ambone, luogo elevato dove si svolge la proclamazione dei testi biblici, del salmo responsoriale e dell’Exsultet pasquale. Per conoscer meglio il rapporto tra la liturgia e l’architettura ecclesiastica, nonché artistica a tutti gli effetti, bisognerebbe tornar indietro nel tempo durante le celebrazioni del IV-V sec. D.C., durante il periodo di Ambrogio e Paolino da Nola in occidente e Basilio Magno e Gregorio il Teologo in oriente. Per quanto riguarda il Concilio EcumenicoVaticano II (anno 1962 – 1965 sotto Papa Giovanni XXIII° e Paolo VI), bisognerebbe leggere attenta-
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Hanno instaurato anche un presidio permanente, nell'area partenze dell'aeroporto di Cagliari, i 62 lavoratori della Sogaerdyn che rischiano il posto di lavoro in seguito all'esito della gara per la continuità territoriale, con le rotte assegnate in monopolio ad Alitalia. Alla base della protesta l'a-
Quelle oasi di fede ricercate dai credenti GIANNI PIRAS
il Portico
ASSESSORATO ARTIGIANATO
Per gli apprendisti domande di contributo
mente la Costituzione ecclesiastica della Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium e in particolar modo il cap. VII intitolato “L’Arte sacra e la sacra suppellettile”, ove si parla attentamente di architettura, d’arti varie, di artisti del tempo e di stili artistici, senza trascurare le altre costituzioni, fra cui particolarmente la Costituzione della Chiesa Lumen Gentium. Il Concilio Ecumenico Vaticano ha voluto coniare ed introdurre i principi della teologia della Chiesa popolo di Dio in rapporto alla chiesaedificio, ovvero il luogo ove Dio in-
contra l’uomo. Quest’ultima, edificata per la prima volta nel III sec. a.C. come tempio o Battistero, serviva per riunioni o altri riti sacri. Volgalmente chiamata “casa della Chiesa” (Domus ecclesiae), e chiamata principalmente chiesa o casa di Dio, luogo ove il popolo di Dio si unisce a pregare con tanta fede e devozione (Mt. 18, 20). Son proprio questi gli edifici che il turista devoto e credente cerca maggiormente, i luoghi di culto dove, entrando all’interno di essi, trovano sempre più tanta pace e immensa spiritualità cristiana a tutti i livelli.
Da lunedì 28 ottobre e fino al 16 dicembre 2013, potranno essere presentate le domande di contributo per le assunzioni di apprendisti avvenute nel 2011. L'importo del contributo è pari a 3615,20 euro per il primo anno di attività, 2582,28 euro per il secondo, 2065,83 euro per il terzo e 1549,37 euro per i successivi. Qualora l'assunzione riguardi un disabile, l'importo del contributo è incrementato del 30%. Nel caso il contratto di apprendistato si trasformi in contratto a tempo indeterminato, il contributo è concesso per ulteriori due anni nella stessa misura dell'anno che precede l'assunzione a tempo indeterminato.
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IL PORTICO DEI PAESI TUOI
il Portico
brevi LA DENUNCIA DELLA CNA
Opere pubbliche, il mercato è in calo Cala inesorabilmente il mercato delle opere pubbliche in Sardegna. Nel trimestre luglio-settembre 2013 la pubblica amministrazione isolana ha emesso 237 bandi del valore di 141 milioni di euro per 221 gare con un calo del 37% per numero di gare (da 374 a 237) e addirittura del 54% per valore economici (da 306 a 141 milioni di euro) rispetto allo stesso trimestre del 2012. Se invece si considerano i primi nove mesi del 2012 il numero di bandi si è ridotto del 29% e gli importi del 46%: da 1.099 gare per un importo di 953 milioni si è passati a 779 gare del valore di 517 milioni. Il bilancio aggiornato del sistema degli appalti in Sardegna è contenuto in una recente ricerca elaborata dal Centro studi della Cna Sardegna che indica comunque un risultato a doppia velocità: rispetto a periodo aprilegiugno 2013, negli ultimi tre mesi dell’anno è stata da un lato registrata una diminuzione del numero delle gare, passate da 271 a 237 (-13%), ma dall’altro è cresciuto del 14% il loro valore (da 124 a 141 milioni). “Sono dati - dichiarano Francesco Porcu e Mauro Zanda, rispettivamente segretario regionale della Cna e presidente del settore costruzioni - che confermano la debolezza del mercato delle opere pubbliche. Una condizione destinata a protarsi nel tempo ed ad allungare la stagnazione in corso: per rilanciare il settore e l’economia tutta occorre tenere fuori dal patto di stabilità e dal rapporto deficit/pil gli investimenti, avviando un piano straordinario di manutenzione del territorio, di riqualificazione ed efficientamento degli edifici pubblici”.
