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il mensile del Salento
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Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/b - L. 662/96DC/DCI/199/00/LE - Anno 4 - n. 34 - Marzo 2007
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Donne di potere.
Speciale imprenditoria femminile Militari salentini a rischio uranio Stipendi milionari al comune di Lecce
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// L’Editoriale
L’Editoriale
di Maria Luisa Mastrogiovanni
lA tRInceA dellA StAMpA e I nucleI dI pOteRe.
N
Se le dOnne SI buttAnO dIetRO le SpAlle I cApellI
on c’è da dire molto, perché ci sarebbe tanto da dire. Potrei ricostruire ciò che è successo solo in questi ultimi 12 mesi, quando invece il Tacco esiste da tre anni. Potrei chiedermi che cosa abbia scritto il Tacco in questi ultimi 12 mesi che abbia dato tanto fastidio e che prima non aveva scritto. Quale misura sia stata colmata, e di chi, con quale parola, perché di parola scritta, parliamo. Di un diritto costituzionale che intendiamo esercitare non per vanagloria ma perché ogni cosa nasce con un fine e quello del Tacco diventa più nitido ad ogni metro percorso in più: chiedersi perché, cercare di capire, avere una visione dal basso, che guarda ai cittadini e mai ai potenti. Un diritto che abbiamo scelto di esercitare qui e non altrove, qui, ai confini, in un territorio di frontiera che per noi diventa trincea. Ci hanno commosso le parole di Sergio Blasi, segretario provinciale dei Ds: “Ci troviamo di fronte al rischio che il giornalismo di denuncia, sia esso di una testata nazionale piuttosto che di un giornale di provincia, rischia di essere manipolato da atti di intimidazione vera e propria. Quello che è accaduto non è ascrivibile alla mera cronaca nera. L’azione, più volte ripetuta, di introdursi nella sede della redazione di Casarano non è certo paragonabile al furto dell’incasso di una pizzeria. La redazione di un pic-
N
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colo ma coraggioso mensile del Basso Salento non è ricca, di conseguenza i ladri in azione non miravano a ricavare soldi dalla vendita di oggetti preziosi. I cinque malviventi, di cui due minorenni, fermati domenica notte mentre tentavano il secondo assalto, sono stati probabilmente assoldati per distruggere o rubare ciò che è prezioso per una redazione giornalistica: la memoria dei computer. È talmente evidente questa ipotesi che il computer rubato nell’ultima incursione di dicembre è stato fatto trovare nei pressi della redazione. Era un computer nuovissimo, dell’ultima generazione, quindi di un certo valore economico, ma non era appetibile perché la sua memoria non conteneva quasi nulla. Vorrei, quindi, ancora una volta richiamare l’attenzione del Prefetto Casilli sui fatti che hanno interessato il “Tacco d’Italia”. Poiché, in un territorio che vanta la più alta concentrazione di organi d’informazione (5 Tv e altrettante testate giornalistiche), è preoccupante che sia un mensile di Provincia a subire simili attacchi. Sarebbe opportuno chiedersi qual è la ricchezza di idee di cui i malviventi vogliono appropriarsi. Quale inchiesta, portata avanti dalla direttrice Marilù Mastrogiovanni e i suoi redattori, può dare così fastidio”? Un altro grave episodio, meno violento nei modi ma non nella sostanza,
è di questi giorni. L’intera amministrazione Poli ha minacciato il giornalista Fabio Casilli (a cui va la nostra solidarietà) e la Gazzetta del Mezzogiorno, di un’azione civile di risarcimento danni per aver osato parlare di una “torta” di 12 milioni di euro di compensi aggiuntivi che i dirigenti del Comune si sono spartiti in cinque anni. Di azioni civili nei confronti della stampa ne sappiamo qualcosa: c’è ne è una a nostro carico da 260mila euro. E’ come se negli ultimi anni le posizioni dominanti nel Salento si fossero sempre più addensate, circoscritte attorno a pochi nuclei ad altissima densità che appena sfiorati da energia democratica, qual è la libera stampa, sprigionano azioni violente, nel tentativo di annichilire il contesto in cui si muovono e di cui pure hanno bisogno. Questo è un giornale dedicato alle donne. In copertina una donna cerca di scalare il simbolo della femminilità a significare che non è nell’antinomia donna-uomo, come è stato tradizionalmente fino ad oggi, da ricercarsi il senso dell’affermazione delle pari opportunità, ma in una presa di coscienza tutta al femminile, nello scrollarsi di dosso tutti i retaggi di una cultura maschile castrante, con un gesto semplice e fiero, come il buttarsi dietro le spalle i capelli. Un gesto semplice e significante. Come stare fermi. Fermi in trincea.
SOMMARIO
IDEE DAL TACCO
04 05
GOLEM, FOTOPROTESTA, LETTERE AL DIRETTORE TERZOGRADO A DOLCENERA di Marco Laggetta LINK 06 BOLLETTINO DEI NAVIGANTI di Mario de Donatis LO STRANIERO di Guido Picchi PUBBLICALO SUL TACCO 07 LA CITTÀ INVISIBILE di Enzo Schiavano L’ERBA CATTIVA di Crazy cat & Mad linx L’ARIA CHE TIRA di Luisa Ruggio 43 DIRITTO DI REPLICA 44 QUESTIONE DI LOOK, IPSE DIXIT, CURIOSITA’ 45 VISTO DA SINISTRA, VISTO DA DESTRA. Ospiti: Angelamaria Spagnolo e Ciccia Mariano 46 CONTROCANTO ospita Rosanna Metrangolo: Pari opportunità, non parità. Una partita giocata con quell’in più
VEDIAMOCI CHIARO
08 15 18
COPERTINA //DISPARI OPPORTUNITA’ di Ada Martella ATTUALITÀ //IL DOTTORE DI EVA di L. Coppola ATTUALITA’// URANIO IMPOVERITO: LA STRAGE LENTA DI UN KILLER INVISIBILE di F. Serravezza
CULTURA&PERSONE
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CULTURA// ADDIO ONOREVOLE di Marco e Cosimo Sarcinella
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CULTURA// L’ANNUARIO DEL VILLAGGIO di Antonio Lupo, Paolo Vincenti REPORTAGE// NATE DUE VOLTE di Laura Leuzzi CULTURA// L’ALCHIMISTA DI IMMARE di Laura Leuzzi CULTURA// QUESTA E’ LUISA. VISTA DA DENTRO di Dario Di Pietrantonio
PAESE CHE VAI
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LECCE E DINTORNI// BUONI ORDINARI E STRAORDINARI STIPENDI. IL FATTACCIO DEI BOC di Giuseppe Finguerra CASARANO E DINTORNI// SUB-PROVINCIA. SOVRA-COMUNE. E’ “AREA SISTEMA”. di Enzo Schiavano GALATINA E DINTORNI// LAVORATORI IMPANTANATI. NELLE SCARTOFFIE di Laura Leuzzi GALLIPOLI E DINTORNI// MUSEO CIVICO. ANTICO, NON PIU’ VECCHIO di Margherita Tomacelli MAGLIE E DINTORNI// UN “INCANTESIMO” DI NOME MAURA LEONE di Marco Laggetta NARD0’ E DINTORNI// VAGLIO A COLPI DI TACCO di Margherita Tomacelli TRICASE E DINTORNI// RISORSE (POCHE) DONNE (TANTE). COSì IL LAVORO E’ AL CENTRO di Maria Giovanna Sergi
Il mensile del salento Anno IV - n. 34 - Marzo 2007 Iscritta al numero 845 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 27 gennaio 2004
EDITORE: Nerò Comunicazione - Casarano - P.zza A.Diaz, 5 DIRETTORE RESPONSABILE: Maria Luisa Mastrogiovanni HANNO COLLABORATO: Mario Maffei, Laura Leuzzi, Marco Sarcinella, Guido Picchi, Marco Laggetta, Enzo Schiavano, Mario De Donatis, Antonio Lupo, Paolo Vincenti, Giuseppe Finguerra, Francesco Ria, Flavia Serravezza, Ada Martella FOTO: Dove non segnalato archivio del Tacco d’Italia COPERTINA: Paolo Guido REDAZIONE: p.zza Diaz, 5 - 73042 Casarano - Tel./Fax: 0833 599238 E-mail: redazione@iltaccoditalia.info PUBBLICITÁ: marketing@iltaccoditalia.info - tel. 3939801141
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// Opinioni dal Tacco GOLEM Che c’entra il presidente della Lega Calcio Antonio Matarrese con il numero del Tacco dedicato alle donne, lo scopriremo dopo. Da fanatico del calcio, il Golem ha già proposto il suo sfogo per il decadimento dello sport nazionale (cfr Golem su Z. Zeman e P. Corvino su www.iltaccodialia.net) ma dopo le tragiche morti di un dirigente pestato in un campetto di dilettanti e di un poliziotto nella guerriglia di Catania, capita agli animi sensibili di sentirsi inariditi e deprivati di ogni interesse per l’antica passione. E allora scatta naturale la ricerca del colpevole, il simbolo del male assoluto. Ed ecco spuntare Matarrese che all’indomani del blocco per lutto dei campionati dichiara a Radio Capital: “I morti? Parte del sistema”. Alla bufera di polemiche che ne derivano, il nostro oppone una difesa sconcertante: “Dimettermi? Non ci penso nemmeno. Il calcio ha bisogno di me” e poi, come da copione si rimangia tutto: “Mi avete interpretato male”. Peccato che già dodici anni fa, all’indomani dell’accoltellamento mortale del tifoso del Genoa Vincenzo Spagnolo, fece dichiarazioni simili. Deputato democristiano per cinque legislature, Matarrese è l’esponente di punta
di un clan barese (originario di Andria) che annovera un fratello vescovo, uno presidente del Bari calcio, un presidente degli industriali e un celebre progettista. Tra i meriti del clan la costruzione dei grattacieli di Punta Perotti. Eppure Tonino è rimasto in sella, inanellando figuracce e acuendo l’atteggiamento da dittatorello del pallone. Nell’immediato post-calciopoli, i litigiosi club italiani trovano l’unità nello spregiudicato Matarrese, il quale li ripaga con un’abile opera di restaurazione e rapida normalizzazione del sistema. Che lezione di sopravvivenza! Questo calcio sembra il simbolo dello strapotere maschile che si arrocca sulle sue posizioni, difendendo le prime linee e negando ogni autocritica. Ricordate? Sembrava che il calcio andasse rifondato e per un attimo, ma solo un attimo, ci abbiamo anche creduto che potesse accadere. L’augurio del Golem è che il recente, timido, interesse delle donne verso il pallone, si trasformi in uno Tzunami che invada gli stadi di bambini e famiglie. Ma finché il calcio rimarrà così “maschile”, militarmente arrogante, aggressivo, corrotto, non ci crediamo molto. Neanche per un attimo.
Antonio Matarrese, Presidente Lega Calcio
LETTERE AL DIRETTORE
fOtO pROteStA
RIcORdIAMO dI pROteggeRe I dAtteRI dI MARe. dIMentIcAndO dI MAngIARlI Spero che il mio intervento sia utile per segnalare e porre l’attenzione da qualche tempo sotto tono su uno dei più gravi disastri ambientali nel nostro territorio, e cioè il massacro di fondali salentini da parte di pescatori e subacquei senza scrupoli che prelevano datteri di mare con piccozze, scalpelli e addirittura martelli pneumatici e piccole cariche esplosive provocando così la desertificazione dei nostri fondali rinomati un tempo per le bellezza e la pescosità. Pensate che l’enciclopedia britannica ha definito questo disastro una vera e propria catastrofe ecologica paragonabile per i gravissimi fenomeni di erosione del nostro mare solo ai disastri ecologici causati dal naufragio delle petroliere. Per rendersi conto del danno basti pensare che questo mollusco bivalve vive scavando nicchie
di Leda Schirinzi, Ufficiale sanitario Casarano
profonde dentro pietre e rocce del litorale e ci vogliono 80 anni perché un dattero di mare arrivi a 8 centimetri di lunghezza. Il prelievo del dattero di mare comporta perciò la distruzione delle scogliere in cui vive e la completa desertificazione dei fondali per decenni. Non dimentichiamo però che la detenzione ed il commercio del dattero di mare sono vietate nel nostro paese sin dal 1988; la legge prevede
Egr. Direttore, mi capita di viaggiare molto per lavoro e scendere spesso giù a Casarano in Puglia. Il 22 febbraio per un contrattempo ho dovuto prendere il treno per tornare a Lecce, dove avevo un secondo appuntamento. Alle 14.18 siamo partiti. Le condizioni igieniche di treno e stazione erano penose. Dopo circa mezz’ora ci hanno chiesto di scendere a Nardò e aspettare la coincidenza con un altro treno. Alle 14.10 ci hanno fatto nuovamente cambiare treno (stavolta a Zollino). Alle 14.46 sono arrivato a Lecce, dove non c’era neanche un taxi ad aspettare i clienti. Ma, secondo lei, questa è Europa? Matteo - Vigevano (Pv)
addirittura l’arresto. E’ stato ipotizzato per la prima volta in Italia il reato di associazione a delinquere finalizzata al danneggiamento aggravato al patrimonio dello Stato. Anche chi consuma datteri di mare si rende complice di un grave reato ambientale. Quindi non abbiamo paura di segnalare i ristoranti o le pescherie che servono o vendono datteri di mare a tutte le Forze dell’Ordine, vigili urbani compresi, con i numeri di pronto intervento 112, 113, 117, 1530. Difendere le nostre tradizioni, la nostra storia, la nostra pizzica è bello. Ma difendere la nostra natura, il nostro mare, lo è molto di più. Non trovate?
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// Opinioni dal Tacco teRZO gRAdO
dOlce neRA di Marco Laggetta
Dopo la musica, il cinema! Fai sul serio anche questa volta? Avevo fatto dei corsi di teatro i primi anni di Università a Firenze e fra le varie proposte mi sono decisa a tuffarmi in questa avventura con la sceneggiatura di Giancarlo Scarchilli. Il film Vite Spericolate uscirà a settembre e molto probabilmente conterrà anche due mie canzoni di cui una sarà la canzone dei titoli di coda! Dobbiamo aspettarci qualche altra sorpresa? Mi hanno già proposto di scrivere un libro ed è un altro sogno nel cassetto…. Quello di scrivere un romanzo! Sei innamorata? Sempre e di tante cose: della vita, della musica, del mio ragazzo (salentino come me) Matrimonio o convivenza? Convivenza per il momento, anche se capisco benissimo le coppie che vogliono suggellare il loro amore davanti a Dio conferendo al loro rapporto una spiritualità! Sai cucinare? Certo! Mi piace cucinare soprattutto i primi: melanzane ripiene e ogni tipo di pasta. Mi rilassa molto e quando torno a casa alla fine di un tour mi chiudo in casa a fare una vita domestica! Se dovessi consigliare una ricetta per raggiungere il successo quante dosi di sacrificio e quante di fortuna metteresti? Beh per il successo ci vogliono alcuni ingredienti fondamentali: 300 grammi di volontà, 200 grammi di sacrificio e lavoro, 100 grammi di fortuna, 70 di autocritica, 50 di caparbietà, 40 di umiltà, un pizzico di incoscienza e una spruzzatina di pazienza! Quanto c’è di De Andrè nella tua formazione professionale (nome a parte)? Più che nella formazione professionale Fabrizio è nella mia formazione culturale. Ho appena finito di partecipare ai due spettacoli organizzati dalla Fondazione di De Andrè con i concerti di PFM. Ascoltando la sua musica grazie ad un papà fan, io credo di essere diventata più profonda, introspettiva e sensibile.
INDOVINA CHI E’?
La soluzione a pag. 46
commenti e opinioni da
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Con velo o senza velo, io rispetto la donna. Non è la superficie in centimetri quadri, né tanto meno in millimetri quadri che può fare la differenza e che può determinare il coefficiente di dignità di una donna. Una donna è una donna, sempre. Beniamino Piemontese, coordinatore associazione Osservatorio di Belloluogo http://www.iltaccoditalia.info/sito/indexa.asp?id=1833 Inquinamento, sporcizia, il più alto tasso di tumori, vieni a vivere tu a Milano. Vieni in zona ex fiera per vedere cosa stanno combinando cemento solo cemento. Milano città di vecchi, grigia, se vai in bici ti mettono sotto. luigisalento, 20 febbraio 2007 dal blog “Tamburo battente” di Cosimo Fracasso http://www.iltaccoditalia.info/blog/commenti.a sp?id=105
E delle sonorità del Salento? Porti qualcosa dentro di te e nelle tue canzoni? “Siamo tutti là fuori” la canzone con cui ho vinto Sanremo nel 2003 è una pizzica pizzica e mi è stata ispirata nelle calde e rumorose notti passate ad Otranto!!! C’è una scelta che non faresti mai più fra quelle che ti hanno portato al successo? Ho fatto errori, ma li rifarei perché tanto non si finisce mai di sbagliare, cambia solo il modo di sbagliare ed io sono contenta e fiera del mio percorso! Qual è il tuo peggior difetto? Ed il miglior pregio? La caparbietà che a volte diventa ottusità è il mio difetto. Il pregio… la dolcezza e la bontà! C’è un musicista del passato che avresti voluto conoscere? E dei contemporanei chi vorresti frequentare? Beh avrei voluto conoscere De André e Rino Gaetano! Oggi li ho quasi conosciuti tutti e ogni musicista ha il suo fascino e il suo talento. Forse Vasco Rossi e De Gregori sono i più enigmatici! Hai mai pensato, nei momenti di sconforto, che la musica non fosse la strada giusta? Ho scritto una canzone nell’album “Il Popolo dei Sogni” che si chiama “Giusta o Sbagliata” ed il ritornello fa….” E’ giusta o sbagliata la strade che fai, ma chi se ne frega, corri e non fermarti mai”. Lo sconforto nasce dalla paura di non essere accettati da chi ci sta intorno ma non potrò mai abbandonare la musica, perché la musica fa parte di me…sarebbe come andare in giro senza aver la faccia! I nostri migliori auguri Dolcenera. Ti auguriamo uno splendido futuro. E sono gli auguri de “Il Tacco d’Italia”, ma anche quelli di un Salento intero, orgoglioso della sua voce. Nu baciu forte forte a tuttu lu salentu
il tacco d’Italia
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Marzo 2007
Per le ingerenze del clero sulla politica. Per il sensazionalismo della stampa che trasforma bravate in barbarie. Per la politica che si cura solo del potere. E per il potere che logora chi non ce l’ha. A volte è difficile far finta di nulla..... Già più di vent’anni fa Giorgio Gaber si superò riunendo in un sol testo tutte le implicazioni della deriva del razionalismo democratico. Guido Picchi, 19 febbraio 2007 dal blog “L’eretico” http://www.iltaccoditalia.info/blog/?b=2 Ex Onorevole, tutti parole sono questi politici… come se anche il suo studio associato.... Gianni, 3 febbraio 2007 commento all’intervento “Pellegrino, attento al conflitto di interessi” di Lorenzo Ria http://www.iltaccoditalia.info/sito/commenti.a sp?id=1674 Con il vino si sentono meglio i sapori e gli odori della terra... consiglio, con i pezzetti, rigorosamente di cavallino, una bottiglia del rosso “Anarkos”...è buono, non ti stufa, pizzica allegramente la gola... e poi viene sia fatto che distribuito particolarmente (leggere l’etichetta sul retro...). Provare per credere! moniceddhru, 10 febbraio 2007 dal blog “Paly-list” http://www.iltaccoditalia.info/blog/commenti.a sp?id=96
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di Mario De Donatis
cHI può SblOccARe un pAeSe SenZA pOlItIcA
Oggi, come allora. Ricordate la marcia dei quarantamila della Fiat? Dai quaranta anni in su, molti la ricordano. Anche allora, di fronte a necessità di cambiamenti strutturali dell’economia, la politica non riusciva a dare risposte. Una cultura ispirata al socialismo reale che condizionava, anche, la stessa attività sindacale, non permetteva di cogliere il nuovo che stava emergendo. Gli spazi della mediazione politica erano ridottissimi perché anche quanti, con moderazione, cercavano di dare voce alle necessità del mondo imprenditoriale, venivano considerati conservatori e antidemocratici. La marcia dei quarantamila segnò una svolta. Nel bene e nel male, se si accetta di far parte di un sistema, non si può prescindere dalle regole che ne determinano la sopravvivenza. E l’evento promosso dalla classe dirigente della Fiat confermò che la maggioranza silenziosa riteneva di dover vivere e convivere con le regole dell’economia di mercato. Se vogliamo dirla tutta, importanti articolazioni del mondo culturale, sociale ed economico videro oltre gli angusti scenari che
la politica dell’epoca riusciva a cogliere. Ed il Paese riprese vitalità, con tutte le luci, di cui si è detto, e le ombre che quella svolta alimentò, a partire dalla crisi di rappresentatività dei sindacati confederali ed al rafforzamento del grande capitale, concentrato solo nel Nord del Paese. Siamo nell’ottobre del 1980 ed è l’imprevista iniziativa dei “colletti bianchi” ad aprire quel nuovo corso. La storia non si fa con i se e con i ma, ma è indubbio che gli scenari rappresentati da Moro nel Suo ultimo discorso, pronunciato ai gruppi parlamentari della Dc nel 1978, segnalava una problematicità e percorsi per sciogliere i nodi di un sistema politico bloccato. Nodi determinati da un contesto internazionale caratterizzato dal dualismo Usa-Urss che, in Italia, diede vita alla “democrazia imperfetta” e che Moro si prefiggeva di superare. La storia, come sappiamo, prese un’altra strada e da allora la politica, più che interpretare il nuovo e costruire il futuro, cerca, sempre e faticosamente - come è stato da “mani pulite” in poi – di assecondare disegni estranei, quantomeno non prioritari, rispetto alle reali esigenze del Paese.
PUBBLICALO SUL TACCO Inviate i vostri inediti (poesie, racconti brevi) a Il Tacco d’Italia, p.zza Diaz 5 Casarano; oppure a redazione@iltaccoditalia.info
Dell’anima
di Eugenio Giustizieri
I Eventi d’anima Nel miele dei versi I suoi tramonti Selve di gerani Esorcizzano la pena Del mio cuore Ora d’edera ora d’ombra.
Sulla nostra vita D’abissi lividi e chiarore.
II Sull’orlo del tuo sorriso Il sole s’è annegato E’ triste e bello Come un verso scandito Così dolce che vive e si agita
III Tu dai flutti azzurri e bruni Risplendi eternamente Al vento del mattino In qualunque luogo Tu venisti folle e lenta Come il tempo A fare dei miei sogni il tuo regno Dolce e amara anima. Novembre 2006
Oggi come allora. La Politica non riesce a svolgere il ruolo che le compete. I Partiti, come i sindacati degli anni ’80, hanno perso il contatto con la società civile. C’è un Governo che, al di fuori degli schemi di una democrazia parlamentare, è portato ad impegnarsi su riforme ambigue e non prioritarie, ed a rinviare quelle urgenti e necessarie per il Paese. C’è un Parlamento, composto da nominati, espressione di oligarchie, che è chiamato a legiferare, ma che non sembra cogliere i valori e gli interessi che il territorio esprime. In assenza della Politica, chi riuscirà a sbloccare il Paese, chi riuscirà a convogliare il fiume in piena della società civile per ridisegnare il letto e gli argini? L’Area del riformismo socialista e i moderati e cattolici potrebbero, in sede parlamentare, sbloccare il Paese. Ma l’attuale contesto impone un segnale, forte e convinto, da parte della stessa società civile. Il voto amministrativo, del prossimo maggio, potrebbe lanciare un segnale, per cambiare il volto della politica italiana.
di Guido Picchi
bAStA! Sono millenni che, con la scusa della religione prima e della ragione dopo, ci allontaniamo sempre più da noi stessi. Il ‘Sistema’ si regge ed autoalimenta grazie al malsano comportamento di noi tutti ed è ormai arrivato al livello in cui non siamo più noi a tenerlo in vita ma è lui ad alimentarsi e garantirsi la continuità grazie alla totale assenza di sentimenti che caratterizza la società razionale, capitalista e consumista. Pretendere di conoscere la ‘rivelazione’ (sia essa teologica o filosofica) ed esserne depositari equivale all’abuso della proprietà. (Come dire che stiamo sbagliando tutto, dalla religione alla scienza passando per la quotidianità.) Allora basta con tutto questo babelico rincorrere l’apparenza, fermiamoci e riaffermiamo la nostra appartenenza alla natura, al ‘sistema terra’. Magari iniziando dal non votare per le prossime comunali, peraltro già decise nel loro esito (vincerà Perrone, volete scommettere?), lasciando soli quelli che vogliono continuare su questa strada.....
Partecipate al sondaggio “chi voterai come sindaco per Lecce”? su www.iltaccoditali.net, scegliendo tra i cinque candidati oppure l’opzione Picchi “io non voto”. il tacco d’Italia
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LO STRANIERO
BOLLETTINO PER I NAVIGANTI
// Opinioni dal Tacco
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l’ARIA cHe tIRA
Retroscena. In agro di Lecce, in località Torre Veneri, una società anonima del Lussemburgo, l’Iskènia, ha acquistato 28 ettari. Il Centrosinistra, in particolare Antonio Rotundo, ha paventato il pericolo che l’acquisto sia stato portato avanti in vista della predisposizione del nuovo Piano urbanistico generale. Una colossale speculazione edilizia che rischia di travolgere il candidato del centro destra Paolo Perrone, che sotto elezioni sarà obbligato a fare chiarezza, dimostrando la sua estraneità alla vicenda.
