syndicom - il giornale

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N. 8 20 giugno 2014

il giornale

www.syndicom.ch Il sindacato dei media e della comunicazione

AZA 3001 Berna Cambi di indirizzo sono da inviare a: syndicom, Adressverwaltung, Monbijoustrasse 33, casella postale, 3001 Berna Contrat to collet tivo di lavoro

Media

Dirit to

syndicom impone una pausa I casi Rocchi e Giroud: la libertà di stampa alle trattative con la Posta sempre molto fragile

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Alla scoperta della Sardegna nel paese dei murales

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professione a rischio

Per i giornalisti più lavoro e sempre meno soldi

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© andrea tedeschi

Martedì 27 maggio syndicom ha informato i responsabili della Posta in merito alla sua intenzione di fare una pausa nelle trattative. Inoltre sospenderà temporaneamente i colloqui relativi al nuovo contratto collettivo di lavoro (CCL). Questa interruzione dev’essere sfruttata per ridiscutere approfonditamente i valori fondamentali del CCL e per sviluppare soluzioni a cui forniranno un notevole contributo sia la base sindacale che il personale della Posta. Dalla scorsa estate syndicom, in qualità di partner sociale, è impegnato in serrate trattative con i responsabili della Posta su un CCL che interessa oltre 40.000 dipendenti. Ora la direzione di syndicom, insieme alle direzioni regionali, è giunta alla conclusione che occorre fare una pausa nelle trattative per analizzare internamente, con occhio critico, i risultati raggiunti finora. Da una prima verifica sono emerse diverse problematiche ancora aperte relative a temi centrali. Con questa procedura syndicom intende anche sostenere e rafforzare la sua delegazione attiva nelle trattative e la direzione del settore logistica. syndicom sfrutterà al massimo le prossime settimane per discutere e consolidare le sue posizioni nell’ambito degli organi interni. Devono essere sviluppate soluzioni a cui possano contribuire, e che possano essere ampiamente accettate, la base sindacale e il personale della Posta. Inoltre è prevista, tra le altre cose, una conferenza aziendale della Posta a Berna in data 26 settembre 2014.

Percentuale di lavoro e maternità, un difficile equilibrio

Viaggi

syndicom - comunicato stampa ›alle pagine 4 e 5

DOSSIER ESCUELITA ZAPATISTA

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La libertà non si mendica, si conquista Il lungo cammino degli zapatisti e delle zapatiste verso l’autonomia: a vent’anni dall’insurrezione armata dell’esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln), e a trenta dalla sua costituzione, ecco che cosa hanno costruito attraverso quella che è tuttora una vera e propria lotta per i diritti e la dignità dei popoli indigeni messicani, costantemente nel mirino di governo e forze paramilitari. Il dossier di questo numero si basa sull’esperienza diretta all’interno dell’escuelita zapatista, organizzata nel gennaio scorso nei territori dello Stato del Chiapas dove vivono e resistono le comunità autonome. Reportage. ›continua alle pagine 2 e 3


2 | Dossier Escuelita zapatista

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l’autonomia secondo gli zapatisti e le zapatiste

La libertà non si mendica, si conquista continua da pag. 1

© catherine bar tocci © catherine bar tocci

Nel 2013 il movimento zapatista decide di organizzare una speciale scuola all’interno delle proprie comunità, perché reputa , dopo anni di silenzio sulla propria realtà da parte dei media “mainstream” occidentali e no, che sia giunto il momento di ascoltare dal vivo la loro storia. Gli zapatisti e le zapatiste invitano quindi tutti i gruppi, collettivi, intellettuali, militanti ecc. che nel corso di questi decenni hanno condiviso o appoggiato la loro lotta a raggiungerli nei territori che essi hanno occupato nel filo degli anni. Questa esperienza ha raccolto, sin dalla sua nascita, una vasta solidarietà internazionale, migliaia di persone da decenni si recano in Chiapas, Messico, come testimoni o per portare avanti dei progetti; vengono organizzate campagne per la liberazione degli innumerevoli prigionieri politici. È di fine maggio la notizia dell’assassinio del compagno maestro Galeano da parte di paramilitari nel caracol della Realidad: dove a partire dal 4 giugno è stato organizzato un accampamento civile per la pace. Per ricostruire la scuola e la clinica distrutte dal braccio armato del malgoverno è stata lanciata una raccolta di materiale e fondi, perché “non importa quanto distruggerete, costruiremo sempre di più”. Per l’importante esperienza dell’escuelita, ognuno è stato ospitato in una famiglia delle comunità autonome e accompagnato da un votan, guardiano/a, durante i cinque giorni di permanenza all’interno dei villaggi. Questa escuelita è stata pensata come primo livello a cui ne seguiranno altri nei prossimi anni. Vista la grande richiesta di partecipazione, ne sono state organizzate in tutto tre a cavallo tra l’estate 2103 e l’inverno 2104. Questo tipo di esperienza è unico nel suo genere, e personalmente mi ha attirato per la possibilità di conoscere direttamente nella loro quotidianità gli/ le zapatisti/e. Per accedere ai loro territori, considerando che sono comunità in resistenza, bisogna sempre avere l’avallo delle loro “autorità”: potere vivere con loro questo tipo di esperienza è stato dunque un privilegio. Per chi fosse interessato a saperne di più o volesse partecipare alle iniziative legate al movimento zapatista: Collettivo zapatista Marisol, Lugano czl.noblogs.org; Pirata (Piattaforma internazionalista per la resistenza e l’autogestione tessendo autonomie) lapirata. indivia.net oppure contattare il Csoa il Molino, Viale Cassarate 8, 6900 Lugano, molino@inventati.org.

Il subcomandante Marcos ha annunciato la sua “scomparsa” a fine maggio, dopo più di 20 anni alla guida delle Ezln, perché dopo i corsi della escuelita zapatista, sono le sue parole “ci siamo resi conto che oramai c’era già una generazione che poteva ascoltarci e parlarci senza bisogno di una leadership: semplicemente il mio personaggio non era più necessario”. Comunque Marcos lo aveva detto, e a lui non piace dire che l’aveva detto..., “credetemi, lo dico per esperienza diretta, quello che più si impara qua, è domandare. E ne vale la pena”. Ne vale la pena, soprattutto, perché è la prima volta che un movimento rivoluzionario realizza un progetto di questo tipo. L’hanno chiamata escuelita zapatista, non ci sono né aule né lavagne, né verranno dati dei voti. “Abbiamo aperto una porta – dice il “sup” – e vi abbiamo invitato a entrare...”. Le giornate in comunità cominciano molto presto, in particolare per le

donne, che troviamo già alle 4 di mattina nelle cucine annerite dal fumo a preparare “tortilllas”, con l’immancabile pentola di caffè sul fuoco. Si dà una mano a macinare il mais, dopo qualche tempo spunta il resto della famiglia e si consuma il primo pasto insieme. Nell’aria le note diffuse da Radio insurgentes, il media delle comunità, che dalle 5 di mattina comincia con il suo palinsesto fatto di lezioni sulla storia russa o di canzoni contro il malgoverno (così lo chiamano gli zapatisti) messicano. Il mio sguardo corre da un angolo all’altro della piccola casa di legno: nelle relazioni familiari, e di riflesso in tutta la società zapatista, ci si sforza di promuovere una nuova cultura politica, gli uomini collaborano al lavoro domestico, che continua comunque a ricadere per la maggior parte sulle donne; essi badano ai figli quando le loro compagne escono dalla comunità per svolgere mansioni di autorità. La notte pian piano scivola via, è l’ora del lavoro, collettivo chiaramente. Gli uomini si dirigono alla milpa (campo di mais o fagioli) dove passeranno buona parte della giornata. Le

Il movimento zapatista nello scorrere del tempo 1994 . gennaio Insurrezione indigena nello Stato messicano del Chiapas. Il fino ad allora sconosciuto Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln) si ribella all’entrata in vigore del trattato di libero scambio tra Usa, Canada e Messico (Nafta). Nella Prima dichiarazione della Selva Lacandona dichiara guerra al governo neoliberista di Salinas esigendo libertà, democrazia e giustizia per tutti i messicani. 1995 . gennaio L’Ezln lancia la Terza

comunità possiedono terre proprie, grazie all’esproprio, che coltivano assieme. L’economia collettiva costituisce una base importante nella loro vita: le famiglie non toccano l’economia capitalista, esse sfiorano appena il mercato. Producono tutti i loro alimenti e quello che non producono (sale, olio, sapone, zucchero) lo comprano nei negozi zapatisti. Le eccedenze familiari e comunitarie le investono in bestiame e quando c’è bisogno, per la salute o per la lotta, ne vendono alcuni capi. A Puebla, piccola comunità di una dozzina di case costruite su di una placida collina circa dieci anni fa, ogni giorno, insieme, impariamo lavorando, dormendo e mangiando sotto lo stesso tetto, nelle stesse condizioni, calpestando la stessa terra e bagnandoci nella stessa pioggia. Qui si fa una vita umile, dura, forte di dignità e determinazione. Nella selva ci si organizza collettivamente: “tutto per tutti/e, niente per noi”. Perché si sa che solo “unido el pueblo jamas serà vencido”. Ed è unito che il villaggio ha costruito la propria autonomia: economica, di salute, di educazione e di potere, un’autonomia integrale che abbraccia tutti gli aspetti della vita a partire dalla salute e dall’educazione. La comunità sceglie chi insegnerà ai propri figli e figlie (promotori/trici di educazione) e chi si occuperà della salute (promotori/trici di salute). In ogni comunità c’è una scuola e un ambulatorio (o clinica) dove convivono parteras (levatrici), hueseras (aggiusta-ossa) e hierberas, coloro che si specializzeranno nella conoscenza delle piante medicinali. In un pomeriggio di sole, addossati alle pareti della scuola, aspettiamo che vengano accordati gli strumenti: seguiranno delle canzoni rivoluzionarie. Qui si parla tutti/e insieme, la partecipazione viene incoraggiata, indipendentemente dal genere: le parole sono armi, le tue, le mie, le nostre. L’integrità e la dignità sono valori imprescindibili per gli zapatisti e le zapatiste: solo così si riescono a sconfiggere le politiche sociali “contrainsurgentes” governative, che sono il modo usato da quelli in alto per dividere e sottomettere i popoli che si ribellano. Vicino a ogni comunità zapatista ci sono altre comunità affini al malgoverno, con le loro casette di mattoni, che ricevo-

no sussidi e quasi non lavorano la terra. Migliaia di famiglie hanno ceduto e hanno accettato i regali dall’alto. Ma la cosa eccezionale è che altre migliaia vanno avanti senza accettare niente. Non si conosce un altro processo, in tutta l’America latina, così fermamente militante, che possieda una tale chiarezza politica e un’inesauribile capacità di sacrificio. Si è fatta sera e al fioco lume di una candela mi sforzo di leggere ancora un capitolo dei manuali redatti dai compagni e dalle compagne zapatiste per questa escuelita dal titolo La libertà secondo gli zapatisti e le zapatiste,

dichiarazione della Selva Lacandona, in cui propone alla società civile la formazione di un movimento per la liberazione nazionale. . febbraio Offensiva dell’esercito federale nei territori zapatisti. . marzo Il dialogo riprende in aprile con sede a San Andrés. . agosto-settembre L’Ezln indice una consultazione nazionale e internazionale per definire il destino della sua lotta. Più di un milione di persone si pronuncia a favore di una lotta politica, non armata.

