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// L’Editoriale

L’Editoriale

di Maria Luisa Mastrogiovanni

M

re sole adriana illumina perrone. con lei vince il concetto di partito-identità

Morto il re, viva il re. Diamo per assodate le analisi sui numeri e gli equilibri tra partiti che riempiranno le pagine dei quotidiani per tutto il mese di giugno: a Lecce la Cdl ha vinto, la sinistra di Antonio Rotundo non è riuscita a discostarsi troppo dal risultato incassato cinque anni fa da Alberto Maritati. In provincia la sinistra si è aggiudicato Comuni-simbolo come Otranto, un testimonial internazionale non solo per il Salento ma per l’Italia, ed ha sancito il peso degli uomini di Pellegrino: due assessori e un consigliere provinciale sono sindaci. Morto il re, viva il re. E’ Adriana Poli la grande vincitrice di queste amministrative 2007. E questo per diversi motivi, non ultimi i numeri. Perrone ha vinto al primo turno ma il suo 56 per cento impallidisce di fronte al plebiscitario 70 per cento e passa della Poli. Che per assicurargli la vittoria ha promesso di fargli da zia – farà la vicesindaca – . Su questo dato dovrebbero fermarsi a riflettere prima di tutto chi dei partiti, all’interno degli stessi partiti, dichiara la fine. Perché i partiti sono fatti da uomini e donne in cui gli elettori si rivedono, in cui credono. Questo processo di identificazione imprescindibile è stato perfettamente attuato da Adriana Poli: “L’altra anima di An? Quale altra anima? An è quella scesa in campo con i colori di An”. Vale a dire: An

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sono io. Espressione che non rimanda solo alle lotte intestine tra le “due anime” di An, ma ad una coincidenza di partito-elettorato-eletto-modello di governo. Uno sforzo identitario che dovrebbe compiere anche la sinistra leccese, per radicarsi di più nei quartieri, tra le persone, per opporre-proporre una chiara e altrettanto valida alternativa alla destra. Re sole Adriana ha vinto, ed An è il primo partito del capoluogo, crescendo rispetto alle passate amministrative mentre indietreggia Forza Italia, partito del neo sindaco, con sicure ripercussioni sulla sua effettiva autonomia decisionale, sulla sua autorevolezza se non autorità, quando sarà necessaria. Solo 7 seggi, gli stessi dell’Ulivo che è all’opposizione, sono pochini rispetto ai nove di An e i tre della lista civica di Mantovano. An? An sono io. Successo personale, bagno di folla, braccio di ferro all’interno del partito con le altre “anime”, posizioni ferme. Ha vinto con il carisma di donna di partito, di camerata che festeggia quest’anno i suoi primi 40 anni in politica. Non ha vinto Perrone, che non ha l’appeal della ex sindaca, né la lucidità politica, né le spalle forti in un partito in calo, nato con la fine della prima repubblica per essere un non-partito. Passata la buriana elettorale i leccesi si sentiranno orfani e sulla città

il mensile del salento

sommario

Anno IV - n. 37 - Giugno 2007 Iscritta al numero 845 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 27 gennaio 2004

EDITORE: Nerò Comunicazione - Casarano - P.zza A. Diaz, 5

IDEE DAL TACCO

04 05 06 07

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GOLEM, FOTOPROTESTA, LETTERE AL DIRETTORE TERZOGRADO GIANFRANCO MANFREDI di Marco Laggetta LINK BOLLETTINO DEI NAVIGANTI di Mario de Donatis LO STRANIERO di Guido Picchi PUBBLICALO SUL TACCO LA CITTÀ INVISIBILE di Enzo Schiavano L’ERBA CATTIVA di Crazy cat & Mad lynx L’ARIA CHE TIRA di Luisa Ruggio QUESTIONE DI LOOK, IPSE DIXIT, SE NE PARLA CONTROCANTO ospita Vincenzo Maruccio: Delusi, disillusi e, in qualche caso, rassegnati

VEDIAMOCI CHIARO

08 16 44

INCHIESTA //CHIARE, FRESCHE, DURE ACQUE di Cesare Mazzotta REPORTAGE //È IENTU TE CINEMA di F. Serravezza DIRITTO DI REPLICA//Case aperte, non manicomi

CULTURA&PERSONE

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CULTURA// ALLA BUA di F. Serravezza CULTURA// DAL PUNTO DI VISTA DI ILARIA

barocca si spegnerà quel faro che a livello nazionale ed europeo Re sole Adriana aveva saputo accendere. Anche con i suoi picchi così nostalgicamente (ma è un eufemismo) fascisti, come quando era rimbalzata sulle pagine dei quotidiani nazionali per voler istituire una commissione per l’analisi e la selezione dei libri scolastici, giudicati troppo di sinistra. Altro che Castro, di cui, con ironia, dichiarava di voler fare la sindaca. Non pensa affatto ad un buen retiro e punta in alto, a Bari, alle prossime regionali. Amatissima dai leccesi, moderati che hanno eliminato dal consiglio comunale la destra e la sinistra radicali (proponiamo qui un minuto di raccoglimento per De Cristofaro…). “Lu Paulu” riuscirà mai a diventare familiare, per i suoi concittadini, quanto un’intercalare, quanto “l’Adriana”? Questa è forse l’eredità più pesante con cui Paolo Perrone dovrà fare i conti. Che a far di conto, lui, bocconiano, è bravo. Ma in quanto a scaldare i cuori, vuoi mettere un Sole?

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CULTURA// CARO DIARIO, ALL’EPOCA DEL FASCISMO di M. Sarcinella

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L’INTERVENTO// AFORISMA

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SOCIETÀ// SESSO OSTRICHE E CHAMPAGNE. QUANDO ANCHE ANTOÒ HA CALDO di L. Leuzzi

CULTURA&SOCIETÀ// DI VENERE E DI MARTE di L. Leuzzi

PAESE CHE VAI

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LECCE E DINTORNI// TUTTI I CAMALEONTI DELLA POLITICA LECCESE di Volta&Gabbana

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CASARANO E DINTORNI// CAMPIONI D’ITALIA. STORIA DA HOLLYWOOD di E. Schiavano

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GALATINA E DINTORNI// SANTU PAULU MEU DE GALATINA di M. Tomacelli

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MAGLIE E DINTORNI// TRIBUNALE. IL COMUNE CHIAMA IN CAUSA IL MINISTERO di M. G. Sergi GALATONE // IL CROCEFISSO È RISORTO di L. Leuzzi SPECCHIA// PRONTONOBILISSIMO. CHIAMATELO MEDIATECA di V. De Luca

DIRETTORE RESPONSABILE: Maria Luisa Mastrogiovanni HANNO COLLABORATO: Mario Maffei, Laura Leuzzi, Guido Picchi, Marco Laggetta, Enzo Schiavano, Mario De Donatis, Antonio Lupo, Paolo Vincenti, Giuseppe Finguerra, Flavia Serravezza, Vittoria De Luca, Cesare Mazzotta, Margherita Tomacelli, M. Giovanna Sergi FOTO: Dove non segnalato archivio del Tacco d’Italia COPERTINA: Foto di Roberto Rocca REDAZIONE: p.zza Diaz, 5 - 73042 Casarano - Tel./Fax: 0833 599238 E-mail: redazione@iltaccoditalia.info PUBBLICITÁ: marketing@iltaccoditalia.info - tel. 3939801141

Unione Stampa Periodica Italiana Tessera n° 14705 STAMPA: Stab. grafico della CARRA EDITRICE Z. I. - Casarano (Le) ABBONAMENTI: 15,00 Euro per 12 numeri c/c n. postale 54550132 - intestato a Nerò Comunicazione P.zza Diaz, 5 - 73042 Casarano - abbonamenti@iltaccoditalia.info IL PROSSIMO NUMERO IN EDICOLA IL 1° LUGLIO 2007


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// Opinioni dal Tacco

LETTERE AL DIRETTORE

“Ehi Nichi, lascia perdere le battaglie d’avanguardia. La gente comune non ti capirà”. Questo il consiglio che un alleato preoccupato ha rivolto al presidente della Regione Puglia dopo la sua pubblica confessione sul desiderio di adottare un bambino. In Italia, si sa, certe cose bisogna tenerle nascoste, vivere liberamente la propria vita privata, sventolando però pubbliche virtù accettabili da tutti. La diversità è un lusso che pochissimi possono esibire. Ciò nonostante, in una regione in cui la stragrande maggioranza dei cittadini si professa cattolica (più o meno praticante), è stato eletto il primo “governatore” dichiaratamente omosessuale che si è imposto, per di più, sul classico bravo ragazzo timorato di Dio. Ma torniamo alle battaglie d’avanguardia: la legge italiana è tra le più arretrate in Europa sul fronte del riconoscimento dei diritti civili. Ai gay sono riconosciuti sic et simpliciter i diritti costituzionali di uguaglianza e non discriminazione (formale) risalenti al 1948. Ogni qualvolta si è avviata la discussione per adeguare i diritti individuali alla sensibilità contemporanea, si sono scatenate le guerre di

religione: per aborto e divorzio fu necessario vincere il referendum; il consumo di cannabis è da decenni sanzionato senza alcuna ragione scientifica; più di recente eutanasia e ricerca sulle staminali vietate. La Chiesa fa la sua guerra, con tutta la potenza di fuoco di cui dispone; ma è incontestabile lo scollamento sostanziale tra la vita vera del popolo dei fedeli e un clero che continua a considerare come peccatore chi pratica la masturbazione e si perde in disquisizioni dottrinali sull’abolizione del limbo. Consentire ai gay di adottare bambini? Oggi è impossibile, bisognerebbe prima cambiare la società. In questo Nichi Vendola, il visionario, il diverso, “l’alieno”, può fare da apripista. L’augurio del Golem è che si rinunci all’ipocrisia della tutela dei minori e che si metta mano subito all’assurda legge sull’adozione: costosa, lunga, dolorosa. Con il risultato paradossale: più che dare subito un bambino ad una coppia, anche gay, disposta ad amarlo, con il rischio che non siano genitori modello (ma quale genitore, anche se benedetto da Dio, lo è?), si preferisce lasciarlo negli orfanotrofi.

Nichi Vendola in versione alieno. La copertina del Tacco d’Italia n°11, di febbraio 2005

GOLEM

foto protesta

stessa spiaggia, iniziativa nuova Come ogni anno, torna la bella stagione ed in noi torna la voglia della spiaggia. Ma ci scontriamo, ogni anno, puntualmente, con la scarsa preparazione dei lidi alla stagione turistica, nonostante gli amministratori comincino a parlare, sin dall’inizio della primavera, di nuovi provvedimenti da adottare per adeguare le marine ai flussi di Leda Schirinzi, visitatori che a breve le consigliera comunale prenderanno di mira. Casarano E’ accaduto anche quest’anno. Mi sono recata in spiaggia con le mie amiche ed ho assistito al solito spettacolo: oggetti di plastica di ogni tipo, alcuni anche di provenienza araba, scaricati in mare dalle barche di passaggio, bottiglie di acqua e di birra, e rifiuti vari. Abbiamo deciso, così, di darci da fare per le nostre coste ed anche per noi, e ci siamo messe a raccogliere quel materiale. Ci siamo attrezzate con sacchi di plastica per la raccolta differenziata e guanti e ci siamo messe all’opera. La cosa curiosa è che lì c’erano dei

turisti di Varese che mi hanno chiesto se facessi parte del servizio di pulizia della spiaggia. Ho sorriso ed ho spiegato che sono un medico, che tengo all’ambiente e sento il dovere di dare il buon esempio. E devo dire con soddisfazione di essere riuscita nel mio intento visto che quei turisti hanno raccolto l’invito e fatto altrettanto. Ma il nostro impegno è servito sia alla spiaggia che a noi; non c’è niente di meglio, di quest’attività, infatti, per mantenersi in forma: camminare sulla sabbia e sul bagnasciuga fa bene alla circolazione;

In data 24 maggio sono iniziati i lavori dragaggio del porto di Leuca a cura della società mista Porto di Leuca Spa (51% Igeco e 49% Comune di Castrignano del Capo). Dalle operazioni di pompaggio della sabbia putrida ne consegue lo sversamento in mare aperto e nel sottosuolo di acqua lurida con conseguente inquinamento. Le autorità e gli organismi competenti dovrebbero verificare che cosa sta succedendo. Attilio Caputo Caroli Hotels il flusso delle onde sulle gambe ha l’effetto di un massaggio; si prende il sole; si socializza e si può ascoltare la musica in cuffia, come faccio io, oppure rilassarsi con il rumore del mare. Ed è tutto a costo zero. Il mio invito è dunque questo: agli amministratori chiedo di pensare, una volta tanto prima dell’arrivo dei turisti, alle nostre belle spiagge; a tutti i cittadini, chiedo di prendersi cura dell’ambiente e, approfittando dell’occasione, anche di se stessi.


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// Opinioni dal Tacco terzo grado

gianfranco manfredi

Dal romanzo al fumetto. Quali sono i limiti dell’arte disegnata? “Il principale limite è l’esteriorizzazione del racconto. In un romanzo si possono raccontare pensieri, sensazioni, odori, si possono esplorare concetti… in fumetto e in cinema tutto va mostrato ed esibito. Detto questo, in ogni forma espressiva, i limiti devono diventare dei punti di forza. Il compito di un autore è questo”. Dopo “MagicoVento” c’è ancora qualcosa da raccontare sull’epopea del west? “Il west non lo si finisce mai di raccontare. C’è sempre un punto di vista nuovo per reinterpretare anche soltanto quanto già narrato”. Perché il fumetto italiano non approda quasi mai in tv? “Perché in tv ormai non approda più niente. La tv italiana da almeno quindici anni è un ambiente chiuso che si autoalimenta, esempio perfetto di produzione/riciclaggio rifiuti senza soluzione di continuità”. Lei è una delle migliori penne del fumetto italiano, ma come se la cava con la matita? “Da ragazzo disegnavo e me la cavavo anche benino. Ma mio padre era pittore e paragonando il mio tratto al suo, mi è stato facile capire che non avrei mai raggiunto livelli di eccellenza, dunque ho lasciato perdere”. Quanto è difficile per lo sceneggiatore trasmettere al disegnatore il personaggio che ha in mente? “La vera difficoltà riguarda i personaggi femminili. Io non sopporto le donnine alla Manara. Il mondo non è fatto di pin up e tra l’altro le pin up non sono le donne più interessanti neppure sotto il profilo

di Marco Laggetta

commenti e opinioni da

www.iltaccoditalia.net

Affetto da “conservatite cronica” faccio una fatica immane a liberarmi anche del più piccolo frammento di carta, e in questi giorni per causa di forza maggiore ho dovuto buttare via tante parti del mio passato: il quaderno dove segnavo i record fatti sui giochi del Commodore 64 (ridatemi ‘Rainbow Islands’ e ‘Bubble Bobble’!!!!!), tanti spartiti, gli involucri delle musicassette (embè? che c’è da guardare? se uno è malato è malato sul serio), tanti storici Venerdì e ritagli di Repubblica, biglietti, riviste, “feticci” vari... è dura, ma come dice il chitarrista portoghese “Se ti lasci tutto alle spalle, troverai qualcosa”... c h r o m a n t @ 19:8-20.5.07 commento a “Cosa buttare, cosa tenere”, dal blog “Play list” di Flavia Serravezza Non mi interessa la liberalizzazione della canapa come “droga” ma di sicuro è da utilizzare in medicina come già accade in molti paesi evoluti. Strano come in Italia non ci sia interesse a valorizzare la canapa quale prodotto agricolo dai molteplici utilizzi ed inoltre da tenere in considerazione in quanto pianta che valorizza tecniche di coltivazione a basso input. Potrebbe essere una buona alternativa al tabacco. Dopo una fortunata esperienza come cantautore, Gianfranco Manfredi inizia a lavorare per il cinema come sceneggiatore ed a pubblicare romanzi con Feltrinelli e con altri editori. Dopo un’esperienza con una piccola casa editrice (Editoriale Dardo), per la quale aveva creato un fumetto che si chiamava Gordon Link, Sergio Bonelli lo chiama per fargli scrivere alcune storie di Dylan Dog e di Nick Raider. Successivamente parte il progetto del fumetto Magico Vento, che incrocia i temi del western e dell’horror. E’ stato l’ospite di punta della Salento Fiera del Fumetto (Maglie, 1, 2 e 3 giugno 2007).

INDOVINA CHI E’?

La soluzione a pag. 46

strettamente sessuale. Ma è difficilissimo trovare dei disegnatori capaci di disegnare delle donne vere”. Quanto c’è in “Magico Vento” dell’esperienza di “Dylan Dog”? Penso soprattutto alle coppie DylanGroucho e Ned-Poe. “C’è un riferimento solo per differenza. Non volevo che Poe fosse una spalla comica. Un riferimento più consonante può esserci nel ritmo narrativo. Per quanto Magico Vento sia un western, ha un ritmo nervoso e scattante e cambi di scena quasi continui, più vicino a Dylan Dog che a Tex”. Uccidono la creatività le grandi soddisfazioni o le grandi delusioni? “Io penso che le delusioni siano la vera molla della creatività. Nella creatività artistica di troppa soddisfazione si muore, in genere si diventa presuntuosi, e la presunzione è l’anticamera dell’idiozia”. Spesso nei fumetti il personaggio che ispira più simpatia non è il duro, il vincente, bensì il più fragile ed il più sfigato. Nella vita prova più simpatia per i vincitori o per gli sconfitti? “Sono e sarò sempre con gli sconfitti combattenti, cioè con i vincitori di domani e con quelli che sanno guadagnarsi difficili vittorie anche giorno per giorno”.

il tacco d’Italia

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Giugno 2007

eugenio @ 13:45-3.5.07 commento alla news “Le colture alternative al tabacco” Sono davvero soddisfatto per questa notizia sia come ugentino che come salentino. Finalmente oltre agli elogi verbali dei tantissimi turisti che ogni anno invadono Ugento, un riconoscimento ufficiale. Un “bravo” a tutti quelli che hanno permesso ciò. Ugento lo meritava. Le coste, le pinete, il borgo, l’arte, il mare e la gente di Ugento lo meritavano. Finalmente è arrivato. Claudio @ 23:34-18.5.07 Commento alla news “Litorale di Ugento protetto” Come leccese, mi vergogno di questo sondaggio. Un conto sono i cori dello stadio, un conto l’azione politica. Marco @ 13:28-18.5.07 Commento a “Sondaggio telefonico contro Bari”, spazio “Mario De Cristofaro” in rubrica “Amministrative 2007” A me sembra un provvedimento quanto meno ridicolo. Le famiglie dovrebbero poter vigilare sui figli senza bisogno di alcun test. Così si insinuerà il dubbio in ogni risvolto della vita. Nessun genitore si fiderà più di suo figlio se non dopo averne appurato la lealtà tramite test di farmacia. anomimo @ 19:21-21.5.07 commento a “Kit antidroga gratuiti: dalla Lombardia un’altra lezione di civiltà naturale” dal blog “Tamburo battente” di Cosimo Fracasso


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di Mario De Donatis

family day. l’italia riparta da tre

Ho vissuto l’appuntamento del Family Day da laico, da cittadino che crede nella Costituzione italiana, consapevole di tutto quello che la stessa – attraverso l’attività legislativa del Parlamento – è riuscita ad esprimere in termini di democrazia, di pluralismo, di partecipazione della società civile ai processi decisionali, di tutela dei diritti della persona, di promozione sociale, di libertà. E, sempre da cittadino, guardo alla Costituzione pensando a quanto, ancora, possa incidere per realizzare uno Stato di giustizia. Oggi, di fronte al più basso indice di natalità che, nel contesto occidentale, il nostro Paese esprime, sulla base delle analisi quali-quantitative che confermano, ancora, una forte mortificazione della donna nel mondo del lavoro e l’innalzamento della età – sia per le donne che per gli uomini – nelle unioni matrimoniali, ritengo che l’iniziativa “Family Day” sia stata un forte richiamo alla realtà delle cose, al valore condiviso della “famiglia”, nei termini espressi dall’art. 29 della nostra Costituzione repubblicana. Molti ambienti hanno preso coscienza che le “politiche per la famiglia” non vanno confuse con quelle sociali. Che sono centrali anch’esse e per le quali è necessaria una rivisitazione di non poco conto, per renderle funzionali ai processi produttivi del Paese, interessati dalla globalizzazione, e dall’innalzamento della età media della vita. I francesi, da tempo, hanno corrisposto all’imperativo “La Francia riparte da tre”, a cui anche l’Italia dovrebbe ispirarsi. Dove quel “tre” è riferito al numero dei figli, che ogni coppia dovrebbe poter esprimere. I cugini d’oltralpe, sulla cui laicità non si possono

nutrire dubbi, hanno posto in essere, da lungo tempo, politiche per la famiglia che hanno prodotto risultati indiscutibili. Che cosa fare per il nostro Paese? C’è un sistema fiscale che mortifica le famiglie monoreddito e quelle numerose. C’è la volontà politica per superare una tale ingiustizia, attraverso una rimodulazione delle aliquote e facendo fronte al minor gettito? C’è una legislazione che pone a carico delle imprese rilevanti oneri derivanti dalle “aspettative per maternità”, che sviluppa, negli ambienti di lavoro, comportamenti discriminatori nei confronti della donna. Ne vogliamo prendere atto e riservare le necessarie risorse per sostenere tali costi sociali? I primi anni di vita di una persona, i futuri cittadini del domani, sono importantissimi per la formazione del carattere e per lo sviluppo delle sensibilità individuali. Siamo coscienti di questo? Quanto siamo disposti ad investire sul futuro, organizzando un sistema che – tra maggiore tempo da riservare ai genitori, migliori e più articolati servizi per l’infanzia e specifiche professionalità da impegnare in tali servizi - sia in grado di assicurare migliori processi educativi per favorire lo sviluppo integrale della persona? C’è un “problema casa” che è, soprattutto, un grave fardello per le nuove generazioni. Quali le politiche per superare una questione sociale che incide, grandemente, sul futuro del Paese? E per il lavoro – nel prendere atto del contesto internazionale che impone flessibilità di ordine temporale e professionale – quali politiche, quali strumenti sono allo studio per assicurare margini

di stabilità lavorativa e retributiva, perché il circolo virtuoso della vita possa riprendere il suo naturale corso? Il “Family Day” ha voluto richiamare l’attenzione su tali problematiche e sulle politiche conseguenti, per sostenere, come ho detto, quella “famiglia”, cui fa riferimento l’art. 29 della Costituzione, convinti che le stesse statistiche, che raffigurano l’espandersi di altre tipologie di “unioni”, debbano essere valutate, anche, quale manifestazione di un forte disagio sociale, di una patologia complessa che impone interventi urgenti e di lungo periodo, nella direzione innanzi delineata. E’ di ogni evidenza che una politica per la “famiglia”, peraltro il primo ed autentico ammortizzatore sociale, non potrà che generare benefici effetti sull’intera Comunità nazionale, anche per quelle donne e per quegli uomini che, pur non volendo costituire una “famiglia canonica”, sono uniti dal vincolo, anche giuridico, rivolto all’educazione ed al sostentamento della propria prole. Il Family Day ha fatto bene al Paese perché ha favorito una visione più complessiva degli scenari sociali ed in tale contesto sarà anche necessario procedere ad una sistematica rivisitazione dei diritti individuali, ad assicurare adeguato sostegno alle aggregazioni solidaristiche ed alla approvazione, in via prioritaria, di un programma per lo sviluppo di quella “famiglia” che, proiettata alla procreazione, assume, nei confronti dello Stato, impegni di ordine giuridico ed, anche per questo, svolge un ruolo insostituibile per la coesione della stessa Comunità nazionale.

