TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 1
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 2
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 3
// L’Editoriale
L’Editoriale
di Maria Luisa Mastrogiovanni
P
LA TERRA DELLE ANGURIE E DEL GABBIERE
Prendetelo un po’ come una fetta d’anguria ghiacciata mangiata all’ombra del solleone nelle stradine del centro storico di Gallipoli, in pieno agosto, quando siete disidratati. Questo Tacco in versione estiva l’abbiamo pensato così, come una goduria per i cinque sensi di chi, i cinque sensi, voglia sollecitarli con i piaceri del corpo e della mente allo stesso tempo. Simboli di questo numero, l’anguria e il gabbiere. Un frutto povero che entusiasma i bambini, quasi un miracolo della natura che si offre ai nostri occhi quando si guardano i campi sterminati e aridi disseminati da enormi sfere verdi, riserve d’acqua che la terra, tra steppe pronte a prender fuoco, è andata a pescare chissà dove. Il gabbiere, un personaggio poetico e drammatico, solitario, eroico, che cerca tra le onde, all’orizzonte, quello che altri non vedranno mai, tanto da farli dubitare dell’esistenza stessa dell’oggetto della sua ricerca: la meta, l’arrivo.
Ecco, il Tacco non propone mete, percorsi turistici preconfezionati, pacchetti all inclusive. Né offre su un piatto di plastica il “meglio del Salento”. Invita invece alla profondità, all’immersione, senza dimenticare il godimento, derivante dalla consapevolezza del farlo. Invita a leggere le tracce che la storia e l’arte hanno lasciato, ma mentre si fa un bagno o si naviga sottocosta. Invita a mangiare un piatto tipico, a comprare un prodotto dell’artigianato, con la consapevolezza che la bontà e la bellezza sono frutto della povertà nutrita di fantasia. Consapevolezza e rispetto per il Salento, le sue origini, la sua essenza: questo chiede il Tacco al turista, anche salentino, che l’estate decida di trascorrere qui le sue vacanze, mentre dà un’occasione di approfondimento, come di consueto, con leggerezza. Questa terra è un “prodotto turistico” anomalo, non di massa. Si scopre nel silenzio, nella lentezza, forse nell’immobilità. E’ un
ulivo secolare che trova nutrimento nella roccia e produce eccellenze che portano echi del Salento in tutto il mondo, la cui innovatività è sconosciuta agli stessi salentini. Perché questo accada proprio qui, perché alle soglie del deserto africano, in una terra di confine dove non si passa, bisogna volerci arrivare, si animino ostinatamente cervelli fra i più creativi, arti tra le più sorprendenti, non è dato saperlo. Come non si sa perché un’anguria continui ad incamerare acqua tra le steppe, l’ulivo a creare monumenti ancorati alla pietra, il gabbiere a fissare l’orizzonte. Bisogna scoprirlo. Ma, come chi arriva qui (e magari – e sono in tanti - si ferma), lo può fare solo chi lo cerca e lo vuole davvero.
Il mensile del salento
//
Anno IV - n. 39 - Agosto 2007 Iscritta al numero 845 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 27 gennaio 2004
SOMMARIO
IDEE DAL TACCO
EDITORE: Nerò Comunicazione - Casarano - P.zza A. Diaz, 5 DIRETTORE RESPONSABILE: Maria Luisa Mastrogiovanni
18
//VISTA DA SOTTO //LE MERAVIGLIE NASCOSTE //IL SALENTO SOTTERRANEO I misteri sotto la terra rossa di Giuseppe Finguerra
04 05
GOLEM, FOTOPROTESTA, LETTERE AL DIRETTORE TERZOGRADO SERGIO BLASI di Francesco Ria LINK
24
06
BOLLETTINO DEI NAVIGANTI di Mario de Donatis LO STRANIERO di Guido Picchi PUBBLICALO SUL TACCO
//OLFATTO //SALENTINITÀ DA RESPIRARE //I MUST DELL’ESTATE Se salentino ti vuoi sentire di Laura Leuzzi
26
//OLFATTO //RESPIRARE LA STORIA //IMMERGERSI NEL MITO Nella terra “dell’olivastro e delle ninfe” di Antonio Lupo
28
//IL NASO NEI LIBRI //SALENTINITÀ DA RESPIRARE //LETTURE SOTTO L’OMBRELLONE Ndori e sapori. Su carta di Marco Sarcinella
30
//TATTO //LA MAGIA NELLE MANI //ARTIGIANATO ARTISTICO In contatto con l’arte di Irene Toma
34
//GUSTO //SAPORI DI UNA VOLTA //I CUSTODI DEL BUON MANGIARE “Olio e sale ogni erba vale” di Laura Leuzzi
07 44 46
LA CITTÀ INVISIBILE di Enzo Schiavano L’ERBA CATTIVA di Crazy cat & Mad linx L’ARIA CHE TIRA di Luisa Ruggio QUESTIONE DI LOOK, IPSE DIXIT, CURIOSITA’ CONTROCANTO ospita Roberto Guido: Dove nasce il Salento d’amare
CULTURA&PERSONE
08
//VISTA MARE //NAVIGARE CONTEMPLATIVO //DA CAPO D’OTRANTO A CAPO DI LEUCA Come gabbieri dallo sguardo lungo di Ada Martella
12
//VISTA TERRA //SALENTO A GONFIE VELE //BELLEZZE AL BAGNO Un tuffo dove l’acqua è più blu di Flavia Serravezza
39
//UDITO //ECHI DI FRONTIERA //SALENTO DA ESPORTAZIONE “Salento” in tutte le lingue del mondo di Enzo Schiavano, Margherita Tomacelli
HANNO COLLABORATO: Mario Maffei, Laura Leuzzi, Guido Picchi, Luisa Ruggio, Enzo Schiavano, Mario De Donatis, Antonio Lupo, Francesco Ria, Giuseppe Finguerra, Flavia Serravezza, Marco Sarcinella, Irene Toma, Margherita Tomacelli, Ada Martella, Roberto Rocca FOTO: Dove non segnalato archivio del Tacco d’Italia COPERTINA: Foto di Roberto Rocca REDAZIONE: p.zza Diaz, 5 - 73042 Casarano - Tel./Fax: 0833 599238 E-mail: redazione@iltaccoditalia.info PUBBLICITÁ: marketing@iltaccoditalia.info - tel. 3939801141
Unione Stampa Periodica Italiana Tessera n° 14705 STAMPA: Stab. grafico della CARRA EDITRICE Z. I. - Casarano (Le) ABBONAMENTI: 15,00 Euro per 12 numeri c/c n. postale 54550132 - intestato a Nerò Comunicazione P.zza Diaz, 5 - 73042 Casarano - abbonamenti@iltaccoditalia.info IL PROSSIMO NUMERO IN EDICOLA IL 5 SETTEMBRE 2007
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 4
// Opinioni dal Tacco GOLEM
LETTERE AL DIRETTORE
tà numerosa di docenti, studenti, lavoratori, operatori culturali. Un organo monocratico dal potere stupefacente, il Rettore: enormi risorse finanziarie da gestire con un’autonomia sconosciuta, ad esempio, ad un Sindaco, costretto a confrontarsi con la sua Giunta e con i partiti dentro e fuori il Consiglio comunale. Per questo ai Rettori italiani si chiede non solo di essere trasparenti, equanimi ed illuminati, ma anche di apparire tali. Limone ha invece interpretato il ruolo da “politico”: socialdemocratico da sempre, ha saputo all’occorrenza mostrarsi vicino alla destra e alla sinistra a seconda dei tempi, tanto che era stata ventilata una sua candidatura in un collegio senatoriale, prima dell’ultima modifica della legge elettorale. Per vincere le sue due campagne elettorali ha stretto alleanze con pochi influenti professori, puntando molto sull’appoggio degli studenti e del personale Ato (categorie gratificabili con minore sforzo). Ottimo manager, non ha però saputo resistere alle tentazioni dello spoil system, puntando su uomini di sua fiducia (specialmente in funzioni chiave come la Comunicazione) e applicando nei Dipartimenti la legge del “chi vince prende tutto”: basta guardare al ridimensio-
namento del ruolo dell’ISUFI, creatura dell’ex Rettore Gino Rizzo. Con la trasformazione dell’Ateneo leccese in Università del Grande Salento, puntava a un terzo mandato consecutivo. E forse sarebbe stato troppo. L’augurio del Golem è che le migliaia di ventenni che affollano le aule universitarie con poche certezze sul futuro e le decine di bravi ricercatori che lavorano con difficoltà pratiche di ogni genere trovino nel nuovo Rettore quella guida morale, che forse ad oggi è mancata, in grado di affrontare e risolvere i loro problemi.