domenicA 3 novembre 2013
Parrocchie. Un gruppo di volontari organizza i momenti di animazione nella via del mare.
A Villasimius festeggiato San Raffaele, senza il clamore e con raccoglimento Don Giampaolo Secci, il parroco: “Dopo quasi 40 anni di servizio qui, posso dire che la gente ha una grande devozione popolare: questa è una festa di famiglia” R. C. NA FESTA CON MENO sfarzo e molto più intima. San Raffaele è stato solennizzato nei giorni scorsi dalla comunità di Villasimius con tre giorni di festa che hanno visto il 24 ottobre il clou degli appuntamenti. “Pur essendo un giorno feriale e quindi molti impegnati sul lavoro – dice il parroco don Gianpaolo Secci - la partecipazione alla messa serale e alla successiva processione per le vie del paese è stata significativa, considerando che a fine ottobre il paese è abitato dai soli residenti”. Se in estate Villasimius conta migliaia di presenze di turisti, dalla metà di ottobre la comunità ritorna alla “normalità”, per cui i numeri registrati per la festa della Madonna del Naufrago a luglio o quelli segnati nella festa di Santa Maria ai primi di settembre, non si ripetono per il patrono. Eppure il numero ridotto di persone non ha intaccato la solen-
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nità della festa: in tanti hanno partecipato alla messa e alla processione, segno di una devozione sentita. “Considerando un aspetto – continua il parroco – che la maggior parte dei residenti nel periodo estivo è impegnata nelle strutture ricettive del paese e quindi molto difficilmente partecipa alle celebrazioni di luglio e di settembre, mentre ad ottobre, a stagione oramai terminata, i residenti sono più liberi e possono essere presenti alla festa patronale”. Nei giorni della festa, che non viene celebrata nel giorno della memoria liturgica, il 29 settembre, ma il 24 ottobre, un gruppo di volontari da vita al Comitato che organizza i momenti di animazione nella via del Mare: dall’esibizione dei gruppi folk, alla gara poetica in
limba, fino allo spettacolo pirotecnico senza trascurare ancora la musica. Tutti momenti di condivisione nei quali i quasi 3.500 abitanti si ritrovano per vivere una festa di famiglia, senza il clamore e forse la confusione del periodo estivo. Ci sono due aspetti che però lo storico parroco don Secci evidenzia. “Il primo – conclude - è che quest’anno a causa di un problema di salute, dopo 38 anni consecutivi, non ho potuto partecipare alla processione per le vie del paese. Devo ringraziare il diacono Franco Manca che da Muravera è voluto venire qui per guidare i fedeli lungo le vie di Villasimius addobbate a festa per la processione del santo. L’altra è che qui c’è una difficoltà di partecipazione dei
giovani, specie quelli che frequentano le superiori, perché sei giorni su sette sono in pratica lontano da casa e quindi molto difficilmente è possibile realizzare qualcosa con loro, soprattutto quando si tratta di appuntamenti che cadono nei giorni feriali. In estate poi diversi sono impegnati nei lavori del settore turistico, quindi resta solo la domenica come giorno nel quale poter presenziare ad eventuali celebrazioni. Al di là di questo l’intera comunità si ritrova comunque nei momenti di festa e dopo quasi 40 anni di servizio posso dire che a Villasimius, accanto allo spirito di accoglienza verso chi la sceglie per le vacanze, la gente qui ha veramente una grande devozione popolare”.