1997 . gennaio L’Ezln annuncia che non ritornerà al tavolo delle trattative fino a quando il governo non rispetterà gli accordi di San Andrés. 1998 . febbraio Una Commissione civile internazionale per l’osservazione dei diritti umani evidenzia in un rapporto: 1) un’intensa militarizzazione dello Stato del Chiapas, 2) l’impunità con cui governo ed esercito violano i diritti umani, 3) la miseria strutturale degli abitanti indigeni, 4) l’assenza di volontà politica del governo per arrivare a un accordo di pace.


Escuelita zapatista Dossier | 3

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la nascita dei caracoles

Una vera democrazia partecipativa

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Quando nel 2003 il governo messicano tradì gli accordi di San Andrés, non riconoscendo di fatto i diritti dei popoli indigeni, gli zapatisti e le zapatiste rinunciarono a riprendere le armi, ma continuarono a costruire l’autonomia nei territori ribelli. Oppressi per secoli e calpestati dai governi degli ultimi decenni, gli indigeni hanno sempre lottato al di fuori dei partiti politici, poiché li considerano incapaci di rispondere ai reali bisogni della popolazione. In Messico, come nella maggior parte delle democrazie occidentali, si assiste a una crisi della rappresentanza politica, che appare sempre più legata imprescindibilmente a diktat economici e finanziari. La vita quotidiana nelle comunità zapatiste è sinonimo di difesa dei propri diritti che uomini, donne e bambini/e sono riusciti a tradurre in un nuovo modo di “fare” società. L’esperienza zapatista è un esempio di democrazia partecipativa, dove tutta la comunità contribuisce alla presa di decisioni.

Petra Demarchi è correttrice di bozze. Fa parte del Collettivo zapatista Marisol ed è un’attivista del Csoa il Molino di Lugano.

2000 . dicembre In Chiapas l’Ezln chiede tre segnali al governo per ricominciare il dialogo di pace: 1) l’approvazione di una legge che assuma gli accordi di San Andrés, 2) la libertà per tutti i detenuti politici zapatisti, 3) lo smantellamento di almeno 7 basi strategiche dell’esercito sulle 259 presenti nella zona del conflitto. 2001 . marzo Il 28 marzo, in una sessione storica, l’Ezln, la comandante Esther e rappresentanti del Congresso nazionale indigeno prendono la parola in parlamento. Poche settima-

Nelle immagini (a partire dal centro in senso orario): . donne e bambini imbandiscono la tavola con tortillas, fagioli e chayote, si mangerà e condividerà tutti assieme questo momento di festa; . due hierberas, conoscitrici delle piante medicinali, preparano le erbe per curarsi tradizionalmente all’interno della comunità; . un giovane zapatista impara le tecniche di allevamento collettivo di bestiame; . al lavoro nella milpa (campo di fagioli e mais) di Puebla, villaggio del municipio Francisco Gomez, Caracol III della Garrucha, Chiapas, Messico . murale

ne dopo il Congresso della Repubblica approva una riforma costituzionale che ignora il contenuto degli accordi di San Andrés e rappresenta una beffa per i popoli indigeni messicani. 2003 . agosto Nascono i Caracoles (v. correlato). Si formalizza pubblicamente l’autonomia zapatista. 2005 . giugno Viene diffusa la Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona che propone una campagna nazionale per un programma di lotta nuovo e per una nuova costituzione. 2006 . 1° gennaio Inizia il lungo

© catherine bar tocci

che sicuramente è costata loro tanto tempo e tanta energia... ma, si sa, quello che viene preso in considerazione nelle montagne del Sudest messicano, per dirla ancora con Marcos, non sono “i curricula accademici né i calendari di anzianità, qui contano i cuori”. Un grazie a tutte le zapatiste e a tutti gli zapatisti, da trent’anni in resistenza costruendo autonomia. Per la libertà.

I 7 PRINCIPI DEL BUON GOVERNO ZAPATISTA . Proporre, non imporre . Rappresentare, non soppiantare . Costruire, non distruggere . Obbedire comandando . Umiltà, non arroganza . Convincere, non vincere . Servire, non servirsi

È in atto un processo irreversibile di riorganizzazione a partire dal basso dei popoli e del territorio, un vero e proprio esercizio dell’autonomia. L’architettura democratica dell’autogoverno nei territori zapatisti è suddivisa su tre livelli: autorità comunali, municipali e giunte di buon governo dei cinque Caracoles (I Oventic, II Roberto Barrios, III La Garrucha, IV Morelia e V La Realidad, questi i loro nomi) in cui è suddiviso l’intero territorio controllato dagli zapatisti. Non esistono politici di professione, si segue il principio secondo il quale ogni persona possiede le capacità per assumere ruoli decisionali nella gestione collettiva e le varie cariche vengono ricoperte a rotazione. Le comunità nominano le proprie autorità locali che, a seconda delle esigenze di uomini donne e bambini/e, devono adempiere a precisi mandati, consci che se non li soddisferanno la loro designazione verrà revocata, secondo il principio “il popolo comanda e il governo obbedisce”. Per la giunta di buon governo, la durata della carica varia fra i tre mesi e un anno, a seconda delle modalità decise nei cinque diversi caracoles. A controllare l’operato della giunta vi è la commissione di vigilanza, eletta coi medesimi principi: essa controlla che vengano rispettati i compiti assegnatile dalle assemblee nei tempi indicati. Una forma di autogoverno che gli zapatisti stanno difendendo strenuamente.

viaggio zapatista dell’Altra Campagna per incontrare gruppi e persone disposti a portare avanti con la società civile, al di fuori di tutti i partiti politici, questa nuova e difficile sfida. 2008 . gennaio Entra in vigore l’ultimo capitolo del Nafta: apertura totale della frontiera messicana all’importazione di mais, fagioli, zucchero di canna e latte in polvere che dà il colpo di grazia alla già stremata agricoltura messicana. 2010 . dicembre L’insurrezione dell’Ezln compie 17 anni senza che le

sue richieste siano state soddisfatte da 4 successivi governi federali e 6 amministrazioni statali. 2011 . agosto I diritti collettivi dei popoli indigeni sono “seriamente minacciati da progetti e piani governativi che fomentano il saccheggio del territorio per interessi estranei ai suoi abitanti ancestrali” afferma il Frayba, centro per i diritti umani. . dicembre L’Ezln diventa maggiorenne. Una maturità politica rappresentata dal lavoro quotidiano di più di mille comunità indigene che organiz-

zano la propria autonomia e libertà. Nelle 5 regioni del Chiapas dichiarate in ribellione continua a esserci un esercito regolare armato che non usa le armi perché è vigente l’impegno per la pace stipulato con la società civile nelle prime settimane del 1994. 2013-2014 agosto-gennaio Viene organizzata la prima “escuelita zapatista” che, vista la grandissima partecipazione, è ripetuta a tre riprese, con un’affluenza totale di migliaia di persone provenienti da tutto il mondo.


4 | Dai settori Posta

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condizioni di lavoro

scenari

È lecito imporre ai propri lavoratori degli obiettivi strategici sotto forma di obiettivi di vendita, come fa la Posta? Il diritto del lavoro svizzero ammette in linea di massima la definizione di obiettivi strategici. Questi ultimi rappresentano infatti una forma di esercizio del diritto d’impartire istruzioni da parte del datore di lavoro. In virtù di questo diritto, il superiore è autorizzato a concretizzare unilateralmente il contenuto del contratto di lavoro. Il diritto d’impartire istruzioni non gli accorda però il potere di modificare unilateralmente il contenuto del contratto. Nell’esercizio del diritto d’impartire istruzioni si devono inoltre tenere presenti diverse restrizioni.

Di quali restrizioni si tratta in concreto? Il diritto d’impartire istruzioni trova i propri limiti innanzitutto nel diritto pubblico come ad esempio le disposizioni protettive della Legge sul lavoro concernenti durata del lavoro, durata del riposo e aspetti analoghi, il Codice penale e la Legge federale sulla circolazione stradale, così come le norme del diritto privato. Per questo motivo non è obbligatorio dare seguito per esempio a istruzioni illegali e immorali. Il diritto d’impartire istruzioni è poi limitato dal diritto della personalità del lavoratore e dal dovere di assistenza del datore di lavoro. Restrizioni al diritto d’impartire istruzioni scaturiscono inoltre dai singoli contratti individuali di lavoro, laddove si annidano spesso problemi di delimitazione tra istruzione giustificata e illecita modifica del contratto unilaterale. Chi da contratto è assunto per esercitare una determinata professione, non ha l’obbligo di attenersi all’istruzione di svolgerne un’altra in futuro. Questo principio vale anche per le mansioni supplementari che devono essere conferite tramite istruzione: non essendo gli obiettivi strategici supporta-

ti da un consenso delle parti contrattuali, il datore di lavoro non è autorizzato a imporre obiettivi che esulino dall’attività concordata in origine.

Gli obiettivi strategici della Posta – oltre a richiedere l’adempimento degli effettivi doveri centrali – impongono ai dipendenti il disbrigo di mansioni come l’apertura di conti postali, la fornitura di consulenze PostFinance, la stipulazione di assicurazioni viaggi e contratti di abbonamento di telefonia mobile. Ma allora costituiscono una trasgressione alle restrizioni di cui si parlava prima? La situazione dà adito a qualche dubbio. In particolare viene spontaneo chiedersi se gli obiettivi concernenti la stipulazione di assicurazioni viaggi e contratti di abbonamento di telefonia mobile possano definirsi ancora concretizzazioni lecite del contenuto del contratto o se non si tratti piuttosto di un’illecita modifica unilaterale del medesimo, il che rappresenterebbe una violazione delle restrizioni indicate. In ultima analisi, tuttavia, è possibile dare una risposta pertinente alla questione solo conoscendo i singoli contratti di lavoro. Nella fattispecie si dovrebbe poi verificare se gli obiettivi strategici non pongono i dipendenti di fronte a pretese eccessive con la conseguente insorgenza di fenomeni di stress e problemi di salute. Il dovere di assistenza del datore di lavoro gli impone infatti di proteggere la salute dei propri dipendenti. Le istruzioni che compromettono potenzialmente la salute dei lavoratori violano il dovere di assistenza e possono pertanto motivare un obbligo di risarcimento dei danni da parte del datore di lavoro.

Quali conseguenze può avere il mancato raggiungimento delle cifre commerciali? I lavoratori sono tenuti per definizione a prestare con diligenza la propria attività, ma non a garantire un determinato risultato

sul lavoro. L’obiettivo strategico raggiunge pertanto il limite delle proprie possibilità nel momento in cui viene utilizzato per motivare un obbligo dei dipendenti a produrre un determinato risultato sul lavoro. Per fare un esempio concreto riferito al caso in questione, se l’obiettivo dovesse menzionare la vendita di un determinato numero di prodotti o la stipulazione di un determinato numero di transazioni giuridiche. Questi obiettivi strategici non devono però essere liquidati come illeciti, ma qualificati piuttosto come “auspici” del datore di lavoro. Il raggiungimento degli obiettivi può infatti avere ripercussioni su un eventuale salario di produttività, ma non creare alcun obbligo per i lavoratori di raggiungere la cifra di vendita postulata. L’obiettivo strategico deve considerarsi vincolante solo e unicamente nella misura in cui i lavoratori interessati sono chiamati a focalizzare i propri sforzi sul raggiungimento del risultato auspicato senza tuttavia esserne in alcun modo obbligati. In questa ottica si deve anche interpretare la questione delle eventuali conseguenze derivanti dal mancato raggiungimento degli obiettivi strategici: il semplice fatto di non centrare le cifre commerciali previste (numero di prodotti venduti o contratti stipulati) non rappresenta di per sé una violazione di un obbligo e pertanto non è sanzionabile dal diritto del lavoro. Il datore di lavoro è però autorizzato a valutare nell’ambito di colloqui le cause del risultato non in linea con le aspettative. E, solo qualora la valutazione delle cause dovesse evidenziare che il mancato raggiungimento degli obiettivi strategici è riconducibile a una violazione del dovere di diligenza o di fedeltà da parte del lavoratore, potrebbero prospettarsi delle sanzioni di diritto del lavoro.