“lA RepubblIcA delle dOnne ScOMpARSe”.
(8 marzo e dintorni)
di Luisa Ruggio Chissà dove sono finite le donne scomparse che l’8 Marzo si premura di ricordare... Sono scomparse due volte: il giorno in cui per una svista (n.d.r.) ci hanno rimesso la vita e più tardi, durante quegli anniversari che ne hanno smarrito la memoria. Perchè le feste per le lobby rosa di un giorno marzolino si sono sostituite agli anni di sangue. E perchè siamo bravi a trasformare quel sangue in belle parole. Le vittime dell’8 Marzo sono scomparse come le vergini di quel vecchio collegio letterario, quelle che furono inghiottite misteriosamente dalla nebbia surreale della Hanging Rock australiana, nel bel film di Peter Weir (“Picninc a Hanging Rock”). In quel caso, l’arte concettuale di un cineasta raffinato permise di racchiudere il senso di quella sparizione di gruppo nella fascinazione magnetica di una Natura che produce spesso nelle giovani donne un profondo straniamento. Ma nel caso della sparizione atipica dell’8 Marzo, le donne sono state inghiottite dalle donne stesse e la questione è meno languida. Qui la scomparsa è avvenuta su un altro piano, nei contesti di un femminino per niente sacro, circonfuso da una mercificazione di generi che rimbalzano altrove. Forse l’8 Marzo è il simulacro di una fragilità simbolica rinnovata, rafforzata da un atteggiamento di simulazione di un canone maschile che resta un diaframma irrisolvibile tra noi e il mondo, un velo di Maya che non riusciamo a strappare via e che si confonde tragicamente col tanga kitch dello spogliarellista di una notte. Eppure molte donne ci hanno provato a risolvere quel diaframma, molte salentine, la loro storia obliata è ciò che l’8 marzo ci dovrebbe mancare fino al dolore. E penso a Rina Durante, giornalista e scrittrice, fondatrice del sindacato per gli scrittori, penna di un Salento che non l’ha saputa sempre abbracciare e l’ha lasciata sola a lottare come una forsennata, tra le parole e il recupero di una lingua minore oggi tanto cara alla politica dei festival.
Voleva scrivere per il cabaret nell’ultimo periodo, la Rina, come mi confidò in un’intervista che ancora oggi mi toglie il fiato per la gestualità evocativa con la quale la signora in giacca maschile si spiega dinanzi alla telecamera. Nessuno ha saputo coglierlo quel suo sarcasmo, forse perchè era molto poco complice, refrattaria a rappresentarsi come l’uomo adora immaginarci, cioè delle
magnifiche creature che accettano, sotto sotto, una certa inferiorità. Sono più di 3 miliardi le donne e lei che non c’è più, col suo stile, resta la mia speranza, come Ségolene Royal per i francesi, se dovessero decidere in Aprile di mandare per la prima volta una donna all’Eliseo a gestire le sorti d’Europa insieme alla Cancelliera Angela Merkel. Non mi piace dover dire che rischiamo di perdere un’altra occasione. L’8 Marzo mi faccio una risata, amara.
di Enzo Schiavano
MenO ScRIvAnIA e pIù StRAdA peR I SeRvIZI SOcIAlI Morire di fame e di stenti nel 2007. E’ accaduto, purtroppo, nella nostra città, a Casarano. Poche settimane fa, un’anziana signora è stata trovata senza vita nella sua modesta casa, situata nel centro storico. Le modalità che hanno causato la morte di questa donna è una vergogna per una città che, nonostante la crisi del settore calzaturiero, occupa ancora i primi posti nelle classifiche economiche della Provincia. E’ un episodio che ricorda l’epoca delle macerie di una guerra in corso, non l’era di internet e della realtà virtuale. E’ un episodio che richiama le funzioni e le competenze dell’Ufficio dei Servizi Sociali. La famiglia della
signora era oggetto di controllo da parte degli uffici? Gli operatori sociali erano intervenuti? Anche se le risposte sono affermative (e non ho dubbi, in quanto le condizioni di indigenza erano note a tutti), la morte per stenti, nel 2007, non è accettabile. E’ una sconfitta senza appello per il servizio sociale del Comune e per la nostra comunità. Certo, anche i parenti e i vicini di casa hanno le loro responsabilità poiché hanno lasciato che la situazione arrivasse a tanto. La difficile situazione famigliare non può giustificare un fatto così grave. Questo episodio segna anche una forte criticità nel nuovo modello dell’Ufficio delle Politiche Sociali, non
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Marzo 2007
solo quello di Casarano, che da alcuni anni si è trasformato in una specie di studio di consulenza diretto da un top manager con l’obiettivo primario di intercettare investimenti per finanziare progetti. L’ufficio di via Padova, tra l’altro, gestisce una dotazione di decine di milioni di euro anche per gli altri comuni dell’Ambito di Bacino 4. Un po’ meno di scrivania e un po’ più di strada, però, non sarebbe male.
L’ERBA CATTIVA
// Opinioni dal Tacco
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//Copertina //Inchiesta //Donne di potere. Potere alle donne?
LA CONDIZIONE DELLE DONNE SALENTINE NELL’ANNO EUROPEO DELLE PARI OPPORTUNITÀ
dIS pARI OppORtunItà di Ada Martella
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I numeri parlano chiaro, più di tante parole. Numeri che stridono ancor più ora che la Comunità europea ha deciso di indire il 2007 come anno delle Pari Opportunità, fissando al 60% il tetto da raggiungere per l’occupazione femminile. In Italia la percentuale di donne che lavorano è poco più del 45%, in Puglia supera di poco il 30% e in Salento la percentuale si abbassa al 30%. I dati numerici, poi, diventano scoraggianti lì dove si cerca di capire quante delle donne occupate lo sono in posti dirigenziali: appena il 10% e quasi tutto dislocato al Nord, in Lombardia, sebbene le top manager provengano da tutt’Italia. Per capirci meglio: solo una donna su cinque è manager, appena 12 su cento hanno ruoli top executive, ossia verticistici. Sono, dunque, pochissime le numero uno nelle grandi imprese, ancor meno le donne che hanno responsabilità governative. “E’ assai significativo che le nuove ministre del governo Prodi siano state chiamate a compiti che più richiamano il tradizionale ruolo di “cura”: famiglia, giovani, sanità e naturalmente pari opportunità. Ministeri che sono quasi tutti “senza portafoglio” (5 su 6), quindi con minore riconoscimento, minore possibilità di incidere sui problemi e sulle politiche di sviluppo”, spiega Serenella Molendini, Consigliera delle Pari Opportunità della Provincia di Lecce. Perché, se è vero che l’Italia, e ancor più il Sud, si trovano a dover lavorare assai per raggiungere entro il 2010 la percentuale fissata dalla Comunità Europea, lo sforzo diventa immane quando si tratta di sfondare il cosiddetto tetto di cristallo. Un soffitto di vetro, quell’invisibile barriera che tiene le donne lontane dai vertici organizzativi, che spesso è il risultato di sottili meccanismi di discriminazione e contemporanei processi di autoesclusione. dentRO I nuMeRI
Non basta, infatti, sapere che l’occupazione femminile in Salento è cresciuta di qualche punto negli ultimi anni, dato che a dare man forte alla percentuale sono i numeri che provengono dal settore agricolo e manifatturiero, non certo dal mondo imprenditoriale. Tuttavia segnali sorprendenti provengono proprio dalla voglia (o dal bisogno) di autoimpiego delle donne: la Provincia di Lecce è all’undicesimo posto nella classifica nazionale per numero di aziende con titolari donne (si veda l’inserto “Il Salento che cresce). Ecco perché bisogna entrare nell’astrazione dei numeri per rendersi conto che le donne salentine sono lo zoccolo duro della manovalanza che fa da traino all’economia del territorio, ma sono una sparuta minoranza nei luoghi dove si prendono le importanti decisioni che possono far risollevare l’economia stessa. Secondo i dati emersi dal Documento Strategico Regionale, approvato dalla Giunta nell’agosto del 2006, la disoccupazione femminile in Puglia è tra le più alte d’Europa, mentre il tasso di natalità e il livello della qualità della vita sono tra i più bassi. Quest’ultimi due elementi sono importanti per rendersi conto che il problema della bassa occupazione femminile si inquadra in un sistema che poi tanto democratico non è, lì dove democrazia significa soprattutto un vivere e un agire civico, dove la cura per gli anziani e i bambini sono il fuoco centrale della società civile e non la palla di ferro ai piedi di chi se ne prende cura. Anche in questo caso, i dati italiani parlano chiaro. Più di una donna su dieci lascia il lavoro con la nascita del figlio. Il 40% delle donne che non lavora, lo fa per prendersi cura dei figli. A tutto questo si aggiunga la discriminazione sul piano retributivo: gli uomini continuano a percepire un salario più alto delle donne, a parità di ruolo. La media delle retribuzioni delle donne è circa la metà di quella degli uomini, la disparità delle retribuzioni costa alle lavoratrici a tempo indeterminato 3.800 euro netti all’anno in meno in busta paga, mentre la differenza sale a 10mila euro in meno per le lavoratrici autonome.
“E’ ASSAI SIGNIFICATIVO CHE LE NUOVE MINISTRE DEL GOVERNO PRODI SIANO STATE CHIAMATE A COMPITI CHE PIÙ RICHIAMANO IL TRADIZIONALE RUOLO DI “CURA”: FAMIGLIA, GIOVANI, SANITÀ E NATURALMENTE PARI OPPORTUNITÀ. MINISTERI CHE SONO QUASI TUTTI SENZA PORTAFOGLIO”. SERENELLA MOLENDINI, CONSIGLIERA DI PARITÀ-PROVINCIA DI LECCE
LA DEPUTATA SALENTINA TERESA BELLANOVA (DS) HA PRESENTATO UN EMENDAMENTO IN FINANZIARIA A FAVORE DELLE DONNE IN CONDIZIONI DI PRECARIATO. TUTTO QUELL’UNIVERSO DI LAVORATRICI CHE HANNO UN CONTRATTO “ATIPICO” TERESA BELLANOVA
UNA BUONA NUOVA
Deputata Ds A controcanto, vogliamo iniziare il nostro viaggio nel mondo del lavoro femminile da una buona notizia. Dalla proposta, presentata in Finanziaria, della deputata salentina Teresa Bellanova. Si tratta di un emendamento a favore delle donne in condizioni di precariato. Tutto quell’universo di lavoratrici, ma anche lavoratori, che hanno un contratto co.co.co, a progetto e via via, quelli che comunemente si chiamano “contratti atipici”. Un emendamento a favore di tutti coloro che sino ad ora non avevano diritti assistenziali riconosciuti, così come avviene ai fortunati che hanno un contratto a tempo indeterminato. Ovviamente, è un emendamento che riguarda anche gli uomini ma in questo caso è un beneficio che ricade indirettamente sulle donne. Poiché viene data la possibilità anche agli uomini con contratti atipici di assentarsi per la nascita di un figlio. Una possibilità, questa, che sembra un po’ remota nel “Salento mammone”, ma è pur sempre una possibilità sancita. Nello specifico, l’emendamento presentato da Teresa Bellanova, parlamentare diessina, prevede una serie di tutele che riguardano la maternità, la malattia e il congedo parentelare, già in vigore dal primo gennaio di quest’anno. Tante giovani donne, infatti, che già vivono l’incubo della precarietà di un lavoro a termine, si trovavano a procrastinare la scelta di diventare il tacco d’Italia
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madri poiché non gli venivano riconosciuti che soli tre mesi di assenza (non retribuita), nessuna possibilità di ammalarsi o che qualcuno della propria famiglia abbia la necessità di averle accanto per problemi seri, ossia diritti sacrosanti che ogni lavoratore ha guadagnato firmando un contratto diverso da quelli previsti dalla legge Biagi. Un grande passo in avanti, dunque. Soprattutto se applicato in una terra come il Salento dove gli asili nido, piuttosto che gli asili aziendali, sono ancora una sparuta minoranza, mentre sono le donne a rappresentare il 54% dei lavoratori parasubordinati, con percentuali di periodi di permanenza nel precariato che sono oltre il doppio di quelli per i colleghi maschi. Anche per quel che riguarda l’assistenza agli anziani, un problema che quasi sempre ricade sulle spalle delle donne, ecco che il congedo parentelare rende più agevole e umano il lavoro femminile. Parliamo della miriade di donne impegnate a tempo determinato nei call center, così come all’Università, piuttosto che nelle pubbliche amministrazioni. Serve una vera rivoluzione culturale nelle abitudini del vivere e del fare politica in questo Tacco d’Italia, ancor più che nel resto della penisola, una serie di puntelli normativi e programmatici che possano scardinare un sistema che ostacola il lavoro, la carriera, l’autodeterminazione delle donne, iniziando a riconoscere e proteggere le differenze.
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ELENA GENTILE
UN PATTO ATTESO. L’8 MARZO
Assessora regionale alle Pari opportunità Ed è con questo spirito che la Regione Puglia è pronta a partorire ulteriori possibilità sancite da nuovi regolamenti. L’assessorato regionale alle Pari Opportunità, guidato da Elena Gentile, sta lavorando alacremente in questi giorni per approvare l’8 di questo mese la nuova “Legge sulla conciliazione vita-lavoro e sui servizi per la parità tra donne e uomini”. Un lavoro di concertazione su tutto il territorio che ha coinvolto un altissimo numero di donne, occupate in politica, sindacati, associazioni, enti, che hanno stilato una sorta di mappatura di tutte quelle norme che, in concreto, potranno aiutare l’universo femminile ad infrangere, prima ancora che il famigerato tetto di cristallo che in Puglia è un tetto di piombo, tutte quelle barriere che rendono faticosa la strada per
inserirsi nel mondo lavorativo. Le parole d’ordine della nuova legge sono: parità, differenza, diritti, servizi, rappresentanza e partecipazione, azioni positive, famiglia e conciliazione, ruoli e aspettative di carriera, governance. “La legge incardina nel tessuto regionale alcuni criteri come il coordinamento dei tempi e degli spazi, tramite il piano territoriale degli orari, dei tempi e degli spazi, da concordare e approvare all’interno dei tavoli di concertazione dei Piani sociali di zona. Così come, sempre a livello di ambito territoriale, si lavorerà per l’istituzione delle banche dei tempi per fini di reciproca solidarietà ed interesse”, fanno sapere dall’ufficio assessorile di Elena Gentile. Le banche del tempo sono una pratica pubblica efficiente già sperimentata in molti regioni italiane, che consentono di sopperire ai bisogni sociali soprattutto delle donne che hanno figli e genitori anziani.
PIÙ DI UNA DONNA SU DIECI LASCIA IL LAVORO CON LA NASCITA DEL FIGLIO. IL 40% DELLE DONNE CHE NON LAVORA, LO FA PER PRENDERSI CURA DEI FIGLI. A TUTTO QUESTO SI AGGIUNGA LA DISCRIMINAZIONE SUL PIANO RETRIBUTIVO: GLI UOMINI CONTINUANO A PERCEPIRE UN SALARIO PIÙ ALTO DELLE DONNE, A PARITÀ DI RUOLO
lA pOlItIcA nOn è dOnnA COMUNI
SINDACI DONNA
V. SINDACO DONNA
PRES. CONSIGLIO D.
V. PRES. DEL CONSIGLIO D.
6 10 3 2 P.S. non è stato possibile reperire il dato di San Cassiano
N. ASSESSORI DONNE
N. ASSESSORI TOTALI
N. CONSIGLIERI N. CONSIGLIERI DONNE TOTALE
67
460
207
1518
6 “prime donne” sindaco (circa 6%); dieci vice sindaco (10 %); 3 presidenti del consiglio; 2 vice presidenti del consiglio; 67 assessori comunali, sui 460 totali (14,5%). Per i consiglieri comunali, e quindi per i rappresentanti direttamente votati, il dato sale a 207, su i 1.518 eletti (corrispondente al 30%). In alcuni comuni però nessuna donna è presente, neanche in consiglio. Con le amministrative nella Provincia di Lecce abbiamo tre nuove Sindache ( ricordiamo che il linguaggio non è mai neutro!): a Cannole Adriana Petrachi, a Corigliano Ada Fiore e a Galatina Sandra Antonica. Esiguo il numero di donne con responsabilità nel Governo Prodi (pur con passi avanti rispetto al precedente Governo Berlusconi). E’ assai significativo che le nuove ministre siano state chiamate a compiti che più richiamano il tradizionale ruolo di “CURA”: famiglia, giovani, sanità e naturalmente pari opportunità. Ministeri che sono quasi tutti “senza portafoglio” (5 su 6), quindi con minore riconoscimento, minore possibilità di incidere sui problemi e sulle politiche di sviluppo. Tre donne al governo della Provincia (Capobianco, Capone, Manieri) due donne nel Consiglio Provinciale (5 donne in totale) Tre donne al governo della Regione (Godelli, Gentile, Barbanente), 1 sola donna eletta Elena Gentile (Fonte: Ufficio della Consiglierà di parità della Provincia di Lecce)
SERENELLA MOLENDINI
CONSIGLIERA, SOLO PER LE DONNE
Consigliera di parità, provincia di Lecce A proposito di tempi e spazi, non è un caso che in Salento è cresciuta molto l’imprenditoria femminile nel campo della ricezione turistica, che implica un impegno non molto lontano da quello dell’accudire la famiglia, e che quasi sempre permette di conciliare entrambe le “cure”. Il proliferare di agriturismi e Bed&Brekfast in questi ultimi anni si può dire che è opera delle donne, visto che dal 2002 ad oggi le imprese femminili in questo settore sono cresciute del 14%, rispetto ad un 7% maschile. A riprova di ciò, il corso per chi fa impresa turistica, destinato a sole donne e messo in opera dalla Consigliera alle Pari Opportunità della Provincia di Lecce e dal sindaco di Uggiano, Cristina Rizzo, ha visto la partecipazione di 110 iscritte. Tante e molto motivate, se si considera che il corso era diretto solo al circondario di Otranto. L’ufficio della Consigliera alle pari opportunità è uno strumento tecnico, nominato direttamente dal ministero del Lavoro, con lo scopo di trovare soluzioni sul territorio espressamente per ciò che riguarda le problematiche del mondo del lavoro, soprattutto ha il compito di fare da anello di congiunzione tra le pubbliche amministrazioni, gli enti, le associazioni di categoria, i sindacati e le donne. Promuove protocolli d’intesa, come quello con la sindaca di Uggiano e che sarà replicato a
breve come corso itinerante anche nel nord Salento. Non ultimo, ha promosso il progetto che prevede la costituzione di tre asili aziendali negli ospedali di Gallipoli, Scorrano e Casarano, ora al vaglio del Ministero del Lavoro, che consentirà ai figli di tutti i dipendenti di usufruire anche della mensa dell’ospedale e delle cure pediatriche. Un esperimento mai tentato prima in Salento: un asilo che nasce all’interno di un’amministrazione pubblica e che si avvale interamente di strutture pubbliche. Tutto ciò grazie al Comitato per le pari opportunità, che è nato all’interno dell’Asl e che ha individuato come priorità l’assistenza ai bimbi dei dipendenti, da qui il progetto presentato al Ministero con l’intermediazione della Consigliera alle Pari Opportunità. Tutte azioni che rendono bene l’idea quando si parla di programmazione concreta, di come si costruisce un sistema di solidarietà a favore delle lavoratrici. L’ufficio della Consigliera alle Pari Opportunità, poi, fa anche ricerca sul territorio, tiene il polso al mondo del lavoro femminile facendo analisi di genere, ossia distinguendo tra uomini e donne. Cosa che sembra ovvia, ma non lo è, poiché è da pochi anni che il dipartimento di statistica nazionale stila le percentuali tenendo conto della diversità, sia essa di sesso o di altra natura. E’ dall’analisi dei problemi che scaturiscono le idee per cambiare la realtà dei fatti, motivo per il quale nel 2005 l’ufficio della Consigliera ha istituito l’”Osservatorio sull’Occupazione femminile e le condi-
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zioni di lavoro delle donne”. Tant’è che nello stesso anno l’Osservatorio ha partorito la pubblicazione Donne e lavoro, prima elaborazione mai fatta in Salento e che apre alla seconda analisi, alle stampe in questo mese attraverso la rivista della Provincia di Lecce, con il numero monografico dal titolo “Salento Economia Donna”. L’ufficio di Serenella Molendini ha, non ultimo, anche il compito di fornire consulenza a tutte le lavoratrici che subiscono discriminazioni e vessazioni. A detta della Molendini le preoccupazioni e le lamentele che arrivano sul tavolo del suo ufficio non sono poche, molte di queste le vengono portate da giovani professioniste che lavorano, spesso sfruttate, in studi professionali. Da qui nasce la sottoscrizione di un Protocollo d’intesa con la Direzione Provinciale del Lavoro di Lecce per attivare uno “sportello donna” allo scopo di rilevare i dati sulle dimissioni di donne entro il primo anno di età del figlio, ma anche a conoscere i dati relativi alle discriminazioni e agli squilibri di genere nei luoghi di lavoro. È pur vero che esiste un problema dentro al problema. Il lavoro nero in Salento è una realtà radicata e in misura maggiore tra le lavoratrici, per cui “se il tuo problema principale è quello di lavorare senza nessuna forma di copertura, è difficile che tu venga a denunciare vessazioni discriminatorie nel mio ufficio. Hai altre priorità a cui pensare”, conclude Serenella Molendini. A ben vedere, gli uffici e le normative ad hoc per le donne iniziano a diventare tante. Ma gli effetti benefici sul territorio Salento stentano a farsi sentire, è necessario che le donne esercitino ancora la disciplina della pazienza. Malgrado le buone intenzioni.
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fInAnZIARIA 2007:
A SOStegnO del lAvORO pRecARIO
PRIMA FIRMATARIA, ONOREVOLE TERESA BELLANOVA Diritto alla maternità e paternità Si estende ai lavoratori parasubordinati il diritto ai congedi parentali (3 mesi nel primo anno del bambino con il 30% della retribuzione) e le tutele per la malattia; Per la tutela della maternità (anche nei casi di adozione o di ingresso in famiglia), è corrisposto per gli eventi di parto verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2007 un trattamento economico per congedo parentale, limitatamente ad un periodo di tre mesi entro il primo anno di vita del bambino, pari al 30 % del reddito preso a riferimento per la corresponsione dell’indennità di maternità; Riconosciuta ai lavoratori parasubordinati (non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie) la tutela per malattia (1/6 della durata del contratto e comunque non inferiore a 20 giorni per anno solare); Si estende la facoltà di riscatto dei periodi di congedo per motivi di famiglia (legge n. 53/2000) anche ai periodi antecedenti al 31 dicembre 1996, riconoscendo anche per i lavoratori a progetto e categorie assimilate i diritti.
// Il gRAnde AbbRAccIO dell’8 MARZO. lA nuOvA legge RegIOnAle Sulle pARI OppORtunItA’ La Regione approverà l’8 di questo mese la nuova “Legge sulla conciliazione vita-lavoro e sui servizi per la parità tra donne e uomini”. Frutto di un intenso lavoro di concertazione tra centinaia di donne di tutto il territorio, rappresenta il tentativo istituzionale di creare una vera tela di linee guida (per le pubbliche amministrazioni così come per le aziende private) che sia di supporto e protezione alle donne. Come il grande abbraccio di una comunità femminile arcaica in questa nostra contemporaneità. Gli obiettivi principali: a) Conciliazione dei Tempi di Vita e di Lavoro b) Servizi di sostegno alla maternità e alla genitorialità; c) Sistema di Governance d) Contrasto agli stereotipi di genere attraverso un intervento sui meccanismi di informazione pubblica e privata affinché promuovano la cultura delle pari opportunità e l’evoluzione dei modelli culturali // pIù pOlItIcHe Si intende raggiungere una “soglia di parità” del 40% di uno dei due sessi nelle liste dei candidati alle elezioni regionali, entro un lasso di tempo stimabile in due legislature. Perciò si prevede: a) Alternanza dei due sessi almeno nella prima metà delle liste dei candidati. b) Creazione di una banca dati di curricula di donne che desiderano e sono in grado di impegnarsi nella presa di decisione politica. A titolo sanzionatorio, per le liste che in una prima fase non rispettano il vincolo dei 2/3 previsto e successivamente per le liste che non rispetteranno il 40% della rappresentanza, introdurre il criterio dell’inammissibilità e del conseguente rigetto delle liste elettorali inadempienti. // pIù AMMInIStRAtRIcI a) Previsione del rispetto della parità tra i sessi nelle nomine dei consigli di amministrazione degli enti pubblici; b) Misure a sostegno dei percorsi di carriera per le donne nella pubblica amminsitrazione, quali programmi di formazione continua e arricchimento delle competenze e inserimento dello strumento del bilancio di competenze come possibilità di avanzamento di carriera; Alle imprese che adottano tali Piani, potrebbe essere conferito un “marchio di qualità” che potrebbe ottenere un punteggio premiale nell’accesso alle gare pubbliche espletate dalla Regione. // QuAlI StRuMentI a)Istituzione del Centro Risorse Regionale con funzioni di informazione, formazione, animazione e supporto alla progettazione rivolta in particolare agli Organismi di parità anche con l’obiettivo di promuovere progetti di sviluppo locale che favoriscano l’inserimento delle donne nella vita economica e sociale. b) Istituzione di un Albo regionale delle associazioni e dei movimenti delle donne affinché la Regione collabori con le associazioni femminili iscritte all’albo. c) La predisposizione di un rapporto annuale sulla condizione femminile in Puglia, nel quale siano rappresentati e monitorati tutti gli aspetti della partecipazione delle donne alla vita familiare, politica, sociale, culturale, economica della Regione; Strumenti di incentivazione e di sanzione per le pubbliche amministrazioni che disattendono le norme previste in materia di pari opportunità.
