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// L’Editoriale
L’Editoriale
di Maria Luisa Mastrogiovanni
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LECCE NON VUOLE I GIOVANI Né I BAMBINI (qUINdI Né LE dONNE Né LE fAMIGLIE). MA LO NASCONdE COL BELLEttO
ono giovane, laureata, esercito una professione intellettuale tra le più vessate e soggette alla più impudente delle leggi sul lavoro (la legge Biagi), occupo una posizione lavorativa di vertice, sono mamma. Per una volta voglio occupare questo spazio scendendo sul personale. Perché quando si tratta di immaginarsi una città nuova, una città migliore, non possiamo che partire dalle nostre esperienze vissute in prima persona. Dall’eliminare ciò che ci fa indignare, dal costruire quello che sogniamo. Sono tornata a Lecce dopo dieci anni di studio-vita-lavoro milanese, non perché avessi la benché minima prospettiva lavorativa, ma perché convinta, di poter-dover fare qualcosa per la mia Terra perché “se tutti i cervelli emigrano, chi rimane li”? Sono tornata anche alla ricerca di una qualità della vita più alta, per riappropriarmi di dimensioni spazio-temporali più umane e consone alla mia indole. Ma tornata a Lecce mi sono accorta che se io ero pronta a donare il mio cervello per la causa del progresso del Salento, non era detto che il Salento lo volesse, il mio cervello. Tutto mi portava a formulare un assioma sì realistico. Ho trovato una città che non mi offriva alcuna prospettiva di lavoro garantito (l’unico lavoro garantito è quello che mi sono creato da sola, da
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zero); ho scoperto l’importanza delle reti di relazioni. Le reti di relazioni a Lecce ti trovano lavoro, ti fanno vincere i concorsi e i bandi, ti invitano alla feste delle gente che conta. A Milano lavoravo, in Università, solo perché dimostravo di valere. Ho scoperto una città che non aveva una biblioteca comunale dove leggere gratis giornali, vedere film, sentire musica, leggere e prendere in prestito libri (cosa che facevo abitualmente a Milano). Tutto questo a Lecce era a pagamento e da subito mi sono sentita in trappola. Dopo, per poter lavorare, ho dovuto iscrivere mia figlia ad un asilo nido privato, perché a Lecce, se sei giovane e mamma e lavoratrice (sei normale, insomma, non fai parte della gente con le reti di relazioni e filippine annesse), o spendi tutto il tuo stipendio in asili privati o smetti di lavorare. Perché Lecce è tra le città con meno asili nido in Italia e quei pochi posti disponibili spettano (giustamente) a chi è in condizioni di indigenza. Siccome a Lecce sono in tanti, chi ha uno straccio di introito, non ha diritto a nulla. Ho trovato una città senza un parco dove poter leggere in santa pace o dove poter andare su e giù con la carrozzina, quando sono diventata mamma. Non ho trovato neanche uno straccio di centro sociale dove sentire musica gratis o organizzare una mostra spendendo solo le mie energie.
SOMMARIO
IDEE DAL TACCO
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GOLEM, FOTOPROTESTA, LETTERE AL DIRETTORE TERZOGRADO A PAPADOPULO di Marco Laggetta LINK BOLLETTINO DEI NAVIGANTI di Mario de Donatis LO STRANIERO di Guido Picchi 07 LA CITTÀ INVISIBILE di Enzo Schiavano L’ERBA CATTIVA di Crazy cat & Mad linx L’ARIA CHE TIRA di Luisa Ruggio 43 QUESTIONE DI LOOK, IPSE DIXIT, CURIOSITÀ 45 VISTO DA SINISTRA, VISTO DA DESTRA. Ospiti: Gabriele Caputo e Gigi Rizzo 46 CONTROCANTO ospita Vincenzo Magistà: Telenorba e il telegiornale del Grande Salento
VEDIAMOCI CHIARO
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COPERTINA //ASPETTA E SPERA di F. Serravezza INCHIESTA //I PIANTI TERMICI di G. Finguerra REPORTAGE //ANNO NUOVO, CASE VECCHIE di L. Lezzi
CULTURA
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CARTESIO: STUDIO, DUNQUE ESISTO di M. Tomacelli
A Milano per poter uscire, stare insieme agli amici, sentire musica, vedere uno spettacolo teatrale, perfino bere, non dovevo pagare. Frequentavo spesso i centri sociali che non erano, come si crede a Lecce, un covo di drogati e balordi. Mi hanno spiegato che a Lecce il più grande polmone di verde pubblico è ad uso di privati. Non ci credevo, sono andata a verificare ed è così: è il Circolo tennis di fronte all’Ateneo, praticamente perfetto per centinaia di universitari che potrebbero leggere, passeggiare, mangiarsi un panino tra una lezione e l’altra. Ma per entrarvi, presentare il tesserino, prego. Tornando a casa dopo una passeggiata i capelli erano intrisi di smog, proprio come a Milano: ma non ero tornata anche per una migliore qualità della vita? Sì, Lecce è molto bella e il centro è un gioiellino. Ha un basolato spettacolare, invidia di Comuni più piccoli ma che offrono molti più servizi alle famiglie, ai giovani, agli anziani, alle imprese, e che non pensano tanto al belletto. Si guardi Casarano, dove ho scelto di spostare la sede del Tacco, inizialmente nel capoluogo. A proposito: il Tacco compie tre anni e si rinnova. Dovrebbe farlo anche Lecce, se vuole avere un futuro, visto che il futuro sono i giovani. Anche se Lecce non li vuole.
Il mensile del salento Anno IV - n. 33 - Febbraio 2007
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RITORNANO DAL PASSATO DUE GIOVANI “SOVRAPPOSTI” di Antonio Lupo L’ARTE AI PIEDI DEL SANTUARIO di P. Vincenti IERI BRERA. OGGI “PREFERISCO L’ALBA” di L. Leuzzi VALENTE: “GL’IGNORATI; NOI POETI” di M. Sarcinella
PAESE CHE VAI
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LECCE E DINTORNI //IL “GARIBALDI”CONTESO di V. De Luca CASARANO E DINTORNI //CASA MIA, CASA MIA di E. Schiavano GALATINA E DINTORNI //UN PACS IN AVANTI di M. Tomacelli GALLIPOLI E DINTORNI //IN NOME DEL PADRE di M. Maffei MAGLIE E DINTORNI //RIDATECI LA ASL. E LO GRIDANO SUI MURI di M. Laggetta NARDÒ E DINTORNI //VAGLIO SECONDO NOI di M. G. Sergi TRICASE E DINTORNI //PELLEGRINO CONTRO I PARCHI di L. Leuzzi
Iscritta al numero 845 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 27 gennaio 2004
EDITORE: Nerò Comunicazione - Casarano - P.zza A.Diaz, 5 DIRETTORE RESPONSABILE: Maria Luisa Mastrogiovanni HANNO COLLABORATO: Mario Maffei, Laura Leuzzi, Marco Sarcinella, Guido Picchi, Marco Laggetta, Enzo Schiavano, Mario De Donatis, Antonio Lupo, Paolo Vincenti, Giuseppe Finguerra, Francesco Ria, Flavia Serravezza, Antonella Coppola FOTO: Dove non segnalato archivio del Tacco d’Italia COPERTINA: Crazy Cat - Emad lynx REDAZIONE: p.zza Diaz, 5 - 73042 Casarano - Tel./Fax: 0833 599238 E-mail: redazione@iltaccoditalia.info PUBBLICITÁ: marketing@iltaccoditalia.info - tel. 3939801141
Unione Stampa Periodica Italiana Tessera n° 14705 STAMPA: Stab. grafico della CARRA EDITRICE Z. I. - Casarano (Le) ABBONAMENTI: 15,00 e per 12 numeri c/c n. postale 54550132 - intestato a Nerò Comunicazione P.zza Diaz, 5 - 73042 Casarano - abbonamenti@iltaccoditalia.info IL PROSSIMO NUMERO IN EDICOLA ILil1°tacco MARZO d’Italia 2007
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// Opinioni dal Tacco GOLEM
LETTERE AL DIRETTORE
Non c’era aria di festa nell’assemblea provinciale della Margherita (18 gennaio scorso, Hotel Tiziano). Sguardi torvi, sguardi persi, sguardi sfuggenti, all’indomani dell’atto d’accusa fratricida di cinque consiglieri regionali del partito di Rutelli (tra cui Dario Stefàno), contro i due assessori di riferimento (tra cui Enzo Russo). In mezzo un imbarazzato Lorenzo Ria, chiamato a esercitare la sua leadership per ripianare un conflitto con un amaro retrogusto di Prima Repubblica. Non servono tante parole per fotografare la crisi della Margherita pugliese (e salentina in particolare). Il fermo immagine di Andrea Bruno dice più di mille pastoni di politica. Scrivono i ribelli nella richiesta di dimissioni: “I sottoscritti consiglieri regionali, che rappresentano la maggioranza del gruppo consiliare della Margherita, trascorso un anno e mezzo di inutili tentativi volti a costruire un proficuo rapporto tra tutto il gruppo ed i rappresentanti nel governo regionale (gli assessori Minervini e Russo), dichiarano che è venuto definitivamente meno il rapporto di fiducia”. Alla richiesta di dimissioni
Da sinistra: Dario Stefano, Lorenzo Ria, Enzo Russo
risponde a muso duro, difendendo i “suoi” assessori, il presidente Vendola, il quale non può tollerare le fibrillazioni degli esclusi dalla Giunta. L’opposizione gongola dichiarando di fatto aperta la crisi politica e qualche malizioso propone che i due contendenti (più Ria) si candidino tutti insieme appassionatamente alle comunali di Lecce. L’augurio del Golem è che la politica si liberi presto dall’ipocrisia del linguaggio: chi ci spiega che significa “inutili tentativi volti a costruire un fOtO pROtEStA proficuo rapporto…”?
BOLLEttE CONVENIENtI? SOLO UNA tRUffA Le promesse di bollette vantaggiose sono solo una truffa. Avevo un normale di Ippazio Barlabà contratto Telecom. Nel 2004 ho ricevuto una telefonata da parte di un operatore Infostrada che mi ha proposto un contratto con la sua compagnia. Non ricordo bene quali fossero le condizioni del contratto; ricordo solo che risultava più conveniente, rispetto alle mie esigenze, di quello che avevo con Telecom. Allora, ho accettato. Dal momento che Infostrada non aveva copertura sufficiente nella mia zona di residenza (sono di Casarano), continuavo a corrispondere il canone alla Telecom. In pratica, versavo le bollette bimestrali ad Infostrada e il canone a Telecom, che ammontava a circa 20 euro al mese. Dopo circa un anno, nel giugno 2005, ho ricevuto una nuova telefonata. Stavolta da parte di un operatore Telecom che
ph: Andrea Bruno
LECCE. OSPEDALE VITO FAZZI. Nel bel mezzo dell’area parcheggi per i visitatori, a due passi dall’entrata al piano terra dell’ospedale, un maleodorante quanto enorme container per i flaconi rotti delle flebo. Una raccolta vetro insolita, perché si capisce che la maggior parte dei flaconi erano pieni (non dovrebbero perciò andare nella raccolta differenziata per i rifiuti speciali?) e rompendosi, hanno riversato il loro liquido nella vasca a cielo aperto. Numerosi quelli finiti a terra, costellando di vetri il parcheggio.
mi prospettava delle condizioni ancora più vantaggiose rispetto a quelle che mi garantiva Infostrada. Così ho nuovamente cambiato compagnia telefonica (stavolta da Infostrada a Telecom). Ma a settembre sono cominciati i problemi, perché ho iniziato a ricevere, oltre alla bolletta Telecom, anche quella Infostrada, nonostante avessi inoltrato la disdetta del contratto. Inizialmente mi diedi una mia spiegazione a ciò che stava accadendo: pensai, cioè, che in seguito a controlli sulle passate bollette, mi restassero da pagare delle integrazioni ai mesi precedenti. Che le quote da pagare, insomma, si riferissero a precedenti mensilità. Ma nel novembre successivo ho ricevuto una nuova bolletta e stavolta mi toccava pagare pure il canone, perché nel frattempo Infostrada aveva raggiunto la piena copertura del territorio. Decisi di non pagare neanche un euro. Intanto tentavo di mettermi
in contatto con Infostrada, ma senza mai riuscirci. Provavo anche a telefonare a Telecom e da lì mi dicevano che c’era un errore, perché della rescissione del contratto Infostrada si erano occupati loro stessi. Finalmente lo scorso gennaio Infostrada mi ha risposto: per annullare il contratto con la loro compagnia dovevo inviare una lettera scritta. L’ho fatto: ho inviato disdetta scritta e richiesta di rimborso dei canoni pagati senza motivo. A novembre, però, ho ricevuto la lettera di un avvocato che mi intimava di affrettarmi a versare tutte le mensilità non pagate ad Infostrada. Non ho intenzione di farlo, ma non so più a chi rivolgermi. Abbiamo chiesto all’associazione dei Consumatori di occuparsi della vicenda. Vi aggiorneremo sugli sviluppi.
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// Opinioni dal Tacco tERZO GRAdO MEGLIO
commenti e opinioni da
VINCERE
www.iltaccoditalia.net
Volevo ringraziarvi per quello che “Tacco d’Italia”, quotidiano salentino, secondo me, rappresenta: un simbolo, un urlo isolato, una speranza condivisa, una (nuova) resistenza, un gesto d’amore per il Salento, un gesto d’amore a noi stessi, un pensiero globo-tradizionale, una politica alta. Gabriele Memmi, Casarano, (da Milano)
DOMANDE VELOCI, E RISPOSTE “DIPLOMATICHE” ALL’EREDE DI ZEMAN di Marco Laggetta
È la sua prima volta nel Salento? “È la prima volta nel Salento, ma non la prima esperienza in Puglia, visto che ho giocato con Brindisi e Bari ed ho allenato il Monopoli e l’Andria”. Avrà avuto modo di assaporare i piatti della tradizione salentina. Preferisce orecchiette o parmigiana? “Orecchiette”. È sposato? “Si”. Bionda o mora? “Bionda”. Lei è toscano. La fa ridere di più Pieraccioni o Panariello? “Panariello”. Prodi o Berlusconi? “Berlusconi”. Ha allenato Palermo e Lazio. Meglio Zamparini o Lotito? “Ambedue”. Qual è la sua tattica di gioco ideale? “Quella che ti fa vincere e che si adatta meglio alla squadra”. È meglio vincere o fare bel gioco? “Vincere”. Ha un passato da difensore. Ha giocato nel Livorno, nella Lazio nel Brindisi e nel Bari. Avrebbe voluto giocare a Milano o a Torino? “A Milano”. Qual è la panchina che più le è rimasta nel cuore? “Sono tante e rischierei di fare un torto a qualcuno rispondendole. Mi auguro che lo diventi il Lecce”. E quella sulla quale non tornerebbe più? “Perugia”.
INDOVINA CHI E’?
La soluzione a pag. 46
Il 2007 si apre con una rivoluzione sulla panchina del Lecce calcio, occupata finora da Zdenek Zeman dagli occhi di ghiaccio. Erede del boemo dallo scorso 28 dicembre è Giuseppe Papadopulo, allenatore semplice e concreto, poco interessato alle polemiche che infervorano il mondo del calcio e molto più attento del suo predecessore ai verdetti del campo. Siamo andati a conoscerlo meglio e a dargli il benvenuto. Concedendogli non più di qualche secondo per rispondere alle nostre domande a “bruciapelo”. C’è un giocatore che avrebbe voluto allenare o che vorrebbe allenare? “Sono tanti quelli che vorrei allenare. Prediligo, comunque, giocatori veloci e caratterialmente forti, di quelli che non mollano mai”. Totti o Del Piero? “Del Piero”. A chi assomiglia di più, Lippi o Capello? “In virtù dell’amicizia che ci lega, rispondo Lippi”. L’attacco è la miglior difesa? “Sì”. Sullo scandalo del calcio. La marmellata la rubava solo Moggi? “Sicuramente no”. Il Lecce che ha trovato. È da salvezza o promozione? “È una squadra che deve trovare il suo equilibrio, ma che sicuramente può dire la sua nel discorso promozione”. Pavarini e Tiribocchi. Il calciomercato è chiuso o pensa che il Lecce abbia ancora bisogno di un inserimento, magari un centrocampista d’ordine? “Con i due acquisti che hai citato abbiamo rinforzato la squadra non solo dal punto di vista tecnico, ma anche da quello dell’esperienza, visto che questa era ed è composta da giocatori prevalentemente giovani. Non dovrebbero esserci altri ritocchi, ma se dovesse arrivare qualcuno sarebbe certamente un centrocampista, visto che, a fronte di un campionato ancora lungo, non abbiamo molte alternative in quel ruolo”. Non resta che farle i nostri migliori auguri, mister. In bocca al lupo, anzi…alla lupa! il tacco d’Italia
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Gennaio 2007
Ho visto una coppia, ferma, sul lungomare, immobile ma sorridente, intirizzita dall’umido e immersa nella nebbia... “ke cretini”, ho detto ad un amico, ma pensandoci c’era un tempo, sembra ieri, in cui quelle “pazzie” le facevo anche io... fa male ancora moniceddhru, 12 gennaio 2007 dal blog “Sex and the city”, http://www.iltaccoditalia.info/blog/commenti.a sp?id=86 Forse perchè in un’altra vita ero un gabbiano, volare sotto la pioggia, se ricordo bene, era una figata...Ammetto che sguazzare nella vasca da bagno mi piace meno...sicuramente non ero una papera. Flavia, 13 gennaio 2007 dal blog “Play-list”, http://www.iltaccoditalia.info/blog/commenti.a sp?id=87 Il problema non è uccidere o no Saddam, ma come uscire dal pantano in cui Bush ha infilato il pianeta, acuendo uno scontro di civiltà già in atto dal punto di vista culturale e antropologico, ma passato drammaticamente su un piano di conflittualità militare. Marco, 19 gennaio 2007 dal blog “Tamburo battente”, http://www.iltaccoditalia.info/blog/commenti.asp?id=74 Perchè Vendola promuove tanto lo sviluppo del piano energetico eolico? dalla rubrica “La picchiata del giorno” di Guido Picchi, gennaio 2007 http://www.iltaccoditalia.info/sito/indexr.asp?id=1509#commenti Commento: Dobbiamo unire le forze contro questa sciagura. ognuno di noi “raglia” al vento, come un asino di Sancho Panza e con sacrosanta ragione, ma rimaniamo come corde scordate, che non producono. Agostino Indennitate, 21 gennaio 2007 dalla rubrica “La picchiata del giorno”, http://www.iltaccoditalia.info/sito/commenti.a sp?id=1509
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di Mario De Donatis
Scomporre i poli e ricomporre i partiti per guarire il sistema politico italiano
Il capo dello Stato è stato esplicito. C’è una frattura tra mondo politico e società civile che alimenta un disagio diffuso. In Puglia come nel Paese, il rapporto tra forze di maggioranza e forze di opposizione è logorato da manifestazioni di arroganza, anche intellettuale, e da conflittualità sterile. Ma anche all’interno dei Poli, lo ripeto ancora una volta, si registrano posizioni inconciliabili su questioni di grande rilevanza, perché, è bene ammetterlo, le aggregazioni politiche del dopo “mani pulite” si sono formate e consolidate per vincere contro qualcuno e non per governare il Paese. Marco Follini, a Napoli, nel settembre scorso, ha “aperto un cantiere” con l’“Italia di mezzo”. E tanto per promuovere un processo di scomposizione e ricomposizione degli attuali Poli e per ricostituire i partiti, in adesione alla Corte costituzionale. Ma ci si rende conto che per superare la patologia in cui versa il sistema politico italiano è necessaria una larga intesa, per approdare ad un rinnovato sistema elettorale. Di certo, se la società civile riuscisse, in
occasione delle prossime amministrative, a manifestare l’esigenza di una svolta nel senso indicato, il superamento dell’attuale situazione potrebbe registrare tempi più rapidi. Ma per potersi esprimere, la società civile ha la necessità a Lecce, come in tutte le realtà interessate al voto amministrativo, di punti di riferimento, di aggregazioni distinte e distanti dai Poli, con candidati disposti a rappresentare il nuovo che emerge. Il disagio è diffuso. C’è molta perplessità nel corpo elettorale. Molti non condividono il processo avviato per il “Partito unico”, così come molti non sentono di dovere aderire al “Partito democratico”. Non si può perseguire l’aggregazione del consenso diluendo le identità nel solvente del relativismo. E’ il dialogo tra identità diverse che produce il frutto delle politiche condivise. Ed il Paese ha necessità di politiche condivise. Ed è per questo obiettivo che vanno scomposti i Poli. E’ per tale finalità che occorre ricomporre i partiti, in adesione all’articolo 49 della Costituzione. Il voto amministrativo potrebbe favorire tale percorso. Tanto impone che persone di buona volontà, espressione del territorio e
percepite quali buoni amministratori, si espongano per consentire alla società civile di manifestarsi compiutamente. Tale impegno offrirebbe l’opportunità, tra l’altro, di far esprimere i leccesi su un sistema partitico che ha prodotto candidature che presentano forti limiti ed anomalie di ordine democratico. Molti si chiedono se sia giusto che il centro-destra abbia raggiunto l’intesa sul candidato sindaco in riunioni ristrette e riservate. Quasi un conclave tra addetti ai lavori. Ed altri si chiedono se le primarie del centro-sinistra abbiano colto la reale manifestazione di volontà della gente. Perché era nelle cose procedere al ballottaggio tra i tre candidati Rotundo, Capone e Corvaglia. Per verificare la reale manifestazione di volontà della componente moderata in ordine al candidato da prescegliere. Sia chiaro, nulla di personale o contro le persone che animano lo scenario della vita politica leccese. Indiscussa, al contrario, la volontà di concorrere all’individuazione di percorsi in grado di legittimare le candidature a Lecce, come altrove.
di Guido Oicchi
I SALENtINI NON VIAGGIANO. SI SpOStANO panoramiche con monumenti di cemento e asfalto pur di arrivare prima.