Intervista: Martin Scheidegger, segretario della divisione giuridica

Non una semplice pausa ma anche un momento di La scorsa settimana syndicom ha comunicato ai responsabili della Posta che intendeva introdurre una pausa nelle trattative CCL. Il presidente del sindacato, Alain Carrupt, in un’intervista online, spiega le ragioni di tale decisione e invita la Posta ad utilizzare questa interruzione come pausa di riflessione. syndicom: La settimana scorsa syndicom ha temporaneamente interrotto con la Posta i negoziati per il CCL. Quali sono i motivi che hanno spinto il sindacato a prendere tale decisione? Alain Carrupt: In occasione dell’incontro per l’apertura delle trattative CCL, nell’agosto dello scorso anno, nel mio discorso dichiarai: «Syndicom dice sì ai cambiamenti, ma no ai peggioramenti». Ciò per noi è ovvio! Nel frattempo dovrebbe essere diventato chiaro anche per la Posta. Le modifiche della forma giuridica e la nuova struttura societaria della Posta non debbono mai costituire un pretesto per peggiorare le condizioni di lavoro del personale. Dissi pure: «Ora ci aspettiamo anche dalla Posta un approccio ragionevole e trasparente. Essa deve con rapidità dimostrare al proprio personale che non considera i cam-

biamenti alla stregua di uno smantellamento». È su questa base che abbiamo valutato i risultati intermedi nelle trattative CCL e siamo giunti alla conclusione che dobbiamo riconsiderare internamente le nostre posizioni nei minimi particolari, poiché molte questioni in ambiti importanti sono rimaste insolute.

Concretamente, i problemi da cosa dipendono ? Ci aspettiamo che il CCL venga applicato al maggior numero possibile di dipendenti della Posta. È importante che si possano garantire le condizioni di lavoro e la protezione ai lavoratori e alle lavoratrici della Posta. Ciò implica anche l’uguaglianza di trattamento fra il personale conducente degli imprenditori postali privati e quello di PostAuto Sviz-

© Kl aus Rózsa/photoscene. ch

Una pressione insostenibile

Rete postale & vendita

Nervi a fior di pelle dietro lo sportello C’è movimento in casa confederale: dai giornali si apprende l’intenzione di trasformare gli uffici postali in negozi misti. Hanno fatto parlare di sé anche gli obiettivi di vendita, che gravano sui dipendenti postali agli sportelli. Abbiamo voluto approfondire la questione. Nina Scheu Sembra che ci siano dipendenti agli sportelli che comprano per sé i prodotti che dovrebbero vendere, e in quantità copiose, per raggiungere gli altissimi obiettivi di vendita dettati dall’alto. Almeno così hanno riferito nelle ultime settimane il Sonntagsblick, il Blick e 20 Minuten. E così succede che gli impiegati si comprano

padelle, gomme da masticare ma anche abbonamenti natel e assicurazioni di viaggio. In effetti a qualche dipendente sembra di essere un venditore di un bazar anziché un dipendente della vecchia Posta. Qui non è in discussione il fatto che la Posta voglia compensare i profitti in calo del trasporto lettere e pacchi offren-

do altri prodotti. Bisogna considerare infatti che un franco su tre proviene già da queste vendite supplementari. E questo dato di fatto serve come argomentazione che questa vasta gamma di prodotti offerti costituisce un contributo sostanziale al mantenimento dei posti di lavoro. L’immagine dell’accogliente uffi-

cio postale dove gli abitanti del paese insieme alle lettere portavano anche gioie e preoccupazioni di tutti i giorni è un po’ che appartiene al passato. Molti clienti ora fanno fatica a esprimere la propria opinione sui forum online dei giornali. Ma esistono anche molti dipendenti postali che si sentono pressati da queste nuove mansioni. Essi sono stati formati come professionisti dei servizi postali, e ora dovrebbero vendere ai propri clienti padelle per friggere, biglietti della lotteria e assicurazioni viaggio. È vero che la Posta

offre corsi di perfezionamento, ma questo cambiamento è comunque difficile, talvolta. Thomas Geiser, professore di diritto all’Università di San Gallo, commenta: «Al personale si possono affidare soltanto compiti che sono stati concordati nel contratto di lavoro. Naturalmente le aspettative possono cambiare nel tempo. E allora bisogna adeguare il contratto a questa nuova realtà, ma solo dietro il reciproco consenso». La domanda da porsi è piuttosto come si potrebbero affrontare questi problemi: «Se non si raggiunge un accordo, vanno consultati i sindacati. Essi aiuta-


Logistica Dai settori | 5

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zera SA. A questo proposito mancano ancora proposte concrete. Fondamentale per noi nel nuovo CCL è anche una giusta protezione contro il licenziamento. L’attuale discussione a proposito della pressione esercitata sul personale addetto alla vendita agli sportelli dimostra quanto sia importante una buona protezione. Infine, dal nuovo CCL ci aspettiamo che contempli misure efficaci per meglio conciliare la vita professionale con quella familiare. Inoltre, in queste ultime settimane, la delegazione dei negoziati ci ha informato su diverse conclusioni per le quali non è ancora stata trovata una soluzione soddisfacente: riguardano le indennità per il lavoro notturno e domenicale, le pause, la regolamentazione delle vacanze e i premi di fedeltà. Si tratta di temi che interessano, e preoccupano, molti dei nostri membri.

Ci sono state anche altre ragioni? In effetti, in questa fase delicata delle trattative, i dirigenti della Posta hanno lanciato segnali nella stampa domenicale, che abbiamo dovuto seriamente prendere in considerazione. La direttrice generale della Posta, Susanne Ruoff, il 9 marzo sul giornale Schweiz am Sonntag ha annunciato, per esempio, che a causa del ridotto volume di lettere, «nei prossimi cinque anni spariranno migliaia di posti di lavoro». Peter Hasler, membro del Consiglio di amministrazione, una settimana più tardi, sullo stesso giornale, ha lasciato intendere che gli attuali lavoratori dovranno in futuro pagare contributi più elevati alla Cassa pensione.

Che cosa ne pensa il personale della pressione che la vendita agli sportelli esercita su di loro? Votare su: www.syndicom.ch Intervista ad Alain Carrupt sul ’Blick’: http://www.blick.ch/news/ wirtschaft/kampfansagepoestler-drohen-mit-streikid2896592.html

cosciente del fatto che questa discussione solleverà delle controversie, noi dovremo portarla avanti. Il nostro obiettivo comune è, e rimane, quello di concludere con la Posta un buon CCL, che i nostri membri e tutti i dipendenti della Posta approvino largamente.

syndicom intende fare pressione sulla Posta? La pausa nelle trattative è un segnale lanciato alla Posta, affinché si prenda il tempo di riflettere se la sua strategia è quella giusta. Possiamo vantare una lunga tradizione di partenariato sociale con la Posta, con alti e bassi. In passato siamo riusciti a risolvere le nostre divergenze d’opinione. Sfrutteremo questa pausa anche per preparare una mobilitazione. Per noi è importante che anche i nostri membri si adoperino per un buon CCL.

I media hanno parlato di minacce di sciopero.

syndicom ha temporaneamente interrotto i negoziati. E ora che succederà?

Uno sciopero non può mai costituire in sé un traguardo. È l’ultima spiaggia, nel caso in cui i colloqui falliscano e i nostri membri non intravedano nessun’altra soluzione alternativa alla lotta. Saranno i membri a decidere, quando arriverà il momento, non il sindacato.

Gli organi interni di syndicom analizzeranno la situazione e decideranno la via da seguire. Sono

Intervista: Bruno Schmucki

no nel caso singolo ma fanno anche sì che vengano rispettate le condizioni generali».

Controllare va bene, fidarsi sarebbe meglio Spesso i problemi riguardano i rapporti interpersonali: «La grande sfida delle aziende di oggi è stabilire una cultura del buon senso tra i superiori e i dipendenti». Secondo il professore anche qui è compito dei sindacati segnalare i disagi. D’altronde fa poco senso se un superiore impone degli obiettivi non realistici. In questo modo gli obiettivi non vengono percepiti

come incentivi o sostegno, come avevano concepito i teorici economici tanto tempo fa, ma come imposizioni arbitrarie e stress. Tuttavia il problema è in diretta relazione anche con la politica, afferma Thomas Geiser: «Negli ultimi anni a volte sono state prese decisioni totalmente non coordinate, che hanno avuto conseguenze ampie e talvolta anche contraddittorie». Anche qui spera nei sindacati, che non devono smettere mai di criticare questi errori. «La questione ci occuperà ancora per molti anni», ecco la sua conclusione finale.

Una meritata pensione Non è una barzelletta, Hampi Graf alla fine di giugno se ne va e diventa “un pensionato”, non senza aver destato gran stupore, perché in realtà sembra più giovane e pensa giovane – e perché lui in tutti questi anni era sempre sulla breccia: dava informazioni, elargiva consigli, imprecava, organizzava, scriveva, urlava, si arrabbiava, negoziava, rideva, esclamava, lottava. Hampi è un sindacalista, attivo presso la Federazione Svizzera dei Tipografi (FST) sin dall’inizio, dal 1968, – vi si era iscritto due settimane dopo aver iniziato a lavorare come apprendista tipografo – poi presso il Sindacato del Libro e della Carta, in seguito a comedia e syndicom. No, non ha cambiato continuamente sindacato, è rimasto fedele al suo, quello che grazie alla sua fattiva collaborazione e a varie fusioni si è trasformato, poiché anche l’industria grafica, nella quale oggi la figura del “tipografo (compositore)” non è più contemplata, ha vissuto sostanziali trasformazioni. La vita sindacale di Hampi fa parte di un emozionante periodo di storia del sindacato. Però gli eventi dovete farveli raccontare da lui personalmente, solo lui può descriverli in modo così colorito – beh, non proprio a partire dai monaci amanuensi fino alla stampa digitale! ma dalle lotte spontanee degli apprendisti attraverso “Tat”, Tamedia e Swissprinters fino alle lotte per un CCL. Un tema costante in questi anni è stata la lotta per l’orario di lavoro: nel 1977 il suo sindacato FST è stato il primo sindacato svizzero a lottare per la settimana di 40 ore lavorative, divenuta poi realtà nel 1979. La riduzione dell’orario di lavoro è rimasta una preoccupazione di Hampi e del suo sindacato, tuttavia, negli anni 90, la realizzazione del passo successivo, la settimana di 35 ore di lavoro, non ha trovato terreno fertile. Nei suoi ultimi “round” contrattuali del 2013 Hampi ha dovuto assistere inerme a parziali falle nella settimana di 40 ore. La sua attività nel sindacato dell’industria grafica, che negli anni 70 era un vero e proprio “rompighiaccio” per una politica sindacale progressista, dopo gli anni in cui si sopprimevano posti di lavoro e molte aziende chiudevano, non ha più potuto agganciarsi alle lotte di successo precedenti. Hampi ha vissuto intensamente e in prima linea l’alternarsi di lotte entusiasmanti e brucianti sconfitte, facendo parte delle delegazioni con il compito di condurre le trattative per i CCL, partecipando a numerosi scioperi per le rivendicazioni CCL,

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© Kl aus Rózsa/photoscene. ch

nei negoziati, riflessione

bacheca Pausa nei negoziati CCL Posta: discuterne ora su http://syndicom.forumieren. org

contro la chiusura delle imprese e per rivendicazioni aziendali. Non so presso quanti datori di lavoro del suo settore egli abbia lavorato. Certo è che il 1º maggio (!) del 2001 Hampi è stato nominato coordinatore regionale di comedia a Zurigo e segretario responsabile nella “sua” industria grafica. In questo nuovo ruolo le sue già trentennali esperienze sindacali, aziendali e professionali, come pure le sue conoscenze e l’esperienza negli scioperi sono state un sostegno fondamentale per le commissioni aziendali, i membri e i giovani segretari. Nel 2005 Hampi è stato chiamato a Berna, in seguito alla sua nomina a Segretario centrale per l’industria grafica e quale membro del Comitato direttivo di comedia. Ha sorpreso molti di noi: Hampi, lo zurighese incallito e tifoso dell’FCZ, ha persino traslocato a Berna – in questo però è stato soprattutto l’amore (non lo YB) a giocare il ruolo più importante… Dopo la nascita di syndicom egli è rimasto fedelmente legato ai suoi “grafici” anche negli ultimi tre anni. Caro Hampi, faremo di tutto per mantenere in futuro il livello di tutto ciò che tu hai risolto, organizzato e di cui ti sei preso cura. Medaglie al merito o dell’Ordine di Lenin non ne conferiamo, ma ti ringraziamo per tutto quello che hai fatto e per il lavoro svolto, in questi molti anni, nel sindacato. Ci auguriamo che, dopo questa tua decennale assidua attività, ti rimanga ancora tanta energia per lottare per la giustizia nel mondo (del lavoro)!