// AllA RIceRcA del teMpO peRdutO Si definiscono “libere associazioni tra persone che si auto-organizzano e si scambiano tempo per aiutarsi nelle piccole necessità quotidiane”. Diversamente da quelle inglesi, le banche del tempo italiane non sono finalizzate allo scambio di merci o prestazioni con un valore di mercato valutabile; sono invece luoghi nei quali si recuperano le abitudini, ormai perdute, di mutuo aiuto tipiche dei rapporti di buon vicinato e si
riscopre l’importanza di un valore ormai sempre più raro: il tempo. La prima banca del tempo é nata a Parma nel 1992, per iniziativa della segreteria provinciale della Uil Pensionati, ma, velocemente, queste associazioni si sono diffuse in tutta Italia. La regola di fondo delle banche del tempo é lo scambio; di prestazioni minute che riguardano le faccende della vita quotidiana o dei saperi. Una sorta di baratto delle conoscenze. La banca del tempo si organizza come una vera e pro-
QuAndO le dOnne fAnnO lA RIvOluZIOne. In AMeRIcA È notizia di questi giorni, fresca fresca dalla civilissima America. Più di un centinaio di donne si sono costituite contro una delle più grandi società statunitensi nel settore dei grandi magazzini. La Wall-Mart, che conta più di un milione di dipendenti e oltre 3400 negozi in tutto il Paese, sperava di farla franca contro quel 60% di dipendenti tutto femminile, di cui solo il 14% riveste ruoli da dirigente. L’esercito delle cento donne, in rappresentanza di tutte le altre, hanno ottenuto di portare in tribunale uno tra i più famosi datori di lavoro del mondo, con l’accusa di “sexual discrimination”. Le donne della catena Wall-Mart percepiscono mille e cento dollari annui in meno rispetto ai loro colleghi maschili, a parità di mansioni. Devono attendere in media otto anni prima di essere promosse a “vice manager”, mentre per un uomo si richiedono solo due anni e mezzo. E, se ciò non bastasse, sono stanche di essere chiamate “bambola” dai loro capi, e non vogliono più essere invitate a “farsi belle”. L’azione legale messa in atto dalle commesse ribelli si chiama “class action” nel gergo giuridico americano, un’azione collettiva condotta da un gruppo di persone che si trovano in circostanze simili. Secondo gli avvocati che portano avanti la class action, ci sono oltre un milione e mezzo di donne, che hanno lavorato per la Wall-Mart dal 1998, che possono aderire alla causa. E dire che Sam Walton, che ha fondato la Wall-Mart nel 1962, portava come fiore all’occhiello la filosofia secondo la quale preferiva di gran lunga assumere donne, anche poco qualificate, perché “sono più docili”. ROccO eSpOSItO: pIOnIeRe dellA pARItà SAlARIAle nel Sud ItAlIA Rocco Esposito, ex presidente della Commissione Tributaria di Lecce, originario di Tiggiano: “Sono particolarmente, fiero fra tutte le sentenze scritte nel corso della mia lunga carriera, di una sentenza che redassi quando ero pretore di Maglie nel 1966: primo nell’Italia meridionale ad affermare la parità di trattamento retributivo tra donne e uomini quando esercitavano la stessa attività. Per questo condannai un proprietario terriero, nobile e che conoscevo bene, avendo lavorato da ragazzo come inserviente alle dipendenze di suo cognato, a pagare a numerose raccoglitrici di olive la differenza paga di cinquenni. Dal 1966 al 1972 firmai un centinaio di sentenze in cui sancivo il diritto alla parità di trattamento salariale fra donne e uomini, a parità di mansioni svolte. Successivamente, a partire dal 1972, sentenze simili portano anche la firma di Alberto Maritati”.
lu ‘ntartei, la banca del tempo in versione Salento Succedeva così nelle corti dei paesi salentini. La mamma, ad un certo punto della giornata, mandava il figlio dalla vicina a chiedere lu ‘ntartei. Alla lettera è l’intrattenimento, ma in realtà è una parola magica che la donna usava per chiedere un mutuo (e reciproco) soccorso ad altre donne. Il bambino, che prendeva sul serio il compito di procurarsi lu ‘ntartei, si affrettava dalla vicina, complice della mamma, e aspettava di ricevere il dovuto. La donna iniziava a prendere tempo, “aspetta fammi finire di lavare i piatti e tu nel frattempo gioca con il cane, che poi ti do quello che vuole la mamma tua”. Il bambino paziente aspettava, e poi tornava alla carica per adempiere al proprio compito e tornare a casa. Questo temporeggiare durava quel tempo che, secondo la donna, poteva bastare alla madre del bambino per prendere fiato, o per prestare più attenzione al vecchio di casa, per finire di ricamare o di tessere, ma anche sedersi a non fare nulla. Necessità che tutte le donne conoscono bene, facile quindi che scaturisca una naturale solidarietà, un’offrire il proprio tempo a favore di un’altra. Una solidarietà arcaica che oggi è sostituita dai servizi offerti dalle Banche del Tempo. Senza parola magica. pria banca, dotata di atto costitutivo e regolata da statuto: il tempo scambiato si misura in ore; gli scambi si pagano con assegni presi dal libretto che viene assegnato in dotazione a ciascun socio; ogni iscritto ha un proprio conto corrente sul quale la segreteria della banca segna crediti e debiti (ovvero le ore prestate e quelle ricevute). Una differenza rispetto ad una banca, in effetti, c’é: non si maturano interessi sui depositi e non si pagano quando si va in rosso. Esiste però un vincolo: il pareggio; e se i conti non tornano, è pena l’esclusione.
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//Attualità //Cambiamenti //Sessualità
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Come professionisti cui è affidata la salute delle donne, non possiamo essere indifferenti alla battaglia sociale da queste condotta, attraverso un percorso lungo e difficile verso l’emancipazione e l’affermazione dei propri diritti. Nel Codice di Famiglia del 1865, le donne non avevano ancora il diritto di esercitare la tutela sui figli legittimi e l’articolo 486 del Codice Penale prevedeva una pena per la donna adultera, mentre puniva il marito solo in caso di concubinato. Il fascismo, poi, inaugurò una sua politica sul tema dei diritti delle donne, spingendole quanto più possibile entro le mura domestiche, secondo lo slogan: “la maternità sta alla donna come la guerra sta all’uomo”, che ebbe comunque il merito di porre l’attenzione sulla necessità di tutelare le donne ed i loro figli tramite consultori dell’Opera nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia (Onmi). Le mogli prolifiche venivano insignite di medaglie e quelle infertili curate con ogni mezzo.
Gregory Pincus, il biologo che inventò la pillola anticoncezionale
erano associati estrogeni e derivati chimici del progesterone erano capaci di inibire l’attività ipofisaria femminile. I brillanti risultati ottenuti durante la sperimentazione clinica di massa in Portorico dall’aprile del 1956 e pubblicati poi nel ‘59 dallo stesso Pincus dettero ragione ai ricercatori. Nel 1961 la pillola arriva in Europa e poco dopo in Australia con il nome di ANOVLAR. In Italia arrivò nel ’65, ma sin dall’inizio fu disponibile in farmacia sotto prescrizione medica solo per indicazioni terapeutiche quali “menometrorragie funzionali e turbe del ciclo mestruale”, a causa dell’opposizione dello Stato (all’epoca vigeva ancora il Codice Rocco ed il controllo della fecondità era considerato un “attentato all’integrità della stirpe”) e della Chiesa (nel luglio 1968, il Pontefice Paolo VI sconfessava come immorale l’uso della pillola nell’Enciclica Humanae Vitae). Malgrado ciò, nel 1971 in Italia, l’associazione Italiana per l’educazione Demografica (AIED) ottenne l’abrogazione dell’articolo del codice penale che vietava la propaganda e l’utilizzo di qualsiasi mezzo contraccettivo. Nel ‘76 il Ministro della Sanità abrogò le norme che vietavano la vendita della pillola anticoncezionale e, dopo 11 anni, la pillola arrivò nelle farmacie italiane riportando l’indicazione “contraccettivo” sul bugiardino e sulla scheda tecnica. Il successo non modificò la vita di Gregory Pincus, uomo modesto e geloso della propria privacy, che morì nel 1967, un anno prima della rivolta studentesca e della rivoluzione sessuale, che utilizzò la “Pillola di Pincus” come simbolo di cambiamenti sociali nell’Europa Occidentale. La dissociazione dell’atto sessuale dalla riproduzione ha permesso alla donna di svincolarsi dal solo ruolo di madre per potersi affermare anche come individuo sociale, attivo in molti ambienti soprattutto in quello lavorativo. Tuttavia ogni conquista ha un prezzo da pagare. Negli ultimi decenni, infatti, il tasso totale di fertilità è continuato a scendere in tutte le regioni del mondo e si prevede che continuerà a diminuire nei prossimi anni fino a crollare al 2,36 % negli anni 2020-2025.
Il dOttORe dI evA Nel 1948 la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” proclamò gli stessi diritti per tutti gli esseri umani e nel 1979 la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (Cedaw) impose ai 169 Stati firmatari di realizzare le pari opportunità. Anche le porte della Res Pubblica sono state aperte alle donne molto lentamente, dal diritto al voto (2 giugno 1946), alla copertura di ruoli istituzionali sempre più importanti, primo fra tutti nel 1951 quello di Angela Cingolani, nominata sottosegretaria dell’Industria e del Commercio. Nel 1958 venne approvata la legge Merlin che aboliva lo sfruttamento statale della prostituzione. Nel 1959 nacque il corpo di Polizia Femminile e nel 1961 si aprì alle donne la carriera diplomatica e in magistratura. Dell’ultimo terzo di secolo sono la concessione del divorzio (1970), confermata dal referendum del 1974, la parità legale fra i coniugi (riforma del diritto di famiglia; 1975) e la legalizzazione dell’aborto (1978).
da Ogino e Knaus durante il ventennio fascista o, più recentemente, il “Sintotermico” proposto negli anni ’70 dai coniugi Billings. Ma ecco che ancora una volta la scienza viene incontro alle necessità delle donne per merito di Gregory Pincus, il biologo che inventò la contraccezione orale, ma già conosciuto sin dal 1932 come il “Frankenstein della scienza americana” per i sui studi sulla partenogenesi. Nel 1951 ebbe un contributo di 40.000 dollari dalla signora McCormick, miliardaria americana ed amica di Margaret Sanger fondatrice del “Movimento internazionale per il controllo delle nascite”, con l’unica raccomandazione: “…Faccia tutto il possibile, vogliamo rapidamente un risultato!”. Grazie anche a precedenti studi, venne messa a punto negli Stati Uniti la pillola orale ad azione contraccettiva, in cui Lamberto Coppola, fisiopatologo della riproduzione
ARRIvA lA SeSSuAlItà
SenZA RIpROduZIOne Le donne hanno un periodo di fertilità di circa trent’anni, nel corso dei quali sentono l’esigenza di una sessualità non solo procreativa, ma anche e soprattutto creativa e ricreativa. Se è vero che la storia della contraccezione è antichissima, è pure vero che con il diffondersi del cristianesimo si è assistito, soprattutto nei paesi occidentali, ad un atteggiamento integralista di rigidità a qualsiasi procedura scientifica di controllo delle nascite, al punto da permettere anche nell’ambito matrimoniale solo i rapporti tesi alla procreazione. Al massimo venivano illustrati e propagandati i metodi naturali come quello descritto il tacco d’Italia
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LA DISSOCIAZIONE DELL’ATTO SESSUALE DALLA RIPRODUZIONE HA PERMESSO ALLA DONNA DI SVINCOLARSI DAL SOLO RUOLO DI MADRE PER POTERSI AFFERMARE ANCHE COME INDIVIDUO SOCIALE, ATTIVO IN MOLTI AMBIENTI SOPRATTUTTO IN QUELLO LAVORATIVO. TUTTAVIA OGNI CONQUISTA HA UN PREZZO DA PAGARE.
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//Attualità //Bugie di Stato //Sindrome dei Balcani
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Cronache di morti annunciate non smettono di susseguirsi sulle pagine dei giornali: una strage lenta, silenziosa, si sta srotolando sotto gli occhi di tutti, irrompendo nelle case dei nostri militari. In Italia, più di 500 soldati malati, 45 i morti, tre commissioni scientifiche e una commissione d’inchiesta al Senato. Ultimi, ma solo in ordine cronologico, sono i casi di una crocerossina (attualmente in gravi condizioni) e di un tenente colonnello dell’esercito, residenti nella Provincia di Lecce, che presentano i sintomi del linfoma di Hodgkin (un tumore maligno del sistema linfatico) dopo aver partecipato come volontari a diverse missioni in Kosovo, soprattutto nel 1999: due nuove testimonianze che confermano la Puglia, insieme alla Sardegna, come la regione capofila per il numero di vittime dell’uranio impoverito.
ALTRI 2 NUOVI CASI DI LINFOMA SONO STATI REGISTRATI IN PROVINCIA DI LECCE ALL’INIZIO DEL 2007. NEL SALENTO GIÀ DUE SOLDATI SONO MORTI. LA PUGLIA È CON LA SARDEGNA LA REGIONE CHE CONTA IL MAGGIOR NUMERO DI VITTIME DELL’URANIO IMPOVERITO
uRAnIO IMpOveRItO:
lA StRAge lentA dI un kIlleR InvISIbIle di Flavia Serravezza er la provincia leccese, però, non si tratta di una novità: una patologia neoplastica del midollo osseo, contratta durante le missioni umanitarie in Kossovo, ha portato alla morte, avvenuta nel 2005, del 25enne caporalmaggiore Alberto di Raimondo, di Salice Salentino, mentre il sergente Andrea Antonaci, di Martano, è deceduto nel 2000 dopo esser tornato dalla Bosnia malato di linfoma. A lottare contro la malattia è anche il capitano Carlo Calcagni, di Campi Salentina, impegnato nella campagna di sensibilizzazione sulle conseguenze dell’utilizzo dell’uranio impoverito. Pilloni, Di Giacobbe, Maramarco, D’Alicandro, La Monaca, sono altre vittime pugliesi. Di queste conosciamo i nomi, ma ci sono altri militari ammalati che si rifiutano di parlare e altrettanto fanno le loro famiglie. “Ciò che più preoccupa - ha dichiarato Falco Accame, ex presidente della commissione Difesa della Camera e presidente dell’Anavafaf, associazione dei parenti delle vittime delle Forze armate - è che di tutti questi casi, ovviamente noti al Ministero della Difesa attraverso i vari distretti e comandi, si è avuta notizia solo accidentalmente, pur essendo lo stesso ministero obbligato a fornire annualmente alle commissioni parlamentari competenti l’elenco degli infortunati indicandone le cause presunte o certe. Fino ad oggi nessun caso di contaminazione da uranio impoverito è stato segnalato, il timore è
dAllA SIndROMe del gOlfO AllA SIndROMe deI bAlcAnI
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Radioattivo. Un proiettile all’uranio impoverito.
quindi che quanto si conosce del fenomeno sia solo la punta di un iceberg. Su tutta la vicenda dell’uranio impoverito – ha detto Accade a Grnews.itsperiamo che almeno l’esposto presentato nei mesi scorsi alla Procura della Repubblica di Bari da parte di un sindacato contribuisca a rompere il segreto che da troppi anni impedisce una valutazione realistica del fenomeno”. il tacco d’Italia
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La storia dell’uranio 238, un metallo residuale di reazioni nucleari impiegato, a partire dalla prima guerra del golfo del 1991, in molti teatri di guerra (compresi ex Iugoslavia, Afghanistan e Iraq), è nota oggi come Sindrome dei Balcani, quella che mese dopo mese annuncia i nomi di nuovi militari colpiti da linfomi e da tumori di vario genere. Morte, rabbia, disinformazione, menzogne e bugie di Stato che non lasciano in pace le famiglie di centinaia di soldati: militari che lottano contro mali terribili, che continuano a tornare dalle missioni, ormai anche dall’Iraq, con delle patologie che non lasciano scampo. “Una vergogna tutta italiana”, l’ha definita il maresciallo Domenico Leggiero, dell’Osservatorio militare di Roma (Osservatorio permanente sulla tutela dei diritti dei lavoratori delle Forze Armate e Forze di Polizia). “I massimi vertici militari italiani – scrive Leggiero sul libro-denuncia Uranio: storia di un’Italia impoverita - convinti di poter nascondere fino all’ultimo l’utilizzo di ordigni all’uranio impoverito, li hanno nascosti o giustificati e hanno inviato i nostri soldati nei Balcani senza le
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necessarie precauzioni, ma i nostri Stati Maggiori sapevano, erano stati informati dalla Forze Armate degli Stati Uniti delle regole di comportamento da seguire”. Una tesi sostenuta anche da Falco Accame, presidente dell’Anavafaf, associazione dei parenti delle vittime delle Forze armate. “Tutti i comandi militari italiani – ribadisce Accame - erano a conoscenza dell’uso delle armi all’uranio impoverito nei Balcani ma ne è stato tenuto all’oscuro il governo, così come i cittadini italiani, i militari, i volontari delle organizzazioni non governative (ong), il personale della Croce rossa e delle forze di polizia”. Un video portato davanti alla Commissione d’inchiesta del Senato sull’uranio impoverito (istituita il 17 novembre del 2004) dall’Osservatorio militare di Roma, il 23 giugno del 2005, mostrava immagini chiare: militari che parlano di un’arma micidiale, soldati americani che suggeriscono
IN ITALIA SONO 512 I SOLDATI MALATI E 44 I MORTI. UN BILANCIO PROVVISORIO, DESTINATO A CRESCERE. PERCHÉ LA COSIDDETTA SINDROME DEI BALCANI È UNA “VERGOGNA TUTTA ITALIANA”. COME LA DEFINISCE DOMENICO LEGGIERO, DELL’OSSERVATORIO MILITARE DI ROMA di prendere delle precauzioni (indossare maschere, guanti, non sostare in prossimità di esplosioni, sottoporsi a rigorosi controlli medici) quando si lavora in zona contaminate dall’uranio impoverito. Quel video è datato 1995 e parla della Bosnia. Testimonia che i comandi Nato informavano i Paesi membri dei pericoli legati alla contaminazione da uranio impoverito e che le nostre autorità militari erano a conoscenza dei rischi per la salute dei nostri soldati. L’Osservatorio militare si batte per cercare di smentire la tesi negazionista che le Forze Armate continuano a portare avanti
“Povero uranio”. Mostra di mail art a Milano
Allarme. Uranio in Val di Susa
fORZe ARMAte SOttO OSSeRvAtORIO Lei è volontariamente in congedo? “Un congedo “forzato” considerato che, alla fine del mandato al CoCeR e poi di un anno di distacco alla protezione civile, nonostante fossi un pilota militare con oltre 2000 ore di volo e varie missioni internazionali, mi avevano destinato a prestare servizio in un magazzino a Roma (la mia famiglia a Firenze) con uno stipendio ridotto dell’aeronavigazione e dell’impiego operativo. Impossibile sopravvivere in modo dignitoso in servizio”.
sulle responsabilità dell’uranio impoverito nelle malattie dei soldati italiani, rientrati dalle missioni in Bosnia, Kosovo e Iraq. Forse è una problematica poco attuale da affrontare sui giornali se non attraverso le cronache di morti annunciate da studi passati inosservati. Eppure c’è chi non si arrende: non sono solo le famiglie dei soldati e le associazioni di tutela dei militari, ma anche avvocati, medici, scienziati e alcuni politici che intendono contribuire alla battaglia che potrebbe salvare la vita di altri ragazzi impegnati nelle missioni di pace.
Quando e con quale scopo ha fondato l’Osservatorio militare? Non sono stato il solo a fondare l’Osservatorio, con un gruppo di amici, oserei dire fratelli, abbiamo deciso di affrontare insieme una tra le più grosse battaglie di civiltà degli ultimi anni. Vi era la necessità di far capire a tutti gli italiani che, anche se i compiti ed il ruolo delle Forze Armate erano cambiati, il sistema Difesa non era pronto e la superficiale disponibilità data dai nostri vertici alle tante operazioni internazionali potevano rappresentare un pericolo per tutti. Infatti, solo la professionalità della base dei militari ha evitato altre tragedie; i vertici militari, non si dimostrarono all’altezza e neanche a distanza di anni pagano i loro errori e la gestione “discutibile” degli ultimi 30 anni. Lei ha ricevuto anche alcuni atti intimidatori. Ultimamente le hanno recapitato un proiettile in una busta per posta? Come se lo spiega? “E’ vero, non solo il proiettile, ma essendoci indagini ancora in corso preferisco non parlarne. Mi auguro che questi atti scellerati siano solo frutto di qualche esaltato”. “Lei ha conosciuto il sergente salentino Andrea Intonaci. I suoi familiari ancora oggi si informano, vogliono capire, vogliono che sia fatta giustizia per Andrea e per tutti i soldati che continuano ad ammalarsi. Andrea aveva deciso di parlare e di esporsi. Ci sono altri militari disposti a fare la stessa cosa? “In un primo momento si, da qualche tempo
DOMENICO LEGGIERO, responsabile del reparto Difesa dell’Osservatorio Militare di Roma
però, dopo che sapientemente lo Stato Maggiore, con la complicità della Rappresentanza militare, ha fatto cadere nel silenzio lo scandalo ed interviene immediatamente nei confronti dei malati e/o dei famigliari dei deceduti, con promesse e speranze puntualmente tradite (il tempo dell’impatto mediatico) nessuno più ha il coraggio di parlare, quando capiscono che sono stati presi in giro, allora è troppo tardi per avere considerazione dai mezzi d’informazione”. Secondo Lei, perché dalla Finanziaria 2007 sono spariti i finanziamenti destinati alle vittime dell’uranio impoverito? “Perché quell’ammissione, così com’era stata scritta, rappresentava un’ammissione di colpa e quando si ammette una colpa vuol dire che c’è un colpevole. Siccome in Italia i Vertici militari non possono mai essere colpevoli di cose gravi, ecco che scompare la dicitura e, guarda caso, subito dopo l’archiviazione del caso Ustica (in cui per i Generali il reato è prescritto), le vittime di quell’attentato vengono considerate vittime del terrorismo ed attingono a quegli stessi fondi per essere risarciti”. Di uranio impoverito si continua a morire. Sembra una strage lenta e certamente silenziosa. Perché i militari colpiti da malattia hanno paura di parlare? “Perché l’Amministrazione della Difesa fa paura, perché i “consigli” del Comandante sono ordini, perché in Italia i Generali non possono pagare, è molto più semplice far morire un soldato senza neanche ricordarlo tra le vittime di un conflitto che far pagare un reato ad un Generale”.