Roca Vecchia (marina di Melendugno). Grotta della Poesia
FOTO PROTESTA
DIFENDIAMO L’UNICITÀ DEL SALENTO Nei giorni scorsi ho partecipato, a Lecce, ad un convegno dal tema “Quale turismo per il Salento”, organizzato dalla “Gazzetta del Mezzogiorno”. Discorsi pertinenti, affermazioni sacrosante. Ma nessuna vera novità nei temi svolti; sovente è affiorata l’ombra della coloritura di parte politica, quando, invece, l’oggetto, il problema trattato nella circostanza, non può che avere, per tutti indistintamente, un solo cuore, che batte o non batte. Traendo spunto da tale occasione di dibattito e quale piccolo personale contributo ai fini del miglior inquadramento di un’attività, giustappunto quella del comparto turistico, vorrei osservare come sarebbe forse utile concentrare l’attenzione, le azioni e gli investi-
Oronzo Limone ex rettore dell’Università del Grande Salento
Oronzo Limone detto Renzo è stato per quasi un decennio uno degli uomini più influenti del Salento. Come Rettore dell’Università, secondo molti osservatori neutrali, ha lavorato bene, governando con risolutezza e competenza la complessa macchina burocratica che è un Ateneo statale. Oggi che è indagato dalla Procura di Lecce per una serie di ipotesi di reato, i media lo hanno messo nel mirino, anche quelli che in passato non avevano mai avuto una sola parola di critica sul suo operato (cosa alquanto singolare visto il normale alto tasso di conflittualità che il suo ruolo comportava). Ma tant’è: il garantismo in Italia è un sentimento difficile da difendere, specialmente quando tutto intorno fioccano prescrizioni e indulti. Renzo Limone non è ancora stato rinviato a giudizio, ma un giudizio morale lo si può comunque esprimere. Non tanto sui pittoreschi presunti abusi con champagne ed elettrodomestici, quanto per come ha interpretato in questi anni la carica di Magnifico Rettore. Questo vetusto titolo onorifico vuole evidenziare il ruolo, per la collettività dei cittadini, di autorevole faro morale di un professore universitario che, attraverso un processo democratico, si pone alla guida di una comuni-
menti su un aspetto a mio avviso strategico. L’utilizzo più appropriato e il godimento a portata di mano, per l’utenza, dei contenuti di qualsivoglia proposta od offerta turistica, è auspicabile in trend espansivo, devono marciare di pari passo con la conservazione, la tutela e l’intelligente salvaguardia delle bellezze e delle risorse naturali, dei tesori d’arte, delle tipologie e colori del territorio e dei paesi, di cui il Padreterno, la storia, le generazioni passate, hanno con molta dovizia dotato il Tacco d’Italia. La costa fra Otranto e S. Maria di Leuca costituisce uno dei siti più fantastici e affascinanti della Penisola; da nessun angolo del pianeta mai si potrà provare imitare uno spettacolo del genere. il tacco d’Italia
4
Agosto 2007
Siamo stati in un lido a pagamento della marina di Melendugno per fare il bagno e ci hanno cacciati in malo modo. Ma ne hanno il diritto? Siamo arrivati senza borse e asciugamani, solo con le ciabatte. Ma il bagnino ha detto che era un posto privato e che dovevamo pagare l’ombrellone. Mah! Alex&Bella @ 11:47-20.7.07 Commento al tema del mese “Mare nostrum. Ma non per tutti” http://www.iltaccoditalia.info/sito/commenti.a sp?id=2601 Come non difendere e conservare il volto di questa terra? Di strutture ricettive possono sorgerne ovunque, mentre le specificità naturali del Salento sono uniche. Difendiamo quanto di bello ci circonda, cominciando con lo sprangare le “porte” dei nostri paesi alla cupidigia dei “palazzinari” di turno, non esitando, ove occorra, a richiamare alle loro responsabilità i pubblici amministratori poco rigorosi. Rocco Boccadamo
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 5
// Opinioni dal Tacco TERZO GRADO di Francesco Ria
commenti e opinioni da
www.iltaccoditalia.net
SERGIO BLASI
Alla Notte della Taranta sono state date molte definizioni. Qual è quella di Sergio Blasi? “E’ il più straordinario atto politico di questa terra negli ultimi anni. Nei primi anni ’90, eravamo un gruppo di amministratori della Grecìa Salentina. Da poco era caduto il muro di Berlino e il Salento assumeva una posizione geopolitica nuova. Abbiamo scoperto che cominciava a venire meno quell’essere estrema periferia del continente europeo, quell’essere ‘terra spaccata dal sole e dalla solitudine’ come diceva Quasimodo”. Come nasce l’idea della Notte della Taranta? “Capimmo che questa presunta marginalità, il non essere stati interessati da processi di industrializzazione spinta che avevamo reclamato come emarginazione, poteva essere una ricchezza. Quello che era minoritario, come la lingua grika, poteva diventare importante. La Notte della Taranta è tutto questo: la storia di sofferenza, del lavoro dei pizzicati, è diventata una storia ricca in quanto patrimonio collettivo”. Non si rischia di dare una lettura troppo moderna del patrimonio storico? “La Notte della Taranta tutela e valorizza musica e tradizione perché le mette in dialogo con la musica contemporanea. Tutte le polemiche sono ‘strause’. Perché la critica fa bene se apre un confronto, ma se è forzata, allora no. Non abbiamo mai pensato di organizzare il Festival di San Remo del Sud”. C’è ancora posto per la tradizione?
INDOVINA CHI E’?
La soluzione a pag. 46
L’istallazione delle 21 pale nel territorio di Ugento va riconsiderata alla luce del fatto che quell’area è destinata a diventare uno dei più grandi parchi archeologici del Salento. E poi non si tengono in considerazione gli aspetti negativi di questi mega-parchi. Alla faccia, ancora una volta, del tanto sbandierato sviluppo ecocompatibile. antonello negro 16:20-19.7.07 Commento alla news di cronaca “Parco eolico ad Ugento. Si ribella Casarano” Purtroppo il lavoro nero e le buste paga gonfiate sono un fenomeno che non riguarda solo il Tac, ma anche i lavori stagionali, come quelli degli alberghi e ristoranti. Questi ragazzi dovrebbero avere il coraggio di rompere l’omertà, il conformismo, il giudizio degli adulti e l’ipocrisia diffusa e andare dritti ai carabinieri o almeno al sindacato. Marco @ 17:35-27.6.07 Commento alla news “Casarano. Il cartello anti-batosta” Abbiamo accontentato tutti, come la solito. 13 poltrone! Alla faccia degli sprechi, eh?! Lady @ 9:30-11.7.07 Commento all’approfondimento “Giunta leccese. Perrone vince il braccio di ferro”
Sergio Blasi, sindaco di Melpignano, è il grande cerimoniere del festival della Notte della Taranta che quest’anno compie il suo decimo anno d’età. La kermesse è ormai un appuntamento attesissimo dell’estate salentina, conosciuto in tutto il mondo. Quest’anno si svolgerà dall’8 al 25 agosto.
“Abbiamo lavorato sulle fonti. Gianni Bosio dice che è insensato fare il ricalco della tradizione, perché è una regressione”. Quanto può aver dato questa esperienza al territorio? “Nel ’95, la Grecìa Salentina aveva circa 30 posti letto. Oggi ne ha 2000-2500. Il Salento di fine agosto è completamente prenotato nelle sue strutture ricettive per la Notte della Taranta”. Si parla tanto di destagionalizzare. Un evento del genere non avrebbe più senso a settembre? “Finchè daranno tre mesi continuati di vacanza a scuola non sarà possibile destagionalizzare. Se faccio la Notte della Taranta a settembre, non ho destagionalizzato”. Pensate di resistere alla retorica che si impossessa di importanti eventi? “Non so quanto durerà tutto questo. Perché se non sarà strutturato nel campo dello studio, allora rischierà di perdersi”. La Taranta è ormai un marchio commerciale. Anche questo ha a che fare con la tradizione? “Non c’è un aspetto commerciale. Abbiamo accordi con alcune aziende locali: l’azienda che fa le t-shirt, a cui facciamo utilizzare il marchio ‘Notte della Taranta’, finanzia le attività dell’Istituto Carpitella con un protocollo di intesa. Con il Negroamaro è lo stesso: facciamo usare il nostro marchio per valorizzare il prodotto locale che, a sua volta, finanzia le attività culturali e di studio. E’ mettere un territorio nelle condizioni di valorizzare le proprie potenzialità”.