IL PORTICO DELL’ANIMA
domenicA 3 novembre 2013
Chiesa. Il 9 e 10 novembre a Orosei, Hotel Cala Ginepro, il Convegno regionale Vocazioni
Per una società a misura dell’uomo della sua dignità, della sua vocazione FRANCO CAMBA PRITI ALLA VERITÀ, porterai laVita. Chiamati nella Fede ad una pastorale vocazionale”. È questo il tema del 28° Convegno Regionale Vocazioni che si terrà il 9 e 10 novembre ad Orosei, nell’Hotel Cala Ginepro. Ad organizzarlo è il Centro Regionale Vocazioni della Sardegna. Destinatari dell’interessante ed importante iniziativa sono non solo diaconi, sacerdoti, seminaristi, animatori, catechisti ed insegnanti di religione ma anche i giovani sensibili al tema della vocazione. I lavori saranno aperti il pomeriggio di sabato 9 novembre da monsignor Mosè Marcia, vescovo di Nuoro e delegato della Conferenza episcopale sarda per le vocazioni. Seguiranno gli interventi di monsignor Nico Dal Molin, direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale delle Vocazioni della Conferenza episcopale italiana, e di padre Antonio Musi, abate del Monastero Benedettino di San Pietro di Sorres. Le conclusioni del convegno sono affidate a monsignor Gian Franco Saba, rettore del Seminario Regionale Sardo e direttore del Centro Regionale Vocazioni, che dopo aver introdotto e guidato i lavori, interverrà la mattina di domenica 10 novembre prima della Concelebrazione eucaristica presieduta da monsignor Marcia. In programma sabato sera anche uno spettacolo musicale, intitolato
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“Mondo perché piangi?”, a cura del Gruppo Amici della Beata Maria Gabriella della Parrocchia di Dorgali. La mattina di sabato 9 novembre, con inizio alle 10,30, sempre a Cala Ginepro, si terrà un incontro riservato ai componenti del Centro Regionale Vocazioni, ai membri dei Centri Diocesani Vocazioni e agli animatori vocazionali degli Istituti religiosi. Richiamando il tema della Giornata
mondiale di preghiera per le vocazioni del 2014, nel presentare il Convegno, monsignor Gian Franco Saba ha affermato: «Alla Chiesa è richiesta la consapevolezza di dover compiere una missione di verità, e per dirla con le parole di Caritas in Veritate, “in ogni tempo ed evenienza, per una società a misura dell’uomo, della sua dignità, della sua vocazione”». Proseguendo ha aggiunto: «La verità della vita, che è bene ricevuto e
donato, è il progetto fondamentale che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo. La pastorale vocazionale, per questo è chiamata a servire ogni persona, perché possa riconoscere in questo progetto la realizzazione di sé e della propria verità». Le adesioni al convegno possono essere date direttamente al Centro Regionale Vocazioni, che ha sede presso il Pontificio Seminario Regionale Sardo a Cagliari in via Monsignor Parraguez 19 (telefono 070.504768, e-mail: seminariosardoo@libero.it), oppure al proprio Centro Diocesano Vocazioni. Quanti sono interessati a ricevere ulteriori informazioni potranno contattare la Segreteria del Seminario Regionale Sardo (telefono 070.504768, e-mail: seminariosardoo@libero.it). Il Convegno regionale sardo precede di due mesi quello nazionale, in programma dal 3 al 5 gennaio 2014, a Roma, promosso dall’Ufficio Nazionale per la Pastorale delle Vocazioni. L’Ufficio della Conferenza episcopale italiana che offre alle Chiese particolari, alle istituzioni e alle aggregazioni che operano nel suo ambito di competenza, un contributo per l’annuncio, la proposta e l’accompagnamento delle vocazioni al ministero ordinato, alla vita consacrata e alla missione “ad gentes”, e che favorisce, quindi, una pastorale vocazionale unitaria e le proposte di accompagnamento e discernimento vocazionale.