“Sì, viaggiare. Evitando le buche più dure… Dolcemente viaggiare, rallentando per poi accelerare… e tornare a viaggiare, e di notte con i fari illuminare” (Lucio Battisti). Il viaggio non esiste più. Ormai ci si sposta soltanto, preoccupandosi di non perdere tempo, dimenticando il valore di ciò che sta tra la partenza e l’arrivo.
Personalmente ho notato che da Ruffano è difficile impiegare più di mezz’ora per andare in qualunque posto tra Lecce e Leuca. Non so perchè questo succede, sarà frutto delle magie dello spazio-tempo o solo assenza di traffico (quello vero degli ingorghi che anche in estate qui paiono ridicoli ad un milanese abituato al caotico e intasato “via-vai padano”). Intanto ho imparato a godere della vista di ulivi secolari e dei panorami offerti dall’alto delle serre riscoprendo appieno il gusto del viaggio. Provateci anche voi!
La rete stradale salentina è fittissima. Basta guardare una qualunque cartina, eppure non “piace”. Quelli che ogni giorno usano le strade per raggiungere i posti di lavoro si lamentano dei rallentamenti causati dai veicoli agricoli; i familiari delle vittime si lamentano degli alberi troppo vicini al ciglio stradale; i motociclisti hanno da dire sul manto troppo spesso rovinato. Nessuno si propone di rispettare i limiti, di adeguarsi alla necessità del paesaggio di “essere osservato”, di godersi semplicemente il viaggio. Tutti vogliono solo essere più veloci. Quindi non resta altro da fare se non tagliare alberi, sbancare colline, attraversare zone il tacco d’Italia
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LO STRANIERO
BOLLETTINO PER I NAVIGANTI
// Opinioni dal Tacco
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di Luisa Ruggio
Retroscena. La sede del Circolo cittadino di Lecce dovrà essere restituita al legittimo proprietario, la Provincia, che ha sfrattato la storica associazione per morosità negli affitti, incassando l’ok definitivo del Tar. Sgomento tra i iscritti e tra i cittadini leccesi: il Circolo troverà una sede consona alle elevate attività culturali che ivi si svolgono?
CAffè SALENtO C’è uno spirito di evasione perpetua che spinge il salentino verso la pausa caffè. Ma quel caffè, che nel resto del mondo si contenta di essere consumato in piedi, davanti ad un distributore automatico, in questo borgo di Sud assume – a qualsiasi ora del giorno – la valenza di una siesta imbevuta del brodo mistico della nostalgia. Il caffè al salentino serve per lamentarsi dei luoghi in cui non è mai stato, delle cose che non hai mai fatto, delle persone che non ha mai amato e, in buona sostanza, a vivificare la fantasia esotico-romantica di essere una vittima felice della geografia. La durata di questi caffè ha l’autonomia di un tempo a sé che non fa distinzione di sorta tra le ore e i minuti, forte di un’unità culturale compatta ed antica, che sembra attribuire a questo evento l’importanza di un diritto sacrosanto. Più che un singolo esercizio commerciale, ogni bar è un paese, una città, un porto di mare. E così posti come il bar Alvino a Lecce sono diventati un vizio di famiglia tramandati alla stregua dei debiti di gioco, delle deficienze immunitarie, dell’indole culturale vittima di una cultura stagna, ma comunque preferibile a tutto, perfino al peccato mortale.
di Enzo Schiavano
LA “LINEA dIREttA” CON IL pRESIdENtE pELLEGRINO è OCCUpAtA Il presidente della Provincia di Lecce, il senatore Giovanni Pellegrino, sin dal primo giorno della sua candidatura ha sottolineato ripetutamente quanto fosse importante avere un rapporto diretto con tutti i cittadini. Sfruttando il sito internet della Provincia (www.provincia.le.it), ha voluto istituire una linea diretta con lui. I cittadini, grazie alla rubrica “Forum con il presidente”, hanno la possibilità di rivolgere domande al senatore e di ottenere, sia con lo stesso mezzo che privatamente sul cellulare o sulla propria posta elettronica, la risposta. Il 19 dicembre scorso approfitto di questa opportunità e rivolgo alcune domande al presidente: 1) perché non figuravano nella sua giunta assessori del sud Salento; 2) perché non ha mantenuto l’impegno (fatto sulle pagine del Tacco d’Italia) di aprire a Casarano un ufficio decentrato della polizia provinciale e del-
l’ufficio tecnico; 3) perché non iniziano i lavori della nuova tangenziale di Casarano visto che il progetto definitivo è pronto da diversi mesi; 4) perché nella vicenda del depuratore di Casarano sembra aver sposato le ragioni di Gallipoli. Trasmetto tutti i miei dati (nome e cognome, posta elettronica, numero di cellulare) e attendo le risposte. Passano alcuni giorni e, poiché il presidente aveva già risposto a cittadini che erano intervenuti dopo di me, il 23 dicembre riformulo e invio le mie domande. Passa Natale e si avvicina la fine dell’anno, ma del mio messaggio sul “Forum con il presidente” non c’è traccia. Convinto di essere stato piuttosto sfortunato, che il mio messaggio si sia perso tra le numerose richieste che il senatore riceve, il 30 dicembre, con rinnovata fiducia, rifaccio le stesse domande e rilancio il mio testo. Per una settimana, quotidianamente, vado il tacco d’Italia
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Gennaio 2007
a verificare sul sito della Provincia se nella lista c’è anche il mio messaggio. Niente da fare: il senatore risponde a tutti, meno che a me. Il 5 gennaio scrivo per la quarta volta il mio messaggio. Stavolta chiedo che la risposta sia pubblicata sul sito e che mi avvisino sul mio indirizzo di posta elettronica e sul cellulare con un sms. Mentre scrivo è il 23 gennaio, ma il mio rapporto diretto col presidente non c’è stato. Non so cosa pensare. Non posso credere che le questioni che ho posto siano considerate scomode. Forse ho fatto troppe domande? Forse dovevo farne solo una per ogni messaggio? Perché non ci provate voi, cari lettori? Ma, mi raccomando, solo una domanda per volta.
L’ERBA CATTIVA
// Opinioni dal Tacco
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//Copertina //Inchiesta //Sanità, attendere prego
ASpEttA E SpERA
Sovraffollamento. 7 giorni su 7. E’ il reparto di Oncologia dell’Ospedale di Casarano
di Flavia Serravezza
I giornali nelle ultime settimane ci hanno bombardato con versioni antitetiche sulle liste d’attesa nella sanità salentina: da una parte la denuncia di organismi quali il Tribunale dei diritti del malato, di medici e pazienti che lamentavano liste di diversi mesi per accedere alle prestazioni, anche quelle urgenti, del servizio sanitario nazionale; dall’altra Nichi Vendola, presidente della regione Puglia e, per ultimo, Rodolfo Rollo, neo commissario della Asl ora unificata (leggete a pag. 15. Rollo ha rifiutato la nostra intervista) che declamavano
pubblicamente il dimezzamento delle liste grazie ad un efficiente riorganizzazione interna. Visto che le liste sarebbero state dimezzate a seguito delle centralizzazione delle prenotazioni, tramite un “Cup” (centro unico prenotazioni) unificato, abbiamo deciso di mischiarci ai tanti salentini “appesi al filo”, telefonico, per vedere che cosa succede. La nostra inchiesta è andata oltre quello che immaginavamo (come spesso accade), fino alla doverosa registrazione della denuncia di due tecnici dell’ospedale di Galatina, che hanno
il tacco d’Italia
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Gennaio 2007
messo nero su bianco (segnalando il fatto in una lettera inviata a Vendola e in un loro pubblico intervento) la descrizione di un sistema organizzato, interno all’ospedale ma, pare, ignoto ai vertici, che porterebbe a gonfiare le liste d’attesa per far sì che le prestazioni risultino erogate in orario “straordinario”, soggetto cioè a tariffe e retribuzioni maggiorate per chi le esegue. Questo a scapito dei bilanci dell’ospedale stesso, ossia delle tasche dei cittadini, oltre che della loro salute. Nell’ospedale di Casarano invece, un fatto singolare: la lista
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LINEE TELEFONICHE DEI CUP (CENTRO UNICO DI PRENOTAZIONI) INTASATE. NUMERI DI TELEFONO SBAGLIATI O INESISTENTI. ESAMI URGENTI CON GLI STESSI TEMPI D’ATTESA DEGLI ESAMI DI CONTROLLO. A MENO CHE NON SI CONOSCA QUALCUNO IN OSPEDALE (SIC!), NON CI RESTA CHE: ASPETTARE E SPERARE. ANCHE PIÙ DI UN ANNO
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Come si fa a prenotare una visita o un esame specialistico negli ospedali della Provincia di Lecce? Capirlo è stato certamente un’impresa. Quella che la redazione del Tacco ha affrontato per 2 giorni intensi di telefonate, lunghe attese e continui rimandi a numeri telefonici dei Cup sempre occupati, fuori posto o inesistenti. La fotografia delle liste d’attesa che abbiamo scattato il 3 e 4 gennaio 2007 mostra ancora tempi biblici negli ospedali del leccese, soprattutto per alcuni esami specialistici. Basti pensare che per una mammografia al Vito Fazzi di Lecce bisogna aspettare marzo 2008 e per il Poliambulatorio di Lecce (ex Fazzi) si arriva a febbraio 2008. Nella ex Asl Lecce 2, invece, i tempi sono relativamente più “brevi”. A Gallipoli, per effettuare una mammografia bisogna aspettare il mese di aprile 2007, mentre a Casarano si arriva a giugno. Proprio nell’ospedale casaranese, il giorno della nostra telefonata, la lista d’attesa risultava temporaneamente chiusa. Un fatto che abbiamo segnalato al direttore sanitario della Asl di Lecce, Franco Sanapo, col quale abbiamo avuto un lungo colloquio per chiedere conto dei risultati della nostra inchiesta.
// A.A.A. NUMERI DEL CUP CERCASI Come un normale cittadino farebbe, abbiamo cercato di capire quali sono i numeri di telefono dei Cup ospedalieri della Asl leccese, per poi simulare le telefonate e rilevare i tempi d’attesa per visite ed esami. Niente di più semplice se si pensa che le informazioni utili viaggiano tutte su internet. Ma non per la nostra ex Asl Lecce 1, sul cui sito abbiamo trovato un fantomatico numero di telefono (0832/343727) che risulta essere il “recapito telefonico unico per tutta l’azienda, anche se con più linee e più operatori”, attraverso il quale si effettuano prenotazioni al Cup dal lunedì al venerdì. Peccato che non sia più attivo. Alcuni operatori ospedalieri ci hanno riferito che “non ha mai funzionato”. Non restava che prendere in mano il classico elenco telefonico. Su quello del 2006, per alcuni distretti ospedalieri della ex Asl Lecce 1, compare un numero che ci appare familiare. È lo stesso di prima (0832/343727), che ovviamente risulta inattivo. Alla fine, ci siamo rivolti all’Urp (Ufficio relazioni con il pubblico). Qui ci hanno detto che per prenotare visite ed esami nell’area nord “ci si deve recare personalmente nei diversi ospedali, muniti di ricetta. O rivolgersi alle farmacie convenzionate con la Asl leccese”. Quindi nella Asl 1 il Cup unificato non esiste.
// I NUMERI INUTILI NELLA GUIDA AI SERVIZI DELLA ASL LE/2 d’attesa per le prenotazioni di una mammografia nei giorni della nostra indagine, risultava chiusa. Nel senso che al telefono ci hanno risposto che non “prendevano più le prenotazioni e che non sapevano quando la lista sarebbe stata ‘riaperta’”. Poiché accedere al servizio sanitario nazionale e usufruire di una prestazione sanitaria è un diritto abbiamo già segnalato il fatto al direttore sanitario della Asl Franco Sanapo, nel corso dell’intervista a chiusura dell’inchiesta. Questo ha avuto degli sviluppi. Ma leggete più avanti. M.L.M
Stesse difficoltà nella ex Asl Lecce 2 per trovare i numeri di telefono dei Cup. Qui, però, avevamo a disposizione una guida con l’elenco dei diversi presidi ospedalieri che risale al 2005. Molti dei numeri Cup presenti non ci sono stati utili: o non risponde mai nessuno o risultano fuori posto (il che mette in dubbio l’utilità della guida realizzata dalla Asl con i soldi pubblici). Alla fine, siamo stati costretti a telefonare ai centralini dei singoli ospedali, che ci hanno fornito i numeri del Cup o hanno dirottato la telefonata direttamente nei reparti dove, se sei fortunato, qualcuno ti risponderà e ti dirà che bisogna prenotare attraverso il Cup (tranne per Tac e risonanze magnetiche). il tacco d’Italia
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Ed ecco che l’utente (è quel che ci è successo) rimbalza da un numero di telefono all’altro per poi sentirsi dire, nella migliore delle ipotesi, che ci vorranno dei mesi per fare quel determinato esame. Con i numeri dei Cup alla mano, attendere prego. Trovare la linea libera è stato un terno al lotto. Le nostre telefonate sono iniziate alle 9.50 del 3 gennaio 2007. Primo obiettivo, il Cup dell’ospedale di Casarano. Il telefono è risultato occupato fino alle 10.20. Un normale cittadino si sarebbe arreso molto tempo prima per non perdere l’intera giornata. La situazione nella ex Asl Lecce 2 migliora leggermente, soprattutto a Scorrano. Al momento le attività di prenotazione sono unificate all’interno di ogni singola struttura sanitaria anche per via telefonica.
// I FARMACUP. IL SERVIZIO SCONOSCIUTO Pochi sanno che per effettuare le prenotazioni negli ospedali della Asl salentina ci si può rivolgere alle farmacie convenzionate (l’elenco è disponibile su internet al sito della Asl, che però non è aggiornato). Noi l’abbiamo scoperto tra una telefonata e l’altra. Per l’area nord (ex Asl Lecce 1) se non si trova una farmacia convenzionata (non tutte lo sono) per fare una prenotazione ci si deve recare direttamente negli ospedali con la richiesta del medico tra i denti e fare la fila agli sportelli del Cup dei singoli presidi. Poiché la visita sarà fissata mesi dopo, quando la ricetta sarà ormai scaduta, si dovrà ritornare dal medico, rifare la fila, rifare la ricetta. Ancora fila per pagare, fila per fare la visita. Un sistema inefficiente sotto tutti i punti di vista. Il cattivo funzionamento del Cup telefonico dell’area nord è un problema rilevato anche dal Gruppo di lavoro sui tempi d’attesa istituita dalla Regione Puglia nel 2005 e coordinato da Aristide Carella. Alla fine a noi è sorto un dubbio. Ma il Cup telefonico della Asl Lecce 1 esiste o non esiste? Per gli addetti dell’Ufficio relazioni con il pubblico no. Secondo noi esiste un Cup centralizzato per la Asl 1, che non sa di esserlo.
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// URP OSPEDALIERI. POCHE IDEE E BEN CONFUSE Dagli uffici Urp (Ufficio relazioni con il pubblico) della ex Asl Lecce 1 ci avevano detto che non era possibile prenotare telefonicamente visite ed esami. Telefonando al centralino dell’ospedale di San Cesario, si scopre però che esiste un numero telefonico per il Cup (0832 215461) che è attivo e funzionante e che è in grado di fare prenotazioni anche per gli altri ospedali della Asl Lecce 1 (che è l’obiettivo del Cup). Sicuramente c’è un po’ di confusione e di scarsa in-formazione tra gli operatori telefonici dei diversi centri ospedalieri. Un disservizio che provoca difficoltà non irrilevanti per tutti gli utenti.
//E IO PAGO… Dopo i continui rimandi ad altri numeri ed attese infinite, abbiamo capito che il Centro Unico di Prenotazioni, non è tanto “unico” visto che alla fine bisogna rivolgersi ai centralini dei singoli ospedali per sapere “quanto tempo c’è da aspettare”. Tutte le telefonate ai Cup, ovviamente, sono a pagamento. Non esiste un numero verde e non c’è nessuna intenzione, da parte della Asl leccese, di attivarne uno. Ecco come sono andate alcune nostre telefonate. ore 16:57 - Cup Scorrano (0836 420409) Operatrice: “Pronto?” Tacco: Buongiorno, dovrei prenotare una mammografia e due risonanze. Potrei sapere che tempi ci sono?”. Operatrice: “Per la mammografia la prima data utile è il 21 febbraio a Scorrano. Per quanto riguarda le risonanze, bisogna telefonare a Casarano o a Lecce”. Tacco: “A quale numero, mi scusi”. Operatrice: “Beh, dovrebbe cercare sulla guida. Può chiamare anche a Tricase”. Tacco: “Sulla guida devo cercare i numeri degli ospedali?” Operatrice: “Chiami il 4201, prefisso 0836, e si faccia dare i numeri”. Tacco: “Il 4201 è Maglie?” Operatrice: “Si, è l’ospedale”. Tacco: “Grazie, buongiorno”.
PASSANO LE ORE IN FILA DAVANTI AGLI SPORTELLI DEI CUP OSPEDALIERI. CERCANO DI PRENOTARE TELEFONICAMENTE PER “RISPARMIARE TEMPO”. ASPETTANO MESI, E IN ALCUNI CASI ANCHE UN ANNO, PER POTER FARE UN ESAME SPECIALISTICO. SONO I CITTADINI ALLE PRESE CON I MALI DEGLI OSPEDALI DI CASA NOSTRA “A lla base di qualunque attività di prenotazione – si legge nel rapporto del Gruppo regionale sui tempi di attesa (ottobre 2006) - ci deve essere un buon funzionamento dei CUP aziendali, ancorché esistenti, con la qualificazione e l’implementazione, se necessario, del personale. Quando saranno attivi i CUP interaziendali e soprattutto quelli regionali attraverso una telefonata al numero verde, il cittadino potrà prenotare ed essere informato dal CUP, sulla sede presso la quale gli verrà erogata la prestazione nel tempo più breve e nella sede più vicina, a prescindere dalla struttura erogatrice”. Tutto questo nelle A sl salentine non accade.
“Salute Sanità e i miei diritti”
ore 17:20 - Centralino ospedale Maglie (0836 4201) Operatore: “Pronto?” Tacco: “Vorrei sapere i numeri di telefono per prenotare una risonanza”. Operatore: “Dovrebbe chiamare l’ospedale di Casarano. Il numero è 0833 5081”. Tacco: “Anche per Tricase e Lecce dovrei chiamare i rispettivi ospedali?” Operatore: “Si,si”. Tacco: “Grazie e buonasera”. ore 17:24 - Centralino ospedale Casarano (0833 5081) Operatore: “Pronto?” Tacco: “Buonasera, vorrei prenotare una risonanza” Operatore: “Un secondo, prego” (l’operatore chiama un interno) Addetta al servizio: “Pronto?” Tacco: “Vorrei prenotare una risonanza”. A : “Mi dispiace, ma non abbiamo i registri. Dovrebbe richiamare domattina”. T: “Ho capito. Ma mi potrebbe dire almeno che tempi ci sono?” A : “Fine aprile”. T: “Domani mattina, allora. Ma per prenotare l’esame devo richiamare il centralino?”. A : “Si, rifaccia lo stesso numero”. T: “Grazie e buonasera”.
“Diritto all’informazione e alla documentazione sanitaria”: ogni cittadino ha diritto a ricevere tutte le informazioni e le documentazioni di cui necessita. Il mancato rispetto di tale diritto deve essere considerato atto di grave omissione e di negligenza da parte degli operatori sanitari e amministrativi, in quanto priva il cittadino della possibilità di tutelare adeguatamente la propria salute. il tacco d’Italia
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// I CONTI NON TORNANO E I DISSERVIZI AUMENTANO I dati parlano chiaro. Nella ex Asl Lecce 1 si registrano, a differenza degli “straordinari accorciamenti delle liste d’attesa” di cui parlano i bollettini ufficiali diffusi recentemente dalla stessa Asl, solo lievi miglioramenti nei tempi d’attesa per le visite mediche. Per gli esami specialistici, infatti, i tempi restano quelli di sempre: lunghi mesi che spesso portano un paziente ad effettuare esami a pagamento nelle strutture private. Abbiamo rilevato, inoltre, che il sistema di prenotazione “unico” non prevede, relativamente alle visite senologiche, una differenza di tempi d’attesa per le donne sintomatiche e le donne non sintomatiche. Per capirci, se una donna richiede una visita perché ha un nodulo al seno deve aspettare quanto una donna che vuole fare un semplice controllo di prevenzione.
// “E IO CHIAMO STRISCIA” Agli sportelli dei Cup ospedalieri le file sono altrettanto lunghe. Le testimonianze che abbiamo raccolto facendo la fila raccontano di proteste feroci con la direzione per ottenere un esame urgente: frequenti sono le minaccie del tipo “chiamo Striscia la notizia” che portano poi la stessa Direzione a cercare un compromesso con i responsabili del reparto. Tanto, per uno che viene accontentato, altri cento restano in fila ad aspettare. L’alternativa, nota ai più, è la solita raccomandazione: “Conoscere qualcuno” in reparto aiuta a trovare un “buco libero” nella lista d’attesa. Abbiamo registrato la testimonianza di un paziente, ricoverato presso l’ospedale di Galatina, in attesa di eseguire una “tac total body” che, a digiuno da cinque giorni, vedendosi rimandare di giorno in giorno l’esame, si è sentito dire che “se conosce qualcuno, veda di farsi infilare in un buco”. A quel punto al paziente non è rimasto altro che trovare una “conoscenza”. Così la Tac è stata prontamente eseguita. In altre regioni italiane, come l’Abruzzo, sono i Cup online a garantire l’efficienza del sistema di prenotazione sul Portale sanità. “La Regione Puglia – dice Aristide Carella, coordinatore del Gruppo di lavoro regionale sui tempi d’attesa - ha deciso di realizzare anche un Cup regionale che dovrebbe collegare i diversi Cup attivi presso le Aziende sanitarie. In tal modo ogni Azienda potrà gestire in piena autonomia i dati relativi alle proprie strutture territoriali (come già avviene) e, nel contempo, sarà in grado di interagire con le altre Asl regionali verso cui indirizzare gli utenti per i servizi non eseguibili presso le proprie strutture. Anche il nostro Gruppo di lavoro ha riscontrato un mal funzionamento del Cup telefonico della ex Asl Lecce 1. Ci risulta, tra l’altro che il Cup del Vito Fazzi di Lecce non sia collegato ai Cup degli altri distretti e pertanto il servizio di prenotazione non è funzionale per l’utenza. Ci attiveremo per risolvere al più presto per risolvere il problema anche in vista della realizzazione del Cup regionale”.