Roland Kreuzer, responsabile del settore Media e membro del Comitato direttivo


6 | Dai settori Telecom

syndicom | N. 8 | 20 giugno 2014

comunicazione e finanza

Fine della lotta tra i vari offerenti per aggiudicarsi local.ch

La battaglia per assumere il possesso di Publigroupe ha avuto una svolta sorprendente. syndicom accoglie con favore l’intesa raggiunta da Swisscom e Tamedia che prevede di riunire le società di servizi local.ch e search.ch in un’affiliata comune e porre così termine alle speculazioni in Borsa. Per syndicom è dunque palese che la futura azienda debba essere assoggettata al CCL local.ch. Giorgio Pardini «Nell’interesse dei lavoratori di local.ch, l’integrazione completa in Swisscom rappresenta l’unica soluzione valida», queste le parole pronunciate il 20 maggio scorso da Giorgio Pardini, responsabile del settore Telecom/IT in syndicom. Il sorprendente comunicato di oggi che annuncia la fusione di local.ch con search.ch in un’affiliata gestita su base congiunta da Swisscom e Tamedia viene accolta con favore da syndicom. La chiara struttura della proprietà con una maggioranza azionaria del 69 per cento a Swisscom offre ai dipendenti di local.ch e search.ch buone prospettive future di essere tutelati dal CCL local.ch e approfittare così di buone condizioni di lavoro. In vista della fusione di search. ch con local.ch, syndicom chie-

de a Tamedia e Swisscom di onorare la propria responsabilità sociale nei confronti dei lavoratori e di non procedere ad alcuna soppressione di posti di lavoro. Tutti i collaboratori di search. ch e local.ch dovranno essere assunti a condizioni equivalenti nella futura azienda comune. syndicom avvierà con Swisscom e Tamedia trattative sulle modalità di trasferimento con l’obiettivo di trovare valide soluzioni per tutti i lavoratoratori e le lavoratrici. syndicom intrattiene con Swisscom un partenariato sociale costruttivo sin dalla sua fondazione, con un ottimo contratto collettivo di lavoro e diritti di partecipazione esemplari. Altrettanto positivi possono considerarsi i rapporti di syndicom con le parti sociali di local.ch.

Ringier compensa la sua partecipazione in JobCloud SA Si considerino solo le tempistiche. Nella lotta tra Tamedia e Swisscom per accaparrarsi Publigroupe e il suo appetibile servizio di fornitura di elenchi telefonici on line local.ch (v. a fianco) non si può che rimanere sorpresi dal susseguirsi dei relativi annunci. Lunedì 26 maggio trapela che Ringier compensa la sua partecipazione in JobCloud SA tramite un pagamento nell’ordine di 59 milioni di franchi, ritornando così a detenere una quota del 50% a decorrere dal 30 giugno 2014. Questa società gestisce in particolare jobs.ch e jobup.ch, due redditizi portali per la ricerca d’impiego. Fino a oggi Tamedia ne deteneva la maggioranza con il 62,9%, mentre la quota di Ringier ammontava al 37,1%. Martedì 27 maggio Tamedia conferma la sua offerta d’acquisto di Publigroupe, ma a un prezzo quantomeno strano: Tamedia, gruppo zurighese operante nei media, offre 190 franchi per azione, vale a dire 10 franchi in meno rispetto alla proposta della concorrente Swisscom. Così le sue possibilità di avere la meglio ora si avvicinano pressoché allo zero. Una

strategia bizzarra verrebbe da dire. Venerdì 30 maggio emerge che Swisscom e Tamedia hanno trovato un accordo per sviluppare local.ch e search.ch quale alternativa a Google. Anche se l’idea che Ringier rivedesse il suo grado di partecipazione in JobCloud, a quanto si dice, era stata prevista, la successione degli avvenimenti ci fa chiaramente pensare che Tamedia abbia accettato questa modifica in cambio dell’abbandono da parte di Ringier del suo proposito di rilevare Publigroupe. Cosa che allora avrebbe aperto la strada alla possibilità di integrare i due servizi di indirizzari local.ch e search.ch nell’ambito di un’affiliata comune, una volta conclusa la prevista acquisizione di Publigroupe da parte di Swisscom. Si comprende allora meglio l’offerta a 190 franchi di Tamedia, che aveva rinunciato a battersi per subentrare in Publigroupe. Tamedia si accontenta di una partnership con Swisscom, facendo però un bell’affare con le sue azioni Publigroupe, che si sono apprezzate e che hanno beneficiato dei milioni di Ringier.

IL CASO ROCCHI E GIROUD

Libertà di stampa sempre molto fragile Le perquisizioni, infine giudicate illegali, a un giornalista de Le Matin e la censura di due reportage della RTS confermano la fragilità del lavoro investigativo dei nostri colleghi. La smentita da parte della Procura di Neuchâtel ravviva una libertà di stampa ancora pallida. Yves Sancey Le perquisizioni presso il giornalista de Le Matin, Ludovic Rocchi, l’estate scorsa, erano illegali e non rispettavano la proporzionalità. “La libertà di stampa avrebbe dovuto prevalere sui bisogni dell’inchiesta”, ha rammentato il Tribunale delle misure coercitive, il quale, fondandosi sulla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, il 22 maggio ha smentito il Pubblico ministero di Neuchâtel. Il 13 agosto 2013 (vedi la nostra edi-

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zione n. 12/2013) il domicilio del giornalista è stato perquisito e gli sono stati sequestrati del materiale e il computer. Precedentemente, era stato aperto un procedimento per diffamazione a causa di alcuni articoli del giornalista, che coinvolgevano, tra l’altro, un professore dell’Università di Neuchâtel. syndicom aveva espresso la propria preoccupazione per la libertà di stampa e il giornalismo investigativo. La libertà di stampa

esce rafforzata dalla sentenza del 22 maggio? La sentenza – ancora appellabile – farà certo storia e creerà un precedente molto positivo. Questo evento lascerà in ogni caso una traccia. L’energia impiegata da Rocchi nella sua difesa poteva servire per altre inchieste. Il segreto professionale relativo alle fonti d’informazione esce certamente rafforzato da questa sentenza. Durante un procedimento penale i giornalisti possono appel-

larvisi, sia quando sono chiamati a testimoniare, che quando essi stessi sono accusati. L’inchiesta contro il giornalista comunque prosegue. Il divieto di diffusione – prevista il 12 maggio – dei due reportage della RTS sul caso Giroud ha suscitato una levata di scudi. Per la seconda volta in tre mesi il Tribunale del Distretto di Sion ha censurato la RTS. Finalmente, la sera del 21 maggio, i telespettatori hanno potuto vedere i due servizi in questione. Questo moltiplicarsi di intimidazioni e di minacce contro i giornalisti che svolgono il loro lavoro d’informazione, compito fondamentale per un buon funzionamento della democrazia, è tuttavia preoccupante.

Mentre i fatti e la vita della cosiddetta gente riempiono ogni giorno pagine e pagine scritte od on line, il giornalismo investigativo in Svizzera si scioglie come neve al sole. La concentrazione della stampa limita già sufficientemente la diversità dell’informazione, il peso degli annunciatori esercita già un’autocensura subdola, talmente efficace che la giustizia non ha più bisogno di intervenire per limitare il giornalismo investigativo. La Cité, la WoZ o la rete investigativa.ch difendono con successo le inchieste. Ma si aspetta ancora la nascita di un giornale cartaceo o elettronico svizzero, che svolga inchieste su uomini d’affari o politici, come ad esempio Mediapart in Francia.


Ritratto Diritto | 7

syndicom | N. 8 | 20 giugno 2014 “aderire al sindacato È come una polizza assicurativa, perché non sai mai cosa ti riserva il futuro”

Dal commercio al dettaglio al direct marketing Il percorso professionale di Marcel Jäggi, originario di Dübendorf vicino a Zurigo, è iniziato con un apprendistato nel commercio al dettaglio. In seguito il giovane è approdato al mondo della vendita per corrispon-

Un “novellino” presidente

Un appassionato di hockey su ghiaccio, che s’impegna per la sua associazione e che vuole rendere il sindacato allettante per i suoi colleghi di lavoro. Marcel Jäggi è membro CoPe presso local.ch e siede nel comitato aziendale. Suleika Baumgartner*

© Silvia Luckner

Marcel Jäggi è un “novellino”, ma che novellino! Da novembre 2013 è iscritto a syndicom e ha già assunto l’incarico di presidente della commissione del personale (COPE) presso local.ch ed è membro del comitato aziendale. «Quando ho risposto ad un annuncio su intranet, non sapevo ancora a cosa andavo incontro», ci racconta il 49enne. Tra l’altro sono soltanto due anni che Jäggi lavora per local.ch, il marchio per gli elenchi di Swisscom Directories e LTV Pagine gialle. In seguito a una riorganizzazione interna, l’azienda necessitava di una commissione del personale: da un anno infatti i 400 dipendenti dell’intero servizio interno sono assoggettati ad un contratto collettivo di lavoro. Che cosa ha spinto questo marketing manager ad occuparsi, per la prima volta nella sua vita, di questioni sindacali? «Nelle mie posizioni di prima i diritti dei lavoratori non costituivano mai un problema», afferma pensieroso, «ma questo dipende soprattutto dal fatto che si trattava di ditte piccole o di medie dimensioni, dove uno, quando aveva un problema, andava direttamente dal capo. Questo ha sempre funzionato. In un’azienda più grande le cose ovviamente si complicano».

denza e dunque al direct marketing. Dopo questo impiego, e attraverso l’aiuto di un’agenzia pubblicitaria, è andato a lavorare presso un editore di riviste, dove era responsabile per il marketing verso i lettori. Successivamente è stato dieci anni nel management di una ditta d’incasso. E lì ha fatto la sua prima esperienza negativa: «Quando l’azienda è stata ridimensionata, per la prima volta ho dovuto cercarmi un lavoro». Detto in altre parole: anziché dedicarsi alla scelta di una nuova professione a suo piaci-

mento, è stato costretto, per la prima volta nella sua vita, a trovarsi un nuovo lavoro.

