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EDITORIALE Iene, metrò e la democrazia di un’informazione giovane
zx di Maria Luisa Mastrogiovanni
Il Tacco di agosto ha trattato senza falsi moralismi il tema marijuana (per la maggior parte di medici e scienziati, una sostanza psicotropa la cui pericolosità è equiparabile a quella della caffeina) e qualcuno ci ha preso per matti. Tanto più che, facendone una questione di nostra deontologia, rispettavamo il segreto professionale invocato da un politico che prima aveva ammesso di farne uso poi ci aveva chiesto di non scriverlo. Poche settimane dopo è esploso il clamoroso caso “Le Iene in Parlamento” ed è stato finalmente approvato un protocollo per l’uso terapeutico della sostanza. Capita che, con geniale tecnica di pirateria giornalistica, i bravi colleghi di Italia 1 dimostrino che una grossa quota dei parlamentari italiani è composta, nella migliore delle ipotesi, da ipocriti: impongono ai cittadini leggi proibizioniste sulle droghe e poi ne fanno uso, puniscono col carcere i consumatori e poi svuotano le patrie galere con l’indulto. L’intervento del Garante della privacy ha però bloccato la trasmissione del servizio, giocando su un cavillo: perché il prelievo della sostanza da analizzare (in questo caso
il sudore) era stato eseguito con l’inganno. Ci ha pensato comunque internet a diffondere il filmato, confermando che ormai le maglie della censura sono troppo larghe per contenere la “rete delle reti” (tanto che le notizie più fresche e attendibili dal fronte, da tutti i fronti del mondo, arrivano dal web, grazie ai testimoni diretti). Negli stessi giorni, ecco il primo caso italiano di “reporter diffuso”. Al momento dell’incidente nella metrò di Roma, c’è un utente che sta riprendendo la scena col suo telefonino. Le immagini shockanti fanno il giro del mondo. E’ il tramonto dei media di massa one to many (da uno a molti) e l’inizio dell’era della personalizzazione one to one dell’informazione. Il medium web ha una potenza intrinseca di gran lunga superiore a quella degli altri mezzi, compreso il satellite. E’ visibile in tutto il mondo e contemporaneamente a bassi costi di fruizione (l’adsl costa poco più del canone Rai) e di trasmissione (acquistare un dominio e relativo spazio costa 30 euro). Tutte le informazioni sono visibili 24 ore su 24, con un semplice click dell’utente. Internet è multimediale, cioè consente la fruizione di contenuti audio, video, testuali, foto, oltre a
GOLEM Europarlamentare, sindaca di Lecce, ex-ministra per l’Agricoltura, dirigente storica della Destra italiana, Adriana Poli Bortone appartiene di diritto alla storia politica del nostro paese. Donna energica e dura, quanto elegante e colta, ha saputo interpretare tutti i suoi ruoli pubblici senza mai cedere a troppi compromessi e circondandosi di pochi consiglieri di sicura affidabilità. Negli ultimi otto anni ha cambiato il volto di Lecce: più curata, ordinata e capace di attrarre visitatori; una vera “porta d’Europa” come recitava il fortunato slogan ideato da Franco Amarella. Oggi si trova nella condizione ideale per un riposizionamento della sua attività, magari al servizio di AN e della sua definitiva evoluzione in partito liberal-conservatore di stampo europeo. Perché allora lasciare in piedi l’ipotesi terzo mandato da sindaco? Perché non lasciare spazio al suo giovane vicesindaco Paolo Perrone? Non è stanca delle aggressioni verbali dei vari Mario De Cristofaro o Alfredo Mantovano? Di essere tirata per i capelli in scandali che non la riguardano, come per la recente indagine a carico di Ennio De Leo per presunta istigazione alla corruzione in Omfesa? Di doversi giustificare per le assunzioni pilotate della Lupiae Servizi (lo sanno tutti che le società miste, come anche l’Alba Service della Provincia, vengono costituite per facilitare le assunzioni dirette)? Prenda esempio, Adriana Poli Bortone, da Giovanni Pellegrino, il quale ha già escluso l’ipotesi di una sua seconda candidatura. E proprio con il suo alter ego di sinistra, la signora Adriana condivide l’affetto per la nipotina Francesca (figlia di Giangi Pellegrino e Paola De Donno, nipote di primo grado della Poli). L’opinione del Golem è che anche nella politica italiana sia giunto il momento in cui i nonni facciano i nonni e i più giovani si mettano di più in gioco. Altrimenti, nell’era di internet e della competizione globale, continueremo a gustarci duelli tra candidati premier settantenni, mentre l’Europa si affida a leaders come Blair, Zapatero o Angela Merkel.
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scaricare file e creare collegamenti ipertestuali con altre fonti informative. Internet è interattivo, consente cioè di comunicare con altri utenti o con le redazioni non solo in maniera asincrona ma anche in tempo reale (ad es: con le chat). Ciascun utente può accedere rapidamente alle sole informazioni che gli interessano attraverso i motori di ricerca e personalizzare il palinsesto dei giornali on line, chiedendo al sistema di rendere visibili solo quelli di suo interesse. La sua immediatezza e basso costo fa di internet uno strumento concreto di globalizzazione della democrazia, di costruzione di un sistema condiviso di accesso alle Verità che sono state negate alle opinioni pubbliche di tutto il mondo. Ma ecco il paradosso: da un lato c’e’ la diffusione di mezzi di informazione sempre più capillari e tempestivi, capaci di scardinare le bugie che da decenni ci vengono propinate come verità di fede, dall’altro un’opinione pubblica sempre più disincantata, poco interessata a capire e contestare le decisioni calate dall’alto. Questo non riguarda i giovani, che (per fortuna) hanno talmente tanta voglia di dire e di capire che l’informazione la fanno da sé. Il tacco d’Italia
Il mensile del salento Anno III - n. 31 - Novembre 2006 Iscritta al numero 845 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 27 gennaio 2004 EDITORE: Nerò Comunicazione - Casarano - P.zza A.Diaz, 5 DIRETTORE RESPONSABILE: Maria Luisa Mastrogiovanni HANNO COLLABORATO: Mario Maffei, Laura Leuzzi, Marco Sarcinella, Guido Picchi, Marco Laggetta, Enzo Schiavano, Mario De Donatis, Antonio Lupo, Paolo Vincenti, Giuseppe Finguerra, Margherita Tomacelli, Antonella Coppola FOTO: Dove non segnalato archivio del Tacco d’Italia COPERTINA: Crazy Cat - Emad lynx REDAZIONE: p.zza Diaz, 5 - 73042 Casarano Tel./Fax: 0833 599238 E-mail: redazione@iltaccoditalia.info PUBBLICITÁ: marketing@iltaccoditalia.info - tel. 3939801141
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ANGOLO 21 Questo è uno spazio libero per chiunque abbia qualcosa da dire. Raccoglie i pensieri, i commenti, gli interventi più strani o degni di nota che i lettori lasciano sulle pagine del quotidiano on line www.iltaccoditalia.info, il primo del Salento, con tre aggiornamenti al giorno sui temi più vari, dalla politica, all’economia, alla cultura agli spettacoli. E, allora, l’invito è aperto a tutti: fatevi sentire, partecipate alla vita del quotidiano on line. Potete commentare ogni singolo articolo e le rubriche, iscrivervi al forum e rispondere ai pensieri dei blog. 24 ore su 24. Sta nascendo la prima grande community salentina. E chi fa breccia nel cuore del Tacco, avrà qui un angolo per dire la sua.
//A proposito di iene Cannabis: perché no? Nel 1976 Giancarlo Arnao, un medico peraltro non favorevole all'uso di marijuana, pubblica un "Rapporto sulle droghe"che affronta il problema "droga"con un approccio scientifico e interdisciplinare (farmacologico, medico, psicologico, culturale, politico e giuridico), rifiutando la tradizionale distinzione fra droghe illegali e droghe legali (alcool,tabacco,psicofarmaci). Arnao, inoltre, riporta le conclusioni dei diversi rapporti che le commissioni d'inchiesta interdisciplinari create dalle autorità locali e statali di diversi paesi hanno prodotto sul problema della cannabis; da esse si evince come l'uso di marijuana non determini tossicomania, non induca all'uso di cocaina, morfina o eroina e non sia un fattore determinante di criminalità.
sono l’unico serbatoio in grado di generare il consenso politico attorno alla figura del Presidente del Consiglio, forte dei suoi rapporti personali ma monco di un partito. zx Cosimo Fracasso, dal blog Tamburo battente
www.iltaccoditalia.info/blog/?b=4
//E adesso che cosa si fa? Lecce-Rimini: i giallorossi giocano male e perdono. ModenaLecce: i giallorossi giocano bene (stando a quanto afferma Zeman) e perdono. Dunque, cosa si fa adesso? [...] Possiamo sostenere la squadra. Fino a quando saremo capaci di accontentarci di una buona prestazione e zero punti? zx Valeria Potì www.iltaccoditalia.info/sito/index-a.asp?id=925
zx Marco Sarcinella, dalla rubrica Il Pensatoio www.iltaccoditalia.info/sito/index-r.asp?id=811
Porte aperte al poliziotto Le Iene hanno provato a verificare, con un test che pare dubbio, quanti parlamentari si drogherebbero. Su cinquanta soggetti dodici sono risultati positivi alla cannabis e quattro alla cocaina. Tutti urlano per la violazione della privacy. Quanti sanno che un poliziotto può entrare in casa tua e perquisirla se sente ‘odore’ di spinello? zx Guido Picchi, al blog L’eretico www.iltaccoditalia.info/blog/?b=2
Tutto questo parlarne mi ha messo fame...chimica, ovviamente! Privacy (commento al blog)
//Romano Prodi, il colonizzatore Quale strada resta possibile per il “dossettiano aprocrifo” Romano Prodi? Semplice: fare l’unica cosa che ha sempre fatto con discreto successo, ovvero colonizzare feudi finanziari-imprenditoriali-bancari e/o crearne di nuovi “ad hoc”, ovvero creare riserve di caccia sulle quali possa vantare diritti di esclusiva senza ritrovarsi tra le scatole scomode ed inopportune “terze parti” a fargli da soci, quali ad esempio i Ds, in modo da iniettarvi le sue famose “cordate”, cosa che già aveva fatto all’interno degli ex enti pubblici economici, come ad esempio Fs S.p.A., con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. Cordate composte da banchieri, finanzieri e imprenditori “amici” - che
LO STRANIERO
Salento-Milano. E poi inversione di marcia
zx di Guido Picchi
Quando mi presento il mio interlocutore appare spesso incuriosito. Si chiede come mai al contrario dei molti che dal Salento emigrano verso Nord io sono sceso verso il nulla. Quando poi spiego che cerco una qualità della vita migliore di quella metropolitana sembra che io abbia scoperto il segreto, e molti confessano che anche loro restano qui per lo stesso motivo. Andando a Milano in moto puoi ammirare la dorsale tirrenica che ti propone panorami interessanti e qualche curva niente male, salvo poi inorridire quando, ormai in Romagna, ti si presenta la Pianura padana con il suo cielo devastato da una coltre giallognola. Decenni di industrializzazione hanno trasformato le mitiche “giornate uggiose” in una velatura costante del cielo (la poesia autunnale della nebbia ha ceduto il posto all’aforisma dell’inquinamento). Anche il sole non è lo stesso, o meglio, non riesce a produrre gli stessi effetti. Il progresso porta consapevolezza, anche quando preferirebbe evitarla, e ciò spinge sempre più persone verso soluzioni più a misura d’uomo dell’abitare ammassati nelle metropoli con il solo scopo di essere sfruttati meglio. Prima di prendere il prossimo treno ricordatevi di salutare il sole.
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LETTERE AL DIRETTORE // Tra la gente. Giusto ritratto di De Matteis Molto utile, opportuno e ben fatto mi è sembrato l’articolo col quale Marco Sarcinella ricorda, sul numero di settembre de “Il Tacco d’Italia”, l’opera e l’azione del compianto senatore Salvatore De Matteis. Bene ha fatto l’articolista a sottolineare il grande e costante attivismo di De Matteis, la sua carica umana e tutti gli elementi che contribuirono a fare di Lui un importante punto di riferimento del PSI salentino: vorrei che non fosse dimenticata la sua diuturna opera nel costituire nuove sezioni socialiste nel basso Salento, dove il suo intervento non si limitava a mettere in piedi gruppi dirigenti ma a reperire i locali delle sezioni, ed anche ad assumersi conseguenti oneri finanziari. Per questo, ma non solo, è rimasto di lui il ricordo di un uomo molto generoso: un uomo che sapeva stare con la gente, come è stato evidenziato nell’articolo, avendone sempre la capacità di rappresentare lamentele, aspirazioni e richieste e cercando di dare ad esse adeguate risposte nella sua quotidiana azione, e questo anche al di fuori della sua opera di uomo politico di volta in volta impegnato in sede comunale, provinciale, parlamentare o di governo. Di conseguenza, se ci furono divergenze nel corso della Sua milizia democristiana esse, nella loro sostanza, non riguardarono una sua pretesa di sostituire Ferrari nel collegio senatoriale Casarano-Tricase, ma quello che doveva essere nel basso Salento il ruolo ed il compito di un grande e moderno partito popolare, sempre meno pronto ad assecondare le pressioni dei vecchi ceti dominanti e sempre più capace e disposto ad interpretare la volontà e le aspirazioni della gente. Soprattutto per questo Egli divenne il naturale candidato socialista del collegio Casarano-Tricase: ed ecco anche perché fu del tutto naturale per Lui l’incontro e la concreta collaborazione con quella che nell’articolo viene definita “l’ala lombardiana” del partito socialista, e fu del tutto naturale per lui proporre “l’avversario interno” De Fortunatis a capogruppo socialista in seno al Consiglio Comunale di Casarano ed anche ad assessore ai lavori pubblici e vice sindaco, sostenendone poi sempre le posizioni e l’azione espresse nelle suddette vesti. Certo sarebbe importante approfondire la storia, i contenuti e la portata dell’alleanza che allora si stabilì tra DC e PSI: ne deriverebbe, credo, che ad una scelta consapevole e lungimirante compiuta dal locale gruppo dirigente democristiano guidato da Luigi Memmi, non si accompagnò il coinvolgimento dell’intero partito, alcune componenti del quale non seppero respingere le pressioni di potentati locali, e che si lasciò suggestionare dal voltagabbana di gran parte (Anselmo Ciuffoletti escluso) del gruppo consiliare missino. Alla fine di quella alleanza contribuì anche una certa miopia dell’allora Partito Comunista non ancora pronto a comprendere tutta la grande portata innovativa, pur tra numerosi limiti, dell’alleanza tra forze di ispirazione cattolica e forze di ispirazione laica e socialista in termini di rottura col passato e di proposizione delle classi subalterne alla guida del paese.
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Per questo, più che per le polemiche tra lombardiani e democristiani di Ferrari, cadde una amministrazione comunale che tante attese aveva suscitato tra la popolazione di Casarano e non solo. zx Fortunato De Fortunatis - Lecce
// Residenti in via Canova. Casaranesi come gli altri? Non è giusto che un Comune fornisca un servizio solo ad alcuni cittadini ed altri no. Ma è ciò che ha fatto il Comune di Casarano con noi residenti in via Canova. Il metano è, infatti, arrivato in tutte le strade intorno alla nostra, ma poi si è fermato. Eppure non si tratta di una strada periferica; è praticamente nel centro della città. Che cosa significa, mi chiedo, questo atteggiamento nei nostri confronti? Che non siamo cittadini come gli altri? Quando, tempo addietro, ne parlai con il sindaco, lui mi disse che entro la fine del 2005 anche noi avremmo avuto il servizio. Ma è passato quasi un anno dal termine che ci era stato indicato e la promessa non è stata ancora mantenuta. Inoltre, non solo il sindaco non fornisce la nostra zona di metano, ma non ci permette neppure di allacciarci alla rete. Sono stanco di salire e scendere dal primo piano trasportando le bombole del gas. Sono anziano e per me è una fatica difficile da sopportare. E poi, 50 euro a settimana sono troppi. Per me, che sono pensionato, è una spesa insostenibile. zx Antonio Rosario Toma – Casarano
Per una amministrazione pubblica essere vicina alla fasce deboli della popolazione dovrebbe essere tra le sue priorità. Lei registra l’assenza di un servizio pubblico con un’immagine efficace: “Salire e scendere dal primo piano trasportando le bombole del gas”. Non sappiamo perché nella sua strada manchi l’allaccio alla rete del gas,ma lo chiederemo al sindaco.
// Pellegrino: mai nel Sud Salento. La Taranta: in Cina e Giordania Condivido appieno l’intervento di Enzo Schiavano sulla Provincia apparso nel numero scorso del Tacco e, nonostante non sia io un politico, mi indigna essere rappresentato, a livello provinciale, dall’amministrazione Pellegrino. Ma oltre alla questione morale, la rappresentatività del sud Salento è negata, nonostante sia stata determinante per la vittoria della coalizione. Pellegrino è stato invitato una decina di volte dalle mie parti, ma non è mai venuto, mentre poi in convegni sul vino in altre province lo vedi in prima fila. Ma che cosa ha contro di noi? Senza parlare delle politiche sbagliate, come la decisione di destinare tutti i finanziamenti per la cultura alla Notte della Taranta in Cina, Giordania, mentre le richieste di sovvenzionamento di tante associazioni (vedi Archeoclub) rimangono inascoltate. zx Stefano Cortese - Melissano
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ATTUALITÀ
z LA PILLOLA ABORTIVA AL VITO FAZZI
// INCHIESTA
Aborto con pillola. Mai con lo zucchero IL “VITO FAZZI” DI LECCE PRATICA L’ABORTO TRAMITE PILLOLA RU 486. LO FANNO SOLO ALTRE TRE CITTÀ IN ITALIA
« Ogni azienda sanitaria può oggi introdurre la pillola come metodo abortivo. Ma mancano un coordinamento tra Ausl che la usano e una normativa ministeriale che ne regoli l’impiego
»
zx di Laura Leuzzi
a potremmo definire la pillola che divide. Perché da quando si è introdotto l’argomento del suo utilizzo in alternativa al tradizionale aborto chirurgico, accesi dibattiti hanno spaccato in due non solo gli ambienti della medicina, ma anche quelli della politica, dell’etica, della religione. Si chiama RU 486 e dallo scorso febbraio viene usata all’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce (Ausl Lecce 1). Solo in altre tre città italiane, Torino, Reggio Emilia e Pontedera, si sperimenta allo stesso modo. Il Tacco ha però constatato che ancora non esistono né un coordinamento nazionale tra Ausl che già praticano il trattamento, anche se queste cercano di rimanere in contatto tra loro (è accaduto così tra la Lecce 1 e la Torino Sant’Anna, che è stata la prima azienda a proporre la RU), né una normativa ministeriale che ne regoli l’impiego. In tutto hanno abortito con la pillola presso l’ospedale di Lecce 15 donne, di età differenti. E in nessun caso si
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sono riscontrati effetti collaterali. La valutazione sulla nuova modalità abortiva da parte dell’equipe medica che l’ha eseguita è, dunque, positiva. D’altronde da febbraio ad oggi non si è “sperimentata” la pillola abortiva al Fazzi (come erroneamente si crede), ma si è “somministrata” in maniera controllata, cioè sotto il monitoraggio dei medici. Infatti la RU486 è in commercio dal 1980, da 26 anni in tutto il mondo. Ma a Lecce mentre c’è chi saluta l’utilizzo della pillola RU 486 come un metodo necessario perché meno invasivo, e dunque meno traumatico, rispetto all’aborto chirurgico (per quanto possa mai essere poco traumatica la decisione di interrompere una gravidanza), c’è anche chi crede che esso possa “facilitare” la scelta dell’aborto. Ovvero, la donna che sapesse di non doversi sottoporre necessariamente ad intervento chirurgico, prenderebbe più a cuor leggero la decisione di abortire.