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// ECCO I RISULtAtI dELLA NOStRA INdAGINE
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// “ VI dICIAMO NOI COME SI GONfIANO
LE LIStE d’AttESA”
TESTIMONIANZA DI DUE DIPENDENTI DELL’OSPEDALE DI GALATINA La libera professione intramoenia (attività privata dei medici all’interno della strutture pubbliche) è prevista dalla legge e dovrebbe servire a diminuire, se non ad abbattere del tutto, le liste di attesa. La testimonianza di due dipendenti ospedalieri dell’ospedale di Galatina ci ha fatto capire che non va sempre così. La loro denuncia era già scattata pubblicamente nel corso di un convegno sul “Diritto alla salute” che si è svolto a Porto Cesareo nel mese di ottobre 2006, alla presenza di direttori ospedalieri, medici e ricercatori. L’intervista è stata realizzata nel mese di dicembre 2006, quindi prima dell’accorpamento delle Asl leccesi e del cambio di dirigenti e direttori sanitari. “Se tutti quanti lavorassimo come si deve durante l’orario di lavoro, lista d’attesa non ce ne sarebbe”. Inizia da qui la denuncia di due dipendenti dell’ospedale di Galatina che hanno scelto di non svolgere attività privata in ospedale, né in strutture private. Come Mario e Paola (nomi che abbiamo scelto per comodità), ci sono altri operatori sanitari che hanno scelto di avere un rapporto esclusivo con l’azienda ospedaliera non fanno attività privata), per la quale ricevono un’indennità, detta di esclusività, sullo stipendio. Per ogni prestazione erogata durante le sedute di libera professione in ospedale (intramoenia), però, i medici, (nel caso di radiologia, anche i tecnici) ricevono un ulteriore compenso i cosiddetti “rientri”. In questo modo, i loro stipendi si triplicano (a spese dei cittadini) ma le liste d’attesa dovrebbero accorciarsi. Non sempre però accade. “Rallentano il ritmo di lavoro nell’orario ordinario – dice Paola, tecnico radiologo all’ospedale di Galatina – per effettuare più prestazioni nelle sedute aggiuntive. Questo è solo uno dei trucchi del mestiere, che non serve ad abbattere le liste d’attesa ma a fare guadagnare chi fa libera professione intramoenia”. Come dire, l’etica e la deontologia medica, ogni tanto, vanno a farsi benedire. “Questo è solo uno dei…” Quali altri “trucchi” userebbero in radiologia? “Per esempio, durante l’orario di lavoro fanno degli esami che poi segnano come seduta aggiuntiva. Fanno una nuova ammissione. Tolgono l’etichetta e ne stampano un’altra. Scrivono attività aggiuntiva e cambiano l’ora o il tipo di prestazione. Tanto chi va a controllare? Possono anche fare 25 esami nell’orario ordinario e poi 10 di quelle prestazioni le segnano come attività aggiuntiva”. Nessuno controlla i registri? “Controlli? Sui registri possono scrivere quello che vogliono. Possono anche aggiungere esami mai fatti. Eppure c’è una Commissione preposta che dovrebbe controllare e verificare la necessità di tutte le sedute aggiuntive. Ultimamente, poi, in radiologia arrivano richieste dei medici curanti senza data: in questo modo si può dire, in qualunque momento, che la lista d’attesa c’è e anche lo spazio del numero di prescrizione è vuoto. Le lasciano libere, vuote per poterle manomettere a piacere”.
IL CASO: “SE HAI UNA CONOSCENZA...” RICOVERATO DA CINQUE GIORNI PRESSO L’OSPEDALE DI GALATINA, E A DIGIUNO PER POTER ESEGUIRE UNA TAC TOTAL BODY, SI È VISTO RIMANDARE L’ESAME DI GIORNO IN GIORNO. FINCHÉ, IL QUINTO GIORNO, SI È SENTITO CONSIGLIARE DI “TROVARE QUALCHE CONOSCENZA PER ACCELERARE I TEMPI D’ATTESA”. RIPETIAMO: ERA RICOVERATO E A DIGIUNO DA CINQUE GIORNI , IL PAZIENTE HA DOVUTO TROVARE LA “CONOSCENZA” E IL GIORNO STESSO È STATA ESEGUITA LA TAC Avete denunciato questi “trucchetti” con una lettera indirizzata al Presidente della regione Puglia, Nichi Vendola. Che cosa vi ha risposto? “La lettera era indirizzata anche all’assessore alla Sanità Alberto Tedesco, al direttore sanitario della Asl Lecce 1 Bruno Falzea, al direttore generale della Asl Le/1 Gianluigi Trianni e al direttore dell’ospedale di Galatina. L’ho scritta per denunciare anche uno strano errore che si è verificato più volte in radiologia. Ne ho parlato anche al Presidente dell’Ares Puglia (agenzia regionale sanitaria), mostrandogli le prove e mi ha detto che avrebbe fatto una verifica”. Di cosa si tratta? “Tempo fa stavo effettuando una TAC ad un paziente. Prima di fare l’esame, ho chiesto la conferma dei dati anagrafici al paziente per inserirli nel computer. Nome e data di nascita non corrispondevano a quella che io leggevo sulla richiesta del medico. Il paziente mi ha precisato che quelli che avevo erano i dati del fratello, che era morto molto tempo prima e che era l’ennesima volta che gli succedeva una cosa simile. il tacco d’Italia
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Controllando le cartelle cliniche, ho visto che c’era anche quella del fratello morto”. Che cosa vuol dire secondo lei? “Se questo episodio si è ripetuto vorrà dire tante cose. Quella cartella clinica del fratello morto ha rimpiazzato più di una volta esami non effettuati (un modo per riempire la lista). Poi l’esame successivo, l’avrebbe fatto il paziente giusto. Intanto si riempie la lista, tanto qualche seduta aggiuntiva per guadagnare qualcosina in più non fa male. C’è trascuratezza studiata a tavolino. Non ci sono controlli, possono fare quello che vogliono”. Anche Mario, infermiere in sala operatoria, sottolinea l’assenza di controlli sui registri delle prestazioni ospedaliere. “Sui registri della sala operatoria non sono riportati gli orari, ma solo il tipo di intervento. Da poco ne hanno messo uno, ma si tratta di fogli volanti che equivalgono a un mucchio di coriandoli e sono facilmente manomettibili. A dimostrazione del fatto che i controlli mancano un po’ per tutto. In ospedale poi, si verifica un altro strano fatto di cui molti sono a conoscenza. Un ortopedico arriva in ospedale nell’orario ordinario, timbra il cartellino e se ne va a cavallo. Poi torna puntualmente con i pantaloni da cavallo e se ne va direttamente in ortopedia a fare sedute aggiuntive per prendersi la ‘libera’ professione”. Alla faccia dell’etica professionale. Paola mi fa capire con un esempio. “C’è interesse a lavorare poco durante l’ordinario. Qualche mese fa non c’erano pazienti in attesa sull’agenda. Improvvisamente l’ospedale era pieno di parenti di dipendenti che prenotavano in modo da fare numeri. Numeri, numeri. Oltre alla seduta aggiuntiva i numeri vanno fatti anche nell’orario ordinario. Tutti i medici devono compilare un registro dove indicano le sedute aggiuntive. Succede anche che segnano esami già fatti da altri colleghi, come quelli miei che non faccio libera professione, tanto chi va a guardare?”
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//MEDICI PUBBLICI-SANITA’ PRIVATA I COSTI DELL’INTRAMOENIA PER LE NOSTRE TASCHE Nel 2005 la spesa dei cittadini italiani per avere prestazioni sanitarie in regime di intramoenia presso le aziende sanitarie locali e ospedaliere è aumentata del 50% rispetto al 2001. È quanto emerso dal rapporto presentato alla Commissione Sanità del Senato da Gilda Salatino, dirigente dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali (Assr). Nel Sud Italia la Sanità pugliese è in testa per quantità di spesa. Nel 2004, i ricavi dell’azienda sanitaria pugliese per attività libero professionali intramoenia (spesa sostenuta dai cittadini) è stata di 41milioni 897mila euro. Di questi, più di 37 milioni sono stati corrisposti al personale medico. Quella della Puglia è stata la spesa più alta tra le regioni del Sud Italia. “Se si passa ai dati analitici - ha spiegato Salatino - si può vedere che in alcune regioni i corrispettivi pagati al personale sono stati superiori ai versamenSILVIO GARATTINI
ti effettuati dai cittadini. Un fenomeno da attribuire o ad errori di codifica dei ricavi nei bilanci o al fatto che le aziende sanitarie hanno previsto lo svolgimento dell’attività libero professionale in intramoenia con oneri a proprio carico, per ridurre le liste d’attesa, così come è consentito dalla normativa vigente”. Le Regioni in cui si verifica questo fenomeno, da diversi anni, sono: Marche, Umbria e il Molise, che dà tutto ciò che incassa ai medici. Nel Lazio su 112 milioni il 97,30% va ai medici e il 2,70% all’azienda; una cifra che non è sufficiente a coprire l’IRAP, pari all’8,5%. Lo stesso vale per la Puglia, l’Abruzzo, la Sicilia, la Calabria e Sardegna. Tutte con percentuale di ricavi per le aziende inferiore al 10%. “Restano spesso solo briciole, cifre irrisorie e inadeguate a garantire le spese di gestione dei macchinari, il costo dei materiali e così via. Da questi dati – conclude Salatino – sembra che alle aziende rimanga molto poco per coprire i costi”.
I DANNI DELL’INTRAMOENIA
L’opinione di Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” di Milano Nel suo libro La buona salute (1996), Lei ha assunto una posizione netta sulla libera professione intramoenia dei medici ospedalieri. Alla luce della “Salute della Sanità” di oggi, è ancora della stessa opinione? “Sono ancora della stessa opinione. Anzi la mia posizione si è rafforzata osservando le conseguenze pratiche di una legge che forse era stata fatta con altre finalità”. Perché si dovrebbe abolire l’attività privata all’interno delle strutture pubbliche? “Perché l’attività privata a pagamento privilegia chi ha mezzi economici e penalizza chi è povero e deve perciò subire liste d’attesa che diventano sempre più lunghe”. Qual è l’effetto dell’intramoenia sulle liste d’attesa? “Solo il 50% di coloro che richiedono un esame ecocolordoppler possono averlo entro 60 giorni, mentre solo il 15% può avere, nello stesso
periodo di tempo, una esofago-gastro-duodenoscopia e meno del 5% una TAC del capo. Tutto ciò si può ottenere in una settimana con le stesse strutture, le stesse apparecchiature e gli stessi operatori purché si paghi con l’intramoenia”. Insomma i cittadini italiani spendono sempre di più per avere prestazioni sanitarie in regime di intramoenia presso le aziende sanitarie locali. Perché? “Sta diventando ormai un’abitudine quella di pagare un esame, una visita o un intervento quando si ha un’urgenza. In questo modo rischia di sparire il Servizio Sanitario Nazionale come servizio universale e solidale. La logica dell’intramoenia, come sottolineo da molti anni, fa nascere, di fatto un servizio sanitario a due marce: veloce per chi può pagare e lento per gli altri. Nasce il sospetto che le liste d’attesa rimangano lunghe per permettere che aumentino gli interventi intramoenia. Non va dimenticato che se le liste d’attesa fossero corte non vi sarebbero richieste di attività intramoenia, i cui proventi vanno per oltre l’80% a vantaggio del personale sanitario”.
TRA PROMESSE E REALTA’
FRANCO SANAPO Il neo direttore sanitario della Asl di Lecce, Franco Sanapo, prende atto della nostra inchiesta e registra i disservizi da noi evidenziati. Ecco le sue promesse Con dati e resoconti alla mano, abbiamo contattato il neo commissario della Asl di Lecce, Rodolfo Rollo, che ha rifiutato la nostra intervista sulle liste d’attesa perché non “informato abbastanza sulla situazione dell’intera azienda sanitaria” essendosi appena insediato (precedentemente era il direttore della ex Asl Lecce 2). La sera stessa in cui Rollo ci ha chiesto di “girare” l’intervista al nuovo direttore sanitario della Asl, Franco Sanapo, era presente nella trasmissione “Open”di Telerama, dove ha parlato del “dimezzamento” delle liste d’attesa nella Asl leccese. Ovviamente senza correre il rischio di essere contraddetto. Con dati alla mano. Il miracolo non c’è stato. I tempi di attesa sono ancora lunghi. Una promessa non mantenuta? “Ciò che non è chiaro ai più è che, quando l’utente prenota una visita o un esame al Cup ha diritto ad avere il servizio nel tempo più breve disponibile, ma non sotto casa. I dati ufficiali del sistema computerizzato del Cup indicano il primo giorno utile in uno degli ospedali dell’area, nord o sud, che interessa al cittadino. Se si tratta di un’urgenza il cittadino deve spostarsi. Noi effettuiamo costanti monitoraggi e registriamo i tempi
di attesa medi per ogni prestazione del singolo presidio ospedaliero. È vero non ci sono stati miracoli, soprattutto per alcuni esami specialistici, ma sono stati fatti importanti passi avanti”. Però abbiamo notato che spesso bisogna chiamare direttamente in ospedale o in reparto. Il Cup unificato è una chimera. Non si potrebbe almeno mettere un numero verde? “Nella Asl Lecce 2 stiamo cercando di migliorare un sistema già avviato con 6 postazioni telefoniche presenti nel distretto di Scorrano ed è in previsione l’attivazione di un numero unico per l’intera area sud. Per la ex Lecce 1 dovremmo partire al più presto con un simile sistema. Quanto al numero verde, i soliti problemi burocratici probabilmente impediscono l’attivazione di un numero telefonico gratuito. Ma se il servizio è efficiente, il problema non si pone. I nostri obiettivi puntano alla creazione del Cup unificato nelle 2 aree, e l’attivazione del Cup online”. Ma i numeri sono sbagliati sia sul sito sia sulle brochure e gli operatori telefonici danno risposte contrastanti se non sbagliate. Quanto spende la nostra sanità per questo servizio visti gli scarsi risultati? “Quello della comunicazione verso l’esterno è un problema che sottovalutiamo. A Lecce siamo il tacco d’Italia
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ULTIM’ORA CASARANO. Durante la nostra telefonata al Cup di Casarano per prenotare una mammografia ci hanno detto che non era possibile farlo perché la lista d’attesa era stata temporaneamente chiusa, dato che le prenotazioni arrivavano al mese di giugno. Abbiamo fatto presente il caso al direttore sanitario della Asl, Franco Sanapo, che ha telefonato direttamente in Radiologia, dove ovviamente gli hanno riferito che la lista d’attesa non era mai stata chiusa (in tal caso si potrebbe ipotizzare il reato di interruzione di pubblico servizio). Forse noi abbiamo “capito male” e anche il nostro registratore. Di certo, però, sappiamo che il mammografo dell’ospedale di Casarano, uno dei più nuovi e all’avanguardia della provincia di Lecce, non è stato utilizzato dal 13 al 31 gennaio 2007, per assenza (giustificata) del medico. La lista d’attesa è arrivata al mese di giugno e qualcuno, al momento della nostra telefonata, avrà ritenuto più utile non accettare temporaneamente prenotazioni. Sanapo, durante l’intervista, ci ha evidenziato l’esigenza di almeno altri 2 mammografi per l’area sud e di 3 per l’area nord. Ha poi esteso il problema anche a Tac ed ecografi che nella ex Asl Lecce 2 risultano troppo datati.
ancora più in ritardo rispetto alle altre Asl della Puglia. L’Urp rappresenta la centrale a cui fanno capo 7 terminali per area che devono comunicare problemi e necessità. A questi, ovviamente, fa riferimento il personale ospedaliero che dovrebbe essere costantemente aggiornato sui cambiamenti che avvengono nell’azienda. Diciamo che a livello concettuale siamo pronti. Dobbiamo tradurre in pratica il progetto, attraverso un processo di formazione a cascata. Doteremo l’Urp centrale della Asl di un server collegato ai computer delle postazioni periferiche consultabili dal personale che, in questo modo, non darà più informazioni sbagliate agli utenti”. Il sistema del Cup non prevede una distinzione, relativamente alla visita senologica, tra donne sintomatiche e donne non sintomatiche. Che cosa avete intenzione di fare? “Intendiamo adottare sistemi di prenotazione più sofisticati, varando un “programma per priorità cliniche” che comporterà un corso di formazione di almeno tre giorni, per tutti gli operatori Cup. Inizialmente verranno smistate, in base all’urgenza, le richieste relative a visite cardiologiche, ecocardigramma ed ecodoppeler carotideo e vascolare. Poi estenderemo il programma a tutto il sistema di prenotazione. Nella ex Asl Lecce 2 saremo in grado di partire per metà anno. Per la ex Asl Lecce 1 ci vorrà un po’ di più”. Era a conoscenza di quanto pare che avvenga nell’ospedale di Galatina? “No ma nei prossimi giorni andrò personalmente a Galatina dove effettuerò dei controlli anche in merito alle vostre segnalazioni”.
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// Inchiesta // Casi strani // Asea & Co.
I pIANtI tERMICI Rapporti intricati tra Provincia e aziende incaricate del controllo caldaie. Tariffe onerose per i cittadini. A volte è meglio un inverno freddo
L’AGENZIA DELL’ENERGIA AVEVA GIÀ AVVIATO LE PROCEDURE PER EFFETTUARE I CONTROLLI DEGLI IMPIANTI, QUANDO LA PROVINCIA DECIDE DI AFFIDARE IL COMPITO AD UN SOGGETTO ESTERNO PRIVATO, LA ASEA SRL
IL SERVIZIO DI CONTROLLO PRESUPPONEVA L’ESISTENZA DI 250.000 IMPIANTI TERMICI NEL TERRITORIO PROVINCIALE. IL CENSIMENTO FATTO SUCCESSIVAMENTE HA EVIDENZIATO INVECE LA PRESENZA DI CIRCA 135.000 CALDAIE. ANCHE IL NUMERO DEL PERSONALE IMPIEGATO APPARIVA ECCESSIVO FIN DALL’INIZIO. INFATTI, LE ASSUNZIONI RIGUARDAVANO 102 LAVORATORI. LA PROVINCIA, IN SEGUITO, HA CALCOLATO CHE NE OCCORREVANO SOLO 40
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Si dice che quello in corso sia uno degli inverni più caldi degli ultimi anni. Già gli esperti preventivano danni all’agricoltura e perdite economiche. Ma forse un inverno caldo non è solo un male. Pensiamo al risparmio energetico, e a quello economico, derivante da un minore uso di caldaie ed impianti di riscaldamento. Sono tanti i cittadini che hanno avuto un rapporto difficile con le aziende private incaricate dalla Provincia a svolgere i controlli delle caldaie. L’attività della verifica degli impianti è stata percepita spesso come vessatoria, e non come un modo per rispettare le norme in materia. Gli utenti hanno spesso protestato per le tariffe onerose corrisposte sia alla consegna della autodichiarazione di possesso degli impianti, sia al momento delle visite di controllo nelle abitazioni. Non è stato semplice neppure il rapporto tra aziende private e Provincia. Infine, è piuttosto intricata anche la questione relativa alla prosecuzione del rapporto di lavoro tra le aziende e gli operai impiegati nei controlli. Forse, per comprendere meglio i problemi, può essere utile raccontare alcune vicende.
// DALLO STATO ALLA PROVINCIA La prima disciplina approvata dal Parlamento italiano in materia di verifica e di controllo sullo stato di manutenzione degli impianti termici è la legge 10 del 9 gennaio 1991, che cerca di realizzare obiettivi di risparmio energetico e di frenare l’impatto ambientale causato da combustibili fossili, gas ed altri derivati dal petrolio, adoperati negli impianti termici delle famiglie italiane. Già si prefigurava, in questi anni, i cambiamenti climatici determinati dall’inquinamento atmosferico. Questa legge lascia ad enti locali, Province e Comuni con una popolazione superiore ai 40mila abitanti, il compito di organizzare sul territorio i controlli delle caldaie. Ma la Provincia di Lecce, investita del compito di controllare gli impianti, non ha, a questa data, gli strumenti adeguati per farlo, nè il personale competente. L’attuazione della legge procede, così, lentamente. La svolta sembra avvenire con l’istituzione della Agenzia dell’energia, un consorzio tra Provincia ed Università di Lecce, cui si è aggiunto recentemente anche un soggetto privato, la Italgest di Paride De Masi. L’agenzia è concepita tutt’ora come un ente strumentale della Provincia, di cui rappresenta il braccio operativo nel settore dell’energia. Sin dai primi consigli d’amministrazione questa affronta il problema dell’organizzazione del controllo delle caldaie, dimostrandosi il soggetto naturalmente vocato ad eseguire il servizio. L’intraprendenza dell’agenzia si manifesterà, in seguito, anche nella promozione delle fonti di energia rinnovabile. Ma, una volta che le procedure per effettuare i controlli sono già state avviate, la Provincia emana un’indicazione precisa, secondo la quale occorre affidare il servizio ad un soggetto esterno privato.
mento del servizio di controllo degli impianti termici. L’accordo ha durata quinquennale (data di scadenza, il 30 agosto 2006). La convenzione prevede, da parte della Provincia, il pagamento all’Asea di un corrispettivo calcolato sulla somma del numero delle autodichiarazioni ricevute e delle verifiche effettuate. Per ognuna di esse, Asea riceve 1200 lire. Ma, dopo la stipula della convenzione con la provincia, l’Asea sottoscrive un altro accordo. Stavolta con la Meridionale disinfestazioni -
impiegato e nei confronti dei terzi”. I cosiddetti terzi sono per lo più gli utenti. In seguito avverrà anche un passaggio di consegne ai vertici di Asea: Biagio Buttazzo, fratello di Vito Buttazzo, ne diviene il rappresentante legale. Altri due subconcessionari stipulano accordi con l’Asea: la cooperativa Vit e la Axa. La Axa ha come amministratore unico lo stesso Giampiero Corvaglia dell’Asea.