il tacco d’Italia
5
Agosto 2007
Basta con questa pagliacciata che però costa carissima (la galera) ai pochi sfortunati che si vedono perseguitati per il loro vizio. Sì un vizio, come bere molto cognac, fumare 40 sigarette al giorno, farsi troppe pugnette o scaccolarsi in luoghi inopportuni. Un fottuto vizio senza alcun impatto sociale (a differenza di abuso di sigarette e alcol). BASTA, ci siamo rotti: lasciateci fumare in pace senza costringerci a dare soldi alla criminalità. Mario @ 20:55-15.7.07 Commento a “Libertà di stampa o di diffamazione?” dalla rubrica “La picchiata del giorno” di Guido Picchi La trasparenza diretta a noi cittadini non è mai esistita in tutti i settori. Gianni Spennato @ 10:25-11.7.07 Commento alla news “Che fine ha fatto l’estate casaranese” Sono tredici. Chi sarà il giuda? anomimo @ 18:45-23.7.07 Commento all’approfondimento “Perrone vince il braccio di ferro” Mentre la Francia contesta i criteri politici che hanno retto finora l’Unione europea, il governo italiano viene meno agli impegni che ha sottoscritto ma non pensa a una politica di riduzione delle tasse come il presidente francese, e guarda solo a una ridistribuzione di redditi alle categorie meno agiate. 6 luglio 2007 Tratto dal blog “Tamburo battente” di Cosimo Fracasso
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 6
di Mario De Donatis
QUALE “PUGLIESITÀ” PER IL PARTITO DEMOCRATICO
Quale Partito democratico? L’estate ci porterà, inevitabilmente, a porci anche questo interrogativo, tra i tanti che emergono e riguardano l’ambito politico-istituzionale del nostro Paese. Il nuovo soggetto politico ha già un leader, Veltroni. Le regole per le “primarie di ottobre” sono state definite. Ma c’è molto lavoro da fare per ancorare il Partito democratico a valori e principi in grado di delinearne la fisionomia. Che non può essere affidata ad un volto, ad una persona. Perchè le persone passano. E tanto si riproporrà a livello regionale. Perché la cultura politica del federalismo impone alle articolazioni regionali del nuovo partito di elaborare, nel solco delle tavole fondanti da definire a livello nazionale, specifici documenti che, nel richiamare peculiarità proprie delle Comunità di riferimento, siano in grado di esprimere percorsi socio-culturali e prospettive di sviluppo anche in termini geopolitici. Ci si augura che le componenti che si rifanno ai Ds e quelle che provengono dalla Margherita siano in grado di superare le “umane fibrillazioni” legate agli aspetti tecnico-organizzativi per la rappresentanza negli “apparati”, per cogliere le opportunità che il nascente partito offre. E tanto impone di prestare attenzione al “progetto politico” che deve contenere, nel nostro caso, elementi di pugliesità. Che vanno inseriti nel contesto che vede “l’ala moderata”, costituita da laici credenti e non, e la “sinistra riformista” impegnate nella costruzione di un centro-sinistra nuovo, per
superare l’attuale immobilismo. E’ un disegno di grande respiro, che va oltre l’attuale articolazione del quadro politico e che troverà più forti riscontri con un sistema elettorale, proporzionale con sbarramento, in grado di scomporre gli attuali Poli e favorire rinnovate aggregazioni partitiche. In tale contesto, un ruolo significativo potrà svolgere in Puglia, tra gli altri,Tonio Tondo, oggi coordinatore dell’esecutivo della Margherita, che ha più di qualche affinità con Luigi Bobba che, pur avendo optato per il collegio senatoriale del Piemonte, molti considerano un riferimento anche per la nostra regione. Questi amici, con altri che concorreranno a definire il “progetto politico” del Pd pugliese e con quanti saranno chiamati, in unione con il segretario regionale, a gestire la quotidianità, dovranno affrontare una questione politica che, per certi versi, è presente anche a livello nazionale ma che, in Puglia, assume connotazioni più complesse. E la questione riguarda la modalità con cui far emergere la discontinuità di linea politica tra il nascente Partito democratico pugliese ed un governo regionale frutto di altre intese, a suo tempo definite con il concorso dei Ds e della Margherita. La questione è più complessa di quella che si registra al livello nazionale perché Prodi è, in ogni caso, un moderato ed appartiene all’ala riformista e, poi, il “sistema parlamentare” permette anche “crisi di governo” e “nuovi esecutivi”, istituzionali e non, senza Prodi.
In Puglia, al contrario, Vendola è espressione della sinistra antagonista ed il “sistema presidenziale” non consente un esecutivo a guida diversa da Vendola. Tanto rappresenta un deterrente molto forte, perché una crisi di sfiducia a Vendola significa scioglimento del Consiglio e nuove elezioni. E’ di ogni evidenza che tale scenario non può che incidere negativamente, allo stato dei fatti, sul nascente Partito democratico pugliese. Perché, nell’immaginario collettivo, il Pd risulterebbe corresponsabile delle azioni della giunta regionale pugliese a cui vengono già addebitate responsabilità per le politiche sanitarie, per l’emergenza idrica, per la conduzione economico-finanziaria che esporrebbe la Regione ad un processo di indebitamento grave, molto grave, al di là degli stessi disavanzi prodotti dalla Sanità. Ed, ancora, perché Vendola, con tutto il suo bagaglio di cultura populistica, lavora per la costituzione della “Cosa rossa”, di cui aspira ad essere leader nazionale. In tale scenario, il Pd pugliese non potrebbe “catturare”, agevolmente, il voto moderato, sempre attento ai risultati operativi della giunta regionale, e sarebbe esposto ad ulteriori emorragie a sinistra, per la presenza di un Vendola che potrebbe attrarre quell’area di confine, che pur esiste, tra sinistra riformista e sinistra laterale, che vede la presenza anche di cattolici, di quella componente che risente il fascino della “teologia della liberazione”. “Così è, se vi pare”.
di Guido Picchi
PUBBLICALO SUL TACCO Inviate i vostri inediti (poesie, racconti brevi) a Il Tacco d’Italia, p.zza Diaz 5 Casarano; oppure a redazione@iltaccoditalia.info
Profilo
di Eugenio Giustizieri
Spente le luci sul mio vuoto giardino, io e te pensosi andavamo, ed era di tutti i nostri ricordi un bianco sogno, ombra che passa come nuvola infinita.
VIA IL SALENTO DEI NON LUOGHI: ORA SOLO LUOGHI AFFOLLATI Bolge dantesche rendono mefitiche le spiaggie. Benvenuti alla fine del mondo! Già, la finibus terrae torna nell’oblio estivo della dimenticanza vacanzifera e si ritrasforma nell’antispirituale accattonaggio tipico della tirannia delle plebi (grazie Carmelo). Come se non bastasse l’assurdo balzello dell’infinito tassare, veniamo derubati anche degli effimeri brandelli di libertà ancora fruibili al grido blasfemo: “Il turista non deve vedere”! Già. Questo Salento-Giamaica, questa isola-franca, questo che più di ogni altro è IL NON LUOGO, arrivata l’estate ed aumentato il flusso turistico, è pregato di svanire ‘dolcemente’ per due mesi, almeno. Non mostriamoci per quelli che simu, MAI! Il baraccone dei nostri governanti, così come la nostra piccola cultura, s’imbarazza e il tacco d’Italia
6
Agosto 2007
imbratta i pantaloni quando sente odor di libertade. Allor si agitano e reprimon colle schiere imbalsamate delle molte pulizie l’essere per se stessi, il non uniformarsi allo squallore cittadino, altrimenti il t(u)rista urbano viene a conoscenza dell’etimo stesso di libertà e può sceglier di non tornar, di non votar più per questa angheria che ci spaccian per vita. L’esempio è e resta il miglior insegnamento. Forse che basti veder i ‘salotti’ stradali, le facce felicemente scavate dallu ientu, le contorsioni strabilianti dei vecchi… saggi… compagni di viaggio… che sono questi ulivi, forse è solo il sole ciò che più spaventa chi governa? O più semplicemente la libertade insita nell’attesa proficua della morte?