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// QuAndO lA pROfeSSIOne dIventA
MISSIOne
ANGELO FIORE TARTAGLIA, DA ANNI AFFRONTA LE CAUSE IN DIFESA DEI MILITARI IMPIEGATI IN MISSIONI DI PACE E ALL’ESTERO. NELLE SUE PAROLE, ANCHE LA STORIA DI ANDREA ANTONACI, IL SERGENTE DI MARTANO DECEDUTO PER UN LINFOMA CAUSATO DALL’URANIO IMPOVERITO In che modo cerca di portare avanti la battaglia dei militari morti a causa dell’uranio impoverito e di tanti altri che continuano ad ammalarsi? “Mi occupo da sempre, dall’inizio della mia professione del diritto militare e non per una mia precisa scelta ma perchè sono stato chiamato, quasi per caso, non appena diventato avvocato ad occuparmi della varie problematiche afferenti il personale del Corpo della Guardia di Finanza. Ho iniziato così ad appassionarmi delle varie questioni giuridiche che mi venivano prospettate ed ho notato che in quel settore del diritto vi era necessità di far affermare con forza i valori giuridici del nostro ordinamento. I militari vivono ancora in un ordinamento fascista pur facendo parte, a tutti gli effetti, del nostro ordinamento giuridico. Nel 2000 conobbi il maresciallo Domenico Leggiero che allora faceva parte del CO.C.E.R. dell’Esercito (una sorta di sindacato delle Forze Armate). Avemmo modo di confrontarci, io sul versante giuridico, lui su quello emotivosindacale, e ci trovammo sulla stessa linea. Ricordo che in quel periodo avevo affrontato dinanzi al T.A.R. del Lazio una causa risarcitoria in favore di un militare elicotterista che si era ammalato di tumore ed ebbi modo di spiegare a Leggiero che le regole di sicurezza degli ambienti lavorativi valevano anche per le Amministrazioni militari. Ed in vero quella del Tar del Lazio era la prima pronuncia che affermava questo principio anche per i militari. Il TAR sposò appieno la tesi dell’obbligo di protezione delle Amministrazioni militari nei confronti dei propri appartenenti. Di lì a poco Leggiero mi raccontò di un militare dell’Esercito che si era ammalato di leucemia durante la missione in Kossovo. Leggiero ricollegava tale episodio a quelli accaduti durante la guerra del Golfo,
tant’è che ebbe modo di dimostrarmi non solo che era stato utilizzato in Kossovo, come nella guerra del Golfo, munizionamento all’uranio impoverito ma anche che gli Americani avevano diramato precise direttive agli Stati alleati, tra cui l’Italia, circa la pericolosità derivante dall’esposizione ad ambienti ove era stato utilizzato tale munizionamento. Si precisava, in particolare, che dalle esperienze degli stessi Usa l’inalazione o l’ingestione di particelle contenenti uranio impoverito potevano provocare patologie tumorali e pertanto si invitavano gli Stati alleati presenti in loco a munire i propri militari di tutti quei mezzi di precauzione utili ad impedire l’inalazione o l’ingestione di dette particelle tossiche”. Lei ha conosciuto anche uno dei primi ragazzi salentini deceduti per un linfoma provocato dal contatto con l’uranio impoverito. Il sergente Andrea Antonaci aveva deciso di parlare… “Andrea era un giovane che era stato impiegato in Kossovo nelle zone più massicciamente bombardate con proiettili all’uranio impoverito. Era un geometra e per servizio effettuava sopralluoghi sui siti bombardati. Spesso si era trovato all’interno di edifici semi distrutti ed aveva respirato quelle polveri che erano in continua sospensione a causa del continuo vento. Anche la base in cui soggiornava era stata oggetto di massicci bombardamenti con proiettili all’uranio impoverito. Andrea era un giovane brillante, pieno di vita, che voleva sposarsi al più presto con la propria fidanzata. Quando lo conobbi portava in testa una bandana perché la chemioterapia a cui si sottoponeva per sconfiggere il male lo aveva reso completamente calvo. Spesso mentre parlava doveva correre in bagno a rimettere. Rimasi particolarmente colpito da quel giovane. Nonostante tutto era ancora pieno di speranze, aveva negli occhi la luce della speranza, l’amore
per il prossimo. E con lui la sua fidanzata ed i genitori che non lo lasciavano un attimo, neppure con lo sguardo. Andrea mi raccontò che non gli avevano detto nulla dell’utilizzo di tali armamenti nocivi, né gli erano stati dati in dotazione mezzi di precauzione come guanti, maschere nasali o altro. Nulla di nulla. Mi raccontava che i proiettili inesplosi (ivi compresi quelli contenenti uranio depleto) venivano fatti brillare dagli stessi militari Italiani senza maschere e a pochissima distanza degli accampamenti militari. Mi raccontò di nuvole di polvere che si alzavano nel cielo e che li ricoprivano. Più tardi mi furono mostrate anche delle foto da altri militari. Ma loro erano lì presi a prestare soccorso agli abitanti del luogo e non si preoccupavano di altro. Mi raccontò che si lavavano con acqua del posto, che la frutta e gli ortaggi venivano lavati con l’acqua del posto e che alcune volte (i militari stessi) avevano organizzato goliardicamente delle cenette con carne alla brace comprata sul posto. Andrea era deciso e volle raccontare la sua storia alle televisioni. Io ero deciso a difenderlo, a chiedere conto di quanto gli era accaduto. Così iniziai a dar corso ad un’azione legale contro il Tar chiedendo il risarcimento dei danni all’amministrazione militare a titolo di responsabilità contrattuale, poi anche contro il Tribunale civile di Roma per i danni da responsabilità extracontrattuale. Nel frattempo con l’Osservatorio militare che avevo fondato con il maresciallo Leggiero riuscimmo a far istituire la Commissione di indagine al Senato. Nel frattempo Andrea era deceduto e dopo di lui molti altri soldati che avevano preso parte a quelle missioni sono deceduti o si sono ammalati di leucemia e di altre malattie tumorali. Anche per loro ho chiesto i danni. Ho anche presentato denunce alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma”. Secondo Lei, i diritti dei militari che sono morti e di altri che si ammalano di linfomi e tumori di vario genere, non sono mai stati rispettati durante le guerre nei Balcani? “Non sono state adottate le misure di precauzione. Quello che è successo è gravissimo e sono sicuro che le responsabilità verranno a galla. Purtroppo i casi di militari che tornano ammalati dalle missioni sono in continua crescita e non si potrà far finta di nulla. E’ necessario che cambi qualcosa nella mentalità con la quale vengono visti i militari. Non vi possono essere zone franche per il diritto nel nostro ordinamento”.
lA lOttA dI AndReA AntOnAcI nellA vOce dI pApà SAlvAtORe A distanza di quasi 7 anni dalla morte del figlio, c’è ancora tanta voglia di lottare negli occhi vispi di Salvatore Antonaci. La stessa determinazione che aveva portato Andrea, il ragazzo di Martano partito come soldato per la missione di pace in Bosnia e tornato malato di linfoma di Hodgkin, a decidere di rivelare tutto ciò che aveva visto nei teatri di guerra: la mancanza di protezioni (tute, guanti, maschere anti-gas) e di informazione sui rischi derivanti dal contatto con territori contaminati dall’uso di armi all’uranio impoverito. “Continuo a portare avanti la battaglia di denuncia iniziata da mio figlio, che aveva deciso di parlare (a Striscia La notizia, Le iene e altre trasmissioni televisive n.d.r.) nonostante le difficoltà della sua malattia, per evitare che altri giovani soldati facciano la stessa fine”. Andrea ci ha lasciato nel mese di dicembre del 2000 e da allora Salvatore, insie-
Andrea Antonaci, di Martano, è morto nel 2000. Si è ammalato di linfoma dopo essere tornato dalla Bosnia
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me a sua moglie e alla fidanzata del figlio, cercano giustizia. Da novembre del 2000, papà Salvatore attende almeno un cenno di risposta ad una lettera inviata al Procuratore della Repubblica militare, al quale aveva chiesto di far luce sulla strage che si sta consumando sulla pelle dei militari italiani. Partecipa ai convegni sull’uranio impoverito, è perennemente in contatto con le famiglie di nuove vittime e cerca di stimolare il dibattito sui media, il più delle volte reticenti ad approfondire questo grave problema Solo il silenzio, a questo punto, può aggravare le cose. Andrea non c’è più ma la sua determinazione vive nella lotta dei suoi genitori, contesi tra dolore e rabbia. “Finché sono in missione, i nostri ragazzi sono considerati eroi, l’emblema dell’Italia. Quando muoiono per cause di servizio, però, vengono mandati a casa senza alcun riconoscimento e questo è intollerabile”.
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fInAnZIARIA 2007:
I SOldI peR le vIttIMe
dell’uRAnIO IMpOveRItO
pRIMA cI SOnO, pOI nOn cI SOnO pIu’
Non c’è più traccia, nella nuova Finanziaria, dell’emendamento dei Verdi, fortemente voluto dal senatore Lorenzo Forcieri, sottosegretario alla Difesa, relativo al risarcimento alle vittime dell’uranio impoverito. C’era l’accordo politico, aveva fatto sapere Forcieri nel mese di dicembre 2006, e c’era uno stanziamento di 15 milioni di euro (la spesa veniva spalmata per tre anni). Finalmente una buona notizia per i soldati e le loro famiglie visto che sono partiti i processi per il risarcimento danni per le vittime della Sindrome dei Balcani. Purtroppo, però, l’emendamento 18 bis è stato sostituito, all’insaputa dello stesso senatore Forcieri che ha pensato ad un “errore di trascrizione” ed ha provveduto all’immediata riscrizione dell’emendamento nella sua formulazione originaria. Una vicenda che si è tinta di giallo perché il nuovo testo riscritto da Forcieri viene modificato nuovamente: la nuova versione dell’emendamento non cita mai l’uranio impoverito e riduce anche l’entità del finanziamento: dieci milioni di euro in un anno per le cure mediche del personale militare che ha riportato danni e invalidità permanenti e per il monitoraggio delle popolazioni che vivono in zone adiacenti ai poligoni di tiro. In realtà i soldi sono aumentati, da 15 milioni a 30 complessivi (i finanziamenti serviranno anche per il monitoraggio delle popolazioni residenti nei territori di guerra) ma le parole “uranio impoverito” sono sparite.
Incredulo il senatore Forcieri che dichiara (lancio Ansa): “Non so come mai sia accaduto. Lo attribuisco alla concitazione in vista del maxiemendamento. Avevo proposto un testo correttivo, concordato con Verdi e Prc, e mi avevano assicurato che sarebbe stato utilizzato. Invece tutto è rimasto nella forma originaria. Forse non hanno colto la differenza, ma credo sia stato un errore tecnico, non parlerei di una volontà politica. Anche perché nell’emendamento più esteso, le vittime dell’uranio sono comprese”. L’Osservatorio militare ha protestato inviando un telegramma al premier Romano Prodi e al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano chiedendo un interveto urgente e promettendo uno sciopero della fame. Ironico ma pungente anche il commento di Stefania Divertito, la giornalista autrice del libro “Uranio. Il nemico invisibile”: “Qualcuno nel governo deve essersi accorto che il riconoscimento dei danni provocati dall’uranio impoverito avrebbe dato linfa ai processi di risarcimento in corso. Ed e’ incredibile che non si sappia chi ha modificato il testo. Qualcuno gioca a nascondersi ma lo fa sulla pelle e sulla speranza di decine di famiglie e di soldati”.
IL MISTERO: SPARITI DALLA FINANZIARIA 2007 GLI AIUTI DESTINATI ALLE VITTIME DELL’URANIO IMPOVERITO. I SOLDI PRIMA CI SONO, POI NON CI SONO PIU’
l’uRAnIO IMpOveRItO: cHe cOS’è L’Uranio Impoverito (in inglese Depleted Uranium) è uno dei materiali di scarto della raffinazione dell’uranio naturale impiegato a scopi militari, all’interno di bombe nucleari, o civili, come combustibile per alcuni tipi di reattori nucleari. Si tratta in ogni caso di materiali radioattivi. I problemi, che sono gravissimi, avvengono nel momento in cui l’uranio entra all’interno del corpo umano, o sotto forma di pulviscolo, o sotto forma di schegge. Frammenti o particelle di uranio impoverito entrati nel corpo anche attraverso ferite possono provocare gravi patologie anni o decenni dopo l’esposizione comprendenti danni al fegato o ai reni, immunidepressione, cancro osseo (o ai polmoni e ad altri organi), leucemia, decadimento dei tessuti, anemia, danni genetici, sterilità e difetti neonatali. Possono causare anche danni neurologici dipendenti dalla loro posizione nel corpo.
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//Cultura //I grandi di ieri //Luigi Memmi
Sorrisi. Con un giovane Pier Ferdinando Casini
FIGLIO DI CONTADINI, SI DEDICA ALLA POLITICA SUBITO DOPO GLI STUDI LICEALI, MATURANDO AL FIANCO DEL SENATORE FRANCESCO FERRARI. PER TUTTI ERA “L’ONOREVOLE”. L’AMICIZIA CON ANTONIO FILIGRANA, MESCIU UCCIU, E L’INSOFFERENZA VERSO LE INGERENZE DEL MONDO IMPRENDITORIALE NELLA SFERA DECISIONALE E POLITICA
AddIO OnORevOle di Marco e Cosimo Sarcinella
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Casarano ha perso uno dei suoi uomini politici più importati e più discussi, protagonista di una stagione -quella che va, grossomodo, dalla metà degli anni ’70 alla fine degli ’80- che vide la cittadina salentina tornare al centro della vita politica provinciale e, al tempo stesso, attraversare un periodo di significativi cambiamenti socio-economici. Luigi Memmi, per tutti “l’onorevole” è deceduto martedì 13 febbraio, intorno alle 9 di mattina, nel reparto di rianimazione dell’Ospedale civile “Francesco Ferrari” di Casarano, dove era ricoverato a causa di una caduta che aveva irrimediabilmente compromesso le sue già critiche condizioni di salute.
Luigi Tommaso Memmi, primo di tre fratelli nell’ordine, dopo di lui, Oreste e Grazia- era nato a Casarano il 25 aprile del 1937, in via A.Cappellini, da Leonardo, contadino e piccolo proprietario terriero,e da Domenica Lupo, casalinga. Aveva seguito studi classici a Gallipoli, conseguendo la maturità liceale (a Casarano in quegli anni non vi erano ancora istituti d’istruzione secondaria) e aveva abbandonato quasi subito gli studi universitari per dedicarsi al lavoro e all’attività politica, sentita come la propria, autentica vocazione. Sposato con Maria Romano Fracasso, ha avuto tre figli: Mauro, Elena e Francesco, tutti e tre laureati in Giurisprudenza. Come accennato, Luigi Memmi ha avvertito molto precocemente, sin dalla giovanissima età, l’interesse per l’attività politica, vivendone il clima tra le mura domestiche, dove il padre, di ispirazione socialista e vicino all’avvocato Amedeo Casto figura politica di primo piano nella Casarano del dopoguerra- era solito discorrere di argomenti di natura politica. Dal padre eredita il talento e la propensione per la politica attiva, ma non ne
condivide mai l’ideologia; Luigi, infatti, fervido credente cristiano, si forma politicamente prima nell’azione cattolica e poi nella Democrazia Cristiana, al seguito del senatore Francesco Ferrari, di cui fu strettissimo collaboratore. Affacciatosi sulla scena politica, inizia a ricoprire cariche pubbliche fin dal lontano 1966, quando gli viene affidato un assessorato nell’amministrazione comunale di Casarano di quel periodo, il cui sindaco era Giuseppe Sansonetti. Eletto sindaco l’11 settembre del 1976, mantiene questa carica fino al 18 aprile del 1989, ma numerose e importanti sono gli incarichi da lui portati avanti durante il suo lungo periodo di impegno politico: è stato Commissario Straordinario del nosocomio casaranese, di cui fu pure presidente del consiglio d’amministrazione dal ’71 al ’76, e poi di quello di Campi Salentina (nel ’73), ha poi presieduto per ben dieci anni (dal 12.1.81 al 12.7.91) l’assemblea dell’Asl. LE/11. Dal 12 luglio del 1983 al 1° luglio del 1987 è parlamentare alla Camera dei Deputati nella Circoscrizione Lecce-Brindisi-Taranto, divenendo il tacco d’Italia
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A volte ritornano. La copertina del maggio 2004 dedicata alla rinascita della D.C.
membro delle commissioni “Interni” e “Bilancio e programmazione-Partecipazioni Statali”. Uomo di spicco della Dc casaranese, Luigi Memmi si è trovato a gestire la non certo facile eredità del senatore Ferrari, anche perché altri ne reclamavano parte, guidando Casarano in quel delicato e decisivo passaggio da paese agricolo e legato ancora a retaggi feudali a moderno insediamento urbano fondato sull’industria e sui servizi, di cui proprio il Ferrari era stato fondamentale ispiratore. Memmi ha dovuto così gestire il boom economico casaranese legato al decollo su scala nazionale ed internazionale del settore calzatu-
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//Cultura //Pubblicazioni
glI AnnuARI del vIllAggIO
Riconoscimenti. Casarano diventa uno dei 100 comuni della “Piccola grande Italia
riero, confrontandosi e scontrandosi con una realtà produttiva, la fabbrica “Filanto”, intorno alla quale si è intrecciata la storia politica e sociale di Casarano per un trentennio. Consapevole del ruolo centrale svolto dall’industria calzaturiera nel processo di modernizzazione del suo paese, Memmi non ne ha condiviso tuttavia le ingerenze nella sfera decisionale e politica, arrivando a denunciarne, in sede parlamentare, irregolarità e abusi: in un’ interrogazione parlamentare dell’11 ottobre del 1983, il deputato salentino aveva rilevato la mancata assicurazione degli operai assunti e la pratica di doppie buste paga da parte dell’azienda “Antonio De Rocco Spa”, concorrente della Filanto. I controlli scattati all’indomani dell’interrogazione non riguardarono la sola De Rocco, ma colpirono pesantemente anche la Filanto, segnando la fine di un rapporto personale e politico, quello con il cavaliere Antonio Filograna, ma facendo al tempo stesso guadagnare in dignità l’onorevole Memmi. Il suo lungo impegno politico contrassegna, nonostante i toni polemici che spesso lo caratterizzarono, un periodo di grosso fermento e di forte sviluppo per Casarano e per tutto il Salento; il suo modo di intendere e praticare la politica lo fa appartenere ad una generazione di uomini politici, tra cui il suo maestro Ferrari, il senatore De Matteis, il sindaco Sansonetti, che aveva nella vicinanza e nell’ascolto dei problemi concreti della gente il motivo centrale dell’attività politica. Il declino politico dell’onorevole Memmi inizia con lo scandalo di Tangentopoli, che pur non coinvolgendolo direttamente, non lo rende certo immune dai suoi effetti, così quando nel 1994 si ricandida a sindaco di Casarano viene sconfitto per un pugno di voti da William Ingrosso, il quale si riconfermerà sindaco quattro anni dopo con una vittoria più netta. Chi lo ha conosciuto lo ricorda come un credente convinto e praticante, che ha aperto la sua porta a quanti vi hanno bussato, dando il suo appoggio, per quanto ha potuto, a quanti lo hanno chiesto. L’amore per la sua gente, lo hanno portato a vivere l’impegno politico come una missione al servizio della collettività. Di carattere forte e deciso, e di vedute lungimiranti, non ha mai avuto paura di osare nelle importanti scelte che è stato chiamato a compiere, lottando per esse con caparbietà e coraggio, spuntandola quasi sempre, grazie anche ad una grande capacità di mediazione. Come spesso accade nella vita di molti uomini pubblici - la storia ce lo insegna - quando la loro parabola è ascendente, i cosiddetti amici si contano a folte schiere, per poi diradarsi, fino a scomparire del tutto, quando imboccano il viale del tramonto, per finire poi nell’immenso paniere dell’oblio. Questa triste esperienza Luigi l’ha vissuta con estrema mestizia, ma con grande dignità, sorretto com’era, per sua fortuna, da un grande senso dell’humor in contrapposizione con il burbero che esteriormente poteva apparire. Con lui se ne va un autentico pasionario della politica, resta un vuoto che Casarano probabilmente non riuscirà a colmare nel breve periodo.
UN ANNUARIO DI STORIA E VITA LOCALE PUÒ FARE DA “COLLANTE” PER LA COMUNITÀ E PROMUOVERE AUTENTICA E PARTECIPATA CULTURA, FACENDO RISCOPRIRE LE POTENZIALITÀ DEL TERRITORIO. E’ QUELLO CHE SUCCEDE A SALVE E SUPERSANO
Annu Novu Salve vecchiu ALESSANDRO LAPORTA, DIRETTORE DEL MUSEO PROVINCIALE SIGISMONDO CASTROMEDIANO: “POCHISSIMI ALTRI COMUNI DELLA PROVINCIA (E NEMMENO IL CAPOLUOGO) POSSONO VANTARSI DI UN SIMILE RAFFINATO PRODOTTO DI CULTURA”
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Parterre 1982. All’ordinazione episcopale di monsignor Benigno Papa, con Emanuele Capozza (2° da sinistra). Alle sue spalle il cavaliere Antonio Filograna.
il tacco d’Italia
di Antonio Lupo Promuovere la ricerca di studi di micro-storia ed il recupero delle tradizioni popolari, diffondere indagini d’archivio sulle fonti minori, è quanto si è riusciti a realizzare fin dal 1986 con la pubblicazione di Annu Novu Salve vecchiu, in una piccola comunità come Salve. Una raccolta annuale di vari articoli e contributi critici che vanno dallo studio della civiltà contadina alla conoscenza delle bellezze naturalistiche, dalla valorizzazione del patrimonio archeologico e storico-artistico alle inedite pagine di storia civica. Stampato sull’onda dell’entusiasmo da Vito Russo, Americo Pepe e Antonio Vantaggio, all’inizio quasi in sordina, è divenuto nel corso dei suoi vent’anni, un volumetto sempre più corposo, una sorta di “ manuale di storia salvese in progress”. Così è stato definito da Alessandro Laporta che, nella presentazione dell’ultimo numero, ha messo in evidenza come pochissimi altri comuni della provincia ( e nemmeno il capoluogo) possono vantarsi di un simile “ raffinato prodotto di cultura”. La sua distribuzione, in periodo pre-natalizio, costituisce ormai una preziosa opportunità per rafforzare il senso di identità collettiva e di appartenenza a radici comuni, una esperienza di aggregazione realizzata in modo partecipato ed autentico. Ne sono continua prova le “rituali” presentazioni dell’opuscolo, nate con il
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sostegno di giovani ed intellettuali del luogo, ed in seguito allargatesi ad autorità nel campo della cultura e della ricerca. In questo modo, nel moltiplicarsi delle energie, ha fatto progressi non solo la conoscenza della storia di Salve, studiata fin dal lontano 1860 da Giuseppe Maria Veneri (Cenni storici sul comune di Salve), ma anche la valorizzazione del contesto, un territorio straordinariamente ricco di risorse paesaggistiche e antropologiche, con un fascino tutto da riscoprire.
I pRIMI pASSI L’esemplare iniziativa ha avuto origine grazie alla sollecitudine di
Eventi. I relatori intorno al tavolo durante la presentazione dell’ultimo numero nel cinema S. Nicola di Salve
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alcuni amici accomunati dallo stesso interesse: raccogliere pagine di “storia, ricordi, foto d’epoca, curiosità, disegni, poesie”, realizzando una pubblicazione che potesse accrescere la conoscenza della storia e del patrimonio culturale del paese natio. E’ così che tutti e tre insieme (uno scultore, un imprenditore e un esperto in grafica pubblicitaria) si sono messi alla prova, stimolando competenze locali, oltre che il contributo di ricercatori e studiosi. Riusciranno negli anni seguenti a portare avanti l’impegno di un almanacco, gratuito fino al 1991, con il contributo di alcuni sponsor e del patrocinio del Comune, e con l’apporto sempre più incoraggiante di docenti universitari e personalità del mondo culturale, tra cui il compianto Roberto Minafra. A lui è stata dedicata la decima edizione, “ Frammenti di un secolo” (a c. di F. Accogli e A. Laporta, 1996). Giunto al sedicesimo numero, Annu Novu Salve vecchiu vede dal 2000 in poi la collaborazione di una quarta responsabile di redazione, Giuseppina Marzo.Con una veste grafica ben curata, racchiude nelle sue pagine uno spaccato di antropologia sociale nel quale riconoscersi, un percorso tra indagini d’archivio e scoperta di interessanti testimonianze minori del passato, in un mix che ne ha consolidato il successo. Uno dei rari casi in cui, in una realtà periferica del Salento, si è dato vita ad una miscellanea di studi vari che, eccetto una breve interruzione, ha mantenuto una periodicità annuale, suscitando sempre maggiori consensi e vivo interesse, tra riscoperta del passato, continuità e attesa del nuovo.
l’edItORe vAntAggIO Editore di tutti i numeri, sedici in vent’anni, è Antonio Vantaggio che si è prodigato con una crescente professionalità per la promozione culturale delle bellezze del capo di Leuca, dalla prima mappa-turistica di Salve, fino alla fondazione insieme a Giuseppina Marzo, dell’associazione Cultura e Turismo, con sedi a Salve e ad Alessano. Racconta l’editore: “Dopo le prime esperienze relative a edizioni del mio studio grafico pubblicitario ( 1886-1986 S. Nicola-100 anni di fiera, una cura dell’Amministrazione comunale e l’altra promossa da sponsor: Artigianato salvese ,1987) abbiamo pubblicato, a più mani, una raccolta di tradizioni popolari salvesi: Salve-miti e leggende popolari, 1995. Si è frattanto andata allargando sempre più la cerchia di autori disponibili a collaborare con articoli e saggi di diversi ambiti di studio e ricerca ad Annu Novu Salve vecchiu, anche di firme più prestigiose. All’appuntamento con l’Annuario sono seguite le attività didattiche per vari progetti scolastici , fino alle proposte turistiche di itinerari guidati a Salve e dintorni, realizzati insieme alla mia collega, sempre con l’obiettivo di promuovere la cultura e la conoscenza storica del territorio”.