// LSU. LAVORATORI UTILI A CHI? I controllori degli impianti termici, assunti in seguito alla convenzione tra Provincia e privati, sono soprattutto ex lsu (lavoratori socialmente utili), in tutto circa 100 tra convenzioni e subconvenzioni. Questi, in genere, provengono da aziende private fallite, sono persone in cassa integrazione o in mobilità. La convenzione con la Provincia ha avuto il vantaggio di dare loro un lavoro stabile. In effetti i lavoratori sono stati utili; utili all’Asea, ad esempio, con la loro assunzione ha ottenuto il servizio senza gara d’appalto, e senza che la Provincia potesse valutare se vi fossero condizioni economiche migliori offerte da imprese concorrenti. Ma gli lsu impiegati nel progetto di stabilizza-
LA CONVENZIONE PROVINCIA-ASEA È SCADUTA AD AGOSTO MA È STATA PROROGATA FINO A TUTTO IL 2007. MA DALL’1 GENNAIO 2007, LA TITOLARITÀ DELLA RISCOSSIONE È STATA AFFIDATA ALL’AGENZIA DELL’ENERGIA Merid Impianti. Il 20 agosto 2001, le aziende si accordano per il subappalto del servizio. Firmano Giampiero Corvaglia per la concessionaria e Vito Buttazzo per la subconcessionaria. Dalla lettura del documento emergono alcune curiosità, ad esempio che l’Asea trasferisce a Merid Impianti anche 16 dipendenti. Uno di questi, Paolo Buttazzo, diviene direttore generale della Merid Impianti. Sembra esistere, insomma, un rapporto organico tra le due società. Però l’articolo 21 della subconvenzione attribuisce ad esclusivo carico della Merid Impianti “ogni tipo di responsabilità ed obbligo nei confronti del personale ANTONIO DE GIORGI
zione legato alla Asea non hanno le competenze necessarie al corretto svolgimento del servizio. La soluzione del problema viene individuata in una sorta di riqualifica attraverso dei corsi di formazione. Ma la figura del controllore ha bisogno di competenza; il lavoro dovrebbe essere eseguito, in genere, da un perito industriale o da un ingegnere. In assenza di un’adeguata preparazione, i controllori ex-lsu svolgono, quindi, verifiche formali, più che tecniche, favorendo la trasformazione dell’esame degli impianti in una sorta di servizio fiscale, anziché in un servizio di consulenza all’utente.
I CONTI NON TORNAVANO
Antonio De Giorgi, prima consigliere di amministrazione, poi direttore dell’Agenzia dell’Energia “Ho fatto parte del Consiglio di amministrazione dell’Agenzia dell’Energia, ed in un secondo momento ne sono divenuto il direttore. Come tale ho avuto modo di seguire da vicino le vicende di quell’accordo. La convenzione con l’Asea partì subito male per diversi motivi. Grazie ad una normativa specifica, il servizio fu affidato senza gara, disattendendo le aspettative dell’Agenzia, che da tempo stava preparando le procedure per i controlli. Le mie perplessità riguardavano la possibilità di convertire in breve tempo dei lavoratori socialmente utili in verificatori di impianti termici. Inoltre gli stessi obiet-
// CONVENZIONE. NON C’È “GARA” E il soggetto privato viene individuato nella Asea Srl, il cui rappresentante legale è Giampiero Corvaglia, noto imprenditore, titolare di aziende che operano nei servizi ambientali, cimiteriali e nelle imprese di pulizie. Proprio con questi, il 25 luglio 2001, Sergio Martina, rappresentante della Provincia, stipula una convenzione per lo svolgiil tacco d’Italia
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tivi di impiego della manodopera non tenevano conto del fatto che la natura del servizio doveva portare inevitabilmente ad una riduzione degli operatori, poiché l’attività di controllo, se correttamente attuata, avrebbe provocato una diminuzione graduale degli impianti fuori norma. Rilevai inoltre alcune carenze nel piano d’impresa della società. Nella successiva attuazione della convenzione, mi attivai per ricondurre entro limiti accettabili le contestazioni della stessa Società, che attuava la normativa vigente in un modo che giudicavo troppo fiscale e poco improntato al servizio al cittadino”.
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// VISITA CON SORPRESA Negli ultimi cinque anni, gli utenti hanno segnalato molte irregolarità relative soprattutto alle modalità di svolgimento del servizio, che assumevano caratteri di vessatorietà. Chiunque possedesse un impianto di riscaldamento era un obiettivo appetibile per la riscossione del tristemente noto onere della visita di controllo. Nonostante i controlli a campione dovessero riguardare, secondo la legge, appena il 5 per cento degli impianti dichiarati, i controllori si occuparono di circa il 60 per cento delle caldaie. Bastava una qualunque irregolarità formale nella redazione della autocertificazione, per giustificare la visita al domicilio dell’utente. Inoltre, spesso le modalità degli avvisi di verifica non erano chiare. Non si diceva, ad esempio, che è necessario accendere preventivamente gli impianti in occasione dei controlli, né si davano appuntamenti ad orari precisi. Accadeva così che il controllore trovasse l’impianto spento e chiedesse il pagamento pur senza averne verificato il rendimento.
// CHI CONTROLLA I CONTROLLORI Il meccanismo alterato dell’attività di controllo faceva sì che crescessero a dismisura gli introiti. L’attività dell’Asea segnò il limite nel momento in cui iniziò ad incassare direttamente le somme percepite. Antonio De Giorgi intervenne per conto dell’Agenzia dell’energia, diffidando l’Asea a sospendere i controlli in assenza di garanzie per il cittadino. In una lettera del 21 giugno 2002 Gilberto Selleri, responsabile del Servizio Ambiente della Provincia, comunica all’allora presidente
GIAMPIERO CORVAGLIA
LA ASEA NEL 2001 SI ACCORDA CON LA PROVINCIA PER GESTIRE IL CONTROLLO DELLE CALDAIE E SUBCONVENZIONI CON LA MERID IMPIANTI, LA VIT E LA AXA. ASEA E AXA HANNO LO STESSO RAPPRESENTANTE LEGALE: GIAMPIERO CORVAGLIA della Provincia, Lorenzo Ria: “Corrisponde al vero che l’Asea stia incassando direttamente somme per l’attività di controllo. Intanto la circostanza non deve essere riferita alle autodichiarazioni che risultano regolarmente incassate dalla Provincia e girate ad Asea, risponderebbe invece al vero che l’Asea e le subconcessionarie stiano incassando somme per le ulteriori attività di controllo convenute”. Il 7 luglio 2002 interviene sulla questione anche Giacinto Urso, difensore civico: “Se l’Asea ha incassato, indebitamente, delle somme su conti correnti non intestati alla Provincia, non basta la diffida, né la restituzione delle stesse agli interessati”. Infine, alcuni sindaci emettono ordinanze che vietano alle squadre di verificatori di entrare nel territorio del paese.
// UN RESOCONTO FALLLIMENTARE Il 30 agosto del 2006 la convenzione della Provincia con l’Asea è scaduta. In attesa che Palazzo dei Celestini disponga una gara d’appal-
AFFIDANDO IL COMPITO DI CONTROLLARE GLI IMPIANTI AD EX LSU (LAVORATORI SOCIALMENTE UTILI) L’ASEA OTTIENE LA GESTIONE DEL SERVIZIO SENZA PARTECIPARE A GARA D’APPALTO
to per l’affidamento del servizio ad una nuova società, la convenzione è stata prorogata fino alla fine del 2007. L’accordo prevede che la Provincia corrisponda altri 4 milioni 500mila euro all’attuale concessionaria. A caro prezzo ha guadagnato del tempo per approntare un progetto volto a stabilire nuovi metodi nella gestione del servizio. Intanto, a partire dal 1 gennaio 2007, la titolarità della riscossione è stata affidata all’Agenzia dell’energia. La fine del rapporto pone dei problemi ulteriori sul piano occupazionale. Vi è un esubero di ex-lsu, assunti in numero eccessivo rispetto alle reali esigenze del servizio. Il progetto di stabilizzazione degli lsu si è così rivelato fallimentare. La cattiva gestione ha fatto sì che, dopo cinque anni, molti corrano il rischio di ritrovarsi disoccupati e senza ammortizzatori sociali. Infatti, poiché l’Asea è un’azienda di servizi, non sono previste né la mobilità, né la cassa integrazione, ma solo la disoccupazione ordinaria per sei mesi. Ad oggi, gli utenti salentini non sembrano aver apprezzato i servizi offerti dall’Asea e dai subconcessionari; anche le speranze dei lavoratori in una occupazione stabile appaiono frustrate; infine, la Provincia avrebbe potuto avvalersi maggiormente dell’Agenzia dell’energia, riducendo le esternalizzazioni e gli sprechi. Rimane da scoprire chi abbia ha tratto veramente vantaggio dalla gestione dell’affare delle caldaie.
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//Cultura //Grande salento universitario //Cartesio L’INTER VISTA
CARtESIO A LECCE.
Professoressa, la vera novità è forse proprio nel vostro metodo. E’ così? “Raccogliamo i giovani meritevoli ovunque essi siano. Attorno al centro cartesiano si è sviluppato un grande interesse sia in Italia che fuori. A fine marzo saremo a Princetown. Ma non come singoli studiosi, bensì come gruppo ed è la prima volta che nel nostro settore si porta avanti un lavoro di équipe”. Che cosa vi appassiona del vostro lavoro di ricerca? “Il capire le cose. Il nostro lavoro è molto apprezzato e i premi che riceviamo ne sono una testimonianza. Forse presto pubblicheremo un’edizione in francese di “tutte le lettere”, fatto di straordinaria importanza perché Cartesio in Francia è tra le figure più studiate”. Quanto costa il vostro lavoro? “Non abbiamo speso una lira per la nostra ultima pubblicazione”. Che cosa ci insegna ancora oggi Descartes? “Oggi, soprattutto le lettere ci fanno conoscere un Cartesio più umano. A me ha insegnato la tolleranza, a difendere ciò per cui si è lavorato, la forza delle proprie idee ed il valore dell’amicizia”. Ulteriori informazioni su www.cartesius.net
GIULIA BELGIOIOSO È LA COORDINATRICE DEL GRUPPO DI STUDIO. LA AFFIANCANO TRE RICERCATORI, UN BORSISTA E TRE DOTTORANDE. LA LORO ULTIMA FATICA È LA TRADUZIONE INTEGRALE, LA PRIMA AL MONDO, DI TUTTE LE LETTERE DI CARTESIO
StUdIO, dUNqUE ESIStO FA CAPO ALL’UNIVERSITÀ DEL SALENTO UNO DEI CENTRI DI STUDIO PIÙ IMPORTANTI AL MONDO SU CARTESIO, IL FILOSOFO DEL PENSIERO di Francesco Ria
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C’è una ricerca che non è fatta di camici bianchi, laboratori e provette, ma non è meno nobile di quella scientifica. Nella seconda tappa tra le punte avanzate della ricerca nell’Università del Salento scopriamo che si trova a Lecce uno dei più importanti centri di studio al mondo sul pensatore Cartesio. Ne è coordinatrice Giulia Belgioioso, docente ordinaria di Storia della filosofia presso la facoltà di Scienze della formazione e presidentessa del consiglio di corso didattico in Filosofia – Scienze umane e morali. IL GRUPPO E L’ATTIVITÀ
Una docente (Giulia Belgioioso) tre ricercatori (Massimiliano Savini, Fabio Sulpizio e Cristina Fornari), un assegnista (Igor Agostini), un borsista (Francesco Marrone) e tre dottorandi (Agnese Alemanno, Siegrid Agostini e Valentina Pastorelli) compongono il Gruppo interdipartimentale di studi su Decartes e il ‘600. L’attività di ricerca comincia vent’anni fa quando, dopo un decennio di collaborazione con i docenti della Sorbona di Parigi, si decide di realizzare un centro studi sulla figura di Descartes e sul ‘600.
In Francia questo filosofo è tra i più studiati e i ricercatori leccesi continuano a collaborare con i colleghi della Sorbona e con altri centri, soprattutto americani: Los Angeles, Chicago e Princetown tra i più prestigiosi. Numerosissime le pubblicazioni del centro. L’ultima, in particolare, è la prima traduzione integrale, a livello mondiale, di tutte le lettere di Cartesio; molto del pensiero del filosofo è racchiuso nella sua corrispondenza. L’opera sta ricevendo ampi apprezzamenti da parte del panorama scientifico internazionale, ed è stata realizzata anche grazie alla il tacco d’Italia
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collaborazione di Fabio Roversi Monaco, ex rettore dell’Università di Bologna, oggi presidente del segretariato europeo per le Pubblicazioni scientifiche.
UN METODO INNOVATIVO Lo spirito di collaborazione che regna nel centro è un’importante novità per gli ambienti della ricerca umanistica. Ogni anno studenti dell’École Normale francese vengono a studiare a Lecce, così come studenti e ricercatori salentini passano periodi di studio in Francia. Anche la didattica gestita dal centro è innovativa: corsi di recupero e di sostegno durante le lezioni, seminari di approfondimento e nelle librerie, collaborazione con l’Istituto di Scienze religiose, per gli studenti che scelgono di frequentare il corso di Storia della filosofia. E per il post laurea sta per partire il secondo dottorato di ricerca europeo che si attiva in Italia in area umanistica (l’altro è quello in Italianistica che si trova a Firenze) in Forma e storia dei saperi filosofici.
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//Cultura //Archeologia preventiva //Ugento
RItORNANO dAL pASSAtO dUE GIOVANI
“SOVRAppOStI” di Antonio Lupo
UNA NECROPOLI RIEMERGE AI PIEDI DELLA SERRA DI UGENTO, OLTRE IL TRACCIATO DELLE ANTICHE MURA
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Proseguono i lavori di ristrutturazione del museo civico archeologico che conserva un’ampia raccolta dalla preistoria all’età messapica, da quella romana a quella bizantina, mentre dal sottosuolo di via Edison riemergono testimonianze di sepolture del periodo ellenistico. Non è la prima volta che i lavori di trincea scavata dagli addetti alla metanizzazione (Italcogim) si convertono in vere e proprie opportunità di indagine archeologica, utili a ricostruire la realtà sotterranea di Ugento, città dalle origini gloriose.
Così, sotto il manto stradale, tra le condotte alla periferia della città, si scoprono interessanti tracce di una necropoli risalente alla storia del III sec. a. C., in una probabile fase di passaggio dall’età ellenisticomessapica a quella romana. Ce lo fanno sapere i giovani dello Studio di Consulenza archeologica (Paolo Schiavano, Roberto Maruccia e Doris Ria) che continuano a raccogliere preziosi dati archeologici, sotto la direzione della Soprintendenza (Giuseppe Andreassi) e dei suoi funzionari (Arcangelo Alessio e Daniela Tansella), sempre pronti a intervenire. Fra blocchi di pietra con funzione di segnacolo e materiale di deposito, al di là di un altro masso litico di delimitazione, si è perfettamente conservato nell’argilla, lo scheletro intero di un giovane individuo, sovrapposto ad un altro. Sembra stringere qualcosa nella mano destra ed ecco che, insieme al piccolo vaso miniaturistico, nelle vicinanze spuntano altri resti ossei - ci raccontano. Le ricerche porteranno perciò ad altri ritrovamenti di infanti nella stessa fossa, nonché ai corredi funerari, come è accaduto con le olle funerarie, nella vicina via Urso, poco tempo fa, sempre all’esterno del circuito murario. Tutte queste acquisizioni, relative a resti umani, il tacco d’Italia
FRA BLOCCHI DI PIETRA È STATO RINVENUTO LO SCHELETRO DI UN GIOVANE SOVRAPPOSTO AD UN ALTRO. E GLI ESPERTI PREVEDONO CHE LE RICERCHE PORTERANNO ALTRI RITROVAMENTI DI INFANTI E CORREDI FUNERARI litici, metallurgici, saranno raggruppate, documentate e classificate nel nuovo museo civico, la cui riapertura si prevede entro un anno. Arricchito dai risultati delle scoperte degli ultimi anni (ellenistiche, romane, bizantine) l’importante struttura sarà un punto di arrivo che consentirà di riappropriarci dell’identità collettiva del territorio e non una mera esposizione di collezioni museali, costituendo una occasione per fare cultura in modo diverso. L’archeologia preventiva infatti, non ancora codificata nella legislazione attuale, a Ugento è già una realtà che consente di scongiurare eventuali danni e di anticipare i progetti, verificandone l’impatto ambientale. Si aprono oggi inedite prospettive.
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A PROPOSITO DI ANTICHE TORRI Cogliamo volentieri l’interessante sollecitazione di un giovane visitatore del sito, il quale, richiamando l’attenzione sulla torre-colombaia ubicata nei pressi di Felline, (strada per Torre S.Giovanni), peraltro già segnalata nel suo degrado (vedi Fotoprotesta di S. Cortese, n.27 della rivista, luglio ‘06), ci invita a ritornare sulla ricchezza del nostro patrimonio storico-architettonico. All’incirca ottanta sono le torri-colombaie censite nella penisola salentina, della quale sono caratteristica precipua fin dal Quattrocento, (se non dal Medioevo), connotandone il paesaggio e la storia. Si tratta di strutture rurali dal volume cilindrico o a pianta quadrangolare con piccola scala interna, legate all’economia della colombicoltura, fiorente soprattutto nel XVI sec.in un contesto agro-silvo-pastorale. Nel loro spessore murario si aprono innumerevoli nicchie disposte in una perfetta scacchiera, dove venivano allevati colombi selvatici, un tempo considerati pregiati per la loro carne. Ricordano anche altre funzioni,dallo svago della caccia con rapaci a quella dei piccioni viaggiatori o colombi tornaioli, fino all’utilizzo del guano (colombina) come concime e per la concia delle pelli. Erano perciò, come risulta dai documenti (statuti quattrocenteschi), ben protette e difese dai signori feudatari, a causa dei proventi che ne derivavano. Situate nei pressi di masserie, di castelli o di residenze signorili, recano iscrizioni incise sugli architravi e stemmi nobiliari, come quella di Acquarica del Capo (Celsorizzo) o quella merlata del castello di Caprarica, di cui ci siamo occupati recentemente (vedasi foto pubblicata nel Tacco d’Italia n. 28). La loro merlatura serviva alla posa dei colombi. L’ aspetto volumetrico,con toro marcapiano può richiamare le torri costiere (all’incirca sessanta), erette per funzioni ben differenti. Disseminate a intervalli regolari lungo la costa servivano all’avvistamento del nemico. Una strategia attuata da Carlo V, in un periodo storico in cui la minaccia di incursioni e assalti, di là dal mare, costituiva una preoccupazione costante. I sobri elementi decorativi, nel loro essenziale repertorio, accomunano le torri-colombaie alle torri fortificate interne: il coronamento merlato, gli archetti pensili, le mensole e i peducci, gli stilizzati fregi decorativi. Quest’ultime, munite di aggettanti caditoie, si trovano sia in campagna, nella tipologia delle torri-masserie che nei centri abitati come case-torri, forse le meno note. Le torri cinquecentesche nel loro insieme, sottolineano quindi l’inconfondibile estetica del nostro paesaggio che disegnano ancora oggi in modo gradevole ed incisivo, sia esso di un habitat costiero, rurale o urbano.
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// Reportage // Ugento //Diritto alla casa
ANNO NUOVO
INFILTRAZIONI DI UMIDO SU PARETI E SOFFITTI, ASSENZA DI ALLACCI AD ACQUEDOTTO E FOGNATURA. GLI INQUILINI DELLE PALAZZINE IACP LAMENTANO SCARSA ATTENZIONE DA PARTE DEGLI ENTI. E INTANTO IL DISAGIO SI ALLARGA ALL’INTERO RIONE
CASE VECCHIE
IL TACCO RITORNA NELLE CASE POPOLARI DI UGENTO DOPO PIÙ’ DI UN A di Laura Leuzzi
Lo Iacp (Istituto autonomo case popolari) mette in vendita le case popolari a prezzi vantaggiosi per chi le abita già, pagando un affitto. La notizia è stata annunciata dalla Regione Puglia come un’occasione imperdibile per i cittadini che potranno così riscattare la loro prima casa. Ma in quali condizioni versano gli appartamenti dello Iacp? A distanza di un anno siamo andati a verificare se ad Ugento qualcosa sia cambiato dopo la nostra inchiesta.
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Una profonda crepa nel muro esterno aveva messo in allarme, nel settembre 2005, i residenti nella palazzina Iacp (Istituto autonomo case popolari) di via Edison ad Ugento. Questi avevano sollecitato un sopralluogo dei tecnici Iacp per porre rimedio, oltre che alla crepa, anche ai tanti altri problemi dello stabile, come le infiltrazioni di umido e l’assenza di servizi di fognatura ed acquedotto. Per legge spetta, infatti, allo Iacp la manutenzione straordinaria degli alloggi, mentre agli inquilini quella ordinaria (art 7 del “Regolamento di locazione”). Anche noi avevamo effettuato un sopralluogo nella zona, constatando che i disagi lamentati dagli inquilini erano reali (Tacco d’Italia n.19, ottobre 2005). E a più di un anno di distanza, ci siamo tornati per vedere se qualcosa è cambiato. La buona notizia è che la crepa è stata riparata. La cattiva, che i disagi non sono finiti ed ora riguardano l’intero rione. Ecco che cosa abbiamo visto.
Palazzina “fantasma”. Uno dei tre stabili di proprietà dello Iacp non è registrato al catasto e al piano regolatore del Comune risulta in un lotto di terreno agricolo. La strada (via B) che avrebbe bisogno di nuovi fari di illuminazione pubblica è di proprietà comunale, ma solo per metà. Il Comune, dunque, garantisce l’impegno economico solo per la parte di sua competenza. Per il resto, non si sa a chi spettino i lavori. Cioè: sarebbero compito dello Iacp, che è l’ente proprietario; ma non essendo accatastata, la palazzina risulta di fatto inesistente. Un buona strategia perché lo Iacp se ne lavi le mani.
