cartolina d’epoca
la prima Carmen, in una foto di Nadar
La passione che uccide Breve introduzione a “Carmen”, terza opera in cartellone per la 43° Stagione Lirica della Provincia di Lecce di Fernando Greco Insieme con “La Traviata” di Giuseppe Verdi, la “Carmen” di Georges Bizet (1838 – 1875) rimane a tutt’oggi l’opera lirica più rappresentata al mondo: il pubblico di ogni età non può non appassionarsi a questa miscela esplosiva di amore, gelosia e morte che rappresenta l’espressione ultima ed estrema della passionalità romantica vista nei suoi aspetti più scandalosamente carnali. Come tutti i capolavori di transizione, “Carmen” sfugge a qualsiasi tentativo di catalogazione, ma è indiscutibile che l’eroina di Bizet abbia precorso i tempi, ponendosi a capo di quel défilé di “femmes fatales” che, da Manon a Salomé a Lulu, avrebbero caratterizzato il Decadentismo europeo.
Georges Bizet
UNA VICENDA “DISEDUCATIVA” Dopo il discreto successo riscosso dall’opera “Les pecheurs de perles” (I pescatori di perle), Bizet si accinse a pensare a un soggetto per una nuovo dramma musicale commissionatogli dall’Opéra-Comique che di fatto avrebbe dovuto ratificare le qualità del promettente musicista. La proposta della novella di Prosper Mérimée intitolata “Carmen” fece letteralmente rabbrividire Camille Du Locle, impresario del Teatro, che pertanto oppose un esplicito rifiuto etichettando la vicenda proposta come “diseducativa”. L’Opéra-Comique costituiva a Parigi il teatro delle famiglie borghesi, delle signorine bene che già avrebbero storto il naso davanti a un finale tragico, figuriamoci se si sarebbe potuto parlare loro di bettole, donne di facili costumi e contrabbandieri. Tuttavia l’intervento di Ludovic Halévy, uno dei due librettisti dell’opera (insieme con Henri Meilhac), smussò gli spigoli con la promessa di un apparato di danze folkloriche degno di un Grand-Opéra e di un personaggio femminile positivo che, seppur assente nella novella di Mérimée, facesse da contraltare alla dissoluta protagonista. La Direzione del Teatro finì con l’acconsentire anche al finale tragico, forse per intercessione della cantante Marie GalliMarié, stella dell’Opéra-Comique, che sosteneva appieno le posizioni del musicista e sarebbe diventata la prima Carmen.
UN SUCCESSO TARDIVO Il debutto ebbe luogo il 3 marzo 1875 alla presenza di tutti i più grandi musicisti parigini, fra cui Gounod, Massenet e Offenbach, in un’atmosfera che, secondo le cronache locali, si andò raffreddando man mano che l’opera andava avanti. E non si trattò solo di contestare la vicenda, ma anche un tessuto orchestrale tacciato di “wagnerismo” a causa di sonorità giudicate caotiche e la presenza dei leitmotiv, tutte
www.iltaccoditalia.info
La Trama Atto Primo - Nella assolata piazza di Siviglia i soldati del corpo di guardia si divertono a osservare i passanti. Una ragazzina si aggira con imbarazzo tra i militari, suscitando il loro interesse: è Micaela, che chiede notizie di Don José. Avendo appreso che quegli sarebbe arrivato al cambio della guardia, fugge via spaventata dagli sguardi ammicanti dei soldati. Giunge il nuovo drappello comandato dal tenente Zuniga: tra i militari c’è anche Don José, che viene informato dell’accaduto. Dalla vicina manifattura dei tabacchi escono le sigaraie per la pausa di mezzogiorno, puntualmente circondate da uno stuolo di corteggiatori. La più provocante è Carmen che, incuriosita dall’unico uomo che non le presta attenzione, ovvero Don José, gli getta il fiore che aveva in seno. Al rientro in fabbrica delle operaie, l’uomo, visibilmente turbato da quanto gli è successo, viene raggiunto da Micaela, la fidanzatina che lui ha lasciato al suo villaggio di origine: alle parole della ragazza, che gli porta notizie della madre, l’uomo è preso dai ricordi e dalla nostalgia. Micaela parte dopo aver dato a José un casto bacio. Dalla fabbrica si odono delle urla: alcune sigaraie, visibilmente agitate, rivelano ai soldati che, durante un litigio, Carmen ha ferito una compagna. Interrogata da Zuniga, la donna con fare indisponente si rifiuta di rispondere e pertanto viene arrestata. Toccherà a José condurla in prigione. Rimasta sola con lui, Carmen gioca la carta della seduzione e, dandogli appuntamento in una taverna alle porte della città, lo convince ad allentare i nodi che le legano i polsi. Appena i due si incamminano verso il carcere, Carmen si libera dalle funi e dà uno spintone a Josè, fuggendo via tra le risate ironiche dei presenti. Atto Secondo - Alcuni mesi dopo, nella taverna di Lillas Pastia in una calda serata