di Guido Picchi

PUBBLICALO SUL TACCO Inviate i vostri inediti (poesie, racconti brevi) a Il Tacco d’Italia, p.zza Diaz 5 Casarano; oppure a redazione@iltaccoditalia.info

Amo di te di Omar Sarcinella

Amo di te, quella grazia innata che t’illumina gli occhi, quell’assoluta, eterna, semplicità che ti è propria, amo di te, la forza della tua essenza, che rende schiava la mia follia, amo, tutto l’irrazionale che c’è nella tua normalità, perchè in essa, hai costruito un movimento astratto che vive nel mio cuore e si nutre di sottili emozioni, amo di te, quell’irrefrenabile pulsione estemporanea d’emozioni, che solo i tuoi sorrisi mi sanno dare, amo, quel dono che hai di non farti intrappolare nella banalità della massificazione, amo, la delicatezza della tua anima che libera il mio inconscio, e rende vive queste parole, più di tutto, amo quel senso di libertà che doni alla mia esistenza, ancor di più... amo te.

continuare non è un obbligo Tutto sta per esplodere, la primavera elettrizza l’aria e le persone, l’estate è alle porte. Il letargo invernale ci ha caricati come molle, ora pronte a scattare alla minima occasione. Sentirsi vivi, in questi giorni, è normale, agire un obbligo, come ogni cosa sulla terra, possiamo solo “fare”. Verrebbe voglia di riportare queste sensazioni nell’ambito socio-politico e trasformare la noia della continuità di interessi che rende inutile l’alternarsi destra-sinistra. Allora perché non approfittare di quest’onda energetica e dare il via al cambiamento? Sensibilità e sogno possono solo portare verso un luogo dove tutto è diverso perché visto dai nostri occhi senza i filtri sociali che sempre più ci opprimono. Costruire una nuova speranza è possibile, basta crederci. Credere è la base dell’evoluzione umana. Il passaggio dalle religioni alla politica è stato diluito in un mare di condizionamenti volti a mantenere il livello d’ignoranza che consente lo sfruttamento, e non ha come obbiettivo la nostra consapevolezza. Ribellarsi, in questo contesto, è un obbligo. Protestare è diventato inutile. La manipolazione dell’informazione che quotidianamente ci propinano ha come solo scopo quello di aumentare la distanza tra chi possiede e chi produce, lasciandoci credere di non aver altre possibilità se non quella di continuare. Se non fosse così? (p.s. Perrone avrà vinto le elezioni o no? Conta qualcosa? Davvero pensate che Rotundo sia diverso? La politica è assoggettata all’economia, e questo implica continuità, l’alternanza che vogliono propinarci altro non è che un mascherare il progetto economico di sfruttamento delle persone e dei luoghi) il tacco d’Italia

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LO STRANIERO

BOLLETTINO DEI NAVIGANTI

// Opinioni dal Tacco


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l’aria che tira

campagna elettorale con lobotomia Quando cantava “Vorrei incontrarti tra cent’anni, tu pensa al mondo tra di Luisa Ruggio cent’anni…”, Ron la sapeva lunga. Tutti i volti della politica che durante la campagna elettorale (nostro malgrado) ci hanno sorriso istericamente dalle gigantografie e i francobolli (questi ultimi per i più sfigati), hanno dimostrato la stessa cosa: lavorano per alzare progressivamente l’età pensionabile. La domanda non è “ma quando cavolo posso andare in pensione?”, la domanda non è neppure “mi spetterà una pensione?”, la domanda semmai è la seguente: quando ci vanno “loro” in pensione? Questa è la domanda che nessun intervistatore intelligente porrà mai durante uno dei soliti incontri sobri per sfornare il pezzullo senza fronzoli né frecciatine, non sia mai. D’altronde siamo tutti figli di Orwell. Pare anche che ognuno di noi abbia la possibilità di entrare in politica, alla bisogna. E’ un po’ come dare la pistola a tutti. Uhm… (n.d.r.) Meglio non fare troppo rumore con le meningi. Sarebbe tra l’altro rumore aggiunto a quegli estenuanti tour elettorali che hanno riportato in auge gli scantinati dei poveri cristi visitati (“Le telecamere sono accese?”) dai riscossori del voto. Revival oziosi, si sa, comunque sempre meglio che guardare “Porta a Porta”. Del resto ormai sono convinta che i periodi di campagna elettorale siano una specie di lobotomia inconscia per tutti quelli che pongono delle domande infinite senza perciò permettere a uno straccio di risposta immediata e concisa di venire fuori.

RETROSCENA. Attingendo dalle graduatorie ancora valide di concorsi banditi nel 2004, il Comune di Lecce ha assunto a metà mese di maggio due funzionari amministrativo-contabili inquadrati con categoria D. Niente avrebbe mosso l’opposizione a tuonare contro la maggioranza se non fosse che tra gli assunti compaiono nomi di parenti ed amici degli amministratori in carica. Un problema del genere era già stato sollevato nei mesi scorsi, quando vennero occupati, sempre in base a quelle graduatorie, sei istruttori amministrativi ed altri quattro istruttori tecnici, in aggiunta alle 27 figure professionali già assunte nei mesi precedenti. Stavolta il nome tirato in ballo è quello di Giuseppe Filippi Filippi che, a quanto ha denunciato Carlo Benincasa, capogruppo Ds, ha fatto parte del comitato elettorale di Paolo Perrone. Il quale si difende, disconoscendo parentele o qualsivoglia tipo di affinità con il prescelto, classificatosi al numero otto della graduatoria, mentre “se avessi voluto raccomandarlo – interviene Perrone – sarebbe arrivato primo”. Alla faccia della modestia!

Non c’è da rallegrarsi per questo cinismo bieco. A essere cinici non si vince nemmeno un pupazzo in miniatura di Andy Kaufman.

Comunque ormai è quasi estate, con buona pace di tutti i mangia-rospi di questa penisola salentina.

di Enzo Schiavano

anche casarano cede all’irpef. dimenticando l’imposta di scopo Casarano. Sul tema delle tasse comunali il centro-sinistra ha vissuto il periodo peggiore da quando è al governo della città. Per risolvere i problemi di bilancio, approvato il 18 maggio scorso, la giunta municipale è stata costretta ad introdurre l’addizionale comunale Irpef, una tassa locale nata nel 1998, applicata dalla stragrande maggioranza dei Comuni italiani, che il nostro Comune non aveva ancora adottato, dichiarandosi per questo giustamente fiero. Gabriele Caputo, assessore al Bilancio, ha difeso la scelta dell’esecutivo e in più occasioni ha spiegato le ragioni che lo hanno portato a prendere una decisione che comporta sacrifici per i cittadini. “C’è l’esigenza di razionalizzare le spese, unita

a quella di programmare scelte di lungo respiro” ha detto l’assessore, ed ha aggiunto che “l’amministrazione comunale è aperta al confronto sulle scelte da operare per il prossimo biennio”. Nel lungo dibattito che ha accompagnato la stesura del bilancio di previsione stranamente non è emersa un’importante novità introdotta dalla Finanziaria 2007: l’imposta di scopo. Nemmeno le forze di opposizione, che sono sempre molto sensibili alle novità di natura finanziaria, hanno sollevato la questione. Che cos’è l’imposta di scopo? E’ un prelievo sui redditi (come l’addizionale) che i Comuni possono istituire per un obiettivo preciso, quale può essere un’opera pubbli-

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ca. Per esempio: il Comune di Casarano progetta un nuovo mercato coperto e per questo obiettivo istituisce un’addizionale dello 0,1% sui redditi dei cittadini; il prelievo complessivo servirà esclusivamente a realizzare l’opera. E’ uno strumento chiaro, trasparente ed onesto perché, a differenza dell’addizionale Irpef, i cittadini sanno esattamente, e in anticipo, come verranno impiegati i loro soldi. E’ chiaro, però, che se il Comune dovesse decidere di utilizzare l’imposta di scopo dovrà necessariamente ridurre l’addizionale comunale per non aumentare la pressione fiscale.

L’ERBA CATTIVA

// Opinioni dal Tacco


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chiare, fresche, dure acque

LA SPRECANO, LA PAGANO SALATA, MA DI QUELLA PUBBLICA DISTRIBUITA DALL’ACQUEDOTTO PUGLIESE, NE BEVONO POCA, PERCHÉ NE COMPRANO MOLTA. E’ IL RAPPORTO DEI SALENTINI CON L’ACQUA POTABILE, CHE È SOTTO CONTROLLO SOLO “FINO AL CANCELLO” DI CASA. COSÌ NON SAPREMO MAI QUALE ACQUA CI DANNO VERAMENTE DA BERE

di Cesare Mazzotta

il tacco d’Italia

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//Inchiesta //Il mercato dell’oro blu //Non datecela a bere

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“L’acqua è vita”. Nonostante la sua ovvietà, questa espressione dovrebbe farci riflettere. Oggi, l’acqua che beviamo è di “vitale” importanza e non solo perché continua a scarseggiare. La Storia è segnata da popoli che hanno combattuto cruente battaglie per conquistare un braccio di fiume o uno specchio d’acqua. Le città sorgevano sulle rive di un corso d’acqua; e nelle “chiare, fresche, dolci acque” di Firenze, il poeta ha inteso magnificare anche le qualità naturali del primordiale elemento. Qualità che oggi sono affidate alle analisi dei laboratori. Una curiosità storica, che conferma l’enorme interesse dell’uomo verso l’acqua potabile, ci viene offerta dai romani. Un popolo che sul piano dell’ingegneria idraulica ha dimostrato di saperci fare e che non disponeva di criteri analitici per valutare la salubrità di un’acqua. Quindi la qualità veniva stimata indirettamente, attraverso una serie di considerazioni. Una di queste era lo stato generale di salute delle popolazioni che vivevano in prossimità delle sorgenti. E, se si trattava di una nuova sorgente, l’acqua non veniva utilizzata subito. Alcuni campioni venivano prelevati e conservati in contenitori di bronzo, quindi esaminati successivamente, in modo da rilevarne alcune caratteristiche; come il cambiamento nel tempo dei parametri organolettici, il grado di corrosività e la presenza di materiale in sospensione.

PER QUALITÀ, È RELEGATA AL 90ESIMO POSTO NELLA CLASSIFICA DI LEGAMBIENTE A CAUSA DELL’ELEVATA PRESENZA DI NITRATI; AL 94ESIMO POSTO PER LO SPRECO: 354 LITRI PER ABITANTE AL GIORNO

qualità/prezzo: un “rapporto” conflittuale

malizia: se il 97 per cento delle famiglie fa uso più o meno regolare del prezioso oro blu imbottigliato, sicuramente siamo di fronte a un comportamento di massa, che giustifica l’apparente paradosso. Ma c’è dell’altro. Intanto, vale ricordare che l’Aqp, una volta consegnata l’acqua potabile al cancello dell’abitazione, si chiama fuori e non risponde di tutto ciò che può accadere a valle del contatore. Vale a dire nelle tubazioni, nei serbatoi e negli utilizzatori (scaldabagni, sanitari, cucine etc.) delle unità immobiliari. Infatti la manutenzione, lo stato di conservazione e di esercizio e l’utilizzo che si fa dei vari apparecchi, rimane responsabilità esclusiva del proprietario o di chi ci abita. Così accade che tutte le loppe (aggregati in sospensione), le gelatine e la flora batterica che si sviluppa nei serbatoi che raramente i privati provvedono a pulire, entrino in circolo e si presentino al rubinetto del lavandino, in minutissimi frammenti difficilmente individuabili dalla casalinga. Tutto questo mentre sul territorio i controlli previsti dalle norme scandiscono una serie di adempimenti e di controlli da parte di Arpa, Asl, Noe dei carabinieri e ufficio Igiene del Comune; tutti enti preposti alla salvaguardia della salute e della pubblica igiene. Ma, controlli delle Autorità a parte, chi ha mai ricevuto un opuscolo, un avviso o un ragguaglio sulla opportunità e necessità di procedere periodicamente alla pulizia accurata dei contenitori di acqua potabile che sono sul terrazzo o sul retro della nostra casa? Serbatoi da 500 – 1000 litri di acqua che può rimanere inutilizzata, ferma in un contenitore di Pvc al sole per molto tempo (a causa di un viaggio, un ricovero, un trasferimento, una vacanza). L’acqua contiene disciolti una serie di elementi, come i batteri, il calcio e altri sali. In determinate condizioni la flora batterica che si sviluppa dà luogo a gelatine, ad aggregati di funghi e biofilm, a loppe di sospensione delle polveri e ai precipitati di sali. Tutti composti che sedimentano sul fondo e sulle pareti (che si rive-

Veniamo ai nostri giorni, al Salento della provincia di Lecce, che la classifica annuale sull’Ecosistema urbano di Legambiente, relativa al 2005, ha relegato al 90esimo posto, per l’eccessiva presenza di nitrati (NO3) nell’acqua potabile che sgorga dai nostri rubinetti; e al 94esimo posto per consumo medio pro capite di acqua per usi domestici, con 354 litri per abitante al giorno. E dire che adesso va un po’ meglio. Nel 2003 la stessa inchiesta di Legambiente aveva accertato un consumo medio di 416 litri e nel 2004 di 382 litri a testa. Uno spreco che per una famiglia media salentina, di tre persone, ammonta a oltre un metro cubo al giorno, più di mille litri; mentre ad Ascoli Piceno, Brindisi e Foggia, la stessa ipotetica famiglia consuma poco più di 300 litri al giorno. Qualcosa evidentemente non gira oppure una parte si perde per strada. L’ente che distribuisce nelle nostre case l’acqua da bere, per cucinare e per la cura e l’igiene della persona è l’Acquedotto Pugliese. L’Aqp, uno dei più importanti e antichi d’Europa, nato agli inizi del secolo scorso, che fa pagare l’acqua a noi pugliesi circa 300 euro l’anno, per una famiglia di tre persone. In assoluto la tariffa più alta in Italia, stando alle rilevazioni fatte nel 2006 da “Cittadinanza Attiva”, l’associazione dei consumatori che ha monitorato il Servizio idrico integrato in tutti i capoluoghi di provincia italiani. Per l’esattezza l’Aqp richiede mediamente alla famiglia-utente 299 euro l’anno; comprensivi di canone idrico, canone di depurazione e canone di fognatura. In alcune città della Lombardia, nel Molise e nella Valle d’Aosta lo stesso servizio costa circa la metà. Nelle regioni dove i gestori sono diversi, la beffa è ancora più bruciante e le differenze si fanno sentire; come in Toscana, dove fra Arezzo e Massa, intercorre una differenza di 256 euro l’anno; o in Piemonte, dove fra Asti e Cuneo, la differenza

di tariffa è di 171 euro. A questo punto, giusto per confortarci, viene da chiedersi: ma almeno noi pugliesi beviamo un’acqua di ottima qualità? E qui cominciano i distinguo, visto che il gestore, l’Aqp, in base alle norme, deve garantire che al contatore o al punto di consegna, arrivi un’acqua definita “potabile”. E fin qui, in base alla normativa vigente, tutto è in regola. L’Aqp, in effetti, consegna alla porta o al cancello dell’utente un’acqua che viene controllata giornalmente da più soggetti (Asl, Arpa e lo stesso Aqp), che ne certificano la potabilità. Quanto poi alla gradevolezza, al gusto, alla durezza (presenza di calcio e magnesio) e ai trattamenti che l’acqua ha dovuto subire per correggere e riportare nella norma alcuni parametri considerati eccessivi, la risposta arriva dai dati sui consumi di acqua minerale delle nostre famiglie. Ogni anno in provincia di Lecce si consumano circa 150 milioni di litri di acqua minerale; più o meno 185 litri per ogni abitante. A fronte di una media nazionale di 179 litri, tra le più alte nel mondo e la più alta in Europa, dove mediamente si consumano 70 litri a testa, soprattutto negli alberghi e nei ristoranti. Tre i motivi fondamentali individuati da Mineracqua, l’associazione di categoria dei produttori e distributori dei 279 marchi sul mercato: la fidelizzazione del cliente, che percepisce l’imbottigliamento come sicurezza; l’igiene garantita e i possibili effetti salutari sull’organismo.

l’acquedotto pugliese consegna l’acqua davanti alla porta di casa. e poi? Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire perché, nel Salento si consumano fiumi di acqua minerale in bottiglia. Nonostante i costi da sopportare e i disagi del trasporto dallo scaffale, al carrello e in ascensore. Una moda o una necessità? Mi sia consentita una piccola riflessione, senza il tacco d’Italia

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I PUGLIESI PAGANO PER L’ACQUA POTABILE LA TARIFFA PIÙ ALTA D’ITALIA. NONOSTANTE LA PAGHINO CARA, PREFERISCONO BERE QUELLA IN BOTTIGLIA: 185 LITRI L’ANNO PER ABITANTE, CONTRO UNA MEDIA NAZIONALE DI 179. CHE È GIÀ LA PIÙ ALTA D’EUROPA E TRA LE PIÙ ALTE AL MONDO stono di un film di colore marrone-verde scuro) e di cui solo una parte va a finire nel bicchiere. Se però il serbatoio non viene quasi mai ispezionato, pulito e trattato con idonei prodotti (Amuchina e altri battericidi a base di “diossido di cloro”) è facile immaginare quali rischi si corrano. I residenti nei condomini dovrebbero essere più garantiti dall’amministratore, il quale, conoscendo il suo mestiere e le sue responsabilità, sa anche che periodicamente deve far pulire il serbatoio condominiale. Si può allora capire come mai il 97 per cento delle famiglie salentine fa uso regolare di acqua minerale, addossandosi un costo non indifferente di 160 – 200 euro l’anno. Evidentemente l’acqua che sgorga dal rubinetto non incontra il gusto o non ispira fiducia, perchè l’Aqp, per renderla potabile, la consegna dopo averla corretta con trattamenti a base di cloro. Come dire: “Noi dell’Aqp siamo in regola; abbiamo fornito un’acqua rispondente alle norme del decreto legge n. 31 del 2 febbraio 2001; se poi l’utente ne fa un uso improprio e rischioso, sono fatti suoi”. Un ragionamento che mette al riparo l’Aqp, ma che sta in piedi fino a un certo punto. La salute della gente dovrebbe stare a cuore alle istituzioni, almeno a quelle sanitarie e comunali. Allora perché non è stato usato lo stesso criterio con la fornitura dell’energia elettrica? Perché di fronte alle numerose folgorazioni domestiche, ai fulmini che entravano nelle abitazioni, nel 1990 si è deciso di procedere all’adeguamento agli standard di sicurezza degli impianti elettrici delle abitazioni private? Forse perché tanto non emerge subito e con certezza che l’acqua, lentamente, può fare ammalare un organismo? Invece proprio la scelta dell’acqua che beviamo, i suoi contenuti in sali e in metalli disciolti e le sue caratteristiche fisico-chimiche sono molto importanti e dovremmo imparare a conoscerle. Quanto meno capiremmo che ci sono acque salubri e acque meno indicate, sia fra quelle distribuite dal rubinetto, sia fra le acque minerali in bottiglia.

i figli e figliastri dell’aqp entre la tariffa che paghiamo all’Aqp in di acqua nei polmoni. Se il contenuto di cloprovincia di Lecce, tra le più alte ruri è superiore ai 200 mg/l, si possono avere d’Italia, è uguale in tutta la regione, la effetti sull’attività dell’intestino, del fegato e stessa “equità” non avviene invece per la qua- della cistifellea. Questi effetti non tendono ad lità dell’acqua distribuita. L’Aqp fa figli e figlia- accadere ai livelli di cloro normalmente trovastri, pur consegnando ai suoi utenti un’acqua ti nell’acqua. Paradossalmente però, la clorapotabile. Con i suoi quasi 16mila chilometri di zione, ossia l’aggiunta di cloro nell’acqua, condutture, l’Aqp fornisce l’acqua a poco più spiegano i tecnici dell’Aqp, è il mezzo più di quattro milioni di abitanti. L’area del semplice ed efficace per eliminare i contamiSalento è interessata dalle condotte e dai ser- nanti microbiologici (i batteri) e si effettua batoi collegati agli acquedotti del Pertusillo e con l’ipoclorito di sodio diluito, che allo stato del Sele, che vengono alimentati dall’acqua liquido è di colore giallo paglierino (tipo varepotabile estratta dai 96 pozzi in esercizio china – ndr), di odore acre e soffocante. nella nostra provincia, 53 nel territorio della Misurazioni del cloro residuo si effettuano nelle scuole, nelle menAsl di Lecce e 43 nell’ase e alle fontanine pubrea sud, della Asl di Maglie. “Pozzi che inte- L’AQP FA FIGLI E FIGLIASTRI: bliche, per verificare grano l’acqua del Per- LA TARIFFA È UNICA IN TUTTA che all’utente arrivi la di cloro. tusillo nell’impianto di LA PUGLIA ED È LA PIÙ ALTA giustaEccoquantità perché, diceGuagnano – fanno D’ITALIA, MA NEL SALENTO vamo, figli e figliastri. I sapere i responsabili SI BEVE IN GRAN PARTE ACQUA parametri fisico-chimici del Sian, il servizio di igiene degli alimenti e PROVENIENTE DAI 96 POZZI dell’acqua potabile della nutrizione della DI FALDA PROFONDA, A VOLTE sono pubblicati sul sito internet di Aqp Asl di Lecce –. Noi conMISCELATA CON QUELLA (www.aqp.it), abitato trolliamo i 12 serbatoi DEL FIUME SELE per abitato. Chiunque del territorio e le fontapuò constatare che ne dei 40 Comuni e fraE DEL PERTUSILLO. zioni di competenza CONSEGUENZA: PIÙ NITRATI, mentre l’acqua distribuita nelle province di della Asl Lecce 1”. PIÙ CLORO, PIÙ DURA. Bari, Foggia, Taranto e L’acqua potabile del MENO BUONA Brindisi proviene da Salento quindi viene invasi superficiali e estratta dai pozzi artesiani nella falda profonda e, quando occorre, viene immessa in rete dopo opportuni trattaviene miscelata a quella della rete idrica del menti (flocculazione, filtraggio etc.), l’acqua Pertusillo e del Sele, soprattutto per corregge- destinata alla provincia di Lecce viene emunre la presenza in eccesso di alcuni parametri, ta dai 96 pozzi e quindi si tratta di acqua che come i cloruri, da noi particolarmente abbon- ha attraversato strati di terreni di diversa danti. Tanto che in qualche occasione hanno composizione, ora arricchendosi in sali, ora superato i limiti normativi. “Quando si verifica- lasciando sedimentare particelle in sospenno questi casi – spiega il funzionario del Sian sione. Così noi salentini, siamo serviti bene – l’Aqp chiede di apportare il ‘correttivo per quanto riguarda l’indice di torbidità, pergestionale’ (cioè cloro, ndr). Oggi c’è una mag- ché dai rubinetti sgorga un’acqua sostanzialgiore attenzione verso i cloruri e i nitrati, per mente “limpida”, a differenza delle altre proevitare l’eccessivo sfruttamento della falda e vince che, per quanto sia stata “chiarificata”, utilizzano un’acqua non proprio cristallina. quindi la sua salinificazione”. Il cloro entra nel corpo attraverso l’inge- Ma dobbiamo fare i conti, sul piano della stione di acqua e cibo contaminati e non salute, con gli altri parametri, come il ph rimane nel corpo, a causa della sua grande (acqua acida o basica), il residuo fisso (il reattività. Gli effetti del cloro sulla salute contenuto di sali minerali e metalli), la durezumana dipendono dalla quantità presente e za (la presenza di calcio e magnesio) e la dalla durata e frequenza di esposizione. Nel quantità di cloruri e di nitrati disciolti. E qui caso dell’acqua si può essere esposti per lun- le cose non si mettono bene per il Salento ghissimo tempo. Gli effetti dipendono dalla leccese, dove in questi giorni si discute se sia salute dell’individuo e dalle condizioni opportuno costruire una nuova discarica a ambientali. La respirazione di piccole quanti- Corigliano d’Otranto, dal momento che nel tà di cloro, in brevi periodi di tempo, ha effet- raggio di pochi chilometri, sono in esercizio ti negativi sull’apparato respiratorio. Gli effet- ben trenta pozzi di emungimento di acqua ti vanno da tosse e dolori toracici a ritenzione potabile.