Verde pubblico per nessuno. Lo Iacp ha promesso, nel contratto agli inquilini, spazi di verde pubblico ma, in realtà non si è mai interessato di renderli fruibili. Ora questi vertono in stato di abbandono.
Antonio Preite, operatore ecologico. Ha occupato, sei anni fa, un appartamento della seconda palazzina Iacp (via Edison), dove vive tutt’ora, ma dal 2003 si rifiuta di corrispondere l’affitto (60 euro mensili), perché lo Iacp non ha ancora provveduto a regolarizzare il contratto d’affitto.
Luce fu. Ma privata. Gli appartamenti di via Edison restano al buio. “Una volta c’era un faro, ma il Comune l’ha tolto”. Ed ora, se gli inquilini vogliono la luce, se la devono fare da soli. Ognuno si è organizzato come ha potuto, con faretti sui balconi. Che, però, non bastano ad illuminare la zona.
Doccia a secco e stanze umide. Dopo un anno dall’intervento dallo Iacp per le infiltrazioni di umido, i muri appaiono nuovamente anneriti. L’allaccio all’acquedotto è, inoltre, stato effettuato tramite una tubazione inadeguata al volume di acqua. “Se mentre faccio la doccia – racconta Antonio – l’inquilino al piano di sotto apre un rubinetto, il mio rimane a secco”.
N ANNO. PER RISCONTRARE CHE I PROBLEMI SONO SEMPRE GLI STESSI
Antifurto nuova generazione. La porta che conduce al terrazzo non si chiude. Oltre a non essere dotata di chiave, ha sempre avuto una maniglia non funzionante. Gli inquilini si sono inventati un sistema per mantenerla ferma ma chiunque potrebbe introdursi nella palazzina.
Fumo da tutte le parti. Arrugginita e consumata dal tempo, la canna fumaria non è mai stata a norma di sicurezza. Gli inquilini affermano che è stata realizzata con materiale già vecchio e non sicuro.
Non è mai troppo tardi. La crepa che aveva messo in allarme gli inquilini è stata riparata. Ma solo dopo numerose richieste di intervento da parte dei residenti.
Come li avevamo lasciati. I problemi strutturali della palazzina sono ancora lì, esattamente dov’erano più di un anno fa.
Chiamatela porta. C’è ma è come se non ci fosse, la porta che conduce agli scantinati. E’ fissata in modo sommario, non ha serratura ed è aperta sul lato superiore.
Violante D’Orlando. Abita nella terza delle palazzine popolari con due figli (affitto, 36 euro al mese). Il marito è detenuto e lei effettua lavori saltuari come collaboratrice domestica. Denuncia scarsa attenzione alle condizioni degli inquilini da parte di Comune e Iacp.
Punto e accapo. Dopo appena sei mesi dall’ultima imbiancatura, le macchie scure di umido sono ricomparse, negli angoli e sui soffitti.
La situazione è nera. L’allaccio al servizio di fognatura nera è disponibile da mesi, ma non è stato effettuato, quindi gli inquilini adoperano pozzetti privati per lo scarico dei rifiuti. Quando questi si riempiono, il loro contenuto allaga il cortile; l’acqua sporca fuoriesce anche dagli scarichi dei rubinetti e della vasca da bagno di Violante.
Una passeggiata, con gli occhi a terra. Le radici degli alberi e i movimenti di assestamento degli stabili hanno provocato lo spostamento di diversi mattoni della pavimentazione esterna, rendendo pericoloso attraversare il cortile. Pur sollecitato diverse volte, lo Iacp non è mai intervenuto.
“CHIEDIAMO I FONDI PIRP”
Una partita tra i rifiuti. Il campo di basket, previsto dal contratto dello Iacp con gli inquilini, si è trasformato in un deposito di ferri vecchi. Responsabilità della mutata destinazione d’uso è certamente dei residenti, ma all’Istituto spetterebbe la manutenzione straordinaria, ovvero, almeno la sostituzione del canestro arrugginito.
A prova reumatismi. Gli scantinati della palazzina sono umidi ed hanno le pareti annerite dalla muffa. Dalle tubazioni (ormai vecchie) che li attraversano, inoltre, fuoriesce acqua che, in alcuni casi, ha provocato allagamenti. In una di queste circostanze è saltato l’impianto elettrico.
Angelo Minenna, consigliere comunale Comunisti italiani
“Ho presentato al consiglio comunale un emendamento al bilancio di previsione 2006-08 per richiedere fondi Pirp (Piani integrati di recupero delle periferie), finanziamenti regionali per il recupero delle periferie. Sono fondi che possono arrivare fino a due milioni di euro, da impiegare per il 60 per cento per ristrutturare immobili o costruire nuovi alloggi e per il 40 per cento per centri di socializzazione e impianti sportivi. Per un errore burocratico, l’emendamen-
to è stato respinto dal settore Bilancio del Comune che però ha promesso che entro dicembre avrebbe fatto una variazione di bilancio urgente per richiedere i finanziamenti Pirp. Ma non l’ha fatto. Presenterò un ordine del giorno al prossimo consiglio per impegnare la giunta a predisporre tutti gli adempimenti tecnici e burocratici per far arrivare i soldi ad Ugento”.
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// Cultura // Itinerari //Museum Vito Mele
L’ARTE AI PIEDI
DEL SANTUARIO
INAUGURATO NEL 2003 E OSPITATO IN DUE SALE ATTIGUE AL SANTUARIO DI LEUCA. E’ IL MUSEUM VITO MELE, PICCOLO SCRIGNO D’ARTE
di Paolo Vincenti
U
UN MUSEO PER EMERGENZA Vito Mele, originario di Presicce, si trasferisce a sedici anni, a Garbagnate Milanese, dove inizia a lavorare nel campo della fusione di opere d’arte, in particolare nel settore della medaglistica. Egli stesso, stimolato dal creativo ambiente con il quale viene a confrontarsi, diventa artista e conosce pittori e scultori nazionali ed internazionali. Alcuni di questi diventano suoi amici e gli fanno dono, di tanto in tanto, di alcune loro opere che Mele custodisce preziosamente in casa. Queste opere costituiscono il nucleo essenziale del museo. Dopo molti anni di lavoro, Mele va in pensione ed i suoi ritorni a Presicce si intensificano sempre più. In particolare, ogni volta che ritorna in Salento, tappa obbligata è il santuario della Madonna di Leuca, alla quale l’artista è legato da speciale devozione. Comincia così a maturare in lui l’idea di fondare un museo nel quale esporre le opere pittoriche e scultoree accumulate negli anni. Una vicenda personale, una brutta avventura capitata a lui e alla sua famiglia, fa in modo che il sogno dell’artista si concretizzi. Dopo un furto subìto di notte, con tutta la famiglia in casa, infatti, Mele, spaventato e preoccupato del destino di quelle opere, si decide a chiedere a qualche ente di prenderle in carico perchè esse possano essere messe al sicuro e degnamente valorizzate. La risposta arriva subito da don Giuseppe Stendardo, rettore della basilica di Santa Maria
di Leuca, appassionato di arte e dinamico operatore culturale. Stendardo diventa propulsore e principale sponsor di questa iniziativa che si concretizza nel museo annesso alla basilica, intitolato al suo fondatore.
SOLO GRANDI NOMI
Vito Mele
Oggi il museo ospita opere pregevoli. Fra queste, anche un “Ritratto di Vito Mele”, del 2003, di Aldo Parmigiani. E poi, la “Resurrezione con coro”, opera in polvere di marmo patinata, di Angelo Frattini, un “Volto”, in bronzo, di Franco Codazzo, “L’Angelo della Resurrezione”, in gesso, di Giorgio Galletti, un “Idolo”, in pietra arenaria di Gallipoli, di Luigi Fulvi. Il senso di questa raccolta, come scrive anche il critico d’arte Giorgio Seveso, nella presentazione del catalogo, “Verità e poesia della forma” (casa editrice Leucasia, 2006), è quello della qualità delle opere presentate, al di là delle appartenenze geografiche ed artistiche degli autori presenti; vi è, cioè, una fertile compresenza di scuole pittoriche e scultoree diverse che non può che arricchire l’offerta del museo, in un interscambio continuo, il più ampio possibile, prezioso, che dà nella sua molteplicità segnica, una molteplicità emozionale, esistenzia-
IL MUSEUM VITO MELE CONSERVA OPERE DI GRANDE VALORE. E TRA I TANTI ARTISTI ESPOSTI, SALENTINI E NON, SPICCANO NOMI DI LIVELLO INTERNAZIONALE, COME GIÒ POMODORO E MEDARDO ROSSO il tacco d’Italia
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Ecce puer. L’opera di Medardo Rosso
“Un museo che renda fruibile ad un vasto pubblico opere d’arte di vario genere è sempre un dono che si fa alla cultura e che aiuta a scoprire le ricchezze di un popolo e di una terra. Il Museo allestito nella sala attigua al santuario di Leuca espone varie opere realizzate in materiali diversi da vari artisti. Potrà contribuire a far ammirare oltre alle stupende bellezze della natura che circondano il santuario anche la bellezza delle opere degli uomini”. Così si esprime Vito De Grisantis, vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, nel catalogo di presentazione del “Museum Vito Mele” di Leuca. Vito Mele è il fondatore e il direttore artistico del museo, della cui Commissione, presieduta da De Grisantis, fanno parte Antonio Bramato, architetto della Sovrintendenza ai B.A.A.A.S. (Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici) di Lecce, Alfredo Mazzotta, scultore, Luciana Palmieri e Angelo Lippo, storici e critici d’arte, e Roberto Quaranta, architetto. Curatore del museo è Mauro De Giosa. Inaugurato nel 2003, il Museum Vito Mele, ospitato in due sale attigue al santuario basilica Madonna di Leuca, recentemente restaurate, è un piccolo gioiello, contenente opere di noti artisti dell’Ottocento ed anche di contemporanei.
le e spirituale al visitatore. Ecco una “Maternità”, in terracotta, opera del 1951, di Gaetano Martinez, oppure “Nives”, in gesso di Eugenio Pellini, “Ecce Puer”, opera del 1906 di Medardo Rosso, uno “Spartaco” di Vincenzo Vela, il “Bimbo che legge”, in bronzo, di Vincenzo Gemito, “Pleureuse”, bronzo di Giuseppe Grandi; e ancora, “Danza macabra”, ferro e acciaio inox, di Salvatore Fiori, “Cartiglio blu”, legno e ferro dipinto di Sergio Floriani, il “Crocefisso” in terracotta e ferro, del 1994 di Fernando Gigante, un’opera Senza titolo, del 1960, di Ezechiele Leandro, la “Corrida” in terracotta colorata di Bruno Maggio, la “Minerva”, un’opera in bronzo di Norman Mommens, uno “Studio per Medaglia” di Giò Pomodoro, “Uomini”, bronzo del 1994 di Dolores Previtali e una “Figura” in terracotta di Vito Russo. Oltre alle sculture, come la “Metamorfosi”, travertino di Cesare Riva, la “Zolla”, bronzo di Silverio Riva, il “Frammento lunare” del 2002 di Armanda Verdirame ed “Equilibrio”, ferro e pietra del 2003, di Salvatore Sava, è in allestimento la pinacoteca che ospiterà i dipinti già a disposizione del Museum. Un’ottima occasione per visitare il museo sarebbe quella della Messa della Notte Santa di Natale che si celebra in basilica e che è una consuetudine immancabile per moltissimi salentini. Usciti dal museo, ci si affaccia sul mare di Leuca, là dove l’Adriatico e lo Jonio si uniscono e sembra che il mare ed il cielo si tocchino, e si affidano a quella immensità le emozioni di una esperienza coinvolgente che l’arte, al pari della fede intensamente vissuta, sanno regalare.
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// Cultura // I grandi di ieri //Giovanni Valente IL POETA CASARANESE GIOVANNI VALENTE, QUASI DIMENTICATO. DI CUI OGGI RIEMERGE UN’ODE CHE GLI STUDIOSI CONSIDERAVANO PERDUTA. IL TACCO PUBBLICA QUEST’INEDITO
di Marco Sarcinella
A
“Andammo ai campi nostri; entrammo insieme nella vigna che fu piantata un giorno/ sotto i tuoi occhi… Io ti seguivo, povero straniero,/ portando in cuore i roditori affanni/ accumulati lungi per molti anni/ col sordo faticar del mio pensiero”. Con questi versi, tratti dalla poesia “Ricordo di primavera”, contenuta nella raccolta “Preludio”, Giovanni Valente si rivolgeva al padre lontano, lasciando trasparire però, la profondità della sua poetica, centrata sull’immagine “decadente” del poeta come individuo isolato e disprezzato, che dal ripiegamento su se stesso, dal rifiuto della società circostante e dall’ascolto del proprio io giunge alla coscienza della propria radicale diversità. L’opera di Valente, pur accolta con favore dalla stampa specializzata dell’epoca è stata poi quasi dimenticata, forse anche a causa di una diffusa opinione che vede in Adele Lupo la sola ed autentica espressione poetica casaranese. Eppure se non si può disconoscere il valore della produzione della Lupo, altrettanto non si può fare nei confronti dell’opera di Valente, il cui messaggio poetico suona ancora fortemente attuale.
Valente nacque a Casarano il 5 ottobre 1883 da Enrico, medico chirurgo, e da Clementina Pio. Ebbe una formazione classica (e ai classici non smetterà mai di ritornare, attraverso una continua rimeditazione), seguì i corsi universitari di Pio Valente, figlio del poeta Medicina, ma si laureò in Giurisprudenza. Prese parte alla grande guerra come ufficiale di complemento dell’artiglieria, distinguendosi per la sua capacità di adattamento alle più disparate situazioni, anche le più difficili. Pio, figlio di Giovanni, ricorda un episodio in cui l’intraprendenza di suo padre emerse in maniera nitida: durante gli scontri con gli austriaci furono portati al fronte alcuni cannoni dalla fortezza di Genova; purtroppo non vennero forniti proiettili adatti, ragion per cui i cannoni non potevano essere utilizzati proficuamente, se non modifi-
L’INEDITO VALENTE:
“GL’IGNORATI; NOI POETI”
candone le tabelle di tiro. Fu proprio Giovanni Valente, forte dei suoi studi di trigonometria, ad avere questa intuizione, generando nei suoi superiori una positiva reazione, tanto che successivamente, nel 1940, gli venne proposto di istruire lui stesso gli ufficiali di complemento dell’artiglieria. Non se ne fece nulla e Valente riprese l’esercizio dell’avvocatura, che portò avanti per oltre 50 anni, non discostandosi mai, però, dalla poesia che sentiva come la sua vera e innata vocazione: poeta “nascitur, oratur fit”, era solito ripetere. Il poeta, cioè, non si può formare, non esistono scuole che preparino e formino poeti (ve ne sono invece per gli oratori), la poesia è un dono che l’individuo che si riscopre poeta ha in sé sin dalla nascita, sin da quando il suo sguardo si posa sulla realtà, con l’intento di svelarne il mistero, di coglierne le strutture immobili e in temporali. Giovanni Valente guardava soprattutto alla tradizione della poesia “decadente” italiana, in particolare a Giovanni Pascoli. Come i decadenti, anche Valente coltivava una visione amara, segnata da un cupo senso di stanchezza e di sfiducia nell’agire umano. Questa dolorosa presa di coscienza faceva sì che il poeta si sentisse uno sradicato, un estraneo rispetto al mondo circostante e ai suoi valori dominanti - attività, produzione, profitto – ma al tempo stesso portatore di una nuova luce, di una nuova istanza trasformatrice della realtà, che gli veniva dalle sue continue fughe in mondi dove poteva trovare posto ciò che si opponeva alla routine e alla monotonia del dato reale. La poesia era per Valente un’occasione di rinascita, a lei ascriveva una fondamentale funzione rigeneratrice dell’uomo, in un mondo sempre più chiuso nelle sue ferree logiche del dato oggettivo il tacco d’Italia
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e del fare che trionfa sull’essere. Questa funzione rigeneratrice dell’atto poetico è, forse, il messaggio più profondo che anima l’intera produzione del poeta casaranese, e che rifulge in un componimento di rara bellezza come “Ai poeti sconosciuti”: “Noi siamo gl’ignorati; noi, poeti/ che passammo le veglie nel delirio/ di esprimere l’idea… Soli ora siamo, nel silenzio vuoto;/ in fondo all’occhio oscuro arde fatale/ il sogno inestinguibile che quale /lo creammo restò vivo ed ignoto./ Ahi! Non sapemmo in una forma sculta/ fermar l’idea ma, vaga, triste, incerta,/ sperduta in fondo all’anima deserta/ alimentammo una visione occulta”.
PRELUDIO E ADDIO Quasi tutta la produzione di Giovanni Valente è contenuta nei due volumetti “Preludio” e “Le rime dell’addio”; ma bisogna ricordare anche i versi di una romanza di Luigi Preite che Valente firmò con lo pseudonimo “Ennio Valten”, il carteggio per un libretto d’opera con il noto musicista Ildebrando Pizzetti e un’ode dedicata agli eroici marinai russi e alla loro opera di salvataggio in favore della popolazione di Messina, colpita nel 1908 da un violento terremoto. L’ode per lungo tempo è stata ritenuta perduta e poi è inaspettatamente riemersa.
IL PUBBLICO E IL PRIVATO Se Giovanni Valente coltivò in poesia e nel profondo del suo animo i motivi e le visioni proprie dell’atmosfera decadente, lo stesso non si può dire della sua vita pubblica, che fu spesa tra la pratica forense, l’assolvimento del compito di vice-pretore in patria dal 1918, e le amicizie colte di cui si circondò, come quelle con i famo-
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si letterati Michele Saponaro, Luigi Corvaglia, Paolo Falcicchia e Michele De Pietro che pronunciò l’elogio funebre in occasione della sua morte sopraggiunta il 27 aprile 1959. Il figlio Pio lo ricorda come un buon padre di famiglia, flessibile nell’educazione dei figli e al tempo stesso dotato di una buona dose di imprevedibilità nelle scelte e nei comportamenti. A noi rimane l’immagine di un uomo capace di addentrarsi nelle profondità dell’animo, di perdersi negli abissi dell’ineffabile e dell’inconoscibile “per trovarvi del nuovo”, per portare ai suoi simili uno scintillio di eternità.
AI mARINARI RUSSI LODE AD OGGI INEDITA Vittorio Zacchino, nel libro I casaranesi, parla di quest’ode come di una composizione andata perduta. Il figlio Pio, ci ha dato il grande onore di farci visionare l’originale.Dall’originale autografo l’abbiamo ricopiata e il Tacco la pubblica qui per i suoi lettori. L’ode fu composta dopo che la regina Elena, moglie di Vittorio Emanuele III, si recò a Messina a portare conforto alla popolazione provata dal terremoto Chi vi pensava, o prodi, nella orrenda Strage del nostro sangue, intenti, e proni All’opra santa! -Ahi, non d’Italia attenda Il bacio chi ai tiranni resse i troni! Splendeva Reggio laboriosa e bella a Messina Non era informe rogo, Quando il naviglio vostro la rubella Ira affondò del forte invitto TagoNé fu per Voi d’Italia l’augurale Voto. Eravate i forti: e l’alto grido Nostro vi giunse anatema fatale Condanna bieca, sul lontano lidi. Or siete nostri -Oh, santità suprema Del dolore che unisce la falange Umana, se un fratello nella estrema, ora tragica chiama e prega e piange. Perdono, o marinai! -Noi dalle steppe Gelide udimmo ansiosamente il grande Rombo del vostro popolo che seppe Il servaggio dolente; e ancor si spende L’eco fra noi, che per la vostra aurora, leviamo gl’inni, per l’aurora bella che affin sorride agli occhi vostri e indora i vostri cieli di luce novella! Santificate voi l’alba sublime Di vostra gente, o prodi, qui con noi. Issate delle navi su le cime Il vessillo dei mari incliti eroiIl vessillo d’amore ondeggi ai venti Quando risolcherete i vostri mari: dinanzi ai nuovi popoli ridenti spiegatelo, approdando, o marinai! Dite il vostro dolore, la rovina Delle città fumanti in riva al mare: dite, nell’altrui duol, com’è divina la gioia di soccorrere e d’amare. Gennaio 1909
//Cultura //Personaggi //Giuseppe Padovano
IERI BRERA. OGGI “PREFERISCO L’ALBA”
S
di Laura Leuzzi
Se non piove, lo vedi aggirarsi per il centro di Casarano a bordo di una Lambretta anni ’60 celeste e bianca. Con i (pochi) capelli al vento ed il sorriso sulle labbra. Giuseppe Padovano è un artista vero. Ha 58 anni (è nato il 20 marzo 1947; il giorno del passaggio - secondo lui è un segno del destino - dai Pesci all’Ariete) e fa arte da quando ne aveva cinque. La passione l’ha sempre avuta, anche se la sua famiglia, mamma e papà contadini e tre sorelle più piccole, credeva che gli sarebbe passata, prima o poi. Da bambino dipingeva fiori, soprattutto, e poi li regalava agli amici. Il suo sogno era diventare un artista affermato. Oggi Padovano, circa 700 quadri alle spalle, è l’esempio che di arte si può anche vivere, se solo ci credi un po’. Tanto forte è stata la sua convinzione, che tutti i suoi cari, tra amici e parenti, hanno finito per appoggiarla. Per lui l’arte è una missione e all’artista spetta il compito di raccontare la verità agli uomini: lui riesce, più degli altri, quasi come un profeta, a cogliere il linguaggio della natura e di Dio, e a tramandarlo all’umanità intera. E se le ricchezze muoiono, l’arte resiste al tempo e alle mode e rende immortali. Le giornate di Padovano trascorrono nella serenità della sua casa e del suo studio sulle
ALLA CONTINUA RICERCA DEL NUOVO, MA GUARDANDO ALLA REALTÀ E ALLA TRADIZIONE. GIUSEPPE PADOVANO, 700 QUADRI ALL’ATTIVO, È UN ARTISTA NEOREALISTA. CON IL COMPITO DI SVELARE LA VERITÀ ALLA GENTE il tacco d’Italia
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LA VITA, LO STILE, I PENSIERI DI GIUSEPPE PADOVANO, “IL PIÙ CONTADINO TRA GLI ARTISTI” collinette del Manfio (un vero studio d’artista, con tele e cornici appoggiate alle pareti, colori sparsi sul pavimento e sui tavoli, libri di ogni tipo disposti, uno sull’altro, sugli scaffali), e poi a spasso tra le vie di Casarano. Sua città natale, come ama ripetere, ma non sua patria, “perché – dice – la patria di un vero artista è il mondo intero”. E così, la mattina, sveglia presto, colazione al bar del centro, e poi un giro in piazza Diaz. “In piazza e per strada vendo i miei quadri. La mia è una galleria all’aperto ed io devo pur vivere. E per farlo ho bisogno di stare con la gente, stringere rapporti, fare conoscenze. Ma appena posso – spiega – amo ritornare alla quiete delle colline, dove l’aria è fresca e puoi respirarla a pieni polmoni. Dove il silenzio ti avvolge e tu non ti senti solo, perché sei immerso nella natura. Non si può essere più contadini di me; io la terra ce l’ho nel sangue; me l’hanno trasmessa i miei genitori”. E la terra, con i suoi colori e i suoi profumi, gli basta. “Bisogna apprezzare la vita, l’arte, l’amore, i paesaggi – spiega -. A me piace moltissimo l’alba, ad esempio. Che è come il tramonto, perché i colori sono quasi uguali. Ma all’alba il sole nasce e, con lui, una nuova giornata. E, allora, hai il tempo per sperare. Questa è la bellezza della vita”. E a Padovano piace godersela. “Ho dovuto rubare le olive a mio padre per comprare i colori e dipingere – ricorda -. Ed ora non posso che dire grazie per quello che ho. Quando è faticato, il lavoro è ancora più bello”. Per definire la sua arte, dice “Faccio il
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“Nudo di donna”, 2000
Neorealismo”. E poi spiega che “il Neorealismo è una pittura nuova ma, nello stesso tempo, ancorata alla realtà”. La pittura di Giuseppe Padovano guarda a Renato Guttuso e al Pablo Picasso dei periodi blu e rosa e trova il suo significato nel continuo contatto con le persone. L’arte, per lui, deve comunicare qualcosa all’umanità. E dev’essere chiara, perché la gente, quanta più gente possibile, possa coglierne il messaggio. Soggetti delle sue opere sono i fiori, i paesaggi, le nature morte. “Questo – spiega - è il periodo dei fiori. Per fare una pittura come la mia – continua - bisogna prendere un po’ dappertutto. Nella mia pittura c’è un misto di stili”. Il primo maestro di Padovano è il realista Otto Braschler, suo docente di pittura a Coira, nel Linchtenstein, dove lui si trasferisce, da Casarano, appena sedicenne, una volta conseguita la licenza media. Braschler è amico dello scultore Giacomo Manzù, che ha studiato a Parigi, e di Alberto Giacometti, che è già artista affermato. Il “Ritratto di Giuseppe Padovano” da lui realizzato a cera per l’allievo nel 1970 è un tipico esempio di pittura impressionista. E a quest’opera Padovano guarderà per il suo autoritratto, steso con tocchi piccoli e veloci e ancorato saldamente al figurativo.