LO STRANIERO
BOLLETTINO DEI NAVIGANTI
// Opinioni dal Tacco
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 7
L’ARIA CHE TIRA
NON FATE I “LAVATIVI”, CHE NON CI STA L’ACQUA “Mangino brioches!” disse queldi Luisa Ruggio la, poi le zompò la capa con tutta la parruccona, povera Mariantonietta! Qualcuno dirà ai salentini senz’acqua: “Bevano acqua tonica!”? Forse non mi stupirei. Lo stupore è quell’atteggiamento verso le cose che l’uomo maturo, istruito e produttivo, si ritrova suo malgrado a condividere con i bambini. Situato a metà strada fra l’onesta ingenuità dell’infante e l’irrevocabile tensione alla demenza. E se i turisti si accorgono che manca l’acqua che si fa? Scaviamo un pozzo in riva al mare, tra un castello di sabbia e uno di rabbia? (Baricco docet, amore mio, n.d.r.) Murble, murble. Ma questi signori con la cravatta nelle stanzone grandi grandi e rinfrescate e un po’ tristi direi, perchè invece di menarsela su chi aveva ragione e chi già lo sapeva e chi tante belle cose non pensano a salvare il salvabile? Vabbè che siam salentini trallallero trallallà ma non è che dobbiamo soffrire le pene degli eroi epici! Già i viaggi di chi arriva sono gran tour nel Far West (come documenta il bellissimo Italian Sud Est di Fluid Video Crew, arghhhhhh), poi dobbiamo pure metterci a fare le scorte d’acqua come in guerra. E’ normale che così ci passa la voglia di leggere la Recherche proustiana! Alla Recherche dell’acqua perduta, direbbe quello. Non avendo accesso ad alcunché di sensibile, materiale, reale di cui stupirsi, il salentino allora si stupisce delle parole, delle frasi, dei paragrafi e - sebbene più raramente - di interi componimenti che appaiono sui giornali all’indomani dei vertici regionali dove si parla di tavoli di concertazione e programmi di bonifica e insomma non hanno capito niente quei poveri cristi coi rubinetti chiusi e le balle di fieno che
Retroscena. Il rettore dell’Ateneo salentino Oronzo Limone ed altri nomi eccellenti, tra cui il suo responsabile per la comunicazione Gianfranco Madonna (e figlia) e Angelo Tondo, assessore all’Urbanistica del Comune di Lecce, sono indagati a vario titolo per truffa, peculato, voto di scambio, abuso e falso. Sequestrate casse di champagne, elettrodomestici e regalìe varie che sarebbero state acquistate con i soldi dell’Università. Addirittura il figlio del rettore, Pierpaolo, avrebbe ristrutturato casa (un palazzotto sul corso principale del centro storico) facendo intestare fatture all’Università. Sono queste “solo” note di colore, che hanno colpito l’opinione pubblica nell’ambito di inchieste più ampie su presunte speculazioni edilizie relative alla realizzazione del Polo umanistico dell’Università e ad un futuro quartiere residenziale su suolo oggi agricolo (la faccenda Iskenia). Povera Università del Grande Salento: lo champagne e le sue bollicine danno alla testa. Soprattutto a chi non è abituato perché lo beve da poco e rischia la sbornia.
...perché l’Università del Salento è il motore... dello sviluppo del nostro territorio...
ormai rotolano davanti al vecchio saloon di ogni paese a secco. Rotolano le balle, sì. Tra un po’ sarà vietato mandare in radio “Acqua azzurraaaaa, acqua chiaraaaaaaa, con le mani posso finalmente bereeeeee...”, notevole indizio sull’incertezza di un epoca. Palese (ehm, non è una battuta, giuro!) e occulti. Intanto ho scoperto che mi è scaduta la carta d’identità, che
vorrà dire mai? E vorrei usare questo spazio per fare gli auguri al direttore del giornale che sta per partorire, così almeno, una volta tanto, diamo una buona notizia: presto avremo un altro salentino in più da ‘abbeverare’, oltre agli 80mila assetati dell’estate (contando i turisti nelle marine), perciò datevi da fare Signori Manginobrioches. Non fate i lavativi, che non ci sta l’acqua!
di Enzo Schiavano
SE LA PROVINCIA DIMENTICA CASARANO Casarano. Parallelamente agli strumenti finanziari, il rilancio economico di un’area a forte vocazione industriale come Casarano passa anche attraverso il miglioramento della rete stradale e dei collegamenti con le principali arterie del territorio. Com’è noto, la Provincia sta per cantierizzare il primo lotto della “Circonvallazione di Casarano”, tra le più importanti opere pubbliche degli ultimi anni. Un’opera che i casaranesi aspettano da oltre un ventennio e che dovrebbe risolvere i gravi problemi di traffico. Grazie alla nuova tangenziale, infatti, migliaia di veicoli ogni giorno eviteranno di attraversare il centro abitato e scaricheranno lo smog lontano dalle case. Ma la costruzione della circonvallazione, che sarà completata tra qualche anno (si spera entro un decennio), sarà utile al rilancio del-
l’economia cittadina e del suo hinterland? Per rispondere a questa domanda bisognerebbe farne un’altra. La tangenziale servirà ad accorciare i tempi di percorrenza attuali tra la zona industriale e l’aeroporto di Brindisi e viceversa? Non credo. Anzi, diciamocelo chiaramente: la città è ancora molto lontana da un livello accettabile di strutture viarie. Nei mesi scorsi si è tanto invocata l’apertura della tangenziale di Maglie perché avrebbe accorciato i tempi di percorrenza con il capoluogo. Ma ci siamo dimenticati che la CollepassoMaglie è diventata, con il passare del tempo, una specie di strada di campagna e che è inadeguata per le caratteristiche dei veicoli e per l’attuale volume di traffico? E nemmeno la Lecce-Gallipoli soddisfa in pieno le esigenze della città. L’ideale sarebbe una nuova il tacco d’Italia
7
Agosto 2007
superstrada che colleghi Lecce a Casarano via Galatina, la “bisettrice centrale”, in alternativa alla Lecce-Gallipoli e alla Lecce-Leuca. Se qualche politico locale avrà il coraggio di proporla. Un altro problema, molto spesso trascurato perché ritenuto di scarsa importanza, è la segnaletica. Se si percorre la Lecce-GallipoliLeuca non c’è un cartello che segnali Casarano nemmeno a pochi chilometri di distanza. I politici che ci rappresentano alla Provincia hanno idea di quante persone-aziende-imprenditori che vengono a Casarano per lavoro rimangano disorientate per la mancanza di segnalazioni su quella strada? E’ normale che la più importante area industriale del Salento non sia sufficientemente segnalata sulle strade principali della Provincia?
L’ERBA CATTIVA
// Opinioni dal Tacco
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 8
// Vista mare //Navigare contemplativo //Da Capo d’Otranto a Capo di Leuca
A
Ada Martella, giornalista che si occupa di ecologia, energia, ambiente, è anche skipper. In questo agile, poetico diario di bordo di un periplo “da Capo a Capo” del tacco d’Italia, i lettori potranno trovare indicazioni puntuali e spunti di riflessione per un viaggio contemplativo fatto al largo. Dal rumore, dal traffico, dalla confusione. Percorrendo le strade d’acqua del silenzio, leggendo sulle carte i segnali che il mare, la terra, il cielo si sono dati per guidarci. Riscoprendo, nel nostro piccolo, il fascino dell’antica arte della navigazione sottocosta.
COME GABBIERI DAL Testi, foto, illustrazione di Ada Martella
uò sorprendere, ma le parole di De Andrè si trovano scritte lungo le pareti colorate di un autogrill nuovissimo sulla strada Maglie-Otranto, quasi a dare una didascalia alle foto dei paesaggi che raccontano il Salento. Sono i versi della canzone “A Cimma” che De Andrè scrisse con Fossati per l’album Creuza de mä. Lui sì che si intendeva di contemplazione dal mare, della terra vista dal mare. E viceversa. Questo piccolo viaggio del “Tacco d’Italia” parte proprio da Otranto, come inizio del periplo della penisola salentina da Capo a Capo, con una barca a vela di 7,20 metri, il j24. Non per un motivo particolare, ma perché la cittadina adriatica è un Capo (la punta più orientale d’Italia), un cosiddetto punto cospicuo che, per chi va per mare, ha sempre una grande importanza. L’altro è la punta estrema, Leuca. Scapolare Capo d’Otranto significa dirigersi verso ovest, verso lo Jonio, la Sicilia, la Spagna, lo Stretto di Gibilterra, e via via. Oppure, tagliare a sinistra, verso Est, attraversare il Canale d’Otranto e raggiungere Fanò, la prima isola greca a soli 45 miglia marine. E poi
P
A PUNTA MELÌSO, SE IL MARE AVESSE MEMORIA, SI POTREBBERO INTRAVEDERE I SOLCHI LASCIATI DALLE MIGLIAIA E MIGLIAIA DI BARCHE CHE LO HANNO PERCORSO DALLA NOTTE DEI TEMPI ancora oltre, verso il resto dell’Oriente. L’altro Capo è Santa Maria di Leuca, la bianca Leucos, dove finisce la terra: davanti solo il mare che si divide come le code della sirena, l’Adriatico diventa Jonio. La bianca Leuca che è il vero spartiacque tra l’Est e l’Ovest, e non c’è miglior modo che percepirlo quando si è in acqua, a ridosso della punta del faro, punta Melìso, dove per secoli ha resistito il tempio dedicato alla dea Minerva, a protezione dei nomadi del mare. Ma queste sono rotte che appartengono alla mitologia del Mediterraneo, talmente “usurate” che se il mare avesse memoria si potrebbero intravedere i solchi lasciati dalle migliaia e migliaia di barche che lo hanno percorso dalla notte dei tempi, per conquiste, esplorazioni, fughe, commercio, scambi, guerre. Piuttosto, il nostro piccolo viaggio di circa 35 miglia, da Capo d’Otranto a il tacco d’Italia
8
Agosto 2007
Capo Santa Maria di Leuca, è proprio da curiosi e da contemplativi. Grazie ai fondali profondi possiamo mantenerci sottocosta, così da poter vedere, dalla prospettiva del mare, prendere forma lo zoccolo roccioso del Salento. E’ un’indicazione geologica da prendere alla lettera, perché il tratto di costa, sino a Leuca, è roccia pura che cala a picco sull’acqua a ritmo ed altezze diverse. Un paesaggio non molto antropizzato, per via della roccia a tratti impervia, così da poter pensare di vedere il Salento come possono averlo visto nella notte dei tempi, appunto. È un tratto di mare che si può percorrere in una mezza giornata, a velocità media, oppure si possono fare delle tappe nei porticcioli o nelle calette, poche per la verità, che si incontrano. Di fatto, è senza dubbio il più affascinante di tutto il periplo marino del Salento.