tRent’AnnI del “nOStRO gIORnAle” di Paolo Vincenti
anni, non ha mai fatto mancare, ad ogni nuova uscita, una propria lettera (anche poche righe) di ringraziamento a De Vitis per l’invio del giornale. Si trovano poi, nella rivista, le poesie inviate dai lettori (alcune Scorrendo le pagine de Il Nostro Giornale, di anche molto ingenue), le memorie di guerra, e il Supersano, ci accorgiamo di quanto tempo sia passa“Glossario di casa nostra”, cioè un vocabolarietto di to da quel lontano 1977, anno in cui questa piccola rivista, a cadenza semestrale, venne fondata. Dal bian- termini dialettali supersanesi. La rubrica “Supersano ieri (Asterischi fotografici su cose, fatti e persone di co e nero e dalla modestissima veste grafica dei primi casa nostra)” fa luce sulla storia locale, e molte foto numeri ai colori e alla ben curata veste patinata di corredano riccamente la rivista. Fino al 1997, anno oggi. Da un osservatorio per molti aspetti privilegiato, della sua scomparsa, assiduo collaboratore e colonna come quello di un paesino del profondo sud, Il Nostro portante del Nostro Giornale fu Rocco De Vitis, il Giornale ha registrato negli ultimi trent’anni tutti i “medico umanista”, traduttore di Virgilio, di cui sul cambiamenti, politici, sociali, economici, culturali, che Tacco D’Italia ci siamo occupati nel numero di genhanno interessato il Paese-Italia. Però, vivendo ed naio 2005. “Don Rocco”, come lo chiamavano tutti, operando in un comune di 4000 anime, come si dicefraterno amico di DeVitis ed a lui legato anche da un va un tempo “ai confini dell’Impero”, questi cambiavincolo di parentela, pubblicò regolarmente sul menti non arrivano con la potenza deflagrante con cui Giornale, interventi vari, poesie, brevi prose e anche investono le grandi città del nord, ma sempre con un alcuni capitoli del suo romanzo “Naufragio a Milano”, certo ritardo (“tempo reale” è una parola quasi scopoi pubblicato con Editrice Salentina (1994). “Questo nosciuta a queste latitudini), e la loro forza d’urto è è Il Nostro Giornale, (la come attutita da quell’atavilibera voce dei supersaneco e tipicamente salentino si) - dice orgogliosamente disincanto, quando anche le il direttore De Vitis - lo più gravi problematiche colstrumento che periodicalettive vengono demitizzate, mente varca gli oceani, esorcizzate quasi, da un reicapace di tenere sempre e terato e rassegnato “e mo, ancor di più avvinti al loro fazza Diu!”. E’ bello gustare, paese quei compaesani nelle pagine del giornale, che con esso si sentono vecchi proverbi e modi di più vicini alla loro terra dire, filastrocche, soprannonatìa. Dall’Atlantico al mi, tiritere, nella lingua dei Pacifico, da Philadelphia a padri. Perle di saggezza Papèete, oltre che dalla popolare. Gino De Vitis, inseFrancia, dal Belgio, dalla gnante di lettere in pensioGermania alla Svizzera e ne, è il deus ex machina” di da ogni parte d’Italia questa rivista ed è colui (sono circa 400 le copie che, fin dall’inizio, dalla che vengono spedite), il locale sezione del Lecce foglio di casa nostra rapClub, dove il giornale è nato presenta, per questi comdall’idea di un gruppo di paesani, un continuo amici del paese, ha creduto richiamo e per noi uno che questo foglio supersanesprone perentorio, che ci se potesse arrivare direttasostiene e ci incita a non mente al cuore, non solo dei mollare”. Molto apprezzati concittadini, che impazienFresco di stampa. La copertina dell’ultimo numero sono gli interventi di temente lo aspettano, due Osvaldo Casto, un militare volte l’anno (viene infatti di origine ruffanese, resipubblicato in occasione dente in Nord Italia, che pubblica vari racconti e della festa della Madonna della Celimanna, a luglio, e aneddoti, spesso in dialetto, tratti dalla sua memoria in occasione del Natale), ma anche dei tanti supersadel tempo che fu. A volte, viene dato risalto alla scomnesi emigrati all’estero per motivi di lavoro, che parsa di qualche concittadino in vista: un momento rimangono attaccati alle loro radici e per i quali Il straordinario furono, in questo senso, i funerali di don Nostro Giornale rappresenta quel cordone ombelicale Rocco De Vitis, vissuti con forte intensità da tutta la con la terra madre che essi non hanno mai voluto comunità che, in quell’occasione, ritrovò un ecceziorecidere. Pillole di storia locale. Pillole di cronaca e di nale senso di appartenenza, stringendosi intorno al vita amministrativa di un piccolo borgo rurale, quale è ancora Supersano, nonostante la comparsa di qualche feretro dell’indimenticabile medico ed ai suoi famigliari. Nei “Ringraziamenti”, il direttore, con un moto fabbrica nella neonata zona industriale. Ecco allora, di grande trasparenza, ringrazia, tutti i privati e le nella rubrica “Presente Indicativo”, le elezioni comuaziende che hanno contribuito, con una offerta in nali, vissute sempre come un momento straordinario denaro, affinché il Giornale possa uscire regolarmente. in cui tutta la comunità si confronta ed esprime il proSul penultimo numero del Giornale, che ha festeggiato prio parere sui programmi degli schieramenti in il 30° genetliaco, Alessandro Laporta scrive: “ Il campo e, data la fortissima personalizzazione della Nostro Giornale non ha fatto altro che proporci storie, politica che si vive nei paesini, sui rispettivi candidati avvenimenti contemporanei, cronaca, tranches de vie, Sindaco. In questa rubrica, si passano in rassegna le fotografie, nelle varie rubriche. Attraverso questa elenotizie salienti accadute durante gli ultimi 180 giorni vata tribuna è transitata molta storia di Supersano, in paese. Il giornale ha dato anche ampio spazio alle che è la storia di uno dei tanti paesi del Salento, cerfigure dei supersanesi illustri del passato, come tamente in gran parte simile a quella degli altri, eppuMichele Frascaro, Rocco Frascaro, il senatore Magli ed re mai minore o locale. […] Oggi non si trova più nesaltri. Importantissimo lo spazio dedicato alle lettere suno, fra gli storici seri, che non accolga questa storia dei lettori, alcune delle quali riguardano motivi di polemica anche personale nei confronti di qualcun minuta, come il lievito della grande storia, come la altro, nonostante il vaglio del direttore censuri quelle materia prima, il tessuto grezzo, su cui costruire la estremamente esasperate nei toni, e poi brevi articoli grande storia. […] Dobbiamo continuare ad esortare di cronaca, cultura e varia umanità, ad opera sopratalla storia i nostri concittadini.” Con l’ultima uscita del tutto di Maria Bondanese. Fra i più assidui lettori del Giornale siamo al numero 65, e non è ancora finita. Giornale, il grande Mario Marti che, in tutti questi
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// Reportage // Lavoratrici //Esperienze di vita
NATE DUE VOLTE di Laura Leuzzi
DI TUTTE LE ETÀ E LE PROFESSIONI. LE SALENTINE GUARDANO AL FUTURO DAL LORO PUNTO DI VI
“NOI SAPPIAMO FARE MOLTE PIÙ COSE DI LORO PERCHÈ SIAMO PIÙ SENSIBILI E COMPRENSIVE, MENTRE LORO AFFRONTANO TUTTO CON LA FORZA. NOI SAPPIAMO OCCUPARCI DI PIÙ COSE CONTEMPORANEAMENTE, MENTRE LORO SANNO AFFRONTARE SOLO UN PROBLEMA ALLA VOLTA”. PENDA TOURE, SENEGAL
L’UNICO “NO”
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La nonna. Maria Pennetta, sarta in pensione, Taurisano. “Se fossi stata uomo, avrei viaggiato di più. Avrei fatto cose che invece mi sono state negate. Prima da mio padre, che ha permesso di proseguire gli studi solo ai figli maschi, e poi da mio marito, che era molto geloso e non mi faceva uscire da sola. Così, se adesso potessi scegliere, rinascerei uomo, perché è più semplice. E per vivere tutte quelle esperienze che mi sono mancate”.
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Quando vinci una sfida difficile, la vittoria ha più gusto. E così, quando ti chiedono se saresti disposto a gareggiare nuovamente, non ti importa della fatica che hai fatto per raggiungere il traguardo. Ti importa solo di
La sindaca. Adriana Poli Bortone, sindaca di Lecce. “Mi ha fatto piacere essere donna in questa vita, anche se è difficile, anzi, forse proprio perchè è difficile. Nella mia carriera politica mi sono confrontata con i pregiudizi che circondano il ruolo della donna in questo settore. E’ stato difficile emergere ed affermarsi, ma non mi sono mai tirata indietro e ho affrontato tutto con molta determinazione. Qui però sta il punto. La strada in salita è certamente più stimolante”.
quanto è stato totalizzante tagliarlo. E allora accetti la sfida, per la seconda volta. Pronto a combattere con i denti e i pugni stretti. Delle donne a cui abbiamo chiesto “Rinasceresti donna? Perché?” solo una
L’assessora. Gianna Capobianco, assessora provinciale, Lecce. “Non rinuncerei ad essere donna per nulla al mondo. Ho due figli, svolgo una professione che amo, e sono contenta della mia età. Mi ritengo fortunata perché ho potuto essere donna in un periodo in cui il sesso femminile ha conquistato un ruolo importante. Forse da giovane avrò anche pensato di voler essere uomo, per via dei divieti che, inevitabilmente, per una donna sono più stringenti. Ma oggi mi sta bene così”.
La deputata. Teresa Bellanova, onorevole Ds, Ceglie Messapica. “Le donne possono aiutare il mondo ad essere più giusto. Il mondo è bello perché è fatto di uomini e donne. E proprio queste sono fondamentali a mantenere l’equilibrio perché sono più disposte ad accogliere le diversità”.
ha risposto, convinta, “No”. E’ la più anziana di tutte. Segno che i tempi sono cambiati, che in tante sono state le nonne a gareggiare per fare dire a noi, in coro, un convinto “si”.
La capolista. Loredana Capone, assessora e vicepresidente Provincia, Lecce. “Rinascerei donna per la gioia della maternità; è un’emozione incomparabile. Per quattro volte almeno vorrei provare questo amore. Rinascerei donna anche per reincontrare mio marito. Sono fiera delle differenze che caratterizzano il nostro genere sempre pronto al confronto e al dialogo con gli uomini senza gelosie”.
L’imprenditrice. Grazia Manni, consigliera comunale Margherita, Lecce. “Mi sento differente rispetto agli uomini; questo non significa che sono migliore di loro. Però nei panni femminili sono perfettamente a mio agio”.
DI VISTA. UN MONDO CHE CERCA IL CONFRONTO CON GLI UOMINI, RIVENDICANDO LE DIFFERENZE La dottoressa. Maria Gabriella Bruno, ginecologa dirigente medico I livello “Vito Fazzi”, Lecce. “Le donne hanno più possibilità rispetto agli uomini. Ad esempio la gioia della maternità. Io rinascerei donna per rifare esattamente tutto ciò che ho fatto. Anche gli sbagli”.
La scrittrice. Grazia Aricò, autrice de “La valle del falco” (Lupo editore), Belluno. “Da donna sento di avere una marcia in più. In questi panni mi trovo a mio agio. Abbiamo una vita più lunga, che possiamo godere appieno come professioniste, come mogli e madri”.
La sportiva. Valentina Longo, nuotatrice, Collepasso. “Agli uomini non invidio nulla. I miei risultati, a scuola come nello sport, li ho raggiunti anche da donna. Non avrei motivo di rinnegare questa natura, perché mi sento perfettamente realizzata”.
La soubrette. Raffaella Lecciso, responsabile commerciale Canale 8, Lecce. “Non riuscirei a vedermi in altri panni se non nei miei. Essere donna è una condizione alla quale sono ormai abituata. Inoltre, le donne hanno maggiore sensibilità degli uomini e sanno destreggiarsi meglio nella vita”.
La giornalista. Gloria Indennitate, giornalista de “La Gazzetta del mezzogiorno”, Novoli. “Rinascere donna non mi spiacerebbe, l’importante è evitare, come ho cercato di fare sino a oggi, di finire nel cerchio infernale delle ‘femminucce’, delle ‘micette’ che nulla aggiungono al genere umano. Le donne, quelle vere, sanno esserlo rimanendo donne oltre l’essenza del proprio sesso. Perciò mi piacciono donne come Lucia Annunziata, Adriana Poli Bortone, Katia Ricciarelli, Stefania Prestigiacomo”.
La commessa. Giusi Zizzari, commessa Supermac, Cutrofiano. “Da donna mi trovo bene. Le donne hanno maggiore capacità nel rapportarsi con la gente. Questo nel mio lavoro è molto importante. Però agli uomini invidio il modo di vivere i sentimenti: sono più decisi di noi. Le donne, spesso, riflettono troppo”.
La straniera. Penda Toure, collaboratrice domestica, Senegal. “Le donne hanno raggiunto gli uomini e li hanno pure superati. Noi sappiamo fare molte più cose di loro perchè siamo più sensibili e comprensive, mentre loro affrontano tutto con la forza. Sappiamo occuparci di più cose contemporaneamente, mentre loro sanno affrontare solo un problema alla volta”.
La studentessa. Graziana La Neve, studentessa di Lingue e letterature straniere all’Università di Lecce, Cisternino. “Non so come ci si sente ad essere uomo. Me lo sono anche chiesto e sarei curiosa di scoprirlo. Però le donne hanno più possibilità. A partire dalle cose più futili, come la scelta tra gonna e pantaloni. Fino ad arrivare alle questioni più serie. Le donne sanno sbrigare anche faccende ‘maschili’, perché affrontano i casi della vita con più determinazione. Essere donna è più divertente”.
L’artista. Barbara Toma, ballerina e coreografa, Milano. “Rinasceresti donna? Mille e mille altre volte ancora. Perchè ? Perchè non potrei farne a meno”.
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L’avvocata. Stefania Negro, avvocata, consigliera di amministrazione Consorzio Sim Communication, Casarano. “Le donne sono più versatili degli uomini. Io mi sento pienamente donna; è una condizione nella quale non mi sono mai sentita a disagio. Le donne sanno guardare le cose nel loro complesso e trovare soluzioni alternative ai problemi. La femminilità è un’arma in più in nostro possesso, perché, quando va di pari passo con la sensibilità, ti porta a gestire qualsiasi cosa nel modo giusto”.
La professoressa. Anna Rita Miglietta, docente di Linguistica italiana, Università di Lecce. “Mi piace il mio essere sensibile, il mio modo di approcciarmi agli altri. Ed in effetti non ho mai avuto difficoltà. Non c’è motivo quindi per non nascere nuovamente donna”.
La sindacalista. Antonella Perrone, segretaria confederale Cgil, Morciano di Leuca. “Nonostante le difficoltà, lo rifarei. Sento di avere una marcia in più rispetto ad un uomo. La nostra società si fonda su modelli maschili, che per le donne rappresentano sfide continue. Però le sfide sono divertenti”.
La gallerista. Cinzia De Rocco, titolare della galleria “Percorsi d’arte”, Casarano. “Ho avuto soddisfazioni nell’essere donna, sia nella vita privata che in quella lavorativa. Per una donna è più difficile conciliare lavoro e famiglia, ma quando si riesce a farlo, si è ancora più soddisfatte. Una donna è costretta ad impegnarsi di più in tutto ciò che fa, ma ne vale la pena. Gli uomini non sanno che cosa si perdono”.
L’ostetrica. Paola Povero, caposala reparto di Ostetricia “Vito Fazzi”, Lecce. “Le donne non hanno paura di impegnarsi in prima persona ed io riconosco in me la determinazione e la passione, femminili nell’affrontare la vita”.
La bibliofila. Valeria Dell’Anna, consigliera comunale Ds, Lecce. “Anche se non godiamo di privilegi, ed anzi, a parità di condizioni di partenza raggiungiamo con più fatica le posizioni degli uomini, la voglia di fare, il pragmatismo e la sensibilità che dimostriamo ci aiuta ad affrontare meglio tutti gli aspetti della vita quotidiana”.
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// Cultura // Personaggi //Alessandro Ortona
L’ALchimisTA Di immArE
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C’È CHI IN UN LEGNO VEDE SOLO UN LEGNO E CHI CI VEDE UN MONDO INTERO. COME ALESSANDRO ORTONA, ARTISTA E MAESTRO DI YOGA
di Laura Leuzzi
La magia dell’alchimista è creare l’oro dal piombo. Ma c’è di più: l’occhio dell’alchimista è allenato. Solo a lui può riuscire naturale vedere nel piombo l’oro in potenza. Il nostro alchimista si chiama Alessandro. Proprio come Alessandro Magno; questo gli ha provocato non poco disagio, soprattutto negli anni della crescita; una responsabilità non di poco conto sulle spalle. Ma si chiama anche Sam Buddha, che significa “Buddha perfetto”. E non è certo meno impegnativo. Il primo nome gliel’ha dato sua madre, appena è nato. Il secondo, la sua maestra spirituale Swami Shivamurti Saraswati, quando è entrato nel monastero greco. Una specie di rinascita. Alessandro Ortona è un artista. Passeggia sulla spiaggia e intanto si guarda attorno alla ricerca degli ingredienti giusti per la sua alchimia. Cammina e osserva. Cerca, scopre, guarda meglio. Un pezzo di legno portato alla deriva dalle onde del mare, può essere prezioso. C’è chi lo vede come un semplice pezzo di legno; lui ci vede un’opera d’arte che preme per venir fuori. E il suo compito è scoprire l’anima vera delle cose. Dice che “l’arte è creatività” e che è “un fatto divino che ci portiamo dietro”. Poi, però, precisa: “Io non creo dal nulla. Mi faccio mare io stesso. Proseguo un lavoro che il mare fa di suo, perché l’acqua ha una memoria. Mi piace raccogliere un legno sulla spiaggia e guardar-
DOPO VIAGGI IN TUTTO IL MONDO, L’ARTISTA TROVA, IN GRECIA, IL CONTATTO CON LA NATURA CHE STAVA CERCANDO: A PIRGOS, VILLAGGIO DI 300 ANIME, GLI SCALPELLINI ANZIANI DELLA BOTTEGA LAVORANO IL MARMO CON LE MANI
Alessandro Ortona. Come lo vede Gustavo Yoss
lo; leggerlo con attenzione e scoprire che cosa ha da dire. Nei nodi del legno è scritta la storia del posto in cui l’ho trovato. Lo vedo subito il legnaccio buttato lì sulla spiaggia. Molti lo incendierebbero. A me in quel momento si dischiude un mondo”. iL cOrAggiO Di AccENDErE iL fUOcO Alessandro ha 41 anni e vive a Galatone. Per ora. La sua vita è stata un viaggio. Anzi lo è ancora; un viaggio continuo, ininterrotto. Con partenza da Napoli, dove è nato, e arrivo chissà dove. Quelle che lui chiama “la pause lunghe”, i momenti di stanziamento, durano al massimo due o tre mesi. A stare fermo non ci riesce proprio. Perché, spiega, deve vivere a contatto con il mondo, con la natura. Deve diventare natura anche lui. Ex manager di azienda, e di successo, con una laurea in Economia marittima alle spalle, tanti soldi ogni mese, la possibilità di fare la vita che sognano in tanti. Ma che a lui non piaceva. Poi, all’età di 25 anni, arriva l’illuminazione. Semplicemente si accorge che non è così che vuole vivere. E allora se ne va. Parte da Santa Marinella, vicino Roma, dove si era spostato per lavoro, ed arriva ai Carabi. Lì la natura lo avvolge e lui si sente bene. C’è il mare, c’è il sole. C’è tutto quello di cui ha bisogno. Si mantiene gestendo un disco-bar con degli amici. Ma poi anche questa realtà gli risulta stretta. Non per problemi lavorativi. Tutto il contrario. Il locale va fin troppo bene; i soci decidono di prenderne in gestione un secondo. Risultato: dopo tre anni, 45 dipendenti e un bilancio di due milioni di euro ogni sei mesi. Bello? Per gli altri, forse. Per lui, brutto. Bruttissimo. Soffocante. Ci si può sentire stressati anche ai Carabi. Quindi abbandona tutte le cariche di responsabilità e fa il capitano di una barca che porta i turisti sull’isola di Corallo. Una vecchia barca di pescatori; e lui, Caronte che traghetta in giro i visitail tacco d’Italia
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tori. Intanto muove i primi passi nell’arte. Vende a facoltosi turisti inglesi e americani. Ma anche i Carabi lo stancano. Spiega: “Sono una grande finzione: l’allegria, l’euforia, le feste; invece c’è tanta droga, tanto alcol, e se tu, come me, fai yoga, e tieni molto al corpo e alla salute, ti senti fuori luogo”. Così lascia i Carabi e, dopo una breve tappa in Italia, si sposta in Grecia. Dove vive in un monastero per due anni con la sua maestra spirituale. Trascorre gli inverni nel monastero e le estati in un villaggio semideserto, Pirgos, nell’isolotto di Tinos, dove trova lavoro come scultore. In questo villaggio di 300 anime viene a contatto con gli scalpellini anziani che preparano arredi per le chiese e trova, finalmente, quello che sta cercando: la bottega vera. Lavora a fianco di uno scultore del posto molto conosciuto, Lambros Diamandopulos. “Mi trovavo – racconta insieme ad anziani che solo guardarli ti fa imparare. Molte mattine ero lì ad osservare come loro cesellavano; nelle loro mani, il marmo sembrava gesso”. Piano piano si interessa al legno. Comincia a cercarlo sulla spiaggia; lavora sempre di più con i legni del mare alla deriva. Li mescola tra loro, da buon alchimista. Continua a spostarsi; dalla Grecia torna in Italia e si muove tra Milano e Ventimiglia; finalmente, arriva in Salento, seguendo una
“Aprovato”, la pecora (in greco). Legno della deriva, osso (la mascella è di una pecora vera), travertino, ardesia; legno ritrovato nell’isola di Tinos, nelle Cicladi
16/31 MARZO: 27 SCULTURE DI ORTONA SARANNO ESPOSTE ALLA GALLERIA “IL GRIFONE” DI LECCE. IL TITOLO DELLA MOSTRA, “IMMARE”, COMUNICA LA PIENA IMMERSIONE NELLA NATURA. NECESSARIA UNA VISIONE DEPURATA DA CURRICULUM parte della sua famiglia (ma questa è un’altra storia, altrettanto affascinante e che forse vi racconteremo). E decide di fare l’artista-alchimista a Galatone; attrezza sul tetto di casa un laboratorio en plein air, in piena aria, perché “devo avere il cielo sopra di me; ho bisogno di stare immerso, di avere spazio, di respirare”. Ed insegna yoga ad Aradeo e Lecce, ovvero insegna, come dice lui, “a riunire l’anima individuale con l’anima universale e la coscienza con il corpo”, e ad accettare che il dolore è solo un’esperienza come le altre e, per questo va vissuta senza paura. Crede infatti che il vero messaggio sia portare gli insegnamenti yogici fuori dal convento. E non gli importa se lo prendono per pazzo. “Anche chi ha provato per primo ad accendere un fuoco, sarà stato chiamato pazzo; ma poi li ha portati tutti fuori dalla caverna”. “immArE”. UNA mOsTrA VDc “Immare” è una parola inventata. Significa sentirsi dentro la natura, stare a contatto con il mare, ad esempio, come sanno fare i bambini. Infatti è un termine di quelli che potrebbe pronunciare un bambino. “Immare” è il titolo della mostra di sculture di Alessandro Ortona. Sarà inauguarata il 16 marzo (ore 18.30), presso la galleria “Il grifone” in via Palmieri 20 a Lecce. E si protrarrà fino al 31 marzo. L’artista-alchimista avvisa: “Sarà una mostra vdc”. Che significa “visione depurata da curriculum”. Ovvero: i visitatori dovranno avvicinarsi alle 27 opere esposte senza conoscere nulla del loro autore (nessuna informazione sul suo conto è, infatti, stata diffusa. Il Tacco è stata l’unica testata ad essere privilegiata); solo così potranno averne una percezione non inquinata dalle aspettative che si sono creati. E perché l’attenzione dei presenti si mantenga vigile, contestualmente alla mostra, si svolgerà una degustazione di cibi; cibi particolari, esotici, che stuzzichino il palato e la mente e rendano gli occhi più pronti a vedere. Da buon alchimista, sarà lui stesso a preparare i piatti. “Pillole di sapori su un tavolo molto minimale. E’ questo il mio modo – dice – per ridare dignità all’arte”.