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il tacco d’Italia

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LOPPE, GELATINE, FUNGHI, FLORA BATTERICA CRESCONO NEI TUBI DI CASA, QUELLI CHE VANNO DAL CONTATORE AL RUBINETTO. MA IL CITTADINO NON È INFORMATO CHE I CONTROLLI E LE “PULIZIE DI STAGIONE” SONO NECESSARIE E A SUO CARICO. L’ACQUA DI RUBINETTO NON HA UN BUON SAPORE E LE VENDITE IN BOTTIGLIA S’IMPENNANO

che cosa esce dal rubinetto della cucina foto Roberto Rocca

e analisi effettuate dall’Aqp ci consegnano un’acqua decisamente basica, con un ph che spazia mediamente da 7,5 a 7,7. Nelle altre province pugliesi il valore del ph (la concentrazione di ione idrogeno) sale a 7,8 – 7,9 a Brindisi e Foggia e raggiunge la cifra di 7,9 – 8,0 a Taranto e Bari. Da noi, solo dai rubinetti di Roca e di Torre dell’Orso viene fuori un’acqua appena acidula, dal ph di 6,9. (ph uguale a 7 vuol dire acqua neutra; meno di 7 tende ad essere acida; più di 7 alcalina). Il residuo fisso dell’acqua distribuita da Aqp nel Leccese, ovvero la quantità di sali presenti dopo un’essiccazione a 180 gradi, è il più alto in assoluto. Varia mediamente da 400 a 650 milligrammi per litro. Vuol dire che l’acqua che beviamo è ricca di sali minerali disciolti. Nelle altre province, il residuo fisso è più basso. A Brindisi è di 230 – 250 mg/l; a Bari 230 – 300 mg/l; a Taranto 255 – 265 mg/l e a Foggia 380 – 400 mg/l. (A Roma, 390 – a Firenze, 332). Un altro parametro importante è la durezza dell’acqua, espressa in Italia in gradi francesi, vale a dire, come quantità di carbonato di calcio contenuto nell’acqua. Anche per questo aspetto, l’Aqp distribuisce ai salentini l’acqua più dura della regione, che esprime dai 26 ai 30 gradi francesi. Che può fare la gioia di chi digerisce male, perché aiuta la digestione, ma che non può essere gradita a chi soffre di calcolosi ai reni. Acqua dura, inoltre, vuol dire più spreco di detersivo nelle lavatrici, più calcare nelle condotte e via dicendo. A Bari la durezza si attesta attorno ai 18 – 20 gradi; a Brindisi solo 15 – 16 gradi; a Taranto i gradi sono 18 – 20, mentre a Foggia sono 22 – 23

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(A Roma, 10 – a Firenze, 19). Tornando su un terreno squisitamente salutistico, l’acqua erogata dalla rete acquedottistica in provincia di Lecce, rivela un’importante criticità: la presenza eccessiva di cloruri, dovuti alla composizione dei suoli, agli scarichi industriali e ai liquami che l’acqua incontra nel raggiungere la falda. Almeno un quarto dei pozzi presenti sulla fascia costiera occidentale del Salento denuncia una evidente intrusione di acqua salina nella falda profonda e quindi presenza di cloro. Pur rispettando i limiti normativi (il decreto legislativo 31 del 2001 prevede una concentrazione massima di cloruri di 250 mg/l), il contenuto medio è vistosamente alto. Non è difficile trovare nel Salento, acqua del rubinetto che contiene fino a 120 – 150 – 200 mg/l di cloruri. Basta spostarsi nella vicina Brindisi per trovare l’acqua del rubinetto con 12 – 14 mg/l di cloro. A Bari la media si attesta attorno a 12 – 18 mg/l; a Taranto dai rubinetti esce acqua a 14 – 16 mg/l e a Foggia i cloruri salgono a 29 – 35 mg/ (A Roma, 6,5 – a Firenze, 64,2). Infine, il “valore di parametro” più vergognoso per la provincia di Lecce; quello che ha consentito a Legambiente di relegarci al 90esimo posto nella classifica della qualità dell’acqua di rete: i nitrati (NO3), che sono un’indice di inquinamento delle falde. Mediamente nell’acqua che viene estratta in massima parte dai nostri pozzi, sono presenti 21 mg/l di nitrati. E sempre per un confronto con le altre province (alle stesse tariffe!), troviamo che a Bari i nitrati raggiungono 1 – 3 mg/l; a Taranto, 2 – 4 mg/l; a Brindisi, 2 – 3 mg/l; a Foggia, 7 – 12 mg/l (A Roma, 3,8 - a il tacco d’Italia

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Firenze, 7,3). Vale ricordare che il limite massimo fissato dal decreto 31 del 2001 è di 50 mg/l, ma per l’infanzia viene raccomandata un’acqua dove il contenuto di nitrati non superi i 10 – 15 mg/l. Quindi molte mamme salentine dovrebbero preparare le “pappine” con un’acqua meno “nitrata”, per evitare la “cianosi”, una patologia che interessa la riduzione della capacità di carico dell’ossigeno nel sangue, particolarmente pericolosa per bambini di età inferiore ai sei mesi. L’invito, stando al contenuto di nitrati, è rivolto alle famiglie di Carmiano (42 mg/l), Torre Specchia (40), Magliano (35,8), Galugnano (28), Lizzanello (27,8), Pisignano (27,3), Palmariggi e Soleto (27), Specchia Gallone, Giurdignano e Sanarica, (26) e… via dicendo. Nello “Studio di verifica dello stato qualitativo della falda”, condotto nel 1999 dall’ufficio Ambiente della Provincia di Lecce, si sostiene che nel Salento “il rischio idrico risulta elevato, per la concomitanza di alcuni fattori negativi, come: la captazione e l’utilizzo dell’acqua di falda ad uso potabile; il numero indefinito di pozzi ad uso privato e il loro selvaggio emungimento (si stima che i pozzi siano non meno di 90 – 120mila – ndr); gli scarichi di reflui di ogni provenienza in falda profonda; gli scarichi abusivi, soprattutto d’estate; gli insufficienti controlli degli scarichi e l’inefficienza di alcuni impianti di depurazione”. E, oltre: “... più critico appare lo stato di qualità dell’acqua di falda, per quanto concerne la presenza di nitrati, che in alcune aree è risultata superiore alla concentrazione massima ammissibile di 50 mg/l”. Allora, che fare? Si beve tutti acqua in bottiglia, a 20 centesimi il litro?


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Domenica 8 luglio alle ore 21.00 in Piazza Falconieri a Monteroni di Lecce

SOGNI D’ELEGANZA: GRAN GALA’ DELLA MODA. Conduce: Marco Liorni E’ con vivo entusiasmo e rinnovata soddisfazione che anche quest’anno l’associazione Il Faro, con il patrocinio della Regione Puglia, della Provincia di Lecce, della Città di Monteroni di Lecce e della Camera di Commercio di Lecce, in collaborazione con La Gazzetta del Mezzogiorno, propone la IV edizione de “Sogni d’Eleganza: Gran Gala della

Moda” nonché il IV concorso per giovani stilisti “Il Faro – Città di Monteroni: Marcello Centonze ”. La manifestazione nasce nel 2004 con l’intento di promuovere le sartorie locali, attanagliate dalla crisi del TAC, invogliando i giovani stilisti ad investire e credere nel settore per coltivare così la passione per la moda sartoriale.

Altre informazioni su: www.associazioneilfaro.org


26,40 298,00 492,00

7,00 472,00 104,00 19,00 44,00 35,00 2,10

0,90 6,20 274,00

6,40 3,00 1.343,00 268,00

7,30 299,00 96,50 10,60 3,10 18,00 15,00 tracce 6,60 277,00 6,28 1.478,00 380,00 235,00 37,00 3,00 39,50 25,00 43,90 28,00 6,19 388,00 34,20 42,50 11,00

5,79 1.125,00 152,00 129,00 52,00 38,00 48,00 0,30 3,00 940,00 7,63 639,00 106,00 70,20 38,70 120,00 1,80 0,10 25,70 446,00 2,00 116,00

7,50 390,00 64,20 35,30 31,60 66,30 3,50 0,25 24,80 299,00 7,80 122,00 324,00 2,48 6,67 3,30 0,70

7,40 339,00 99,50 20,00 4,30 19,40 2,00 0,10 6,00 2,99 7,60 117,00 18,40 8,50 4,90 8,00 1,50 0,10 3,90 3,90 1.499,00 85,40 7,96 164,00 36,30 2,00 12,70 2,60 0,60

7,40 382,00 86,00 3,00 26,00 2,00 1,00 0,60 3,00 301,00 6,00 1.245,00 377,00 48,00 20,00 20,00 48,00 1,00 5,00 1.433,00 7,68 250,00 46,00 6,80 30,00 2,80 1,10 < 0,1 6,80 293,00 27,00

7,80 75,50 19,50 1,80 1,70 0,30 1,70 0,20 1,60 56,80

Amata Elisa Leggera Sveva Lilia Gaudianello Paravita Frasassi Monte Cimone Eureka Fontenoce Vitasnella Vera San Benedetto Ferrarelle Levissima S. Anna

7,70 39,00 11,00 1,00

6,20 860,00 160,00 87,00 32,80 75,00 8,10 1,00 6,50 550,00 7,20 123,00 18,27 7,05 5,99 8,20 7,30 tracce 2,00 103,00 Acidità - ph Residuo fisso Calcio - mg/l Sodio - mg/l Magnesio - mg/l Cloro - mg/l Potassio - mg/l Fluoro - mg/l Nitrati - mg/l Bicarbonato

foto Roberto Rocca

In tabella sono riportate le caratteristiche delle principali acqua commercializzate nel Salento e aiuta nella scelta più appropriata, in base alle proprie condizioni di salute

Uliveto

Le acque minerali naturali si distinguono per il loro contenuto di “residuo fisso” (ciò che rimane in sali minerali dopo l’ evaporazione di un litro d’acqua a 180 gradi). Così si trovano in commercio : – acque “minimamente mineralizzate”, quando il tenore dei sali minerali è inferiore a 50 mg/l; – “oligominerali” o “leggermente mineralizzate” quando il tenore di sali è superiore a 500 mg/l; – “mediamente mineralizzate” quando il contenuto in sali è compreso fra 500 e 1500 mg/l; – “ricche di sali minerali”, quando la concentrazione di sali è superiore a 1500 mg/l.

IL RESIDUO FISSO E LA DUREZZA DELL’ACQUA DISTRIBUITA DA AQP NEL SALENTO SONO I PIÙ ALTI IN ASSOLUTO IN PUGLIA. LO STESSO VALE PER CLORURI E NITRATI, INDICE DELL’INQUINAMENTO DELLE FALDE

Fiuggi

Se Atene piange, Sparta non ride. Se l’acqua del rubinetto, bevuta così come sgorga, fa storcere la bocca, il risultato non cambia più di tanto se si consuma l’acqua in bottiglia, acquistata al supermercato. “Sicuramente l’acqua che noi forniamo è potabile – fanno sapere dall’Aqp – e basta tenerla una notte a riposare in una bottiglia che già l’indomani l’odore del cloro non si sente più”. Ma “à la guerre comme a la guerre” e il mercato finisce col dettare le regole. Così impazza il business dell’acqua minerale in fardelli da sei bottiglie (contenuto massimo ammissibile 2 litri), proposti dalla miriade di volantini con le “offerte”, distribuiti a pacchi nelle cassette dei condomini. Ma come regolarsi con il consumo dell’oro blu in bottiglia? Ci facciamo guidare dal prezzo, dall’etichetta o dalla confezione, in pvc, in pet, in vetro o in cartone pressato? Ci affidiamo alle promesse strillate dalla pubblicità o alle decantate proprietà taumaturgiche “sperimentate” dalla cognata? Intanto c’è da dire che alcuni limiti dei parametri imposti dal decreto legislativo 31/2001 per l’acqua del rubinetto, sono più rigorosi e restrittivi della norma che regola invece le acque minerali, vale a dire il decreto legge 25 gennaio 1992 n. 105. Per cui l’acqua distribuita dall’Aqp, gradevolezza a parte, è sicuramente potabile e controllata. Cosa devono avere di diverso le acque minerali naturali? Per legge devono essere imbottigliate così come sgorgano dalla sorgente e devono presentare caratteristiche chimico-fisiche, organolettiche, geologiche e proprietà, tali da essere riconosciute dal Ministero favorevoli alla salute. E’ vietato qualsiasi trattamento chimico. L’unico ammesso è l’aggiunta di anidride carbonica, che rende l’acqua frizzante, perché agisce da blando anestetico sulle papille gustative. Se non contiene germi pericolosi per la salute, l’acqua minerale può fregiarsi della dicitura “microbiologicamente pura”.

Cutolo Rionero

le acque minerali in bottiglia : pvc, vetro, pet e brik

6,05 505,00 50,00 72,40 13,10 34,00 29,00

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la scelta più appropriata dell’acqua minerale “Altissime, purissime… ricchissime”. Slogan dietro ai quali si nasconde una guerra spietata per imporre il proprio marchio a prezzi più remunerativi. Di fatto c’è ben poco; c’è soltanto il tentativo dei più grossi gruppi alimentari (San Pellegrino, Nestlè Water, San Benedetto, Congedi, Ferrarelle, Spumador, Norda, Sant’Anna, Gaudianello…) di creare la suggestiva immagine della purezza dei loro prodotti; o come dice Giuseppe Altamore, un giornalista che quattro anni fa ha condotto una grossa inchiesta sul mercato dell’oro blu, “di darcela da bere..”. Le acque minerali non sono tutte uguali e si differenziano in base al contenuto di sali disciolti, che possono favorire determinate funzioni dell’organismo umano; composto per il 60 per cento in peso di acqua e che ha bisogno di un consumo medio giornaliero di 2 – 2,5 litri di acqua, di cui circa 500 grammi - 1 litro è fornito dagli alimenti che mangiamo. Con l’acqua l’organismo assume anche importanti elementi, come il calcio, il sodio, il ferro, lo zolfo, il bicarbonato, il fluoro e altri. E in base agli elementi preponderanti, l’acqua può essere: – contenente bicarbonato (HCO3), superiore a 600 mg/l (azione anti-infiammatoria, facilita i processi digestivi, indicata nello sport); – solfata, tenore di solfato (SO) superiore a 200mg/l (stimola le vie bilari e contribuisce ai processi digestivi);

– calcica, tenore di calcio (Ca) superiore a 150 mg/l (indicata nella prevenzione dell’osteoporosi e dell’ipertensione, favorisce la crescita); – magnesiaca, tenore di magnesio (Mg) superiore a 50 mg/l (utile per il sistema nervoso, muscolare e antistress); – ferruginosa, contenuto in ferro (Fe) superiore a 1 mg/l (indicata nelle anemie da carenza di ferro); – acidula, tenore di anidride carbonica superiore a 250 mg/l (facilita la digestione); – sodica, tenore di sodio (Na) superiore a 200 mg/l (indicata negli stati di carenza specifica e nello sport); – a basso contenuto di sodio, tenore di sodio inferiore a 20 mg/l (indicata nelle diete povere di sodio; ipertensioni etc.); – fluorata, tenore di fluoro (F) superiore a 1 mg/l (utile per rinforzare la struttura dei denti e prevenire la carie).

CURIAMOCI CON L’ACQUA

I consiglI di SERGIO LUPO, medico specialista dell’Istituto di Medicina dello Sport del Coni PER CHI SOFFRE DI CALCOLI RENALI Bere acqua oligominerale o minimamente mineralizzata, utile per favorire la diuresi per la sua scarsità di sali minerali, per eliminare le scorie e prevenire la formazione di calcoli. Recentemente è stato dimostrato che anche un’acqua minerale “dura”, cioè ricca di calcio, può aiutare a prevenire la formazione di calcoli renali. PER CHI HA LA PRESSIONE ALTA Oltre alla dieta povera di sodio, da seguire su consiglio medico, è indicata un’acqua oligominerale che favorisce diuresi ed eliminazione del sodio in

eccesso, responsabile dell’aumento della pressione e dell’affaticamento cardiaco. PER CHI HA DIFFICOLTÀ A DIGERIRE In questo caso è utile un’acqua minerale di tipo bicarbonato-solfato. Questi due sali minerali, il bicarbonato e il solfato, aiutano infatti la digestione poiché stimolano fegato e pancreas e favoriscono l’azione degli enzimi digestivi, abbassando l’acidità dell’intestino. PER CHI È A RISCHIO DI OSTEOPOROSI In generale in tutti i casi di carenza o bisogno di calcio (gravidanza,

le minerali

salentine doc

allattamento, nei neonati, nei bambini, negli anziani) è corretto assumere acqua mineralizzata ricca di calcio. E’ importante che il calcio contenuto nell’acqua sia biodisponibile, cioè che non venga eliminato, ma assorbito dall’organismo; questo è caratteristico solo di alcune acque minerali, che riportano sull’etichetta la scritta “Calcio biodisponibile”. PER CHI VUOLE DIMAGRIRE Si consiglia di impostare con un medico una dieta appropriata, infatti l’acqua di per sé non fa dimagrire, ma può essere un ottimo aiuto. In questo caso può essere appropriata

un’acqua oligominerale, cioè un’acqua “leggera”, che favorisca la diuresi, l’eliminazione delle scorie con l’urina e quindi la disintossicazione dell’organismo. PER CHI FA SPORT Gli oligoelementi dell’acqua minerale apportano nutrienti privi di calorie e reintegrano i liquidi e i sali persi con il sudore. La quantità di acqua varia con lo sport praticato, la sua durata e le condizioni climatiche: si va da 1 litro e mezzo a 3 litri al giorno. Tra i minerali importanti per l’atleta spiccano il calcio, il ferro, il magnesio e il potassio, il sodio e il cloro.

diritto di replica In provincia di Lecce, le uniche acque minerali autorizzate al commercio sono: Eureka, con sede della fonte a Corigliano d’Otranto; Paravita, con sede a Parabita, fonte della Coltura e Sorgente Canali in territorio di Carmiano (non ancora in commercio). Tutte acque estratte dalle fonti alimentate dalle falde profonde. Quelle falde che oggi sono messe in crisi dall’uso dissennato del territorio. Il resto dei fardelli che i salentini portano a casa arrivano in tavola attraverso la mediazione di quattro - cinque grossisti locali o dalle grandi catene alimentari.

Inchieste in Italia se ne fanno poche e noi giornalisti abbiamo disabituato i lettori al confronto di idee. Il Tacco, che è nato con l’obiettivo di fare inchiesta, considerandola un imprescindibile contributo alla democrazia, ricorda pertanto ai propri lettori che il diritto di rettifica e di replica è sempre garantito, così come la pluralità delle opinioni. E’ sufficiente una semplice richiesta scritta con l’indicazione del contenuto della rettifica o una lettera con richiesta di pubblicazione, in cui esprimere le proprie idee su quanto pubblicato.


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//Reportage //Gallipoli //Nuovi filmakers

è ientu te cinema

Il salone del barbiere. Gli obiettivi di registi di tutta Italia hanno ripreso le botteghe del centro gallipolino

CUSTODI DI ANTICHI MESTIERI. I VOLTI NUOVI DEL GRANDE SCHERMO SONO I VECCHI ARTIGIANI GALLIPOLINI di Flavia Serravezza

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allipoli è una città ricca di e-venti. Non Ci voleva una ventata di cinema per solo dell’appiccicoso scirocco o della fredapprofondire i mille volti di una città tanto da tramontana tipici della Città bella, ma vecchia quanto viva. Un gioiello racchiuso di una freschissima brezza di cinema. Quella nelle antiche mura gallipoline, dove risplendoche per ben 16 giorni ha travolto la storica no antichi palazzi e case malconcie ma non “padella”, trasformatasi per l’occasione in un per questo meno degne di attenzione. Negli set cinematografico. obiettivi delle telecaCon tanto di “caddhipumere sono entrati LU STAGNINU, LU SARTU, lini veraci” in veste di “personaggi storici” LU NASSARU, attori. Mestieri, dedizioed artigiani purtroppo ne, sguardi puntati sulle in via d’estinzione, la LU “RRE TI PASTICCIOTTI”, donne, sulle case, sulle devozione delle LA PROPRIETARIA DI MINIMARKET. strade: il centro storico donne, gli anziani GLI OBIETTIVI DI GIOVANI di Gallipoli, cuore pulsegnati dal tempo e REGISTI PROVENIENTI DA TUTTA sante di tante “città dalla vita, e bambini ITALIA HANNO RIPRESO invisibili”, si è raccontavivaci (e tremendi) PER 16 GIORNI I VOLTI E LE STORIE cresciuti tra gli scogli to a gruppi di filmakers DEI “CADDHIPULINI VERACI”. provenienti da tutta del mare. Ma anche l’Italia, che hanno parpaesaggi unici come CHE SI SONO SENTITI A LORO tecipato al festivalquelli offerti dalla AGIO NELLE VESTI DI ATTORI laboratorio “Ientu te spiaggia della Purità cinema”, nato da un’io dall’isola di dea dell’associazione culturale Lampade e Sant’Andrea. E se i registi vengono da tutta Carboni, in collaborazione con Cinema Teatri l’Italia per filmare questa realtà, vuol dire che Riuniti di Gallipoli, “Idrusa – Progetti per la vale veramente la pena conoscerla ed entrarci comunicazione” e “Approdo Salento”. dentro.