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 9
“Ti svegli sull’indaco del mattino quando la luce ha un piede in terra e l’altro in mare” Fabrizio de Andrè
LO SGUARDO LUNGO
// PARTENZA: OTRANTO Dunque, la nostra prima tappa è il porto di Otranto, con la piccola imbarcazione a vela che, grazie al pescaggio non troppo profondo (1,25 metri), ci consente di muoverci con più agilità nelle varie calette. Usciamo dal porto e tiriamo dritti, direzione est, per un paio di miglia così da poter cogliere con un colpo d’occhio quelli che sono i confini del porto di Otranto. Mettendoci con la prua verso la rocca della cittadella, alta oltre il braccio foraneo, guardando verso Nord si intravede Torre Santo Stefano, a seguire l’insenatura del Mulino dell’Acqua. A sinistra di Otranto, verso Sud svetta la Torre del Serpe, la lingua di Punta Facì con i ruderi della Masseria dell’Orte e infine Punta Palascìa, con il faro dismesso da anni.
Prima di intraprendere la nostra rotta verso Sud, verso Leuca, possiamo fare una capatina fino a Torre Santo Stefano, per vedere l’insenatura naturale che sembra tagliata nella roccia. È un canale largo una trentina di metri e lungo fino a terra 300: perfetto per trovare riparo in caso di malasorte. Ma non sì può approdare, né mettersi all’ancora, poiché il club Mediterranee ne ha fatto un luogo esclusivo quasi trent’anni fa. Per fare un bagnetto, magari ridossati dalla tramontana (che non sia troppo
il tacco d’Italia
9
Agosto 2007
forte), torniamo indietro in direzione di Otranto e ci fermiamo nella piccola baia del Mulino dell’Acqua, dove il fondale sabbioso verso riva ci consente di dare àncora e raggiungere a nuoto le grotte, non molto profonde ma con un’acqua verde per la luce filtrata che fa sempre piacere incontrare. Questa puntatina poco a Nord di Otranto è una “classica” per chi è un habitué del porto, e non ha molta voglia di allontanarsi troppo. Il rischio è che ci sia un affollamento di imbarcazioni.
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 10
SUPERATA MARINA SERRA LA COSTA ANCORA MOLTO ALTA È UN INTERO RICAMO DI // BAIA DELL’ORTE, TOCCANDO L’ALBANIA Ora possiamo riprendere la rotta verso Sud. Si naviga a vista, con i promontori e le torri a farci da guida. Oltrepassata la Torre del Serpe che, pur sembrando un dente cariato, è uno dei riferimenti più visibili per chi giunge da Est, nord-est, si scapola punta Facì e si apre la baia dell’Orte. Un ampio anfiteatro naturale con la roccia che degrada dolcemente nell’acqua. Anche qui si può dare àncora. Magari dormire alla fonda se il tempo lo consente, e svegliarsi con il sole che ha la sua traiettoria proprio in direzione del faro della Palascìa, che chiude a Sud la baia. Se poi si ha anche la fortuna di veder sorgere la luna, non vi basterà il cuore per l’emozione. Senza contare che se è in arrivo lo scirocco (montagne chiare scirocco a mare, recita un detto
// PORTO BADISCO E L’APPRODO DI ENEA
Scapolata Punta Palascìa, svetta Torre Sant’ Emiliano sopra lo zoccolo di roccia alto una quindicina di metri e lungo duecento come una roccaforte, ai suoi piedi distese di terra arate con varie tonalità di rosso e il grigio del calcare. Questo, per un motivo inspiegabile, è il punto in cui ci si sente sprofondati nella notte dei tempi: la torre, qualche riparo di pastori, brandelli di muretti a secco sono le uniche ma preziose presenze del passaggio dell’uomo. In corrispondenza della Torre c’è quella che viene chiamata “l’isola”, uno scoglio nei pressi del quale c’è la possibilità di gettare àncora e sostare un po’ per un bagno “primitivo”, in assenza di vento. Scendendo ancora mezzo miglio entriamo nella baia di Porto Badisco, insenatura stretta e lunga che ospita un borgo di pochi pescatori con i ripari ricavati nella roccia, una delle grotte preistoriche con “pittogrammi” più ricche d’Europa, nonché il luogo in cui Virgilio immaginò il primo approdo italico di Enea. Si può entrare con la barchetta, dare àncora e magari scendere a terra a mangiare due ricci al bar emporio lungo la strada. Ideale per ripararsi dai venti di tramontana, ma assai pericolosa quando tira lo scirocco. Poco più giù si apre Porto Russu, insenatura più piccola ma più selvaggia e con l’acqua freddina per via delle sorgenti di acqua dolce, ma l’ancoraggio non è così semplice per via del fondale profondo.
idruntino) le montagne dell’Albania e le prime isole greche si apriranno davanti agli occhi quasi a poterle toccare. Alle spalle della baia, in alto, si intravede il rosso potente della cava di bauxite, e così inizia il paesaggio all’apparenza brullo, con rade macchie di pineta e tanta macchia mediterranea, che ci accompagna per tutto il viaggio verso Santa Maria di Leuca. Un paesaggio dove non è poi così difficile credere di intravedere i nostri antenati del paleoliti-
co, che hanno lasciato memoria in numerose grotte lungo la costa. Scivoliamo ai piedi del faro dismesso, che sembra un leone marino che giace bianco, gigante e cieco, perché la luce in aiuto ai naviganti da circa vent’anni viene emessa da un traliccio militare in alto sul promontorio, il quale ha un doppio svantaggio: non è potente come lo era il faro giù in basso e manca totalmente di poesia.
// SULFUREA SANTA CESAREA
del rame, che nasconde numerose grotte. Un bellissimo riparo per i venti di tramontana, ma non scirocco, come in tutte le insenature da Otranto sino a Leuca inclusa. È una sosta anche per gli occhi dopo l’affollamento di Santa Cesarea.
Ora si scivola verso Sud, verso Santa Cesarea Terme. Poco prima di giungervi c’è un tratto di mare detto malepasso; lo conoscono bene i pescatori perché le correnti contrarie possono essere molto forti. Non è identificabile in alcun modo, se non per un occhio esperto che sa leggere sulle increspature dell’acqua i segni delle forze contrarie. La costa ora è alta per un paio di miglia e unica presenza avvistabile è la Torre di Minervino. L’alta barriera rocciosa si apre in anfratti, grotte, fessure antropomorfe che attirano l’attenzione e il desiderio di penetrare, ma l’acqua a strapiombo non permette alcuna sosta all’ancora. Bisogna giungere alla cittadella sulfurea per potersi fermare nel porto di Torre Miggiano poco a Sud, e cogliere dal mare le architetture insolite, arabeggianti, in stile liberty, art noveau, un eclettismo che ha poi il suo apice nella vicina Santa Maria di Leuca. La roccia de “gli archi” e le ville poco sopra sono già un intervallo assai diverso rispetto al paesaggio selvaggio da poco attraversato, senza parlare della confusione estiva ricca delle miriadi di barchette che stazionano intorno. Porto Miggiano è tagliato nella falesia colore
// STRACCI DI VERDE SMERALDO. E’ CASTRO
// PAPARISCIARSI A CALA DEL LUPO
Si continua a scendere e la costa riprende la sua maestosa altezza. Poco prima di giungere nel porto di Castro si apre l’anfratto della famosa grotta Zinzulusa, poiché gli zinzuli sono gli stracci appesi come le stalattiti che pendono dal suo soffitto. E finalmente si approda nell’imponente porto (non per la grandezza del riparo, ma per via delle alte mura naturali e artificiali) con acqua abbastanza profonde da ospitare da sempre anche grandi imbarcazioni; per questo si rese necessaria la costruzione, già dai tempi dei romani, della rocca che sovrasta Castro Marina. C’è un grande affollamento in estate, ma con la nostra piccola barca a vela possiamo calare l’ancora appena fuori dal porto per un breve bagno nelle acque verde smeraldo: da questa postazione a testa in su si guarda la rocca e si favoleggia il passaggio di romani, bizantini, normanni, veneziani e a calare l’abusivismo edilizio degli anni Settanta in poi. Riprendiamo la navigazione per un breve tratto che ci porta a quello che è il confine del feudo di Castro, l’insenatura Acquaviva, uno dei pochi ripari lungo questo tratto così impervio, una piccola gola ricchissima di vegetazione e con l’acqua sempre fresca, anche in agosto, per le sorgenti dolci.