Foto di Luisa Ruggio tratte dal blog http://luisaruggio.blogs.it
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QUEsTA è LUisA. VisTA DA DENTrO CONTATTI, IMMAGINI, SFOGHI PERSONALI. QUESTO È L’AFFASCINANTE DEL BLOG. E QUANDO LO CONOSCI, NON PUOI PIÙ ALLONTANARTENE di Dario Di Pietrantonio non vogliono rinunciare. Dopo quello di Beppe Grillo, che è il primo in assoluto in Italia, è uno dei più visiQuando ti avvicini alla realtà del blog, tati. Basti pensare che è stato per un anno in infatti, te ne discosti a fatica, perché assapocima alla classifica di blogs.it. Da tutto il ri la sensazione di piena libertà. “Time” ha mondo lo leggono. Dalla Germania, dal dedicato, per questo, la copertina a tutti gli Giappone, dall’America latina, i navigatori internauti. Il blog è, infatti, differente rispetto della rete lasciano messaggi, si cambiano alla chat, perché ha un tessuto letterario esperienze e si affezionano pure l’un l’altro. serio. “Io ho potuto promuovere il mio romanDentro Luisa, il blog di Luisa Ruggio è zo attraverso il blog – continua Luisa -; ho tutto questo, il diario letterario di una scritusato questo strumento come un laboratorio, trice, che giorno dopo giorno appunta versi, dove provare ricette ed intrugli vari prima di riflessioni, bozze di scrittura, fotografie, proporli al grande pubblico. E’ il mio esercizio spunti. E il risultato è così particolare da risultare stra- 300 PERSONE AL GIORNO LASCIANO UN COMMENTO. niante. Ci si ritrova, infatti, IN TUTTE LE LINGUE, ANCHE IN GIAPPONESE. nel bel mezzo di un flusso di coscienza di cui non riuscia- HTTP://LUISARUGGIO.BLOGS.IT È STATO PER UN mo a seguire lo svolgimento. ANNO IN CIMA ALLA CLASSIFICA DI BLOGS.IT. La prima sensazione perciò è I RISULTATI NON SONO VIRTUALI di smarrimento. Mancano le coordinate: chi è Luisa? di che cosa sta scriquotidiano, ma non è solo questo. Perché vendo?e perché lo sta facendo? mentre offro la mia scrittura, ricevo qualcosa Ma superata questa prima perplessità il in cambio. E’ come accettare di sottoporsi blog si rivela molto interessante, portando il alla gogna. Ed è un piacere”. visitatore, “dentro Luisa” e facendogli scoprire le sue tante sfaccettature. Versi accompagiOrNALE Di bOrDO. gnano fotografie e fotografie accompagnano PEr i NAVigATOri DELLA rETE versi, secondo un montaggio particolare in La parola blog è la contrazione di cui i colori illuminano le parole e le parole “web log”. definiscono i confini di uno spazio estremaLog in inglese è il tronco di legno, il mente personale. ceppo; per i marinai inglesi del 1700 era il 300 persone al giorno lasciano un compezzo di legno fissato ad una fune con nodi a mento. E il rapporto che si crea non è virtuadistanza regolare, che lanciato in mare perle. Lei risponde a quei messaggi. In tutte le metteva approssimativamente di calcolare la lingue. Anche in giapponese, aiutandosi con il velocità della nave. Il termine logbook, nel traduttore multimediale. 1800, era il registro di navigazione, il giorna“Uso il mio blog per scopi letterari -dicele di bordo, su cui venivano registrati gli di fruizione e di confronto. Anche perché – eventi in ordine cronologico. continua - se l’editoria non è libera, la rete L’informatica se ne è appropriata in queoffre, invece, una pubblicazione immediata a sta accezione per indicare la registrazione scrittori in erba. Che poi – puntualizza - tanto cronologica delle operazioni man mano che in erba non sono. Sono, invece, molto dotati. vengono eseguite e per metonimia il file su Splinder, ad esempio, diretto concorrente di cui tali registrazioni sono memorizzate. blogs, su “scritto misto” pubblica da un anno Allo stesso modo, con blog ci si riferisce i migliori blogger”. oggi a contenitore e contenuto: una piattaInoltre il mondo del blog ha dato libera forma per la pubblicazione dei contenuti ordiespressione a molte donne, che l’hanno visnati cronologicamente e, allo stesso tempo, suto come un modo per emanciparsi; anche uno stile di scrittura, diario o giornale di casalinghe insospettabili lo usano come bordo, contenente appunti e riflessioni delsfogo personale; e anche se non possono l’autore, che si susseguono giorno per giordedicarcisi ogni giorno, lo fanno, di tanto no, pubblicati sul web. in tanto, come un appuntamento al quale il tacco d’Italia
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//Paese che vai //Lecce e dintorni IL COMUNE DI LECCE EMETTE BOC (BUONI ORDINARI COMUNALI) PER 100 MILIONI DI EURO. ELARGISCE COMPENSI STRAORDINARI A 29 DIPENDENTI PER UN TOTALE DI 750MILA EURO SENZA PREVEDERE UNA SPECIFICA VOCE NEL BILANCIO 2005. LA PROCURA INDAGA
bUONi OrDiNAri E sTrAOrDiNAri sTiPENDi.
iL fATTAcciO DEi bOc on l’arrivo della primavera le pulizie “amministrative” della bella stagione sono svolte soprattutto da coloro che hanno passato a Palazzo Carafa il lungo inverno dell’opposizione, portandoli a sollevare la polvere del malgoverno. Gli scandali che negli ultimi mesi hanno interessato l’amministrazione uscente sono tanti. Tra questi, la vicenda che ha coinvolto numerosi dipendenti comunali, accusati di aver ricevuto indebitamente 750mila euro di danaro pubblico, affonda in un mulinello di giudizi morali la giunta guidata dal sindaca Poli Bortone. Giudizi morali che si irrigidiscono se si aggiunge la reazione nervosa dell’intera amministrazione comunale leccese alla pubblicazione del servizio a firma di Fabio Casilli su Gazzetta del Mezzogiorno, relativo ai 12 milioni di euro che in cinque anni il Comune di Lecce ha speso in compensi, incentivi e premi per i propri dirigenti. Un articolo che ha ricevuto le minacce di un risarcimento danni in sede civile da parte dell’intero gruppo di amministratori del capoluogo e la solidarietà di tanti esponenti del mondo politico e di tanti colleghi, a cui si aggiungono quelli del Tacco.
C
mA TOrNiAmO Ai bOc. Gli agenti della Guardia di Finanza, il 2 febbraio scorso, hanno fatto il loro ingresso negli uffici della ragioneria del Comune di Lecce alla ricerca di atti e documenti. Gli agenti si sono mossi dietro mandato della Procura di Lecce, che ha avviato una indagine penale nei confronti del gruppo di circa 30 dipendenti del Servizio economico-finanziario (S.E.F.) del Comune di Lecce, incaricati, con la determinazione del 3 agosto del 2005, della progettazione di interventi di finanza innovativa. Il sostituto procuratore Marco D’Agostino, titolare dell’inchiesta, sta indagando su un’ipotesi di reato concernente l’appropriazione indebita di 750mila euro, mirando ad accertare le responsabilità, i pesi e i ruoli delle persone coinvolte. La vicenda in questione risale all’estate di due anni fa. Nel crepuscolo dell’ideologia berlusconiana della finanza pubblica creativa, il Comune di Lecce medita di sostituire un debito di 94 milioni di euro, dovuti alla Cassa depositi e prestiti, con gli strumenti finanziari “innovativi”, ossia emissioni obbligazionarie e cartolarizzazioni. Il 27 giugno del 2005 la Giunta del sindaca Poli Bortone, approvando il Regolamento Comunale per la ripartizione degli incentivi per la progettazione di interventi di finanza innovativa, affida l’incarico di progettare l’emissione di prestiti obbligazionari ad un pool del S.E.F., guidato da Giuseppe Naccarelli. La scelta politica dell’emissione dei titoli e dell’affidamento del progetto ad una struttura il tacco d’Italia
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di Giuseppe Finguerra
interna aveva, almeno in teoria, il fine di consentire dei risparmi alle finanze pubbliche. La relazione che accompagna il Regolamento giustifica proprio questo punto, sostenendo: “I bond locali costituiscono un importante sostegno per il contenimento delle spese…in uno scenario caratterizzato dalla scarsità delle risorse disponibili”. Ciò che appare encomiabile nelle intenzioni, suscita perplessità nella loro attuazione. Il Regolamento, infatti, attribuisce ai membri della Ragioneria comunale un guadagno straordinario da calcolarsi in proporzione al valore dei bonds locali emessi, ossia i B.O.C. (Buoni obbligazionari comunali). Tali proporzioni sono fissate da tabelle approvate dalla Giunta comunale, che prevedono incentivi del 0,75%, qualora il valore delle emissioni superi i 25 milioni di euro. In seguito, la delibera del Consiglio comunale del 29 ottobre del 2005 approva l’emissione di B.O.C. per un importo complessivo di 100 milioni di euro. Materialmente il servizio di emissione dei B.O.C. è affidato per conto del Comune di Lecce ad un raggruppamento temporaneo di Imprese costituito da Deutsche Bank e Banca OPI. L’operazione costituisce una manna dal cielo per i 29 impiegati pubblici della ragioneria comunale a cui va la somma considerevole di 750mila euro in aggiunta alla busta paga ordinaria. La fetta più grossa spetta al dirigente Giuseppe Naccarelli, il quale riceve il 21% del guadagno extra, ossia 157.500 euro. Un ulteriore 12%, quantificabile in 90mila euro va al responsabile del settore, che è sempre Giuseppe Naccarelli. Inoltre, 472.500 euro sono divisi in parti uguali tra 26 impiegati. Infine, una stagista, inserita per fare esperienza di lavoro, racimola un lauto guadagno di 30mila euro. Le tabelle approvate dalla Giunta Poli Bortone sono eticamente discutibili, quando, in tempo di vacche magre, si attribuiscono ingenti somme a pochi dipendenti comunali. Il Patto di stabilità, previsto dalla Finanziaria, prevede l’obbligo di diminuire dell’1% la spesa per il personale rispetto all’anno precedente. Profili di illegittimità emergono anche da altre circostanze. Secondo la legge, il dirigente non può percepire somme aggiuntive rispetto all’indennità percepi-
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ta. Inoltre, l’attività svolta dal personale del S.E.F. è normale compito d’ufficio svolto durante gli orari di lavoro, per cui gli incentivi sono ingiustificati. Un ulteriore segmento della storia riguarda le modalità di pagamento dei 750mila euro extra destinati ai 29 dipendenti. Nessun capitolo, nel Bilancio 2005 del Comune, prevede tale pagamento. Maccarelli in quanto dirigente del S.E.F. firma un ordine di pagamento alla banca, per prelevare gli incentivi dal capitolo 506701 “quota di capitale compreso nell’annualità di ammortamento mutui riveniente dall’emissione del BOC”, ossia dalle somme stanziate per il rimborso dei BOC. Il pagamento avviene in assegni, senza alcun onere. Nel gergo, in nero. Non sono pagati Irap, Irpef, ritenute previdenziali ed oneri riflessi. Ma tutto ciò non passa inosservato, quindi il dirigente è costretto a firmare un provvedimento di autotutela, la determina del 29 dicembre 2006, che gli permette di regolarizzare la situazione dinanzi al fisco, asserendo che “per mero errore materiale gli ordinativi di pagamento non sono transitati dall’Ufficio stipendi”. Entrando nel merito dei presunti benefici economici prodotti dai B.O.C., l’opposizione del centrosinistra ha criticato le previsioni fatte al tempo della loro emissione. A fronte di un milione e 500mila euro di risparmio previsto nel 2006, quello effettivo è stato di soli 400mila euro. Inoltre, vi è anche stato il pagamento di una penale di quattro milioni di euro alla Cassa depositi e prestiti, il che, ovviamente, ha annullato il risparmio ottenuto e prodotto nuovo passivo. Inizialmente, riguardo a tutti gli aspetti suscitati dall’affaire degli incentivi indebiti, la sindaca Poli Bortone, l’assessore al bilancio De Leo e l’intera Giunta, tra cui l’assessore e candidato sindaco del centrodestra Paolo Perrone, hanno sempli-
cemente difeso le scelte politiche operate. Ma l’incalzante attività di indagine della Procura di Lecce, le denunce dell’opposizione e lo sdegno dell’opinione pubblica, hanno indotto Adriana Poli Bortone ad abbandonare questa strategia difensiva e ad avviare il 23 gennaio scorso una indagine amministrativa interna. Solo il 6 febbraio 2007 la sindaca adotta il provvedimento di sospensione dal servizio del dirigente Naccarelli: “In attesa dei chiarimenti richiestigli e degli approfondimenti di merito che ad essi seguiranno, e riservandomi all’esito ogni determinazione conclusiva”. Ancor prima che i funzionari comunali rispondano dinanzi alla Legge, saranno la sindaca Poli ed il centrodestra leccese ad essere sottoposti ad un giudizio, quello del cittadino-elettore, che non è detto sia il più clemente.
IL 6 FEBBRAIO 2007 LA SINDACA ADOTTA IL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE DAL SERVIZIO DEL DIRIGENTE NACCARELLI: “IN ATTESA DEI CHIARIMENTI RICHIESTIGLI E DEGLI APPROFONDIMENTI DI MERITO CHE AD ESSI SEGUIRANNO, E RISERVANDOMI ALL’ESITO OGNI DETERMINAZIONE CONCLUSIVA”
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//Paese che vai //Casarano e dintorni
sUb-PrOViNciA. sOVrA-cOmUNE.
è “ArEA-sisTEmA”. DOVE iL mANAg
22 donne su poco più di 30 dipendenti. E’ la squadra operativa e vincente di “Area sistema”, uno degli esempi più riusciti al centro-sud di gestione di un’area vasta con logiche sovracomunali. Una realtà che dà prestigio alla città, sia a livello regionale sia nazionale, che viene anche presentata nei convegni come esempio di best practice, ossia come un caso di successo, ma che i cittadini non conoscono. Infrastrutture, servizi, progetti comunitari non pensati in un’ottica campanilistica, ma rispondenti a esigenze e, si potrebbe dire, ad un’identità che agglomera diversi Comuni del basso Salento. Parliamo di un’area omogenea estesa per 512 chilometri quadrati, entro la quale vivono circa 160mila persone con bisogni e problemi condivisi. La società consortile “area sistema” è un’aggregazione di 15 comuni che gestisce servizi per i cittadini e per gli stessi enti locali. Questo nuovo soggetto, che si caratterizza sull’azione di concertazione dei soci – “facendo sistema”, tutti insieme e non in modo disaggregato – è considerato il modello ideale di sviluppo di un territorio. Con la costituzione della “Segreteria tecnica e organizzativa dell’Area Sistema di Casarano” l’obiettivo primario della società è stato quello di dotare l’area di una rappresentanza unitaria degli interessi territoriali. La segreteria ha compiti di coordinamento tra i soci, di osservare le carenze e le discontinuità dell’azione di sviluppo locale, di monitorare le opportunità da intercettare a livello di risorse pubbliche comunitarie, nazionali, regionali e locali. PAssO DOPO PAssO. LO sPOrTELLO UNicO. Il punto di partenza è stato il Suap, ossia lo “Sportello Unico delle Attività Produttive” comprensoriale. Nato per iniziativa del Comune di Casarano quando, insieme ai Comuni di Parabita, Alezio, Melissano, Taviano, Ugento, Racale, Supersano, Alliste, Sannicola, Morciano di Leuca, Acquarica del Capo e Alessano, ha inteso strutturare una programmazione progettuale in grado di fungere da presupposto di evoluzione del territorio da “area” in “sistema”. Il “Suap” ha ottenuto un importante riconoscimento dal “Sole 24 Ore”, il più importante organo economico nazionale, che lo ha definito tra i più efficienti sportelli unici del centro-sud, territorio in cui l’esperienza dei Suap si è spesso rivelata fallimentare, secondo un’indagine dello stesso quotidiano.
iL cENTrO sErVizi TErriTOriALE. Oltre al Suap, grande progetto è il Cst (Centro Servizi Territoriali) che ha preso forma nel 2005 quando, nell’ambito dell’Accordo di programma quadro per la Società dell’Informazione, la Regione ha affidato alla società consortile uno dei tre Cst finanziati in Puglia. Il Cst eroga servizi in forma associata da offrire ai comuni-soci. Tali servizi sono organizza-
ti in tre aree: area Ict che offre servizi di supporto per le nuove tecnologie; l’area Comunicazione, cui sono legati servizi già avviati, come il Call center, e altre attività di consulenza; l’area Ambiente e Territorio, frutto della consolidata attenzione di Area Sistema per le tematiche ambientali, di cui sono testimonianza i numerosi progetti quali il monitoraggio dell’inquinamento elettromagnetico, i piani del traffico, la zonizzazione acustica, l’Agenda 21 locale ed altri.
iL sisTEmA iNfOrmATiVO TErriTOriALE. LA rEgiONE sPErimENTA. Nell’area Ambiente e Territorio confluisce il Sit (Sistema Informativo Territoriale), in via di completamento, che fornirà servizi e strumentazione tecnologica, “mettendo a sistema” la cartografia di base e il miglioramento della materia relativa al territorio (urbanistica, lavori pubblici, catasto, tributi, monitoraggio ambientale ecc.). Il Sit dei comuni associati, tra l’altro, nasce in stretta collaborazione con l’Assessorato all’Urbanistica della Regione come punto di sperimentazione per il Sit regionale. La società consortile ruota intorno a personale in maggioranza femminile che, in questi anni, ha gestito decine di progetti. Caterina Mastrogiovanni, per esempio, fin dalla sua costituzione, sovrintende a tutte le funil tacco d’Italia
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Lo staff femminile di “Area sistema”. Al centro: Caterina Mastrogiovanni e alla sua sinistra Assunta De Santis
zioni amministrative della società consortile; responsabile del Cst è Assunta De Santis. Sin dall’inizio la società si è avvalsa del lavoro di professionisti soprattutto di sesso femminile. Ovviamente, non solo. Responsabile di diverse azioni legate al mondo dell’Information and communication technology è Antonio Dell’Anna. Al vertice di Area Sistema c’è un uomo, il sindaco di Casarano, Remigio Venuti. Significa, forse, che la politica non lascia spazio alle donne ma le ritiene valide per decretarne il suo successo? “No, non credo che sia così – risponde Venuti – la direzione di Area Sistema è formata da sindaci che per la maggior parte, si sa, sono uomini. E’ la conseguenza di scelte che si fanno a livello comunale e io auspico che presto venga eletta una donna tra i comuni soci di Area Sistema. Tuttavia – conclude il sindaco di Casarano – non tutti i responsabili dei progetti o dirigenti sono di sesso femminile”.
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“AREA SISTEMA” È UN CONSORZIO DI 15 COMUNI CHE GESTISCE UN’AREA VASTA, UNA SORTA DI SUB-PROVINCIA, CON LOGICHE SOVRACOMUNALI. QUI BATTE UN CUORE “ROSA”
//Collepasso
sOLE, TErrA, VENTO. QUANDO iL sALENTO fA ENErgiA
di Enzo Schiavano
AgEmENT è DONNA
rende concretezza il progetto della Italgest Energia di realizzare tra Brindisi e Lecce il primo polo integrato al mondo delle energie rinnovabili e del risparmio energetico. Cinque gli impianti da realizzare con il coinvolgimento di Regione, Università del Salento, Politecnico Universitario di Bari, Confindustria, Coldiretti, Province e Comuni interessati. Il polo utilizzerà le tre principali fonti di energia rinnovabile e pulita: biomasse (in particolare oli vegetali), eolico e fotovoltaico. La più grande centrale fotovoltaica d’Europa sorgerà a Brindisi, 11 MegaWatt nell’area dell’ex petrolchimico che sarà interamente bonificata dall’azienda. Due grandi parchi eolici saranno istallati a Torre Santa Susanna (90 MegaWatt) e a Nardò (60 MegaWatt). Importante ed innovativo il progetto che prevede l’istallazione di due impianti “gemelli” a Lecce e Collepasso, per lo sfruttamento delle agroenergie. La potenza sarà di 25 MegaWatt per ognuno dei due impianti ottenuta da oli vegetali, ed in particolare dall’olio di girasole e di colza. La Coldiretti ha proposto e sottoscritto un protocollo di intesa con la stessa Italgest, la Regione, la Provincia di Lecce ed i Comuni di Lecce e Collepasso che punta con decisione alla riconversione a girasole delle vecchie colture a tabacco, oggi purtroppo incolte. Stando a quanto si
P
LA sTOriA DEL “fArE sisTEmA” “Area Sistema di Casarano e Comuni associati” nasce nel 1999, una sorta di sub-provincia che ha la sua sede legale presso il Comune di Casarano (soggetto capofila); la sede amministrativa si trova in via Sesia presso la succursale del Liceo Scientifico, mentre la sede operativa è attualmente presso il Cisi. Originariamente la società era composta da 13 soci pubblici (i comuni di Acquarica del Capo, Alessano, Alezio, Alliste, Casarano, Melissano, Morciano di Leuca, Parabita, Racale, Sannicola, Supersano, Taviano e Ugento) e da uno privato (Consorzio Sim Puglia Spa). In seguito, con l’uscita dell’unico socio privato, la struttura societaria è cambiata, passando da un impianto misto (pubblico-privato) ad uno con l’intero capitale pubblico. Nel frattempo, ai 13 comuni-fondatori se ne sono aggiunti 2 (Collepasso e Taurisano) e presto se ne aggiungeranno altri 4. L’Università di Lecce partecipa, invece, come soggetto sostenitore. L’organizzazione interna della società si articola, secondo le disposizioni di legge e statutarie, in una pluralità di organi sociali, ciascuno dei quali è investito di una propria competenza: l’Assemblea dei soci, formata dai sindaci dei 15 comuni; il Consiglio di Amministrazione, costituito dal sindaco del Comune di Casarano e, a turno, da altri quattro soci; il Presidente del Consiglio di Amministrazione, carica ricoperta dal sindaco del Comune di Casarano, in quanto ente capofila. il tacco d’Italia
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legge nel protocollo, l’azienda si impegna ad utilizzare la produzione proveniente da colture locali, ad un prezzo che sarà concordato direttamente con gli agricoltori per scongiurare la concorrenza sleale di altri paesi del Mediterraneo che possono permettersi diversi standard qualitativi con costi di produzione minori. La speranza è quella di alimentare, a regime, i due impianti interamente con produzione locale. La riconversione delle nostre colture, nella visione di Coldiretti, darebbe nuovo slancio al settore agricolo, obbligandolo a superare l’estrema frammentazione, consentendo ai frantoi di lavorare anche nei mesi estivi (quando si raccoglie il girasole) e non solo nei mesi più freddi con la raccolta delle olive. Si stima un impatto occupazione di circa 25 unità per ognuna delle due centrali, senza contare l’indotto del quale non si conoscono ancora le precise dimensioni, ma che sicuramente potrà coinvolgere importanti settori dell’agricoltura. La potenza complessiva del polo sarà di circa 200 MegaWatt, pari ad un quarto dei consumi di tutta la Provincia di Lecce e dopo l’entrata in funzione consentirà di abbassare la produzione delle centrali di Cerano o Brindisi Nord che utilizzano combustibili fossili tradizionali, con notevoli benefici anche per l’ambiente. M.T.
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//Paese che vai //Galatina e dintorni Lavoratori in mobilità; depuratore fermo perché non a norma e il rischio di un danno ambientale. Sono le conseguenze di una burocrazia tanto lenta quanto inclemente. Alle famiglie non resta che attendere
LAVOrATOri imPANTANATi.
NELLE scArTOffiE Si chiama Gigi Samueli, ha 29 anni e dal 1999 lavora presso l’impianto di depurazione della zona industriale GalatinaSoleto. Anzi lavorava. Perché lo scorso 12 dicembre ha ricevuto da parte della ditta Sidi di Parma, che gestisce il depuratore, una lettera di licenziamento. Come lui l’hanno ricevuta anche gli altri cinque impiegati amministrativi occupati presso l’impianto. Motivo del licenziamento, la scadenza (in data 31 dicembre 2006) della proroga del contratto di gestione tra
Gigi Samueli
Sidi e consorzio Sisri di Lecce, proprietario dell’impianto. In un incontro, tenutosi a dicembre, Salvatore Sansò, commissario del Sisri, si disse disponibile ad assumere i lavoratori nell’attesa di individuare una nuova ditta per la gestione dell’impianto; anche la Emes di Lecce si offrì, qualche giorno dopo, di portare avanti il depuratore fino alla pubblicazione del bando di gara per la sua gestione. Buone notizie, insomma. Peccato che i lavoratori siano ancora a casa.
ATTENziONE ALLE DATE Di scADENzA Quello occupazionale non è l’unico problema che ruota attorno all’impianto di depurazione che serve la zona industriale di Galatina-Soleto. Ve ne sono altri due, infatti, ad esso strettamente correlati. Uno lo è in modo particolare: la mancata proroga allo scarico in falda del depuratore, che costringe alla chiusura dell’impianto (e, di conseguenza, al licenziamento dei lavoratori). L’impianto di depurazione non è infatti perfettamente rispondente alle norme sancite dal decreto Ronchi 152/99; necessiterebbe di lavori di ammodernamento (già finanziati dalla Regione per un milione e 200mila euro; decreto 29 del 23 febbraio 2006) finalizzati ad una maggiore lavorazione delle acque prima del loro scarico in falda; i lavori sono iniziati lo scorso ottobre (ditta Scavisud di Cannole) ma poi sono stati interrotti a causa di proteste relative alla collocazione di una vasca drenante delle acque depura-
te, da parte dei titolari della aziende della zona industriale. Nell’attesa di essere messo a norma, l’impianto, per funzionare, ha bisogno di continue proroghe allo scarico in falda delle acque. La proroga dopo 2 mesi di attesa è stata accordata da Nichi Vendola, in qualità di commissario delegato per l’emergenza ambientale. Perché tanta attesa? Perché proprio il 31 dicembre, quando scadeva quella già concessa (13 luglio 2006), scadeva anche il mandato di Vendola quale commissario per l’emergenza ambientale. Questo è stato rinnovato dal Consiglio dei ministri pochi giorni dopo (Gazzetta Ufficiale n. 6 del 9 gennaio). Il 31 gennaio il Sisri, dietro richiesta dell’Ufficio Ambiente della Regione ha confermato le condizioni (principalmente relative alla natura dello scarico) per la concessione della proroga. Per gli operai sarebbe, dunque, solo questione di tempo.
di Laura Leuzzi
VENDOLA ASPETTAVA DI ESSERE RICONFERMATO COMMISSARIO PER L’EMERGENZA AMBIENTALE PER CONCEDERE PROROGA DI SCARICO IN FALDA AL DEPURATORE; IL SISRI HA ASPETTATO 2 MESI LA PROROGA DI VENDOLA. ORA È ARRIVATA. MA ANCORA I LAVORATORI ASPETTANO CHE L’IMPIANTO VENGA RIAPERTO PER ESSERE RIASSUNTI
“TUTTA cOLPA DELLA bUrOcrAziA” Salvatore Sansò Commissario, in un incontro presso il Sisri (29 dicembre 2006), lei si dichiarò disponibile ad assumere i lavoratori in mobilità per il periodo necessario allo svolgimento della procedura di gara che individuasse una nuova ditta per gestire l’impianto di depurazione. Perché dopo due mesi ancora non l’ha fatto? “Per assumere i lavoratori in mobilità, io aspettavo, da parte di Vendola, la proroga allo scarico in falda; quest’atto metterà nuovamente in moto l’impianto di depurazione che attualmente è chiuso. Senza il via libera di Vendola allo scarico, io non posso assumere, anche perché il consorzio non è nelle condizioni economiche per farlo”. La ditta Emes di Lecce ha manifestato al consorzio la propria disponibilità alla gestione temporanea dell’impianto nell’attesa dell’individuazione, a mezzo bando di gara, di un nuovo gestore. Che cosa è stato di
Commissario Sisri quella proposta? “E’ stato tutto bloccato, in attesa della proroga allo scarico da parte del commissario per l’emergenza ambientale. Quando questa arriverà, la Emes gestirà l’impianto fino a che non verrà aperto il bando di gara per la gestione. Questo è già pronto; sarà rivolto non solo a ditte della Provincia, ma di tutta Italia e forse anche all’Europa”. Gli interventi di messa a norma dell’impianto sono iniziati e poi sono stati interrotti. I lavoratori temono un eccessivo dilatarsi dei tempi di adeguamento del depuratore e, di conseguenza, un protrarsi della loro condizione di mobilità. Quando riprenderanno i lavori? “Gli interventi di adeguamento sono iniziati e sono tuttora in corso. Sono stati bloccati solo quelli relativi alla localizzazione della vasca drenante delle acque depurate. Adesso che il sito è stato individuato in territorio di Soleto, riprenderanno al più presto”.