PERSONAGGI DELLA BIBBIA
Giosia il grande re di MICHELE ANTONIO CORONA
Fece ciò che è giusto agli occhi del Signore, seguendo in tutto la via di Davide, suo padre, senza deviare né a destra né a sinistra” (2Re 22,2). Con tale sublime presentazione viene introdotto uno dei più importanti personaggi dell’AT. Lo presentiamo in questa rubrica biblica di personaggi secondari, solo perché spesso è oltremodo dimenticato dalla nostra cultura e religiosità. Di contro, la bibbia lo pone come perno di tutto il periodo monarchico di Giuda e grande regista della composizione biblica. Il suo operato, oltre che contro l’idolatria, la religiosità pagana e oggettistica, è stato caratterizzato dalla più alta spiritualità per il libro. I capitoli 22-23 di 2Re narrano il ritrovamento di un libro dimenticato nel tempio, il quale venne riconosciuto come una delle forme più alte del Deuteronomio. La storia di Giosia – il cui nome ha la stessa forma con-
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sonantica di Giosuè e Gesù – è emblematica per il popolo. Egli ascolta la Parola che viene letta dallo scriba e ad essa risponde con prontezza e fede operosa. Niente viene rimandato al futuro o alla claudicante iniziativa personale. Il re stesso, quale guida politica e spirituale del popolo, attua la grande riforma della religiosa yhavhistica. Il primo atto è la solenne lettura del libro (2Re 23): tutti ascoltano davanti al tempio di Gerusalemme e aderiscono all’alleanza. Si era alle porte della grande catastrofe dell’imminente esilio. Allo stesso modo si procederà al ritorno dall’esilio, davanti alle macerie del tempio con lo scriba Esdra (Nee 8). La lettura e meditazione della Legge è il minimo comune multiplo della storia di Israele, che in casi di successo e sconfitta ha nella Torah la propria vita. Il re Giosia è la guida perfetta, il conduttore ottimale, il fedele impeccabile, il ‘martello de-
gli eretici’. Inoltre, è l’ultimo vero re del popolo di Dio, dal momento che i suoi successori sono approssimativi e di idee poco religiose. Rimane un interrogativo: il motivo per cui Giosia muoia in battaglia a Meghiddo per mano di un re egiziano. Nella spiritualità religiosa ebraica ciò è incomprensibile, vista la congiunzione forte tra modo di vivere e di morire. Comunque, Giosia, rimane il sommo re che ha compiuto la più grande riforma religiosa in Giuda, pari solo a suo nonno Ezechia. Per chi volesse approfondire la sua statura religiosa può leggere la vicenda in 2Re e, in parallelo, l’intero Deuteronomio. Ogni gesto, de-
cisione e parola di Giosia, dei suoi ufficiali e del suo popolo sono l’applicazione delle grandi linee del quinto libro biblico. L’elogio del Siracide è testimone della grandezza di Giosia: ‘Il ricordo di Giosia è una mistura di incenso, preparata dall' arte del profumiere. In ognibocca è dolce come il miele, come musica in un banchetto. Egli si dedicò alla riforma del popolo e sradicò i segni abominevoli dell' empietà. Diresse il suo cuore verso il Signore, in un' epoca di iniqui riaffermò la pietà. Se si eccettuano Davide, Ezechia e Giosia, tutti commisero peccati’ (49,1-3).