Ottenuto il diploma presso la scuola di Coira, Padovano si iscrive all’Accademia di Brera, a Milano. “A Milano si stava bene, tranne che per la nebbia – ricorda -. Io ero abituato a svegliarmi alle sei del mattino, quando tutti ancora dormivano. Col tempo ho iniziato ad adattarmi alla vita della città e a prenderne i ritmi. Milano è bella, per la cultura, per l’arte, per tutto. Anche la Svizzera sembra troppo tranquilla in confronto”. A Milano, in quegli anni, si respira l’Europa. Si respirano le contestazioni, i movimenti studenteschi, le avanguardie artistiche. E lui riesce a stringere contatti con molti grandi del panorama culturale. Come Enzo Cucchi, ad esempio, del movimento Transvanguardia, Nicola De Maria e Alì Cavaliere, grande amico di Dario Fo, già tutti docenti a Brera. La sua arte risente gradualmente dell’influenza astratta, sotto gli insegnamenti di Guido Ballo, esponente del Futurismo e suo maestro di pittura all’Accademia. Ma Ballo ritiene che l’arte debba essere sperimentazione ad ogni costo, mentre, secondo Padovano, è così solo in parte, perchè non bisogna perdere di vista le proprie tradizioni. La vera arte secondo lui è quella che si rinnova sulla base di un ceppo già esistente. “Come quella di De Chirico – ad esempio - che ha saputo innovare ma sulla base di una tradizione sempre italiana”. “L’attesa”, 1983
DURANTE GLI ANNI A BRERA, PADOVANO STRINGE AMICIZIA CON ARTISTI CON I QUALI SCAMBIA OPERE D’ARTE. E COSÌ, OGGI, CONSERVA NEL SUO STUDIO SCHIFANO, VAN DYCK, DE GRADA, TRECCANI, MANDELLO, BRASCHLER, PURIFICATO, CHAGALL, DALÌ, MORLOTTI, HARTUNG, GIACOMETTI
“Ragazze a cavallo”, 2000
A Brera i suoi maestri sono Domenico Purificato, Francesco Messina, Luciano Minguzzi. “Anche se erano miei docenti – racconta – avevano nei miei confronti un riguardo particolare. Forse perché sono sempre stato un tipo passionale. La sera ci vedevamo negli studi d’arte – continua - oppure andavamo a cena insieme. Ci confrontavamo sulle tendenze da seguire. Respiravamo cultura”. Dalle frequentazioni anche con Raffaele De Grada suo docente all’Accademia, col quale fonderà la rivista culturale “Arts”, scaturiscono scambi di opere d’arte. Così oggi Padovano può vantare una collezione di tutto rispetto che raccoglie cinque tele di Mario Schifano, una di Anton Van Dyck, un acquerello di De Grada e numerosi altri pezzi, tra litografie, serigrafie e disegni, di Ernesto Treccani, Arno Mandello, Otto Braschler, Domenico Purificato, Marc Chagall, Salvador Dalì, Ennio Morlotti, Hans Hartung, Alberto Giacometti. La sua produzione è intanto ritornata al figurativo. Ma con i colori, molto vivaci, stesi a larghe campiture, che richiamano l’Espressionismo di Matisse e Derain. Ma rivisitato, ovviamente. “Perché - come sostiene il nostro – è giusto guardarsi intorno, ma per scegliere la propria strada”.
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//Paese che vai //Lecce e dintorni
IL “GARIBALDI”
di Vittorio De Luca
CONTESO
CONFINDUSTRIA NE FAREBBE UN CONTENITORE CULTURALE APERTO ALLA CITTÀ. GLI STUDENTI NON CI STANNO. PERCHÉ LA REGIONE HA GIÀ DATO DUE MILIARDI E MEZZO DI LIRE PER FARE 72 ALLOGGI PER UNIVERSITARI MERITEVOLI E POCO ABBIENTI. MA NON SONO BASTATI ono disposti ad investire fino a cinque milioni Sun contenitore di euro per il suo completo recupero per farne di eventi artistici e una culla per un “club dell’eccellenza”, ovvero un luogo di ricerca per docenti e studenti, non solo la sede di Confindustria Lecce. Ma sul loro percorso gli imprenditori leccesi si son dovuti scontrare con un imprevisto: l’istituto Garibaldi è nel bel centro di un turbinio di lettere, carte e proteste tra l’amministrazione del Comune di Lecce, gli studenti dell’Università e l’opposizione comunale. Iniziamo dalle origini. 1996: l’amministrazione comunale (giunta Salvemini. Il progetto fu seguito da Loredana Capone), chiese ed ottenne dalla Regione oltre due miliardi e mezzo di lire per il recupero e la ristrutturazione dell’istituto, per farne una residenza universitaria da 72 posti letto. Il parere della soprintendenza (nel 1996) era favorevole al progetto. Iniziarono i lavori, che finirono con l’esaurirsi dei soldi. Il Garibaldi è perciò da tempo in disuso. Qualche settimana fa la sindaca Poli ha riferito nel corso di una riunione con i rappresentanti studenteschi che “l’attuale responsabile della soprintendenza (Tomaioli) sostiene che non sia il caso di inserire nel Garibaldi tramezzature o soppalchi (eliminati dai lavori di recupero”. Questo dettaglio, secondo gli studenti, non è stato chiarito con una relazione messa per iscritto dalla soprintendenza. Sulla base delle dichiarazioni dell’attuale responsabile della soprintendenza, poi, (dichiarazioni non seguite da una relazione scritta, sempre secondo gli studenti), i posti letto passerebbero da 72 a 40. La sindaca Poli ha dichiarato agli studenti di aver fatto richiesta di ulteriori fondi, per il completamento dell’opera. Ma gli studenti ancora una volta non trovano riscontro nelle carte. In consiglio comunale, riferisce Carlo Benincasa (consigliere Ds), Adriana Poli ha dichiarato che sarebbe stato un delitto destinare il Garibaldi agli studenti universitari. L’immobile (di rilevanza storica ed artistica) secondo la prima cittadina meritava altro, magari destinarlo alla stessa Soprintendenza. Sui giornali appare la notizia che il Comune di Lecce starebbe destinando il Garibaldi a Confindustria Lecce. Le dichiarazioni sono virgolettate a nome dell’assessore Ennio De Leo. Il giorno dopo la stampa pubblica i ringraziamenti
LA VERA STORIA DELL’ISTITUTO GARIBALDI, SCOPERTO DA SALVEMINI, DIMENTICATO DALLA POLI, CORTEGGIATO DA CONFINDUSTRIA, PRETESO DAGLI STUDENTI Marco Cataldo
di Confindustria ed il tipo di accordo tra Ente ed Associazione. Confindustria sarebbe disposta a completare i lavori, in cambio di un contratto di comodato d’uso di lunga durata. La notizia viene smentita dalla Poli nei giorni successivi ed invita le associazioni a discuterne intorno ad un tavolo. All’incontro prendono parte le associazioni universitarie: Udu, Nuovi ingranaggi, Progetto Universitas, La sveglia, Azione universitaria. La Poli dichiara, che avrebbe fatto richiesta di finanziamento a Lomelo (assessore al diritto allo studio della Regione Puglia) per completare i lavori del Garibaldi. A questo punto il Sindaco inizia a dare dei numeri: 1. i posti letto passerebbero da 72 a 40, in seguito alle dichiarazioni del nuovo responsabile della soprintendenza (Tomaioli); 2. la stima per concludere i lavori è pari ad ulteriori 4-5 milioni di euro. Anche in questo caso, pare non ci siano carte che giustificherebbero le cifre. 3. la Poli esce dalla riunione con gli studenti e dichiara alla stampa che servono altri 10 milioni di euro (il doppio di quanto detto agli studenti) per fare 40 posti. UDU: “ IN DIECI ANNI DI POLI NON UN POSTO LETTO IN PIÙ” “A Lecce sono presenti solo 300 posti letto
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pubblici. Il mercato privato (in nero) degli affitti – dice Marco Cataldo, rappresentante dell’associazione universitaria Udu, ha il monopolio sull’affare studenti fuori sede. Oggi si stimano 6mila studenti fuori sede che pagano in media 150 euro al mese (per posto letto), moltiplicato per 10 mesi, fanno nove milioni di euro che alimentano, sebbene in nero, l’economia della città. Invece dopo 10 anni di amministrazione Poli, non si è visto nemmeno un posto letto in più. Ciliegina sulla torta: con il “PRU di S. Pio”, progetto di riqualificazione della zona S. Pio verranno costruiti alloggi per studenti ed anziani, ma saranno gestiti da privati. Quindi ancora niente diritto allo studio, niente posti letto per studenti meritevoli e privi di mezzi”. CONFINDUSTRIA: VOGLIAMO RIQUALIFICARE IL TESSUTO URBANO “Non è nostra intenzione alimentare polemiche – afferma Piero Montinari. Serve un nuovo contenitore che si apra al territorio, affinché alimentando nella nostra sede la cultura, l’innovazione, la ricerca, possiamo contribuire ad attrarre investimenti”. “Abbiamo al vaglio un ventaglio di ipotesi – spiega Antonio Corvino, direttore dell’associazione – e il ‘Garibaldi’ è una di queste. Saremmo in grado si concludere i lavori di recupero entro due anni. Sarebbe un contributo per riqualificare il tessuto urbano”.
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//Paese che vai //Casarano e dintorni
CASA mIA, CASA mIA
OTTICA - OPTOMETRIA - CONTATTOLOGIA Piazza A. Diaz, 21 - Casarano Tel. 0833 512868
TEMPESTA DI POLEMICHE E PIOGGIA DI ATTI DI LIQUIDAZIONE ICI. ABBIAMO CERCATO DI CAPIRE PERCHÉ di Enzo Schiavano
“Anagrafe immobiliare fiscale”. Così è definita la banca dati che il Comune di Casarano ha predisposto per contrastare l’evasione di Ici e Tarsu, le maggiori tasse comunali. Era il marzo del 2004 e la giunta municipale, con la delibera numero 73/2004, aveva dato mandato a Lucia Giuri, responsabile dell’Ufficio Tributi, di valutare la proposta della “Data Management S.r.l.” di Milano. La società lombarda aveva presentato un progetto che prevedeva la consulenza e l’assistenza per l’attivazione della Convenzione con l’Agenzia del Territorio per la bonifica dei dati catastali; la digitalizzazione e il caricamento nelle banche dati del Catasto terreni del Comune di Casarano; la gestione dello Strumento urbanistico generale; l’individuazione delle aree fabbricabili ai fini Ici a partire dall’anno d’imposta 2001.
L’AIF (ANAGRAFE IMMOBILIARE FISCALE) CHE INCROCIA DATI DI VARIA NATURA LEGATI AL CATASTO NON HA EVITATO ERRORI NEGLI ACCERTAMENTI DELL’IMPOSTA ICI RELATIVI AD AREE FABBRICABILI
In seguito, la dirigente dell’ufficio comunale, con proprio provvedimento, ha incaricato la società di realizzare l’Aif (Anagrafe immobiliare fiscale), circoscritto nella prima fase alle sole aree fabbricabili. Si tratta di un elaborato che incrocia i dati del Prg, quelli del Pdf e quelli aereofotogrammetrici legati al catasto. Nonostante questo prezioso strumento, nelle ultime settimane dell’anno scorso diversi contribuenti si sono visti recapitare accertamenti dell’imposta Ici, relativi alle aree fabbricabili, che non si ha difficoltà a definire “esilaranti”. Qualche clamoroso esempio. Una signora ha ricevuto la richiesta di pagare l’Ici per l’anno 2001 per un terreno venduto da circa vent’anni. Ad un’altra contribuente è stato notificato un avviso di accertamento per un terreno di cui non solo non è più proprietaria (il terreno è stato venduto circa trent’anni fa), ma sul quale da diverso tempo è costruita una scuola. E poi i proprietari delle aree di tipologia “E1” (Aree per la legge 167) che hanno ricevuto, per terreni che loro considerano agricoli, avvisi di pagamento per svariate migliaia di euro, sui quali l’amministrazione comunale è stata costretta ad intervenire, sospendendo gli effetti per 120 giorni in attesa di chiarire le varie situazioni. E, ancora, le decine di situazioni di giardini di pertinenza della case, occlusi dai fabbricati, classificati come aree fabbricabili, che implica una differenza di valore non indifferente e quindi anche di imposta. La domanda è: la “San Marco spa”, la società che dal maggio 2006 gestisce le entrate tributarie del Comune di Casarano e che ha gestito la notifica degli accertamenti, era in possesso dell’Anagrafe immobiliare fiscale oppure questa banca dati si è rivelata una sorta di patacca costata 50mila euro ai contribuenti casaranesi? “Alla San Marco – ha risposto Gabriele Caputo, assessore al Bilancio – sono stati consegnati i files contenenti l’estrazione delle aree fabbricabili e la loro valorizzazione ai fini Ici”. Il vice sindaco ha cercato di dare una spiegazione anche a quei cittadini che hanno ricevuto atti relativi a terreni non più di proprietà. “Nei dati messi a disposizione alla concessio-
LA BANCA DATI ICI DELLA “SOBARIT”, PRECEDENTE GESTORE DELLE ENTRATE TRIBUTARIE DEL COMUNE, È STATA MESSA A DISPOSIZIONE DELLA “SAN MARCO”, NUOVO GESTORE.
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naria San Marco – spiega Caputo – provenienti dall’anagrafe immobiliare fiscale, una parte fondamentale è ricoperta da quelli provenienti dall’Agenzia del territorio (Catasto) nello specifico parliamo del Catasto dei terreni. È evidente – prosegue l’assessore – che la presenza di dati non corretti imputabile all’agenzia stessa e relativi ai frazionamenti e ai passaggi di proprietà ha creato situazioni anomale. Come nel caso di lotti di terreno ceduti con regolare atto notarile più di 15-20 anni fa, su cui non risulta la voltura dell’intestazione, o come terreni espropriati anche parzialmente per pubblica utilità che risultano ancora di piena proprietà. A questo si aggiungono anche casi in cui sono i proprietari dei terreni che non hanno provveduto alla soppressione delle particelle, nel momento in cui si provvedeva all’accatastamento dell’abitazione. Queste ed altre situazioni possono considerarsi alla base dei principali problemi riscontrati”. Il precedente gestore delle entrate tributarie del Comune, la “Sobarit”, aveva creato una banca dati Ici che si è rivelata preziosa. Durante le prime operazioni di recupero dell’evasione Ici, che riguardavano gli anni d’imposta 1998 e 1999, diversi contribuenti segnalarono al concessionario anomalie ed errori riscontrati negli avvisi di accertamento ricevuti. Gli operatori della “Sobarit”, una volta verificato l’errore, aggiornavano l’archivio telematico e assicuravano ai preoccupati contribuenti che, per gli anni seguenti, non avrebbero ricevuto accertamenti “perché la situazione era stata regolarizzata”. Con il cambio del concessionario, però, le medesime situazioni si sono ripetute: atti impositivi errati e conseguenti disagi per i cittadini. La banca dati della “Sobarit”, che aveva corretto gli errori e regolarizzato le situazioni previste dal Regolamento comunale per l’applicazione dell’imposta sull’Ici, con la nuova convenzione è stata messa a disposizione della “San Marco”. Ma è stata effettivamente utilizzata dal nuovo
concessionario per predisporre i nuovi accertamenti? “Sono atti di liquidazione e non avvisi di accertamento”, precisano dall’Ufficio Tributi. “Gli avvisi di liquidazione sono atti che fanno riferimento a situazioni immobiliari presenti in banca dati Ici (ex dati Sobarit) – spiega Caputo – nello specifico possiamo quantificare in circa 500 atti l’emissione di questa tipologia, relativa al solo anno 2004. Lo scopo del concessionario era quello di verificare l’attendibilità della banca dati stessa, per questo motivo gli atti inviati comprendono diverse casistiche che vanno dall’immobile in uso gratuito al figlio, agli immobili ubicati nel centro storico, al tardivo versamento ed il parziale versamento. La scelta di inviare un campione contenuto sotto l’aspetto dei numeri ma rilevante sotto l’aspetto delle casistiche – precisa l’assessore – è volto a creare, nel caso in cui ci siano delle situazioni anomale, il minor disagio possibile ma contestualmente consente di individuare quali sono le situazioni su cui intervenire”. Palazzo dei Domenicani ha precisato che si tratta di avvisi di liquidazione e non di accertamenti. Per il cittadino cambia poco: sono sempre “carte” che obbligano a pagare.
“ALL’AmBIENTE
CI PENSO IO” Oggi il Salento ha il suo “uomo verde ufficiale”. Si tratta di Raffaele Parisi. Nell’anno 2006, infatti, grazie agli impianti di energia rinnovabile installati nel Salento, l’azienda Servizicasa con sedi a Gallipoli e Casarano ha fatto risparmiare al pianeta ben 2.120 tonnellate di petrolio, meritandosi l’attestato di “specialista del risparmio energetico” rilasciato dall’Autorità per l’energia e il gas.
UN TUFFO DOVE L’ACQUA è PIù COLORATA Casarano. Il gioco più ambito è la vasca con le palline colorate, dove ti puoi tuffare come in mare aperto. Ma anche la ruota gonfiabile non è niente male. E’ stata davvero una bella sorpresa quella che i bambini della scuola materna in viale Stazione hanno trovato al rientro dalle vacanze di Natale. Babbo Natale–Remigio ha ascoltato la loro richiesta di giochi e l’ha esaudita, lasciando i regali in Comune e al sindaco Venuti l’incarico di recapitarli ai destinatari. Ma un altro regalo i bambini se lo sono fatto da soli, organizzando, poco prima delle vacanze natalizie, un mercatino per raccogliere fondi da sfruttare per dare un nuovo look alla propria scuola. Con i 1200 euro raccolti hanno ordinato divani e poltrone, ma anche pouf, tappeti, e altri giochi come dondoli e biciclette. Questi ancora non sono arrivati, ma l’atrio una volta così spoglio ha già un volto diverso. Colorato, allegro. Proprio come i sorrisi dei bambini.