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Grandi sorrisi e disponibilità. Gli abitanti del centro storico hanno accolto di buon grado le telecamere nelle loro case e nelle strette vie della Gallipoli vecchia

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GALLIPOLI VECCHIA, CINEMA NUOVO Il laboratorio incentrato sui “modi e i luoghi dell’abitare” la città vecchia di Gallipoli, si è articolato in due momenti: la produzione dei documenti audiovisivi da parte dei giovani registi e lo svolgimento del seminario “Filmare il reale” condotto da Paolo Pisanelli. Con l’obiettivo di sottolineare l’importanza dell’audiovisivo come strumento non solo creativo ma di conoscenza e consapevolezza del territorio. Come ci ha spiegato Chiara Idrusa Scrimieri, leader del progetto, nei 16 giorni di riprese, il laboratorio ha raffinato di giorno in giorno lo sguardo sul vivere gallipolino e le sue infinite storie. Parallelamente ai filmakers, ha lavorato anche una delegazione di Ipotesicinema, il laboratorio sperimentale dell’audiovisivo diretto da Ermanno Olmi e coordinato da Mario Brenta, che ha prodotto documenti audiovisivi sugli stessi temi. Il risultato è un affresco per temi della “Gallipoli vecchia”, che sarà giudicato e premiato da un gruppo di registi-professionisti del cinema e dell’audiovisivo di cui fanno parte Enza Negroni (presidente di giuria), Alessandro Piva (regista di “Mio cognato” e “Lacapagira”), Michele Fasano, Pippo Mezzapesa, Vito Calmieri, Michele D’Attanasio, Alessandro Gagliardo, Ippolito Chiarello. Il vero e proprio Festival “Ientu te Cinema”, partirà l’8 giugno. I filmakers potranno partecipare ad un seminario di Fotografia digitale tenuto da Michele D’Attanasio, direttore della fotografia. Seguiranno proiezioni e anteprime, alla presenza degli autori dei corti con premiazione. I giurati offriranno anche un incontro didattico aperto al pubblico con proiezioni e testimonianze della propria filmografia. Alla manifestazione parteciperà anche Edoardo Winspeare. A chiudere il Festival sarà l’attesa proiezione di un’anteprima di un film-documento sulla città e i bambini di Gallipoli, dal titolo provvisorio “Gallipoli, città dei bambini”, realizzato da Chiara Idrusa Scrimieri.


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DETTO DAI “CADDHIPULINI VERACI” Sguardi rapiti alle finestre, anziane intente a lavorare all’uncinetto o a cantare sulle porte di casa, donne in cucina e uomini cotti al sole di lavoro e dedizione. Ecco alcuni dei soggetti che si sono raccontati alle telecamere di “Ientu te cinema”. Lu sartu. In via Monacelle, nel cuore della “padella”, si trova il laboratorio di sartoria di Luigi Buccarella. “I registi vengono qui a riprendere il mio lavoro e io ne sono fiero, anche perché so di essere uno dei pochi a farlo. Ho ereditato l’arte da mio padre. Di lavoro ne ho moltissimo ogni giorno, ma ai giovani non interessa. Infatti non ho discepoli. Nemmeno i miei figli vogliono continuare il mestiere. Allora ben vengano foto e telecamere: la nostra è un’arte che sta per scomparire ma che va conservata e fatta conoscere. Per capire Gallipoli e la sua storia tutti noi artigiani siamo indispensabili”.

Lu “rre ti pasticiotti”. Ad entrare negli obiettivi dei giovani registi, è stata anche la storica pasticceria Porta Terra, famosa per il tradizionale quanto invidiato dolce salentino, il pasticciotto. “L’iniziativa della giovane Chiara Idrusa Scrimieri – spiega il titolare – è lodevole, perché, oltre a raccontare, mostra e consente di tramandare alle nuove generazioni le sacre tradizioni di noi isolani gallipolini”.

Lu stagninu, 86 anni, è l’ “attore” più ricercato di Gallipoli. Ad attirare registi e fotografi è la sua officina nascosta nelle mura che circondano la famosa “spiaggia della Purità”. Lo si trova tra “quatarotti” (pentoloni) e altri utensili di rame, immerso nel suo lavoro di artigiano-artista fin dal sorgere del sole. In uno stanzino di pochi metri quadrati con vista sul mare, lo stagnino tempera e stempera il rame, rimette a nuovo vecchie pentole e “cuppini” che gli vengono commissionati. È l’ultimo portatore sano di un mestiere che purtroppo scomparirà con lui. “Vengono e mi riprendono, mi fanno le foto e io mi metto pure in posa – ride anche con lo sguardo – mi propongono di fare film ma io spero solo che guardando le immagini i giovani possano riscoprire un giorno la bellezza e l’importanza del mio mestiere”.

Lu nassaru. Anche intrecciare le “nasse” che i pescatori usano per catturare i pesci è un mestiere in via d’estinzione. E i registi di Ientu te cinema, infatti, sono rimasti impigliati nella bellezza e nel fascino di queste campane, che ormai vengono confezionate per lo più per i turisti (i pescatori se le fanno da soli). Il laboratorio “te lu nassaru”, pero’, resta un’altra testimonianza importante delle tradizioni degli “isolani” di Gallipoli.

Cucina e mini market. Teresa Maggio e famiglia. Alla faccia dei grandi ipermercati, nel cuore della città vecchia, l’alimentari di Teresa Maggio in via Micetti è una vera istituzione. Insieme con le ricette di nonna Cosima (mamma di Teresa), che si è dilettata a spiegare ai giovani filmakers gli ingredienti della cucina tradizionale gallipolina.


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// Cultura //Gruppi musicali //Alla Bua IL DIETRO LE QUINTE DELLO STORICO GRUPPO SALENTINO. UNA SERATA DI PROVE CON UN UNICO SPETTATORE. IL TACCO di Flavia Serravezza

“È IL GIOCO IL FILO CONDUTTORE DEL NOSTRO QUARTO LAVORO – DICE GIGI, L’AUTORE DEI TESTI – CHE PARLA SOPRATTUTTO DEI MODI DI DIVERTIRSI DEI VECCHI RAGAZZI DELLA NOSTRA TERRA”

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el Salento sono una specie di istituzione. Gli Alla Bua, tradotto dal griko “altra cura”, in questa terra ci sono nati e cresciuti. Dalle sue strade hanno rubato quelle storie cotte al sole che portano in giro nelle piazze italiane e all’estero. A memoria e tradizioni donano nuovo vigore proteggendole dall’oblio come custodia del più prezioso degli strumenti musicali. Qui li conoscono tutti anche se non sono sempre in tv. Perché – come nella più autentica tradizione della pizzica – la loro musica parte e si fa in mezzo alla gente. Così è stato per Stella Lucente (1999), Alla Bua (2002) e Limamo (2004), i loro primi tre album. Quando li si vede suonare, il ritmo avvolge tutti in un unico grande ballo. Di qui l’invito che in Balla cu me, la voce di Gigi Toma, leader e fondatore del gruppo nei primi anni ’90, ripete attraverso una “pizzica strana pinsata de tramuntana”. Che è solo uno dei tredici nuovissimi brani contenuti nel quarto lavoro degli Alla Bua, Saratambula. Al

c’è chi gioca a “saratambula”

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centro del disco c’è il gioco. E a saratambula (che consisteva nel saltare a mo’ di cavallina sulle schiene piegate dei partecipanti in il tacco d’Italia

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fila) ci giocavano i ragazzi di una volta, sul tradizionale basolato salentino, di notte. Così come bastavano cinque sassolini per giocare a Paddhi. Non mancano nell’album i tradizionali testi in griko dell’intensa Kalinitta e di Aremu rondineddamu, interpretati dal chitarrista di Sternatìa Dario Marti. Storie di campagna, di lavoro e fatica si leggono nella pizzica di Senza Camisa, Nu Tuzzare e Taccaru e nel mini-valzer di Tristu Furese. Intriganti melodie liberatorie e in ogni caso festose ritmano invece i testi rinnovati delle tradizionali Ninella e Cesarina. Mentre dalle strade arse dal sole sono state rubate le voci dei venditori di frutta e dell’arrotino che introducono Purginu, un frizzante brano-fotografia dell’atmosfera delle fiere del Salento. Che conclude un disco tutto da leggere attraverso.


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UNA STRANA SERATA IN FAMIGLIA Appuntamento alle 19.30 in contrada Manfio, sulla via Casarano-Ruffano. È qui che si rifugiano gli Alla Bua per gli allenamenti di pizzica. Ad attendermi in un rustico isolato con vista sull’entroterra salentino, c’è papà Gigi Toma che nel frattempo si diletta con qualche lavoretto di campagna ed “esercita” la voce sgridando i cani che corrono nella terra rossa. Pierpaolo (flauti e ciaramella) e la bella e mediterannea Irene (voce e oboe), che mi hanno guidato fin quassù, scendono dalla moto e corrono in casa a prepararsi. Nell’aria, quell’inconfondibile sapore di Salento accompagnato dalle dolci note di chitarra che vengono dalla casa. Dario ha già acceso l’amplificatore. Una volta dentro, Pierpaolo prende in mano il suo flauto traverso e mi spiega che è il chitarrista Dario a cantare le canzoni in griko degli Alla Bua. “È anche l’unico che potrebbe farlo” ci tiene a precisare Gigi. La cosa meravigliosa è che Dario parla spesso in griko con i suoi genitori e con alcuni amici. “A Sternatìa è una cosa normalissima” mi dice. Ed è per questo che sono affidate alla sua voce le intense parole del tradizionale brano Kalinitta (quella di “larilollalirollaleru”, per capirci). Che è il decimo dei tredici “ciciri” che compongono il nuovo disco autoprodotto degli Alla Bua, Saratambula. “È il gioco il filo conduttore del nostro quarto lavoro – mi dice Gigi, l’autore dei testi – che parla soprattutto dei modi di divertirsi dei vecchi ragazzi della nostra terra”. Il cd si apre con uno scioglilingua in dialetto, accompagnato dal vibrante suono di una specie di zampogna (acquistata in Cina, dove il gruppo si è esibito qualche mese fa) interrotto dal rumore di una trozzula. “Intra tridici piatticeddhri ce su tridici cicireddrhi, ciciru uno, ciciru doi…” e così via. I ceci sono tredici esattamente come le canzoni che stanno nel nuovissimo piatto-disco. Gigi, insieme a Dario, sono un po’ la memoria storica e la guida del gruppo. Gli altri quattro musicisti hanno un’età che oscilla tra i 25 e 26 anni. E forse sta proprio qui la loro vera forza. Ed ecco che arrivano anche Cristian e Fiore, pronti con i rispettivi fisarmonica e tamburello. Tra battute e schiamazzi per le solite sigarette che mancano a qualcuno, inizia l’allenamento. Strano, sono tutti seduti o semi-appoggiati ad un tavolo e tengono d’occhio me che li osservo dal divano. La scena è quella di una cena tra amici in campagna. In tavola la musica vibrante e intensa, sotto la luce di una timida lampadina nuda. Note, parole, spartiti e testi un po’ ovunque. Non tutti hanno ancora memorizzato i nuovi pezzi. “Non guardare i giocatori agli allenamenti, pensa alla partita” risponde Dario al maestro Pierpaolo, il regista della squadra, che lo rimprovera per qualche imprecisione durante la prova di Ninella. Si prosegue con Paddhi, un brano strumentale dedicato al popolare gioco dei cinque sassolini, basato sul meccanismo del “lancia e prendi”. Qui il tamburello di Fiore, giovanissimo percussionista e insegnante di tamburello, batte velocissimo e accelera il ritmo saltellante del pezzo. C’è uno strano gioco di sguardi durante l’esecuzione delle canzoni, di cui io inspiegabilmente entro a far parte. Ecco l’empatia che si crea durante i concerti degli Alla Bua. Il contatto, il convolgimento, quello di cui Gigi parla in Balla cu me mentre il flauto crescente sottolinea l’insistente invito. Poi è il turno di Purginu, un pezzo sulle fiere nostrane che parte con i richiami unici dei venditori di frutta e del “mulaforbici”, egregiamente interpretati da Fiore e Pierpaolo. Il problema è che Gigi è piegato in due dalle risate ed è difficile andare avanti. Improvvisamente poi tutti si concentrano. Largo a Saratambula, il brano che dà il titolo al disco. Dolce e incantevole la voce di Irene dai lunghissimi capelli mossi che racchiudono un viso mediterraneo, domina parole dure, scritte da papà Gigi, sull’ “aut aut” cui ci mette di fronte la vita. L’energia del gruppo si scatena poi nella pizzica pura di Senza Camisa e Nu tuzzare. La fisarmonica di Cristian sembra infuocarsi. La cosa strana è che mi accorgo improvvisamente di essere entrata nel loro cerchio senza essermi mossa. Sono loro ad avermi cercata e coinvolta. Sono le 22. Lascio il mio pezzo di carta e mi godo la musica da dentro, restando al centro della loro rete. È questo l’effetto che fa questa famiglia di pizzicati. Sono loro la cura, i portatori sani di un’autentica salentinità.

// Cultura // Libri //Cambi di prospettive

dal punto di vista di ilaria UN LIBRO CHE VUOLE GUARDARE LE COSE DA PROSPETTIVE DIVERSE. CON L’AIUTO DEL FUMETTO DI MALERBA

l segreto per cogliere il vero significato del libro “Cambi di prospettive. Racconti per osservare le cose da altri punti di vista” (Il Filo, Roma, 2007) è leggerlo almeno due volte. E’ la stessa autrice a consigliarlo. Ilaria Ferramosca, classe 1971, di Maglie. Di professione consulente nella gestione delle risorse umane e formatrice in Programmazione neuro-linguistica. Convinta che il mondo va guardato non da un unico ma da tanti punti di vista, perché è questo che aiuta a vivere in maniera completa e ad assaporare le emozioni fino in fondo. Almeno due volte, dice Ilaria, perché l’ultima storia è collegata alla prima; “si finisce di leggere – spiega – e poi si ricomincia daccapo; questo consente di cogliere sfumature che alla prima lettura possono sfuggire. Così si cambia prospettiva, perché si conoscono dettagli che prima si ignoravano”. Il lavoro di Ilaria, una raccolta di racconti brevi, è denso di atmosfere noir sempre pervase di una sottile ironia; il filo conduttore tra le storie narrate è l’improvviso mutamento della realtà: i racconti si concludono sempre con colpi di scena che rivelano come il comune buon senso spesso impedisca una comprensione obiettiva di fatti e persone. Un ruolo fondamentale nel libro lo gioca il fumetto, che l’autrice definisce una vera e propria arte. “Tra le pagine – annuncia nella premessa – troverete delle illustrazioni realizzate in bianco e nero da un fumettista, in uno stile propriamente fumettistico. Il fumetto – spiega – è un’arte completa che unisce immagini e scrittura”. Ma, ancora una volta, Ilaria propone un cambio di prospettiva: non l’illustrazione a servizio della letteratura, ma questa che si avvicina a quella per dare sintesi grafica al contenuto del testo. Appuntamenti con Ilaria: 22 giugno 2007 ore 19: libreria Apuliae, via Battisti 1, Lecce; 24 giugno 2007 ore 19,30: libreria Kube, via S. Sebastiano, 8, Gallipoli.

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Ilaria Ferramosca

La copertina del libro di Ilaria

TRE DOMANDE TRE Nel tuo libro inviti a guardare le cose da altri punti di vista. Qual è il tuo? C’è stato un cambio di prospettiva nella tua vita? “Tutti tendiamo a guardare le cose da un unico punto di vista, il nostro personale, determinato dal nostro vissuto; anche io ne avevo uno solo. Poi, in seguito ai corsi di specializzazione che ho fatto per il mio lavoro, soprattutto quelli in Programmazione neurolinguistica, ho capito che non esiste un unico punto di vista ed ho imparato ad assumere più posizioni percettive contemporaneamente. Per questo motivo mi è venuto semplice creare questo tipo di racconti che prevedono, nel finale, la possibilità di cambiare prospettiva”. In che modo il tuo libro approfondisce la relazione, che tu dici molto stretta, tra arte narrativa e arte grafica? “Dando spazio anche alle illustrazioni, sia all’interno sia sulla copertina. Queste sono realizzate da Fabrizio Malerba, un fumettista, in uno stile che è prettamente fumettistico. E, mentre solitamente è il fumetto che si avvicina alla letteratura creando dei romanzi, oppure ispirandosi a romanzi esistenti, in questo caso ho voluto, tramite l’apporto dell’arte grafica, fare in modo che fosse la narrativa ad avvicinarsi al fumetto”. Perché bisognerebbe leggere il tuo libro? “Chi non vuole cambiare prospettiva, può non farlo. Però potrebbe essere utile a tutti acquistare questo libro per imparare a modificare il proprio punto di vista e capire che non esiste soltanto un modo di percepire le cose; più abbiamo la possibilità di ampliare le nostre prospettive, più ci è semplice trovare nuove soluzioni, comunicare meglio con gli altri, vivere la vita in maniera diversa; avere maggiori possibilità aiuta a vivere in maniera più piena”.

TUTTE LE OPERE Stella Lucente (1999) autoprodotto Alla Bua (2002) – Etnosphere Limamo (2004) – Sony Etnosphere Saratambula (2007) autoprodotto

IL GRUPPO

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da sinistra: Cristian Calò (fisarmonica), Irene Toma (oboe e voce), Gigi Toma (tamburello e voce), Primo Fiore Maggiulli (tamburello e voce), Dario Marti (chitarra), Pierpaolo Sicuro (flauti e ciaramella)


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//Cultura //Ricerca storica //“I diari della gioventù italianissima”

caro diario, all’epoca del fascismo

1937. All’epoca del fascismo, i diari nascono per durare ed hanno l’impianto di un libretto con foto, frasi di Mussolini, episodi storici

LA PATRIA, L’ONORE, LA FORZA DELLE ARMI, L’ORGOGLIO IMPERIALE, L’EROISMO. LUIGI MARRELLA HA RACCOLTO E STUDIATO I DIARI DELLA “GIOVENTÙ ITALIANISSIMA” 1940. Credere, obbedire, combattere. Nei diari scolastici confluivano i messaggi dell’idologia fascista

Siamo abituati ad un’immagine, per così dire, stereotipata e ufficiale del ventennio fascista, un’immagine fatta di discorsi altisonanti a folle sterminate riunite in piazza, campagne belliche in cui si vedono soldati italiani ridotti allo stremo avanzare nei paesaggi lunari dei deserti africani o delle steppe russe. Sappiamo quale fu l’esito del folle progetto di un’Italia nuova voluto da Mussolini, le condizioni in cui maturò, i motivi che ne decretarono il più disastroso degli epiloghi. Quello che non sappiamo, o che solo alcuni sanno, grazie alle vive memorie di chi visse sulla propria pelle le dolorose ferite di quel periodo, riguarda tutti quegli aspetti del vivere quotidiano, quella storia in cui tutti siamo protagonisti, che purtroppo non trovano spazio nelle ricostruzioni storiche abitualmente veicolate dai media.

di Marco Sarcinella

A questa lacuna cerca di porre rimedio, riuscendovi in pieno, sia pur limitatamente all’ambito della vita scolastica, l’ultimo libro di Luigi Marrella, “I diari della gioventù italianissima”, un libro che si pone come ideale prosecuzione di un altro importante contributo dello stesso autore alla storia del fascismo, ovvero “I quaderni del Duce” edito nel 1995 da Barbieri (presso lo stesso editore escono anche questi “Diari”). Con questo studio Marrella si immerge nel vissuto quotidiano degli scolari di epoca fascista, evidenziando l’influenza dell’ideologia del regime sulle giovani generazioni, influenza che tra i vari mezzi con cui doveva esercitarsi, trovava proprio nei diari scolastici uno strumento non secondario. Il diario infatti, non era semplicemente un supporto cartaceo su cui annotare le lezioni svolte, in esso trovavano spazio frasi di Mussolini, proverbi, brevi biografie, episodi storici, massime, motivazioni di medaglie al valore, ma anche testi più lunghi e più strutturati contenenti “i temi legati all’attualità politica e ad un suo uso militante”, oltre a quei valori come la potenza della patria, l’onore, il rispetto fondato sulla forza delle armi, l’orgoglio imperiale su cui si fondava la fede nel fascismo e nel duce. Non si trattava quindi di un diario personale su cui annotare i propri pensieri e le proprie emozioni; qui privato e pubblico tendono a coincidere, le pagine sono infatti intercalate dagli interventi degli insegnanti, al cui giudizio i pensieri degli alunni andavano sottoposti. Ecco allora profilarsi il problema “dell’autenticità di quelle riflessioni, della spontaneità del dire e del pensare, di quanto è veramente sentito e di quanto è invece recitato in quel ‘fascistese’ tanto diffuso nelle pagine del diario”. Nel caso del diario di Elvira, giovane studentessa di Maglie, i modi di dire, i riti e le parole il tacco d’Italia

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d’ordine del regime sono presenti in modo diretto: “Oggi, tutta la nostra riconoscenza e tutta la nostra fede è dedicata al Duce, che ha resa l’Italia, la prima tra le nazioni civili di tutto il mondo”, “Che festa, che allegria per tutti i bambini! non parlano altro che di Befana […]. Oggi so bene che la buona Befana è la mamma. […] Felice chi possiede la mamma! Ma non tutte le mamme possono preparare questa festa ai loro figlioli. A ciò pensa il Governo Fascista che ha istituito in tutti i posti la ricca Befana Fascista per allietare i bimbi poveri, tutti quelli che la loro mamma non può preparare la solita calza”. Ma il permanere inconscio in Elvira dei concetti propri della propaganda del regime è rilevabile anche, in maniera indiretta e involontaria, in situazioni impreviste e si esprime, come fa notare Marrella “attraverso una ‘segnatura’ linguistica, una sorta di imprinting verbale”. Un esempio in tal senso è dato da quanto la scolara annota il 5 dicembre: “Il 21 di questo mese, entra l’inverno. Le campagne sono nude del loro bel verde e gli alberi privi di foglie. Nelle campagne si sta preparando il terreno per la semina del grano da cui si ricava la farina con cui si fa il pane, gioia del focolare e ricchezza della mensa”. Ora, sappiamo bene quanto il regime avesse insistito per rendere i contadini responsabili del loro ruolo economico e sociale nella vita dello Stato, nell’ottica di un potenziamento delle risorse autoctone, “come risposta autarchica ai Paesi sanzionisti della Società delle Nazioni”; da qui quell’esaltazione della ruralità, dell’uomo che lavora la terra, che fa indossare allo stesso Mussolini, vero e proprio mago nei suoi innumerevoli travestimenti, i panni dell’agrario, discendente lui stesso da nonni contadini. Anche se non tutti i pensieri espressi da Elvira sono inquadrabili nei termini dell’ideologia fascista, ci troviamo pur sempre di


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fronte ad una bambina, con tutti i desideri, le sensazioni e le contraddizioni tipiche di un’età di crescita e di formazione (Elvira ha dieci anni); l’immagine di una scuola irreggimentata, tutta tesa a inculcare nelle giovani menti valori e idee di un regime che cercava di imporre la sua egemonia dal basso, attraverso una vera e propria opera di catechizzazione, si staglia nitida a seguito della lettura di questi “Diari”. Il modello di educazione e di istruzione portato avanti dal governo fascista doveva condurre gradualmente ad una sorta di pensiero unico, in cui la soggettività degli studenti finiva con il risolversi nella oggettività dello Stato e della Storia: solo su questa base, d’altronde, il fascismo e con lui tutti gli altri totalitarismi potevano costruire quel consenso quasi totale senza il quale non sarebbero sopravvissuti. Tuttavia, anche se il diario scolastico andava configurandosi come uno strumento di propaganda, con un preciso destinatario e un uso regolamentato da precise normative, in molti casi conosce situazioni di anarchia applicativa, da cui si evince come le istanze soggettive degli alunni non

fossero completamente soffocate dall’armamentario ideologico fascista; significative in tal senso alcune frasi del diario di Romeo, allievo dell’istituto magistrale “Pimentel Fonseca” di Napoli: le notazioni manoscritte con cui lo studente provvede ad integrare le sezioni “Regolamento interno dell’Istituto”, “Doveri degli alunni”, “Ricordi per i genitori”, hanno poco a che fare con la scuola e il suo impianto fascista. Leggiamo, ad esempio: “Gli allievi si presenteranno all’Istituto vestiti con ogni semplicità e modestia, essendo vietato, in specie alle alunne, acconciature e ornamenti troppo vistosi” [“eccezion fatta per quelle alunne che possano eventualmente e ovviamente dimostrare di possedere cosce e zizze nervose, turgide e rassodate”]. In conclusione, non si può non evidenziare l’importante contributo che Marrella con il suo studio dà alla storia del fascismo, importante soprattutto perché consente di avere un approccio di prima mano con alcune delle pagine più problematiche della nostra storia, su cui molto si è detto, ma su cui anche, e questi “Diari” ne sono la prova, molto resta ancora da dire.