estiva, si beve e si canta in allegria. Le donne, tra cui Carmen con le sue amiche Mercedes e Frasquita, intrattengono piacevolmente i militari. Carmen apprende dal tenente Zuniga che José, dopo aver scontato la galera per averla fatta fuggire, è stato appena liberato. Giunge il torero Escamillo portato in trionfo da uno stuolo di ammiratori: egli brinda con tutti e si mostra particolarmente attratto dalla protagonista. Nel frattempo si è fatto tardi e, nell’osteria rimasta deserta, due malavitosi (il Dancairo e il Remendado) propongono a Carmen e alle sue amiche di unirsi a loro in un affare di contrabbando. La gitana si mostra incerta poiché spera che José, rispettando l’antico appuntamento, la raggiunga in taverna da un momento all’altro. Come previsto, giunge Don José: i due sono da soli e Carmen danza sensualmente solo per lui. Le effusioni vengono interrotte dal suono di una tromba, che dalla caserma annuncia la ritirata. L’uomo si affretta a congedarsi da Carmen suscitando la delusione della donna, che invece lo invita a restare con lei per vivere in maniera del tutto libera da leggi e costrizioni. José parte amareggiato, ma sulla porta della taverna si imbatte nel tenente Zuniga, venuto a cercare Carmen. Il superiore, con fare sarcastico, fa notare alla donna che non è saggio accontentarsi di una recluta quando si ha a disposizione l’ufficiale; pertanto il giovane, furente di gelosia, sguaina la spada. Ini-
zia un impetuoso duello e Carmen urla spaventata chiedendo aiuto. Compaiono i due contrabbandieri che legano Zuniga e lo disarmano per poter aver via libera e fuggire senza essere denunciati. José, all’ennesimo invito di Carmen, si unisce al gruppo: ora anch’egli è un fuorilegge. Atto Terzo - E’ notte. La carovana dei contrabbandieri sta attraversando le montagne diretta al confine. In un momento di riposo, Mercedes e Frasquita leggono il loro futuro nelle carte. Carmen decide di fare lo stesso e si turba quando scopre nelle carte la propria morte imminente. La lugubre atmosfera è interrotta dal Dancairo, capo del gruppo, che stabilisce che le tre donne raggiungano il posto di guardia di confine per distrarre i doganieri con le loro arti femminili, così che gli uomini possano passare indisturbati con le merci contrabbandate, mentre José resterà a guardia dell’accampamento. Micaela compare tra le montagne: ella è sola e spaventata, ma decisa a raggiungere l’amato per convincerlo a far marcia indietro, a tornare da lei e alla vita rispettabile di un tempo. Si ode uno sparo. Micaela si nasconde impaurita. Compare Escamillo che, nel tentativo di introdursi nell’accampamento, è stato sparato da José. Il torero si rallegra per il fatto di non essere stato ferito e, ignaro dell’identità dell’uomo che ha davanti, gli rivela di aver raggiunto la carovana per incontrarsi con Carmen, della quale ha subìto il fascino. Accecato dalla gelosia, il giovane sfida a duello il rivale. Escamillo comprende allora di essersi imbattuto nell’uomo della zingara, che repentinamente lo atterra puntandogli il pugnale alla gola. La baruffa viene interrotta dall’arrivo di Carmen e dei suoi compagni: la donna si mostra lusingata dalla presenza del torero che, con nonchalance, abbandona il gruppo invitando tutti alla sua prossima corrida. Micaela intanto, scoperta dai contrabbandieri, rivela all’amato che sua madre sta morendo e vorrebbe rivederlo per l’ultima volta. Carmen coglie l’occasione per invitarlo a partire esacerbando la rabbia di Don José, il quale si risolve a lasciare il gruppo non prima di aver rivolto alla zingara un minaccioso arrivederci. Atto Quarto - Esterno della Plaza de Toros di Siviglia. Una folla festante attende l’imminente corrida. Escamillo compare trionfalmente in scena accompagnato da Carmen. Tutti entrano nell’arena al seguito del torero. Mercedes e Frasquita esortano l’amica ad allontanarsi poiché Don José si aggira minaccioso nei paraggi. Incurante del rischio, Carmen tranquillizza le ragazze rimanendo ad attendere l’uomo. Don José le si presenta innanzi stravolto dal dolore: ripetutamente egli la implora di tornare alle antiche promesse. Carmen è irremovibile. Quando dall’interno si odono le acclamazioni per Escamillo, la donna si mostra sfacciatamente compiaciuta e fa per avviarsi nell’arena, ma l’uomo la trattiene minacciandola con un coltello. Per nulla atterrita, Carmen rincara la dose, gettando con disprezzo l’anello che un giorno José le aveva donato. Il dolore si trasforma in rabbia omicida, e José pugnala a morte la donna, consegnandosi spontaneamente alla giustizia.