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// INCHIESTA
ATTUALITÀ
LA PILLOLA ABORTIVA AL VITO FAZZI z
// Perché al “Fazzi”
o Ospedale Vito Fazzi di Lecce
Per Gianluigi Trianni, direttore generale dell’azienda sanitaria, che ha voluto introdurre l’utilizzo della RU 486 nella Ausl da lui diretta, l’impiego della pillola come metodo abortivo è un obbligo istituzionale Gianluigi Trianni dettato dalla legge 194/78 sull’aborto, che impone l’attivazione di tutte le nuove tecnologie per la prevenzione delle gravidanze non desiderate. “Abbiamo scelto di introdurre la somministrazione della RU 486 al Vito Fazzi di Lecce – spiega Trianni - perché lì erano già presenti le strutture e le professionalità in grado di offrire il nuovo servizio. Esisteva già, infatti, un’attività assistenziale per l’interruzione di gravidanza; i colleghi tecnici hanno quindi ritenuto di poter offrire la nuova tecnologia. Adesso – conclude - non ci sono ostacoli perché una donna scelga di sottoporsi ad aborto farmacologico”. Ogni azienda sanitaria che lo voglia, può introdurre la somministrazione della pillola quale metodo abortivo.
// Ausl Lecce 1. Tra sì e no Anche all’interno della stessa Ausl Lecce 1 si riscontrano posizioni divergenti sull’utilizzo della Ru 486 come metodo abortivo. Noi abbiamo sentito Piero Miglietta e Gerardo D’Ambrogio, del gruppo di lavoro per la somministrazione della pillola che dall’anno scorso ha studiato il farmaco e ne ha praticato la somministrazione alle pazienti che ne facessero esplicita domanda. Questi si sono detti pienamente favorevoli all’aborto farmacologico. Parere opposto ha espresso, invece, Maurizio Toraldo, del Comitato etico dell’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce, al quale spetta esprimere, su richiesta, pareri o raccomandazioni su argomenti di tipo etico. Tuttavia riguardo alla sperimentazione della pillola abortiva al Fazzi, nessuno ha chiesto un parere al Comitato etico.
// 15 su 15. Resoconto positivo Il gruppo di lavoro per la somministrazione della Ru 486 si è costituito poco prima dell’inverno; il primo trattamento è avvenuto il 27 febbraio scorso. L’equipe è composta da diverse figure professionali: un medico di consultorio, Pantaleo Spirto; cinque medici ospedalieri, Francesco Tinelli, Vittorio Lagna, Piero Miglietta, Amleto Buia e Gerardo D’Ambrogio, sia obiettori che non obiettori, che si sono occupati della parte scientifica; e una farmacista, Caterina Montinaro. I tecnici hanno studiato tutte le condizioni prima di elaborare un piano di somministrazione e determinare l’iter della paziente. Le 15 donne che finora si sono sottoposte al trattamento hanno chiesto autonomamente di accedere all’interruzione di gravidanza di tipo farmacologico; il gruppo di lavoro ha valutato, caso per caso, se ci fossero le condizioni per
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poterlo fare. Alla RU 486, infatti, si può ricorrere entro la settima settimana di gravidanza; oltre questo termine il farmaco non ha più effetto. L’aborto chirurgico si può, invece, praticare entro la dodicesima settimana.
// 100 per cento privacy “Lo scopo della pillola è evitare alla donna un intervento, e quindi un’anestesia, e di vivere la decisione dell’interruzione di gravidanza come una patologia, Piero Miglietta in un luogo, come l’ospedale, dove la privacy, che pure si cerca di rispettare al massimo, non è mai garantita al 100 per cento. Con il trattamento farmacologico, invece, la paziente gestisce la situazione da casa sua, nella maniera meno traumatica possibile”.
« Al Fazzi di Lecce hanno chiesto la pillola abortiva 15 donne in tutto. In nessun caso si sono riscontrati effetti collaterali. Non si trattava di “sperimentazione” ma di “somministrazione”
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// Meno rischi con la RU “Nessuna donna ha il desiderio di abortire e nessun medico è favorevole all’aborto. Bisogna, però, garantire la libertà di scelta delle persone. Gerardo D’Ambrogio La legge permette, a chi lo voglia, di interrompere la gravidanza. Quindi dobbiamo cercare di farlo nel modo meno invasivo. Le tecniche di aborto chirurgico possono provocare lesioni all’interno dell’endometrio. E ogni manomissione dell’endometrio può portare al 30 per cento di sterilità ed essere causa di patologie in eventuali future gravidanze. La RU 486 non sembra avere alcun tipo di controindicazione”.
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Ru 486. Il Comitato etico non si esprime Il Comitato etico del Vito Fazzi (presidente Raffaele Caione) è stato istituito nel 2000, con il compito di esaminare le sperimentazioni cliniche in ambiente sanitario ed è composto da numerose figure: il medico, il farmacista, il volontario, il caposala, il giurista, un esperto nominato dall’Ordine dei Medici e uno nominato dall’Università. Il Comitato etico non è un organo che si interessa d’ufficio di un problema, ma è tenuto a fornire il proprio parere o la propria raccomandazione a chi ne faccia esplicita richiesta. Sono obbligati a chiedere il parere del Comitato gli enti o le aziende farmaceutiche che abbiano intenzione di intraprendere la sperimentazione clinica di un farmaco prima di immetterlo sul mercato. Sulla RU 486 il Comitato etico non si è mai espresso, perché nessuno ha mai chiesto il suo parere sul tema. Se l’equipe che si è occupata della somministrazione fosse tenuta o meno a farlo non è facile stabilirlo, perché il far-
// I costi La somministrazione della pillola abortiva comporta un notevole risparmio economico per la struttura pubblica rispetto alla pratica dell’aborto chirurgico. La RU 486 costa infatti intorno ai 60 euro e si assume senza ospedalizzazione.
// Ru 486. Che Cos’è In alternativa all’aborto chirurgico, che si pratica in anestesia generale, da oltre dieci anni, è possibile interrompere la gravidanza con metodo farmacologico, il mifepristone, meglio conosciuto come RU 486. Questo farmaco è utilizzato nella Comunità europea, negli Usa, in Canada, in Australia, in India, in Cina e in quasi tutti i Paesi in cui l’aborto è legale. In tutta Europa sono oltre 650mila le donne che hanno abortito volontariamente con questo metodo. In Francia esso è scelto dal 65 per cento delle donne. Il trattamento praticato al “Vito Fazzi”, in regime di day hospital, prevede di utilizzare il mifepristone fino a 49 giorni dall’inizio dell’ultimo flusso mestruale; questo farmaco agisce bloccando gli effetti del progesterone, l’ormone che per-
« Dopo incontri preparatori con i medici, la donna assume la RU 486 e, a distanza di due giorni, un secondo farmaco, il gemeprost. Nel 95 per cento dei casi, non serve trattamento chirurgico
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maco è sul mercato già dal 1980; inoltre, al “Fazzi” non se ne è condotta la sperimentazione ma la somministrazione, anche se questa avveniva per la prima volta.
Aborto chimico o chirurgico. Comunque no “La RU 486 è un procedimento di tipo chimico che non fa nulla di diverso rispetto ad un procedimento chirurgico. Maurizio Toraldo C’è chi dice che l’aborto chimico è meglio tollerato dalla paziente rispetto a quello chirurgico, ma questo non è vero perché esistono numerose segnalazioni di controindicazioni. In ogni caso il concetto rimane la soppressione dell’embrione, quindi si tratta di un aborto vero e proprio anche se viene anticipato rispetto alla pratica chirurgica. La mia posizione è quella dei cattolici, di condanna verso ogni tipo di aborto”.
mette alla gravidanza di progredire. Due giorni dopo il mifepristone, viene somministrato un secondo farmaco, il gemeprost, che provoca l’espulsione dell’embrione e l’aborto. Nel 95 per cento dei casi, non è necessario alcun trattamento chirurgico. Prima di arrivare a sottoporsi all’aborto per Ru 486, la paziente incontra più volte i medici che le praticheranno il trattamento, che le forniscono le necessarie informazioni sul farmaco e sulle modalità di somministrazione.
// La legge La legge che determina le modalità di interruzione di gravidanza è la numero 194 del 1978, “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”. Secondo questa legge, la donna che voglia sottoporsi all’aborto entro i primi 90 giorni di gravidanza è tenuta a rivolgersi ad un consultorio pubblico. Se il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, riscontra l’urgenza dell’intervento, rilascia alla donna un certificato con il quale presentarsi ad una delle sedi autorizzate a praticare l’aborto. Se l’urgenza non è riscontrata, il medico rilascia alla donna un documento che attesti lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta, e la invita ad attendere sette giorni, trascorsi i quali la donna può richiedere l’interruzione della gravidanza. L’aborto può essere praticato anche oltre i 90 giorni di gravidanza, quando questa o il parto comportino un pericolo per la sua vita o quando siano stati accertate anomalie o malformazioni del nascituro. Essendo stata emanata nel 1978, quando l’unica tipologia di aborto praticata era quella chirurgica, la legge non fa riferimento all’aborto chimico per RU 486.
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ATTUALITÀ
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Ru 486, secondo le donne // Dignità all’embrione “Sono contraria all’utilizzo della Ru 486, perché l’uomo, anche nella sua fase embrionale, è un essere umano al quale occorre assicurare dignità. Inoltre la procedura non prescinde da un intervento chirurgico successivo all’assunzione del farmaco nei casi in cui non si verifichi l’espulsione dell’embrione, il che accade nel Adriana Poli Bortone, 40 per cento dei casi. Spesso l’assunziosindaca di Lecce ne della pillola determina episodi di emorragia e quindi rende necessario il ricorso alle trasfusioni. È una procedura non esente da complicazioni”.
// Diritto alla vita da subito
Francesca Mariano, assessora Comune di Lecce
// Cattolica. Ma favorevole
// Pillola sì, ma con un protocollo “L’impiego della pillola abortiva va valutato in termini di evoluzione della medicina ma nello stesso tempo va ricordato che l’interruzione della gravidanza nasce da una consultazione popolare qual è il referendum. Spetta comunque alla donna decidere dove e quando farlo. Abortire per le donne è una decisione che procura Sandra Antonica, sindaca di Galatina sofferenza sempre. La RU 486 comporterebbe meno complicazioni rispetto all’intervento. E’ opportuno però un protocollo operativo certo e regolamentato”.
Serenella Molendini, consigliera di Parità della Provincia di Lecce
// Ru sì. Ma con oculatezza
Gianna Capobianco, assessora Provincia di Lecce
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“Non credo che l’uso della pillola possa facilitare il ricorso all’aborto, anche perché esso verrebbe gestito con oculatezza. Il protocollo di gestione dell’utilizzo della pillola ne garantisce un corretto uso. La RU 486 è una via meno traumatica rispetto a quella dell’aborto chirurgico”.
“Da cattolica, ho sostenuto la somministrazione della pillola sin dal principio, al di là della diatriba sterile tra cattolici e laici, perché essa permette minore violenza sul corpo delle donne. Inoltre ritengo che la grande scommessa sia farla penetrare tra le immigrate, dove poi bisognerebbe intervenire anche con altre informazioni. Il mio invito è alla informazione e alla conoscenza”.
// Per il diritto di scelta
// Prevenzione ed informazione “La decisione di porre fine ad una gravidanza è vissuta dalla donna come un fallimento. Allora, se si può rendere il momento dell’aborto meno traumatico, perché non farlo? Bisogna, però, lavorare molto su prevenzione ed informazione. Potenziare i consultori e decentrarli fuori dalle strutture ospedaliere, e svolgere informazione presso le scuole sono nodi Loredana Capone, fondamentali. Inoltre, se la maggioranza vicepresidente della Provincia di Lecce di donne che ricorrono all’aborto sono extracomunitarie, chiediamoci il perché e intraprendiamo un’azione forte di prevenzione”.
“Mi sono sempre espressa in modo molto restrittivo su questa questione. Io sono per il diritto alla vita e non sono in linea con chi propone la somministrazione della RU 486. Per me il diritto alla vita parte dal momento del concepimento; inoltre, nessuna tipologia di aborto è accettabile come contraccezione”.
Anna Maria De Filippi, referente Tribunale per i diritti del malato, Casarano
“Privare le donne della pillola abortiva significherebbe privarle del diritto di scegliere. Un aborto è sempre un trauma, dunque è meglio che la donna soffra, almeno a livello fisico, il meno possibile. Che io sia favorevole o meno all’aborto, non vedo perchè negare il diritto alla scelta”.
// Padrone di sé Bianca Gelli, presidente del Centro Studi Osservatorio Donna dell’Università di Lecce: “Mi sono battuta a lungo perché questa pillola fosse messa in commercio, dietro prescrizione medica. Se si può evitare un intervento chirurgico, non vedo perché non farlo. Questo metodo rende la donna più padrona del proprio corpo, ma bisogna stare attenti affinché questa libertà di decidere non sconfini nella mancanza di responsabilità. L’unica soluzione è responsabilizzare le giovani generazioni che la usano. Se tutta l’Europa la usa, non vedo perché l’Italia, come al solito cattolica, non vuole usarla”. il tacco d’Italia 11
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ATTUALITÀ
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z LA PILLOLA ABORTIVA AL VITO FAZZI
// Sia rinascimento dei ruoli
// Un atto contro Dio
“Sono a favore della RU 486 perchè trovo che sia un atto di democrazia verso le donne, che hanno alle spalle duemila anni di repressione sessuale. E’ un atto dovuto verso un mondo che parla di rinascimento dei ruoli ma che ancora deve misurarsi con questo rinascimento. Per me è una questione di civiltà ed è importante Luisa Ruggio, giornaliper le giovani donne e principalmente al sta e scrittrice Sud, dove persiste un problema di disinformazione e di mancanza di servizi”.
“Da cattolica dico no alla RU 486, perché sono contraria all’aborto tout court. Questo farmaco è contro le donne. La RU 486 è un aborto chimico, per effetto del quale le donne vengono lasciate abortire da sole, senza un medico a fianco e con gravi pericoli per la loro salute. Assunta tramite una pillola, la donna dovrà Franca Giannotti, assesaspettare tre giorni affinché il veleno facsora Comune di Maglie cia effetto ed uccida lentamente l’embrione in una agonia disumana. Dopodiché assumerà un altro farmaco che le causerà l’emorragia per espellere l’embrione. E’ un atto contro Dio e contro la vita”.
// Sfavorevole. Ma per ora
Leda Schirinzi, consigliera comunale Casarano
“Si potrebbe pensare che l’assunzione della Ru 486 sia meno cruenta di un aborto chirurgico; una ragazza giovane potrebbe credere che una pillola possa risolvere i suoi problemi. Da un punto di vista eticomorale la questione è molto complessa. Attualmente sono sfavorevole, però voglio seguire gli sviluppi della questione”.
Rosanna Basso, docente di Storia delle donne, Università di Lecce
// Ru: solo risultati positivi
Paola Povero, caposala del reparto di Ostetricia al Vito Fazzi di Lecce
// Aborto o espiazione di un peccato?
“L’impatto che questa modalità di aborto ha sulle donne è nettamente differente rispetto a quello che può avere un aborto chirurgico, sia per quanto riguarda i tempi, che sono molto più brevi, sia perché non è prevista la degenza ospedaliera. Tutti i casi di somministrazione affrontati al Fazzi di Lecce sono stati positivi. E allora, perché non appoggiarne l’uso”?
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“Sono certamente favorevole alla somministrazione della pillola abortiva, perché ricordo ancora le lotte portate avanti per il riconoscimento del diritto all’aborto. Il metodo chirurgico è visto dalla società come il modo della donna per espiare un peccato. Perché non darle, invece, l’opportunità di non soffrire”?
//Prevenzione e costi bassi “Sono favorevole alla pillola abortiva perché dà libertà alle donne. Interrompere una gravidanza è sempre una scelta difficile sarebbe più utile realizzare campagne per l’informazione e la prevenzione, abbassando, semmai, il costo dei contraccettivi”. Paola Martino, presidente Commissione Pari opportunità della Provincia
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QUESTIONE DI LOOK
z LA CITTÀ INVISIBILE
Accusato di istigazione alla corruzione in una faccenda complicata fatta di finanziamenti europei (oltre tre milioni) e formazione professionale. Per questo Ennio De Leo, amministratore dell’Omfesa (Officine meccaniche ferroviarie del Salento, una s.p.a. che vive di commesse statali per la manutenzione delle carrozze ferroviarie) e assessore al Bilancio del Comune di Lecce, è stato interdetto per due mesi dalla “gestione d’impresa”. Non potrà avere contatti e accesso agli uffici direttivi delle persone giuridiche. Che peccato, proprio ora che l’aria per l’Omfesa sembrava che stesse per cambiare! Se non altro perché dal lavoro sulle carrozze dei treni si doveva passare a quello sulle pale eoliche. Ma ora le uniche….pale a girare saranno quelle di De Leo.