il Portico
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detto tra noi Caccia all’usato di D. TORE RUGGIU
Tranquilli, non si tratta di acquisti di capi di abbigliamento o di vetture usate, ma di matrimoni o convivenze di seconda o terza mano, o anche oltre. Infatti, per quanto riguarda l’usato di prodotti, gli italiani se ne guardano bene. Un tempo, anche nei nostri paesi, c’era il mercatino della “roba americana”. E, nelle grandi città, i negozi dell’usato. E la gente comprava, perché a differenza di oggi (anche se molti piangono miseria), la maggioranza delle persone non poteva permettersi il lusso di acquistare nei negozi di abbigliamento nuovo, men che meno in quelli che esponevano capi firmati. Oggi le cose sono cambiate e, niente di male, per carità. Al contrario del vestiario o di altri oggetti, la scelta del marito o della moglie era definitiva e, spesso, il primo amore era anche l’unico. Non mancavano anche prima le eccezioni, ma si trattava per lo più di uomini o donne di potere, oppure del mondo dello spettacolo. Anche molti regnanti convolavano a nuove nozze con facilità. E non erano rari i tradimenti, così ci insegna la storia. Nel mondo dello spettacolo, tanto per fare qualche esempio, il famoso Stanlio ebbe otto mogli e, Charlie Chaplin 5. Tuttavia, nella mentalità comune, il matrimonio era considerato unico ed indissolubile. Qualcuno penserà che si tratta di una dottrina cristiana obsoleta, invece si tratta di un fatto naturale. Oggi non si capisce più nulla, c’è un campionario così variegato in questo campo, che ce n’è per tutti i gusti. Già quando inizia una convivenza stabile, o talora un matrimonio, i partner molto spesso (quasi sempre), non sono il primo e unico amore; precedentemente, infatti, ci sono state altre relazioni, per cui si può affermare, senza offesa per nessuno ma fotografando la realtà, che si tratta di merce usata. E qui, la parola “usato” non è un eufemismo ma si vuole intendere il significato letterale. Quando poi si convola a nuove nozze dopo separazioni e divorzi, e talora non solo una volta, il minimo che si può dire è che si tratta di “riciclaggio”. Plauto era spietato quando diceva: “la buona merce trova facilmente un compratore”. Non vi è dubbio che i mass media reclamizzino con faciloneria il nudo, la bellezza fisica con tutti i ritocchi, le storie di amore e i tradimenti di uomini e donne famosi. Tutto questo diventa lezione di vita, soprattutto per i giovani o per quelli che hanno pochi o nessun valore di riferimento, ai quali di fatto si dice: “divertiti e fai quello che vuoi”. E i valori etici? Beh, quelli lasciamoli alla Chiesa Cattolica purchè non si permetta di intromettersi in questioni che non la riguardano. E, invece, la riguardano…e come! Forse è giunto il tempo di fare molti passi indietro, ricuperando i valori quali la castità, la fedeltà coniugale, l’indissolubilità del matrimonio e simili. Ne avremmo tutti giovamento e, soprattutto, non cadremmo nel pericolo di considerare le cose più serie, come l’amore, merce da cercare nel mercatino dell’usato. Amen.
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il Portico
IL PORTICO DELLA DIOCESI
San Carlo Borromeo. la parrocchia fondata da mons. Pala si prepara alla festa patronale.
In un anno davvero ricco di doni la Provvidenza ha bussato più volte DON LUCA VENTURELLI
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A CINQUANTESIMA candelina è
stata spenta. È stato un anno ricco di grazie per le diverse cose che hanno riguardato la parrocchia. Le grazie in quest’anno si sono succedute e hanno coinvolto tutti. I lettori del Portico sono già a conoscenza delle diverse iniziative che si sono succedute durante lo scorso anno come le Quarantore caratterizzate dal fatto che la chiesa è rimasta aperta per tre giorni consecutivi, giorno e notte; oppure il San Karl Camp (il grest estivo che ha coinvolto circa 160 bambini); il campo scuola dei giovani della cresima o il pellegrinaggio giovani sulle orme di san Francesco, come anche il cineforum organizzato, da espertissimi critici del settore, per i giovani universitari per i quali è stata allestita anche un’aula studio. Una grazia tutta particolare è stato il recentissimo pellegrinaggio in Terra Santa, dove oltre a ripercorre i luoghi del Cristo abbiamo avuto la possibilità di ascoltare le testimonianze dei nostri fratelli cristiani del patriarcato latino. Testimonianze toccanti non solo perché hanno descritto cosa significa essere cristiani oggi in Medio oriente (essere minoranza, essere perseguitati e umiliati) ma anche perché per noi sono state una spinta a vivere la parrocchia in maniera
A La Verna con i ragazzi del Cammino neocatecumenale.