Sempre dietro al disco Durante l’inverno, Marcel Jäggi trascorre quasi ogni fine settimana allo stadio del ghiaccio, con i suoi figli, entrambi giocatori di hockey su ghiaccio. Ci racconta che oltre a questo suo bell’impegno, investe dalle sette alle otto ore a settimana come capomarketing e membro del comitato dell’Hockey club EHC Winterthur. Questo impegno,

tutto su base volontaria, ha un grande senso e gli procura grande gioia: «Quando i bambini e i giovani praticano uno sport, è sempre una cosa buona».

Pensare in maniera interattiva e cercare sempre un approccio positivo La caratteristica più bella del suo lavoro retribuito invece è che può svolgere un compito dall’inizio alla fine: «Mi viene un’idea, elaboro un concetto, lo presento, ricevo l’ok e mi metto al lavoro per realizzarlo, per poi concluderlo

con il controlling». Jäggi tra le altre cose si occupa anche di far convincere i clienti di local.ch – ovvero dell’azienda – di acquistare, accanto alla loro semplice annotazione nel registro telefonico, un’inserzione, di mettere in evidenza il loro annuncio o di fare in modo che essi investano nei motori di ricerca. Lo specialista del marketing trova che la sua forza risieda nella sua capacità di pensare in maniera interattiva e di saper ascoltare gli altri. Egli si ritiene una persona che pensa positivo e che non prende sempre tutto sul serio: «Questo forse viene dal gioco sul campo di ghiaccio». Queste attitudini gli servono anche al sindacato syndicom, dal momento che a local.ch bisogna fare ancora molta mobilitazione: «Solo il 10 per cento dei dipendenti è iscritto al sindacato». La sua argomentazione principale: «Aderire a un sindacato è come firmare una polizza assicurativa, perché non sai mai cosa ti riserva il futuro». E siccome il settore delle telecomunicazioni è estremamente dinamico, bisogna creare adesso delle buone strutture e delle buone condizioni: «Ecco per cosa sensibilizzo i miei colleghi e le mie colleghe». Il novellino ci tiene anche a sottolineare che il suo ottimo decollo nella COPE lo deve anche al corso Movendo dedicato ai nuovi membri di una commissione del personale, che raccomanda a tutti i membri facenti parte di tali commissioni.

* Suleika Baumgartner è giornalista freelance RP.

punto e dirit to

Attualmente lavoro all’80% e sono in attesa del mio primo bambino. Dopo il parto desidero ridurre il grado di occupazione. Qualora non fosse possibile con il datore di lavoro attuale, sarei disposta a lasciare questo impiego. Come devo procedere e quali sono i termini da osservare? Su quale protezione posso contare rispetto a un licenziamento da parte del datore di lavoro?». Molte donne desiderano continuare a lavorare dopo la nascita del loro bambino, ma a una percentuale ridotta. Il datore di lavoro non è però tenuto a offrire un impiego a tempo parziale. Anzi può insistere sul mantenimento del vecchio contratto. Se la lavoratrice incinta non vuole o non può adempiere tali condizioni, deve licenziarsi. In questo caso, perché la disdetta avvenga a tempo debito (ossia la lavoratrice al termine del congedo maternità non debba più riprendere il lavoro con l’orario abituale), occorre attenersi ai termini di disdetta ordinari. Nel tuo caso devi dunque calcolare la fine del con-

gedo maternità e poi detrarre il termine di disdetta vigente in base al contratto individuale di lavoro, al CCL o al Codice delle obbligazioni. Se il termine previsto per il parto cade a metà febbraio, il congedo maternità contemplato dalla legge finisce dopo 16 settimane, ossia a fine maggio. Considerando un termine di disdetta di 2 mesi, dovresti presentare le dimissioni al datore di lavoro al più tardi a fine marzo. Per questo motivo è consigliabile attivarsi per tempo e chiedere un colloquio con il superiore per discutere l’eventuale riduzione del monte ore. In questo modo, anche qualora non doveste conver-

gere su una soluzione accettabile per entrambi, sarai ancora in tempo a dare la disdetta, dacché sino alla risoluzione del rapporto di lavoro permane l’obbligo di osservare il contratto vigente. Ti consiglio però di non licenziarti nel periodo prima o durante il congedo maternità, perché altrimenti perderesti l’indennità. Se il superiore acconsente a una riduzione, negozierà un contratto di lavoro modificato per il periodo dopo il parto. In questo caso non dovrai disdire il rapporto di lavoro, con il vantaggio ad esempio che continueranno a esserti conteggiati gli anni di servizio. Al termine di un periodo di pro-

va, il superiore non può rescindere il rapporto di lavoro durante la gravidanza e nelle 16 settimane dopo il parto. Un licenziamento effettuato durante questo periodo di sospensione è nullo, ossia non produce alcun effetto nemmeno al termine di tale periodo. La cosa migliore da fare per difendersi da una disdetta di questo tipo è inviare una lettera raccomandata in cui si documenta la gravidanza con un certificato medico e si continua a offrire la propria prestazione. Nel tuo caso, però, il datore di lavoro non fa più in tempo a licenziarti. Diversa è la situazione se il licenziamento avviene prima della gra-

© z vg

Protezione contro il licenziamento e termini da osservare durante il congedo maternità Néomie Nicolet, giurista collaboratrice servizio giuridico vidanza. In questo caso, infatti, lo si considera valido. La gravidanza interrompe però la decorrenza del termine di disdetta per l’intero periodo di sospensione. Solo al termine di quest’ultimo, ossia 16 settimane dopo la nascita del bambino, il termine di disdetta riprende il proprio corso. Riassumendo: per prima cosa devi cercare di raggiungere un’intesa con il datore di lavoro per una riduzione consensuale del monte ore e, qualora non fosse possibile, dare le dimissioni per tempo se al termine del congedo maternità non vuoi correre il rischio di dover rientrare al lavoro con l’orario abituale.


8 | Cultura Viaggi Come arrivare Da Milano ci sono voli regolari per la Sardegna e Olbia. Tariffe molto convenienti vengono offerte da easyJet. Chi vuole andare in auto può prendere un traghetto da Livorno (circa 6-10 ore) oppure da Genova (9-10 ore).

syndicom | N. 8 | 20 giugno 2014 sardegna

Nel paese dei murales

La Sardegna è mare e spiaggia. Ma non solo. All’interno dell’isola abbiamo scoperto il paesino di Orgosolo che simboleggia la lotta contro l’ingiustizia sociale. Gerhard Lob*

Dove alloggiare Il Club Hotel Tirreno è un resort a tre stelle. Nel 2012 ha ricevuto il premio “Top Hotel 2012” dal portale Holidaycheck che si basa esclusivamente sulla valutazione degli ospiti. Esempio del costo: appartamento per due adulti, una settimana (7 notti) in giugno, mezza pensione: 1.113 euro (circa 1.370 franchi). www.ferienverein.ch Informazioni generali Turismo a Orosei: www.oroseiturismo.it ; Comune di Orgosolo: www.comune.orgosolo.nu.it

Quasi non sembra vero. Appena un’ora di volo da Milano-Malpensa e si arriva a Olbia in Sardegna. Un luogo molto vicino ma molto diverso. La luce, la lingua, l’ambiente, la gente. L’autista del nostro albergo ci aspetta con un piccolo pullmino per portarci a Cala Liberotto, una frazione sul mare del Comune di Orosei nella provincia di Nuoro, circa un’ora a sud di Olbia. Siamo in bassa stagione e le strade sono quasi deserte. “Ma in agosto possono esserci anche qui code”, dice il nostro autista. Facciamo fatica a immaginarcelo. Arriviamo al Club Hotel Tirreno, un albergo che fa parte del gruppo svizzero “Ferienhotel”. Negli anni 60 alcuni impiegati delle PTT di Berna fondarono l’associazione Poscom per permettere ai soci di fare vacanze a un prezzo moderato. Nel 2005 l’associazione venne trasformata in società per azioni, la Poscom Ferien Holding AG. Oggi dispone di quattro alberghi in Svizzera e due resort

all’estero, uno dei quali è il Club Hotel Tirreno dove alloggiamo: una grande struttura con 492 letti adatta in particolare per famiglie con bambini. Il resort si trova vicino al Parco Naturale di Biderosa accanto a un mare che con le sue limpide acque e le spiagge di sabbia fine sembra un sogno. Il resort offre la possibilità di svolgere molte attività nel tempo libero, persino gite con i quad, i quadricicli per un uso fuoristrada. Ma durante il nostro soggiorno ciò che ci ha colpito di più è stata una gita in un piccolo paese di montagna: Orgosolo. In questa località situata a 620 metri di altitudine, a 23 chilometri da Nuoro, si possono ammirare meravigliosi murales, dipinti che abbelliscono e arricchiscono i muri oppure le porte delle case, illustrando sia le problematiche legate alla popolazione locale, sia i principali avvenimenti storici e sociali, italiani e internazionali. È una forma d’arte all’aperto che testi-

monia la resistenza e il carattere fiero dei sardi. Il primo murale a Orgosolo fu realizzato nel 1969 da un gruppo di anarchici milanesi, che si firmarono “Dioniso”. Nel 1975, in occasione del trentennale del-

la Resistenza e della Liberazione l’insegnante toscano Francesco Del Casino e i suoi alunni della scuola media di Orgosolo realizzarono altri murales, in seguito si aggiunse il contributo di altri artisti fra i quali il pittore orgo-

lese Pasquale Buesca e il gruppo culturale locale “Le Api”. Inizialmente si trattò di un tentativo di rappresentare il disinteresse nel quale la Sardegna era lasciata dalle istituzioni. Al momento si contano più di 200 murales che ormai fanno parte integrante dell’immagine del paese, attirando migliaia di turisti. Questo museo all’aperto è sempre in sviluppo e non si limita alla politica. Si possono trovare anche immagini come il graffito dedicato al più famoso ubriacone del villaggio. Senz’altro Orgosolo è un posto speciale grazie a questi murales. Ma non solo. Nel paese che conta ben 4.000 abitanti non si dovrebbe perdere la visita alla “Casa Museo Orgosolo”, una casa padronale d’altri tempi su quattro piani per un totale di 15 camere. Nella soffitta dormivano le domestiche… sul pavimento. Maria Corraine è la proprietaria della casa che nel 1907 venne acquistata dal nonno, è lei a farci da guida ed è

un grande piacere ascoltarla. Maria ha 65 anni ed è un vulcano: «Ho sposato un napoletano, ma mi serve solo per la pensione e come autista» racconta scherzando, mentre ci spiega tutti i dettagli della casa che include pure una sala da pranzo riservata ai soli ospiti, ma ci racconta anche aneddoti riguardanti il paese ricordando ad esempio che fino al 1962 tutti camminavano scalzi. E per finire ci offre una degustazione di dolci tipici fatti in casa da lei. Orgosolo è pure conosciuto per la lavorazione della seta e per la sua tessitura. Rientrano fra le tradizioni più antiche e radicate del paese. Oramai la produzione della seta non si vede quasi più, ma è rimasta come attività di nicchia ad esempio per creare “Su Lionzu” (il fazzoletto), una stoffa che si usa come copricapo e fa parte dell’abbigliamento tradizionale delle donne del paese. La gente del posto con i turisti è molto gentile, ma il carattere delle persone a Orgosolo sicuramente non è sempre facile. Basta guardare la vecchia porta del Municipio piena di buchi. Sono i segni di chi per disperazione – burocrazia lenta oppure una decisione non condivisa – ha sparato contro l’edificio simbolo della autorità locale. Non si scherza. Lo spirito di resistenza e il carattere fiero della popolazione locale impressionarono il regista italiano Vittorio De Seta. Nel 1961 girò il film “Banditi a Orgosolo” nel quale un pastore di Orgosolo si trova sospettato dell’uccisione di un carabiniere. È innocente ma non pensa a costituirsi. Grazie all’aiuto che gli viene fornito da alcuni compaesani riesce a nascondersi tra le montagne della Barbagia, inseguito dai carabinieri perde tutto il suo gregge di pecore. La disperazione da cui è colto lo porta a trasformarsi da vittima di un’ingiustizia a bandito. Il film vinse il premio per la miglior opera prima al Festival di Venezia nel 1961.