FOTOPROTESTA Felline. Non è mai stato portato a termine. Iniziato nei primi anni ‘70, l’ospizio si trova sulla serra dell’Alto (86 metri sul livello del mare) a Felline di Alliste. Durante gli scavi per la realizzazione delle fondamenta della struttura, si rinvenne ceramica di uso cultuale che dovrebbe testimoniare la presenza, nei dintorni, di un edificio di culto pagano. La ceramica può essere datata nella tarda età del bronzo; ma è stata rinvenuta anche ceramica medievale tipo Gnatia, a vernice nera. Questa è riconducibile alla presenza dell’abbazia che sorgeva a circa 100 metri. Dell’abbazia è rimasta solo la chiesa dell’Alto, mentre quasi alle spalla è presente una specchia.
L’ospizio di Felline. Iniziato e mai portato a termine
zx di Enzo Schiavano
Finanziaria 2007: addio rassegna stampa da bar Nella Finanziaria 2007 c’è una norma che prevede il pagamento di diritti a favore degli editori per chiunque “riproduca articoli di giornali con qualsiasi mezzo”. Una sorta di Siae che, invece delle canzoni e degli spettacoli, colpisce le pubblicazioni su carta stampata. Che cosa significa? Che ogni qualvolta in televisione, ma anche per radio, verranno letti i titoli di un quotidiano o di un altro periodico e anche pezzi di articoli di giornale, si dovrà pagare un diritto agli editori. Se le tv vorranno continuare a trasmettere le rassegne stampa, le seguitissime trasmissioni del mattino o della notte che anticipano ai telespettatori i titoli delle notizie più importanti, dovranno accollarsi un costo non indifferente, sempre se la norma venga approvata (in Parlamento la lobby a favore delle tv è molto potente). E’ probabile che i grossi network, come Mediaset o Rai, decideranno di accollarsi la nuova spesa, ma sarà difficile che le televisioni locali potranno continuare a fare le rassegne stampa. Le rassegne stampa delle tv salentine, in verità, hanno sempre rasentato la mediocrità, per non usare giudizi più severi. Questo tipo di trasmissione è nata per confrontare il modo in cui i giornali trattano
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le notizie, a seconda dell’orientamento politico o della specializzazione della testata. Dovrebbero servire a far capire all’ascoltatore come viene gestita l’informazione: perché una notizia viene collocata su una pagina piuttosto che in un’altra; in un posto piuttosto che in un altro; perché un giornale dà ad una notizia un risalto maggiore rispetto ad un altro e così via. Ma, tranne rare eccezioni, se si guarda una rassegna stampa in una qualunque tv locale si nota che il criterio è uno solo: leggere il giornale come al bar. I titoli sono letti alla rinfusa, senza un filo logico; l’impreparazione è evidente; gli errori sono numerosi; spesso si spaccia il titolo di un commento come una notizia; non c’è mai un confronto tra giornali; non ci sono approfondimenti; soprattutto, si legge tutto, ma proprio tutto, compresa la festa del circolo del paese. Alla fine, lo spettatore riceve solo un’overdose di titoli e ha capito ben poco di come viene gestita l’informazione locale. Se le rassegne stampa locali spariranno, non ne sentiremo certo la mancanza.
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ATTUALITÀ
z ORFANOTROFI IN CHIUSURA
Bambini fuori
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VERSO LA CHIUSURA DEGLI ISTITUTI PER MINORI. CON DUE MESI DI TEMPO PER ADEGUARSI ALLE NORME. TRA GROVIGLI NORMATIVI E UNA LEGGE NON APPLICATA COMPLETAMENTE. MA PER LA REGIONE NON C’È EMERGENZA. EPPURE NESSUNO SA CON CERTEZZA QUANTI SIANO I BAMBINI DA SPOSTARE O DOVE SARANNO SPOSTATI zx di Margherita Tomacelli
li istituti per minori (ex orfanotrofi) chiuderanno il 31 dicembre prossimo. Lo stabilisce la legge (194/2001). Abbiamo cercato di capire quanti siano i bambini che in Puglia e in provincia di Lecce saranno spostati in nuove strutture e quanti gli istituti che chiuderanno. Abbiamo anche cercato di capire se si stia seguendo una procedura ben precisa che prepari i bambini al cambiamento e a chi spetti di seguire i minori in questa fase di transizione. Abbiamo scoperto un gran groviglio che la Regione Puglia sta tentando di districare rispondendo a quanto imposto dalla legge di cinque anni fa e mai realizzato dalla giunta Fitto. Fin qui le buone intenzioni. Pare, però, che la Regione stia spendendo i soldi stanziati e mai utilizzati (300mila euro, stanziati dal Ministero della Solidarietà nel 2004) utilizzando metodi sbagliati e prefissandosi obiettivi “superflui”, come sono stati definiti dagli stessi addetti al settore e come vedremo.
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Immagini di repertorio. Pablito Calvo nel celebre film Marcellino Pane e vino (1955) di L. Vajda, interpreta un piccolo orfano che vive in una comunità di frati minori
« Entro dicembre gli istituti per minori chiuderanno. E i bambini saranno reintegrati in
// Ciccia Mariano: “Chiudono gli orfanotrofi? Sì, ma è tutto fermo”
famiglia, dati in affido o spostati in comunità familiari. Ma i Servizi sociali di Lecce ad oggi non hanno predisposto alcuna procedura per prepararli al cambiamento
Ai bambini oggi ospiti di quegli istituti dovrà essere trovata nuova sistemazione. La legge stabilisce che essi vengano reinseriti nella famiglia d’origine o, nel caso in cui ciò non fosse possibile, affidati ad altre famiglie o, ancora, spostati in comunità di tipo familiare caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia. L’orientamento è infatti quello di promuovere la pratica dell’affido del minore o, in alternativa, di realizzare strutture che ricreino l’ambiente familiare e garantiscano al bambino la permanenza meno traumatica possibile (per le tipologie di strutture per minori, vedi box a pag. 17). Qualunque di queste soluzioni venga adottata, i bambini dovrebbero essere preparati per tempo al cambiamento. Elisabetta Liguori, cancelliere del Tribunale dei Minorenni ci ha detto che non è stato predisposto un programma gene-
rico di preparazione dei minori, ma che per ogni singolo caso si cercherà l’opzione più adeguata. “Di questo – ha spiegato Liguori - si dovrebbero occupare i Servizi Sociali comunali, che hanno competenza sulle condizioni di permanenza degli ospiti negli istituti, e che seguono da vicino il bambino nel suo percorso verso l’affido o il reinserimento in famiglia”. Abbiamo quindi chiesto a Francesca Mariano, assessora alle Problematiche giovanili del Comune di Lecce, in che modo stia gestendo lo spostamento dei minori. Mariano, dopo aver ammesso di essere all’oscuro delle procedure finalizzate alla chiusura degli orfanotrofi, ci ha risposto che ancora non è stata intrapresa alcuna azione di preparazione psicologica dei ragazzi al cambiamento che li attende. “Quando il Tribunale per i Minorenni ci segnalerà i casi particolari, allora
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// INCHIESTA
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interverremo – ha dichiarato -. Siamo pronti ad assolvere ai nostri compiti” Ma la segnalazione di quelli che Mariano chiama “casi particolari” non spetta al Tribunale, bensì proprio ai Servizi sociali, che hanno l’obbligo di mantenere un rapporto diretto e costante con i minori (legge 194/2001). Dunque, se i Servizi Sociali di Lecce sono pronti ad assolvere ai loro compiti perché non lo stanno ancora facendo? Basteranno due mesi per portare a termine gli incontri con i ragazzi e per rendere più morbido il passaggio dall’istituto alla nuova sistemazione?
// Puglia in emergenza. Anzi no Quel che è certo è che per la Puglia, Cecilia Donaggio, sottosegretaria di Stato del Ministero della Solidarietà, aveva evidenziato una situazione di emergenza, determinata, a suo parere, da un elevato numero di minori (circa mille) ancora ospiti di istituti. Per compiere le pratiche necessarie ad un loro adeguato spostamento, sarebbe servita, secondo Donaggio, una proroga del termine di chiusura. Ma nell’incontro che si è tenuto lo scorso 13 settembre a Bari, Elena Gentile, assessora regionale alle Politiche sociali, ha chiesto di non rinviare il termine fissato per il 31 dicembre, smentendo la condizione di emergenza indicata da Donaggio. “In realtà – ci spiega Anna Maria Candela, dirigente dell’Ufficio Solidarietà della Regione Puglia – l’allarme sollevato era legato ai dati che l’Istituto degli Innocenti (un istituto, con sede a Firenze, che si occupa di ricerca sull’infanzia e che, per convenzione, ha realizzato attività di studio, formazione e documentazione anche in Puglia, ndr) continua a diffondere ancora oggi ma che sono aggiornati al 2003. Dati rilevati, peraltro, in modo sbagliato, perché ottenuti dal conteggio dei posti letto per istituto e non dell’effettiva presenza di minori in ognuno di questi, che è, invece, nettamente inferiore. Pertanto, non sussiste – conclude - condizione di allarme”. Tuttavia quantificare “l’effettiva presenza” dei minori negli istituti è impossibile (si veda paragrafo a lato) e la Regione non ha ancora concluso il monitoraggio che si basa su dati forniti dai Tribunali dei minori e non dalle Procure. Per questo è probabile che siano dati incompleti.
// Tribunale, Procura, Regione: i conti non tornano Alla Regione due mesi di tempo sembrano sufficienti per portare a termine le procedure di chiusura degli istituti e di spostamento dei minori in nuove strutture, tanto che secondo Elena Gentile, assessore regionale alle Politiche sociali, non si può parlare di “emergenza”. Tuttavia, da fonti allo stesso modo autorevoli, abbiamo raccolto dati contrastanti sul numero totale dei minori che saranno trasferiti nelle nuove strutture residenziali. Abbiamo incontrato Maria Rita Verardo, presidente del Tribunale dei minori di Lecce, per la quale solo quattro istituti in tutta la provincia e 27 bambini (in essi ospitati) dovranno essere chiusi entro il 31 dicembre. Il dato non coincide con quelli fornitici dall’Ufficio Solidarietà della Puglia, secondo cui gli istituti ancora presenti sul territorio regionale sarebbero cinque e si troverebbero a Bari, Bisceglie, Oria, Lecce e Gallipoli (quest’ultimo, in realtà, è già chiuso ma risultava aperto al momento delle rilevazioni della Regione, nel giugno scorso). Ma né i dati del Tribunale né quelli della Regione coincidono con quelli fornitici da Ferruccio De Salvatore, procuratore della Repubblica a Lecce. La Procura, a cui spettano aggiornamenti semestrali degli elenchi degli istituti (legge 149/2001), rileva nelle sole province di Lecce e Brindisi (il distretto di competenza della Procura di Lecce) la presenza di undici istituti da chiudere, dei quali sette in provincia di Lecce e quattro in provincia di Brindisi. Dunque, se i dati
« Un albo dei minori da dare in affido e delle famiglie disposte ad accoglierli, previsto dalla legge e mai realizzato. La Regione ci sta lavorando ora, dopo cinque anni e 300mila euro stanziati e mai spesi
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Mai più orfanotrofi Chiuderanno entro il 31 dicembre prossimo quegli istituti per minori che, nati come orfanotrofi nel dopoguerra, hanno mantenuto ancora oggi l’organizzazione originaria, caratterizzata da un elevato numero di bambini ospitati (anche cento alla volta) e dalla totale assenza di progetti educativi individualizzati, ovvero studiati apposta sulle esigenze dei minori. In questi istituti si rendeva impossibile, dato l’elevato numero di presenze, ricreare un contesto di vita familiare che permettesse ai ragazzi una crescita senza disagi. Dal prossimo gennaio gli istituti di questo tipo ancora attivi saranno chiusi o convertiti in strutture nuove. La legge regionale 19/2006 (art 41) distingue diverse tipologie di strutture per minori, tutte caratterizzate da un basso
numero di ospiti (che permette di ricreare l’ambiente familiare) e da programmi per il recupero di condizioni di disagio e per la socializzazione. Comunità familiare. E’ caratterizzata da bassa intensità assistenziale, destinata alla convivenza stabile di un piccolo gruppo di minori con due o più adulti con funzioni genitoriali. Comunità educativa. Vi convive un gruppo di minori con un’équipe di operatori professionali con funzione educativa. Può accogliere minori con problematiche psico-sociali. Comunità di pronta accoglienza. Offre accoglienza temporanea ad un piccolo gruppo di minori con un gruppo di educatori che a turno assumono la funzione di adulto di riferimento. Comunità alloggio o gruppo appar-
tamento per adolescenti. La presenza degli operatori professionali è limitata ad alcuni momenti della giornata. Questi, a turno, assumono la funzione di adulto di riferimento. Centro socio-educativo diurno. E’ aperto a tutti i minori e mira, attraverso attività e servizi socio-educativi, al recupero di casi con problemi di socializzazione o esposti al rischio di dispersione scolastica o emarginazione. Opera in collegamento con i Servizi sociali dei Comuni e con la scuola. Centro aperto polivalente. Aperto a tutti, opera attraverso la progettazione di interventi di socializzazione ed educazione che mirano a contrastare fenomeni di marginalità e disagio. Asilo nido. E’ un servizio educativo e sociale aperto ai minori di età compresa tra i tre mesi e i tre anni e concorre con le famiglie alla loro crescita e formazione.
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più affidabili sono quelli esposti dalla Procura, in virtù del suo compito di “conteggio” periodico degli istituti, la situazione è più grave di quanto la Regione non dica. In ogni caso è stato impossibile risalire al numero totale dei minori che saranno spostati dai vecchi ai nuovi istituti: come è possibile? Perché la Procura possiede il dato totale dei bambini ospitati in vecchi e nuovi istituti - in tutto ne conta 488, di cui 210 bambini nel territorio leccese e 278 nel brindisino e il Tribunale registra 27 bambini da spostare entro dicembre, ma non ha il monitoraggio completo delle strutture. I Servizi sociali hanno la competenza per il proprio territorio e non gestiscono un monitoraggio totale. Che di fatto non esiste. Dai rilevamenti effettuati dalla Procura, nella provincia di Lecce sono presenti 25 case famiglia/comunità educative (ovvero strutture per minori del nuovo tipo), mentre in quella di Brindisi se ne contano 19. Queste strutture dovranno accogliere i bambini ma, a quanto si evince dai dati, non si sa quanti siano.
// Chi vigila sui bambini Attorno ad un minore ospite di un istituto hanno competenza e responsabilità quattro enti: i Servizi sociali del Comune di appartenenza, la Procura, il Tribunale dei Minorenni, la Ausl (legge 194/2001). Servizi sociali. Hanno il compito di mantenere un contatto diretto con il minore ed un continuo monitoraggio della sua condizione di permanenza nella struttura ospitante. Prima ancora che il minore venga ospitato in una struttura, la sua condizione di disagio viene denunciata ai Servizi sociali (le segnalazioni possono avvenire da parte di chiunque, dalle forze dell’ordine, alla scuola, ad un semplice cittadino). Valutata la condizione di effettivo malessere del bambino presso la propria famiglia, i Servi Sociali contattano il Tribunale che valuterà il caso e prenderà il provvedimento. All’ente locale spetta anche il rilascio delle autorizzazioni alle strutture ospitanti i minori e la verifica della loro conformità alla legge e il pagamento della retta per ogni minore ospitato in comunità. Tribunale dei Minorenni. Dietro segnalazione dei Servizi sociali, il Tribunale valuta la condizione del minore in difficoltà e, a seconda dei casi, ne dispone il reinserimento in famiglia o presso parenti o presso altre famiglie, o emette il provvedimento di ricovero in istituto, che può avvenire in regime di residenzialità o di semiresidenzialità (in questo caso, il ragazzo trascorre solo alcune ore della giornata nella struttura). Procura per i Minorenni. Ogni sei mesi riceve dai rappresentanti degli istituti di assistenza pubblici e privati l’elenco di tutti i minori ricoverati o assistiti, allo scopo di verificare lo stato di abbandono dei ragazzi, sollecitando l’eventuale disposizione di adottabilità che compete al Tribunale. Ausl. Al Servizio igiene pubblica della Ausl compete il rilascio delle autorizzazioni sanitarie agli istituti e la continua verifica del rispetto delle norme in materia urbanistica, edilizia, prevenzione incendi, igiene e sicurezza, contratti di lavoro.
Ciak d’oro a Venezia. Ragazzi fuori, di Marco Risi. La storia di un gruppo di ragazzi preda della malavita organizzata. Quando lo Stato e la famiglia sono assenti
// Meglio l’affido. Con Albo e “linee guida” La legge 194/2001 “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori” indica la procedura dell’affido come la soluzione da valutare prima di ogni altra e, dunque, anche prima di disporre l’inserimento del minore in una struttura di tipo familiare. L’affidamento familiare è disposto dal Servizio sociale locale e reso esecutivo dal Tribunale dei Minorenni, che ne indica la presumibile durata. Questa deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia di origine del minore e non può superare i 24 mesi (termine, comunque, prorogabile dal Tribunale). I Servizi sociali devono svolgere un’opera di sostengo educativo e psicologico del minore e agevolarne i rapporti con la famiglia di provenienza; a Stato, Regioni ed enti locali spetta intervenire, a seconda della disponibilità finanziaria dei rispettivi bilanci, a sostegno economico alla famiglia affidataria. L’albo regionale. La pratica dell’affido, per il carattere temporaneo, si porta a termine con più difficoltà rispetto a quella dell’adozione. Sono poche, infatti, le famiglie disposte ad occuparsi di un minore solo per un periodo di tempo prestabilito. Allo scopo di rendere più agevoli le procedure di affidamento di un bambino, la 149/2001 ha disposto la creazione, entro 180 giorni dalla pubblicazione della legge, di una banca dati regionale che segnali i minori in attesa di affido e le famiglie disposte ad offrirlo. A distanza di cinque anni dalla legge, la banca dati non è ancora disponibile. La Regione, però, comunica di essere al lavoro per la sua realizzazione. A tale scopo, l’Ente si servirà dei 300mila euro stanziati nel 2004 dal Ministero della Solidarietà e mai utilizzati. Le linee guida. Dagli stessi 300mila euro, la Regione Puglia attingerà per l’elaborazione delle “linee guida” per l’affi-
Sensibilizzazione. La campagna del comune di Palermo per informare e incentivare l’affido familiare. Una buona idea da mutuare a Lecce
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ORFANOTROFI IN CHIUSURA z do, concepite allo scopo di facilitare l’inserimento del minore in famiglie affidatarie e di ridurre il ricovero in comunità educative o familiari. Anna Maria Candela, dirigente dell’Ufficio Solidarietà della Regione Puglia, ci spiega che le linee guida stabiliranno le tipologie di affido, le condizioni per cui una famiglia può diventare affidataria di un minore, gli obblighi e le competenze di Comuni e Ausl. Il Tribunale dei Minorenni di Lecce, chiamato dalla Regione a fornire la propria consulenza sulle “linee guida”, le ha giudicate superflue. Le norme sull’affido sono infatti già sancite dalla legge 149/2001.