ancora più incisiva. Un anno che ha visto la parrocchia crescere anche nella carità. La Provvidenza ha voluto che l’Ordine di Malta, con la collaborazione di alcuni parrocchiani e della San Vincenzo parrocchiale, si rendesse disponibile ogni domenica per un invito a pranzo rivolto alle persone più bisognose. Una Provvidenza che ad oggi registra anche l’aumento dei bambini del catechismo, oltre 200, e la riapertura dell’Oratorio che vede il coinvolgimento di diversi bambini del catechismo e di giovanotti del post-cresima. Altra grazia per la parrocchia è quella di essere, grazie soprattutto al passa parola, punto di riferimento per quelle persone che desiderano “rimettersi in regola” dopo la fine di un matrimonio: è stato attivato un consultorio giuridico par-
rocchiale, legato alle cause di nullità. Queste in linea di massima le grazie che possiamo dire di aver ottenuto in quest’anno del cinquantesimo. Per prepararci alle date del 3 e 4 novembre abbiamo organizzato un triduo di preparazione nei giorni dal 29 al 31 ottobre dove il compito di offrici ulteriori spunti di riflessione è stato affidato a don Marco Galanti, cappellano militare dell’Aeronautica Militare della Sardegna. Don Marco ha proposto come temi di riflessione la carità, la preghiera e la sequela. Temi strettamente legati tra loro in quanto vivere uno solo di questi slegandolo dagli altri due non avrebbe alcun senso. Il triduo si è presentato particolare per una formula che è stata adottata, ovvero quello di ripetere l’intervento del predicatore, oltre che nella
Proposta una vera scuola diocesana di formazione
Continuano le proposte, da parte dell’Ufficio Catechistico della nostra Arcidiocesi, per la formazione di tutti coloro che vivono la missione di annunciatori della Buona Notizia: catechisti, educatori, animatori di gruppi e movimenti, operatori pastorali. Nel precedente numero del nostro settimanale diocesano è stata presentata la proposta del corso per animatori di catechisti, per coloro, cioè, che intendono formarsi con la specificità di divenire a loro volta formatori di altri catechisti, mettendo a servizio le proprie conoscenze e competenze. Questa volta viene, invece, presentata un’offerta di formazione aperta a tutti coloro che prestano il proprio servizio nelle comunità parrocchiali e in altre realtà della Diocesi e desiderano approfondire il proprio servizio ponendosi in attento ascolto di un mondo e, più
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nello specifico, di un territorio e di una società che sono in continua evoluzione e necessitano, dunque, anche da parte della Chiesa, una maggiore qualificazione nell’annuncio della proposta cristiana. L’Ufficio Catechistico, attraverso il corso di formazione diocesano, vuole offrire ai catechisti e a tutti coloro che vivono il compito affidato dalla Chiesa di annunciare il Vangelo, un percorso di formazione, prendendo in esame i grandi temi del Concilio Ecumenico Vaticano II, fondamentali nell’ambito della catechesi, inserita oggi in un contesto di Nuova Evangelizzazione. L’itinerario formativo proposto avrà una durata triennale, per un totale di quindici incontri l’anno, che si terranno il mercoledì, da gennaio ad aprile, a partire dal 15 gennaio 2014, presso i locali del Seminario Arcivescovile di Cagliari. Il percorso triennale sarà suddiviso in base alle tematiche: il primo anno, 2014, sarà dedicato
curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004
Direttore responsabile Sergio Nuvoli Editore Associazione culturale “Il Portico” via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Segreteria e Ufficio abbonamenti Natalina Abis- Tel. 070/5511462 Segreteria telefonica attiva 24h- su 24h e-mail: segreteriailportico@libero.it Fotografie Archivio Il Portico, Alessandro Atzori, Elio Piras Amministrazione via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Tel.-fax 070/523844 e-mail: settimanaleilportico@libero.it (Lun. - Mar. 10.00-11.30) Pubblicità: inserzioni.ilportico@gmail.com Stampa Grafiche Ghiani - Monastir (CA) Hanno collaborato a questo numero: Massimiliano Sira, Massimo Pettinau, Roberto Comparetti, Roberto Piredda, Carla Sitzia, Matteo Meloni, Sandra Cois, Pino Siddi, Andrea Busia, Silvano Bianco, Carlo Boi, Matteo Mazzuzzi, Fadi Rahi, Matteo Venturelli, Gianni Piras, Franco Camba, Tore Ruggiu, Michele Antonio Corona, Luca Venturelli, Davide Lai. L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a Associazione culturale Il Portico, via mons. Cogoni, 9 09121 Cagliari. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata (L. 193/03).