www.iltaccoditalia.info
qualità che di lì a poco invece sarebbero state considerate geniali. Basti pensare al giudizio del sommo Richard Strauss (1864–1949) che, a distanza di una generazione da quella di Bizet, scriveva: “Se volete imparare a orchestrare, studiate la partitura di “Carmen”. Non va nemmeno taciuta l’aspra critica di Camille Saint-Saens (1835-1921) contro il pubblico della prima, “... borghesi ruminanti e con la pancia, che sgranocchiano un bonbon e ricadono nel sonno, convinti che l’orchestra stia ancora accordando”. Di fatto la “Carmen” iniziò il suo viaggio trionfale per il mondo, raggiungendo una popolarità e un successo senza confini né paragoni. Purtroppo Bizet non ebbe modo di partecipare in vita al trionfo della sua opera: tre mesi dopo la prima di “Carmen” sarebbe morto all’età di 37 anni, portandosi in cuore la bruciante constatazione del fallimento.
FEMMINISMO ANTE LITTERAM Rispetto alla novella di Mérimée, il libretto operistico mitiga l’ambiente che circonda la protagonista nel tentativo di bilanciare la negatività del personaggio di Carmen con elementi Anna Caterina Antonacci, una Carmen del nostro tempo
moralmente positivi, anche se quella che un tempo veniva giudicata come immoralità può essere vista al giorno d’oggi come una sorta di femminismo ante-litteram, un’esigenza di libertà portata alle estreme conseguenze. Carmen è una zingara che si guadagna da vivere tra la manifattura dei tabacchi e il contrabbando, frequenta bettole di periferia e fa perdere la testa a molti uomini tra cui il giovane Don José. Al contrario delle precedenti eroine Romantiche, inclini a sentimentalismi talora smaccati, Carmen non si innamora di nessuno perché, come ella stessa dice, è nata libera e libera morirà. Nella novella, Don José è presentato come un duplice omicida; nell’opera, Don José è un ragazzotto ingenuo venuto dal paesello per guadagnarsi da vivere facendo il militare, anche se la passione per Carmen avrà la meglio contro tutti i suoi valori, trasformandolo in un fuorilegge. Per contro, al paesello ha una madre e una fidanzatina adolescente che lo aspettano e pregano per lui, ma che lentamente acquisiranno consapevolezza dell’incombente tragedia. Nella novella la casta fidanzatina non esiste, mentre nell’opera si tratta della dolce Micaela, che tuttavia al liliale candore del primo atto opporrà nel terzo atto un coraggio leonino quando non esiterà ad affrontare tutta sola di notte i contrabbandieri pur di trovarsi faccia a faccia con “questa poco di buono che ha rovinato il mio uomo”. L’innesco della tragedia avrà inizio quando Carmen si innamorerà dell’aitante torero Escamillo, scatenando la gelosia di Don José che finirà con l’uccidere l’indomabile protagonista.
IL FOLKLORE SPAGNOLO La popolarità di “Carmen” è dovuta anche all’utilizzo di formidabili temi musicali derivanti dal folklore spagnolo, messi in gioco soprattutto per caratterizzare la sensualità della protagonista. La gitana compare in scena cantando la celeberrima Habanera, che è una danza spagnola di origine cubana (l’etimologia del termine deriva da L’Avana, capitale di Cuba) dall’alta valenza erotica. Si pensi inoltre a quanta sfacciata goliardia ci sia nel testo, che comincia descrivendo l’amore “un uccello ribelle”. Quando Carmen seduce Don José, canta una Seguidilla, danza spagnola di origine antichissima (accompagnata in genere dalle nacchere), da cui sarebbe derivato il Bolero. All’inizio del secondo atto, nell’osteria si canta e si balla al suono della travolgente Chanson Bohème, di diretta derivazione gitana. E’ singolare il fatto che, fino alle soglie del Novecento, cioè fino alla comparsa di autori spagnoli come De Falla, Albeniz e Granados, il folklore iberico si sia diffuso a livello internazionale grazie a musicisti non spagnoli. La “Carmen” è un caso emblematico, ma le si possono affiancare titoli come il “Capriccio spagnolo” di Rimsky-Korsakov o i capolavori dell’Impressionismo francese quali “Iberia” di Debussy o il celeberrimo “Bolero” di Ravel.