“SI INSEGNI LA LETTURA CRITICA”

Luigi Marrella

Alla luce dei risultati del suo studio, ha ancora senso la distinzione tra fonti “maggiori” e fonti “minori”? “Assolutamente no, almeno fintanto che si segue, come io ho cercato di fare, un metodo induttivo che dal particolare cerca di arrivare al generale”. Compito dei diari era quello di inculcare nelle giovani menti i valori del regime fascista. Secondo lei, questo obiettivo fu effettivamente raggiunto? “Fu raggiunto solo in parte. Il diario scolastico pur avendo un preciso destinatario ed un uso regolato da precise disposizioni normative, conosce in realtà dei momenti di anarchia applicativa. Sulle sue pagine è facile, infatti, imbattersi in molteplici interventi estemporanei che poco hanno a che fare con la retorica fascista e che ci mostrano come la soggettività degli studenti emerges-

se spesso da quell’armamentario ideologico con cui si cercava di soffocarla”. La scuola oggi è in grado di educare realmente ad un libero pensiero? “Si sforza di farlo; bisognerebbe insistere maggiormente su questo punto e abituare i giovani a leggere in maniera critica la realtà”. Quale stato d’animo l’ha accompagnata nella lettura e nello studio dei diari? “Ogni pagina, ogni passaggio ha rappresentato per me un’emozione particolare; spesso, però, ho provato un certo fastidio di fronte alla retorica fascista. Per me è stato, comunque, un arricchimento autentico”. Perché si dovrebbero spendere 30 euro per acquistare il suo libro? “Per comprendere qualcosa in più del fascismo, con un approccio di prima mano”.

La copertina del libro di Luigi Marrella

PER IL SUO LAVORO LUIGI MARRELLA HA POTUTO DISPORRE DI 41 DIARI: DUE PREFASCISTI, TRE FASCISTI DEGLI ANNI VENTI, 25 DEGLI ANNI TRENTA, UNDICI DEGLI ANNI QUARANTA; NELLA SECONDA PARTE DEL LIBRO, NE PROPONE ALCUNI, DUE DEI QUALI APPARTENEVANO A STUDENTI SALENTINI

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// L’intervento // Lavoro e formazione //Aforisma

ritornare, ma come. quando il sistema fa fuggire i cervelli

ul nostro quotidiano on line www.iltaccoditalia.net (sezione “Lettere e Lettori”, http://www.iltaccoditalia.info/sito/index-a.asp?id=2259) la lettera di un giovane ingegnere salentino che lavora all’estero, ricoprendo ruoli di responsabilità e prestigio, svolgendo un lavoro gratificante e altamente redditizio in una delle più grandi compagnie mondiali di trasporti aerei, ha generato un susseguirsi di interventi. Polemiche, proposte, idee sulla voglia di ritorno, arginata dalla scarsa offerta, da parte dell’intero “sistema Salento”, di reali occasioni di lavoro qualificato, che rispecchi aspettative, formazione, competenze acquisite dai cervelli già in fuga. Abbiamo chiesto ad Elisabetta Salvati, presidente di Aforisma, unica business school del sud Italia e “ritornata” d’eccellenza, di chiarirci alcuni aspetti connessi allo sviluppo del territorio e alla formazione di figure professionali qualificate. Su problemi e proposte connesse al “ritorno” torneremo più avanti.

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Ritornare a lavorare nel Salento, dopo studio e lavoro al Nord: significa accontentarsi, trovare occasioni reali di lavoro qualificato, o rimboccarsi le maniche e tentare l’autoimpiego? “Il territorio è purtroppo lento a comprendere la necessità vitale che ha il sistema produttivo e istituzionale di innovarsi ed è di conseguenza poco pronto ad assorbire le professionalità elevate formate nei master. Nonostante da tutte le parti non si faccia che parlare di competitività basata sulla conoscenza (ricordiamo il tormentone “l’Europa deve diventare la società più competitiva entro il 2010, investendo in conoscenza”), del ruolo cruciale della qualità delle persone (generatrici e depositarie delle conoscenze e quindi elemento essenziale del “capitale immateriale”), gli indirizzi, le politiche, le proposte e gli interventi che ne seguono sono rivolti verso altre leve, quali ad esempio: - l’innovazione tecnologica (per aumentare la produttività), - il rafforzamento della “competizione globale” quale condizione/stimolo per perseguire più elevati livelli di efficienza, - il sostegno di dimensioni sempre più elevate delle imprese (tramite acquisizioni, fusioni, accordi) per ottenere “economie” di vario tipo (di scopo, di integrazione, di investimenti in ricerca, di razionalizzazione produttiva, commerciale e finanziaria). Da un lato si è dunque consapevoli (o abbiamo solo imparato a memoria il tormentone) della centralità della qualità delle persone (intesa in senso lato come valori, conoscenze, professionalità, attitudini, comportamenti), ma poi si usano altre leve e si agisce su altri fattori e le persone, con tutto il loro patrimonio di conoscenze sono costrette ad emigrare o hanno difficoltà a ritornare dopo aver lavorato fuori. Questo è un aspetto delicato in relazione alle questioni legate allo sviluppo di questo territorio.

Elisabetta Salvati, presidente Aforisma

E’ impressionante in questi anni il numero di manager con cui Aforisma è venuta in contatto che sono di origine salentina e che sono stati e sono felici di collaborare con la Scuola in docenze, progettazioni e analisi, perché, finalmente orgogliosi di poter offrire un piccolo contributo alla loro terra. In comune, tutte queste persone, hanno la convinzione, forte, che la loro professionalità (richiesta a ruba in altri contesti) non sia in alcun modo spendibile volendo tornare “a casa”. Ho idea che abbiano ragione. Io stessa per “ritornare” ho avuto unicamente lo sbocco dell’auto imprenditorialità”. Quali sono quindi le prospettive di inserimento lavorativo per i profili “alti”? “La rete di partneship aziendali costruite in 12 anni di lavoro della Scuola è enorme (circa 1000 le aziende con cui collaboriamo per la progettazione dei master, le docenze dei manager, l’elaborazione e lo studio di casi concreti e lo stage) ma la maggioranza di queste è localizzata nel centro - nord d’Italia. Qualcuna all’eil tacco d’Italia

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TANTI I MANAGER DI ORIGINE SALENTINA CHE IN DIECI ANNI HANNO INSEGNATO AI MASTER AFORISMA. TORNARE? NON TROVEREBBERO LAVORI ALL’ALTEZZA DELLE LORO COMPETENZE stero, pochissime in regione. Alla base di questa strategia di network vi è la necessità della Scuola di attivare un dialogo fattivo con le aziende, per decodificare le necessità concrete di competenze e conoscenze richieste alle risorse umane da inserire nei contesti organizzativi e da tradurre in progettazione formativa; ancora, è fondamentale che il periodo di stage dei ragazzi sia fonte di apprendimento e si configuri veramente come un learning on the job. Le aziende che offrono questa opportunità di dialogo e collaborazione si muovono sul mercato forti di una buona cultura d’impresa e con un management consapevole: una tipologia d’impresa che è difficile rintracciare da noi. Come effetto di questa impostazione la maggioranza degli stage che vengono attivati alla fine dei master riguardano progetti di inserimento nel Nord del Paese, molti dei quali si traducono in offerte di lavoro. Chi non rimane a lavorare nelle aziende in cui ha effettuato lo stage riceve segnalazioni di offerte di lavoro da parte della Scuola, quindi ancora una volta per il centro nord”. Che cosa fa Aforisma per promuovere l’inserimento al Sud? “E’ necessario promuovere cultura d’impresa nella nostra classe imprenditoriale ed è quello che la Scuola tenta di fare, proponendo seminari e corsi rivolti a professionisti e imprenditori. I casi di studio elaborati dagli allievi master di quest’anno sono cinque e tre di questi riguardano aziende del territorio locale. Ci rendiamo conto, tuttavia, che per agire sulla cultura sono necessari anni e l’obiettivo è ancora lontano ed è per questo che tra gli obiettivi formativi dei master vi è, forte, quello di promuovere nei ragazzi cultura imprenditoriale. Abbiamo i primi risultati di questa scelta formativa, perché alcuni dei nostri ex allievi, dopo un periodo di lavoro fuori dal territorio sono tornati per sviluppare una loro idea d’impresa”.


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// Costume&società //Ricordi //Il sì delle very important persons Casarano, anni ‘50. Un matrimonio di altri tempi si snoda, in corteo, in una “antica” piazza Diaz. Dietro la sposa, in quarta fila, il senatore De Matteis con la moglie (archivio fotografico negozio “Leucci Liena Sposi”)

IL MATRIMONIO NON SI SCORDA MAI. LE VIPS SALENTINE RACCONTANO IL LORO “GRANDE GIORNO”

di venere e di marte

Giugno profuma di fiori d’arancio. Perché, se maggio è il mese comunemente dedicato a Maria, quello che la tradizione sconsiglia di scegliere per fissare le proprie nozze, giugno è baciato dalla dea Giunone, protettrice dell’amore e delle nozze. Sposarsi nel mese di giugno vuol dire affidare ad una buona stella la propria vita coniugale. Attorno al matrimonio ruotano riti e credenze di ogni tipo; non va celebrato di venerdì né di martedì (“di Venere e di Marte non si sposa e non si parte”), né dopo il tramonto; non va fissato nel giorno del compleanno di uno dei due sposi, tranne nel caso in

di Laura Leuzzi il tacco d’Italia

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cui questi siano nati nello stesso giorno, perché allora è garantito che sarà felice. La sposa deve indossare qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di blu, qualcosa che le sia stato relegato dalla madre e poi chissà che cos’altro. Non deve vedere il marito nelle 24 ore precedenti le nozze e lui non deve vedere il suo abito da sposa. Per una serie di ragioni, il fatidico “sì” non si scorda mai. Così, abbiamo chiesto alle vips salentine qual è il primo ricordo che viene loro alla mente quando pensano al giorno del proprio matrimonio. Tutte hanno risposto senza esitare. E ce ne hanno raccontate di tutti i colori.


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Angelamaria Spagnolo, segretaria Ds Comune di Lecce 29 dicembre 1997 - “Ricordo la grande felicità del momento ma mista ad una profonda tristezza. Pochi giorni prima delle nozze era venuta a mancare la madre di mio marito, ma abbiamo deciso di celebrare ugualmente il matrimonio perché era un suo desiderio”.

Francesca Mariano, assessora Comune di Lecce - 25 maggio 2006 - “Ero molto felice ma anche consapevole di ciò che stavo facendo. Il mio matrimonio è stato molto particolare. E’ finito con mio marito che suonava la batteria ed io che lo accompagnavo con il kazoo nell’esecuzione di brani brasiliani. Non è stato un matrimonio di quelli come li vuole la tradizione; abbiamo dormito insieme fino al giorno prima ed abbiamo organizzato tutto insieme. L’unica usanza che ho voluto rispettare è stata Elisabetta Salvati, presidente scuola di formazione mantenere il segreto sul mio abito da sposa. manageriale “Aforisma” 22 aprile 2006 - “Tanto divertimento e la musica jazz. Quello no, non si può vedere prima”. Quando i musicisti hanno iniziato a suonare, si è aperto l’open bar ed è iniziata la vera festa. Non ho avvertito alcuna tensione o stato d’ansia; quando si arriva al grande passo da più grandi la scelta si fa in maniera più matura”.

Roberta Mazzotta, amministratrice Roma Multiservizi 6 dicembre 2003 - “Non dimenticherò mai la grande commozione che ho provato quando mia madre è salita sull’altare, durante la cerimonia, ed ha letto una poesia che aveva scritto per me. E’ stato certamente il momento più toccante della giornata”.

Adriana De Luca, commercialista 6 giugno 2005 - “Ho vissuto male il distacco dal mio paese. Io sono di Matino e, dopo il matrimonio, mi sono trasferita ad Alezio. Anche se non è lontano, ho vissuto male questo cambiamento e il giorno del matrimonio ci pensavo molto”.

Raffaella Lecciso, responsabile marketing Canale 8 18 febbraio 1991 - “Terminato il pranzo, io non volevo rientrare in casa con mio marito ma volevo ritornare dalla mia famiglia. Avevo solo 18 anni e mi sembrava strano dover rimanere da sola con lui. Avrei voluto portare in viaggio di nozze con me almeno mia sorella gemella”.

Valeria Lupo, Ufficio marketing Bpp 27 maggio 1989 - “Mi viene spesso in mente lo sguardo che ci siamo scambiati io e mio marito, quando sono entrata in chiesa. E’ stato una sguardo difficile da descrivere, un misto di tante sensazioni insieme. Ma è stato soprattutto frutto di tenerezza”.

Serenella Molendini, consigliera di Parità Provincia di Lecce 21 settembre 1972 - “E’ passato ormai tanto tempo da quel giorno; abbiamo già festeggiato le Nozze d’argento, ma ricordo benissimo un particolare: eravamo molto giovani, quando ci siamo sposati; avevamo solo 19 anni, e a quei tempi, si diventava maggiorenni a 21. Quindi, per sbrigare tutte le pratiche abbiamo dovuto chiedere l’autorizzazione delle famiglie. Lo stesso è stato per il viaggio di nozze, alle isole Baleari; ci hanno dovuto dare il consenso i genitori”.

Marina D’Arpe, avvocata 8 luglio 2006 - “Si può davvero dire che il mio matrimonio è stato la quiete dopo la tempesta. Proprio in quel giorno, infatti, una nuvola nera coprì Lecce. Non solo: dalle ore 11 alle 16.30 venne giù il diluvio universale. La cerimonia era fissata per le ore 19.30 ed io non riuscivo a vivere la situazione con serenità. Ricordo l’ansia nel vedere quel nuvolone; l’acquazzone lavò via ogni entusiasmo. Per fortuna, la pioggia cessò e venne fuori una bellissima serata. Così arrivai in chiesa che avevo già sfogato ogni ansia e mi meravigliai della mia calma, io che di solito sono molto emotiva. Poi ricordo il mio vestito; mi piaceva molto perché vi erano incastonati oltre 300mila swarovski ed emanava una luce davvero particolare”.

Viola Margiotta, responsabile marketing azienda Ecomet 29 maggio 2004 - “Quando sono entrata in chiesa ed ho visto il mio futuro marito che mi aspettava vicino all’altare, ho provato un’emozione bellissima. La ricordo ancora. In quel momento hai la consapevolezza che un sogno si sta realizzando; è qualcosa che pensi che a te non accadrà mai e invece poi accade eccome”.

Loredana Capone, vicepresidente Provincia di Lecce 25 aprile 1990 - “Pur di stare da soli, io e mio marito siamo andati nella nostra casa, dove però non avevamo vestiti. Per non uscire, l’indomani, di nuovo vestiti da sposi, abbiamo dovuto telefonare a casa per farceli portare”.

Emanuela Mariano Mariano, direttrice editoriale “L’ATV” 1 luglio 1999 - “Al momento dell’apertura della torta, mi sono ritrovata da sola senza sapere dove fosse finito mio marito. Il locale era molto grande ed io non sapevo dove cercarlo. E’ un ricordo che mi procura ansia ancora oggi, quando ci penso”. Teresa Bellanova, deputata Ds 21 marzo 1990 “Non ricordo un solo episodio in particolare legato al mio matrimonio. Come si può ricondurre una giornata così importante ad un solo frammento? Ricordo tanta emozione e, soprattutto, la grande gioia negli occhi dei miei genitori”.

Alessandra della Tommasa, pubbliche relazione e grandi eventi azienda “Feola supporti medici” 30 ottobre 1999 - “Subito dopo la cerimonia, mio marito, tutto preso dall’euforia com’era, si avviò con gli amici verso il buffet dell’aperitivo, senza rendersi conto di avermi dimenticata in chiesa. Io stavo lì da sola ad aspettarlo ed ho dovuto farlo chiamare perché tornasse indietro a prendermi”.

Gabriella Cretì, direttrice sanitaria ospedale “Francesco Ferrari” Casarano 27 settembre 1986 - “Mi dovevo sposare alle 16.30; Debora Gravili, ginecologa “Vito Fazzi” di alle 16.15 scoppiò un nubifragio. Io ed il mio futuro Lecce e presidente Ail Lecce marito cercammo di ritardare l’arrivo in chiesa, nella 27 luglio 1989 - “Al momento dello scambio speranza che smettesse di piovere, ma non ci fu Iaia Giangrande, segretaria di direzione Scarlino degli anelli, abbiamo invertito le mani e ci niente da fare. Il risultato fu: cinque macchine in 3 giugno 2006 - “Mi vengono ancora i brividi quando siamo ritrovati con la fede nella mano destra, panne a causa degli allagamenti delle strade; una penso al momento dell’entrata in chiesa. Ricordo che non sapendo più come fare per correggere l’er- bacinella in chiesa per raccogliere l’acqua che filtracamminavo lentamente perché volevo che durasse il rore. Ma non è tutto, perché al ricevimento, il va dal soffitto; io che inaugurai un ombrellino bianco più possibile. E’ stato un momento bellissimo. Di quel servizio catering a cui ci eravamo rivolti si è che mi era stato regalato e non avevo ancora mai giorno ricordo anche l’estrema serenità. Nei giorni pre- dimenticato di portarci la torta. Dopo aver vinto usato. Al termine della scalinata della chiesa, però, cedenti ero stata molto emozionata, mentre poi è pas- la causa, durata dieci anni, abbiamo organizzato una vecchietta che sembrava piombata lì dall’800 ci sato tutto. Ci pensavo e mi meravigliavo di me stessa”. una nuova festa con una torta enorme”. disse che avremmo avuto una vita fortunata”.

Silvia Ricciardelli, attrice, Cantieri teatrali Koreja 26 aprile 1986 - “Mi sono sposata nello stesso giorno e alla stessa ora del disastro di Chernobyl; questo non potrei dimenticarlo. E senza preavviso, quindi non ero propriamente attrezzata per l’evento. Così mia madre mi diede un suo tailleur bianco-panna e ritrovò un mio vecchio paio di scarpe che si potessero abbinare, che risalivano, però, a quando ero ragazza. Ma proprio mentre mi recavo in Comune, una scarpa si ruppe e allora dovetti passare, già vestita com’ero, da un negozio di scarpe a comprarne un paio nuovo”.