La condotta che non conduce E veniamo al secondo problema, di tipo ambientale, ovvero: il malfunzionamento di una condotta del depuratore, quella che dovrebbe portare i reflui dalla zona industriale verso lo scarico; questa risulta praticamente asciutta, segno che per una rottura o un danno tecnico all’impianto, l’acqua viene scaricata in falda non perfettamente depurata. Di verificare quale sia il motivo per cui la condotta non porta le acque allo scarico, se ne sta occupando la ditta Icos d Lecce, dallo scorso 13 febbraio.
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//Paese che vai //Gallipoli e dintorni
mUsEO ciVicO.
ANTicO, NON PiU’ VEcchiO INFORMATIZZAZIONE, CLIMATIZZAZIONE, ALLESTIMENTO DI UNA SALA ESPOSITIVA. IL NUOVO MUSEO IN TRE MOSSE
uando ci metti piede, non puoi fare a meno di avvertire un forte odore di umido. Se poi ti guardi intorno, ti rendi conto che necessiterebbe di un allestimento razionale degli spazi che desse il giusto rilievo alle opere in mostra. Il museo civico di Gallipoli (responsabile Paola Renna) è nascosto nelle stradine del centro storico della città bella. Organizzato nei modi delle gallerie sette-ottocentesche, non è monotematico, ma ospita le collezioni più differenti. Messe l’una accanto all’altra, frutto di donazioni e ritrovamenti. Presto questo museo cambierà volto. Arriveranno in città, infatti, finanziamenti pari a 300mila euro (270mila euro di fondi Pis e 30mila euro di fondi comunali) per realizzare diversi interventi all’interno della struttura, che, al termine dei lavori, apparirà più adeguata a conservare i materiali e anche più facilmente fruibile da parte dei visitatori. Giuseppe Carmone, il tecnico comunale che ha redatto il progetto (approvato il 28 dicembre 2005; giunta guidata da Giuseppe Venneri), lo suddivide in tre blocchi. Il primo (per un costo di 28mila euro) consiste nell’informatizzazione dei reperti e dei testi antichi, che potranno essere consultati direttamente on line (una parte dei volumi è già stata sottoposta, negli anni scorsi, a digitalizzazione); il secondo (costo, 114mila euro) è relativo alla messa a norma degli impianti e alla climatizzazione dell’intera struttura, inclusa una climatizzazione specifica per il primo piano, dove si conserva il fondo librario antico (questi testi hanno infatti bisogno di temperatura costante); il terzo (per una spesa di circa 80mila euro) prevede l’allestimento di una sala per la collocazione delle 20 tele ottocentesche della collezione Coppola. Il restauro dei dipinti è stato già avviato; se ne sta occupando la ditta Cosi di Lecce.
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Abbiamo contattato Gabriella Casavecchia, assessora alla Cultura nella giunta Venneri, alla quale abbiamo chiesto di illustrarci quali sono le peculiarità del museo civico di Gallipoli che necessitano di interventi di salvaguardia. E poi abbiamo incontrato anche Alessandra Pizzi, attuale assessora alla Cultura, che ci ha anticipato quali obiettivi intende perseguire nel settore cultura. Sono emersi due modi piuttosto differenti di intendere la programmazione culturale di una città. L’una più rivolta al recupero dei beni, l’altra più attenta alla creazione di eventi.
sTrUTTUrA E cOLLEziONi Di PrEgiO Gabriella Casavecchia “Il museo di Gallipoli può essere definito una camera delle meraviglie, ricca di collezioni assai diverse tra loro, ma tutte di grande pregio: una collezione archeologica, oggi nuovamente fruibile dopo gli interventi di ripulitura cui è stata sottoposta; una collezione di armi, attualmente in restauro, d’intesa con la Soprintendenza; una di vestiti settecenteschi, circa dieci, i quali purtroppo sono in attesa di uno sponsor che ne permetta il restauro. Di grande valore è il fondo antico conservato
ex assessora alla Cultura, Gallipoli al primo piano, dove sono raccolte migliaia di cinquecentine, seicentine, incunaboli, fino a testi più recenti. Di una parte di questi libri abbiamo eseguito anche la digitalizzazione con gli strumenti del Siba (Sistema informatico bibliotecario d’Ateneo) dell’Università di Lecce, per cui oggi è possibile, attraverso il sito del Siba, prendere visione delle pagine dei testi, come sfogliarle virtualmente. Sono testi molto delicati, che necessitano di un sistema di climatizzazione che non li sottoponga a rischi”.
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di Margherita Tomacelli Alessandra Pizzi, assessora alla Cultura
cULTUrA cOmE EVENTi, NON sOLO rELiTTi “Il recupero delle parti strutturali di un edificio è importante, ma non dev’essere l’unico obiettivo in ambito culturale; probabilmente è più importante un buon utilizzo delle risorse umane e una migliore fruibilità degli spazi. Non ha senso recuperare le strutture, se poi queste non vengono usate nel modo giusto. Da ciò deriva la necessità di prevedere delle spese per l’utilizzo di risorse umane e l’organizzazione di eventi che possano veicolare il patrimonio. Abbiamo previsto, ad esempio, un festival della letteratura che si sposterà in varie zone delle città, nel tentativo di riqualificare l’intero tessuto urbano, ed un salone itinerante dell’enogastronomia che attirerà l’attenzione sui monumenti detti minori. Vogliamo pensare il museo e la biblioteca come luoghi di incontro. Necessario, a questo fine, è reperire le figure professionali che possono tener aperte le strutture. Se vogliamo destagionalizzare il turismo, dobbiamo fare in modo che i nostri contenitori culturali siano sempre aperti ai visitatori. Di beni culturali non si deve parlare solo in termini di restauro, ma soprattutto in termini di valorizzazione, promozione e corretta fruizione. Il museo come luogo per conservare dei relitti ormai è un’operazione stantia. Il museo è luogo di incontro. Quindi ben vengano le operazioni che la precedente giunta è riuscita a captare per il recupero delle strutture, ma garantiamo la vita a questi luoghi”.
Il Tacco porta bene/1 Del museo civico di Gallipoli il Tacco aveva già parlato nel numero 28 (agosto 2006), quello dedicato ai musei “altri”, ai percorsi secondari consigliati ai turisti in visita nel Salento (“Non chiamatela roba da museo”, pag.11). Allora avevamo sottolineato la necessità di un intervento di recupero della struttura che desse la giusta valorizzazione alle collezioni conservate. Ci fa piacere poter dare notizia dei passi in avanti compiuti in questa direzione.
Il Tacco porta bene/2 E museo fu. Anzi mostra temporanea. Alessandra Pizzi, assessora alla Cultura per il Comune di Gallipoli, ha disposto di spostare le 85 tavole dell’artista gallipolino Max Hamlet Sauvage dalla sede comunale, dove ora si trovano, a Palazzo Baronale, per una mostra che sarà inaugurata il prossimo 7 marzo e si chiuderà il 21. Non è proprio il museo dell’arte surrealista che l’artista ha chiesto più volte alla città (il Tacco ne aveva parlato nel numero 25 di maggio 2006), ma non disperiamo. Il Tacco porta bene.
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//Paese che vai //Maglie e dintorni
UN “iNcANTEsimO” Di NOmE
mAUrA LEONE
Corso XX Settembre - Casarano di Marco Laggetta
i sento un po’ impacciato mentre mi preparo all’appuntamento. Cerco di fare ordine nella mia testa e rincorro quella domanda ad effetto che ieri mi suonava così azzeccata. Non mi viene più. Ed ora, che cosa le chiedo? Che cosa si può chiedere ad un volto come quello di Maura Leone? Solo a pensarci mi si confondono le idee. Bella, è bella. Ma non è solo quello che colpisce di lei. E’ la sua naturalezza. La sua aria raffinata ed, insieme, semplice. E va bene, mi dico. Fa niente. Qualcosa mi verrà in mente, mentre provo, almeno questo!, a non fare la figura del ritardatario. Arrivo in tempo, per fortuna. Lei è lì. Ballerina, attrice per il cinema, la tv ed il teatro. Anni 26 ed un fisico statuario. Ed è, pensate, di Maglie. Devo conoscerla; devo fare in modo di sapere qualcosa in più di lei e del suo straordinario percorso formativo. Inspiro ed espiro. Inizio a fare domande.
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IL 2005 È STATO L’ANNO PIÙ IMPORTANTE DELLA SUA CARRIERA: PRIMA LA FICTION CARABINIERI 5, POI CAPRI, HOLLY E WOOD, MANUALE D’AMORE, E FINALMENTE AGENTE MATRIMONIALE, DOVE HA RECITATO PER LA PRIMA VOLTA LA PARTE DI PROTAGONISTA PER IL CINEMA
BALLERINA, ATTRICE PER IL CINEMA, LA TV ED IL TEATRO. SOLO 26 ANNI E GIÀ TANTE ESPERIENZE ALLE SPALLE
Maura Leone
Che scuole hai frequentato? “L’istituto alberghiero, a Otranto”. Com’è iniziata la tua carriera da ballerina? E a quando risale la passione per la danza? “Ho iniziato a studiare danza a sei anni ed ho continuato a farlo con dedizione per 15 anni. Nel 1998 ho superato l’audizione per entrare nel corpo di ballo di Ciao Darwin, il programma televisivo in onda su Canale 5. L’anno successivo, con mio sommo stupore, sono stata scelta, fra 300 ragazze, come ballerina per Buona Domenica”. Com’ è avvenuto l’incontro con il cinema? “Nel 2000 ho fatto la comparsa in Donne di mafia, una fiction girata nel Salento, con la regia di Giuseppe Ferrara. È stato l’inizio di una fortunata serie di apparizioni culminata, l’anno seguente, con la prima esperienza teatrale, nella commedia Tutto bene tranne il pubblico, ispirata all’effetto notte di Truffot. Interpretavo, per la prima volta su un palcoscenico, il ruolo della protagonista, nei panni di Pamela. Nel 2002 sono stata protagonista di una puntata de Il maresciallo Rocca, con Gigi Proietti. Lo stesso anno ho fatto un’apparizione, nei panni di una seducente segretaria, nel film di Vanzina Il pranzo della domenica”. A quando risalgono i primi riconoscimenti? “Il 2005 è stato l’anno delle più grandi soddisfazioni. I lavori si sono susseguiti a ritmi forsennati. Nella fic-
tion Carabinieri 5, con regia di Sergio Martino, sono stata protagonista di puntata. In Capri, di Enrico Oldoini, protagonista di due puntate. Con la sit-com Holly e Wood, di Herbert Paragnani, ho vinto il premio come migliore attrice. In Manuale d’amore, di Veronesi, ho interpretato l’amica di Luciana Littizzetto. Ma è solo nel film Agente matrimoniale, prodotto da Eleonora Giorgi, con la regia di Cristian Bisceglia, che ho recitato per la prima volta in un ruolo da protagonista per il cinema”. A che cosa stai lavorando ora? “Nel luglio del 2006 ho iniziato le riprese per Incantesimo 9. È un progetto che mi impegna e mi coinvolge molto”. C’è qualcuno che devi ringraziare in particolar modo per aver creduto in te? “Sicuramente Marco Garofalo, coreografo, che nel 1998 mi ha chiamato per la prima audizione dopo aver visionato una videocassetta. Ma anche Lucio Presta, manager di Paolo Bonolis. Senza di lui non sarei a Roma”. C’ è un attore con il quale ti sei trovata particolarmente in sintonia? “Massimo Bulla, il mio partner in Incantesimo”. Qual è l’esperienza più bella che hai vissuto? “Di solito vivo con la massima intensità il lavoro che
svolgo, quindi direi che l’esperienza più bella è quella che sto vivendo ora con Incantesimo”. Un sogno che hai già realizzato? “Anzitutto quello di fare la ballerina. Poi quello, quasi impensabile agli inizi, di fare l’attrice”. Un sogno che, invece, è rimasto nel cassetto? “Quello di affiancare la danza alla recitazione, magari in un musical”. C’è un consiglio che senti di dover dare a tutte quelle ragazze che vorrebbero intraprendere una carriera come la tua? “Non pensare mai che sia una cosa semplice. Prepararsi a studiare molto e a fare grossi sacrifici personali. Bisogna mettere da parte i propri affetti e, come è successo a me, anche l’amore per la propria terra e fare ricorso a tutta la propria passione e determinazione”. Sei innamorata? “Al momento no. Sono felicemente single”. Rinunceresti alla carriera per crearti una famiglia? “Si”. Progetti per il futuro? “Uno solo. Quello di continuare sulla strada intrapresa. La maturazione artistica e personale è fatta di piccole tappe. Anche il solo fermarsi a ricontarle sarebbe tempo perso”.
“Salento d’Amare Card Young” è un’iniziativa innovativa rivolta ai giovani tra i 14 e i 35 anni, in grado di coinvolgere il sistema culturale, commerciale e del tempo libero. Ai possessori della card sono riservati sconti, convenzioni e promozioni offerte dai punti vendita affiliati e dai numerosi partner. Un mondo di vantaggi riservati agli iscritti a questo club molto speciale. Il costo della card è di soli 10 euro. Possono sottoscriverla tutte le ragazze e i ragazzi di età compresa tra i 14 e i 35 anni, anche non residenti in provincia di Lecce. Il 10% del prezzo della Card e dei contratti di affiliazione è destinato ad alimentare un Fondo, gestito dalla Provincia di Lecce, finalizzato al restauro di beni del patrimonio salentino. Oltre ad ottenere numerosi vantaggi, contribuirai direttamente ad un’iniziativa a favore del Salento. Consulta il portale www.salentocard.com per tutte le informazioni. “Salento d’Amare Card Young” è un progetto Media Consulting. Partner Istituzionale la Provincia di Lecce.
Salento d’amare Card Young e il Tacco d’Italia sostengono le iniziative di Gesti di Vita (www.gestidivita.it) il tacco d’Italia
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//Paese che vai //Nardò e dintorni
www.iltaccoditalia.net
lla vigilia della calda primavera che attende il Comune di Nardò, chiamato a rinnovare la propria compagine amministrativa, gli animi della politica cittadina sembrano essersi già sufficientemente scaldati. Noi abbiamo chiesto ai capigruppo dei partiti all’opposizione di rivolgere una domanda “pungente” ad Antonio Vaglio, sindaco di centrosinistra in scadenza di mandato, il quale si ricandida per un secondo corso amministrativo. Poi, abbiamo contattato Vaglio e a lui abbiamo girato le domande dei consiglieri. Facendoci semplici ambasciatori dell’una e dell’altra parte.
A
VAgLiO A cOLPi Di TAccO
di Margherita Tomacelli
IL TACCO D’ITALIA SI FA AMBASCIATORE. GIRANDO AL SINDACO, SENZA FILTRARLE, LE DOMANDE DEI CAPIGRUPPO DI OPPOSIZIONE DISCARICA CHIUSA. MA È UN BLUFF? “La discarica di Castellino è stata effettivamente chiusa o è solo un bluff pre-elettorale? Potrebbe succedere, cioè, che, passate le elezioni, questa venga riaperta per colpa dell’amministrazione e non, come spesso ha voluto far credere, del centrodestra”? Luigi Zuccaro, Antonio Vaglio: “Il centrodestra Alleanza non ha fatto nulla per la discanazionale rica di Castellino; questo è stato il motivo per cui io ho rotto con quella parte politica. La mia amministrazione ha considerato la chiusura dell’impian-
TROPPI DEBITI PER IL COMUNE
to un obiettivo primario ed oggi nessuno può parlare di una sua eventuale riapertura. Se così dovesse essere, noi combatteremo con tutte le nostre forze. Gli accordi di una chiusura di Castellino risalgono al 2004; furono sottoscritti dall’allora presidente della Regione, Raffaele Fitto, che poi non li avrebbe rispettati, pensando di essere rieletto. Poi fu eletto il presidente Vendola che, da galantuomo quale è stato, ha dato seguito alle promesse”.
Marcello De Pace, Democrazia cristiana
“Come mai la sua amministrazione, alla fine dei cinque anni, accende mutui per diversi milioni di euro per opere, alcune di competenza della Provincia (vedi la strada Nardò-Pagani), altre prive della minima ricaduta economica sul territorio, indebitando le casse comunali”? Antonio Vaglio: “Marcello De Pace non ha ancora compreso che la strada NardòPagani non è di pertinenza provinciale, ma comunale; abbiamo ricevuto un finanzia-
mento per quasi due milioni di euro per riqualificarla. Inoltre, quelli che De Pace chiama mutui in realtà sono dei cofinanziamenti. Gli interventi sulla Nardò-Pagani, la riqualificazione di Santa Caterina e Santa Maria al Bagno, il servizio di fogna per le marine sono tutte opere cofinanziate da Regione e Comune. Opere che non vennero realizzate dall’amministrazione Dell’Anna, che ci ha preceduti, e che, per fortuna, cadde dopo soli tre anni”.
// PEr sAPErNE Di PiU’
MUSEO DELLA MEMORIA. MA DIMENTICATO
L’istituzione del Museo della Memoria a S. Maria al Bagno di Nardò è il risultato di un lungo lavoro di ricostruzione di una vicenda che ha toccato da vicino la comunità salentina e le coste neretine in particolare. Qui vennero requisite intere aree abitative, per ricoverarvi i profughi ebrei reduci dai lager nazisti. L’immobile destinato al museo è il piccolo edificio, realizzato negli anni ‘50, sul lungomare Lamarmora, per ospitare la scuola elementare. Il progetto di conversione in museo prevede la predisposizione di un’ampia area di ingresso, due grandi spazi espositivi e servizi. Nel primo spazio espositivo saranno collocati i pannelli decorati, prima rimossi e restaurati, che compongono il complesso dei murales; nella seconda sala è stata predisposta l’aula multimediale nonchè l’esposizione dei pannelli fotografici allestiti dall’associazione Pro Murales, che documentano la lunga vicenda degli ebrei in transito a Nardò.
“Sono passati anni da quando si è iniziato a parlare del recupero dei murales ebraici di Santa Maria al Bagno e dell’istituzione del Museo della memoria. Abbiamo avuto dalla Regione 250mila euro, ma non abbiamo visto niente di nuovo. Che cosa è stato fatto, di concreto, per il recupero dei murales e per far conoscere al di fuori delle mura cittadine la storia del campo di Santa Maria al Bagno”? Antonio Vaglio: “Abbiamo affidato l’incarico del museo all’architetto che ha redatto il progetto, Luca Zevi, di origine ebraica, uno dei più grandi architetti a livello nazionale; i lavori inizieranno al più presto. Sul recupero dei murales, il consigliere Parisi ha dimenticato che abbiamo incontrato diversi problemi per-
Gregorio Parisi, Forza Italia
ché questi insistono su una zona che è di proprietà di privati; nonostante ciò riusciremo a spostarli nel museo. L’amministrazione ha anche impegnato fondi propri, oltre ai 250mila euro, per realizzare la struttura museale. Inoltre, utilizzeremo anche 10mila euro provinciali, per fare in modo che il museo nasca nei tempi e nei modi stabiliti. Quando l’ex presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha riconosciuto alla nostra città la medaglia d’oro al merito civile, noi ci siamo attivati per rendere nota la storia della Nardò del 1946-47. Per dare risalto a quei fatti, che fanno parte della nostra cultura, intitoleremo alla Shoah la piazza delle quattro colonne a Santa Maria al Bagno”.
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//Paese che vai //Tricase e dintorni
risOrsE (POchE), DONNE (TANTE).
cOsì iL LAVOrO è AL “cENTrO” POCHI SOLDI E TANTA BUONA VOLONTÀ. SU QUESTE BASI È NATO A TRICASE UN CENTRO PER LE DONNE IN CERCA DI LAVORO
di Maria Giovanna Sergi
volte bastano una scrivania, un po’ di sedie e strumenPAri OPPOrTUNiTà DAL cENTrO EUrOPA ti informatici basilari come un computer portatile ed ALL’ADriATicO un videoproiettore. Appena diecimila euro di fondi Il Centro risorse di Tricase nasce nell’ambito del procomunitari ed il gioco è fatto. Quello che non deve mancagetto Wefnet (Women engendering the finance network) e re, però, è la consapevolezza di poter realizzare qualcosa di si inserisce nell’Asse 1 del programma Interreg III B concreto per gli altri. E’ nato così a Tricase, lo scorso 7 febCadses, l’iniziativa dell’Unione europea volta a promuovebraio, il Centro risorse donne. Poche finanze e tanto spirito re progetti di cooperazione interregionale tra soggetti di sacrificio. “Perché - spiega Chiara Vantaggiato, assessora appartenenti all’area geografica che si estende comunale alle Pari opportunità, che si è interessata del dall’Europa centrale ai paesi danubiani e balcanici fino progetto – dopo la crisi del comparto manifatturiero, che ha toccato tutti i Comuni salentini, ma Tricase in particolar all’Adriatico. modo, perché qui persisteva una forte tradizione calzaturieObiettivo del progetto è promuovere la partecipazione ra, un lavoro lo devi pur fare”. E se sei donna, spesso può femminile ai processi socio-economici attraverso intervenessere più difficile. “Il Centro nasce – continua Vantaggiato ti sulle politiche di sviluppo locale che supportino le - per aiutare le donne nella ricerca di un’occupazione. donne nell’accesso al mercato del lavoro. Alcune hanno bisogno di assistenza anche per compilare Il Centro risorse si propone, di divulgare la cultura un curriculum vitae. Noi vogliamo essere al loro fianco e Chiara Vantaggiato, delle pari opportunità; di studiare la realtà del territorio fare in modo che si verifichi un fruttuoso incontro tra assessora alle Pari opportunità, per individuarne le esigenze e le potenzialità; di rendere domanda e offerta di lavoro. Ciò che ci impegniamo a fare Comune di Tricase note, infine, le occasioni lavorative e progettare corsi di – riprende - è dare la possibilità alle donne di sfruttare le formazione professionale. risorse della rete; penso, ad esempio, ad una vendita via web di prodotti di artigianato tipico; ne potrebbero usufruire le tante ricamatrici sparse sul nostro territorio. Inoltre, // risErVA, mA NON PANchiNA miriamo ad incentivare lo spirito cooperativo. L’attività del Centro risorse si pone in collaborazione con quella del centro La politica come servizio e aiuto. E’ questo il principio che ha animato la lista “Ala di riserterritoriale per l’impiego, risultando un ulteriore punto di riferimento per le va” che si è presentata alle amministrative 2006 che hanno interessato il Comune di Tricase, donne che abbiano bisogno di confrontarsi con le esigenze del mercato. appoggiando il candidato, poi eletto sindaco, Antonio Coppola. Il nome della lista prende spunto da una poesia di don Tonino Bello, che invita ad usare la propria “ala di riserva” per Al seminario di inaugurazione del Centro, hanno preso parte molte donne; aiutare gli altri. 14 donne sono così scese in piazza per presentarsi al mondo della politica, segno che l’emergenza lavoro, a Tricase come nei paesi limitrofi, è reale. “E’ “offrendo i modi tipicamente femminili di affrontare i problemi, ovvero – spiegano – la vero, non abbiamo molte risorse a disposizione – dice l’assessora - ma questo pazienza, la sensibilità, lo spirito critico”. I risultati si vedono: la lista al femminile ha dato non ci fermerà. Il nostro intento primario è diffondere tra le donne l’idea dell’aualla città un’assessora, Chiara Vantaggiato, e una consigliera, Pina De Iaco. toimpiego e comunicare a chi si rivolga a noi un senso di fiducia che non bisogna mai perdere”. Subito dopo l’apertura al pubblico della sede, il Centro si è messo all’opera. Primo obiettivo: analizzare il territorio, chiedendosi di che cosa questo ha bisogno. “Prima di fornire assistenza alle donne, in termini di sportello – interviene Vantaggiato -, dobbiamo realizzare uno studio dettagliato del Un centro risorse come quello di Tricase mente alle Pari opportunità, all’Ufficio mercato. In questo siamo in linea anche con le politiche regionali per le Pari è sorto a Lecce presso la sede della relazioni con il pubblico e alle Politiche opportunità che promuovono la conciliazione dei tempi di lavoro con i tempi Provincia a Palazzo dei Celestini. Anche comunitarie. la Provincia di Lecce ha infatti parteciOltre ai centri di Tricase e Lecce, sono della famiglia. E’ importante partire al più presto con azioni concrete. E poi, pato al progetto Wefnet – Interreg III B presenti, sul territorio provinciale, diverquando il Centro lavorerà a pieno regime, sarà più semplice raggiungere l’obietCadses. Si sono interessati dell’apertusi centri territoriali per l’impiego. tivo di formare ad una professione chi lo frequenta. Mi riferisco anche a donne ra del centro Loredana Capone, A questi sportelli, donne e uomini posstraniere che si trovino in Italia per motivi di lavoro. Grazie ad azioni di gemelGiovanna Capobianco e Cosimo sono rivolgersi per cercare un’occupalaggio che vogliamo intraprendere con altri paesi, queste potranno frequentare Durante, assessori provinciali rispettiva- zione. corsi di formazione e poi tornare nel proprio paese con un titolo di studi riconosciuto. Non bisogna ricordarsi delle donne solo l’8 marzo”.