// Servizi sociali. I Comuni insieme “Dall’anno scorso, la gestione dei servizi sociali non avviene più a livello comunale, ma a livello di “area”. Nello specifico, Casarano è il Comune capofila del Piano Sociale di Zona, che interessa i Comuni di Collepasso, Matino, Parabita, Ruffano, Spersano e Taurisano e prevede la collaborazione della Provincia e delAntonio Memmi, assessore l’Ausl Lecce 2. Non è facile mettere Servizi sociali Casarano d’accordo su uno stesso tema sette amministrazioni, soprattutto in un ambito così delicato come quello dei servizi sociali, per cui non sono mai state richieste capacità e predisposizione a ragionare in termini comuni. Inoltre, stiamo riscontrando problemi di natura economica. I nostri fondi provengono parte dai bilanci comunali, par-
« Regione: “In Puglia solo cinque istituti da chiudere”; Tribunale dei minori: “Quattro istituti da chiudere a Lecce”; Procura: “La situazione è più grave: sette istituti da chiudere a Lecce e quattro a Brindisi”. Tra Servizi sociali, Procura, Tribunale, Ausl: è impossibile risalire al numero esatto di bambini che saranno trasferiti
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te dal fondo sociale nazionale e parte dalla Regione, eppure non sono mai sufficienti. I primi risultati, però, non tarderanno ad arrivare. Sarà, infatti, aperta a Casarano una sede staccata del Servizio sociale minorile del Tribunale per Minorenni, che avrà competenza per l’intero basso Salento. Questo eviterà alle famiglie con minori oggetto di provvedimenti da parte dell’autorità giudiziaria di recarsi continuamente a Lecce per i colloqui con gli assistenti sociali. E’ una novità importante, che dimostra come i servizi sociali abbiano finalmente assunto un ruolo centrale nell’amministrazione di una comunità. Intervenire sui minori, significa gettare basi solide per la società futura”.
Come una famiglia Abbiamo visitato la comunità Clara di Taviano. Nata nel 2002 dall’idea di Marcello Lezzi, attuale direttore della struttura, sorge su due piani ed ospita un totale Marcello Lezzi, direttore della di 14 minori, di Comunità Clara cui tre (due maschi e una femmina) in regime di semiresidenzialità e undici in regime di residenzialità. Di questi undici, tre (tutti maschi di 15 anni) sono clandestini di nazionalità albanese e sono stati inseriti in comunità da decreto della Guardia di Finanza (al quale a breve seguirà la ratifica del provvedimento da parte del Tribunale dei Minorenni). I ragazzi ospiti della struttura hanno età compresa tra i sei e i 18 anni. L’organico è composto dal direttore
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amministratore, da un’equipe socio-psico-pedagogica di cui fanno parte una pedagogista, un’assistente sociale e una psicologa, e da sette educatori che lavorano su turni di otto ore. Ogni tre mesi, la struttura deve relazionare al Tribunale dei Minorenni sul percorso di ogni ospite. All’ingresso di ogni ragazzo, infatti, viene elaborato il PEI (Piano Educativo Individualizzato) dove sono specificati gli obiettivi a breve e lungo termine da raggiungere sul minore. La comunità è organizzata come una abitazione familiare; oltre alle camere, sono presenti ambienti comuni: cucina, soggiorno, sale ricreative o sale studio. Ci sono poi un laboratorio artistico e un laboratorio di falegnameria, per chi dimostri di avere delle particolari attitudini per questo tipo di attività. Vi si respira un clima di serenità e di complicità. Sia tra i ragazzi che nel rapporto dei ragazzi con gli educatori.
Comunità Clara. Il mosaico realizzato dagli ospiti della struttura
Momenti di svago. Il laboratorio artistico della comunità dove i ragazzi possono dare libero sfogo alle proprie passioni
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CULTURA z I GRANDI DI IERI
Salvatore Nicolazzo, “dal feudo alla fabbrica” 1935. Il gruppo di lavoratori. Al centro, Salvatore Nicolazzo. A sinistra, seduta, la moglie Leonarda con la figlia Claudia. Al centro (seduto su uno sgabello), tra i bambini, Amleto il figlio maggiore.
L’APRIPISTA DEL CALZATURIERO DI CASARANO. QUANDO LA CITTÀ PASSAVA DA UN’ECONOMIA AGRARIA AD UNA INDUSTRIALE
« “Elata” fu la prima fabbrica di calzature di Casarano ad impiegare manodopera locale. Lì si formarono molti futuri imprenditori della calzatura casaranese. Antonio Filograna incluso
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zx di Marco Sarcinella
l vero soggetto della storia è, secondo Karl Marx, la società nella sua struttura economica. Questa tesi si fonda sul presupposto empirico secondo il quale la storia è fatta da “individui umani concreti” che si trovano sempre in certe “condizioni materiali di vita” che essi hanno trovato già esistenti o hanno prodotto con la loro stessa azione. Il modo di produzione della vita materiale condizionerebbe, quindi, secondo questa tesi, il processo sociale, politico e spirituale della vita; i veri cambiamenti sarebbero quelli che avvengono nella struttura più intima della società umana, cioè nella sua base economica. Ripercorrendo la storia di Casarano dell’ultimo secolo non si possono che trovare conferme alla teoria marxista. Il punto di non ritorno nella storia casaranese è il passaggio “dal feudo alla fabbrica” (dal titolo di un bel saggio di Mario Toma), cioè da un’economia agraria, ancora legata a retaggi medievali, ad un’economia di produzione industriale, moderna e in linea con le trasformazioni già da tempo in atto nel resto dell’Occidente capitalistico. Tra i pionieri dell’industrializzazione casaranese, accanto ai più noti Luigi e Giuseppe Capozza, si deve ricordare Salvatore Nicolazzo, vero e proprio apripista per un settore, quello del calzaturiero, che avrà nella figura di Antonio Filograna, il suo uomo simbolo, “espressione di un orizzonte culturale mirante ad assoggettare la politica alle ragioni del-
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l’impresa” (“Dal feudo alla fabbrica”). L’attività calzaturiera era radicata a Casarano fin dai primi anni dell’Ottocento, quando si contavano già numerose botteghe e piccoli laboratori. Ma bisogna attendere il 1923, con la nascita della “Elata”di Salvatore Nicolazzo, perché il calzaturiero cominci ad organizzarsi a livello di fabbrica. Nicolazzo era nato a Casarano nel 1899. Faceva parte di quella generazione di giovani (i ragazzi del ‘99) che fu decimata dai conflitti mondiali. In un momento storico in cui la volontà di distruggere era più forte di quella di costruire, Salvatore Nicolazzo, seguendo una tradizione familiare risalente al 1812, e soprattutto l’esempio del nonno Giovanni Simone, che era stato premiato anche dai Borboni (da lui riforniti di calzature), imparò il mestiere nella bottega del padre, trasferendosi, poi, all’età di 16 anni, a Milano per lavorare e per reperire i fondi necessari all’avvio di un calzaturificio a Casarano. Tra il 1921 e il 1922 Salvatore tornò nella sua città dove prese in moglie Leonarda Mita. La sua intenzione, dopo essersi sposato, era di tornare a Milano, ma il nonno materno si oppose e aiutò Salvatore a realizzare il progetto per il quale aveva lasciato la sua terra. Nacque così “Elata” (dal latino effero che vuol dire “portare fuori”, quindi “produrre”; il nome fu suggerito dall’avvocato Giovanni Valente, latinista e molto amico di Salvatore Nicolazzo). La prima fabbrica di calzature a Casarano che impiegasse manodopera locale,
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CULTURA I GRANDI DI IERI z
«poiPrima in via Cavour, in piazza Garibaldi e infine in via Ricasoli; nel 1928 “Elata” era già avviata e visibile, con un mercato che toccava anche la Libia
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con una produzione di 600 paia di scarpe al giorno. I discendenti di quei primi operai lavorano ancora oggi nel calzaturificio Nicolazzo. Importanti imprenditori della calzatura casaranese hanno avuto lì la propria formazione. Tra questi, lo stesso Antonio Filograna, il quale ricordando il periodo di apprendistato, riferisce come alla “Ela1935. Salvatore Nicolazzo nel suo studio. ta” “cominciava a prendere corpo il A sinistra la moglie Leonarda sogno della mia fanciullezza, un sogno che non mi aveva mai abbandonato fin dal giorno in cui ero entrato, come rifinitore di spaghi im- simbolo dello sviluppo, mentre le campagne si svuotarono peciati, nell’impresa Nicolazzo” (“Lu Lampiune” dic. 1987, progressivamente. Nasceva, poi, la Cassa del Mezzogiorno, con lo scopo di 163 segg. opera cit. in “I Casaranesi”, Edizionidel Grifo, Lecce accelerare lo sviluppo industriale del Meridione. Gli artigiani 1991). Quel sogno è poi diventato realtà, segnando un vero calzaturieri poi cominciarono a lottare tra di loro per la suspartiacque tra la Casarano agricola e feudale e quella mopremazia, tra questi solo i più spregiudicati la spuntarono. derna e industrializzata. Riguardo all’avvio della “Elata”, MarNegli anni Settanta la struttura economica di Casarano era tino Nicolazzo, figlio di Salvatore, ricorda che il progettista centrata in massima parte sulle attività industriali e il della fabbrica su indicazione del nonno materno aveva disecambiamento economico e sociale ebbe i suoi inevitabili rignato uno stabilimento vinicolo. Salvatore però venne a coflessi in quella che Marx chiamava la “sovrastruttura della noscenza del fatto e non si presentò a pagare la cambiale società”. Ovvero nei costumi, nella morale e nella famiglia. (che all’epoca si pagava “a persona”). Di questi cambiamenti Salvatore Nicolazzo fu tra i più imInizialmente lo stabilimento fu posto in via Cavour, poi portanti antesignani, anche se inconsapevolmente. Il figlio si trasferì in piazza Garibaldi e in fine in via Ricasoli; nel Martino lo ricorda come una persona ordinata, precisa e so1928 era già ben avviato e visibile, con un discreto mercaprattutto decisa a portare avanti i suoi progetti: “Aveva solo to, che toccava anche la Libia, dove l’Italia fascista cercava la terza elementare, i suoi libri erano i fascicoli della Lex, che di realizzare il suo sogno coloniale. leggeva quando tornava a casa, la sera”. Martino riferisce Ma a Casarano, accanto alla “Elata”, vi erano numerosi altri laboratori: quelli dei vari Marigliano, Schiavano, Fabia- anche che suo padre era priore della Confraternita dell’Imno, Persico, Scorrano, De Rocco, Leggio e naturalmente Filo- macolata, di cui aveva ridisegnato lo statuto, a testimonianza grana. Martino Nicolazzo ricorda come all’epoca ci fosse una delle sue grandi doti di organizzatore. Salvatore Nicolazzo si spense nel 1959, ma la “Elata” gli certa solidarietà tra i calzaturieri casaranesi, isolati rispetto sopravvive attraverso l’opera dei figli e dei nipoti, continuanal resto del territorio salentino, che cercavano di venirsi indo ad essere la più importante e “apprezzata azienda di procontro vicendevolmente. “La sera spesso accompagnavo mio duzioni di pregio della città”. padre a giocare a carte nel calzaturificio di De Rocco - riferisce Martino -. Quello spirito di solidarietà avrebbe potuto sopravvivere se ognuno avesse proseguito per la sua strada; a Casarano, fino agli anni Sessanta, tutti producevano scarpe da donna; quando a qualcuno venne in mente di fare i mocassini tutti lo imitarono”. L’ascesa del settore calzaturiero apriva a Casarano le vie della crescita economica e dello sviluppo. Il paese cominciava a cambiare volto, in primo luogo dal punto di vista urbanistico: negozi, uffici, banche subentrarono ai “luoghi antichi dell’agraria”. Le fabbriche divennero il nuovo
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1935. L’antico edificio Elata. Sul tetto si vedono le bandiere d’Italia con lo stemma del re. Sulla destra, una Fiat 514
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CULTURA z PERSONAGGI
Chiarello: di sole e d’azzurro L’IMPEGNO DI UN ARTISTA PER IL SUO TERRITORIO. DA SOSTENERE CON PASSIONE E FAR CONOSCERE ALL’ESTERNO
zx di Paolo Vincenti
ntonio Chiarello, classe 1955, vive in un eremo del basso Salento: Ortelle. Adora il sole e la terra. Dipinge e fotografa. Spesso e volentieri ama librarsi in voli pindarici con: poesie, cartoline, fiori, libri, nuvole, brochure, aquiloni, gabbiani, lune, … sogni! Una moglie e due figli lo riportano poi con i piedi per terra”. Così descrive se stesso Antonio Chiarello, pittore e fotografo di Ortelle. E proprio ad Ortelle, e alla tradizionale “Fera de lu Porcu”, l’evento più sentito nel suo paese e una delle sagre più antiche e conosciute di Terra d’Otranto, egli ha sempre dedicato molte energie. Con le sue fotografie, le sue pitture, i suoi preziosi consigli. In questo impegno ha coinvolto anche amici e compagni di viaggio come Antonio Verri, Fernando Bevilacqua, Rina Durante, Agostino Casciaro, Pasquale Pitardi e Antonio Errico. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Lecce, Chiarello utilizza, per le sue Pittoriche visioni del Salento, la tecnica dell’acquerello; e l’acqua, elemento primordiale, liquido vitale, è spesso presente nei suoi lavori, come conferma la mostra “Di/Segni d’acqua, sette tavole per un luogo di mare”, che si è tenuta ad Otranto nel giugno del 2001. Nell’acqua e nella terra si sostanzia, infatti, il Salento, terra madre alla quale Chiarello, figlio devoto, dedica ogni sforzo, ogni idea, tutto il suo tempo, attraverso un’opera di promozione territoriale portata avanti con tenacia ed impegno fin dal 1987, anno della sua prima mostra, “Salento immaginifico”, tenuta nel Castello di Otranto. La sua arte chiama a raccolta anche gli altri elementi, del vento, insopportabile scirocco d’Africa, dell’aria, il cielo salentino, un cielo spesso mago e ingannatore, e del fuoco, il sole del Salento, che spacca le pietre e brucia la nostra “terra rubra”. Il Salento d’autore di Antonio Chiarello sono l’infinito blu del mare e le vertiginose scogliere di Castro e di Santa Cesarea, è il volo dei gabbiani su Otranto, i frantoi ipogei e le pitture rupestri dei basiliani, la luna e il cielo stellato su Poggiardo, la cripta dei Santi Stefani di Vaste; il Salento d’autore
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Antonio Chiarello. Autoritratto
«Antonio Suoi amici e compagni di viaggio, Verri, Fernando Bevilacqua, Rina Durante, Agostino Casciaro, Pasquale Pitardi e Antonio Errico
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di Antonio Chiarello è il mare, “un brivido etereo che riproduce l’immagine spirituale del Cielo” (Girolamo Comi, “Cantico del Mare”), e la terra, “spaziosità di tombe e d’ombre” (ancora Comi, “Cantico del Suolo”); è la cripta della Madonna della Grotta di Ortelle, primo incontro della mattina per Chiarello ed ultimo della sera prima di rincasare; gli ulivi secolari, la chiesetta bizantina di San Pietro e il Faro della Palascia di Otranto; il Salento di Chiarello è Sant’Antonio, sono le grotte di Porto Badisco, le cave di Cursi, è la cattedrale di Otranto e il suo mosaico pavimentale; insomma, parafrasando Italo Calvino (“Le città invisibili”), il Salento per Chiarello non sono solo “le sette o le settantasette meraviglie” che offre, “ma è la risposta che dà ad ogni tua domanda”. Il viaggio nella sua terra ha portato Chiarello a tenere varie mostre, come “Ortelle: Luci e Colori”, nel 1989 a Ortelle, e poi “Visioni di Sanarica”, nel 1990, nella Casa Canonica di Sanarica, “Olea Eurpoaea, dedicato all’ulivo”, all’Euro Art Expo di Verona, nel 1991, e “Post vedute”, a Santa Cesaria, sempre nel 1991. Chiarello ha realizzato, inoltre, alcuni cofanetti fotografici su Castro e su Santa Cesarea. Il procedimento fotografico da lui utilizzato, una sorta di post-vedutismo, viene definito “scrittura con la luce” da Donato Valli, che coglie la confluenza dell’esperienza estetica di Chiarello in quella letteraria di Girolamo Comi. Nel 1993, Chiarello tiene, presso il museo diocesano di Otranto e poi presso il frantoio ipogeo di Cursi, la mostra “Lapides Sacri: Frammenti di religiosità rupestre”, forse la punta più alta della sua carriera. Nel 1996, Chiarello tiene la mostra “S’era pittore jeu…,
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CULTURA PERSONAGGI z
ode in sette tele per un cuore messalo”, a Muro Leccese; nel 1998, è la volta di “Di/Segni D’acqua – dodici tavole per Santa Cesarea” e di “Di/Segni D’acqua – sette tavole per Badisco”, mentre nel 1999, si tiene a Larissa (Grecia) la mostra “Finibus Terrae, Acquaforte per Rassegna grafica”. Nel 2005, Chiarello ha realizzato la mostra devozionale “Sant’Antonio, giglio giocondo”, che è partita da Spongano ed ha avuto un grosso successo. Si è trattato di una mostra onomastica che Chiarello ha voluto dedicare prima di tutto a se stesso, in occasione dei suoi cinquant’anni, e poi a tutti coloro che si chiamano Antonio. Con la voce recitante di Agostino Casciaro e la musica dei Menamenamò che eseguono inni popolari dedicati a Sant’Antonio, santo molto popolare in tutto il Salento, questo progetto-ex voto raccoglie tredici carte devozionali, che il suo creatore vuole far portare in giro per la provincia di Lecce in tutti i paesi dove vi sia il protettorato o almeno una devozione per Sant’Antonio. Da diversi anni, inoltre, l’artista realizza un calendario d’autore per le Terme di Santa Cesarea. Sue opere sono in molte collezioni private e pubbliche. Ma sono ancora tanti i progetti che ha in mente di realizzare Chiarello. Continuerà ancora a raccontare l’anima autentica del Salento, i suoi dolmen, i suoi menhir e, seguendo le sue stesse parole, “i suoi paesaggi abitati da fichi, oleandri, carrubi, dal geco e dalla tarantola, capperi, fichi d’India, vite e gran selve d’olivi. Immensi, millenari, biblici Olivi. E tutt’intorno cullati dal liquido primordiale: il Mare. Un mare di leggende, un mare di paure, un mare di speranze… Bassi agglomerati di calce sotto un immenso cielo, dove l’uomo dialoga ancora con la terra ascoltandone il sibilo lungo di millenaria cultura. Tutto questo e tanto altro ancora è la Terra D’Otranto, dove finisce la terra e lievitano leggeri i Sogni”.