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//Società //Tendenze //Quella lunga estate calda

SeSSo oStriche e champagne. quando anche antoò ha caldo Lamberto Coppola

di Margherita Tomacelli

LUOGHI COMUNI E VERITÀ SCIENTIFICHE SU CIÒ CHE IN ESTATE SOLLEVA GLI ANIMI E I SENSI. LAMBERTO COPPOLA, SESSUOLOGO E FISIOPATOLOGO DELLA RIPRODUZIONE, DIRETTORE DEL CENTRO MEDICO TECNOMED DI NARDÒ, CON IRONIA E PROFESSIONALITÀ SCIOGLIE DUBBI E INFRANGE CERTEZZE SUL SESSO ESTIVO. PER PREPARARCI ALL’ESTATE CHE INCOMBE

Si avvicina l’estate, la stagione del sesso. Ma è vero che il calore del clima risveglia i bollenti spiriti o è sono un luogo comune? “Non è tanto il clima a risvegliare la sessualità, anzi il caldo in certi casi potrebbe inibirla … specie nelle donne. ”Antoò fa caldo”… per cui se parliamo di clima è appunto la “climatizzazione” anzi meglio la deumidificazione ambientale che migliorerebbe l’attività sessuale qui nel “Tacco d’Italia”. Dalla Primavera in poi si risvegliano gli amori, perché si allungano le giornate e la corteccia cerebrale viene maggiormente stimolata dalla luce solare. Esiste poi una piccola connessione nervosa tra sistema ottico, ipotalamo e corteccia (fascio di FREY, certamente molto più sviluppato negli animali rispetto al genere umano) che, grazie al prolungarsi della luce, riattiva e stimola i centri ipotalamici deputati alla sessualità e alla riproduzione. L’immaginazione poi, al pari della stimolazione visiva, ha un suo ruolo predominante. Scoprirsi e mostrare le proprie forme e vederne le altrui, se gradevoli ed accattivanti provocano, una cascata neuroendocrina che stimola il sistema nervoso parasimil tacco d’Italia

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patico; vengono attivati i recettori presenti nel tessuto spongioso dei corpi cavernosi del glande e del clitoride che sono notoriamente le “zone erogene” per eccellenza sia nell’uomo sia nella donna. L’uomo generalmente viene stimolato ed attratto dalle forme sinuose, dalle anche, dal seno femminile, specie se sono parzialmente scoperte e lasciano solo intravedere. Ciò che provoca invece particolarmente le donne sono i glutei, per cui i maschietti, se vogliono essere attraenti e stimolare l’immaginazione femminile, devono stranamente lavorare molto proprio sul loro fondoschiena”. Nell’immaginario comune, supportato da dati statistici, nei mesi estivi è più facile che coniugi e fidanzati si tradiscano. Quali possono essere le cause? “Tutto ciò che abbiamo detto prima porta a ricercare la soddisfazione dello stimolo ricevuto dall’esterno, per cui in soggetti particolarmente predisposti dal punto di vista genetico e poco condizionati dal “super io” o dagli stereotipi culturali il tradimento e il rinnovamento delle sensazioni erotiche porta


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È STATO IDENTIFICATO UN GENE PARTICOLARE CHE CODIFICA LA PREDISPOSIZIONE DI UN INDIVIDUO A TRADIRE RISPETTO AD UN ALTRO, MA MOLTO INCIDE L’AMBIENTE IN CUI SI VIVE, LA RELIGIONE E L’EDUCAZIONE esso stesso all’innesco di quei meccanismi neurormonali necessari a stimolare la propria sessualità. In questi soggetti poi la carica endogena fornita dal tradimento può addirittura migliorare il rapporto di coppia, rafforzandone il legame. Ripeto però che è stato identificato un gene particolare che codifica la predisposizione di un individuo a tradire rispetto ad un altro e che molto incide l’ambiente in cui si vive, la religione e l’educazione. Ecco perché molti uomini per tradire preferiscono evadere dal proprio ambiente volando verso paesi lontani. Lo stesso dicasi per le signore che durante le ferie praticano cure estetiche in centri benessere di note città termali dove istruttori, massaggiatori ed i personal trainer, particolarmente accorti alle loro esigenze, fanno sì che esse non si annoino lontane dai mariti rimasti in città a lavorare”. Alcuni cibi possono essere un’alternativa al viagra? “Certo, la banana! Vi meravigliate vero? Essa è un potente afrodisiaco, questa volta non solo per l’immaginazione evocata dalla sua forma particolare, ma soprattutto per l’alcaloide che essa contiene! Si tratta della “Bufotenina” presente oltre che nella buccia della banana, anche in certi “Funghi Magici” e nella pelle dei rospi, tanto cari alle streghe che un tempo si diceva preparassero filtri amorosi particolari. Il metodo più piacevole per sfruttare questa sostanza afrodisiaca con effetto simile ai nuovi farmaci che aiutano a mantenere l’erezione, tecnicamente definititi inibitori della fosfodiesterasi 5, è il seguente: “Disponete su di un piatto da forno le banane mature e incidete la buccia per lungo. Riempite i tagli di zucchero e fate cuocere al forno per venti minuti a fuoco moderato. Sfornate e sbucciate le banane. Raschiate la parte interna

Ostriche e champagne. E’ vero che alcuni cibi sono afrodisiaci? “Afrodite (Venere), nata dalla spuma del mare, era adorata dai greci antichi come la dea dell’amore, senza alcuna differenza tra quello carnale e quello ideale, per cui ella ha dato il proprio nome come aggettivo a quei cibi e/o alle droghe che stimolerebbero l’attività sessuale. L’afrodisiaco può accendere il desiderio, accrescere le energie o migliorare l’atto d’amore in sé agendo in uno o più dei seguenti modi: – può avere un effetto specifico sulle zone erogene; – può eccitare o agire da irritante focalizzando l’attenzione sull’area genitale; – può stimolare la mente per suggestione o un simbolismo sessuale; – può rilassare il corpo allentando le inibizioni; – può risultare salutare e nutriente, essendo ricco di vitamine e minerali; – può prolungare la durata dell’atto d’amore. Insomma gli afrodisiaci sono in grado di esaltare, raddolcire o ispirare lo stato d’animo della pelle ricca appunto dell’afrodisiaco, i ritagli e filamenti ricavati verranno mescolati con il sugo di cottura e versati sulle banane. Può essere servito con crema calda e possibilmente pepe di Giamaica”. Questa ricetta, proposta da Diana Warburton, ha il nome di “Potere Nero” … quanto mai appropriato, non è vero”? Ci sono dei profumi che stimolano il desiderio sessuale? “Nella bella stagione fioriscono piante il cui odore inebria l’aria e stimola gli amori. Alcuni di questi profumi si accentuano la notte per cui il nostro ipotalamo che, come già abbiamo detto ha avuto influssi positivi per il prolungarsi della luce solare, continua ad essere stimolato intensamente anche al calar del sole. Chi di noi non è attratto dal profumo notturno delle zagare (i fiori d’arancio propiziatori appunto dei matrimoni), dei gelsomini, dei giacinti… I fiori di ippocastano poi hanno un odore penetrante e stimolante per entrambi i sessi, perché contengono una combinazione di sostanze chimiche presenti anche nelle secrezioni seminali del maschio. Il marchese de Sade accenna agli effetti afrodisiaci dell’aroma dei fiori di ippocastano confezionati in sacchetti odorosi ed immersi nell’acqua del bagno. Un’altra possibilità è visitare Parigi in questo periodo, vale a dire nella tarda primavera, quando gli ippocastani sono in piena fioritura. Stimoli olfattivi sono dati poi dai corpi, mag-

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e spesso creando la giusta atmosfera nel luogo di seduzione. Ostriche e champagne si diceva poc’anzi? Bene la ostriche per esempio, non solo provengono dal mare come Venere, ma somigliano in modo suggestivo ai genitali femminili, sono un alimento molto sano e ricco di fosforo, zinco e rame, benefico per il corpo ed il cervello, per questo greci e romani ne erano ghiotti e le ritenevano estremamente afrodisiache. Lo champagne oltre a esaltare il sapore delle ostriche, essendo spumeggiante ricorda appunto la spuma del mare da cui è nata Venere e facilita la digestione. La debole gradazione alcolica aiuta gli amanti a rilassarsi ed annulla le inibizioni, le sue bollicine stimolano la fantasia. L’azione afrodisiaca viene esaltata quando viene bevuto nelle classiche coppe francesi. Infatti forse non tutti sanno che esse sono state inventate da Madame de Pompadour che le aveva commissionate ad un famoso artigiano vetraio sullo stampo del suo meraviglioso seno. Bisogna infine ricordare che l’eccesso di champagne ha invece effetto contrario e depressivo, per cui sono consigliabili solo dosi moderate”. giormente scoperti, che grazie all’innalzamento della temperatura aumentano la vasodilatazione periferica e trasudano i ferormoni, vale a dire quelle sostanze volatili emanate dal corpo e percepite come “segnale chimico di comunicazione sociale tra individui della stessa specie”. Questi fenomeni sono noti negli insetti e anche in molti vertebrati, nel caso dell’uomo la percezione di questi segnali supera la sfera sensoriale cosciente raggiungendo a quanto pare il subconscio e la memoria genetica”. Quale consiglio darebbe a chi vuole vivere intensamente un’estate di sesso con la propria compagna o compagno? “Quando una coppia è stabile sicuramente il consiglio è quello di vivere una sessualità che sia nello stesso tempo “creativa e ricreativa”, vale a dire non abitudinaria rinnovandosi ogni giorno ed inventandosi sempre qualcosa di nuovo per divertirsi e ricrearsi con il sesso. Ai singles che sono invece a caccia di nuove esperienze o di “quell’amore che ti cambia…” vorrei ricordare quanto ha scritto Oscar Wilde: “Gli uomini vorrebbero essere sempre il primo amore di una donna. Questa è la loro sciocca vanità. Le donne hanno un istinto più sottile per le cose: a loro piace essere l’ultimo amore di un uomo”. Buona estate a tutti.


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tutti i camaleonti della politica lecceSe di Volta&Gabbana I partiti prêt a porter, come vestiti usa e getta da cambiare in modo così disinvolto da far arrossire anche il principe Salina. Presentate ormai le liste, si può infatti facilmente verificare come sia lungo l’elenco dei candidati alle prossime elezioni amministrative di Lecce che, per un motivo o per un altro, a volte nobile altre volte meno, quest’anno si presentano con un partito diverso da quello che li ha visti protagonisti negli anni passati. E se qualcuno si è solo riassestato su posizioni più congrue all’interno dello stesso schieramento, altri invece hanno sperimentato partiti di ogni coalizione. Come ha fatto, tanto per fermarci ai casi più noti, Stefano Ciardo, che nel 98 era con i Ds, nel 2002 si presentò con Forza Italia e prese 877 voti, ora ha cambiato di nuovo e si presenta con l’Udc. C’è Antonio Capone che nel 98 era con Fi, nel 2002 presentò una sua lista, “Più forza per Lecce” con la quale prese 516 voti; nel 2005, da segretario cittadino dell’Udeur, appoggiò la candidatura alla presidenza della Regione di Nichi Vendola; ora, dopo aver per mesi puntato a fare il candidato sindaco del Terzo Polo, è tornato nella lista di Fi. In senso inverso il percorso di Antonio Marciante: già sindaco di Novoli per il centrodestra, nel 2002 si candidò con Fi e prese 1.072 voti divenendo anche assessore di Adriana Poli Bortone; ora si candida nella lista “Una buona azione per Lecce” promossa da Antonio Rotundo. Maurizio De Meis nel ’95 sostenne il centrosinistra, nel ’98 col Patto per il centro sostenne la Poli Bortone, era con Fi nel 2002, poi con Azzurro Popolare alle Provinciali del 2004, ora si presenta con An. C’è anche Antonio De Rinaldis, già assessore ai Servizi Sociali col sindaco Stefano Salvemini, che nel 98 col Ppi prese 207 voti, nel 2002 con “Più Forza per Lecce” a sostegno della Poli Bortone prese 113 voti, (ma c’era anche un suo omonimo con Fi che prese 273 voti); ora si ricandida con la lista Corvaglia a sostegno di Rotundo. Silverio Bosco fino al ’98 si era presentato con lo Sdi, poi nel 2002 si presentò con Fi ed ora ha cambiato ancora e si presenta con An. Carlo Madaro è stato candidato presidente del centrodestra alle provinciali del ’99, poi nel 2002 si è candidato a Lecce con la lista “Insieme per Maritati”, nel 2004 alle provinciali e nel 2005 alle regionali con “Italia dei valori”, stesso partito con il quale si presenta ora alle comunali. Giovanni Castoro con Fi nel 2002 presidente di quartiere Rudiae-Ferrovia, ha capeggiato il centrosinistra nel 2006 per la presidenza dello stesso quartiere, ora si candida consigliere comunale con l’Udeur. Pasquale Aralla ex presidente del quartiere Leuca con i Ds, ora candidato presidente del quartiere Centro-Mazzini con Fi. Mario Giugno nel 2002 era con l’Udc e prese 109 voti, ora si presenta con la lista di Rotundo “Una buona azione per Lecce”. Paolo De Lorenzo era nella giunta di Stefano Salvemini ed ora si presenta nella lista “Centro Moderato” di Wojtek Pankiewicz, insie-

me a Luciano Greco che nel 2002 era in lista con Fi e con Goffredo Tana, anch’egli approdato nella lista “Centro moderato” da Fi con la quale si candidò nel 2002. C’è poi Maurizio Scardia che nel 2002 era stato eletto con la lista “Per Lecce e le Marine”, nel corso della legislatura è passato prima con Fi e poi con la Dc per le Autonomie: ora si candida con la “Dc – Italia di Mezzo” di Wojtek Pankiewicz. Antonio Verardi, invece, nel 2002 era in lista con Fi mentre ora si candida con i Socialpopolari di Mario De Cristofaro. Ci sono coloro poi che, pur cambiando partito, sono rimasti però fedeli allo schieramento d’origine. Fra questi notiamo, per esempio e partendo dal centrodestra, Francesco Cazzella che nel ’98 era nella lista Ccd-Cdl; nel 2002 era passato a Forza Italia con tutto il Cdl di Fitto, questa volta invece si presenta con An. Alfredo Pagliaro nel 2002 era candidato con l’Udc che lo elesse con 503 voti; nel 2004 si presentò alle Provinciali con l’Udc, ora si candida con la Dc per le autonomie a sostegno di Perrone. Saverio Congedo, Luigi Coclite, Giuseppe Ripa, Corrado De Rinaldis e Pierpaolo Signore, tutti presenti nella lista di An nel 2002, ora si candidano con la civica “La Città”, come Lucio Inguscio, che nel 2002 era candidato con l’Udc. Vittorio Solero si candidò nel ’98 con An, poi nel 2002 con la lista di Capone “Più forza per Lecce”, ora si ripresenta con An. Lino (Carmelino) Melissano, ora tornato in Forza Italia, era con la lista “Più Forza per Lecce” di Capone nel 2002 e nel 2004 era con la lista Baldassarre alle Provinciali; Umberto Mele, che ora si presenta con la lista “La città”, nel ’98 prese 114 voti con Fi; Sergio Bursomanno era nelle liste di Fi nel ’98, nel 2002 era nella lista “Più Forza per Lecce” ed ora è approdato nella lista “Lecce città del mondo” di Paolo Perrone. Stessa lista in cui si ritrovano Fiorino Greco, eletto nel 2002 con la lista “Per Lecce e le Marine” e che, nel corso della legislatura, è passato prima con Fi, poi con la Dc, e Francesco De Matteis che nel ’95, nel ’98 e nel 2002 era con Fi, poi, dopo un breve passaggio nella Dc, è ora nella lista Perrone. Con la stessa lista è anche Tommaso Vadacca, che nel 98 era con An. Fernando Calò nelle scorse elezioni si candidò con una civica, “Impegno e solidarietà” alla 3^ circoscrizione, risultando il consigliere di quartiere più suffragato con 551 voti, ora si presenta per il Consiglio comunale con Forza Italia. Altro caso è quello di Gabriele Arena, assessore all’Urbanistica

A GIOCHI FATTI, PUBBLICHIAMO UN INTERVENTO CHE HA SOLLEVATO NUMEROSI COMMENTI E POLEMICHE, PUBBLICATO SUL NOSTRO QUOTIDIANO ON LINE il tacco d’Italia

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HANNO ATTRAVERSATO TUTTO L’ARCO COSTITUZIONALE E RITORNO. E RIESCONO ANCORA AD ESSERE SULLA CRESTA DELL’ONDA. I CASI PIÙ ECLATANTI DI POLITICI VOLTAGABBANA per la Dc nelle amministrazioni fine anni ’80 inizio anni ’90, che nel 98 si candidò con l’Udr, l’Unità dei repubblicani, a sostegno della Poli: ora si candida con la “Dc-Italia di mezzo” che sostiene Wojtek Pankiewicz. Lo stesso fenomeno di riposizionamento all’interno della coalizione si registra anche nel centrosinistra dove, per esempio, Sergio Paladini, ex Ds, si è presentato con lo Sdi alle provinciali del 2004 e si ripresenta con lo stesso partito quest’anno. Manuel Buccarella si presenta col Pdci dopo essersi candidato con i Verdi nel 2002. Giampiero Corvaglia invece era con i Verdi alle Europee del 2005, poi un breve passaggio con la Margherita ed ora presenta una sua lista civica in appoggio a Rotundo. Nella lista Corvaglia c’è Gaetano Di Donfrancesco, che nel ’98 e nel 2002 era con i Verdi e nel 2004, alle Provinciali, era con lo Sdi. Nel 2002 Roberto Cirillo era con la Margherita, ora si presenta con la lista di Rotundo “Una buona azione per Lecce”, come Maurizio Gianfreda che nel 2002 era con i Riformisti di Corradino Marzo. Nella stessa lista di Rotundo è anche Adriana Turchi che invece, nel ’98 e nel 2002 era in lista con lo Sdi. Ci sono poi quelli che, restando fedeli all’“idea”, si riposizionano all’interno della stessa area dello stesso schieramento, fenomeno alquanto vasto a causa delle scissioni ed al conseguente proliferare di partiti. Un paio di esempi per capire. A sinistra Claudio Maci, già consigliere comunale di Rifondazione Comunista fino al ’97, si presentò nel 2002 ancora con Rifondazione ed ora è col Pdci. Stesso fenomeno nella destra con, sempre a mo’ d’esempio, Egidio Personè che nel 2002 era capolista del Movimento Sociale, nel 2004 alle Provinciali era con la Fiamma Tricolore, ora si posiziona con An; Luigi Romolo Protopapa e Calogero Mazzara erano anch’essi con il Ms nel 2002 ed ora li ritroviamo con la Fiamma Tricolore, Stefano Spedito invece dall’Ms nel 2002 si è ora spostato con Alternativa per Lecce di Alessandra Mussolini, dove c’è pure Luigi Ianne che nel 2002 era con An. Vista la situazione una domanda sorge spontanea: non è che ormai nello stemma di Lecce al posto della lupa ci starebbe meglio il gattopardo o, peggio, il camaleonte? 21 maggio 2007

(I commenti a questo approfondimento su http://www.iltaccoditalia.info/sito/ index-a.asp?id=2346)


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//Paese che vai //Casarano e dintorni PULIZIE E SERVIZI

15 ottobre 2004. La società “Centro Sportivo Handball Casarano” si mette in mutande su un manifesto e chiede aiuto per disputare il campionato di serie B

SOLO TRE STAGIONI FA COMPARIVANO IN MUTANDE IN UN MANIFESTO CHE URLAVA UN “EFFETTIVO BSOGNO”. OGGI, GIUSEPPE CASTO È IL RESPONSABILE DEL SETTORE GIOVANILE, MENTRE MAURIZIO MONTE E MARCO MASTROLEO SI OCCUPANO DEL SETTORE LOGISTICO E LA LORO SQUADRA, LA HANDBALL ITALGEST SALENTO D’AMARE, SI È AGGIUDICATA LO SCUDETTO NELLA MASSIMA SERIE

DA “CENTRO SPORTIVO HANDBALL CASARANO” AD “HANDBALL ITALGEST SALENTO D’AMARE”: DALLE MUTANDE ALLA GIACCA E CRAVATTA

di Enzo Schiavano Ph: Carmen Panico

campioni d’italia. Storia da hollywood utto cominciò con un manifesto pubblicitario. Un grande cartellone, in formato 6x3, simile a quelli utilizzati nelle campagne elettorali. Il soggetto era inconsueto: un pallone schiuso dal quale sembrava fuoriuscire un gruppo di ragazzi, i giocatori della squadra locale di pallamano, uniti in cerchio, nel rituale atteggiamento di darsi la carica prima di una gara. Gli atleti, però, erano fotografati in mutande, praticamente nudi. Non indossavano la maglia ufficiale, non portavano i pantaloncini di gioco e, per giunta, il pallone era spaccato. Era superfluo leggere lo slogan del manifesto (“Effettivo Bsogno”). Il messaggio era chiaro: ai ragazzi del “Centro Sportivo Handball Casarano” (così si chiamava la società) mancavano le risorse per disputare il campionato di serie B, che avevano conquistato contro ogni pronostico. Gli sponsor di allora, dopo aver dato un’occhiata alle squadre partecipanti al nuovo campionato, si erano spaventati: troppo costose le trasferte in Basilicata, in Calabria e in Campania. La rinuncia era scontata. Che fare? Rassegnarsi ad un altro campionato di serie C oppure trovare qualcuno per finanziare il salto in una categoria di prestigio? Era il 15 ottobre 2004. Di quel manifesto se ne ordinò solo una copia e fu affissa su uno dei tabelloni vicino al centro commerciale di via Vanoni. Ma bastò. Perché la “provocazione” era talmente carina che Quotidiano ne fece un servizio che fu ripreso dalle televisioni locali e dagli altri giornali, finché il caso della “squadra

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Campioni d’Italia. L’esultanza di Ivan e Paride De Masi alla vittoria dello scudetto

in mutande” arrivò all’attenzione della persona giusta. Ivan De Masi, vice presidente del Gruppo Italgest, si appassionò alla vicenda e ne parlò con il fratello Paride De Masi, patron della holding salentina, che si fece convincere a fare un investimento che, in quel momento poteva sembrare un azzardo, ma che si è rivelato un ottimo il tacco d’Italia

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strumento di immagine. E’ una storia poco italiana, di quelle che tanti film hollywoodiani hanno raccontato: il sogno che si realizza quando tutto sembra girare storto, con l’attore principale che, con ostinazione, cerca il successo. In quel genere di film c’è molta fantasia; qui invece è tutto vero.


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di terzini, mentre Mastroleo è uno dei portieri del “Centro Sportivo Casarano”, una sorta di incubatore degli sport minori a Casarano, tra cui la pallamano. La squadra si comporta molto bene e in poco tempo approda nel campionato di serie C che riesce a vincere a sorpresa. Il passaggio nelle mani della Italgest, che immediatamente annuncia programmi ambiziosi, comporta il rinnovamento totale della squadra. I nostri tre protagonisti decidono di abbandonare il parquet e diventano dirigenti della società. Oggi indossano l’elegante abito scuro d’ordinanza: Casto è il responsabile del settore giovanile, mentre Monte e Mastroleo si occupano del settore logistico. In tre stagioni, grazie a campa-

Giuseppe Casto. Oggi responsabile del settore giovanile della squadra

Solo che i protagonisti della storia non sono i Tarafino, i Fovio, i Lisicic e gli altri giocatori che hanno conquistato il primo scudetto della storia della città. Sono quelli che oggi stanno dietro le quinte, idealmente seduti dietro una scrivania, e senza quasi rendersi conto sono passati dalle mutande alla giacca e cravatta. Giuseppe Casto, Marco Mastroleo e Maurizio Monte sono tra gli interpreti di quella provocazione e della storia del “CS Casarano Pallamano”. Hanno scoperto l’handball grazie a Giuseppe Pede, il loro professore di educazione fisica alle scuole medie, che ha di fatto introdotto questo bellissimo sport in città. Hanno partecipato a diversi campionati studenteschi e giovanili finché, dopo una pausa di qualche anno, hanno riscoperto la voglia di tornare sul parquet. E così Casto e Monte ricoprono il ruolo

Maurizio Monte. Da terzino a responsabile del settore logistico

Ex portiere. Marco Mastroleo (a sinistra), qui con Giuseppe Isernia, direttore sportivo, è oggi responsabile del settore logistico

gne acquisti sontuose, la società di Ivan De Masi approda nel massimo campionato. La Italgest ingaggia il meglio che c’è sul mercato, a cominciare da Vito Fovio, il portiere della Nazionale, e Alessandro Tarafino, il più grande giocatore di tutti i tempi (una specie di monumento della pallamano italiana, tipo Giuseppe Meazza o Gianni Rivera per il calcio). Poi una schiera di stranieri che farebbero la differenza in ogni squadra. Un ruolo importante lo ha avuto anche il direttore sportivo, Giuseppe Isernia, che non figurava tra quelli fotografati in boxer, ma era il coordinatore del “Centro Sportivo”. E non bisogna dimenticare il campione d’Italia Valerio De Nuzzo, giovane promessa della pallamano salentina, che era in mutande come gli altri. Non ha indossato il vestito da dirigente, ma ha continuato a giocare, anche se quest’anno non ha avuto molto spazio.


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//Paese che vai //Galatina e dintorni Un momento collettivo. La “tarantata”, nei giorni di San Paolo era al centro dell’attenzione (foto conservata nel centro studi sul tarantismo di Galatina)

Maria Teresa Merico, presidente dell’associazione culturale “Centro sul tarantismo” di Galatina

da dioniSo alla taranta

Santu paulu meu de galatina di Margherita Tomacelli

TRA STORIA E LEGGENDA, IL RACCONTO DI CHI HA ASSISTITO AL MORSO DELLA TARANTOLA a notte tra il 28 e il 29 giugno non è una notte come le altre a Galatina. La tradizione narra infatti che in quella notte dall’intero Salento si recavano in città le “tarantate”, ovvero le donne morse dalla tarantola o da altri animali velenosi, per chiedere a San Paolo, nella cappella a lui dedicata, la grazia della guarigione.