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LE ALTRE DONNE AL “CENTRO”
Ecco le sedi e i numeri telefonici: Campi Salentina; via Piemonte, 0832.794094; Casarano, via San Giuseppe, 0833.502004; Galatina, via Vallone, 0836.562003; Gallipoli, lungomare Galilei, 0833.261766; Lecce, viale dello Stadio, 0833.314974; Maglie, via Gallipoli, 0836.488200; Nardò, via Sanpietroburgo, 0833.871108; Tricase, via Stazione 0833.544109;
Il Centro risorse donne di Tricase è in piazza Dell’Abate 3 (vicino alla statua di don Tonino Bello); per contatti: 0833.777365; centrorisorse@comune.tricase.le.it; orari di apertura al pubblico: lunedì-mercoledì-venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 12.00; martedì e giovedì, dalle ore 16.00 alle 18.00. il tacco d’Italia
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// Diritto di replica //Inchiesta //I pianti termici e scelte adottate dalla Provincia di Lecce sono state trasparenti ed in linea con le disposizioni di legge in materia. Pertanto, l’Amministrazione Provinciale, avvalendosi dei D.leg.vi nn. 468/97 ed 81/2000 ha inteso procedere alla stabilizzazione di 56 lavoratori socialmente utili (LSU) presenti al proprio interno per precedenti progetti di pubblica utilità (Lpu) e 45 provenienti, quali soci lavoratori, dalle cooperative Acli, Ecoverit e Vit, attraverso la redazione ed approvazione di un piano d’impresa per la cui attuazione era richiesto un partner privato. I provvedimenti relativi al Piano, sono stati accettati, dopo attenta istruttoria e, quindi, predisposti dalla Provincia, la quale ha così proceduto, sulla base delle sue prerogative ed in conformità delle legge. Parlare, dunque, di “Rapporti intricati” è tendenzioso dal momento che ogni atto è pubblico.
L
accaduto, Asea srl, conformemente a quanto elaborato dallo stesso Piano, ha dovuto strutturare il servizio di controllo in risorse umane, in macchine automezzi ed attrezzature, in tecnologia informatica ed in risorse logistiche. A tal proposito, desideriamo solo affermare con forza che nessuna azione vessatoria è stata consumata nei confronti degli utenti, semmai i nostri controllori hanno consigliato per il meglio le persone specificando loro che il controllo si rendeva necessario non tanto per “la riscossione del tristemente noto onere della visita di controllo”, così come voi l’avete definito, quanto a garanzia del risparmio energetico, della riduzione dell’immissione dei fumi in atmosfera, della loro incolumità e sicurezza in generale e, soprattutto, nei condomini. Non vogliamo entrare nel merito delle questioni sollevate nella parte in cui si parla
Ad avvalorare quanto affermiamo vi è la nostra richiesta alla Provincia più volte reiterata, di risarcimento danni per inadempienze contrattuali, alla quale, in assenza di riscontri oggettivi, procederemo prossimamente nei modi e nelle forme di legge. Luigi De Leo Ufficio stampa Asea srl
LINK L’inchiesta “I pianti termici” è stata pubblicata sul Tacco d’Italia n.33. E’ consultabile anche sulle pagine del quotidiano on line
www.iltaccoditalia.net
L’AsEA risPONDE AL TAccO In un’altra finestra si afferma che “il servizio di controllo presupponeva l’esistenza di 250.000 impianti termici nel territorio provinciale. Il censimento fatto successivamente ha evidenziato invece la presenza di circa 135.000 caldaie. Anche il numero del personale impiegato appariva eccessivo fin dall’inizio. Infatti, le assunzioni riguardavano 102 lavoratori. La Provincia in seguito, ha calcolato che ne occorrevano solo “40”, per tali motivi, vale la pena ricordare che il Piano di Impresa elaborato da noi ed accettato dalla Provincia, ha recepito esclusivamente i dati Istat, per cui metterli in discussione significa ingenerare equivoci a danno della chiarezza. Infatti, tale dato prevede un impianto ogni 3 abitanti. Per cui è stato facile, a fronte di una popolazione salentina di ca. 750.000 abitanti (escluso il Comune capoluogo che, peraltro, conferma e addirittura supera tale parametro) calcolare la corrispondente operazione aritmetica che ha cosi previsto un parco impianti costituito da ca. 250.000 caldaie. Che, poi, la non accettazione di tale servizio, abbia generato sensibili contrasti da parte di organi politici, associazioni di categoria e di consumatori (questi ultimi solo per la tariffa da applicare/impianto), Procura della Repubblica, è altro, incontrovertibile, dato che ha ridotto sensibilmente la possibilità di raggiungere gli obiettivi fissati dal Piano d’Impresa stesso, nel quale, cautelativamente, era stato previsto un numero di controlli non superiore a 80.000 per biennio. In sede di elaborazione del Piano, non potendo prevedere quanto successivamente
di “chi controlla i controllori - Lsu lavoratori utili a chi?”, perché se ciò facessimo daremmo il fianco a qualche nostro detrattore (!) che non ha digerito, ancora, la estromissione operativa da tale tipo di servizio. Piuttosto, a meno che non siamo costretti, non vogliamo ricorrere alle vie giudiziarie per far valere la nostra trasparenza e poter far chiarezza, sia per quanto riguarda l’utilizzo delle sub-concessionarie, per altro autorizzato dagli atti deliberativi e quindi riportato nella convenzione e sia per quanto riguarda il riferimento fatto ai lavoratori, accusati di non possedere “le competenze necessarie al corretto svolgimento del servizio”. A questo proposito è necessario chiarire che circa 40 unità avevano già effettuato medesimo servizio per la Provincia con un’anzianità di almeno 4 anni. I restanti 56 Lsu, avendo partecipato ad un approfondito corso di formazione presso la medesima, ne avevano successivamente, ricevuto il certificato di idoneità al controllo e verifica sullo stato di esercizio e manutenzione degli impianti termici) e, quindi potevano effettuare i relativi controlli e verifiche. Riguardo poi ai guadagni di cui ha beneficiato la nostra azienda, c’è da dire che la circostanza non risponde al vero: non solo perché non ci sono stati quei “sospetti” guadagni ma, addirittura, non avendo potuto effettuare tutti i controlli degli impianti, ha affrontato, comunque, il pagamento delle retribuzioni, degli oneri sociali e dei costi generali di gestione con fondi propri, procurandoci, cosi, notevolissime perdite economiche. il tacco d’Italia
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ricEViAmO E PUbbLichiAmO. Tuttavia non possiamo non notare, e di conseguenza sottolineare, che nessuno dei dati contenuti all’interno dell’inchiesta a firma di Giuseppe Finguerra è stato smentito nella sostanza. Solo incidentalmente segnaliamo un fatto singolare: un’azienda privata (l’Asea) difende l’operato di un ente pubblico (la Provincia di Lecce) e la sua trasparenza senza che la stessa premura sia stata manifestata dal diretto interessato (la Provincia). M.L.M
cOmPLimENTi A schiAVANO Congratulazioni per i tuoi servizi esaurienti e concisi. Ci pare che rimani l’unica fonte di informazione che si rispetti. Gli atti morosi della San Marco, giunti per raccomandata all’ultimo momento, prima di incorrere nelle prescrizioni, non sono consentiti dal codice civile che sancisce le comunicazioni di mora prima della fase finale coercitiva dopo l’accertamento, che per la san Marco assume aspetti particolari in quanto ad esso è stato allegato un bollettino di conto corrente con somme da pagare non specificate (il riferimento è all’articolo “Casa mia casa mia”, a firma di Enzo Schivano, Tacco n.33). Ti giunga l’augurio per la continuità di cronache precise e imparziali. Lettera firmata
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// Un mese in una pagina // QUEsTiONE Di LOOk Ha chiesto di “accendere un faro” alla Procura di Lecce sul suo presunto conflitto d’interessi denunciato più e più volte da Raffaele Fitto. Giovanni Pellegrino, presidente della Provincia di Lecce, ex senatore ed ex presidente della Commissione stragi, ha portato in Procura, per mano di Massimo Manera, suo portavoce, un malloppo di documenti in busta gialla, a riprova che i binari di amministratore provinciale e di titolare di uno degli studi di avvocatura più importanti d’Italia, corrono paralleli. Pellegrino produce carte, Fitto ne produce altre, diverse. La Magistratura è indipendente e se fari accende, saranno occhi di bue, non lampade da scrivania che fanno luce solo su poche carte. Quelle a portata di busta gialla. O no?
IPSE DIXIT “Avevo appena 30 anni quando una storia d’amore di quelle da film, passionale ed asfissiante, mi coinvolse al punto tale da convincermi che i rapporti solidi non erano fatti per me” Vincenzo Barba, sindaco di Gallipoli “Nuovo Quotidiano di Puglia”, p.12; 2 febbraio 2007 “Lorenzo è tutto per me. Sono innamorata di lui, perdutamente”. Ada Fiore, sindaca di Corigliano d’Otranto “Nuovo Quotidiano di Puglia”, p.12; 2 febbraio 2007 “Sono proprio fortunato. Mia moglie è una con gli attributi”. Ugo Lisi, deputato Alleanza nazionale “Nuovo Quotidiano di Puglia”, p.12; 2 febbraio 2007 “Non faccio una vita sana; non mi curo, così i miei problemi di asma bronchiale peggiorano inesorabilmente”. Marco Renna, coordinatore Studio 100 Lecce “Nuovo Quotidiano di Puglia”, p.13; 16 febbraio 2007 “Mi dà terribilmente fastidio l’Olèa, il polline dell’Ulivo”. Lorenzo Ria, consigliere provinciale Margherita “Nuovo Quotidiano di Puglia”, p.13; 16 febbraio 2997
Non si caccia nel parco naturale Il parco naturale di Gallipoli è in regola. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato lo scorso 30 gennaio, scavalcando il Tar e confermando la legittimità del procedimento di adozione da parte della giunta regionale del disegno di Gallipoli, Punta della Suina legge per l’istituzione dell’area protetta “Parco di Punta Pizzo – Isola di S. Andrea”. Dunque, assieme al parco, sono confermate le misure di salvaguardia stabilite in data 5 ottobre 2004 (approvazione del disegno di legge da parte della Regione). Divieto di caccia incluso. A poco sono servite le proteste sollevate dalla società faunistico-venatoria “Diana”, secondo la quale il provvedimento non sarebbe mai stato adottato dalla giunta regionale “per carenza di deliberazione formale”.
Se il commercio fa male all’economia Sempre di parco si tratta. Ma stavolta di natura commerciale. Italia Nostra, associazione ambientalista presieduta da Marcello Seclì, si oppone con forza al progetto di realizzazione di un parco commerciale in località Cascioni a Galatina. Secondo l’associazione, infatti, Marcello Seclì questo rischierebbe di stravolgere il territorio dal punto di vista economico ed ambientale. Sarebbe necessario, secondo Seclì, prima di avviare le procedure per la nascita dell’area commerciale (vasta quanto il territorio di Collemeto e pensata per contenere 10mila posti auto), uno studio puntuale della zona individuata “che presenta – dice - criticità, dal punto di vista dell’assetto idrogeologico e della tutela del paesaggio”.
Video shock a scuola Il video realizzato circa un anno fa con telefonino cellulare ha fatto il giro della rete nei modi tipici della rete: velocissimi. E così è arrivato anche nelle mani delle forze dell’Ordine. Che l’hanno visionato Video telefono ed affidato ad un gruppo di tecnici che ne valuteranno l’attendibilità. Mostra una docente che si lascia palpeggiare da alcuni studenti riuniti attorno alla cattedra. L’ipotesi di reato che ora pesa sul conto della donna è grave: atti sessuali con minori di 16 anni. Lei dice di aver allertato il preside dell’istituto, il tecnico aeronautico “Euromaster” di Lecce, appena avuto coscienza di quanto stava accadendo. Questi smentisce. E intanto Maria Cristina Ricci, pubblico ministero, ha aperto un fascicolo sulla vicenda.
il tacco d’Italia
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Marzo 2007
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// Visto da sinistra //Visto da destra QUOTE rOsA: sEgNO Di ciViLTà O ghETTO cAmUffATO? Angelamaria Spagnolo, segreteria cittadina Ds
Non serve nemmeno ripetere i dati: tutti sappiamo che il numero delle donne in Parlamento, nel nostro paese è esiguo, addirittura irrilevante; anche le aspettative che questo governo aveva sollevato sono state purtroppo disattese. Alla conferenza nazionale delle donne tenutasi a Bologna a fine gennaio, si è espressa con forza la volontà che non ci può essere riforma della legge elettorale senza tenere in considerazione l’articolo 51 della nostra Costituzione, che ha reintrodotto la possibilità di fissare, anche in via legislativa, norme che consentano una più adeguata rappresentanza femminile alla Camera e al Senato. La legge consente, non obbliga; l’ultima parola spetta poi ai partiti nella scelta delle candidature che dovrebbero dare spazi adeguati alle donne. Ma è noto a tutti che per dare un posto ad una donna c’è bisogno che un uomo rinunci. E chi come me milita in un partito sa quanto sia difficile. L’esclusione, di fatto, di metà della popolazione dalla rappresentanza politica indica un’insufficienza e una sofferenza della democrazia. Siamo alla fine di un lungo periodo di transizione, con una crisi dei partiti tradizionali, che sembrano sempre più chiusi in se stessi quasi incapaci di aprirsi alla società. La verità è che il rapporto delle donne con la politica sta radicalmente cambiando: prima erano le donne che avevano bisogno della politica; ora è la politica che ha bisogno delle donne. La politica chiama le donne ad essere protagoniste in Europa e nel Mondo per trasformarla da stanca e triste, come purtroppo è diventata, in qualcosa di nuovo che riesca a dare speranza e fiducia in un futuro migliore per i nostri figli. Oramai sono tante le parti del
mondo dove ci sono donne al potere o candidature al femminile; penso alla Francia con la candidatura alla presidenza della Repubblica di Segonele Royale, un paese con grandi problemi sociali, le immagini dei giorni di rivolta delle periferie di Parigi sono ancora nei nostri occhi, un paese quindi impaurito in difficoltà che si affida ad una donna per cambiare e per tornare a sperare. Lo stesso vale per gli Stati uniti, con Hilary Clinton, ma esistono anche donne già al potere in Germania e in Cile. E’ il Mondo, la modernità a proporre un nuovo protagonismo al femminile per restituire forza e vitalità alla politica; così anche in Italia dobbiamo essere consapevoli che senza le donne, senza i loro talenti, non riusciremo a cambiare la società. Questo vale anche per la nostra città. Siamo già nel pieno di una campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale, dopo aver sperimentato lo straordinario strumento delle primarie per la scelta del candidato sindaco. Quel 17 settembre furono tante le donne che vennero a votare; ma non tutte queste donne facevano riferimento ai partiti della coalizione, non si riconoscevano in un partito, molte erano semplicemente dell’Ulivo. Proprio questa disponibilità delle donne a diventare protagoniste di una nuova fase della politica cittadina ci spinge a credere che occorre investire nella rappresentanza femminile. Andremo al voto con una lista unitaria con Margherita e Repubblicani europei e ci batteremo perché sia composta almeno dal 40 per cento da donne, che una volta elette, perché no, con il centrosinistra vittorioso siano in tante, anche in giunta. Da subito costituiremo un coordinamento comune tra le donne della città dei partiti del futuro partito democratico che, sono certa, ci aiuterà a raggiungere gli obiettivi fissati per la prossima scadenza amministrativa.
Francesca Mariano Assessore ai servizi agli Anziani, Centri Sociali ai Minori, Immigrati e Diversamente Abili alla Misura “Equal”
Mi preme chiarire immediatamente che tutto il discorso e la problematica sulle cosiddette “quote rosa” non mi ha mai appassionato. Da un lato il solo leggere l’argomento che mi invitate a trattare mi fa venire l’orticaria, dall’altro ammetto che vi è ancora la necessità di discuterne. La donna ed il contributo che essa può dare in qualsiasi settore della vita sono molto importanti. La figura femminile è una risorsa ed un valore a cui non si può rinunciare, al pari di quella maschile. Trovo che sarebbe un segno di civiltà se la presenza delle donne in Parlamento crescesse nel numero. Donne e uomini hanno un tipo di sensibilità differente ed un diverso modo di approcciare le cose, in questo senso la differenza di genere sarebbe una bella garanzia per tutto il paese se la rappresentanza fosse equilibrata. Alleanza Nazionale in questi anni ha dimostrato di considerare molto seriamente questi concetti. Alle scorse politiche il presidente Fini ha preteso da ogni Coordinatore regionale che nella composizione delle liste fosse rispettato un equo rapporto tra i due sessi benchè la legge non prevedesse nulla in tal senso e lo statuto di AN approvato nell’Assemblea nazionale a dicembre del 2006, all’art. 76 del capo IX reciti testualmente: “in tutti gli organi elettivi previsti dal presente statuto si dovrà garantire che ciascun sesso sia rappresentato in misura non inferiore al 25%. Ma qui sta il punto. L’attenzione deve essere rivolta indistintamente ai due sessi per consentire ad entrambi di contribuire ad interpretare i bisogni della società e per dare risposte adeguate. Una donna come Adriana Poli Bortone, ad esempio conferma questa logica; è emersa per le proprie capacità e per i
propri meriti e non perché un giorno si è affacciata in politica o nella vita istituzionale da una “quota rosa”. Ecco perché penso che ragionare in termini di quote non sia tanto un segno di civiltà, quanto una sorta di costrizione o ghetto appunto che non serve a nulla e tanto meno a far emergere le donne e quelle brave in particolare. Insomma, il potere probabilmente è ancora maschio, ma gli spazi ci sono. Basta saperli sfruttare. Invito tutte le donne a prendere coscienza delle proprie capacità ed a combattere eventuali pregiudizi.
UNA DONNA COME ADRIANA POLI È EMERSA PER LE PROPRIE CAPACITÀ E PER I PROPRI MERITI E NON PERCHÉ UN GIORNO SI SIA AFFACCIATA ALLA POLITICA DA UNA “QUOTA ROSA”. ECCO PERCHÉ RAGIONARE IN TERMINI DI QUOTE PENSO SIA UNA COSTRIZIONE
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//Controcanto
di Rosanna Metrangolo*
PAri OPPOrTUNiTà, NON PAriTà. UNA PArTiTA giOcATA cON QUELL’iN Più
P
Parità. E chi la vuole? Siamo diverse e rivendichiamo la nostra diversità. Pari opportunità, quelle sì, le vogliamo. E sono le più difficili da conquistare. Non basta che vengano sancite per legge, devono essere riconosciute nei fatti e, finché noi donne saremo il “fiore all’occhiello” di chi decide per nostro conto, la strada sarà ancora lunga. La pari opportunità, per come la intendiamo noi, non è la quota di presenza femminile graziosamente elargita dal segretario del partito X per comporre le liste elettorali: quello è uno stratagemma per prendere voti e potersi dare la patente di liberali e progressisti. Le pari opportunità, perché siano reali, devono stare nella testa e nel cuore di tutti, devono diventare condizione ordinaria, devono affrancarsi dalla eccezionalità per entrare nel terreno della normalità, delle situazioni scontate e perciò non oggetto di enfatiche enunciazioni. Non si tratta più di rivendicare diritti negati, come avveniva 30 anni fa. Si tratta invece di modificare una cultura che, ancora oggi, considera l’uomo il legittimo protagonista della gestione dello Stato. E non solo. Per una che ce la fa, cento mille centomila continuano ad essere invisibili o, bene che vada, poco visibili. La politica, per esempio. Pochissime donne in lista, ancor meno quelle elette, perché i posti assegnati in elenco non sono tali da garantire il successo. E i posti li assegnano i partiti gestiti da uomini. Dicono che è colpa nostra. Forse una parte di responsabilità bisogna che ce l’accolliamo. Certamente non ci appassiona il potere in quanto tale, vorremmo dare ad esso senso. Perché sono millenni che a noi viene chiesto di dare senso alla vita. Quando ci occupiamo dei vecchi di casa (compito lasciato esclusivamente alle donne) restituiamo l’amore ricevuto e diamo così senso all’amore. Quando
rinunciamo alla carriera per accudire i figli, diamo senso senza retorica a quella rinuncia che pure ci costa, quando ci facciamo in otto per sopperire alle carenze di strutture per piccoli e nonni, quando il nostro tempo è quello scandito dai doveri che facciamo coincidere con i valori, ogni volta diamo senso alla vita. Sarà perché ci portiamo dentro l’esperienza personale di figlia, madre, moglie, sarà per questo che abbiamo maturato una straordinaria capacità di capire, analizzare e tentare di risolvere i problemi. Non ci perdiamo nell’impersonalità del potere fatto di numeri e cifre. Questo ci rende diverse e, per certi versi, migliori. Ma c’è un prezzo, ed è alto quello che paghiamo.
LA DISCRIMINAZIONE HA SOLO CAMBIATO FORMA. IL PROBLEMA VERO, PERÒ, NASCE QUANDO LA FATUITÀ DIVENTA VALORE E VIENE UTILIZZATA PER RAGGIUNGERE L’OBIETTIVO. UNA SCORCIATOIA PER AGGIRARE MILLE OSTACOLI Chi ce la fa, spesso deve mettere in un angolo una parte di sé, lasciando in ombra il privato. Il prezzo ha vari nomi, ha volti diversi. Quelli che chi detiene il potere decide di dargli. Può chiamarsi omologazione al modello maschile per ricevere l’attenzione e il credito che ci spetta: e dunque look severo e modi sbrigativi conditi da una buona dose di cinismo. Può chiamarsi, invece, esasperazione della femminilità ad uso e consumo del committente o chi per lui, anelli della lunga catena del rosario di letterine, veline, paperine, pupe, vallette, esibizioni che non lasciano traccia. L’eccesso di visibilità che trascolora nell’invisibile.
Accade anche per le giornaliste. Un ambiente di lavoro, il nostro, che almeno in teoria dovrebbe metterci al riparo da questo genere di rischio. Più aperto, con un livello di maturazione culturale più elevato rispetto ad altri contesti, dovrebbe essere il mestiere a più alto tasso di pari opportunità. Non è così. Non lo era quando ho iniziato io, tanti anni fa, quando, per farti prendere sul serio, dovevi mascherarti. Si usavano le minigonne, eri giovane e magari con delle gambe decenti, ma guai a indossarle se andavi in Comune per il giro di “bianca”. E non è cambiata di molto la situazione oggi: sul serio ti prendono, ma troppo. La discriminazione ha solo cambiato forma. Il problema vero, però, nasce quando la fatuità diventa valore e viene utilizzata per raggiungere l’obiettivo. Una scorciatoia per aggirare mille ostacoli. Una serie di lacci e lacciuoli difficili da rompere, di schemi e di realtà strutturate, difficili da modificare, sono le vere barriere da abbattere. Che si chiamano assenza di servizi, mancanza di un’organizzazione di sostegno che renda coniugabili vita privata e lavoro. Barriere visibili, ma anche invisibili come quelle che sono nella testa e che discriminano quanto e più delle altre. Ma la partita è tutt’altro che giocata e tantomeno persa. A combatterla, con le armi dell’intelligenza e di quell’in più che ci appartiene, si riesce anche ad uscirne vittoriose. E pazienza se, per farci un complimento, ci diranno: è un uomo mancato. Noi, che della nostra “non parità” siamo convinte e andiamo fiere, non ci offenderemo. Perché ci siamo conquistate sul campo le pari opportunità. Prima e oltre ogni riconoscimento formale. *Caporedattore “Nuovo Quotidiano di Puglia”
iNDOViNA chi è
“bestiario pubblico. Ovvero: come nascono nuovi improbabili personaggi sulla scena”
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