Continuiamo verso Sud e la costa diventa più morbida, accessibile fino a Marina Serra. Le meraviglie che si vanno ora susseguendo in direzione di Leuca sono i porti in miniatura. C’è quello di Andrano, Cala del Lupo, scavato nella roccia per ospitare appena qualche gozzo; non c’è né lo spazio né abbastanza acqua per ospitare barche oltre i sette metri. Vale la pena di fermarsi, anche per una notte se si trova ospitalità, per vedere come il lavoro di scavo dell’uomo e del mare si siano innestati organicamente, e per fare un bagno dalla costa bassa, spesso con la roccia liscia che scivola in acqua. Non è ancora un posto preso d’assalto dai turisti e le nonne con i bimbi sono ancora lì che si paparisciano (termine intraducibile per descrivere il piacere che hanno le papere muovendosi in acqua) nelle vaschette naturali nella roccia con acqua limpidissima, appena a Sud del porticciolo.
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 11
MURETTI A SECCO. UN LABIRINTO DI PIETRE “AERODINAMICHE” MAI VISTE ALTROVE //TRICASE E LA MAGNAGRECIAMARE Nel navigare silenzioso di questa breve traversata il porto di Tricase, l’antico Portus Veneris, merita una tappa narrativa. Ci si può fermare ospiti delle banchine della Lega Navale tricasina (buon riparo con tramontana ma risente della risacca dello scirocco) ed andare dritti al casotto ex Locamare, sede del Museo di arte marinaresca messo in opera dall’associazione Magnagreciamare. Ma già in banchina, si sente l’odore della storia passata, dei fasti di un epoca in cui il porto di Tricase era molto vivo, “popolato da trabaccoli, leudi, bragozzi, bovi, caicchi, gozzi, brigantini, pinchi, paranze, feluche”, un ridosso importante lungo le rotte con l’Oriente. Ci sono una decina di imbarcazioni tradizionali da lavoro armate a vela latina, gli “schifetti”, costruiti nel dopoguerra, e i gozzi, più grandi e massicci. Oltre che l’imponente caicco Egeo, sempre armato a vela latina, arrivato anni fa con un carico di disperati dall’altra sponda. E’ questo un gruppo di appassionati e passionali del mare e della storia, nel senso delle radici ritrovate, che, oltre a fare il lavo-
// IL PORTO PIÙ BELLO: MARINA DI NOVAGLIE
ro di ripristino delle antiche imbarcazioni da lavoro, ha messo su la prima scuola comunale di vela latina con corsi estivi aperti a tutti. Sono loro che vi possono raccontare la magnificenza dell’antico Portus Veneris, magari facendo una veleggiata con il caicco, che porta lo stesso antico nome, di 18 metri a due alberi (si legga Tacco di luglio n.38,“la Venere che rinascerà dalle acque”). Si riparte avendo all’orizzonte la quadrata Torre Palane di Marina Serra. Anche qui c’è un porticciolo tagliato nella roccia, poco più grande di quello di Andrano e con la stessa atmosfera “casalinga”. E’ da questo punto che lo zoccolo roccioso del Salento riprende altitudini non immaginabili da terra. Ed ora bisogna stare con gli occhi appuntiti dei falchi, aguzzare la vista che scorre lungo queste ultime miglia. La costa ancora molto alta è un intero ricamo di muretti a secco. Lungo la roccia che scende assai ripida al mare, in tempi lontani, la pazienza e la maestria dei contadini ha permesso la costruzione di questi muretti, come ricami, che ser-
vivano per proteggere gli olivi piantati con ostinazione dal vento, che inevitabile si infrange con forza. Oltre la meraviglia di vedere dall’acqua il labirinto di pietre a secco, c’è lo stupore verso questa ostinazione nel coltivare anche l’ultimo brandello di terra, tutto pieno di sassi. I muretti di questo versante hanno una caratteristica “aerodinamica” mai vista altrove: la parte estrema del muro, che si va rastremando in alto, è tutta traforata per far sì che il vento vi passi attraverso, seguendo il principio del proteggere senza opporre resistenza.
le a piedi, è sempre affollatissima di bagnanti. Non ci si può fermare gettando ancora per il solito motivo, ma vale il colpo d’occhio. È l’ultima vera apertura prima di giungere a destinazione.
// FINIBUS TERRAE, L’APPRODO Siamo ora approdati a Leuca, al Capo. Il faro di Punta Melìso, un vero monumento, con i suoi 47 metri d’altezza, ma 102 sul livello del mare, e la portata luminosa di 27 miglia, ci ha guidato nelle ultime miglia. Anche in questo caso, come ad Otranto, consigliamo di uscire fuori per qualche miglio, con la prua rivolta al faro, e cogliere meglio la prospettiva di questo Capo di Finibus Terrae, con la sua baia delimitata a Nord dalla punta Melìso e a Sud da Punta Ristola. A questo punto, a nuoto, a piedi, accendendo il motore del nostro j24 si possono andare a trovare le tante grotte che puntellano la costa attorno a Leuca. Oppure, ormeggiata la barchetta nella moderna marina (ma poco efficiente per via delle sciroccate da cui non è con sufficienza protetto) ci si può affacciare da Buk-sosta libraria, specializzata in pubblicazioni dedicate al mare, incluse le carte nautiche di tutto il Mediterraneo.
Scapolata la punta di Marina Serra, si apre un anfratto da giganti, il Canale del Rio, perché è da questo punto che la costa riprende le sue poderose altezze. Non c’è modo di fermarsi, l’acqua è assai profonda, ma con il nostro j24 possiamo arrivare sino in fondo e, prima di virare per uscire, provare a penetrare almeno con lo sguardo nella lunga, alta, misteriosa fessura che si apre e si perde chissà dove. Scapolata la punta del Canale del Rio si arriva alla Marina di Novaglie. Tra i porticcioli in miniatura (Andrano e Marina Serra) questo è un vero gioiello, caro ai pochi pescatori che possono riparare le proprie barchette. Qui, il taglio nella roccia assomiglia ad una cava, quelle di tufo o lecciso di cui è pieno il Salento. L’entrata è talmente stretta che solo loro, i pescatori, sanno come fare per evitare di essere schiacciati sull’alta parete, se tira un vento appena appena forte. Non c’è dubbio, è il porto più bello del Salento. A seguire c’è una gola gemella del Canale del Rio, assai più famosa, il Ciolo, sovrastata dal ponte anni ’70. Un’insenatura che, per essere raggiungibi-
Carte e pubblicazioni nautiche di supporto: I.I.M. 920 Portolano del Mediterraneo, vol 1B-1C
MINI GLOSSARIO Punto cospicuo: è un punto di riferimento sulla costa visibile, per chi naviga, da lontano. Per questo motivo spesso sono riportati anche sulle carte nautiche. Torre del Serpe, il faro della Palascìa sono alcuni dei punti cospicui incontrati sulla rotta del nostro viaggio. Scapolare: superare un punto cospicuo, un porto, una località visibile dal mare, ma soprattutto un Capo. È un momento importante durante la navigazione perché segna una tappa della rotta. Quando si scapola il faro di Leuca si è già in rotta per Gallipoli o per la Calabria, ad esempio. Pescaggio: indica la profondità della chiglia della barca, se è a motore, o della deriva (una sorta di pinna che pende dalla chiglia) se si tratta di una barca a vela. È un parametro importante quando si deve entrare nei porti per ormeggiare: spesso non c’è abbastanza acqua per il pescaggio della propria barca. Dormire alla fonda: una barca può sostare, anche per dormire, nella banchina del porto assicurata alla cime. Oppure, ci si può fermare in una baia (ad esempio la baia dell’Orte), dare àncora e dormire. Il Gabbiere: ieri, era l’addetto alla velatura più importante, quella dell’albero di maestra, la più alta, la più vicina al cielo. Il gabbiere ha lo sguardo lungo. Oltre. Per avvistare terra, i delfini, le balene e le sirene, affina l’intuito e il fiuto, sente per primo il vento, ha lo sguardo al cielo e i piedi sul legno della barca. Oggi, il Gabbiere è un’associazione sportiva che si occupa di promuovere lo sport della vela e la cultura del mare. Il nostro scopo è quello di invitare all’esplorazione del territorio salentino da un punto di vista molto privilegiato: il mare. Siamo presenti su tutta la costa salentina con basi ad Otranto, Gallipoli, San Foca e disponiamo di: due imbarcazioni “j24”, un “Bavaria40” e un “Bavaria46”. La scuola di vela e mare è tenuta da istruttori qualificati che accompagnano l’allievo alla scoperta della vela attraverso corsi di iniziazione, perfezionamento e propedeutici alle regate d’altura. La nostra scuola di vela è dedicata a Tino Straulino, grande uomo di mare e maestro di vita. Info: 339.8897357 - 339.4867878
il tacco d’Italia
11
Agosto 2007
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 12
// Vista terra //Salento a gonfie vele //Bellezze al bagno
UN TUFFO DOVE
di Flavia Serravezza
uesta volta il viaggio è via terra: un percorso a tappe tra le tredici località balneari salentine inserite da Legambiente nella guida Blu 2007. Nardò è in testa con il voto massimo, cinque vele. In ogni località siamo andati alla scoperta di ciò che di tipico il turista può scoprire. Senza dimenticare di segnalare le calette più suggestive per bagni da sogno
Q
il tacco d’Italia
12
Agosto 2007
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 13
L’ACQUA È PIÙ BLU
Q 5
A SPASSO, VIA TERRA, TRA LE TREDICI MARINE PREMIATE DA LEGAMBIENTE
uest’anno nuove Bellezze al bagno della Provincia di Lecce vanno alla conquista del Belpaese. Tra le migliori località costiere italiane segnalate dalla Guida blu 2007 di Legambiente e Touring Club spicca il sesto posto nazionale di Nardò con le sue prime cinque vele. Mentre Otranto scivola fuori dalla top ten. Gallipoli,Andrano e la new entry Diso a "forza quattro". Ugento perde terreno. Meno bene Tricase, Castro, Porto Cesareo e Melendugno. Come ogni anno, a ciascuna località è stato assegnato un voto complessivo, che ha poi sancito la conquista delle “vele”, scaturito dal grado di pulizia del mare, dalla qualità ambientale, dallo standard di accoglienza, dalla possibilità di offrire luoghi di interesse storico-culturale e dalla presenza di fondali marini interessanti, senza dimenticare l’esistenza di infrastrutture per disabili. Insomma, non solo acque pulite, ma anche poco cemento, centri storici ben restaurati e itinerari naturalistici ed enogastronomici: un mix perfetto per un’ecovacanza che non finisce sotto l’ombrellone.