L

Il fenomeno del tarantismo è guardai con più attenzione, vidi un uno dei più controversi e, nello ragno, una tarantola grossa e nera stesso tempo, affascinanti, che il che ebbi subito l’istinto di schiacSalento conosca. C’è chi gli dà ciare con il piede. Raccolsi il velenatura sociale-antropologica. Chi, no giallo che ne uscì e l’animale invece, ci crede fermamente. Come ormai morto in una scatolina e, Benito Derniolo, edicolante di intanto, accompagnammo Lucetta Galatina. Lui un’esperienza diretta in ospedale. Nel tragitto in macdi tarantismo l’ha avuta e la ricorchina – continua - lei non riusciva da come se fosse ieri, eppure sono a stare ferma per il dolore e contigià passati almeno 40 anni. nuava a gridare. Vedevo il suo viso Con i suoi fratelli erano appecambiare colore e diventare viola, na più che ventenni. Anche la azzurro, giallo e bianchissimo. I sorella Lucetta aveva pressappoco medici le somministrarono due dosi di calmante che, dopo qualla stessa età. In quegli anni si troche ora, le diedero pace, anche se vavano a Latina (Lucetta è poi il dito e l’intera mano rimasero rimasta lì). In una giornata come gonfi per qualche giorno. In ospele altre, tutti insieme stavano dale diedi ai medici la tarantola pranzando in giardino. “Quando, Benito Derniolo ed il veleno, affinché lo esaminasall’improvviso, Lucetta si mette a sero. Questi confermarono che si trattava di una gridare in un modo che non avevo mai sentito. tarantola velenosa. Non riesco a capire come possaPiangeva forte – ricorda Benito – e noi non riuscivano dire che la tradizione delle tarantolate a mo a calmarla. Ci raccontava di aver sentito qualcoGalatina non esiste; esiste eccome; io ho assistito sa tra i capelli e poi una puntura. Ci accorgemmo di in prima persona a che cosa succede quando il due piccoli fori che le erano apparsi sul dito e che ragno ti morde. Non posso dimenticarlo”. la facevano agitare per terra dal dolore. Quando il tacco d’Italia

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E’ sorto nel 2005 nel cuore di Galatina (concesso in comodato dal Comune), proprio alle spalle della cappella di San Paolo, il Centro sul tarantismo, dove sono raccolte fotografie, documenti, racconti e varie pubblicazioni sul fenomeno delle “tarantolate”. Il centro è gestito dall’associazione “Centro studi sul tarantismo e costumi salentini”, presidentessa Maria Teresa Merico, che si è costruita nel 2001. Obiettivo dell’associazione è far diventare il centro, che oggi si mantiene tramite sponsor, contributi degli associati e, di tanto in tanto, anche di Comune e Provincia, una casa museo del tarantismo. Il centro si regge sul volontariato ed è aperto al pubblico nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì, dalle ore 10 alle 12 e dalle 17 alle 20. Maria Teresa Mercio ci ha fatto da guida nella visita al Centro. “I galatinesi si sono sempre vergognati del fenomeno del tarantismo. Eppure è un mito che affonda le sue radici in tempi assai remoti, dalla Magna Grecia dei miti dionisiaci (documentati da scrittori come Esiodo) al Medioevo. Un tempo riguardava l’intera Puglia, poi è rimasto un fenomeno di nicchia tipicamente salentino ed è diventato prettamente femminile. L’enigma è questo: il tarantismo è davvero determinato dal morso di un ragno o è un problema psico-sociale? E, ancora, perché riguarda solo le donne? Ernesto De Martino, autore di uno dei saggi più famosi sull’argomento, “La terra del rimorso” (Milano, 1961), ha sostenuto che il morso della tarantola altro non era che un espediente socio-culturale per dare alla donna la possibilità, almeno in quei giorni, si stare al centro dell’attenzione e che, in definitiva, il tarantismo come malattia causata dal morso della tarantola non esiste. Quale sia la verità non si può stabilire, ma per l’8 giugno la nostra associazione ha organizzato il convegno dove il tema verrà trattato in un’ottica storico-antropologica e psichiatrica”.

la leggenda Una notte San Paolo apostolo giunse, navigando, al promontorio di Santa Maria di Leuca e da lì a Galatina. Qui fu accolto da un religioso e il santo, per ricompensarlo, ottenne da Dio il potere di risanare quanti fossero stati morsi da animali velenosi, facendoli bere all’acqua di un pozzo. Così, tutti coloro che, morsi dalla taranta o da altri animali velenosi, si recarono al pozzo (che il sindaco Biagio Chiarenti fece chiudere, per motivi igienici, nel 1959), chiedendo a San Paolo la guarigione, da allora in poi, la ottennero. Oggi il pozzo miracoloso è chiuso, ma l’affresco che raffigura San Paolo, che appartiene alla stessa epoca della cappella (il 1700 circa), e che una volta era molto rovinato, è stato restaurato (a cura di Maria Prato). Gli attributi iconografici di San Paolo ci sono tutti, il libro, la spada; dovrebbe esserci il serpente ma non si vede perché l’intervento di recupero non ha potuto ripristinare tutti i colori.


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due volte San paolo.

Firmato da lillo

Tempera su muro. San Paolo raffigurato sulla parete del pozzo miracoloso

U SANTU PAULU Ahi Santu Paulu meu de le tarante pizzichi le caruse, pizzichi le caruse, a mezzu l’anche. E santu Paulu meu te le tarante pizzichi le caruse, pizzichi le caruse tutte quante. Santu Paulu meu de Galatina famme ‘na grazia a mia, famme ‘na grazia a mia ca’ sun la prima. Santu Paulu meu de Galatina fammela ‘ccuntenta, fammela ‘ccuntenta sta’ signurina. Ahi Santu Paulu meu de li scurpiuni pizzichi li carusi, pizzichi li carusi li pantaluni. Ahi Santu Paulu meu de li scurpiuni pizzichi li carusi, pizzichi li carusi a li cujuni. E Santu Paulu meu de Galatina lassatila ballare, lassatila ballare sta signorina. Ahi Santu Paulu meu de Galatina... facitece ‘na grazia, facitece ‘na grazia ‘sta mattina...

Il culto di San Paolo nel Salento è legato alla piccola chiesa galatinese dedicata al Sant’Apostolo, aggregata al tardo-settecentesco Palazzo Tondi-Vignola. All’interno della cappella, nell’unico altare in pietra leccese di gusto rococò, vi è il dipinto di San Paolo (olio su tela cm 240 x 142) del pittore ruffanese Saverio Lillo (Ruffano 1734 – ivi 1796). La tela è una delle ultime opere del pittore, in basso a destra reca la firma “FRANC. XAV. LILLO P. 1795”. La composizione è dominata dalla figura di San Paolo avvolta da ampi panneggi, che si staglia sullo sfondo raffigurante un tratto di costa dove campeggia a sinistra, sull’alta linea d’orizzonSan Paolo olio su tela. te, una vela. Il luminoso e Il dipinto conservato nella cappella severo volto del santo, delidedicata al santo neato una nera barba e folta capigliatura, è diretto verso sione devozionale: un uomo lo spettatore. La mano sinistra malato (il tarantato), mollemente regge il manto e sul braccio è adagiato e sorretto da una appoggiata una lunga spada, mentre la destra indica un angelo donna, è in attesa di ricevere la grazia dal santo guaritore dai che regge un grosso libro aperto, morsi d’animali velenosi. Dietro, sulle cui pagine ci sono dei riferimenti alle lettere scritte dall’apo- una figura angelica inginocchiata tiene fra le mani un secchiello stolo ad Efesini, Romani e con l’aspersorio per la benedizioCorinzi. ne del tarantolato. La presenza Sulla sinistra in primo piano, due personaggi rivelano una forte ten- nel dipinto di questi personaggi,

di Stefano Tanisi*

sottolinea la devozione al “folgorato di Tarso”. Nel dipinto compaiono elementi che alludono all’episodio dell’apostolo sull’isola di Malta: in alto a sinistra, sulla linea d’orizzonte, si scorge una barca a vela, mentre la serpe strisciante è a destra in prossimità dei piedi del santo. Anche un altro dipinto murale raffigurante San Paolo (tempera cm 191 x 71,5), situato nella nicchia della seconda vera del pozzo miracoloso (nel cortile del palazzo), è riconducibile agli stilemi del Lillo. È presumibilmente coevo alla tela (1795) posta nella cappella. La figura di San Paolo si presenta in una composizione classica: in piedi, con la mano sinistra regge un libro e una spada, mentre alza la destra al cielo in segno di predicazione. Del dipinto si conserva solo la parte superiore, e purtroppo, il recente restauro ha totalmente alterato la qualità pittorica e i tratti fisionomici del santo: quell’aria dolce e malinconica del volto che traspariva dai frammenti è svanita tra grossolane ridipinture. * studente Accademia di Belle Arti Lecce - Pittura


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//Paese che vai //Maglie e dintorni

Spaziosa, facilmente raggiungibile e in vendita. Il comune di Maglie ha individuato nell’ex sede dell’Enel la struttura dove ospitare il tribunale autonomo

di Maria Giovanna Sergi

DA ROMA SI ATTENDONO RISPOSTE SULL’ACQUISTO DELL’IMMOBILE PER IL NUOVO TRIBUNALE. E INTANTO CI SI CHIEDE CHE NE SARÀ DEL VECCHIO ette sezioni distaccate del Tribunale di Lecce, dislocate in altrettanti Comuni della provincia, sembrano davvero troppe, soprattutto in relazione al numero degli abitanti, circa 850mila in tutto, e allo stato, tutto sommato buono, della viabilità provinciale. E’ stata così sollevata nella provincia salentina una polemica da parte della magistratura che ha chiesto più volte al Consiglio superiore di Roma una riduzione del numero delle sezioni distaccate, tramite un loro accorpamento o la realizzazione, come contropartita, di una seconda sede di Tribunale ordinario metropolitano. Un Tribunale nuovo ed autonomo, dunque, in sostituzione delle tante, troppe, sedi distaccate. Un Tribunale che, per venire incontro alle esigenze del territorio, dovrebbe sorgere nel basso Salento. Ancora prima che il Consiglio si pronunci, la gara tra Comuni si è aperta: tutte le attuali sedi delle sezioni distaccate vogliono ospitare il nuovo, eventuale, Tribunale autonomo. La corsa è tra Galatina, Nardò, Gallipoli, Casarano, Tricase, Campi Salentina. E Maglie. Ma qui la questione si complica. Perché non si tratta solo di avere le carte in regola per essere sede del nuovo Tribunale, ovvero aver individuato una struttura abbastanza spaziosa da soddisfare

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Gennaro Di Maio, presidente Camera forense Maglie

tribunale. il comune chiama in cauSa il miniStero

le nuove necessità, o di trovarsi in una posizione strategica per essere facilmente raggiungibile dai Comuni da servire. Il Comune di Maglie, infatti, una sede che potesse essere adatta ai nuovi bisogni l’aveva pure individuata, ed era l’edificio dell’ex Enel, spazioso a sufficienza, comodamente raggiungibile e in vendita. E allora ha chiesto più volte, da un anno a questa parte, il parere sull’acquisto da parte del Ministero di Grazia e giustizia, perché spetta a Comune e Ministero insieme farsi carico della spesa. Dal Ministero, però, non sono arrivate risposte. E neppure da Alberto Maritati, sottosegretario alla Giustizia, sollecitato dal Comune in proposito. Anche noi abbiamo cercato di metterci in contatto con Maritati per chiedergli quali sono gli orientamenti del governo; per bocca di Pino Sbarro, il suo segretario particolare, questi ha escluso che possa sorgere in provincia di Lecce un secondo Tribunale autonomo. Nell’attesa delle risposte, e dunque nell’attesa di sapere che ne sarà dell’attuale sede distaccata del Tribunale, il Comune ha limitato all’essenziale gli interventi di messa a norma sul vecchio immobile. Che, però, così non può andare avanti.

Alberto Maritati, sottosegretario alla Giustizia

“non ci Sarà un Secondo tribunale” “Istituire un nuovo Tribunale metropolitano non è possibile perché gli impegni del governo vanno nella direzione opposta, ovvero ridurre le sedi distaccate. Ma si tratta solo di accorpamento e non di creazione di un Tribunale autonomo metropolitano; la sede che nascerà, infatti, sarà sempre una sede distaccata”.

SETTE COMUNI SALENTINI FANNO A GARA PERCHÉ IL SECONDO TRIBUNALE AUTONOMO DELLA PROVINCIA SORGA NEL PROPRIO TERRITORIO. MAGLIE HA INDIVIDUATO LA STRUTTURA DOVE OSPITARLO ED HA CHIESTO, UN ANNO FA, IL PARERE DEL MINISTERO. QUESTO NON HA ANCORA RISPOSTO

“CI POTREMMO ARRANGIARE”

CHE NE SARÀ DELLA SEDE ATTUALE

“La struttura ex Enel sarebbe perfetta per ospitare gli uffici del Tribunale autonomo; lo confermò anche la Commissione centrale del Ministero di Grazia e giustizia. Ma l’iter per l’acquisizione dell’immobile è bloccato per problemi di natura economica. Se la procedura per l’acquisto non dovesse andare avanti, ci si potrebbe arrangiare nell’attuale sede, ma bisognerebbe trovare un locale esterno libero dove allocare gli uffici del Giudice di pace, che oggi occupano tutto il secondo piano, e spostare gli archivi del piano terra nel seminterrato o in altra parte. Non sarebbe il massimo della comodità però io penso che Maglie sia buona aspirante per il Tribunale metropolitano, per la nascita del quale prevedo che passeranno ancora molti anni. Non vorrei che per problemi legati all’acquisizione del palazzo dell’Enel, perdessimo anche la sezione distaccata, che oggi funziona come un orologio”.

“In fase di dismissione degli immobili, l’Enel ha venduto tutti gli edifici in blocco per 130 milioni di euro alla Dalmazia Trieste, una società che poi li commercializzerà. La valutazione dell’immobile che interessa a noi, si aggira intorno ai tre milioni di euro, che, nell’eventuale acquisto saranno a carico di Comune e Ministero. Per questa ragione abbiamo chiesto un intervento del Ministero nella spesa, ma non ci ha mai risposto. Di immobili che abbiano quelle caratteristiche quanto a dimensione e a posizione rispetto a Maglie e alla provincia, non ce sono molte. Noi abbiano sollecitato il Ministero e abbiamo anche cercato di interessare Alberto Maritati, sottosegretario di Stato alla Giustizia. In attesa di risposte, abbiamo limitato all’essenziale gli interventi previsti sull’attuale sede dal Programma delle Opere pubbliche di Maglie per il triennio 2007/09 (impegno di spesa complessivo sull’immobile 800mila euro). Ma ora abbiamo bisogno di sapere quali sono gli orientamenti del Ministero, anche perché per un Comune piccolo come il nostro tre milioni di euro sono più di un terzo del bilancio di un anno e, se da Roma non dovessero mettere a disposizione delle somme, dovremmo individuare la strategia giusta per procurarcele”.

Antonio Fitto, sindaco di Maglie


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//Paese che vai //Nardò e dintorni //Galatone

il croceFiSSo è riSorto IN OCCASIONE DEI FESTEGGIAMENTI DEI PRIMI DI MAGGIO GALATONE RISCOPRE UNA TELA E UN’ICONA AFFRESCATA RAFFIGURANTI IL CROCEFISSO di Laura Leuzzi

Pasquale De Monte, presidente Comitato organizzatore della festa del Crocefisso

quattro meSi di preparativi Prima del restauro: l’icona appariva di difficile lettura, soprattutto nel volto del Cristo

nche quest’anno, come ogni anno, il Crocefisso ha fatto il miracolo di non far piovere sulla processione che si è snodata in suo onore, il 2 maggio, per le strade di Galatone. E i devoti hanno potuto prendere parte alla cerimonia in un numero ancora più alto degli anni precedenti (questa è infatti durata circa quattro ore ed ha attraversato ben sei chilometri di strade cittadine). Ma il miracolo vero, quest’anno, è stato un altro: per la prima volta il Crocefisso ha mostrato ai galatonesi il suo vero volto, così come doveva apparire raffigurato nell’icona quattrocentesca realizzata con la tecnica dell’affresco, originariamente all’esterno di una vecchia stalla alla periferia della città, ed in seguito conservata nel santuario dedicato al Crocefisso. Di quell’icona i cittadini di Galatone non avevano mai visto il volto, che era andato distrutto durante un crollo dell’edificio nel Seicento. Un restauro realizzato nei laboratori del museo provinciale “Castromediano” di Lecce (a titolo gratuito per il Comune) ha ridato un volto al culto più sentito in città, non eguagliato neppure da quello per San Sebastiano, che della città è il patrono. Ma l’icona quattrocentesca non è stato l’unico bene restaurato e restituito alla cittadinanza in occasione della festa del Crocefisso; è stata interessata da restauro, infatti, anche la tela risalente al XVII secolo, collocata al centro del soffitto a lacunari dello stesso santuario. In questo caso, il restauro è stato realizzato dalla ditta Leopizzi di Parabita che si sta occupando del recupero dell’intero edificio (finanziato, nel complesso, dalla Provincia per 100mila euro).

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Dopo il restauro: il Crocefisso ha ritrovato le sue sembianze

icona e tela. memoria di miracoli Il motivo per il quale Galatone è così strettamente legata all’icona del Crocefisso va ricondotto ad un evento miracoloso che si consumò proprio davanti a quell’icona nel 1621 e che rafforzò più di quanto non lo fosse già l’attaccamento della comunità alla figura di Cristo. Leggenda vuole che fossero le ore 23 del 2 luglio 1621 e davanti all’immagine del Crocefisso affrescata sulla facciata della stalla si trovassero, riunite in preghiera, circa dieci persone. All’improvviso la mano sinistra del Cristo scostò la tendina che copriva l’immagine, gli occhi lampeggiarono e anche le braccia si mossero e poi si fermarono dietro la schiena. In memoria di questo evento miracoloso, nel 1623 venne costruita una chiesa, che crollò, 20 anni dopo, per un cedimento della volta. Nel crollo, l’affresco andò distrutto, ma, così si dice, si verificò un nuovo fatto miracoloso: la lampada che era vicino all’icona non si spense. Il sacerdote Giuseppe Ecclesia raccolse tutti i frammenti e ricompose l’icona che però rimase di difficile lettura soprattutto nella parte del volto. Ecclesia non buttò via i frammenti avanzati ma li incluse nella malta che reggeva il resto dell’affresco; i restauratori li hanno trovati e posizionati al loro posto restituendo al Crocefisso le sue sembianze originarie. Quelle che i galatonesi non avevano mai visto. La tela che si trova al centro dei lacunari del soffitto del santuario è strettamente legata all’icona per-

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Il Comitato che organizza la festa del Crocefisso si costituisce ogni anno con un presidente nominato direttamente da don Giuseppe Casciaro, rettore del santuario. “I festeggiamenti per noi iniziano al termine di quelli per San Sebastiano, il 20 gennaio. Quest’anno il comitato è stato costituito da circa 40 persone; abbiamo potuto contare sul contributo economico di circa 200 aziende. La festa è costata intorno ai 100mila euro (luminarie, bande, gruppi musicali, fuochi, pubblicità). I visitatori vengono da tutti i paesi limitrofi, soprattutto da Nardò; qualcuno mantiene ancora la tradizione di venire a piedi scalzi. Il primo richiamo alla festa è il 3 aprile, con gli ‘aprilandi’: un tempo i devoti si inginocchiavano per terra e salivano la scalinata del santuario in ginocchio; il giorno della processione, invece, si apre l’asta per chi deve portare in processione la statua del Crocefisso”. ché ha per soggetto il miracolo del 1621. Risale al XVII secolo ed è opera di Pietro Picca, pittore di Galatina. Prima del restauro, appariva arida e allentata, con evidenti crettature e numerose toppe applicate, in particolare nella zona centrale, con adesivi di tipo sintetico. La superficie dipinta presentava ridipinture, tracce di umidità, alterazioni biologiche, sollevamenti e cadute delle scaglie di colore di varie dimensioni. Gli interventi di restauro hanno pulito la tela sul retro (con bisturi) e sul fronte (con solventi), stuccato le lacune, reintegrato i colori e passato una vernice protettiva opaca.


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//Paese che vai //Tricase e dintorni //Specchia Specchia per guardare il Mediterraneo. La cultura combina passato e futuro. E questa combinazione si realizza, nel piccolo borgo salentino, nell’antica dimora quattrocentesca del Castello Protonobilissimo. Da poche settimana sede della biblioteca comunale. E, a breve, più ampio contenitore culturale. Lo scorso 27 aprile, infatti, il Comune ha sottoscritto un protocollo d’intesa con il Consiglio internazionale del cinema, della televisione e della comunicazione audiovisiva presso l’Unesco (Cict-Unesco), l’assessorato alla Cultura, Mediterraneo e Pace della Regione Puglia, e l’Istituto di culture mediterranee della Provincia di Lecce (Icm), per la realizzazione, proprio nell’ex castello Risolo, di una mediateca multifunzionale per l’area euro-mediterranea. Un progetto destinato a dotare l’Unesco di una piattaforma satellitare che trasmetta per aree regionali distinte programmi educativi, culturali, scientifici.

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protonobiliSSimo. chiamatelo mediateca DA DIMORA DI ANTICHI SIGNORI A CONTENITORE CULTURALE. IL CASTELLO PROTONOBILISSIMO DI SPECCHIA OSPITERÀ PRESTO UNA MEDIATECA MULTIFUNZIONALE PER L’AREA EURO-MEDITERRANEA di Vittoria De Luca

al centro del mondo

Diomede Branca, organizzatore del Festival

“a corto di idee” Si svolgerà a Specchia nei giorni dal 9 al 12 agosto la prima edizione della rassegna di cortometraggi “A corto di idee”. Organizzato dal Forum dei Giovani di Specchia, in collaborazione con la SaiettaFilm, il festival è rivolto a giovani tra i 14 e i 30 anni. I filmati dovranno essere inviati entro e il 15 luglio 2007. Il bando e i documenti da compilare per l’iscrizione sono disponibili su internet presso il sito www.forumgiovanispecchia.it, oppure possono essere richiesti all’indirizzo acortodiidee@forumgiovanispecchia.it e ai numeri telefonici 333-8856323 (Attilio) 320-7167058 (Diomede).

DAI RISOLO ALL’UNESCO del progetto, il Comune si avvarrà della collaborazione dell’Icm (Istituto di Cultura mediterranea) della Provincia di Lecce e del Citc-Unesco. Una volta realizzato lo studio, i partners del protocollo si uniranno in un unico soggetto al quale verrà attribuita una connotazione giuridica specifica, il quale porterà avanti il progetto.