Abbònati a Il Portico
Un percorso triennale per tutti i catechisti DAVIDE LAI
messa del pomeriggio, anche in una Liturgia della Parola a tarda sera. Questo per venire incontro soprattutto ai lavoratori. Il momento più solenne sarà la celebrazione dell’eucarestia, il 3 novembre dopo la processione (a detta di qualche parrocchiano è la seconda volta che il santo esce dalla Chiesa per una processione nelle vie del quartiere), che sarà presieduta da mons. Pillolla. La celebrazione del 3 vedrà anche la partecipazione dei sacerdoti P. Moschetti e Mons. Pittau che nella pastorale ordinaria offrono il loro aiuto. Infine un ringraziamento tutto particolare a mons. Gavino Pala, per il tanto impegno come parroco fondatore per la costruzione materiale e spirituale di questa parrocchia. Come parroco di questo cinquantesimo posso solo dire che nella lettera inviata l’11 ottobre scorso a Papa Francesco per ringraziarLo dell’utilizzo della mia ford focus negli spostamenti del 22 settembre concludevo chiedendo tre benedizioni: una per il parroco fondatore, una per il sottoscritto e una per la comunità tutta affinché la parrocchia nei prossimi cinquant’anni possa essere luogo d’incontro e di partenza verso i più lontani.
domenicA 3 novembre 2013
alla “Educazione – Vangelo e Catechesi” prendendo in esame il Direttorio Generale per la Catechesi alla luce dei nuovi orientamenti proposti dalla Conferenza Episcopale Italiana “Educare alla vita buona del Vangelo”, ponendo in evidenza la centralità della persona, di Cristo, della Parola di Dio, nella catechesi. Ci si soffermerà inoltre sull’analisi della Costituzione dogmatica conciliare “Lumen Gentium”. Nel secondo anno, 2015, l’attenzione sarà rivolta verso “ La Liturgia fonte della vita spirituale dei battezzati”, riscoprendo il valore della liturgia e, in particolare, della celebrazione eucaristica domenicale. Nel 2016, terzo anno dell’itinerario, ci si dedicherà al tema circa “La promozione del Regno di Dio”, un percorso di approfondimento sui
lineamenti della dottrina sociale della Chiesa alla luce della Costituzione pastorale “Gaudium et Spes”. Gli incontri saranno costituiti da una relazione iniziale, nella quale verrà presentato il tema sul quale si baserà la riflessione e verranno offerte le chiavi di lettura per affrontare la lettura dei vari documenti. Seguirà, poi, la suddivisione in gruppi, nei quali si lavorerà attraverso la forma laboratoriale, guidati da un tutor e, per ultimo, una sintesi e condivisione da parte dei diversi gruppi. Terminato il percorso formativo triennale verrà rilasciato, inoltre, un attestato di frequenza. Le proposte formative offerte dall’Ufficio Catechistico Diocesano sono uno strumento attraverso il quale, preso coscienza dell’urgenza dell’annuncio, ci si impegna come Chiesa a crescere l’uno accanto all’altro per divenire autentici testimoni ed educatori qualificati, missionari della Parola di Dio all’interno delle nostre comunità, delle nostre famiglie, dei luoghi che quotidianamente ci vedono impegnati in diversi ambiti.
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