Castro Marina. Una delle cartoline realizzate da Antonio Chiarello
I-73030 Santa Maria di Leuca – Parco Costiero Penisola Salentina – Tel. 0833 758242 – Fax. 0833 758246 I-73014 Gallipoli – Riserva Naturalistica Torre del Pizzo – Tel. 0833 202536 – Fax. 0833 202539 www.attiliocaroli.it - info@attiliocaroli.it – skype: centroprenotazionicarolihotels
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IL SALENTO CHE CRESCE z CONFINDUSTRIA LECCE
Confindustria vuole crescere
135 NUOVI ISCRITTI. E’ IL BILANCIO DEI PRIMI MESI DEL DUO MONTINARI-CORVINO
“La tua quota la paga Confindustria”. Lo slogan riassume « le iniziative promosse da Confindustria-Lecce che assicura Piero Montinari, presidente di Confindustria Lecce
vantaggi tangibili ai nuovi associati. A Casarano nascerà la nuova sede dell’associazione
zx di Margherita Tomacelli
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n’azione di recruiting – di proselitismo presso gli imprenditori - che non ha precedenti nella storia dell’associazione degli industriali salentini: in due giorni 135 nuovi iscritti sono andati ad aggiungersi ad una base ferma a quota 400 da più di un lustro. Segno che gli imprenditori salentini, badano al sodo. A parte i buoni propositi e la volontà di superare l’individualismo (dagli analisti spesso additato come un vero cancro per il sistema socio-economico del Salento), la spinta motivazionale è di sicuro da ritrovarsi nello slogan con cui Confindustria Lecce, sotto la presidenza di Piero Montinari e la direzione di Antonio Corvino, ha invitato la classe imprenditoriale a partecipare ai due workshop tenutisi nel mese scorso: “La tua quota la paga Confindustria”. Sono state cioè presentate le nuove 23 convenzioni con aziende di primaria importanza nel panorama italiano ed estero – quali IBM, Alitalia, Telecom, Trenitalia, Vodafone, Tiscali, Carta Si, solo per citarne alcune – grazie alle quali, e conti alla mano, le aziende associate possono risparmiare dai settemila ai novemila euro l’anno. In pratica, le piccole e medie imprese possono usufruire di prezzi e tariffe normalmente riservate alle sole grandi aziende, quelle con forza contrattuale e capacità negoziale autonoma: l’uso attento delle convenzioni stipulate da Confindustria e riservate alle aziende associa-
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te, consente anche di coprire completamente la quota associativa annuale. Sul fronte dell’allargamento dei servizi Confindustria-Lecce ha inoltre avviato un processo di irrobustimento dei servizi tradizionali, con un occhio rivolto alle novità relative all’innovazione tecnologica (progetto AIC, comprendente i servizi di marketplace e di benchmarking), le opportunità offerte da Fondimpresa, l’internazionalizzazione, la finanza d’impresa, i servizi per l’ambiente, qualità sicurezza, il servizio Telemaco e SUAP, la diffusione della telefonia digitale (VOIP). Ma il dato significativo, a nostro parere, venuto fuori dalla due giorni dedicata da Confindustria-Lecce ai nuovi associati, è un altro: se si è deciso di pianificare uno dei due incontri a Casarano, oltre che a Lecce, è anche perché si è riconosciuta la centralità del basso Salento all’interno del sistema produttivo territoriale. Tanto che è in programma l’apertura, proprio a Casarano, di una nuova sede dell’associazione. Forti spinte dagli imprenditori iscritti poi, vengono affinché Confindustria cambi addirittura il nome: da ConfindustriaLecce a Confindustria-Salento, perché già a partire dal nome si cominci a pensare, ciascuno nel proprio piccolo, in un’ottica di sistema. Come parte di un tutto che armonicamente tenda, facendo convergere posizioni differenti, al bene comune. Dove il bene rappresenti la crescita delle aziende, delle sue risorse umane e della società in cui esse operano.
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IL SALENTO CHE CRESCE www.iltaccoditalia.info z
Dacci oggi il nostro Tacco quotidiano
L’INFORMAZIONE CAMBIA. NASCE IL PRIMO QUOTIDIANO ON LINE DEL SALENTO
Presentato ufficialmente il 27 luglio scorso in Confindustria, dopo un anno di sperimentazione, il portale www.iltaccoditalia.info è pronto per un primo bilancio che reca il segno “più” nella voce visitatori: una media di accessi al giorno pari a 4.800 e un numero medio di pagine scaricate con punte di 50.000 al giorno. Grazie alla sua redazione diffusa composta da giovani redattori, il quotidiano on line del Salento è in grado di essere tempestivamente sulle notizie, garantendo due edizioni al giorno, alle ore 9.00 e alle 17.00. Rispetto alla rivista mensile cambiano i contenuti e la forma: la piattaforma software consente agli operatori accreditati dal direttore Mastrogiovanni di accedere alle aree di propria competenza: le news, gli approfondimenti, l’agenda o le rubriche di commento. Lo stile di scrittura è agile ed essenziale come la fruizione di internet impone. La piattaforma editoriale è stata progettata e sviluppata dal web-master leccese, ma da anni residente a Milano, Dario Di Pietrantonio (www.dpiweb.it) e permette approfondimenti su diverse aree tematiche: politica, economia, ambiente, sport, sanità, spettacoli, turismo, scuola, cultura e società. www.iltaccoditalia.info risponde alle esigenze e le curiosità dei navigatori e si pone al servizio di istituzioni ed imprese, privilegiando le notizie economico-amministrative. Oggi i lettori del Tacco on line sono i tanti salentini che per motivi di lavoro o studio sono lontani dalla propria terra d’origine; imprenditori, impiegati, dirigenti che per otto ore lavorative sono davanti al pc; giovani e studenti, che preferiscono sempre più un’informazione veloce, gratuita, interattiva, multimediale, disponibile 24 ore su 24 e senza limiti territoriali. Oltre alle notizie quotidiane, sono presenti le rubriche personali dei giornalisti sui temi più diversi: commento politico, filosofia, poesia, cinema, libri. Ampio spazio è riservato, inoltre, all’interazione dei lettori-visitatori, tramite sezioni interamente destinate al dialogo e alla discussione, come i forum, dove scambiare pareri attorno ad un tema, i sondaggi, i blog, dove esprimersi in assoluta libertà. Ma ogni sezione è pensata in modo da permettere l’interazione degli utenti: ogni articolo può essere commentato dagli utenti, favorendo quel sistema di interattività che, insieme ai blog e al forum, contribuisce alla creazione di una vera e propria “community”. Ma non è tutto, perché www.iltaccoditalia.info è anche un’agenda fitta di appuntamenti, dove vengono segnalati, giorno per giorno, gli eventi e le iniziative da non perdere.
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CULTURA z TESORI RIEMERSI
Il passato salvo per un pelo Resti del passato. La necropoli medioevale scoperta a Morciano di Leuca in seguito a dei lavori sul manto stradale
FUORI PERICOLO IL TESORO ARCHEOLOGICO DEL SOTTOSUOLO DI MORCIANO l passato custodito dal sottosuolo di Morciano di Leuca è salvo per un pelo. Qui, infatti, come spesso avviene durante i lavori di scavo e di trincea per servizi come acqua, gas, illuminazione e pavimentazione, il patrimonio archeologico della città ha rischiato di venire compromesso in modo irrecuperabile. Italia Nostra e la Pro-loco lanciarono l’allarme nel luglio scorso, ottenendo la sospensione dei lavori e il sequestro dell’area interessata. La protesta, risultata poi efficace, era dovuta al danneggiamento che un mezzo pesante della ditta appaltatrice dei lavori di ripristino del basolato aveva provocato al solaio di un frantoio sotterraneo, nelle adiacenze della chiesa matrice. Le polemiche sono poi divampate in seguito ad atti di vandalismo: la notte del sequestro, infatti, vennero forzati alcuni lastroni di copertura delle tombe medioevali. A questi si aggiunsero, infine, problemi connessi all’allagamento della zona, durante il maltempo, quando cani randagi avevano disperso le ossa umane conservate nella necropoli. Come ha chiarito Giuseppe Picci, sindaco di Morciano, in quell’occasione “si è verificato un peggioramento della già precaria situazione statica del centro storico, dovuto all’assottigliamento dello spessore tra pavimentazione stradale e sotterranei”. D’altra parte, era già accaduto nel 2003 che una decina di tombe medioevali venissero tranciate dalle condutture, proprio nei pressi della chiesa di S. Giovanni, sul lato sul quale si affaccia la Pro-Loco. I lavori di scavo, cominciati sotto la sorveglianza dello “Studio di consulenza archeologica” di Ugento nel marzo dell’anno scorso, hanno perciò subito un rallentamento e sono ripresi in agosto. “Sono state finora scoperte all’incirca 70 tombe che possono farsi risalire all’XI - XIV secolo - spiegano Roberto Maruccia, Doris Ria e Paolo Schiavano, dello “studio di consu-
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zx di Antonio Lupo
« E’ stata salvata in tempo la necropoli medioevale di Morciano, compromessa da lavori su manto stradale. E, dopo pulitura e rilievo, ritornano alla luce 70 tombe e numerosi frantoi ipogei
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lenza archeologica”-, quasi tutte ricoperte da lastre in tufo locale, a volte con blocchi incassati nel banco di roccia. Alcune sono di dimensioni adatte a infanti, le altre misurano da 1,80 a due metri, per una profondità di 40 cm circa. Hanno come le altre del nostro territorio – continuano - forma trapezoidale e rastremata. Quella già manomessa presenta il cuscino litico, tipicamente medioevale”. E’ di particolare interesse il fatto che alcuni granai (grandi silos) sono stati adattati a sciave per frantoi, come già verificato negli scavi eseguiti a Patù. Necropoli e luoghi di archeologia industriale caratterizzano dunque anche il sottosuolo morcianese. Ne sapremo di più, quando i lavori diretti da Arcangelo Alessio, ispettore di zona della Soprintendenza Archeologica della Puglia, seguiti da consulenti di fiducia, saranno terminati. Dopo il dissequestro della zona, intanto, sono già stati ultimati i lavori di pulitura e di rilievo. Le indagini termineranno una volta andati in porto il progetto di scavo e di recupero, e quello, voluto dal Comune, di valorizzazione dell’insieme, considerate le “bocche” dei frantoi, una quarantina, evidenziate dal nuovo rifacimento del basolato. “Con un adeguato sistema di copertura in vetro – aggiungono gli archeologi - si potrebbe consentire la necessaria aerazione naturale, nonché il passaggio di luce negli ambienti ipogei”. Il sindaco ha perciò intenzione di organizzare una mostra permanente per promuovere al meglio le risorse storico-culturali del centro storico e del suo contesto.
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CULTURA EDITORIA SALENTINA z
Il Laboratorio di cultura
60 PUBBLICAZIONI IN VENT’ANNI. LA SFIDA, VINTA, DELLA CASA EDITRICE DI PARABITA. CHE RECUPERA L’ANTICO E GUARDA ALL’UNIVERSITÀ
Circoli culturali. Aldo D’Antico con Ennio Bonea, Vittore Fiore, Giovanni Bernardini e Oliviero Cataldini
ontro l’emarginazione culturale e il “senso di periferia” che si respirava negli anni Ottanta nella penisola salentina e per amore della promozione culturale di libri di qualità. Con questi intenti è nata la produzione editoriale de “Il laboratorio” di Parabita che ha già compiuto vent’anni, sotto la solerte guida di Aldo D’Antico. Una sessantina di pubblicazioni alle spalle, a partire dal 1986. Soprattutto raccolte di poesie e saggi di ricerca storica locale e, negli ultimi tempi, micro-storie e testimonianze inedite. Un versante inesplorato, da potenziare maggiormente. C’è infatti chi non pratica usualmente la scrittura, ma conserva importanti ricordi, “spicchi di memoria”, un vissuto da comunicare utile alla storia della collettività, come quello relativo alle usanze e alle tecniche artigianali di un tempo, o ai diari di guerra o il racconto di chi ha preso parte attiva alla Resistenza. Tra i primi prestigiosi autori de “Il Laboratorio”, insieme a Filippo Accocca, vi è Aldo De Iaco. Il quale, proprio per una scelta di politica culturale, affidò al Laboratorio la sua opera poetica d’esordio, “Stazioni di posta”. Di lì a poco, la stessa collana de “Il Quadrato”, a cura di Antonio Errico, ospiterà “I trofei della città di Guisnes” di Antonio Verri. Seguono altre eleganti edizioni con titoli e nomi di grande richiamo, tra cui “Qualcosa di nuovo intorno” di Vittore Fiore (1993) o “Sotto il ponte del tempo” di Martin Andrade, esule poeta cileno insignito recentemente con il premio Bodini, all’interno di sette collane, da “Testimoni” a “Il labirinto”, a “Tracce”, oggi al quarto volume.
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zx di Antonio Lupo
Collabora con Aldo D’Antico il figlio Tommaso, art director che dirige “Officina”, agenzia di pubblicità. Se la sofisticata strumentazione informatica di oggi facilita tanto il lavoro, il problema cruciale rimane quello della distribuzione editoriale, che risulta difficilmente sostenibile. “La maggiore promozione - spiega Aldo D’Antico - deriva dalla presentazione, che noi stessi facciamo, dei nostri testi, reperibili in alcune librerie locali o nelle edicole. D’altra parte è proprio questa la sfida con cui siamo nati e per la quale continuiamo a prodigarci: riuscire a non rimanere tagliati fuori dai flussi editoriali e fare opera di promozione culturale, considerate le numerose energie intellettuali, spesso sacrificate nel nostro Sud. Certamente – continua - l’editoria salentina non può permettersi di essere presente al Salone del libro di Torino, in assenza di una politica editoriale di sostegno da parte istituzionale. Proprio per questo, nel convegno che si è tenuto a Gallipoli qualche anno fa, lanciai una proposta rimasta poi inevasa, quella di un consorzio tra editori”. Rimane per Il laboratorio la soddisfazione non solo di aver pubblicato edizioni di qualità, ma anche di aver portato un artigiano come Gaetano Leopizzi (mesciu Gaetanu), illetterato, alla pratica della scrittura, o di aver potuto stimolare la ricerca e la rivisitazione di storie personali che finiscono per essere storie collettive. Un lavoro di recupero che consolida il senso di appartenenza alla collettività, poiché “la mancanza di memoria annulla la stessa memoria”. Con la dovuta attenzione alla realtà viva del territorio la piccola casa editrice intende continuare a rafforzare tali opportunità, anche nel campo della scuola e della formazione universitaria. L’ultima collana è “Percorsi”, mentre è in corso il progetto di una rivista multidisciplinare sulla metodologia della ricerca-azione, che si spera di realizzare quanto prima. Intanto, per gennaio, si attende il ritorno della rivista di poesie “L’incantiere”. Aldo D’Antico con Vittore Fiore, Antonio Verri e Rina Durante
// Non solo libri Ma, grazie all’energia propulsiva del titolare, intellettuale “genius loci” parabitano, la piccola casa editrice si contestualizza in un insieme organizzato di attività: museo etnografico, museo del vino, archivio storico parabitano.