Nell’intento di rendere il Comune di Specchia un centro culturale vivo ed aperto al mondo, l’amministrazione comunale (deliberazione di giunta n. 147 del 15 settembre 2006), si è proposta nella rosa dei candidati per esseAntonio Lia re scelta dal Cict sindaco di Specchia quale sede per l’installazione della mediateca. A seguito di alcuni sopralda parigi, “educazione luoghi effettuati sul territorio del per tutti” Comune, Giulio Giordano, segretario Il Cict-Unesco (Consiglio internagenerale del Cict-Unesco, ha comunizionale del cinema, della televisione cato che il comitato esecutivo del e della comunicazione audiovisiva) Consiglio, nella riunione svoltasi a ha sede a Parigi ed è stato creato nel Parigi il 21 ottobre, ha accettato la 1958, su impulso dell’Unesco candidatura del Comune di Specchia (Organizzazione delle Nazioni Unite individuando quale sede idonea per per l’educazione, la scienza e la culla realizzazione di una mediateca tura). Il Consiglio raggruppa più di 40 multifunzionale per l’area euro-mediorganizzazioni internazionali, regionaterranea la porzione di immobile di li e nazionali di 90 Paesi del mondo Castello Risolo, detto ed è all’origine di diversi progetti “Protonobilissimo”, di proprietà comuinternazionali in collaborazione con i nale. Il Comune ha approvato il prosettori della comunicazione e della getto del Cict per la realizzazione del cultura dell’Unesco. Tra questi, quello contenitore culturale (deliberazione di di dotare l’Unesco di piattaforma giunta n. 158 del 10 ottobre 2006) e satellitare che diffonda i principi fonconcesso al Consiglio l’immobile in damentali della sua attività nel comodato d’uso per 20 anni. mondo, attraverso programmi cultuPer l’elaborazione di uno studio rali, scientifici ed educativi, inquadi fattibilità (finanziato dalla Regione drandosi nell’azione che porta il Puglia per un importo pari a 100mila nome di “Educazione per tutti”. euro), necessario alla realizzazione il tacco d’Italia

I lavori di restauro del Castello Protonobilissimo (risalente al ‘400) sono iniziati nel gennaio 2006 su un progetto degli architetti Salvatore Baglivo e Antonella Lifonso e degli ingegneri Fernando Ungaro e Piero La Tegola. L’intervento (finanziato per 600mila euro nell’ambito dell’accordo di programma quadro “Beni ed Attività Culturali” Pis 14/BC12) è stato eseguito dalle imprese Marullo Costruzioni di Calimera, De Giorgi Giovanni di Vernole e Edilgamma di Lecce (direzione dei lavori, Salvatore Baglivo, Piero Chiriatti ed Armando Pagliara Sanapo). Distribuita su tre piani la struttura è destinata ad accogliere al piano terra la biblioteca comunale (funzionante da alcune settimane) e, ai piani superiori, la mediateca del Centro Internazionale di Cooperazione Culturale dell’Unesco. L’intervento di restauro e di recupero funzionale ha interessato ogni parte dell’edificio: sono stati effettuati interventi di consolidamento strutturale, ripavimentazione, risanamento dall’umidità, intonacatura delle pareti; sono stati realizzati i servizi igienici nei diversi piani e gli impianti idrico-fognante, elettrico, telefonico e di condizionamento.

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Il castello prima

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// Un mese in una pagina // queStione di look Ahi ahi, che mal di pancia. Un’indigestione da rimanerne secchi. Quella che nel mese di maggio hanno fatto diversi Comuni salentini, dovendo mandar giù, turandosi il naso, numeri che sono andati di traverso. Sotto i colpi dei rispettivi bilanci, pesanti come un cenone di Capodanno, hanno rischiato di dare forfait le giunte di Gallipoli, Galatina, Tricase, Maglie. Poi, con qualche travaso di bile, la digestione ha fatto il suo corso, gli animi si sono placati ed è finito tutto a tarallucci e vino.

IPSE DIXIT “Non vorrei morire senza aver vissuto l’esperienza di essere genitore”. Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia “La Gazzetta del Mezzogiorno”, p.9, 16 maggio 2007 “Sono certa di aver tolto tutto alla mia famiglia che invece mi ha dato tutto in termini di affetto e vicinanza sopportando le mie assenze anche nei momenti importanti”. Adriana Poli Bortone, ex sindaca di Lecce “Corriere del Mezzogiorno”, p. 5, 5 maggio 2007 “Mia moglie non mi ha mai votato perché sono sempre stato candidato in un collegio che cominciava a Castromediano e mai a Lecce città”. Antonio Rotundo, candidato sindaco di Lecce per l’Unione “Corriere del Mezzogiorno”, p.7, 16 maggio 2007 “Le dimissioni? Siamo tutti di passaggio, in giunta e in ogni altro posto”. Alberto Tedesco, assessore regionale alla Sanità “Nuovo Quotidiano di Puglia”, p.5, 11 maggio 2007 “Il Gallipoli può fare a meno di me, ma sarebbe bello che qualcuno mi affiancasse”. Vincenzo Barba, sindaco di Gallipoli “Gazzetta del Mezzogiorno”, p.8, 17 maggio 2007

SE NE PARLA SE NE PARLA SE NE PARLA Parco di Ugento: la Regione ha detto sì C’è chi, come gli ambientalisti, continua a denunciare una delle più grandi speculazioni edilizie della Puglia proprio sul territorio inserito, lo scorso 17 maggio, tra i parchi naturali regionali. Il parco “Litorale di Ugento” è nato con il “sì” ufficiale della Regione che ha chiuso i giochi sulla perimetrazione concordata da Comune e Albergo con vista parco. Provincia. Quella cioè che esclude da vincolo ambientale oltre dieci Il parco di Ugento è nato. ettari di oasi, proprio quelli sui quali nascerà la Orex, una struttura Presto nascerà anche turistico-ricettiva per turisti a cinque stelle. La Regione aveva decila struttura turistica Orex so negli scorsi mesi di accettare la perimetrazione proposta pur di non lasciarsi sfuggire il battesimo del settimo parco salentino. “Credo che la Regione abbia adempiuto ai propri impegni - ha dichiarato Michele Losappio, assessore regionale all’Ambiente -; si inizia ad affrontare, adesso, il problema della gestione dell’area”.

Acquolina da pasticciotto Che lo si chiami pasticciotto o bocconotto, non se ne può fare a meno. E’ la stessa Adriana Poli Bortone a dichiararlo con orgoglio quando dice che “i turisti che vengono a Lecce non vanno via senza averlo assaggiato”. E così il fragrante dolce salentino ripieno di crema entra di diritto nella prima Guida ai Comuni “De.Co”, intitolata “Viaggio Profumato e buonissimo. dell’Italia a denominazione comunale”, scritta e curata da Del pasticciotto chi viene in Salento Riccardo Lagorio e presentata a Milano nelle scorse setti- non può fare a meno mane. Lecce si conquista il titolo di capitale delle Denominazioni comunali, per essere stato il primo Comune in Italia ad aver adottato lo speciale marchio di qualità per il suo dolce da colazione tipico. Nella guida il turista può imparare come si prepara e può seguire l’itinerario del gusto, ovvero sapere in quali pasticcerie e ristoranti leccesi cercarlo.

Barba: “Via le donne e gli stranieri” Per poter rimanere seduto sulla poltrona che occupa da un anno, Vincenzo Barba, sindaco di Gallipoli, ha dovuto cedere alle richieste dei “dissidenti”, che una giunta composta in buona parte da non-gallipolini proprio non la potevano sopportare. E così, il consiglio ha approvato il bilancio 2007, ma l’imprenditore del petrolio Vincenzo Barba ha dovuto operare il rimpasto. Quindi, via Alessandra Pizzi, Paola Pellegrino, Luigi Giannì e pure (ma lui è gallipolino) Bartolo Ravenna. Dentro, al loro posto, Luigi Errico, Alberto Cataldi, Fabrizio Ferilli, Fabrizio Martello, Emanuele Liaci. E con un colpo di spugna, assieme agli “stranieri”, sono scomparse dalla stanza del potere anche le quote rose. La ragione l’ha spiegata con una battuta poco felice, il consigliere di maggioranza Rosario Solidoro: “Lo abbiamo fatto perché il sindaco non si distragga”.

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// Diritto di replica //Reazioni //Il business della pazzia caSe aperte, non manicomi

Maggio 2007. Il numero 36 del Tacco d’Italia, dove è stata pubblicata l’inchiesta di Flavia Serravezza

ome sempre, quando trattiamo temi che investono le responsabilità incrociate dello Stato e dei privati, registriamo due reazioni opposte rivolte al nostro lavoro: l’indignazione e l’ammirazione. Niente di nuovo. Riguardo all’inchiesta “Il business della pazzia” ci piace ricordare che ha la stessa impostazione di tante altre che abbiamo pubblicato, spaziando dai temi ambientali, a quelli sociali. La stessa ad esempio di “Bambini fuori”, pubblicata sul Tacco dello scorso novembre (n. 31). L’obiettivo anche in quel caso, in cui si trattava della chiusura degli orfanotrofi, era indagare e capire quanto alle buone intenzioni delle leggi seguano prassi altrettanto buone per i cittadini. Le inchieste sono sempre basate su più fonti documentali incrociate con più fonti testimoniali e il carattere investigativo e la complessità degli argomenti può portare a delle imprecisioni, fatta salva sempre la buona fede del giornalista e del giornale, il cui obiettivo è, e rimane, offrire un servizio ai cittadini-lettori, quello dell’informazione, garantito dalla Costituzione italiana. Allo stesso modo è garantito il diritto di rettifica e il giornale, lo ricordiamo, è aperto alla pluralità delle voci. Anche nel caso dell’inchiesta “Il business dei pazzi”, come in tutte le altre, le rettifiche non hanno intaccato la sostanziale veridicità dei fatti esposti. Qui pubblichiamo di seguito due richieste di rettifica: l’una del Consorzio CTR, l’altra della fondazione Filograna. Infine una lettera di un’operatrice psichiatrica: lettera firmata che solleva un altro problema, oltre ai tanti del settore analizzati da Flavia Serravezza nell’inchiesta “Il business della pazzia”, pubblicata sul Tacco n.35. Il precariato degli operatori del servizio pubblico del Csm (Centro salute mentale). Come sempre il dibattito è aperto. M.L.M.

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I manicomi non esistono più. Le case belle, lussuose, confortevoli sono tutto il giorno aperte. Sono finestre aperte sul mondo. Chiaramente il distinguo tra le comunità accreditate e quelle non accreditate è d’obbligo. E guai se non lo fosse. Gli “imprenditori” accreditati hanno dovuto fare salti mortali per adeguarsi agli standard strutturali ed organizzativi richiesti dalla normativa vigente. Quella della Regione Puglia è all’avanguardia e nulla ha da invidiare a quella delle Regioni avanzatissime del Nord Italia. I dipendenti delle strutture del Consorzio CTR sono tutti regolarmente assunti e tutti qualificati, superano quasi sempre il numero dei pazienti. Le strutture devono tuttavia far fronte con anticipo ai ritardi nei pagamenti da parte della Regione Puglia, ritardi che superano anche un anno. Per noi l’ospitalità è una bandiera. Ma prendiamo ad esempio il Consorzio CTR: le comunità Ria.sop di Acquarica del Capo, Sol Levante di Taurisano, San Giovanni Castello Pio e Strep Nuovi Percorsi di Casarano e Cento Pietre Unite di Patù. Appartengono a società diverse e nulla hanno a che vedere con le case protette e di riposo per gli anziani menzionate nell’articolo “Il business della pazzia”. Le dimissioni non sono quasi nulle, come affermato dai dirigenti del Csm intervistati, ma sono oltre dieci in ogni singola struttura, nel solo 2006, e molte delle quali per fine progetto, ossia i pazienti sono rientrati in famiglia, e quindi sono tornati ad una vita autonoma. La comunità assicura una vita dignitosa, piena, normale, dove l’età media dei pazienti non supera i 40 anni. In ogni comunità si lavora di gran lena e duramente per sensibilizzare al meglio il territorio che ospita la struttura, al fine di far “accettare” il malato mentale, e superare le barriere dello stigma. Alcune aziende hanno accolto con favore l’ingresso di alcuni pazienti psichiatrici, come “lavoratori” nel loro mondo. Molti utenti partecipano alle iniziative sociali (manifestazioni ludiche, culturali, religiose, sportive) del territorio, giocano a calcetto con la forze dell’ordine, con gli amministratori comunali, con le categorie di professionisti. Queste cose dovrebbero saperle bene anche alcuni dirigenti dei CSM e loro collaboratori, con le dovute differenze. Altra storia è quella delle “case per la vita” e “case alloggio”. Anche in questo caso alcune comunità già esistenti sono state dei veri e propri precursori in materia. Sono nate per evitare “la degenza prolungata” degli utenti nelle strutture riabilitative. Sono state auspicate e acclamate dalle ASL, poi di fatto osteggiate. Basta con questo attacco alla nuova terminologia. La rivoluzione culturale in ogni settore si fa a partire dalle parole. Lo sciancato si chiama, e meno male, “portatore di handicap”. Il “pazzo” è un uomo con una malattia da curare. C’è niente di strano? Se qualcuno nota qualcosa di strano si faccia avanti e dica pure, come è stato detto. Ma poi vada oltre. Ci suggerisca come chiamare le “strutture riabilitative”, come chiamare il “nuovo utente”, come chiamare anche i professionisti che ci lavorano, e che gratuitamente vengono offesi. E giacchè, poi, ci suggerisca anche dove inviare gli stessi utenti psichiatrici, e a spese di chi. Alessandro Schirinzi, legale del consorzio CTR

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LA FONDAZIONE FILOGRANA NON OSPITA MALATI MENTALI La fondazione Filograna è un ente morale legalmente riconosciuto ed inquadrato tra gli enti “no profit”. La Fondazione per suo atto costitutivo ospita all’interno del proprio complesso soltanto anziani in solitudine o bisognosi di assistenza e di solidarietà sociale, ma non pazienti psichiatrici. Da qualche anno la Fondazione è in parte (e per un numero limitato di ospiti) accreditata presso la Regione Puglia, come “casa protetta” per anziani. Nessun ospite proviene o è mai provenuto da “strutture psichiatriche”, nessun ospite è portatore di malattie mentali propriamente dette o tali da richiedere il ricovero in strutture medico-psichiatriche per cure mentali o di attuazione di programmi riabilitativi. Lo scopo del fondatore, cavalier Antonio Filigrana, è offrire una struttura accogliente a chi, nella terza età, resta spesso abbandonato o in solitudine e come tale ha sempre operato da oltre 20 anni all’insegna della trasparenza, ospitalità, solidarietà. La Fondazione è e resta una autonoma e privata struttura per anziani ospiti della terza età, senza mai assumere le caratteristiche di “centro di cura per pazienti psichiatrici” né di “satellite” di alcuno. Cosimo Finiguerra, legale di Antonio Filograna, fondatore e presidente pro-tempore della Fondazione

CSM DI LECCE: PORTE APERTE PER I MALATI MA POCHE GARANZIE PER CHI VI LAVORA Lavoro in psichiatria dal 2000. Prima di ogni altra cosa vorrei farvi i miei complimenti per come avete impostato e condotto l’inchiesta: è davvero molto molto raro che si parli di questi temi con chiarezza e per come realmente sono. Bravi! La situazione salentina è complessa ed ancora più complesso sembra risultare il cambiamento proprio per i tanti interessi che ci sono in gioco e non soltanto. Lavoro nel Centro Diurno del CSM di Lecce dal 2000. Mi occupo di riabilitazione psichiatrica all’interno dei laboratori creativi presenti. Il Centro ha infatti al suo interno otto laboratori e una biblioteca, quattro operatrici (con formazione diversa tra loro), una coordinatrice (dirigente psicologa del CSM) e circa 20 utenti in carico. Dico circa perché al contrario di quasi tutte le strutture psichiatriche, il nostro Centro ha un grande turnover di utenza: ha anzi impostato la missione del suo agire proprio sulla distruzione del luogo comune che di malattia mentale non si guarisce. Pensando fermamente che a trattenere le persone nell’inabilità e quindi nella malattia troppo spesso è ancora oggi proprio quella psichiatria che mira al contenimento della crisi, all’assistenzialismo sulla totalità dei bisogni, all’equilibrio indotto chimicamente. E’ infatti esperienza consolidata la nostra, nel poter affermare che è possibile mettere in pratica con gli strumenti esistenti (magari messi in condizioni ottimali di funzionamento, secondo la legge) una psichiatria virtuosa, capace di riattivare la volontà degli individui che hanno fatto esperienza di un qualche, anche grave, disturbo psichico. Nel nostro Centro le porte sono aperte, in entrata come in uscita. Dopo l’esperienza riabilitativa molti sono gli inserimenti di pazienti in progetti di formazione al lavoro. Certo molti di più potrebbero essere se esistessero della valide politiche sociali (migliori di quelle esistenti soprattutto per qualità) anche dentro le Istituzioni pubbliche territoriali (Comune, Provincia, ecc.) con le quali fare rete. E questo è il primo dato. L’aspetto su cui voglio però mettere maggior-

mente l’accento è un altro. La riabilitazione fatta nei Centri Diurni è, come avete scritto anche voi, pubblica. Gli operatori che, come me, se ne occupano però hanno un contratto fuori legge (si tratta di un co.co.co. rinnovato per troppe volte e ormai neanche più praticabile, secondo le nuove norme) che ogni anno mette in discussione la loro funzione. Quindi se da un lato è fondamentale l’intervento che affianchiamo ai percorsi terapeutici delle equipe del CSM, allo stesso tempo la nostra posizione non conosce né stabilità né riconoscimento. Le politiche regionali in ambito sanitario si indirizzano verso la riduzione del precariato e contemporaneamente verso l’assolvimento di tutti i servizi quanto più possibile all’interno delle strutture (per abbattere i costi di appalto a strutture private che costano molto di più perchè devono assicurare anche i costi di gestione della struttura stessa, problema che non si pone rendendo i servizi pubblici). Le stesse politiche regionali, attraverso la legge 26 dello scorso anno, indirizzano le energie e gli investimenti (in materia psichiatrica) verso il potenziamento dei servizi territoriali rispetto a quelli ospedalieri. E questo è naturale per ciò che riguarda questo genere di patologia, come del resto si evince chiaramente in più di un passaggio della vostra inchiesta. In questa fase ci chiediamo seriamente in che modo sarà possibile uscire da questa instabilità, giacché nessuna tra le formule di contratto esistenti in ambito sanitario è sovrapponibile o applicabile a figure come la nostra (e per formazione e per tipo di attività e di orari), dunque sarà difficile uscire dal precariato che caratterizza la nostra posizione senza attivare una nuova formulazione contrattualistica ad hoc (in questo sarebbe bello portare la Puglia a farsi pioniera!) e soprattutto sarà difficile, cosa in cui invece crediamo fermamente, rimanere a lavorare nel servizio pubblico con un rapporto diretto. Lettera firmata


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//Controcanto

di Vincenzo Maruccio*

deluSi, diSilluSi e, in qualche caSo, raSSegnati l’enneSima occaSione Sprecata per la politica Salentina. tra SpeSe pazze, maniFeSti e “Santini” con SorriSi a 32 denti

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peravamo qualcosa di meglio. Speravamo che queste elezioni amministrative ci portassero idee e programmi chiari tali da capire bene le differenze tra uomini e modelli di governo. Speravamo in un ceto politico finalmente meno litigioso, astioso e velenoso. Speravamo che i candidati, le facce e i sorrisi a 32 denti stampati sui muri, almeno questa volta, fossero di meno. Speravamo che le spese “pazze” e la marea insopportabile di volantini, manifesti e “santini” elettorali trovassero un freno ora che la questione dei costi della politica è diventata scottante. Lo abbiamo sperato ogni giorno salvo poi, la mattina dopo, svegliarci con un incubo peggiore di prima guardandosi attorno, ascoltando fiumi di slogan e vedendo spot, con qualche piccola eccezione, sempre più uguali l’uno all’altro. A Lecce città capoluogo ma anche negli altri grossi centri salentini come Nardò e Galatone e perfino nei paesi più piccoli. Delusi, disillusi e in qualche caso rassegnati. Anche noi giornalisti, operatori dell’informazione, professionisti della comunicazione. Noi che ci aspettavamo – anno 2007, Seconda Reppublica ormai avviata, 62 anni di vita democratica e chi più ne ha più ne metta – di avvicinarci, almeno di un passo, ai “concittadini” di Francia, di Germania e del mondo anglosassone e che invece ci ritroviamo con gli antichi vizi italici amplificati nel Mezzogiorno ancora troppo restio a cambiare modi e metodi. Un’altra occasione sprecata. A Lecce come nel resto del Salento chiamato ad eleggere sindaci e consigli comunali: programmi e progetti che, nella maggior parte dei casi, sono sembrati fotocopie. Tutti a promettere più lavoro e più sviluppo per le imprese, tutti ad

S

annunciare periferie più vivibili e marine più presentabili, tutti a promettere una stagione turistica 365 giorni all’anno. Salvo poi non dire come, con quali risorse e per quale fascia di popolazione. Tutti pronti a parlare all’infinito tranne che rispondere, a noi giornalisti, alla più semplice delle domande: “Scusi, ma in che cosa il suo programma è diverso dagli altri?”. Meglio, invece, attaccare l’avversario sul piano personale, metterne in dubbio la credibilità, aggredirlo, insultarlo e, perfino, portarlo in tribunale. Meglio firmare volantini al veleno anziché discutere con i cittadini. Meglio alimentare sospetti o chiamare i carabinieri che entrare nel merito dei problemi da risolvere o confrontarsi civilmente che basterebbe guardare cinque minuti in tv le ultime presidenziali francesi per capire come si fa. Meglio fare così salvo poi accorgersi che il cittadino non ne può più e che vorrebbe semplicemente sapere che cosa ne sarà, nella sua città, del traffico, del verde, della zona industriale, del commercio e della qualità dei servizi sociali. Che lo vorrebbe sapere senza bisogno di comprarsi una bussola per orientarsi nella giungla delle centinaia di aspiranti ad una poltrona: 900 candidati al consiglio comunale di Lecce, sette candidati sindaco in una cittadina sotto i 20mila abitanti come Galatone. Troppi aspiranti a questa o a quella carica che fanno venire l’orticaria, alimentano la confusione e fanno venire il sospetto che si firmi l’adesione ad una lista più per un tornaconto personale che per passione della politica. E non è qualunquismo. E’ la fotografia della realtà. Troppe migliaia di euro investite per farsi eleggere senza un meccanismo di controllo delle spese che negli altri Paesi è ormai una regola. Troppo materiale cartaceo

sui marciapiedi, troppe conferenze stampa convocate soltanto per conquistarsi la tanto desiderata visibilità. Troppe strette di mano con la gente senza guardarsi negli occhi. ^ Troppi pasticcini, crocchette di patate e flute di prosecco alle inaugurazioni dei comitati elettorali. Troppo poco per fidarsi ancora della nobile arte della politica. *Giornalista “Nuovo Quotidiano di Puglia”

CHI HA FIRMATO CONTROCANTO Vincenzo Magistà Direttore “TgNorba”

Rosanna Metrangolo Caporedattore “Nuovo Quotidiano di Puglia”

Marco Renna “Studio 100 Lecce”

Mimmo Pavone Direttore responsabile “Il Paese nuovo”

indovina chi è

“bestiario pubblico. ovvero: come nascono nuovi improbabili personaggi sulla scena”

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