* Gerhard Lob è giornalista freelance e vive a Locarno.

Nelle immagini: A centro pagina: Maria Corraine nella sua casa museo. Sotto: Il primo murales a Orgosolo fu realizzato nel 1969. Al momento si contano più di 200 murales. Fotografie: Gerhard Lob


Attualità Ticino | 9

syndicom | N. 8 | 20 giugno 2014 Condizioni di lavoro in Ticino

©andrea tedeschi

Una fotografia dello stato di salute delle condizioni di lavoro dei giornalisti in Ticino conferma il quadro preoccupante che da tempo i sindacati vanno descrivendo. Salari bassi, aumento del carico di lavoro, autonomia di redazione non garantita e precarizzazione i mali messi in evidenza dalle risposte all’inchiesta. Tutti coinvolti, dalla carta stampata ai media elettronici. Laura Di Corcia*

Scocca il 13 © FL

Giornalisti sempre più invisibili per le testate

commento

ma si sono addirittura persi punti, come ha fatto notare Barbara Bassi di syndicom, rilevando come quella cifra sia da prendere con le pinze e da arrotondare verso il basso, comprendendo anche gli stipendi non proprio miseri di chi sta in cima alla scala. Per approfondire il tema dei salari, Andreoli ha anche contattato gli editori, inviando loro un questionario; le risposte? Rade e parziali, quando ci sono state (e in alcuni casi la risposta è stata che sono dati protetti dalla privacy commerciale). Ma, per quanto riguarda la stampa, non si è riscon-

sti assunti che beneficiano di salari adeguati (per quanto lo studio rilevi un peggioramento delle condizioni in termini di clima generale che si respira nell’azienda e di carico di lavoro), ma il personale a prestito, reclutato attraverso ditte esterne e fortemente precarizzato. Parliamo di 150 collaboratori, come ha prontamente sottolineato Monica Bartolo di SSM, personale assunto non per coprire picchi produttivi come sostiene la RSI, ma per ottenere gli stessi risultati risparmiando. “Vi sono professionisti – ha aggiunto – che lavorano ad ingaggio,

©Andrea tedeschi

trata una massiccia sostituzione di giornalisti assunti con lavoratori precari (per quanto lo scenario fosse stato ampiamente paventato dalle organizzazioni sindacali e dai colleghi stessi): anzi, a fare le spese di questa situazione, sono soprattutto i freelance, che secondo quel contratto che ormai non è più in vigore dovrebbero percepire uno stipendio di 500 franchi al giorno e oltre, e invece vengono retribuiti con magrissimi compensi, specie dai quotidiani (per il Corriere del Ticino si parla di 150 franchi a pezzo, laRegione e la Rivista di Lugano pagano anche meno). Mantengono invece retribuzioni adeguate i settimanali Azione e Cooperazione, seguiti a ruota da Ticino 7. Diverso il caso della RSI. Il problema non riguarda tanto i giornali-

con un massimo di 69 giornate l’anno. Allo scadere del 69esimo giorno viene proposto loro di continuare la collaborazione con la RSI, ma tramite ditta esterna. Se superassero le 69 giornate, dovrebbero venire assunti regolarmente. Si tratta di un modo per raggirare il contratto collettivo”. Lo studio, in definitiva, sottolinea l’urgenza di tornare a regolamentare il settore giornalistico, rispettando il lavoro di chi si impegna a fornire ai cittadini un’informazione di qualità, come ha ribadito a più riprese il Presidente di ATG, Ruben Rossello. Speriamo che gli editori non facciano orecchie da mercante.

* Laura Di Corcia è giornalista freelance.

Parola di RSI © Andrea tedeschi

Duemilaequattro. Un anno spartiacque. Eppure, sarebbe dovuta andare diversamente. Gli editori ticinesi avevano infatti assicurato che, firma o non firma, i parametri sarebbero stati rispettati: l’opposizione a un nuovo contratto collettivo di lavoro, avanzata da Schweizer Medien, l’associazione degli editori della Svizzera tedesca, era infatti stata accolta anche dall’Ateg (oggi Stampa svizzera, ndr), quella della Svizzera italiana, federata alla prima. Da dieci anni, quindi, i giornalisti nostrani e quelli germanofoni si trovano scoperti da un punto di vista contrattuale. Non serviva la palla di cristallo per capire che le condizioni di lavoro sarebbero peggiorate: ma in quale misura? Lo studio presentato venerdì scorso a Viganello è stato commissionato un anno fa. Questa ricerca, la cui idea è nata in seno all’assemblea dell’Associazione Ticinese dei Giornalisti (Impressum-ATG), e poi sostenuta anche da syndicom e dal Sindacato Svizzero dei Mass Media (SSM), è in fondo la conferma, con tanto di dati e analisi, di un sospetto più che realistico. Quella promessa non è stata mantenuta. Gli editori, finalmente a piede libero, ne hanno approfittato. Certo, c’è la crisi. “Ma l’editoria è da sempre abituata alle fluttuazioni pubblicitarie”, ha spiegato il giornalista incaricato di allestire lo studio, Michele Andreoli, in sede di conferenza stampa, specificando che il questionario è stato inviato a 780 persone, ricevendo un totale di 192 risposte. Come si evince dalle tabelle che arricchiscono lo studio di dati e numeri, a livello di stipendi si assiste a una perdita di velocità: se nel 2006 il salario mediano si attestava su una cifra di 6.193 franchi, oggi come oggi la media si è abbassata a 6.153 – quindi non solo non c’è stato nessun aumento,

Gran parte di quello che si può leggere nero su bianco nella ricerca presentata il 13 giugno (consultabile su www.syndicom.ch/it) non risulta essere purtroppo affatto nuovo. Il sindacato come antenna delle problematiche legate al lavoro ha raccolto nel tempo tutta una serie di segnalazioni che portano ad affermare in modo globale che in questi anni, in particolare gli ultimi 10, vi è stato un peggioramento delle condizioni in ambito giornalistico. Per condizioni non si intendono solo quelle legate alle condizioni di lavoro quali il salario, le vacanze ecc. ma anche quelle professionali ossia quelle che dovrebbero permettere di svolgere la propria professione tenendo alto il livello di qualità. Certo la ricerca ha evidenziato grandi differenze di remunerazione tra i diversi media. Fanalino di coda della classifica dei salari risultano i liberi professionisti con onorari molto lontani dai parametri dati dal vecchio CCL. Va ricordato che il CCL 2000 conteneva una griglia salariale divisa in tre zone regionali. Quella più bassa era il Ticino. In questa fascia erano fissati i salari per i due anni di stage e i minimi salariali con degli scatti previsti per i giornalisti RP al 1°, 3°, 6° e 9° anno di attività. Ebbene, purtroppo, le condizioni salariali si sono andate progressivamente deteriorando. Oltre al fatto che come indicato dall’inchiesta vi sono testate che non hanno mai aderito al CCL e dunque non hanno mai applicato i minimi salariali, anche tra gli editori che prima applicavano il CCL vi è stato un peggioramento. laRegioneTicino ad esempio ha ufficialmente sospeso l’applicazione degli scatti salari. Come sindacato abbiamo rilevato che, fatta eccezione della RSI negli ultimi 10 anni gli adeguamenti salariali concessi sono sempre stati legati indicativamente ai seguenti motivi: rispetto degli scatti salariali secondo CCL, promozione o cambio del datore di lavoro. Nel caso delle emittenti tv e radio private modifiche salariali sono avvenute a seguito della concessione Ufcom. Vi è dunque una reale stagnazione degli stipendi. Questa situazione è da evidenziare come particolarmente negativa perché porta non solo a una demotivazione professionale per chi continua a svolgere questa professione, ma anche a una vera e propria fuga di professionisti verso altre attività più remunerative con una perdita di know how e di qualità della categoria. Ed è inutile poi che gli editori o altre testate piagnucolino accusando la RSI di rubare i professionisti, forse dovrebbero fare un esame della propria azienda e delle condizioni di lavoro che offrono. Da sottolineare che inoltre le donne ricevono ancora meno dei colleghi uomini. Non va dimenticato inoltre che il tempo di lavoro settimanale o giornaliero non è mai stato definito in un CCL. Anche questa non regolamentazione ha portato a sempre più abusi che vedono, in redazioni ormai ridotte in numero, un aumento della mole di lavoro. Questo fenomeno è accentuato anche dal fatto che nel corso degli ultimi anni per via delle nuove tecnologie si sono aggiunti molti compiti nel mansionario del giornalista. Anche questa tendenza mette in pericolo la qualità giornalistica e la possibilità di fare approfondimenti e inchieste, ruolo essenziale per un buon funzionamento della democrazia. La scelta di presentare questa ricerca il 13 di giugno non è casuale, si inserisce infatti nella campagna “scocca il 13” nata nella Svizzera tedesca dalla collaborazione tra syndicom e impressum e che il 13 di ogni mese promuovono un’azione di protesta. Se gli editori non ritornano a discutere di condizioni di lavoro con i partner sociali, anche in Ticino si valuteranno azioni di denuncia e non semplicemente pubblica ma di carattere legale come è già stato fatto in Svizzera tedesca contro i gruppi Ringier, Tamedia e NZZ. La necessità di riaprire il partenariato sociale per trovare insieme la giusta via a difesa dell’informazione e della professione non è rivolto solo alla carta stampata bensì anche ai media elettronici. Se gli editori continuano su questa via del mutismo rischiano tra l’altro che siano organi superpartes a determinare in futuro le regole del gioco. La RSI da parte sua ha già risposto di aver avviato quanto necessario per cercare di trovare una soluzione per la problematica sollevata dallo studio (vedi riquadro sotto) e da tempo segnalata dall’SSM. Barbara Bassi

“Sappiamo che ci sono delle situazioni non corrette. Stiamo discutendo con le aziende esterne con le quali vogliamo e dobbiamo collaborare. Obiettivo entro la fine dell’anno un nuovo accordo quadro che risolva la situazione. Certo costerà probabilmente un po’ di più e questo significherà risparmiare da un’altra parte e fare anche delle scelte di qualità dei collaboratori” dichiarazione del direttore RSI Maurizio Canetta al Quotidiano di venerdì 13 giugno.