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ECONOMIA z INFORMAZIONE NO-STOP
Studio 100 ha acquisito i diritti « in esclusiva per la diffusione via satellite di tutti gli incontri in trasferta del Taranto Sport e del Gallipoli Calcio. Sul canale 925 di Sky 24 ore su 24, va in onda il Salento
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Il Salento sul satellite NASCE UNA NUOVA RETE TELEVISIVA FIRMATA SALENTO. STUDIO 100 SAT Gaspare Cardamone, presidente di Studio 100 tv e Studio 100 sat è soddisfatto. In poco più di un anno la sua Studio 100 tv, dal ristretto ambito tarantino, dove ha sede a Statte, oggi irradia (è questo il termine tecnico) il suo segnale, i suoi telegiornali, le dirette delle partite del Taranto e del Gallipoli, in tutta Europa e nel nord Africa. Per il Salento il 15 ottobre scorso è stata una data storica, anche se (per invidia e per uno scorretto modo di fare informazione da parte delle televisioni locali) la notizia è passata quasi sottosilenzio (eccezion fatta per alcune “brevi” uscite sui quotidiani). Storica perché il “grande Salento” ha finalmente una ribalta internazionale. Fino ad oggi, infatti, Puglia channel, non è stato altro (e lo è ancora) che un’accozzaglia di trasmissioni e televendite provenienti da tutte le reti televisive pugliesi (anche piccolissime, come Teleonda di Gallipoli), senza alcun piano editoriale. Con Studio 100 sat invece nasce una vera e propria rete. Abbiamo incontrato Gaspare Cardamone per capire quali progetti sono in cantiere. Presidente Cardamone, quando Studio 100 è andata sul satellite e quali sono state le prime reazioni da parte del pubblico? L’idea di entrare nell’universo satellitare è un’idea a cui pensavamo già da tempo grazie anche all’esperienza di Puglia Channel. Ma erano necessarie delle condizioni per compiere questo passo, dopo l’apertura delle redazioni di Brindisi prima e Lecce poi. Studio 100 Sat è stato inaugurato con la partita Gallipoli-Taranto, anche se già nei giorni precedenti bastava collegarsi al canale 925 Sky per trovarci in onda. Il pubblico ha dimostrato il suo interesse con e-mail e telefonate. Soprattutto i tifosi che, ogni domenica in cui il Taranto o il Gallipoli giocano in trasferta, potranno godersi la partita da casa e gratuitamente. E i pugliesi nel mondo finalmente possono vivere gli eventi della propria terra. Con l’up link, il furgone attrezzato di parabola, raggiungiamo ogni Comune della Puglia, giriamo le riprese in diretta e lanciamo il segnale. I risultati
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zx di Maria Giovanna Sergi
sono stati ottimi. Per sintonizzarsi su Studio 100 Sat bastano un’antenna parabolica e un decoder. Qual è il piano editoriale della nuova rete? A chi si rivolge? Studio 100 tv si è posto l’obiettivo di portare il Grande Salento e la Puglia in primo piano in Europa, creando una finestra televisiva continentale interamente dedicata alla regione. Questa finestra si chiama Studio 100 sat. Parallelamente, l’impegno della nuova antenna satellitare sarà anche quello di riproporre i principali avvenimenti del territorio. A tutto questo si aggiungono le esclusive sportive in diretta tv. Grazie al progetto editoriale di Studio 100 sat, quello che fino ad oggi è stato un privilegio riservato solo alle società sportive delle massime categorie, diventa realtà anche per le serie minori. Studio 100 ha acquisito i diritti per gli incontri in trasferta del Taranto Sport e del Gallipoli Calcio; sono in corso quelle per l’acquisizione di altre seguitissime esclusive riferite al basket territoriale. Che tipo di informazione offre Studio 100 Sat? Studio 100 Sat mira a riproporre, affermare e completare lo stesso fondamento da cui è nata la linea editoriale di Studio 100 Tv, espressa con lo slogan “Informazione continua” che con Studio 100 Sat diventa “Studio 100 Sat: informazione continua, ovunque”. Lo sport è stato il nostro primo obiettivo, seguito dall’informazione dei nostri tg di Taranto, Brindisi e Lecce. Ma il nostro vero progetto è ancora tutto da scoprire. A breve presenteremo le nostre idee: nuove rubriche, trasmissioni ed approfondimenti.
Walter Baldacconi e Gaspare Cardamone, rispettivamente direttore responsabile ed editore di Studio100
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CASARANO
TELEFONINI SOTTO CONTROLLO z
I cittadini “drizzano” le antenne zx di Enzo Schiavano
L’amministrazione « di Casarano concerta con i gestori di telefonia la collocazione dei ripetitori. Questi siti sono elementi cardine del “Piano di Localizzazione”, che i Comuni devono redigere per legge
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No alle antenne. Un corte di protesta contro l’installazione dei ripetitori di telefonia mobile nel centro abitato di Casarano
PRIMA LA H3G, POI LA TIM. L’INSTALLAZIONE DI ANTENNE DI TELEFONIA IN CITTÀ gevolare la proliferazione delle antenne per la telefonia cellulare, con controllo affidato alla tecnologia, oppure resistere alle richieste dei gestori per nuovi impianti? Da tre anni, amministrazione comunale e residenti (spalleggiati dai Verdi e dalle forze politiche di opposizione) si fronteggiano in un aspro dibattito sulla linea da seguire su questa controversa materia. Da una parte l’ente pubblico che si trincera sulla ineluttabilità di concedere licenze per garantire un servizio definito “di pubblica utilità”; dall’altra i residenti che, preoccupati dalle scarse ricerche sugli effetti provocati dagli impianti per la nuova tecnologia Umts, si appellano al dovere primario di tutela della salute pubblica, che è di competenza del sindaco. La storia. Il dibattito è iniziato nell’ottobre 2003 quando la “H3G”, il primo gestore in Italia di videofonini, installa un’antenna in pieno centro, in corso Vittorio Emanuele. I Verdi di Casarano, forti di una sentenza del Consiglio di Stato, chiedono al sindaco la revoca della relativa autorizzazione. L’amministrazione comunale, pressata anche dai residenti (supportati dall’Udc), appoggia decisamente le istanze dei cittadini e vara un provvedimento di rimozione dell’impianto. La storia va avanti per tre anni tra le carte bollate per concludersi con un compromesso che scontenta i cittadini: l’antenna viene rimossa da corso Vittorio Emanuele e installata sul Municipio. Nell’aprile 2006 scoppia il caso di via Cremona. Su un edificio privato, la Tim installa in tutta fretta (autorizzando lavori perfino di notte) un’antenna per telefonini Umts. La società del gruppo Telecom aveva vinto un contenzioso con l’amministrazione comunale durato sei mesi e non aveva perso tempo per
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iniziare i lavori, forse per evitare che i cittadini potessero bloccare nuovamente l’installazione. I residenti, infatti, non ci stanno e, capeggiati dal parroco del quartiere, don Antonio Minerba, si costituiscono in comitato per ottenerne la rimozione del trasmettitore. Nella contesa si inserisce anche Forza Italia con una petizione e una proposta: blocco delle concessioni ed individuazione di siti per gli impianti lontani dal centro urbano. I cittadini e i Verdi chiedono al Comune di appellarsi alla decisione del Tar, favorevole alla Tim, ma la posizione del sindaco, Remigio Venuti, nel frattempo è cambiata. “E’ inutile e dispendioso aprire contenziosi sulle antenne con i gestori di telefonia mobile – afferma Venuti –; meglio trovare soluzioni condivise con i gestori”. Una dichiarazione che apre le porte della città alle società di telefonia mobile. E, infatti, nel giro di poche settimane sul tavolo di Andrea Carrozzo, responsabile comunale del settore Urbanistica, competente a rilasciare concessioni, piovono richieste di installazione di ripetitori per videofonini. E’ chiaro che Palazzo dei Domenicani ha cambiato linea rispetto al 2003. Ma perché l’amministrazione comunale, che è sorretta da una maggioranza di centro-sinistra, ha deciso di non arginare la crescita degli impianti nel centro abitato? “Impossibile arginare”. La risposta ricorrente è: “Siamo impossibilitati a fermare le nuove installazioni”. L’azione del governo cittadino si basa sulla concertazione con i gestori per l’individuazione dei siti dove collocare i ripetitori. I siti costituiranno gli elementi cardine del “Piano di Localizzazione”, uno strumento amministrativo, che i Comuni dovranno obbligatoriail tacco d’Italia 29
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CASARANO
z TELEFONINI SOTTO CONTROLLO
mente redigere in base alla legge regionale n. 5 del 2002, che dovrà stabilire i posti in cui saranno ubicati i ripetitori. Ma l’azione su cui l’amministrazione comunale confida nel convincere i cittadini della bontà della sua linea politica è il progetto sul monitoraggio dei siti per verificare l’inquinamento elettromagnetico. Il monitoraggio. Il progetto, elaborato dalla società consortile “Area Sistema di Casarano e Comuni associati”, prevede la creazione in 12 Comuni del consorzio di altrettante reti di centraline che avranno il compito di rilevare i dati sull’emissione di onde elettromagnetiche. A Casarano ne sono state installate 16, situate nei pressi di ogni antenna, e sono entrate in funzione nei giorni scorsi. I rilevamenti sono a disposizione dei cittadini 24 ore su 24. Basta collegarsi al sito internet del Comune per leggere il dato di Obiettivo: controllare le onde. ogni centralina. L’obiettivo del La centralina per il monitoraggio dell’inquinamento elettromagnetico Comune è di avere un impatto collocata sul palazzetto dello sport ambientale al di sotto dei 2 Volt/metro, con una soglia di sicurezza maggiore rispetto alla soglia nazionale (6 V/m) e, addirittura, al di sotto di quella regionale (3 V/m). La petizione. I cittadini, i Verdi e le forze politiche di opposizione, però, non si fidano. Ritengono che la materia sia complessa e ancora poco conosciuta. La ricerca sui telefoni cellulari, per accertarne la pericolosità, è infatti inizia-
ta solo a metà degli anni ’90. Sui telefoni con tecnologia Umts le ricerche sono ancora alla fase iniziale. E’ dunque impossibile avere dati epidemiologici accurati o risultanze definitive. Il comitato di via Cremona, tra l’altro, con la petizione presentata al sindaco aveva citato i primi risultati di studi fatti su impianti Umts, i quali risultano abbastanza preoccupanti. All’amministrazione comunale si contesta anche il fatto di aver ignorato, con le ultime due concessioni, gli obiettivi di qualità previsti dal Regolamento di attuazione della legge n. 5/2002, deliberato dalla giunta Vendola nel giugno di quest’anno. “Nell’autorizzazione di nuovi impianti – recita il regolamento – si persegue la minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici dei recettori sensibili, ed in particolare dell’utenza delle aree, delle strutture e degli edifici destinati all’infanzia, delle strutture scolastiche frequentate da utenti in età pediatrica e delle attrezzature sanitarie e assistenziali”. I nuovi impianti sono stati autorizzati sul Municipio e su una delle torri dello stadio comunale. Nell’uno e nell’altro caso a poche decine di metri da scuole materne, primarie e secondarie.
di Comuni «“AreaIl consorzio Sistema” ha previsto antenne per il monitoraggio dell’inquinamento elettromagnetico in 12 Comuni del consorzio. A Casarano ne sono state collocate 16
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MAGLIE NEOASSESSORA z
Quattro deleghe per una
zx di Giuseppe Finguerra
DAL CONSIGLIO COMUNALE DI MAGLIE ALLA GIUNTA PROVINCIALE. L’IMPEGNO POLITICO DI GIOVANNA CAPOBIANCO
Giovanna Capobianco è da un mese assessora « provinciale. Ed ha già obiettivi precisi. Primo fra tutti, il ripristino del naturale ruolo della Provincia: una cerniera tra Regione e Comuni
Dopo anni di maturazione politica a Maglie, dove ha ricoperto la carica di consigliera comunale, lo scorso 3 ottobre è arrivato, per Giovanna Capobianco, un importante riconoscimento. Giovanni Pellegrino, presidente della Provincia, nel ridistribuire le deleghe di governo provinciale, in seguito alle dimissioni di Sandra Antonica da assessore alla Cultura, ha affidato all’esponente diessina la delega alla Programmazione economica, progetti strategici ed alta innovazione, nonché al rapporto con l’Università, e alla programmazione della rete Urp, l’ufficio per la comunicazione istituzionale. Per la prima volta i diessini magliesi esprimono un assessore nella Giunta provinciale.
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Assessora, come gestirà la Programmazione economica del territorio provinciale? “Farò scelte che, inevitabilmente, avranno effetti importanti sul territorio. Gestirò, con le modalità della concertazione, lo sviluppo economico della provincia, nei limiti delle risorse di bilancio che sono modeste rispetto ai bisogni. Cercherò nuove risorse da investire nello sviluppo”. Come intende aumentare le risorse economiche a disposizione della Provincia? “Con la gestione diretta dei fondi strutturali europei per gli anni 2007-2013. Queste risorse si affiancheranno a quelle che la Provincia già dispone con il prelievo fiscale e le attribuzioni statali e regionali. La Provincia ha un naturale ruolo di cerniera istituzionale tra la Regione e i Comuni, previsto dal titolo V della Costituzione. Però, a partire dalla gestione di Raffaele Fitto, questo ordine è stato stravolto. Infatti, la gestione dei fondi comunitari è avvenuta in modo accentrato tra la Regione ed i Comuni. La Provincia è stata estraniata ed ha operato con pochi fondi. I fondi dei progetti per il Pit 9, nell’area di Casarano, e del Pis 14, nell’area del sud Salento, sono stati gestiti secondo queste modalità. Ma, nel primo caso, è stato affidato alla Provincia un ruolo di coordinamento; mentre, nel secondo caso, la Provincia non ha svolto alcun compito. Occorre cambiare questa impostazione della gestione dei Por, proseguita anche nel corso del mandato di Nichi Vendola, ed operare un decentramento dei poteri. Il modello da seguire è quello sviluppato da Regioni come la Toscana o l’Emilia Romagna, dove la Regione approva il regolamento di programmazione a cui fanno seguito i regolamenti di attuazione con l’indicazione delle azioni e degli obiettivi; alla Provincia spetta la distribuzione dei fondi. La nostra pianificazione strategica è in sintonia con quella della Regione, poiché il documento strategico regionale è costruito con una strategia dal basso, fortemente democratica, attraverso forum e tavoli di confronto. Per cui è naturale che si svolga un decentramento dei poteri e delle risorse”. Come giudica il piano strategico elaborato da Loredana Capone, che l’ha preceduta nella delega alla Programmazione economica? “È un piano in sintonia con il programma di Pellegrino e con la programmazione regionale. Le direttrici dello sviluppo sono individuate nella formazione e nella ricerca universitaria; nella il tacco d’Italia 31
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MAGLIE z NEOASSESSORA
creazione di figure manageriali per i nuovi bisogni delle imprese; nel sostegno delle aziende leccesi nel processo di internazionalizzazione; nel favorire la vocazione per il turismo di qualità. Negli anni vi è stata un’azione di accompagnamento e di sostegno alle aziende; è stata favorita la costituzione di nuove imprese con attività di consulenza. Attualmente esiste un progetto di microcredito che agevola l’avviamento di nuove aziende, favorendo l’imprenditoria giovanile e femminile. È mia intenzione proseguire in questa direzione ed attirare imprese nazionali ed estere nel Salento”. Qual è la condizione delle aziende salentine? “Esistono delle situazioni difficili. Mi riferisco al Tac, dove però esistono esempi incoraggianti di aziende che stanno sviluppando nuovi modelli di impresa. Incoraggiante è quanto accade intorno a Tricase, dove esistono aziende che realizzano prodotti per altre aziende ed altri marchi. Ma è un façonismo di qualità. È un successo che imprenditori come Della Valle decidano di produrre nel Salento, anziché delocalizzare in Asia o nell’Est europeo. Non sempre una nostra azienda ha la forza per crearsi un marchio e battere la concorrenza, poiché c’è un forte ricorso al capitale di debito. Il successo di Meltin Pot è un caso eccezionale”. Perché è stata creata e le è stata affidata la delega ai rapporti con l’Università e l’alta innovazione? “L’innovazione tecnologica ed una politica ad hoc è diventato un obiettivo ineluttabile per lo sviluppo economico del territorio. Si intensificherà il sostegno alla ricerca dell’Università e delle imprese. Si favoriranno lo nascita e la crescita di aziende che partano dagli stessi ricercatori, per applicare nella produzione i risultati della ricerca. La Provincia non può fornire fondi all’Università per la ricerca, ma collabora con borse di studio e tirocini formativi agli studenti”. La terza delega affidatele riguarda la gestione della comunicazione istituzionale. Quali obiettivi si prefigge?
“La Provincia di Lecce ha una rete di uffici per la comunicazione istituzionale, gli URP. Gli uffici sono dislocati a Lecce, a Palazzo dei Celestini, e a Maglie, Tricase e Casarano. In passato la scelta è stata quella di ubicarli presso i Centri provinciali per l’impiego. Voglio valutarne l’effettiva convenienza, verificare la capacità di risposta e la redditività di questa dislocazione. Intendo potenziare la comunicazione attraverso le reti informatiche. I Comuni salentini sono stati interessati da due progetti per il collegamento informatico: la rete Riso ed Apuliae. Sono due diversi tracciati di trasmissione delle informazioni, cui aderiscono reti di Comuni non identiche. In provincia esistono connessioni in rete a macchia di leopardo, con dei Comuni che addirittura non accedono a questo tipo di servizi. L’obiettivo è quello di coinvolgere e coprire l’intero territorio”.
// Dal ’68 al 2006 Giovanna Capobianco nasce a Bari l’8 giugno 1950, ma vive fin dall’infanzia a Roma. Qui si laurea in Economia e commercio e partecipa al movimento studentesco del ‘68, iniziando la militanza nel partito comunista. Agli inizi degli anni ‘80 si trasferisce a Maglie per svolgere il lavoro di insegnante (presso l’istituto tecnico commerciale “Cezzi-De Castro”). Nel 1998 diviene segretaria della sezione magliese dell’ex PCI. È la prima volta che l’incarico della segreteria cittadina è ricoperta da una donna. È anche nella direzione regionale e provinciale dei DS. Dal 2000 è eletta consigliera comunale a Maglie. Nel 2006, in seguito al rimpasto della giunta provinciale voluta da Giovanni Pellegrino, diviene assessora con delega alla Programmazione economica, progetti strategici ed alta innovazione, nonché al rapporto con l’Università, e alla programmazione della rete Urp.
info point Casarano tel.: 0833.512416
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GALLIPOLI (Le) Via B. Croce, 1/B Cell. 320.4276362
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MATINO NUOVI PROGETTI z
Sotto il segno dei pesci ALLEVAMENTO ITTICO, SPONGICOLTURA E ALLEVAMENTO DI RICCI. MATINO DIVENTA CITTÀ DI MARE zx di Antonella Coppola
a dir poco originale il progetto con il quale l’amministrazione comunale di Matino, guidata dal sindaco Giorgio Primiceri, insieme allo studio legale, commerciale e tributario della società Reho e associati (è stato proprio quest’ultimo ente a redigere la proposta) sta partecipando al bando per l’erogazione dei contributi promosso dal Consorzio Universitario Interprovinciale salentino. L’idea consiste nella creazione di un ecosistema formato da spugne, ricci, alghe e pesci, sviluppando un sistema di allevamento integrato in grado di autogestirsi rimanendo pulito e non contaminato da patogeni. E alla domanda sul perché di un progetto così particolare per un Comune, come Matino, che non è città di mare, Giorgio Toma, assessore ai Servizi alla città e politiche giovanili, risponde che “è proprio la vocazione agricola del territorio salentino che induce a mettere a punto tecniche di allevamento che dovrebbero garantire non solo l’approvvigionamento degli impianti di allevamento per animali, ma anche quantitativi apprezzabili da trasformare e fornire ai settori industriali della farmaceutica, della cosmesi, dell’agricoltura. Più volte, infatti – spiega Toma -, l’orto botanico di Lecce ha coltivato specie vegetali di interesse agrario sperimentando su di esse gli effetti dei fanghi di allevamento provenienti dai bacini ittici locali e di alghe che si trovano sul litorale di Porto Cesareo”. Oltre a questo l’iniziativa mira a ridurre gli effetti derivanti dall’impatto ambientale provocato dall’allevamento
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dei pesci all’interno di gabbie e a salvaguardare l’ambiente circostante. “Anche se - continua Toma - l’associazione tra allevamento ittico, spongicoltura e allevamento di ricci di mare è poco conosciuta, essa è invece veramente adatta a ridurre il problema dell’inquinamento”. Il progetto sarà realizzato nel laboratorio di Anatomia Comparata e citologia dell’Università di Lecce e durerà un anno. Il costo totale è di 57mila euro. “Una cosa importante da non sottovalutare - conclude l’assessore - è il fatto che con questa iniziativa, se il progetto sarà finanziato, alcuni giovani matinesi laureati potranno entrare a lavorare per l’Università, sia pur per un anno. Per loro sarà un’esperienza non di poco conto”.