Q
// NARDÒ, CINQUE VELE D’ORGOGLIO
Quest’anno non ce n’è per nessun’altra località pugliese: nel gotha delle coste italiane figurano solo Santa Caterina, Santa Maria al Bagno, Sant’Isidoro e Porto Selvaggio, tutte marine di Nardò. Fino ad oggi ai margini dei grandi circuiti turistici, all’ombra di Gallipoli, Otranto e Porto Cesareo, il Comune neretino conquista un sesto posto d’onore tra le città dell’eccellenza balneare. Così, una zona del Salento per molti aspetti mantenuta incontaminata - grazie anche a cittadini e amministratori che non hanno esitato a combattere le speculazioni – viene riscoperta dall’Italia intera. Il parco, dopo 25 anni Non è solo l’aureola di mare “limpido e puli-
to” quella che Nardò si è messa in testa. Ben altre sono le ragioni che hanno portato Legambiente ad assegnare a questo Comune le ambite cinque vele. “Per la prima volta il Comune di Nardò entra a far parte dei Comuni a cinque vele – si legge nella motivazione - grazie al buon lavoro svolto negli ultimi anni. Il Comune si è distinto per la lotta all’abusivismo edilizio. Possiede uno dei pochi depuratori funzionanti in Puglia e dopo 25 anni di equivoci e di abbandono, l’amministrazione ha contribuito a realizzare il parco regionale di Porto Selvaggio e Palude del Capitano, uno dei gioielli naturalistici, paesaggistici e archeologici del Salento. Da sottolineare infine la richiesta di ampliamento dell’area marina protetta di Porto Cesareo alla propria fascia costiera”.
il tacco d’Italia
13
Agosto 2007
LOTTA ALL’ABUSIVISMO EDILIZIO, DEPURATORE FUNZIONANTE, PARCO REGIONALE, RICHIESTA DI AMPLIAMENTO DELL’AREA MARINA PROTETTA DI PORTO CESAREO ALLA PROPRIA FASCIA COSTIERA. PER QUESTE RAGIONI NARDÒ SI È AGGIUDICATA CINQUE VELE LEGAMBIENTE. ED È L’UNICA IN PUGLIA PORTO SELVAGGIO, UN SOGNO DA TUTELARE Con la sua pineta che scende al mare, Porto Selvaggio nasconde alte coste ed il mare blu profondo. Le sue pareti rocciose raggiungono anche i 40 metri. L’intera zona, tra la Torre dell’Alto e quella dell’Uluzzo, è sottoposta a vincolo paesaggistico e ricopre una costa fatta di grotte, scogli e calette. Con la legge regionale del 15 marzo 2006, è stato istituito il “Parco naturale regionale di Porto Selvaggio e Palude del Capitano”, che si estende per circa mille ettari ed unifica in un’unica area il parco naturale attrezzato costituito nel 1980 e l'area naturale protetta della Palude del Capitano, classificata dalla legge regionale n.19 del 1997. L'intera area, gestita dal Comune, comprende tre siti di interesse comunitario (Sic) Torre Uluzzo Torre Inserraglio - Palude del Capitano, ed aree di interesse archeologico e paleontologico. Di fronte all’aggressione dell'edilizia vacanziera sulla costa ionica, salta all'occhio lo stato intatto di questi luoghi. Se volete visitare il Parco, indossate scarpe comode e preparate il fiato. Un po’ di fatica e gli incantevoli panorami vi lasceranno senza. CURIOSITA’: Nella baia di Uluzzo (grotta del Cavallo), sono stati rinvenuti manufatti del paleolitico, resti di grandi mammiferi (anche rinoceronti), oggetti con graffiti decorativi a soggetto naturalistico o geometrico. Poco distante dalla grotta si può ammirare una cavità frutto di erosione eolica, a forma di arco naturale scavato nella roccia. DA NON PERDERE: Il fascino e i sapori della masseria Brusca che si trova pochi chilometri a sud della fine del Parco marino (Torre Inserraglio). Edificata nel 1500, la masseria prende il nome da un'erba che cresceva nei paraggi, impiegata per costruire le brusche con le quali si strigliavano i cavalli. Possiede una torre colombaia dove un tempo erano alloggiati i colombi viaggiatori che servivano per le comunicazioni tra masserie ed entroterra. E’ un’azienda agricola che produce vari formaggi, marmellate di mele cotogne (cotognata) olio di oliva e ortaggi di colture biologiche, che si possono acquistare sul posto.
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 14
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 15
4
// GALLIPOLI, LA CITTÀ BELLA Va di moda per le spiagge, lo shopping, lo struscio sul corso Roma e le discoteche. Cui unisce affascinanti tramonti e bellezze architettoniche, come il Castello Angioino e la Fontana greco-romana, la più antica d’Italia. Ha conquistato quattro vele perché ha mantenuto alti rispetto ambientale, qualità dei servizi e tutela del patrimonio architettonico. Non si può non apprezzarne il centro storico (la “padella”). Adagiati sulle acque gallipoline, ci sono lo Scoglio dei Piccioni, l'isolotto del Campo e l’isola di Sant'Andrea, sede del faro costruito nel 1866. CURIOSITA’: non osate passare da Gallipoli senza aver assaggiato i ricci di mare dai pescatori che li mettono in mostra sui banconi all’inizio della strada per Lecce. SPIAGGIA CONSIGLIATA: nella baia del Lido Pizzo, primeggia la spiaggia della Punta della Suina. Qui vi aspettano imperdibili aperitivi al tramonto. Più avanti, la spiaggia del Lido Pizzo è divenuta un ritrovo stabile di vip.
// LA PERLA, ANDRANO Raddoppia il numero delle vele la Marina di Andrano, più volte insignita della "Bandiera Blu", sigillo europeo della cristallinità del mare. Si snoda lungo circa 2 Km, nel tratto di costa che congiunge Otranto a Leuca. Le spiagge più note sono: "La Botte", la "Marina della Torre" con due punti di balneazione ("Il Fiume", dalle acque gelide, e la "Grotta Verde" che, accanto ad una spiaggia di facile accesso, offre il fascino di una cavità naturale di un delicato riflesso verde smeraldo). Il lungomare che collega la "Marina della Torre" alla "Botte" è il cuore pulsante della marina. Una visione d’insieme si può avere dal "Belvedere Madonna dell’Attarico". Qui si può anche visitare la Chiesa dalla forma a chiglia di nave, circondata dalle "Paiare" e la cripta rupestre, con un affresco di epoca basiliana.