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syndicom | N. 8 | 20 giugno 2014

Storie di confine

FEDERICO CRIMI

E fu così che Melide e Luino persero il loro fernet… Fernet Branca, ovviamente. Non, però, quello originale bensì un omonimo amaro che un’omonima famiglia aveva iniziato a distillare alla fine dell’800 a Luino e, allo scoccare del nuovo secolo, anche a Melide, meritandosi, peraltro, premi a esposizioni commerciali in Roma e in Milano. Seguire la piccola storia di questo fernet è ripercorrere le vicende di una delle tante famiglie dai destini saldamente ancorati sui due versanti, svizzero e italiano, propense, di volta in volta, a ragionati trasferimenti di qua o di là del confine in funzione delle regole imposte da un accorto spirito imprenditoriale. Una storia che si dipana, questa volta, sul Verbano (tra Brissago, Cannobio e Luino) e approda a Melide. E che ha sviluppi inaspettati protesi sin nel cuore della cultura italiana del Novecento. Federico Crimi Andiamo con ordine. Luino, 30 marzo 1884, giusto 130 anni or sono. Tra livree e velluti, camerieri e cuochi, tutto è pronto per dare vita al banchetto d’inaugurazione per il lussuoso Grand Hotel Luino & Terminus. Alloggiato in un palazzo fresco di costruzione, l’albergo è pronto per accogliere, en face della grandiosa stazione internazionale sulla linea Gottardo-Genova (è la parallela di Chiasso, ma dai destini meno fortunati), gli ospiti di rango provenienti dall’Europa e diretti alle Isole Borromee o in Riviera. Promotore: Vittore Branca, commerciante di vini a Cannobio. Gestore: Lorenzo Albertini. Dieci anni di esercizio circa e una sequela di ragguardevoli ‘vip’, fra teste coronate (il re e la regina del Württemberg, lei nientemeno che la figlia dello zar Nicola I; Gerolamo Bonaparte, che, in attesa di ereditare un impero – Napoleone I era suo zio –, si sollazzava tra il Lemano, il Verbano e Roma, dove morì nel 1891) e curiosità d’altri mondi (il rajah di Kholapour, con esotico seguito, destò ampia meraviglia sulla stampa locale). Nel 1892 Albertini passò alla guida di un altro albergo luinese e, infine, nel 1904, assunse la direzione del Grand Hotel Paradiso di Lugano. Perso il suo asso nella manica, Vittore decise di ritornare alle origini e s’inventò un fernet. Sostenne che la ricetta era quella depositata in gran segreto nelle mani di suo padre Ferdinando da un chimico svedese svernante a Cannobio, nel 1849. Proprio nel borgo sulla riva occidentale del Lago Maggiore, dove è attestata sin dal XIV sec., la famiglia aveva accumulato le sue fortune, tanto che un ramo trasferitosi a Brissago aveva patrocinato, alla fine del ’700, la costruzione del locale Sacro Monte. Gli avi di Vittore detenevano il controllo sul commercio del sale sulle due sponde del Verbano, tra Cannobio e Maccagno. Vittore e il cugino Francesco, infine, intuiti i destini in rapida crescita di Luino per l’arrivo della ferrovia, investirono alla fine del XIX sec. nei più promettenti settori commerciali della modernità: turismo e carta stampata. Anche Francesco, infatti, era giunto a Luino da Cannobio per fondare, nel 1879, il settimanale Corriere del Verbano, ancora oggi principale pagina dell’informazione nell’alto lago. Per produrre il suo fernet, Vittore s’avvalse di ampie botti in cemento innalzate sino a sfiorare le alte volte delle cantine dell’albergo di Luino. Tutto andava così bene che, per accaparrarsi fette di mercato svizzero, spedì il figlio Alfredo a Melide. Questi, entro il giugno 1901, riuscì ad ultimare un grande stabilimento in stile eclettico, cimato da frontone, con, bene in vista, la scritta Branca. Sfruttare l’omonimia va bene; ma non può durare. La causa coi f.lli Branca (pure originari del Verbano, ma di ramo non congiunto a quello che stiamo seguendo) non si fece attendere. Vinsero i “soli che posseg-

Si occupa di aspetti di storia, trasformazioni urbanistiche e del paesaggio sul Verbano. Ha al suo attivo saggi in argomento. Collabora con enti pubblici, privati e con la Curia di Milano per la catalogazione e la valorizzazione di beni culturali sul lago. Ha censito un corpus di disegni di viaggio di William Turner per la Tate Britain di Londra.

gono l’originale formula” dal 1845, come ancora si legge sull’etichetta del celebre amaro italiano. Vittore morì nel 1913. I figli, nel 1919, cedettero tutte le proprietà e si trasferirono a Savona. Il caseggiato di Luino fu acquistato da Edoardo Ferrario di Castano Primo (Milano): erano utili ai suoi affari le cantine per commerciare in vini di Puglia. Tra quei tini e quelle botti maturarono giovanili passioni comuni a Piero Chiara e ai coetanei fratelli Ferrario, figli di Edoardo: su tutte la vela. Sino a quando, proprio dal balcone del caseggiato, affacciato alla piazza della stazione, Chiara fu costretto a salutare con amarezza i cari amici di una spensierata gioventù. Era il 1932: partiva per il suo primo viaggio lontano da Luino, arruolato nelle preture dell’Italia allora estesa “oltre Isonzo”. Sapeva che non sarebbe più tornato ad abitare nel borgo natio. Non sapeva ancora che la scoperta di un mondo nuovo avrebbe fatto maturare in lui le capacità narrative sfociate, dal 1962 (con la pubblicazione de Il piatto piange), in celebri romanzi. Torniamo, però, ai Branca. Da Antonio, ingegnere, figlio di Vittore, nacque a Savona un Vittore (classe 1913, come Chiara). Questi divenne il “principe dell’italianistica”, insigne studioso di Boccaccio, indiscussa figura nel panorama della filologia e degli studi umanistici europei. Morì a Venezia nel 2004, esattamente nel maggio di dieci anni fa. Tutto il suo insegnamento (indagini, libri, documenti e relazioni) è oggi riassunto nel centro internazionale di studi della civiltà italiana intitolato a suo nome sull’isola di S. Giorgio a Venezia, filiazione della fondazione Cini. Ligure, veneziano ed emerito cittadino di Firenze per l’impegno contro il nazifascismo, Vittore riposa, per sua espressa volontà, a Cannobio, accanto al padre e al nonno. Dichiarò, in varie occasioni, che le visite ai Branca rimasti in loco avevano contribuito a creare, nella sua mente di adolescente, un immaginario insopprimibile di scenari paesaggistici, ma, soprattutto, di idee: la ricchezza culturale dei dialetti prealpini (se ne ricordò negli studi della maturità, intuendo la persistenza di una matrice popolare anche nella cultura più aulica); l’afflato di libertà assaporato nella libera Svizzera in anni “di chiusura culturale e di oppressione politica” per l’Italia. Lo immaginiamo contemplare, nella casa dello zio Alfredo a Melide, i volti di Mazzini ed altri campioni di libertà che ornavano la ‘sala grande’. Purtroppo questa bella casa è stata demolita di recente per lasciar spazio a un complesso residenziale. E non senza polemiche. Rimane, invece, il fabbricato di Luino: la hall dell’albergo vanta un bel mosaico pavimentale; le botti del fernet sono ancora nelle cantine; l’iscrizione nel fastigio sul tetto è ancora quella dei Branca. nelle immagini Qui a sinistra: • Luino, piazza Marconi. Casa Branca (come si legge sul fastigio laterale). Vittore Branca la costruì come lussuoso albergo (1884) e l’utilizzò in seguito per produrre un fernet. Divenuta proprietà Ferrario, conserva ricordi legati alla vita di Piero Chiara. • Luino, piazza Marconi. Casa Branca, già albergo e oggi residenza privata (FerrarioCrespi). Scorcio dello scalone interno (foto Aris Georgiou, maggio 2013). Sopra, al centro: • Vittore Branca (Cannobio, 1841-1913): figlio di Ferdinando, commerciante di vini in Cannobio, divenne celebre nel mondo commerciale per la causa dei f.lli Branca circa l’esclusiva della ricetta del noto fernet. È il nonno dello studioso Vittore (Savona, 1913-Venezia, 2004). • Melide. Il caseggiato eretto dai Branca per smerciare il loro fernet in Svizzera. È stato demolito nel 2010.


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Il tè verde del Monte Verità

L’unica Casa del tè in Svizzera e l’unica piantagione di tè in Europa. Siamo ad Ascona, sul Monte Verità, dove Peter Oppliger, intraprendente farmacista con il pallino per la medicina naturale, accoglie ogni anno una moltitudine di visitatori, curiosi di capire cosa si cela dietro una tazza di tè verde. L’accoglienza è calda e premurosa. La visita include la visita al Giardino del tè e alla coltivazione, circa mille piante di Camellia sinensis, la varietà da cui derivano tutti i tè. Anche quello nero? Sì, la pianta è la stessa, ma per fare la variante verde le foglie vengono messe subito al vapore per una trentina di secondi. Lo scopo? Arrestare il processo di ossidazione che provocherebbe la distruzione di molte sostanze benefiche presente in questo vegetale. Alla vaporizzazione segue una lenta essiccazione a 35°C, prima che le foglie vengano arrotolate in piccoli ciuffi. Questo è un lavoro che richiede molta destrezza, quell’abilità che ogni stagione, verso la metà di maggio, bisogna utilizzare al momento della raccolta. La raccolta è una grande festa a cui partecipano gli esperti giapponesi che con la loro esperienza elaborano il prodotto della piantagione del Monte Verità. Dalle cento piante si ottengono circa tre chili di prezioso tè verde ticinese che si può gustare all’interno della Casa del tè, una simpatica costruzione immersa nel verde del parco e con una vista imprendibile sul Verbano. Questo luogo accoglie anche la Cerimonia del tè, un momento d’immersione nella cultura giapponese, incluse alcune delucidazioni su quest’abitudine.

«Il tè verde è un’arte», racconta Peter Oppliger. Ci sono diverse qualità, ma il prodotto di base è sempre lo stesso, la Camellia sinensis. Durante il primo raccolto, effettuato rigorosamente a mano anche nelle grandi piantagioni giapponesi, si scelgono le foglie giovani, quelle tenere e piccole. A distanza di circa quaranta giorni si effettuano gli altri due raccolti, prima le foglie medie e poi quelle più grandi. Seguendo i differenti procedimenti di lavorazione si ottengono svariati tipi di tè. Si va dal Bancha, ricco di sostanze minerali, al Matcha, stimolante e ricco di caffeina. Un credo da sfatare è infatti quello della teina: «Si usa ancora dire che il tè sia ricco di teina, ma si tratta di caffeina – spiega Peter Oppliger – la stessa è presente nel caffè, nel tè nero o verde e nel cacao; cambia la quantità e, soprattutto, la forma». Infatti, mentre nel caffè è legata all’acido clorogenico, nel tè verde è combinata ad altre sostanze, come le catechine, che ne modificano gli effetti. Nel tè nero, a causa dell’ossidazione che avviene dopo la raccolta, la caffeina resta l’elemento preponderante, causando l’effetto altamente stimolante della bevanda ambrata. Dato che la caffeina alle piante di Camellia sinensis serve per difendersi da attacchi parassitari, ne troviamo alte concentrazioni nelle foglie giovani, quelle più esposte a insetti, funghi o altri agenti patogeni. In quelle grandi, invece, più robuste, questa necessità diminuisce e dunque anche il contenuto di caffeina. Un valore che muta pure a dipendenza del clima, dell’esposizione e di altri fattori che possono rendere ogni tazza di tè verde tanto speciale quanto affascinante. La Casa del tè è impreziosita da un piccolo museo, un laboratorio e un punto vendita, dove carpire altre informazioni e nozioni su questa bevanda, parte centrale della cultura giapponese. In via Baraggie ad Ascona è invece aperta da poco una nuova sede con un grande assortimento di tè e accessori.

Elia Stampanoni è giornalista freelance.

impressum redazioni syndicom, die zeitung caporedattrice Nina Scheu, stagista red. centrale Felix Graf Svizzera italiana: syndicom, il giornale | Barbara Bassi, Via Genzana 2, 6900 Massagno, Tel. 058 817 19 63, redazione@syndicom.ch Grafica e impaginazione Daniela Raggi (i) Correttrice Petra Demarchi (i) Notifica cambi di indirizzo syndicom, Adressverwaltung Monbijoustrasse 33, Casella postale 6336, 3001 Bern inserzioni e pubblicità Priska Zürcher,

Monbijoustrasse 33, Casella postale 6336 3001 Berna Tel. 058 817 18 19 Fax 058 817 18 17 stab@syndicom.ch Stampa Ringier Print Adligenswil AG, Casella postale 3739, 6002 Lucerna ISSN 1664-8978 Editore syndicom – sindacato dei media e della comunicazione Monbijoustrasse 33, Casella postale 6336, 3001 Berna, Tel. 058 817 18 18, Fax 058 817 18 17 Il prossimo numero uscirà l’11 luglio 2014. La chiusura di redazione è fissata al 30 giugno 2014.