L’INTERVENTO VITTORIO INGUSCIO z
Obiettivo cultura Ad un anno dalla fine del mio mandato assessorile non posso che trarre un bilancio positivo di quanto è stato fatto in questo periodo a Matino. Sia in ambito culturale che in ambito turistico. Dall’estate del 2002 ad oggi, infatti, si sono alternati in città eventi culturali di vario tipo: spettacoli musicali, teatrali, concorsi di bellezza, rassegne del libro, fiere e mostre che hanno attratto migliaia di persone. Grandi nomi della musica si sono esibiti con grande successo e anche le rassegne teatrali hanno goduto del consenso del pubblico.
A Natale si è realizzato il presepe vivente che ha coinvolto tutti i bambini delle scuole e che speriamo di poter ripetere ogni anno. Abbiamo inoltre organizzato diversi incontri monotematici, con la presenza di esperti e studiosi, per approfondire gli argomenti più svariati: dalla presenza dei Padri Domenicani a Matino con l’illustrazione del libro di Padre Tommaso Leopizzi “Santa Maria del Soccorso”; ai lavori di messa in sicurezza della ciminiera insistente su un’unica distilleria; alla documentazione storiografica raccolta nell’opera “Le deliberazioni del Decurionato di Matino dal 1822 al 1860” curata da Stefania Musoni. Senza dimenticare l’esperienza di un centinaio di bambini che, in coro,
hanno avuto l’onore di esibirsi al Vaticano dinanzi al Santo Padre. Ma la mia attività ha avuto buoni frutti anche nel settore del turismo. Matino, infatti, è riuscita a partecipare ogni anno alla Borsa Internazionale del Turismo di Milano. Si è inoltre tenuto un incontro sulle strutture dei bed&breakfast e si sono reiterate le iniziative del gemellaggio con la cittadina svizzera di Niederipp. Anche i prossimi mesi saranno ricchi di manifestazioni e attività culturali, a partire da Natale fino a primavera inoltrata. L’auspicio è quello di chiudere il mandato avendo realizzato il più possibile per la gente. Vittorio Inguscio, assessore alla Cultura e al Turismo - Matino
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PARABITA SERVIZI IN PROVA z
Quanto costa un posto in centro
LA STRATEGIA DEL SINDACO DI PARABITA PER RISOLVERE IL PROBLEMA DEI POSTI AUTO IN CITTÀ zx di Antonella Coppola
opo anni di assenza ritornano a Parabita i parcheggi a pagamento. E’ partito infatti nei giorni scorsi e durerà fino al 30 aprile l’esperimento dell’uso dei parcometri su alcune strade cittadine. Ad essere interessate saranno via Coltura, via Vittorio Emanuele II e III, via Impero, fino all’altezza di via Immacolata e via Luigi Ferrari per un totale di 180 posti macchina. Il costo per ogni ora di sosta è pari a 60 centesimi di euro con la possibilità di parcheggiare anche solo per mezz’ora (30 centesimi). A controllare il tutto, due ausiliari del traffico. I parcheggi a pagamento saranno attivi soltanto nei giorni feriali dalle ore 8.30 alle 13.30 e dalle 15 alle 20. “Abbiamo deciso di ripristinare il parcheggio a pagamento - spiega Adriano Merico, sindaco di Parabita - perché in queste strade si verificavano sempre problemi di circolazione. Per quanto riguarda i cittadini residenti nelle vie dove saranno collocati i parcometri, il discorso è diverso. Chi, infatti, non è possessore di un garage ed è quindi costretto a parcheggiare l’auto per strada, non sarà tenuti a pagare il posteggio. L’eccezione varrà, però, soltanto per un veicolo”. I commercianti da parte loro si dividono tra i favorevoli e i contrari al provvedimento. “A mio avviso – afferma, ad esempio, Maurizio Giaffreda, direttore del Planet cafè – questa può essere per certi versi una buona decisione, perché si crea un’alternanza tra le auto posteggiate; per altri versi, però, può essere un’arma a doppio taglio in quanto penalizza chi si ferma, per pochi minuti, a prendere un semplice caffè”. “E’ un’ottima soluzione – ribatte, invece, la proprietaria di un negozio di erboristeria - perché in questo modo i clienti non se ne andranno, dopo aver fatto inutili giri, per non aver trovato un parcheggio”. “Di sicuro - conclude il proprietario di un altro bar – nessun cliente si fermerà, come succede oggi, a prendere un caffè veloce, se anziché 60 centesimi dovrà pagarlo 90. Sono contrario alla
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60 centesimi per un’ora. Il sindaco di Parabita ripropone il parcheggio a pagamento. Tempo fino al 30 aprile per verificarne i frutti
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disposizione del sindaco, per questa ragione”. L’esperimento dei parcheggi a pagamento condotto qualche anno fa aveva interessato praticamente le stesse strade cittadine coinvolte nel nuovo provvedimento, fatta eccezione per una parte di via Luigi Ferrari. La differenza era data dal fatto che non c’erano i parcometri, ma una cooperativa per la gestione dei parcheggi. Il tutto non durò molto anche e soprattutto per le lamentele di alcuni commercianti che si sentivano molto penalizzati dall’iniziativa. Ora l’esperienza si ripete e da una prima impressione sembra che i tempi siano un po’ cambiati. “Sicuramente questa volta – conclude ottimista il primo cittadino - non ci saranno problemi. Anche perché si tratta di una soluzione conveniente per gli stessi commercianti, visto che non avranno più clienti che se ne andranno per mancanza di un posto macchina”. In Aprile l’ardua sentenza.
Rosso d’autunno il vino novello delle Cantine del Matino
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UGENTO
DUE OCCHI SULL’AMBIENTE z
Quel pasticciaccio brutto di Ugento // 396 “Evviva” LA REGIONE CONFERMA LA NON VALIDITÀ DEL PIANO COSTE DI UGENTO. NE SERVE PRIMA UNO REGIONALE Il Tacco ne aveva parlato nel numero di settembre. Ed ora è ben contento di dare ai lettori aggiornamenti positivi in merito. Il tema è il piano coste del Comune di Ugento. Che, approvato dall’amministrazione (11 aprile 2006), ha sollevato le proteste di villeggianti nella zona di Torre San Giovanni per l’eccessivo numero di concessioni accordate (37). In una lettera alla Regione questi, 396 in tutto, coordinati dall’avvocata Fernanda Fattizzo, hanno fatto presenti le proprie “Osservazioni al piano”. La Regione ha risposto (a firma di Michele Loffredo, dirigente del settore Demanio e Patrimonio): “Il Piano di cui trattasi […] non è mai stato formalmente approvato dalla Regione Puglia, per cui risulta privo di qualsiasi effetto sul piano amministrativo. Gli articoli su citati continua la lettera della Regione - prevedono una forma di pianificazione a doppio livello territoriale, che devesi sviluppare, in modo compatibile ed armonico, dapprima in ambito regionale e successivamente in quello comunale, concretizzandosi rispettivamente nel Piano Regionale delle Coste (P.R.C.) e nel Piano Comunale delle Coste (P.C.C.), quest’ultimo quale specificazione locale degli obiettivi e degli indirizzi programmatici generali. La partecipazione al processo di pianificazione – aggiunge la Regione - non è stata riservata ai soli Enti istituzionali, ma proficuamente allargata anche alle associazioni portatrici di interessi collettivi di natura ambientale, territoriale, nonché turistica. Pertanto […] la fase di formazione della pianificazione costiera, che andrà a breve a svilupparsi, sarà la giusta occasione per sostenere e proporre, le soluzioni e le osservazioni di cui Lei si fa portatrice”. Ovvero: il pino coste di Ugento non ha validità in attesa del piano regionale, ancora non elaborato. Avevano ragione i villeggianti, dunque, formalmente invitati dalla Regione a partecipare alla pianificazione costiera. Ed il Tacco, che li aveva sostenuti nella loro battaglia.
No al piano coste. La protesta dei villeggianti in zona Torre San Giovanni
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// Litorale di Ugento alla stretta finale PARCO SÌ. PARCO NO. LA RISPOSTA DEFINITIVA ALLA CONFERENZA DEI SERVIZI DEL 2 NOVEMBRE Il prossimo appuntamento con la storia infinita del parco naturale “Litorale di Ugento” è fissato per il 2 novembre. In quella data, infatti, si terrà la conferenza dei servizi definitiva che deciderà, finalmente, se il parco nascerà o meno. Il percorso per l’istituzione di quest’area naturale è stato molto tortuoso, perché si è svolto parallelamente a quello per la realizzazione, proprio dentro il futuro parco, di una struttura turistico-ricettiva, detta “Orex”, da 800 posti letto, su un’area di 160mila metri quadrati. Il piano di lottizzazione della zona è regolarmente inserito del prg (piano regolatore generale) del 2000, come “insediamento dei servizi turistici”. Nel 2002 una perizia del Comune, ha rivisto il perimetro della zona sotto tutela, escludendone l’area nella quale ricade l’albergo, in quanto terreno utilizzato a seminativo. Il 26 giugno 2006 la Regione ha stilato un disegno di legge istitutiva del parco naturale. Ma nelle conferenze dei servizi che si sono tenute il 18 settembre e il 2 ottobre non si è raggiunto l’accordo per la nascita dell’area. Il Comune di Ugento ha, infatti, ha presentato una nuova perimetrazione del parco che esclude dai confini dell’area diverse zone interessate da progetti di nuovi insediamenti abitativi. La motivazione apportata dal Comune è stata la necessità di tutelare gli interessi di chi aveva avviato l’iter per la realizzazione di nuove strutture urbane prima del disegno di legge e di evitare contenziosi. La Provincia si è detta d’accordo con la nuova proposta del Comune; la Regione ha preferito accettarla piuttosto che rifiutare l’idea del parco. Le associazioni proparco non sono contente degli sviluppi della vicenda. E nel frattempo si è pure costituito un coordinamento di artigiani e liberi professionisti che si oppone alla nascita del parco, “che – si legge in un volantino da questo emanato – creerà problemi che coinvolgeranno soprattutto i cittadini che in futuro potrebbero vedersi negati diritti acquisiti sui propri fondi”. Il che alimenta la confusione che già si respira attorno alla nascita del parco. Alla conferenza dei servizi l’ultima parola. Speria- L’albergo nel parco. mo, quella giusta. Ancora non si sa se il parco naturale di Ugento nascerà. Ma la struttura turistico-ricettiva è già in stadio avanzato
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SPORT z BOCCE
Questione di pratica. La bocciofila magliese durante gli allentamenti
« La Provincia di Lecce è la prima in Puglia per numero di società bocciofile, 21, associate alla FIB. E il Salento vanta anche l’unica squadra della regione in serie A: la Bocciofila Magliese
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Quel “pallino” in testa VIAGGIO NEL POCO NOTO MONDO DELLE BOCCE. CHE VIVE, DA ALCUNI ANNI, UNA NUOVA GIOVINEZZA zx di Marco Laggetta
rimi (e unici) in Puglia. Sono i salentini patiti di bocce; un gioco che, al contrario di ciò che si pensa, è tutt’altro che roba da vecchietti. La provincia di Lecce ospita il maggior numero di società bocciofile associate alla F.I.B. (Federazione Italiana Bocce) dell’intera regione. Basti pensare che alle 21 società bocciofile salentine, quasi tutte provenienti dal versante adriatico della penisola, corrispondono le sei della provincia di Brindisi e le sette della provincia di Bari, Taranto e Foggia (dati della F.I.B.). Di queste 21, due (la Belfiore – S. Rosa di Lecce e la Bianco Verde di Castrì) militano in serie C ed una, la Bocciofila Magliese, in serie A. Proprio la società magliese con l’ingresso nella massima serie ha scritto una pagina importante della storia di questo sport essendo la seconda squadra del Meridione ad essere approdata sul palcoscenico più importante d’Italia, ma anche la sola a rappresentare la Puglia. Abbiamo chiesto a Franco Chilla, presidente del Comitato Regionale della F.I.B. nonché vice presidente regionale del C.O.N.I. (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), di guidarci alla scoperta di questo sport che sta attraversando, proprio in questi mesi, il suo periodo migliore.
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// “Il gioco è bello se è di squadra” “Possiamo contare su un anno agonistico che va dal primo ottobre al 30 settembre e che comprende attività a livello locale, regionale, nazionale e fedeFranco Chilla, presidente del Comitato Regionale della F.I.B. e vicepresidente regionale del C.O.N.I.
rale. Attività federali sono tutte quelle manifestazioni organizzate dalla federazione a cui partecipiamo, come i campionati italiani e la coppa Italia, sia seniores che juniores, sia maschile che femminile. Queste attività, con le rispettive serie (A, B e C), sono state istituite sei anni fa. Prima di allora il gioco delle bocce era un gioco strettamente individuale. Quando gli atleti si iscrivevano ad un torneo o ad una qualsiasi competizione giocavano solo per se stessi. Con ciò intendiamo che ad emergere non era una società, ma quel giocatore che nelle varie competizioni aveva accumulato il punteggio maggiore, tale da raggiungere la massima categoria. Le categorie erano, e sono, cinque: A1 A, B,C e D. Per ogni categoria la Federazione organizza un campionato nazionale di categoria che decreta ogni anno il campione italiano. Oggi a bocce si può giocare in modo individuale, ma anche in coppia o in terna. Questo perché anche in questo sport, così come nel tennis, si è sentita la necessità di fare un gioco di squadra. Pertanto sono state istituite le serie e sono state scritte nuove regole. Per salire da una serie a quella successiva bisogna classificarsi primi nel proprio girone, mentre per non scendere nella serie inferiore occorre classificarsi almeno terzultimi poiché le ultime due società retrocedono. Al disotto della terza serie ci sono i campionati liberi, regionali o interregionali. Perché una società che milita in un campionato libero possa iscriversi alla serie C occorre che abbia vinto il campionato di competenza. I campionati federali iniziano ad ottobre e terminano ad aprile. Le gare di campionato federale si
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SPORT BOCCE z
disputano il sabato. Le specialità sono tre: volo, raffa e petanque. In Italia la specialità più praticata è la raffa. In genere pensiamo al gioco delle bocce come ad uno sport per anziani. Sicuramente è uno sport per tutti perché permette di fare attività fisica fino a 90 anni, ed anche per questo la F.I.B. è stata riconosciuta, nel 2003, come “ente nazionale a carattere assistenziale” dal Ministero dell’Interno, ma per giocare a certi livelli occorre essere giovanissimi. Nel campionato di serie A l’età media degli atleti è di 24 anni. Le manifestazioni domenicali, valide per il salto di categoria, iniziano alle 9 di mattina e finiscono solo alla sera. Questo comporta uno sforzo fisico che compete più a un giovane che ad un anziano. Se tutto ciò può sembrare strano lo
L’angolo dei successi. La bacheca della Bocciofila Magliese raccoglie tutti i trofei conquistati dalla squadra durante le competizioni
sarà ancor di più sapere che i ragazzi che giocano nella massima serie non percepiscono alcun compenso all’infuori di un rimborso per le spese di trasferta. Si, perché quello delle bocce è uno sport povero e lo si fa solo per passione.”
// Le bocce da vicino Esistono tre specialità nel gioco delle bocce. Il volo, la raffa e il pentaque. Per ognuna di queste esistono regole rigide quanto a dimensioni del campo, diametro delle bocce e posizione dei giocatori durante la competizione.
// Lo sapevate che?
La passione del Maresciallo. Le due bocce ed il pallino regalate da Badoglio al senatore Tamborino, esposte nella sala presidenza della bocciofila magliese
Carlo IV, re di Francia detto il Bello (1294-1328), impensierito dalla diffusione del gioco delle bocce, lo proibì nel 1319 perché “stornava il popolo da esercizi convenienti alla difesa del reame, quali il tiro con l’arco e la balestra”. Anton Von Kaunitz Rietberg, conte austriaco, proibì il gioco delle bocce a Milano nel 1767 poiché “i contadini vi perdono troppe ore giocandovi”. Il Maresciallo d’Italia, Pietro Badoglio, era un grande patito di questo gioco e le sue bocce, donate diversi decenni addietro al senatore Tamborino, sono esposte nella sala presidenza della Bocciofila Magliese.
BOLLETTINO PER I NAVIGANTI Che cosa è di Cesare e che cosa è di Dio zx di Mario De Donatis*
Quanti, in nome di una appartenenza alla fede cattolica, più dichiarata che vissuta, pretendono “benedizioni” dalla gerarchia ed “impegni” del clero in occasione delle consultazioni elettorali? Molti. A questi clericali, tali perché utilizzano la Chiesa per fini temporali, occorre parlar chiaro. A questi ed a quanti, atei e agnostici, frequentano sacrestie e centri sociali annessi, folgorati dall’odore del consenso, ritengo possa essere di grande utilità l’intervento di Benedetto XVI in occasione del quarto convegno ecclesiale nazionale di Verona. Il Papa ha ricordato, con forza, che la “Chiesa non è e non intende essere un agente politico”.