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//Paese che vai //Galatina e dintorni
UN PACS
IN AVANTI
di Margherita Tomacelli
Sandra Antonica, sindaca di Galatina, propone un registro delle convivenze non matrimoniali. Il primo nel sud Italia. Ed è polemica e numerose e-mail che ha ricevuto negli ultimi giorni la invitano a non fermarsi e, anzi, ad andare avanti senza neppure presentare la propria proposta al consiglio comunale. Da sindaca, ne avrebbe piene facoltà; le basterebbe emanare un ordine di servizio. Lei è convinta che la politica passi attraverso scelte che modificano le coscienze e, per questa ragione, intende aprire il dibattito il più possibile, per sensibilizzare, per chiamare tutti a riflettere. E allora vuole portare le sue idee in consiglio per comunicarle, per vincere l’ipocrisia, per garantire la crescita sociale. Ma, dice, non si fermerà davanti ad un “no” dell’assise comunale. La proposta di Sandra Antonica, prima cittadina di Galatina, di creare un albo delle convivenze non matrimoniali sul territorio comunale, ha fatto scalpore. C’è chi, come Saverio Congedo, consigliere regionale di An, ha definito l’iniziativa “l’anticamera dei pacs e dei diritti alle coppie omosessuali”, ed ha parlato di “deriva laicistica e zapateriana dell’estrema sinistra” (Corriere del Mezzogiorno, 19 gennaio 2007, p.5). Lei ribatte che poco importa che si tratti di coppie omosessuali o meno. E che un registro del genere è previsto da più di 50 anni. La legge 1228 del 1954, infatti, “Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente”, prevedeva già, all’articolo 1, che nell’anagrafe della popolazione residente in ogni Comune venissero registrate “le posizioni relative alle singole persone, alle famiglie ed alle convivenze”. Il regolamento attuativo della legge emanato nel 1989 dal presidente della Repubblica chiariva inoltre, all’articolo 4, che per famiglia si intendono persone che coabitano e che sono legate da vincolo di matrimonio, di parentela, di affinità e anche da vincoli affettivi. Noi abbiamo incontrato Sandra Antonica e le abbiamo chiesto come ha maturato l’iniziativa e come si spiega tutto il rumore che essa ha suscitato. La sua risposta è stata: “L’ipocrisia è diffusa”.
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L’ALBO DELLE FAMIGLIE DI FATTO È PREVISTO DA UNA LEGGE CHE HA PIÙ DI 50 ANNI. IL CONCETTO DI LEGAME FAMILIARE LEGATO ALLA CONVIVENZA, MA NON AL MATRIMONIO, È NELLA COSTITUZIONE ITALIANA. EPPURE L’INIZIATIVA DELLA PRIMA CITTADINA DI GALATINA HA FATTO RUMORE. LEI SE LO SPIEGA CON L’IPOCRISIA DIFFUSA Sindaca, come mai la sua proposta di un registro per le convivenze non matrimoniali ha suscitato così tanto scalpore, se era già previsto per legge da più di 50 anni? “E’ tutta colpa dell’ipocrisia. Il registro è solo una questione formale. Se una donna vive sola con tre figli, perché non dobbiamo tutelarla? Ed è un dovere del Comune fare di tutto perché questo avvenga”. Il movimento “Galatina altra” le ha chiesto, in
Orgoglio gay. La manifestazione a Bari
una lettera, di non convocare il consiglio e di procedere per la sua strada. Perché lei vuole proporre la sua idea all’assise comunale anche se non ce ne sarebbe bisogno? “Basterebbe un ordine di servizio del sindaco, senza la convocazione del consiglio comunale (mentre andiamo in stampa, la data del consiglio non è ancora stata fissata, ndr) ma io voglio comunque sottoporre all’attenzione di tutti una questione così importante. E’ necessario istituzionalizzare politicamente il registro delle famiglie anagrafiche. La viabilità, il traffico, l’arredo urbano sono normale amministrazione. Ma la politica passa attraverso scelte che modificano le coscienze”. Se il consiglio rifiuterà la sua proposta, come
si comporterà e come leggerà, politicamente, questa risposta? “Andrò avanti comunque. Ho l’obbligo di farlo, per riconoscere dei diritti sanciti dalla Costituzione. Non sono scelte di una parte politica o di un’altra, sono scelte di civiltà”. Ha già avuto dei riscontri relativamente alla sua proposta? “Ho ricevuto moltissime e-mail di ringraziamento e di appoggio”. Conosce altre realtà in Italia in cui l’albo esiste già? “Padova è stata la prima città in Italia. Credo che nel sud Italia non ce ne siano. Ancora”.
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//Paese che vai //Gallipoli e dintorni
NEL NOmE
DEL PADRE
OGNI DUE ANNI, IL PREMIO COPPOLA VA AI MEDICI CHE SI SONO DISTINTI DAL PUNTO DI VISTA SOCIALE ED ANTROPOLOGICO
rende il nome dal medico gallipolino che ebbe il merito di creare, nell’immediato dopoguerra, la divisione di Ostetricia e Ginecologia, prima in Puglia, presso l’ospedale della città ionica. Si tratta del “Premio Luigi Coppola” istituito nel 1997 dalla famiglia del medico ed organizzato, ogni due anni dalla Pro Loco di Gallipoli per premiare scienziati che si siano distinti nella Medicina e nella Biologia sotto l’aspetto sociale ed antropologico. Quest’anno l’evento si è svolto il 19 gennaio presso il teatro Politeama Greco di Lecce, con la conduzione di Daniela Bocchi e il concerto finale a cura della Camerata musicale salentina, nell’ambito di un intero week-end clinico promosso da Lamberto Coppola, uno dei figli di Luigi e noto fisiopatologo della riproduzione. I riconoscimenti sono stati assegnati a Silvio Garattini “per l’alto contributo offerto alla scienza medica italiana ed internazionale” e ad Aldo Isidori “uno dei padri storici della andrologia mondiale”. Oltre ai due luminari sono stati premiati anche Unitask (Unione italiana sindrome di Klinefelter onlus) “per lo sforzo che questi pazienti hanno dimostrato nell’ufficializzare la loro patologia genetica al servizio della scienza” e il sito internet clicmedicina.it, periodico on line e portale medico, “per la capacità di diffondere notizie scientifiche con razionalità e coscienza”. Premio speciale a Giorgia Vitiello De Angelis, una “mamma coraggio”, che è riuscita a vincere il tumore al seno che l’aveva colpita e a dare alla luce una bambina da un embrione congelato sei anni prima. Noi l’abbiamo incontrata e ci siamo fatti raccontare che cosa ha significato poter diventare mamma dopo la malattia. Lei ci ha spiegato che la forza per superare gli ostacoli l’ha trovata proprio nel pensiero di poter avere dei figli.
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Giorgia Vitiello De Angelis
Lei ha sconfitto un grave male ed è da pochi mesi diventata mamma della piccola Gaia. Che speranze ha oggi una donna che si ammala di tumore di procreare? “Con la Legge 40 attualmente in vigore le speranze si sono drasticamente ridotte. Prima era possibile per una donna congelare embrioni prima di sottoporsi ad una terapia antitumorale ma oggi non è più così. E se ti ammali, ti operi, ti sottoponi a radioterapia e chemioterapia le speranze di diventare mamma sono scarse. Naturalmente il tumore non guarda in faccia chi colpisce e, dunque, questo problema riguarda anche donne molto giovani, alle quali si nega, in tal modo, la possibilità di una maternità”. Quanto ha influito, nella sua guarigione, la speranza di diventare madre? “L’input che mi ha reso forte, per combattere il male che mi ha colpito è stata proprio l’i-
dea di voler mettere al mondo dei bambini. Come le mamme combattono perché hanno dei figli da portare avanti, io combattevo per realizzare il mio progetto. Telefonavo costantemente all’European Hospital di Roma dove erano custoditi gli embrioni e chiedevo alla biologa come stavano, come se fossero già dei figli. Una volta guarita, mi sono subito affidata al Centro Tecnomed di Nardò per il trattamento necessario per impiantare l’embrione”. Che cosa significa per lei sapere che ci sono altri embrioni ancora non utilizzati? “Quando è nata Gaia, ho realizzato un progetto; ma ci sono altri tre embrioni, quindi per me è ancora possibile un progetto futuro. E questo mi fa pensare che devo stare bene, perché loro mi aspettano. Io ho 42 anni ed il carcinoma al seno può, come tutti i tumori, essere recidivo. Però pensare a quegli embrioni mi fa sperare”.
il tacco d’Italia
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SCIENZIATI. MA, SOPRATTUTTO, UOMINI. E DONNE. QUEST’ANNO SONO STATI PREMIATI I MEDICI SILVIO GARATTINI ED ALDO ISIDORI, L’ASSOCIAZIONE UNITASK, IL PORTALE WWW.CLICMEDICINA.IT E GIORGIA VITIELLO DE ANGELIS, UNA “MAMMA CORAGGIO”
HO ImPARATO
DA LEI
Lamberto Coppola Professore, quanto i gallipolini sono affezionati al Premio Coppola? “Credo che siano molto affezionati perché sono dieci anni, ormai, che il premio esiste. Inoltre, questo è iniziato come un premi destinato all’ambiente medico e, col tempo, si è trasformato diventando un premio per tutti. Quest’anno, ad esempio, è stato premiato il coraggio di Giorgia Vitiello De Angelis che ha vinto la malattia per il grande desiderio di diventare madre”. Quest’anno il premio si è tenuto al Politeama greco di Lecce. Era la prima volta che si abbandonava la location di Gallipoli? “Quest’anno si è svolto a Lecce perché è rientrato nell’ambito di un interno week end dedicato alla medicina. Ma non era la prima volta che si spostava da Gallipoli. Nel 2005, si è infatti tenuto a Bologna”. Che emozione le ha dato, come medico e come uomo, raggiungere un risultato positivo nella cura della signora Vitiello De Angelis? “Per me è stato un successo grandissimo. Nel corso della mia carriera ne ho avuti tanti. Ma questo ha avuto un sapore particolare. Perché è stata lei a colpirmi, per la semplicità con cui si è affidata a me e mi ha detto di non volersi arrendere; per la determinazione con cui si è sottoposta alla terapia. Io conservo la foto di Gaia, la sua bambina, sulla mia scrivania, accanto alle foto dei miei figli. Era Giorgia ad incoraggiarmi, nei miei momenti di sconforto; un medico è spesso dubbioso, ha spesso paura di fare del male al proprio paziente o di illuderlo. Lei mi aiutato molto. Oggi siamo grandi amici”. Quindi lei, da medico, può dire che una malattia si può vincere con un sorriso e con la forza di volontà? “Certamente sì, perché si produce l’endorfina che rafforza gli anticorpi e quindi permette di ammalarsi di meno. Tra l’altro, per ridere si impiegano solo 18 muscoli. Per piangere, 180. Quindi è meglio ridere”.
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//Paese che vai //Maglie e dintorni
“RIDATECI L’ASL”.
LO GRIDANO ANCHE I mURI
Corso XX Settembre - Casarano
di Marco Laggetta
La Regione riduce il numero delle Asl ad una per Provincia. Maglie perde la sua. La politica cittadina si spacca in due azionalizzare le spese e snellire gli organi amministrativi. Con questo duplice obiettivo la Regione disponeva, lo scorso agosto, la riduzione delle aziende sanitarie ad una sola per provincia (legge regionale 25/2006). E così, lo scorso dicembre, ha annunciato la soppressione, fra le altre, della Asl Lecce 2 di Maglie, con il conseguente accorpamento alla Lecce 1. Ma il Comune di Maglie non ha accolto di buon occhio la delibera. A fronte del provvedimento di Vendola, infatti, il consiglio di fine anno ha approvato a maggioranza la richiesta di “immediata revoca di ogni provvedimento concernente la soppressione della Asl Lecce 2 al fine di avviare la necessaria concertazione con gli enti locali interessati in ordine alla nuova programmazione ed organizzazione del servizio sanitario da rendersi su base locale”. L’opposizione si è invece detta, da subito, favorevole alla manovra sanitaria. E così dalle aule del Palazzo la battaglia si è spostata sui muri della città, letteralmente tappezzate di manifesti e cartelloni, espressione delle varie correnti politiche cittadine e, dunque, delle opposte posizioni in merito alla riorganizzazione voluta dalla Regione. Abbiamo incontrato Ernesto Toma, esponente di Forza Italia e presidente del consiglio comunale, e Giovanna Capobianco, di schieramento opposto (Ds), capogruppo consiliare e assessora provinciale. I loro punti di vista sono nettamente contrapposti.
R
NUOVI COSTI E NUOVI PROBLEMI
Ernesto Toma (Forza Italia), presidente del consiglio comunale
“Quella di Forza Italia è la posizione di tutto il centrodestra magliese ma dovrebbe essere, a mio parere, la posizione di tutti i magliesi e dell’intero sud Salento. È stata eliminata la Asl Lecce 2 di Maglie e con essa molte altre per ogni provincia pugliese. Questa manovra non risolve nessun tipo di problema: né dal punto di vista finanziario, né da quello amministrativo. Dal punto di vista finanziario, a fronte della drastica riduzione del numero dei direttori (generali, sanitari e amministrativi), ci saranno le nomine di nuovi commissari, sub commissari e capi distrettuali. Tutto ciò per un totale di
118 nuove poltrone che andranno ad aumentare inevitabilmente la spesa finanziaria. Dal punto di vista dell’organizzazione si allungano i tempi di raccordo fra la base ed i vertici. Ciò significa che le decisioni saranno prese in tempi ancora più lunghi di quelli a cui eravamo abituati. Pertanto non si tratta, come si è detto, di una battaglia puramente campanilistica, che peraltro ci starebbe pure: visto che sono state combattute lunghe battaglie per alcuni reparti che andavano a tre chilometri di distanza, non vedo perché si debba accettare mestamente la soppressione di una intera Asl”.
Polemica. Manifesti della destra magliese con la chiusura della Asl/2
ERNESTO TOMA (FI): “CONTRARIO. CI SARANNO TEMPI PIÙ LUNGHI E COSTI PIÙ ALTI”; GIOVANNA CAPOBIANCO (DS): “FAVOREVOLE. LA DELIBERA ERA NECESSARIA PER QUESTIONI DI BILANCIO” UNA MANOVRA NECESSARIA
“Condividiamo in pieno la delibera regionale. Il 28 luglio scorso, mentre si discuteva di sanità in consiglio regionale, erano due consiglieri di centro-destra, Rocco Palese e Giammarco Surico, a proporre l’accorpamento immediato delle Asl. Non si capisce perché, arrivati a dicembre, di fronte all’urgenza di rivedere la macchina sanitaria locaGianna le, abbiano fatto marcia indietro Capobianco seguendo, invece, la linea sugge(Ds), capogruppo consi- rita dal partito. Alla base della manovra regionale c’è una necesliare ed assessora sità di bilancio. I bilanci delle Asl, provinciale consegnati dal centro-destra di all’innovazione Raffaele Fitto al centro-sinistra, e allo sviluppo parlano di deficit importanti. Solo economico per la Lecce 2 da 38 milioni di deficit nel bilancio siamo passati
a 24, quindi al recupero di un terzo del deficit. Questo non è avvenuto nella stessa misura nella Lecce 1, dove la situazione di squilibrio finanziario e patrimoniale era molto più forte ed evidentemente non è avvenuto neanche nella altre Asl del territorio. Di fronte alla necessità di una programmazione rigida e funzionale, la giunta regionale, attraverso il consiglio, arriva alla decisione di anticipare i tempi di una razionalizzazione delle strutture amministrative, anche in vista dell’impennata della spesa farmaceutica registrata nel primo semestre del 2006. Questa inversione di tendenza era necessaria e ritengo sia condivisa da tutto il centro-sinistra magliese”.
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//Paese che vai //Nardò e dintorni
VAGLIO
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SECONDO
NOI
PINUCCIO GIURI (DS): “E’ UN TIPO ESUBERANTE. E QUESTO, PER UN SINDACO, È UN PREGIO ED UN DIFETTO”; MINO FRASCA (UDC): “HA AVUTO POCO POLSO”
di Maria Giovanna Sergi
Ad un passo dalla fine del mandato, la destra e la sinistra neretine tracciano il profilo del sindaco uscente. Che si ricandida alle prossime amministrative
Si definisce un “uomo di centro”, non identificandosi in nessun partito politico. E’ sposato, ha due figli; fa il veterinario; e, da cinque anni, anche il sindaco di Nardò. Il suo mandato è in scadenza ma lui correrà anche per le prossime amministrative. Si chiama Antonio Vaglio, esponente di una famiglia assai radicata nel territorio neretino. Abbiamo chiesto alla destra e alla sinistra cittadine di tracciare un profilo. Di Vaglio amministratore e di Vaglio uomo. Ecco che cosa ci hanno risposto Pinuccio Giuri, segretario comunale Ds, e Mino Frasca, segretario comunale Udc.
CARATTERE FORTE CHE RISCUOTE FIDUCIA “Conosco Antonio da molto tempo. Riscuote fiducia e simpatia per il suo carattere esuberante e pieno di iniziative. Porta avanti molto seriamente i propri impegni. Sia come veterinario, sia come uomo politico; tiene molto alla sua città; si butta in mille iniziative e va in tilt se, per questioni burocratiche, qualcosa non va come Pinuccio Giuri, lui vorrebbe. Ha saputo condursegretario re, anche col pugno duro, la comunale DS situazione politica di Nardò, che ha preso in mano dopo un periodo di commissariamento, quando navigava in acque non facili da gestire. E i risultati da lui raggiunti in cinque anni di governo sono stati tanti: la chiusura della discarica; il rilancio dell’ospedale attraverso la riapertura dei reparti di Ostetricia e Ginecologia; la riconsegna ai cittadini del
palazzo della Pretura chiuso da dieci anni; gli interventi sull’arredo urbano; il rifacimento della strada Nardò-Pagani, che porta alle marine; la metanizzazione, ormai quasi conclusa; la riapertura del teatro comunale, che ha costituito una grossa vittoria; la ristrutturazione di quasi tutte le scuole presenti sul territorio comunale. Forse ha sbagliato a contornarsi di consiglieri non proprio attenti; lui, poi, per il suo carattere esuberante ha spesso preso decisioni impulsive che invece andavano ragionate. E’ successo così, a metà mandato: l’allora presidente del consiglio comunale, Mario Giannuzzi, si dimise per una incapacità di mediazione con lui. Antonio è stato sempre molto rigoroso nelle sue decisioni”.
AI CITTADINI NON PIACE “Non ha fatto nulla di buono per Nardò. Sulla sua persona non ho nulla da ridire, ma sulla figura di amministratore certamente sì, perché non è stato in grado di portare avanti gli impegni presi. Non ha il polso che serve per guidare una città. Inoltre, è stato un sindaco latitante e non ha mai avuto contatti con i cittadini; io da parte loro Mino Frasca, ho sentito solo lamentele sul suo segretario comunale Udc conto: lo vorrebbero più presente e, soprattutto, più concreto. Vorrebbero meno parole e più fatti. Ha promesso la chiusura della discarica ma non l’ha ancora portata a compimento: i rifiuti ora vengono deviati a Poggiardo, ma, dopo una selezione, il rifiuto secco ritorna a Nardò. Quindi, di fatto, la discarica è ancora aperta. In realtà, io credo che Vaglio si stia facendo
prendere in giro da Vendola, che ha solo interesse a temporeggiare fino alla scadenza del suo mandato come commissario per l’emergenza rifiuti; a quel punto, il servizio passerà nelle mani della Provincia e lui si sarà tolto dagli impicci. Inoltre, dall’anno prossimo, i costi per i rifiuti aumenteranno. Ma il sindaco non ha informato di questo i cittadini; preferisce evitare di dare loro le informazioni necessarie, se queste non sono positive. Inoltre, la città in questi cinque anni è stata abbandonata in uno stato di degrado. Non ha conosciuto il minimo sviluppo. Anche nel sociale non si è mosso nulla. Con questo operato alle spalle, è poi logico che la gente si lamenti di lui. Questa vorrebbe un sindaco più autorevole, cha desse una vera svolta alla città”.
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//Paese che vai //Tricase e dintorni
PELLEGRINO
CONTRO I PARCHI di Laura Leuzzi
Patrimonio dell’Umanità. E’ la Quercia Vollonea di Tricase, unica in Europa. L’ha dichiarato l’Unesco
Un ricorso al Tar chiede di annullare la legge istitutiva del parco naturale che va da Otranto a Leuca, l’ultimo nato in Salento il parco, presentato il ricorso. Sembra una formula fissa all’indomani dell’istituzione di naturale in Salento. E’ accaduto a Gallipoli, dove dieci aziende con terreni che ricaFdonounattoparco nell’area protetta, coordinati dal legale Gianluigi Pellegrino, figlio del presidente della
IL PARCO “COSTA OTRANTO-SANTA MARIA DI LEUCA E BOSCO DI TRICASE” SI ESTENDE PER 3.227 ETTARI IN DODICI COMUNI ED È L’UNICA AREA IN EUROPA OCCIDENTALE CON LA QUERCIA VALLONEA. PER CINQUE ANNI SARÀ GESTITO DA UN CONSORZIO DI SINDACI E PROVINCIA
Provincia, hanno presentato ricorso al Tar sollevando principi di incostituzionalità nella legge istitutiva del parco (il Tar ha dato ragione alle aziende, bloccato la legge e rimandato la questione alla Corte costituzionale). Ed è accaduto a Tricase, dove negli ultimi giorni alcuni cittadini, anche questi assistiti da Gianluigi Pellegrino, hanno presentato al Tribunale amministrativo un ricorso relativo alla perimetrazione dell’area “Costa Otranto-Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase, l’ultima nata in Salento (l.r. 30 del 26 ottobre 2006), mentre erano in corso le procedure per la costituzione del consorzio di Comuni e Provincia che ne sarà gestore. Ma minimizza l’accaduto Antonio Coppola, sindaco di Tricase, che dichiara di non essere affatto preoccupato dall’esito del ricorso. “Non ho dubbi – dice - che ci possano essere migliori delimitazioni dell’area, che risulta a macchia di leopardo, ma accontentiamoci di aver portato a termine l’istituzione del parco. Essa consente di avviare una serie di attività di protezione finalizzate a mettere ordine al territorio. I cittadini che hanno presentato ricorso al Tar – spiega Coppola – sono possessori di aree incluse nel parco; questi avevano in progetto di realizzare strutture di vario tipo sui terreni di loro proprietà. I principali promotori di questa iniziativa sono, infatti, tecnici che speravano di ottenere in terreni agricoli comprati molto tempo fa una trasforIl sindaco di Tricase, Antonio Coppola mazione urbanistica, distruggendo le aree invece di proteggerle”.