Black Power

Le rassegne all’aperto sono l’occasione per tracciare un bilancio della stagione cinematografica. La vittoria agli Oscar di 12 Anni Schiavo è la consacrazione di un dibattito intorno alla schiavitù, in atto a Hollywood da qualche anno. Una quarantina di titoli. Un film ogni sera, sempre diverso. Le rassegne di cinema all’aperto a Lugano (fino al 24 luglio) e Bellinzona (dal 14 agosto) rappresentano un buon mix tra successi al botteghino e cinema d’essai, cartoni animati e vincitori di festival. Le proposte aggiuntive del Circolo del Cinema di Bellinzona e di Castellinaria accontentano tutti, dai bambini ai cinefili. E la rassegna luganese del Cinema al lago potrebbe costituire anche una piacevole alternativa all’abbuffata di calcio del Mondiale brasiliano. Infine, gli “open air”, diffusi un po’ in tutta la Svizzera (programmi su www.open-air-kino.ch), rappresentano l’occasione perfetta per fare il bilancio della stagione cinematografica che si sta concludendo. Questo è stato l’anno del “black power”, degli attori e registi, dei film e delle storie afroamericane. Il trionfo di 12 Anni Schiavo alla notte degli Oscar non è soltanto il risultato del politically correct e del primo presidente nero (o di Michelle Obama che lo scorso anno si era pure collegata alla cerimonia finale in diretta dalla Casa Bianca…). Opera lunga, non facile, ossessiva, violenta, 12 Anni Schiavo è l’apice di un percorso che, da un paio d’anni, ha (ri)portato la questione razziale al centro del dibattito cinematografico. Aveva iniziato un provocatore puro come Quentin Tarantino con Django Unchained, macaroni-western dalla parte dei neri. Poi è seguito Lincoln, che ripercorreva (con rigore storico e dettagli forse oscuri per il pubblico non statunitense) gli ultimi cinque mesi di vita del presidente che ha abolito la schiavitù. Quest’anno il ruolo di apripista è toccato a The Butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca (il 2 luglio alla rassegna di Lugano), storia più leggera e abbordabile per il grande pubblico rispetto a 12 Anni Schiavo. Il servitore di colore è testimone di mezzo secolo di Storia (con la “esse” maiuscola), un presidente dopo l’altro, da Eisenhower a Kennedy a Reagan, una battaglia per i diritti dopo l’altra. Ed è così che i giurati dell’Oscar hanno potuto consacrare 12 Anni Schiavo con il premio per il miglior film dell’anno, nonostante i suoi limiti. Bene hanno fatto perciò entrambe le rassegne estive a riproporre questo film. Da (ri)vedere. Negli “open air” manca però uno dei (rari) titoli che si sono occupati della spietatezza del mondo del lavoro ormai asservito alle leggi dell’economia. Si tratta de Il venditore di medicine, uscito in Ticino in questi giorni. Il protagonista è un informatore medico-scientifico che propone “regalini” ai medici: non solo penne, ma computer e viaggi mascherati da convegni. L’azienda farmaceutica è in crisi, i peggiori venditori verranno licenziati. E al protagonista non resta che un’ultima possibilità: convincere un oncologo affinché acquisti medicamenti ormai obsoleti. Il tutto fregandosene dei pazienti, proprio come l’economia applicata alla socialità (e alla salute). Se ce la fate, andate a vedere, inseguite questo piccolo film, tra l’altro anche di coproduzione svizzera. Giovanni Valerio

Voltapagina

Piccola Peg e la montagna di plastica Piccola Peg è una simpatica e frizzante ragazzina che ama vestire in salopette e maglietta a righe, ha un orso quale confidente e vive con il nonno in una fattoria in una verde vallata ancora incontaminata. È una mattina di inizio estate e Piccola Peg vede dalla finestra il sopraggiungere di una rumorosa colonna di camion dai colori sgargianti e con la scritta R.D. «un incrocio tra un carro armato e un pacco regalo» pensa, e decide di seguirli per capire dove si stanno dirigendo e a fare cosa. Scopre che i camion appartengono alla società Real Dream, la quale ha costruito un luna park in città e ha progettato di trasformare la sua verde vallata in un grande e pianeggiante parco a tema, che si chiamerà Mountainland dove troveranno posto oltre a una foresta di Gommalberi (castello gonfiabile), una piccola ferrovia Nuvolavia, per evitare ai visitatori troppi passi, un chiosco, un laghetto artificiale Onda Splash, vuotando nel contempo un laghetto pieno di rane e di lucciole, e un grande albergo. Nei progetti il paesaggio incontaminato sarà così devastato e trasformato in un luogo dove svago e divertimento fanno rima con artificio. Piccola Peg con l’aiuto del simpatico Supereroe «Capitan Marmotta», un ragazzino cicciottello vestito

con una tuta infilata in due vecchi stivaloni di cuoio, una maglietta gialla, guanti di gomma, mantello e mascherina di Zorro e un cappello di pelliccia da Davy Croquett o Giovane Marmotta, cercherà di salvare la sua amata valle. I due ragazzini dovranno vedersela sia con il sindaco che aveva lasciato appositamente scadere il regolamento che vietava qualsiasi costruzione nella regione, sia con la gente del paese attirata da presunti guadagni (ricaduta sul territorio) e ammaliata da una fantomatica giornalista, fasulla ecologista, che conduce una trasmissione televisiva in difesa dell’ambiente di grande successo. Questo delizioso e divertente libro è una bella avventura dove troviamo coniugati, con grande semplicità ma vivacità, la protezione del paesaggio con l’impegno civile dei protagonisti, proponendo tanti spunti di riflessione e di critica, verso un mondo di adulti un po’ assopiti, che hanno dimenticato il piacere delle piccole cose. Un bel regalo per le prossime vacanze estive dei nostri ragazzi. Della Piccola Peg da leggere anche la prima avventura Piccola Peg va in città. Dai nove anni. Alessandro Gatti & Giulia Sagramola Piccola Peg e la montagna di plastica Il Castoro 2014, 156 pagine A cura della libreria Voltapagina di Lugano – libreria@voltapagina.ch


12 | In chiusura concorso let terario

syndicom | N. 8 | 20 giugno 2014 at tività gruppo pensionati

Visita agli studi televisivi di Comano: un successo! 1) Quale romanzo racconta la storia di una famiglia di commercianti di Lubecca? 2) Quale famoso romanzo irlandese si svolge tutto in una giornata? 3) Quale titolo di un romanzo di Max Frisch può essere inteso come “L’uomo creatore”? 4) “Voglio dare espressione alla vita e alla morte, alla salute mentale e alla follia”. Di quale sua opera sta parlando qui Virginia Woolf? 5) Nell’epoca di quale re si svolge “La signorina Scuderi” di E.T.A. Hoffmann? Risposte delle domande del secondo concorso let terario pubblicate sul n. 7 di syndicom: 1) Agota Kristof, nata nel 1935 e morta il 27 luglio 2011 a Neuchâtel. La scrittrice ungherese-svizzera scriveva in lingua francese. 2) Bella Swan. 3) Klett Editore risp. l’editore scolastico Michael Klett ha comprato la licenza per le edizioni Klett-Cotta. 4) Il nome della rosa. 5) Albert Camus (1913-1960). Nel 1957 ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura. Egli morì in un incidente stradale. Le risposte al quiz vanno inviate a syndicom - il giornale, Monbijoustr. 33, cp 6336, 3001 Berna entro il 30 giugno 2014. Il premio è un buono di 50 franchi offerto dal nostro sponsor il Buono svizzero del libro, una cooperativa che conta 430 membri e più di 500 punti vendita. Vince il concorso dello scorso numero Sabine Lüdi di Worb. agenda gita annuale iscritti syndicom domenica 7 settembre Destinazione Bergamo Alta. gita annuale pensionati mercoledì 17 settembre Destinazione Grazzano Visconti. contabilità PER GRAFICI E CV SABATO 27 settembre Centro professionale Lugano/Trevano.

Grazie alla gentile disponibilità delle persone responsabili della Rsi martedì 20 maggio una quarantina, tra colleghe e colleghi pensionate/i, hanno risposto presente all’interessante visita degli studi televisivi. Accompagnati da due esperte, gentili e competenti guide, i partecipanti hanno avuto la possibilità di visitare e quasi “toccare con mano” quanto ruota attorno a questa importantissima azienda dell’informazione. Dopo aver fatto visita agli studi del TG con annessa regia, del Quotidiano, della redazione sportiva, di Piattoforte, dei vari concorsi e intrattenimenti, la visita è terminata tra camerini trucco e sartoria dove abbiamo avuto la possibilità di ammirare una vasta gamma di vestiti preparati con la massima cura per i professionisti che quotidianamente ritroviamo sullo schermo di casa nostra. I presenti sono stati entusiasti e anche meravigliati nel constatare quanto accade in questo fantastico mondo. Per concludere rivolgiamo un grande ringraziamento e complimenti a tutto lo staff della Rsi e in modo particolare alle nostre guide Anja Tognola e Daniela Marino. Ernesto Fenner

Fotografie Rizzi e redazione

Indirizzi

solidarietà

Segretariato Centrale CP 6336 Monbijoustr. 33, 3001 Berna Tel. 058 817 18 18 Fax 058 817 18 17 mail@syndicom.ch

SÌ all’iniziativascuole «Aiutiamo le comunali» scuola o p o d e e s n e +m sse – allievi per cla

inchiesta syndicom

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1431 persone hanno risposto al sondaggio online e 30 tramite versione cartacea. Ringraziamo di cuore tutti coloro che hanno partecipato. I risultati dell’inchiesta verranno comunicati dopo le ferie estive.

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Reka, per avere di più.

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Il Sudoku di syndicom In palio un buono Reka da 50 franchi. La soluzione (la cifra composta dai tre numeri derivanti dalle caselle segnate di blu indicate nell’ordine da sinistra a destra) sarà pubblicata sul prossimo C o n c eè p t previsto i s P u z z l e s alcuno scambio 06010030419 numero insieme con il nome del/della vincitore/vincitrice. Non di corrispondenza sul concorso. Sono escluse le vie legali. Inviare la soluzione indicando il nome e l’indirizzo, entro il 30 giugno 2014, a: syndicom - il giornale, via Genzana 2, 6900 Massagno.

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Il vincitore del cruciverba pubblicato su syndicom - il giornale N. 7 è Giancarlo Zanotta di Bellinzona.

Segretariato regionale Massagno Via Genzana 2, 6900 Massagno Tel. 058 817 19 61 Fax 058 817 19 66 ticino@syndicom.ch Orari: lunedì, martedì, mercoledì e venerdì dalle 13.30 alle 17.30. Giovedì dalle 8.30 alle 12.30. Al di fuori di queste fasce orarie si riceve su appuntamento. Segretariato regionale Bellinzona Piazza Giuseppe Buffi 6A casella postale 1270, 6501 Bellinzona Tel. 058 817 19 67 • Fax 058 817 19 69 ticino@syndicom.ch Cassa disoccupazione Bellinzona Piazza Giuseppe Buffi 6A casella postale 1270, 6501 Bellinzona Tel. 091 826 48 83 • Fax 091 826 48 84 Orari: dal 23.6.2014 al 31.8.2014 lu-ma-me-gio 9.00 -11.30 Venerdì chiuso tutto il giorno Gruppo pensionati Pagina web: www.pensionati.ch Contatto e-mail: redazione@pensionati.ch o ernesto.fenner@bluewin.ch


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