Tanto, penso, alimenterà un più forte impegno delle diocesi nel favorire la laicizzazione delle gestioni di centri e fondazioni socio–assistenziali, per restituire i sacerdoti alla loro vita vocazionale che chiede loro, in via prioritaria, la partecipazione al mistero eucaristico e l’impegno per la formazione delle coscienze. Ma, anche, per impegnare i laici nei ruoli più corrispondenti alle professioni esercitate e nelle responsabilità connesse agli impegni politici. Da Verona la Chiesa ha anche ricordato, con le parole del Papa, che “ha un interesse profondo per il bene di tutti”. L’insegnamento che se ne trae è che c’è un unico popolo di Dio in cui c’è chi è chiamato, in via prioritaria, a formare le
coscienze e chi, sorretto dalla Fede e dalla Parola, a vivere da cristiano in mezzo al mondo. Ed ai laici cattolici, che non sono esonerati dal proselitismo, è assegnato il ruolo di partecipare alla vita sociale e politica della propria comunità a pieno titolo, per il perseguimento del bene comune, tenendo ben presente “ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio”. Non saremo mai soli! La dottrina sociale della Chiesa traccerà un cammino perché insieme ad altri, credenti e non, possa essere individuato un percorso sicuro e condiviso, nel solco della autentica laicità. *Presidente associazione “Identità e Dialogo”
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DIRITTO DI REPLICA Salento location. La verità di un addetto ai lavori SALENTO BOLLYWOOD z
Nell’articolo “Salento Bollywood” di Giuseppe Finguerra, comparso nel numero di settembre del Tacco d’Italia, Salvatore Labriola, segretario provinciale Slc-Cgil (la sezione di Cgil che si occupa dello spettacolo) lanciava un allarme sulla condizione del cinema salentino. Labriola definiva il Salento “una colonia dove venire a produrre a basso costo”, dove gli attori locali vengono sfruttati e sottopagati e dove si sospetta la presenza del caporalato. Andrea Coppola, referente della Rizzoli per alcune fiction che si sono girate nel Salento, replica ad alcuni passaggi dell’intervento di Labriola carte (e buste paga) alla mano. Andrea Coppola
zx di Andrea Coppola
randi produttori come la Rizzoli hanno da poco scoperto il Salento e l’hanno scelto come location per alcuni film. Le loro produzioni non usufruiscono di finanziamenti pubblici né hanno mai chiesto fondi a Film Found (Fondo istituito dalla provincia di Lecce per finanziare opere cinematografiche, ndr). Gli unici finanziamenti sono arrivati per “Manuale d’amore 2”, grazie all’intercessione di Rubini presso Vendola, che ci ha dato 25mila euro. E 5mila euro li ha dati la Provincia. Fitto, invece, si è rimangiato la parola: per “Elisa di Rivombrosa” ci aveva promesso dei fondi che poi non ci ha dato. Non è vero che le produzioni vengono solo a colonizzare il Salento, né che gli attori locali vengono sottopagati: una comparsa viene infatti retribuita 69,95 euro netti al giorno; se minore, 200 euro al giorno; un segretario di produzione,100 euro netti al giorno (questi dati si evincono con chiarezza dalle buste paga di Filmauro per “Manuale d’amore” e di Nautilus per il “Giudice Mastrangelo”, che Coppola ci fa visionare, ndr.); inoltre, quando abbiamo girato “Elisa”, con le 150 persone che abbiamo portato in città, abbiamo riempito cinque alberghi di Otranto. Per quel film hanno lavorato 600 comparse. Il “Giudice Mastrangelo”, inoltre, ha “lasciato” nel Salento due milioni e 200mila euro tra benzina, lavanderia e servizi. Lo stesso discorso vale per “Melissa P”. Con Film Commission non abbiamo rapporti. La Regione non ci aiuta. La Provincia di Lecce invece dimostra grande disponibilità: ci mette a disposizione i suoi ambienti gratuitamente, come è successo per il film “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, girato in un vecchio centro di raccolta di clandestini di Casalabate. Allo stesso modo grande supporto riceviamo da tutte le forze dell’ordine, che ci mettono nelle condizioni di lavorare in sicurezza, senza richiesta di pizzi e tangenti. Uno dei problemi più grossi in questo settore è l’improvvisazione soprattutto al femminile. Quando ha saputo di dover andare via entro 24 ore, una donna assunta come segretaria ha iniziato una relazione con il direttore di produzione. Con lui ha creato una struttura parallela che sosteneva, falsamente, di fornire servizi alla Rizzoli. Questa società mandava lettere ai Comuni, promettendo che sarebbe anda-
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ta lì a girare, dietro richiesta di un contributo. Questa società dice anche di gestire i casting della Rizzoli e si fa pagare dagli aspiranti attori, facendo leva sulla speranza e sulla fame delle persone.
// Foto, teatro e cinema Si è avvicinato allo studio della fotografia a Londra, dove ha intrapreso l’attività di fotoreporter freelance, che l’ha portato, a fine anni ’70, in America Latina. Ha collaborato con gruppi teatrali ed ha organizzato e prodotto spettacoli teatrali, musicali ed eventi sportivi. Ha svolto consulenza e supporto logistico per varie produzioni cinematografiche che si sono avvicendate in Puglia dove ha creato un “network” di addetti all’industria cinematografica. E’ socio e membro del consiglio d’amministrazione della società di produzione cinematografica “Medfilm” con sede a Milano. E’ ideatore e presidente di ”Ente Cinema Puglia”, associazione che si pone lo scopo di promuovere il territorio e le risorse umane, attraverso la formazione, l’avviamento al lavoro e la produzione di prodotti multimediali interamente realizzati in Puglia.
Location salentine. Le riprese della fiction “Il giudice Mastrangelo”
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1 MESE IN 1 PAGINA CHE COSA NON CI SIAMO PERSI z
// Tre piani di Costa. Più giardino
1945. Com’era. Antonio Costa in giro per mercati a vendere stoffe assieme ai figli
Piazza Diaz ha cambiato volto. Lo scorso 15 ottobre è stato finalmente inaugurato il nuovo bel punto vendita “Costa”. Abbigliamento uomo-donna, dallo stile classico-trendy. Che dalla sua posizione a metà tra piazza Diaz e corso Roma, praticamente domina il centro di Casarano. Con luci, lustrini e accessori super-chic. Dopo un anno e mezzo di lavori ser-
// La storia in un’edicola
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Chi apre e chi chiude. Pochi metri più in là rispetto al nuovo punto vendita Costa, ha chiuso le saracinesche l’edicola Sponsiello. Portandosi dietro 125 anni di storia di Casarano. L’ultimo gestore, Totò Melgiovanni (genero di Andrea Brizio, uno dei figli di Luigi Sponsiello, il proprietario) che l’ha presa nella sue mani nel 1985, ne spiega, con commozione, il perché. Troppo difficile, per un’attività del genere, sopportare le difficoltà che derivano dalla chiusura al traffico di piazza Diaz. La gente non si ferma più a scambiare due parole come accadeva un tempo. Ora tutti hanno fretta e, se non ci sono parcheggi, preferiscono scappare via. Davanti agli occhi di Melgiovanni sono passati clienti di tutti i tipi e storie delle
2006. Com’è. Il nuovo punto vendita Costa. 1500 metri quadrati su tre piani. E giardino
cali in piazza Diaz, proprio dove, ancora oggi, sorge “Ragazzi di Costa” (abbigliamento per bambini). L’acquisto dell’edificio accanto, quello dove oggi splende il nuovo Costa, è stata un’idea di tutti i figli. Ma prima che loro, del padre Antonio, che durante vita aveva sempre nutrito il desiderio di spostarsi lì. L’hanno fatto i suoi figli per lui. Realizzando il suo sogno.
2006. Com’è. L’edicola ha chiuso le saracinesche dopo 125 anni di lavoro
più varie. “Quest’edicola ha fatto la cultura del paese – dice lui con orgoglio -. Ci sono entrati professori, medici, gente di potere E per me è stato bellissimo, ogni mattina, intrattenermi con loro a chiacchierare. // Col fiato sospeso Però adesso sono stanco – conclude – ed ho bisogno Il Salento (e non solo) trattiene il fiato dallo scorso 12 ottobre, di starmene un po’ in caquando ha appreso la notizia del rapimento di Gabriele Torsello, fosa”. Melgiovanni ha vendutoreporter di Alessano, partito per Kabul ma mai arrivato. to la licenza. La nuova ediNei giorni successivi si sono susseguite comunicazioni che hancola sorgerà di fronte alla no fatto sperare e altre che, invece, hanno preoccupato. Lo stesso sua. Avrà vetri lucidi e nuoTorsello, in una telefonata rivolta all’ospedale di Emergency, ha convi prodotti invitanti. Ma fessato “Sono preoccupato”. I rapitori, nel frattempo, si sono fatti 125 di storia certamente sentire via cellulare. Hanno imposto ultimatum e poi lo hanno prono. E chissà se, tra i clienti rogato; hanno chiesto, contrattato, chiesto nuovamente. Sta di fatto della nuova attività ci sarà che Gabriele non è ancora a casa. Nonostante le numerosissime anche lui, Totò Melgiovanmanifestazioni di solidarietà. Nonostante i discorsi ufficiali dei polini, a scambiare le chiactici. Nonostante l’appello straziante della famiglia: “Liberatelo”. chiere di prima mattina. A questo si unisce quello del Tacco. Liberatelo.
1950. Com’era. L’edicola Sponsiello con le locandine dei giornali e dei film in programmazione nelle sale cinematografiche
Gabriele Torsello
rati di recupero dell’immobile, un edificio del sedicesimo secolo, i risultati non hanno lasciato delusi: 1500 metri quadrati, divisi su tre livelli. Più un giardino pensile. Ancora non aperto al pubblico, ma sai che belle giornate di shopping tra qualche mese! Una volta tanto, fare spese può non essere uno stress. E poi, vetri, specchi, eleganza e modernità. La storia di Costa è raccontata in foto maxi formato che decorano il nuovo negozio. A partire da quando, nel 1945, subito dopo la guerra, il capostipite Antonio decise di intraprendere l’attività di venditore ambulante di tessuti. E allora via, baracca e camioncino, per tutti i mercati dei paesi vicini. Poi, il punto vendita a Ruffano; qui lo aiutava la figlia Lucetta, mentre Gigi lo accompagnava per mercati. L’idea di spostarsi a Casarano arrivò nel 1958, quando Antonio acquistò i lo-
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L’INTERVENTO OCCASIONI PERDUTE z
La Scuola Edile nascerà. Ma non a Casarano zx di Nicola Delle Donne*
Riceviamo e volentieri pubblichiamo Il progetto della creazione di una sede staccata della Scuola Edile di Lecce è andato in fumo. Questo a parer mio è successo perché il sindaco di Casarano non l’ha più voluto portare avanti. L’accordo tra la Scuola Edile e l’Amministrazione di Casarano era stato sottoscritto due anni e Nicola Delle Donne mezzo fa e prevedeva che l’amministrazione ci rendesse disponibile l’utilizzo di palazzo De Judicibus per 28 anni; noi l’avremmo restaurato e ne avremmo fatto sede della Scuola del Sud Salento mettendolo a disposizione della città. Il palazzo non sarebbe mai diventato di nostra proprietà; noi l’avremmo solo gestito, con un investimento, da parte nostra, di un paio di milioni di euro. Che, rispetto ai 25 euro al mese che l’edificio porta, adesso, nelle tasche comunali, avrebbero fatto la differenza per Casarano. Avevamo già fatto la conferenza stampa di presentazione del progetto. E invece, in due anni e mezzo, l’amministrazione non ha mai risposto alle nostre istanze ed ha deciso di non dare corso all’accordo. Noi aspettavamo solo di andare dal notaio e che l’amministrazione ci mettesse a disposizione il locale. Così non è stato e nessuno, peraltro, ce ne ha fornito la motivazione ufficiale. Ma il silenzio ci è stato sufficiente. La Scuola Edile del Sud Salento nascerà comunque, ma altrove; stiamo già prendendo contatti con altre amministrazioni. Certo è che con Casarano abbiamo chiuso. All’ultima nota che avevamo inviato, infatti, l’Amministrazione aveva risposto, dopo una serie di insistenze da parte nostra, che entro agosto avremmo definito tutto. Ma non è andata così. E noi abbiamo rispettato la volontà del Comune, che non ha neanche ritenuto doveroso riprendere un con-
tatto con noi. Per cui, talvolta, gli atteggiamenti sono più chiari delle parole. Alla luce di quanto è successo, potremmo anche arrivare a pensare che l’amministrazione non abbia mai davvero voluto realizzare la Scuola, ma abbia, invece, utilizzato l’accordo che avevamo già siglato a fini pubblicitari, quando faceva comodo sbandierarlo in campagna elettorale. Non si potrebbe spiegare diversamente lo strano atteggiamento che ha usato nei nostri confronti. Addirittura ci ha convocati ad una riunione dove non si è presentata. E’ un atteggiamento scorretto. Ne abbiamo semplicemente preso atto, prendendo le nostre decisioni di conseguenza. * presidente Scuola Edile Lecce
// Ricapitolando Il 7 febbraio 2004 fu sottoscritto un protocollo d’intesa tra la Scuola Edile della Provincia e il Comune di Casarano per il recupero di palazzo De Judicibus. Il protocollo prevedeva la sottoscrizione di un contratto di comodato della durata di 28 anni, durante il quale la Scuola avrebbe restaurato il palazzo a condizione che il Comune glielo avesse consegnato libero dai suoi occupanti. Infatti tutt’oggi alcune stanze al pian terreno sono sede di due associazioni e abitazione di un privato cittadino. Dopo sei mesi dalla firma del protocollo e diversi incontri per definire i dettagli del contratto, tutto si è arenato. La Scuola edile ha sollecitato più volte il Comune a liberare la struttura, fino alla lettera inviata il 12 luglio scorso dal primo cittadino. Nella lettera il sindaco Remigio Venuti invitava la Scuola Edile a pazientare fino a fine estate, periodo entro il quale si impegnava a liberare il palazzo per poi passare alla firma del contratto. Però una settimana prima, il 6 luglio, il Consiglio di amministrazione della Scuola Edile aveva già deliberato la rescissione dell’accordo, con l’intenzione di spostare la sede distaccata che sarebbe dovuta nascere a Casarano, in un Comune più disponibile.
Corso XX Settembre, 209 CASARANO
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L’OPINIONE z GIORGIO ROSARIO COSTA
zx di Giorgio Rosario Costa*
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Finanziaria 2007: “Toglie ai ricchi. E pure ai poveri”
uesta Finanziaria che doveva essere la cartina di tornasole delle promesse elettorali del centro-sinistra in tema di migliore qualità della vita degli italiani e del rilancio dell’economia nazionale, sta invece naufragando tra le onde dello scontento generale; mai nessun governo, dal dopoguerra ad oggi, era riuscito ad aprire un fronte così ampio di giudizi negativi su una manovra finanziaria. Con questa finanziaria si è trovato il modo di svenare la parte più debole del Paese; tanto per intenderci quelli che non riuscivano ad arrivare alla terza settimana del mese e che ora rischiano di non arrivare neanche alla metà del mese. Questo governo è partito per stangare i ricchi e finirà per colpire i poveri ed i ceti medi e col fare calare sul Paese una cappa oppressiva da inquisizione ed accanimento fiscale, camuffato come lotta all’evasione. D’altronde se si scoraggerà e distruggerà il tessuto economico produttivo del libero mercato e dell’iniziativa privata, l’unico modo per fare cassa sarà una sfilza generalizzata di tasse e gabelle. Se questa Finanziaria passerà, al popolo italiano non resterà davvero che piangere. Un sondaggio ISPO ha evidenziato come i più delusi sono proprio gli elettori dell’Ulivo. Che cosa non si sono studiati nella Finanziaria per prelevare quanto più denaro possibile! Si parte dai tagli miliardari ai Comuni (a parte il recente obolo) che avranno 2,5 miliardi in meno come inizio perché c’è in cantiere anche la modifica del testo unico che prevede una lunga serie di limitazioni e di novità devastanti per i Comuni. La finanziaria inoltre prevede in carico ai Comuni, a partire dall’1 novembre 2007, le funzioni catastali che riguardano anche la materia delicata dei fabbricati rurali, le relative verifiche e monitoraggi. Il Governo pretende di trasferire ai Comuni anche l’impulso a tassare; sotto la denominazione di autonomia impositi-
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va gli lascia via libera per aumentare l’Ici, l’Irpef, ed istituire l’imposta di soggiorno per i turisti. Le nuove tasse locali si aggiungeranno alle tasse in arrivo con la finanziaria, quali quella di successione, l’aumento del bollo per 29 milioni di veicoli, l’aumento del prezzo del diesel, delle sigarette, dell’acqua, della luce. E che dire poi della stretta sugli esercizi commerciali che arriva all’assurda proposta di chiusura degli stessi per la mancata emissione di uno scontrino fiscale? Meno fondi per il pubblico impiego, per la sanità, per la piccola e media impresa, l’eliminazione della possibilità di destinare il 5 per mille al volontariato ed alla ricerca, le rescrizioni dei finanziamenti per le missioni di pace all’estero. Un coro unanime di dissensi, da Montezemolo a Cofferati, dai rettori delle Università ai magistrati che rischiano di vedersi dimezzate le classi stipendiali e gli scatti biennali, ai ceti medi ed ai lavoratori dipendenti. Obbrobrioso il nuovo aggio di riscossione, (5 per cento), che i contribuenti dovranno pagare in più oltre alle tasse previste nelle cartelle esattoriali. Sono state punite le attività sociali della Chiesa con la revisione delle rendite catastali sugli immobili di proprietà quali asili, scuole, ospizi, oratori. A tutto questo si aggiungono i tagli nel mondo della scuola: 7.700 classi, 19mila docenti e 7mila bidelli ed amministrativi in meno. La sinistra attualmente governa ed ha il diritto di proporre le finanziarie che ritiene più funzionali alla realizzazione del proprio programma. Resta un interrogativo: se in campagna elettorale Prodi avesse detto agli italiani che per governare era questa la strada da intraprendere, avrebbe vinto le elezioni? E ancora: aveva ragione o no Berlusconi nel dire agli italiani di stare attenti a non votare contro i propri interessi? * senatore Forza Italia; presidente Ordine dei commercialisti - Lecce
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