UN PARCO PER DODICI COMUNI
CHE COSA C’E’ DA PROTEGGERE
Sono cinque. Il tratto di costa adriatica che da Otranto porta a Leuca, diventato parco naturale regionale con il nome di “Costa Otranto-Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase” (l.r. 30/2006), è andato ad aggiungersi ai già istituiti parco “Bosco e paludi di Rauccio”, riserva “Palude del Conte e Duna Costiera – Porto Cesareo”, parco “Porto Selvaggio e Palude del Capitano” e parco “Isola di S. Andrea e litorale di Punta Pizzo”. Il neonato parco si estende per 3.227 ettari nei Comuni di Otranto,
L’area rappresenta uno dei pochi esempi di costa alta ancora integra sull’intero territorio nazionale; vi si riscontra una caratteristica presenza di cavità, dovute principalmente a fenomeni carsici, ma anche all’azione di sorgenti costiere e del mare. In diverse grotte, ad esempio la grotta dei Cervi, la Romanelli e la Zinzulusa, sono stati rinvenuti reperti fossili o testimonianze della presenza dell’uomo paleolitico e neolitico. La zona è notevole sia dal punto di vista della flora che della fauna. Quanto a vegetazione, sono infatti
Santa Cesarea Terme, Ortelle, Castro, Diso, Andrano, Tricase, Tiggiano, Corsano, Alessano, Gagliano del Capo, e Castrignano del Capo. E saranno i sindaci dei dodici Comuni, riuniti in un consorzio di gestione provvisoria assieme alla Provincia di Lecce, ad occuparsi della gestione dell’area nell’attesa che si costituisca un ente di gestione provinciale delle aree naturali protette (legge 19/1997).
presenti specie rare come il Fiordaliso di Leuca, l’Alisso di Leuca, la Campanula pugliese, l’Efedra, di cui quest’area è l’unica stazione italiana, la Veccia di Giacobini. Unica in tutta l’Europa occidentale è la presenza della Quercia Vallonea, dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Sono diverse le specie di nidificanti, come il Calandro, la Calandra, la Calandrella e, con buone probabilità, anche il Falco pellegrino e il Falco della regina. Inoltre, l’area è interessata da un consistente passaggio migratorio.
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// Economia //Finanziaria 2007 //Maurizio Villani Riguardo le recenti Leggi emanate dal Governo per combattere l’evasione fiscale l’intento del legislatore è nobile e da apprezzare, in quanto essa è un grave fenomeno economico e sociale che, giustamente, deve essere debellato non solo per motivi morali ma, soprattutAVV. MAURIZIO VILLANI to, per evitare gravi fenomeni Avvocato Tributarista in Lecce www.studiotributariovillani.it di concorrenza sleale e sacche di lavoro nero. Il nobile fine legislativo, però, è stato realizzato, secondo me, attraverso strumenti legislativi
quale, invece, è costretto a dimostrare il contrario, peraltro in un processo tributario dove la sua difesa è alquanto limitata, perché non può citare testimoni né deferire giuramenti. In tale contesto, il legislatore fiscale si muove in una duplice e contraddittoria direzione, fortemente repressiva, perché da un lato lascia intatti i poteri del fisco ad utilizzare gli invasivi accertamenti tributari, con indagini bancarie e finanziarie, e dall’altro pretende di stabilire aprioristicamente il reddito del contribuente, come se nel settore imprenditoriale o commerciale non ci fossero le perdite ed i fallimenti ed in quello del lavoro autonomo non ci fossero le difficoltà ad arrivare a fine mese.
FINANZIARIA 2007.
ce, a combattere la “vera” evasione fiscale del primo tipo, con una legislazione chiara, semplice, comprensibile, che non subisca continue modifiche retroattive, avendo ben chiaro che l’evasione “predeterminata” e l’evasione “interpretativa” non rientrano assolutamente nell’alveo e nella logica della “vera” evasione fiscale. Soltanto avendo ben chiare le tre distinzioni di cui sopra si potrà realizzare e concretizzare quel clima di fiducia, sereno e pacato, tra contribuenti e fisco, che sino ad oggi è irrimediabilmente compromesso, nonostante le demagogiche intenzioni di tutti gli schieramenti politici che nel corso degli anni si sono alternati alla guida del Paese.
QUALE EVASIONE FISCALE?
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invasivi, che penalizzano pesantemente tutti quei contribuenti (imprenditori, artigiani, professionisti, commercianti) che vogliono correttamente pagare le tasse, perché il legislatore parte da un presupposto sbagliato, e cioè che l’evasione fiscale sia di un unico tipo. Per inquadrare correttamente il problema e, quindi, adottare normative e strategie amministrative mirate a debellare e colpire la “vera” evasione fiscale, evitando interventi chirurgici invasivi, è necessario, secondo me, distinguere tre tipi di evasione fiscale, e cioè: 1) l’evasione fiscale “classica”; 2) l’evasione fiscale “predeterminata”; 3) l’evasione fiscale “interpretativa”. Il primo tipo di evasione rappresenta l’evasione fiscale “classica”, quella, cioè, in cui il contribuente coscientemente sottrae al fisco le imposte dovute in relazione al reddito effettivamente prodotto ed in tutto od in parte non dichiarato (evasore totale o parziale). Questa è la vera evasione fiscale da debellare, utilizzando tutti gli strumenti accertativi previsti dalle norme, perché il recupero delle imposte coscientemente evaso, tra l’altro, evita i gravi fenomeni di concorrenza sleale e lavoro nero. Il secondo tipo di evasione, quella “predeterminata”, invece, dipende non da un comportamento cosciente e volontario del contribuente ma dal fatto che il legislatore presume che si debba necessariamente dichiarare un determinato reddito, attraverso specifici strumenti presuntivi (parametri, coefficienti, studi di settore, redditometri), indipendentemente dal fatto che il suddetto reddito sia stato o meno prodotto. Questo particolare tipo di evasione è, quindi, predeterminato dal fisco, non dipende dal comportamento omissivo del contribuente, il
In questo caso, secondo me, non si può certo parlare di vera evasione fiscale, perché può accadere, anzi accade nella maggior parte dei casi, che il contribuente non sia riuscito a raggiungere le fantasiose soglie minime previste dal fisco (tanto è vero che ancora oggi, nessuno è in grado di controllare come si ottengono concretamente gli indici e gli indicatori di coerenza e congruità degli studi di settore, che peraltro non prevedono assolutamente le differenze territoriali tra NORD e SUD). In tale contesto, quindi, proprio perché non siamo nel campo della vera evasione fiscale, si deve correggere e precisare l’incerta normativa in atto, nel senso che i parametri e gli studi di settore non devono giustificare il fisco a determinare presuntivamente il reddito, con l’alibi di combattere l’evasione fiscale, ma, tutt’al più, devono semplicemente servire ad indirizzare l’attività investigativa, utilizzando gli strumenti accertativi in atto, senza invertire l’onere della prova a danno del contribuente, come, peraltro, più volte sollecitato dalla stessa giurisprudenza tributaria di merito e di legittimità. Infine, il terzo tipo di evasione fiscale, quella “interpretativa”, che, peraltro, secondo me, insieme all’evasione “predeterminata”, è quella più diffusa, non solo non dipende dalla volontà del contribuente ma è determinata dalla caotica e contraddittoria legislazione tributaria che induce anche il più solerte e preciso contribuente e professionista a commettere, suo malgrado, errori interpretativi. E’ necessario, soprattutto, sgombrare il campo da demagogiche e generalizzate campagne antievasive, che indegnamente criminalizzano intere categorie di imprenditori, artigiani, professionisti e commercianti e concentrarsi, inveil tacco d’Italia
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// Un mese in una pagina // QUESTIONE DI LOOk Fabrizio Camilli, titolare dell’omonima azienda di distribuzione carburanti, dovrà rispondere di associazione a delinquere, emissione di fatture inesistenti, ricettazione, frode fiscale, corruzione di enti pubblici, truffa aggravata ai danni dello Stato. L’ex consigliere regionale di Forza Italia, “inventore” del partito di Berlusconi nel Salento, ai domiciliari, dallo scorso 12 gennaio è indagato (pm Marco D’Agostino). Il più pittoresco dei capi d’imputazione è che avrebbe truffato gli enti pubblici impiegando un contalitri truccato nelle forniture di gasolio.
IPSE DIXIT // Addio, sindaco
“Tutti mi chiedono di essere il leader di un grande partito”. Fabiano Amati, coordinatore regionale Margherita Nuovo Quotidiano di Puglia, 20 gennaio 2007, p.5 “Sto pensando seriamente di farlo: potrei aderire al Grande Oriente d’Italia (la loggia massonica di Gallipoli, ndr) così come mi è stato chiesto”. Vincenzo Barba, sindaco di Gallipoli Corriere del Mezzogiorno, 12 gennaio 2007, p.5 “Sono convinto che se continuano di questo passo, i miei rivali vedranno col binocolo il ballottaggio. Il loro assordante silenzio su alcuni argomenti di vitale importanza per la città ha nauseato la gran parte dei leccesi che, per tale motivo, mi faranno vincere al primo turno”. Mario De Cristofaro, candidato sindaco di Lecce Gazzetta del Mezzogiorno, 9 gennaio 2007, p.2 “Cento giorni per potenziare ed adeguare il ‘San Giuseppe – Sambiasi’ di Nardò e il ‘San Giuseppe da Copertino’ di Copertino”. Rodolfo Rollo, commissario generale Asl Nuovo Quotidiano di Puglia, 12 gennaio 2007, p.18 “E’ stata nostra la decisione di revocare l’incarico di coordinamento redazionale a Gabriella Della Monaca. Già da qualche mese le avevamo annunciato la volontà di non rinnovarle l’incarico”. Paolo Pagliaro, presidente del gruppo Mixer Media Management Corriere del Mezzogiorno, 12 gennaio 2007, p.5
Si è spento il 9 gennaio presso il reparto di Neurochirurgia del “Vito Fazzi” di Lecce, Enrico Causo, 61enne primo cittadino di Racale e consigliere provinciale dell’Udc. Non ce l’ha fatta a reggere il suo cuore, in seguito all’aneurisma cerebrale che l’ha colpito mentre si preparava ad una passeggiata con la moglie. Condoglianze dal Tacco alla famiglia e all’intera comunità.
Enrico Causo
// Il grande esodo Telenorba festeggia i suoi 30 anni invadendo la terra salentina con il tg del “Grande Salento”. Costo dell’operazione, non meno di due milioni di euro. E a portare avanti la nuova redazione leccese, una campagna acquisti targata Telerama News. Hanno infatti praticamente abbandonato di punto in bianco il tg di Tele Rama per quello di Telenorba: Gabriela Gabriella Della Monaca Della Monaca, Cosimo Carulli, Alessandro Maglietta, Laura Amorosi, Azzurra De Razza. Paolo Pagliaro, patron di Telerama, dal canto suo, risponde all’affronto annunciando grosse sorprese nelle sue reti. Se ci saranno i giornalisti, ovviamente.
// Legge elettorale con De Mita La riforma della legge elettorale sarà il centro del seminario organizzato da Area ’06, associazione di innovazione politica, il 3 febbraio (ore 16) nell’auditorium comunale di Casarano. Ciriaco De Mita Prenderanno parte all’incontro Ciriaco De Mita, leader storico della sinistra democristiana, e Raffaele De Giorgi, docente ordinario di Sociologia e Filosofia giuridica dell’Università di Lecce. Moderatore del dibattito sarà Bruno Erroi, presidente di Area ’06.
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// Visto da destra /Visto da sinistra PARTITO UNICO: PROGETTO IDEALE O CARTELLO ELETTORALE? Gabriele Caputo Vicesindaco di Casarano e Dirigente della Margherita
La Margherita è stato il primo partito a sganciarsi da una impostazione “monoculturale”, abbracciando l’idea, lungo la linea riformista, di un partito non ideologizato, pragmatico, interprete dell’idea di cambiamento della società, alla quale si rivolge e con la quale intende interagire. L’alleanza di centro-sinistra ha a sua volta cominciato a muovere i propri passi sulla strada della integrazione interna, passando dal primo esperimento dell’Ulivo al test delle elezioni del 2005, federandosi sotto lo stesso segno “Uniti nell’Ulivo”, Ds, Margherita, Sdi e Repubblicani europei. Il progetto, è stato poi ripresentato nella sfida delle politiche del 2006. Al di là delle strategie partitiche, fortemente influenzate dai sistemi elettorali di turno, il disegno politico che sottintende alla nascita del Partito Democratico, parte dalla considerazione che la storia non può scomparire, né di conseguenza possono dissolversi i grandi meriti dei partiti che entreranno a farne parte: I temi della pace, dell’impegno e dell’equità sociale, dell’europeismo sono questioni centrali sia per la sinistra che per gli eredi del partito sturziano. La società, l’ economia e persino l’etica, sono in continua evo-
luzione e le risposte alle nuove domande possono essere date in modo compiuto se evolvono anche le aggregazioni politiche, se spariscono barriere e divisioni anacronistiche del passato, lasciando il posto a un’alternanza basata sulle risposte concrete che conservatori da una parte e progressisti dall’altra saranno in grado di offrire, in base alla propria visione e alla propria lettura della società, con un impegno in più che riguarda i cattolici; Ma questo è un altro argomento. Il percorso non è semplice e incontra infatti molte resistenze che non possono essere banalmente ricondotte, da addetti ai lavori ed osservatori, ad una contesa personalistica e di leadership, consapevoli che in un processo politico di costruzione unitaria c’è sempre la preoccupazione che il grande mangi il piccolo, che una cultura diventi egemone e cancelli le altre. Solo il tempo e la continuità nel costruire progetti comuni possono rendere più agevole il percorso, e mitigare le influenze derivanti dalle ideologie ed i retaggi della storia comunque intesi, fosse anche nella loro accezione positiva. Il primo vero contributo lo si può dare sottraendosi, per citare Castagnetti, alla condizione di “custodi del museo” che rivendicano l’immenso valore del patrimonio custodito, ed aprirsi alle contaminazioni del quotidiano, reimmergersi dentro la società per conoscerla, perché senza conoscerla, come diceva Moro, non la si può guidare.
Luigi Rizzo Consigliere comunale a Lecce e Dirigente UDC
In un’Italia ormai protesa verso un bipolarismo “anomalo”, che ha visto il proliferare di minuscole formazioni politiche in vece della nascita di due grandi blocchi stile inglese o americano, definire: sintesi politica di esperienze diverse o cartello elettorale, i probabili costituendi “Partito Democratico” e “Partito delle Libertà” diventa del tutto inutile. Dai valori identificativi e differenzianti dei partiti storici, dove i problemi sociali ed economici venivano analizzati in base alla “visione” ideologica e le proposte di soluzione si discostavano le une dalle altre proprio in virtù delle differenze ideologiche e del patrimonio storico, si è passati ai …”programmi”, sterili pagine di buoni propositi che, ovviamente, non tengono conto, al momento della stesura, di quella che sarà poi la reale situazione economico-finanziaria che chi governerà andrà a trovare. E’ per tali considerazioni che, identificare la proposta del Partito delle Libertà come sintesi di esperienze politiche diverse (non immagino quali poi, dal momento che CCD e Forza Italia nascono nel ‘94 e che An e Lega vivono negli stessi anni trasformazioni radicali) o come cartello elettorale (ipotesi probabilistica
visto che sono in atto fratture significative anche all’interno dei singoli partiti) appare più un passatempo che un argomento su cui riflettere. Da un punto di vista squisitamente politico, invece, appare assai più intrigante avventurarsi in un’analisi delle reali possibilità di nascita di un terzo polo, quello centrista, dove sembrerebbero voler approdare i vari Casini, Follini, Mastella, Rutelli e forse anche Di Pietro. Le scelte, le dichiarazioni, gli ammiccamenti e gli inviti espliciti dei leaders centristi, dell’uno e dell’altro schieramento, di questi ultimi tempi, danno l’idea di un’insofferenza moderata, di fronte allo strapotere di Fi da un lato e dei Ds dall’altro, che vorrebbe riportare l’asse della politica italiana sull’antico baricentro Cristiano Democratico. Grande spinta a tale tentativo è stata sicuramente data dall’ultima Legge Elettorale, ennesimo esempio dei “Pasticci Italiani”. Ma, mi domando, chi dei suddetti leaders è davvero pronto a rinunciare a qualcosa per un più grande progetto politico? Chi per primo sarebbe disposto a rinunciare a quell’oncia di potere che si è (faticosamente) conquistato, grazie più alla scomparsa di una reale e preparata classe dirigente che a meriti di proposta politica innovativa ed al passo con i tempi? A mio parere anche in Italia di dovrebbe avere un Ppe modello europeo.
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// Controcanto
TELENORBA
E IL GRANDE SALENTO
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Dal 29 gennaio, il Tacco d’Italia ha una voce in più, il TgNorba Salento, in onda ogni giorno su Telenorba in tre edizioni, alle 8,alle 13,30 ed alle 23. Si tratta di un telegiornale dedicato alle tre province che hanno deciso di dar vita al Grande Salento, Brindisi, Lecce e Taranto, non solo come identità geografica, ma anche e soprattutto come momento di sintesi e di progettualità politica, sociale e culturale finalizzata alla crescita del territorio. Tre telegiornali al giorno, non per parlarsi addosso, come spesso accade dalle nostre parti, ma per portare il Salento, con le sue vocazioni e i suoi problemi, oltre il Salento, in Puglia, nel Mezzogiorno, a Roma, capitale politica e a Milano, capitale economica d’Italia. Avevamo in progetto già da qualche anno di dedicare a Brindisi, Lecce e Taranto tre telegiornali “provinciali”, ma il rafforzarsi dell’idea e il crescere delle iniziative collegate alla costruzione del Grande Salento ci ha convinti della necessità di superare la dimensione provinciale per tuffarci nel più affascinante e lungimirante progetto di costruzione di questa nuova entità politico-territoriale che promette di trasformare una terra dimenticata in una grande occasione di sviluppo, e non solo imprenditoriale. Il nostro, quindi, non solo un progetto editoriale. E’, soprattutto, una convinta adesione al modello di sviluppo che sostiene l’idea del Grande Salento, che affonda le radici nella cultura, nella storia, nelle tradizioni di questa terra. E’ un’idea suggestiva, inseguita da secoli, ma solo oggi realizzabile. A Milano, ma anche a Roma, si pensa alla Terra d’Otranto come all’ultimo lembo di terra italiana, una terra lontana, splendida, ma inavvicinabile, quasi irraggiungibile. Il Salento, d’altra parte, non ha sempre brillato in propositività, in lungimiranza, preferendo vivere la sua vita solitaria all’ombra del ricordo,della conservazione,
spesso facilitato in questo oblo dalla disattenzione di chi avrebbe dovuto e potuto prenderlo per mano e farlo camminare speditamente sulla via del progresso. Ma oggi si può e si deve uscire dall’isolamento. Le istituzioni, i mezzi di comunicazione, gli imprenditori del Salento hanno avviato da qualche anno il processo inverso, e i successi non mancano. L’idea del Grande Salento consolida e rilancia la nuova missione della Terra d’Otranto, protesa a recuperare terreno e a diventare protagonista dello sviluppo del sud e dell’Italia in Europa. Ma c’è bisogno di uscire dal Salento per farsi capire, per farsi apprezzare. L’autostima si è trasformata negli anni in autocommiserazione. Adesso deve diventare promozione, dialogo, successo. La Notte della Taranta ha portato il Salento all’attenzione del mondo, ma c’è stato bisogno di portarla fuori dalla Greca perché ci avvenisse. E un ruolo fondamentale in questa rivoluzione l’hanno avuta i mezzi di comunicazione. Telenorba ha deciso di fare la sua parte, sentendo di avere un ruolo attivo nel processo di crescita del mezzogiorno e a maggior ragione di quella che considera la sua terra, il Salento. E perciò ha deciso di raccontare coi propri occhi, con la propria voce, quello che nasce e si sviluppa nel sud della Puglia, aggiungendosi all’ottimo lavoro che altri già fanno, ma con un obiettivo in più. Quello di portare il Salento fuori del Salento. I nuovi telegiornali serviranno ad allargare il confronto, a potenziare il pluralismo, a far venire idee nuove a tutti. Ma saranno solo una parte dell’impegno che vogliamo profondere. Intorno ai telegiornali ruoteranno altre iniziative che daranno al Salento l’opportunità di farsi conoscere anzitutto in Puglia, una Regione lunga 400 km, divisa da distanze e preconcetti, e soprattutto dall’ignoranza. Si pensi al turismo, materia principale da
coltivare e valorizzare. Il Salento si promuove ogni anno in tutto il mondo. Ma di quanto incrementano i visitatori, anno dopo anno? Del 2-3 per cento. Cioè di 2-3 mila unità. E poi, basta un attentato a New York per far crollare tutto. Ma quanti pugliesi conoscono il Salento? Quanti lo frequentano? La massa di visitatori pugliesi, cioè locali, che potrebbero ampliare le cifre del turismo enorme, e col vantaggio che per riceverli non necessario attendere luglio. Da Bari, ma anche da Foggia, si può scendere nelle città del barocco in qualsiasi stagione, e facilmente. E lo stesso dalla Basilicata, dal Molise, alla Campania. In sede locale, il turismo salentino ha un mercato molto più attraente, facile e disponibile, molto più ampio delle 2-3 mila unità che producono, quando va bene, i grandi investimenti pubblicitari impegnati in tutto il mondo. E lo stesso discorso vale per l’industria, per l’artigianato, per il commercio. Vincere la battaglia del futuro vuol dire anzitutto esser forti nel proprio territorio. E il territorio del Salento, diventato Grande Salento, non più quello delle tre province che lo costituiscono. Il Grande Salento deve anzitutto affermarsi in Puglia e nel sud, e poi via via crescere, allargando ulteriormente i suoi confini. Telenorba il mezzo più efficace per assicurare una crescita di questo tipo, e vuol mettersi a disposizione del Grande Salento per renderla possibile, facendo informazione equidistante e tempestiva, denunciando e premiando, sostenendo le istanze che guardano avanti, ma senza trascurare le tradizioni, la vera anima di questa terra per il cui progresso accettiamo una sfida non facile e impegnativa, ma nella cui affermazione crediamo, certi di essere corrisposti dai telespettatori che gi premiano con il loro interesse i nostri programmi. Vincenzo Magistà Direttore del TgNorba
INDOVINA CHI è
“Bestiario pubblico. Ovvero: come nascono nuovi improbabili personaggi sulla scena”
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