//SALVE E I CARAIBI DEL SALENTO Con le località marine situate sulla costa jonica - Posto Vecchio, Lido Marini, Torre Pali, Pescoluse – Salve conferma per il quarto anno le quattro Vele. Quest’anno la Marina di Salve si è piazzata sesta migliore località balneare della Puglia secondo gli indicatori di Legambiente. SPIAGGIA CONSIGLIATA: Pescoluse. Sabbia finissima, acque cristalline e grandi dune ne fanno una delle località più incontaminate del Salento. Ma Pescoluse è anche ricca di storia, arte e cultura. Lo testimoniano i resti dei dolmen, le numerose "Pajare" (i trulli salentini) e la torre cinquecentesca di Masseria "Borgin" eretta in difesa delle scorrerie dei corsari.
A GALLIPOLI PRIMEGGIA LA SPIAGGIA DELLA PUNTA DELLA SUINA. QUI VI ASPETTANO IMPERDIBILI APERITIVI AL TRAMONTO. PIÙ AVANTI, LA SPIAGGIA DEL LIDO PIZZO È DIVENUTA UN RITROVO STABILE DI VIP
// DISO, TRA MARE E FIUME Diso, che sorge su una pianura verdeggiante e ricca di acque sorgive ce l’ha fatta ad entrare nella classifica. Il mini-Comune si trova a poca distanza dalla costa adriatica, cui è collegato attraverso la frazione Marina di Marittima. Il centro storico è perfettamente conservato e ripropone la struttura seicentesca a fianco di nuove aree edificate. Numerose le costruzioni rurali. SPIAGGIA CONSIGLIATA: Cala dell’Acquaviva è uno degli scorci più preziosi, tra alte pareti di roccia posta alla foce di una gravina naturale percorsa da un rivo d'acqua a corso stagionale e ricca di vegetazione. Compresa nel Parco Regionale Costa Otranto - S. Maria di Leuca, è un Sic per la presenza di importanti specie di vegetazione. Un recente percorso a basso impatto realizzato in terra e col calcare dolomitico locale permette passeggiate sulla scogliera.
// OTRANTO PERDE UNA VELA. E NON SOLO Dopo anni, la Porta d’Oriente è scivolata giù nel gruppone delle quattro vele. Gli esperti hanno rilevato una battuta d’arresto nella raccolta differenziata dei rifiuti e un calo dell’attenzione nei confronti dell’abusivismo edilizio. DA NON PERDERE: lo shopping nel borgo antico, la visita al Castello Aragonese, alla Cattedrale, alla Basilica di San Pietro, alla Cappella della Madonna dell'Altomare e al Santuario di S. Maria dei Martiri. SPIAGGE CONSIGLIATE: Baia dell'Orte, Spiaggia degli Alimini. La prima è uno dei tratti di costa più incontaminati del Salento, con lo storico faro della “Palascìa” a mezza costa, una serie di piccole cale sabbiose ed una piccola pineta. Si raggiunge imboccando la vicinale che costeggia a sinistra la Chiesa dei Martiri e più avanti le “Terre Russe”, cave di bauxite abbandonate trasformatesi in laghetti verde-turchese dalla rara vegetazione balcanica. La seconda è un'ampia spiaggia con dune ricche di vegetazione e un’estesa pineta costiera.
3
// CASTRIGNANO DEL CAPO E LEUCA Stesso risultato del 2006, tre vele, per Castrignano del Capo e le sue frazioni importanti: Giuliano, Salignano e Santa Maria di Leuca. Santa Maria di Leuca è stata anche Bandiera Blu delle Spiagge nell'anno 2005. Dall'ottobre 2006, parte del suo territorio rientra nel Parco Costa Otranto - Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase. Segnaliamo località Ciolo per la sua scogliera che si ammira dalla litoranea attraversando un ponte alto circa 26 metri. Si consiglia una visita alle grotte occidentali di Leuca (in particolare quelle in prossimità di San Gregorio e le grotte delle tre Porte, del Presepio e del Bambino). CURIOSITÀ: gli abitanti di Castrignano del Capo sono soprannominati cuzziddi, "piccole lumache". Molti anni fa, durante la processione di San Giuseppe, infatti, scoppiò un temporale ed i fedeli anziché preoccuparsi della statua del Santo, si misero a raccogliere lumache. I vicini di Salignano presero la statua e la portarono con sé al loro paese. DA VISITARE: l'antico centro di Castrignano del Capo, dove si trova la Chiesa Madre dedicata a San Michele Arcangelo. A metà della strada che da Castrignano porta a Leuca, si trova la Chiesa di San Giuseppe. A Leuca, visitate il promontorio Japigeo "de finibus terrae", estremo lembo della penisola salentina, il Santuario dedicato alla "Madonna de finibus Terrae", le grotte, le ville ottocentesche. A Salignano, la Chiesa di Sant'Andrea, la Chiesa della Purificazione e la Torre del 1550. A Giuliano, il Castello cinquecentesco.
// MESSAPICO UGENTO Perde una vela il centro messapico che si appunta al petto solo tre vele. Un buon risultato dovuto alla cura del centro storico e all’efficienza dei servizi, ma anche al mare azzurro e alle spiagge pulite delle frazioni Gemini,Torre San Giovanni,Torre Mozza e Lido Marini. La costa è bassa e sabbiosa, con rocce solo in brevi tratti. A ridosso della costa sono presenti bacini artificiali contornati da boschi di macchia mediterranea. Quest’anno, con legge n. 13 del 28 maggio 2007, la Regione Puglia ha ufficialmente istituito il Parco Litorale di Ugento. CURIOSITA’: “Torre mozza”, all’origine Torre dei Fiumi, crollò appena terminati i lavori di costruzione. Venne riedificata, ma ulteriori crolli hanno determinato la definitiva e attuale conformazione, ovvero di una Torre Mozza. La marina di Torre San Giovanni, la cui torre fu edificata nel 1563 in prossimità delle rovine dell’antico porto romano, è una delle più conosciute località costiere del basso Salento. SPIAGGE CONSIGLIATE: se volete essere “in”, il Lido Sabbioso e il Lido Cocoloco fanno per voi. Per una partita a beach-volley vi aspetta la spiaggia dell’Astor beach.
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 16
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
3 2
10:01
Pagina 17
// GAGLIANO DEL CAPO: PANORAMI MOZZAFIATO
// TRICASE, IL REGNO DELLA VALLONEA
Sul costone della Serra dei Cianci, sul mare Adriatico, sorge Gagliano del Capo che, per la tutela delle bellezze paesaggistiche ed architettoniche e l’efficienza dei servizi ha meritato un posto nella Guida blu 2007. Ha come frazioni Arigliano, San Dana e Novaglie. Protagonisti sono muri a secco, paiare, ulivi secolari, mare incontaminato e roccia. La più bella è il ponte Ciolo. In barca andrete alla scoperta delle grotte del Pozzo, del Duomo, delle Mannute. Testimone di insediamenti umani dell'età del bronzo è il Menhir dello Spirito Santo ad Arigliano.
// CASTRO, VIA LO STRESS Di vele ne ha solo due, ma è uno dei più begli approdi turistici del Salento. Sorge al centro dell'arco di costa che va da Otranto a S. Maria di Leuca. Chi vi arriva entra in una dimensione che fa dimenticare lo stress: dal caratteristico borgo medioevale ricco di storia, al porto nei pressi del quale si vedono le grotticelle scavate che servono da magazzini per i pescatori, alle sue grotte (Zinzulusa e Romanelli), ai picchi rocciosi, ai fondali ricchi di fauna e di flora. DA NON PERDERE: Seno dell’Acquaviva, una piccola cala sassosa a sud di Castro Marina, in fondo a un canalone in cui sopravvive un antico bosco di lecci e alloro.
Conserva due vele Tricase con le località di Tricase Porto e Marina Serra. Al suo porto è stato di recente aggiunto un porticciolo per permettere il ricovero della barche da diporto e sviluppare il turismo. DA VISITARE: la chiesetta di San Nicola, protettore di Tricase Porto, e la Torre del Sasso, situata su una grande e maestosa roccia, a 116 metri sul livello del mare. CURIOSITÀ: Sulla strada che conduce a Tricase Porto c'è uno dei più antichi alberi d'Italia: la Quercia Vallonea (XIII secolo), conosciuta anche come la "Quercia dei 100 cavalieri". Ha una circonferenza di 4,25 metri ed una chioma di circa 700 metri quadrati di superficie. Per la sua rarità è stata dichiarata monumento botanico protetto. CONSIGLIATE DA NOI: tra Tricase Porto e Marina Serra, il Canale del Rio ("lu Riu"), scavato, secondo la leggenda, dal diavolo in una notte. Ad un miglio, un piccolo tempio dedicato all'Assunzione della Vergine (Santa Maria della Serra, XVI secolo); il promontorio del Calino con vegetazione fiorente; la Grotta Matrona, accessibile soltanto dal mare. Sul litorale c'è la Torre Palane; a levante della torre vi è il vano di un'antica grotta circolare screpolata dal tempo: la gente la chiama "Acquaviva", per la presenza di una sorgente di acqua dolce. Sulla sommità del Calino, è d'obbligo una fermata al "Belvedere".
1
// MELENDUGNO, UN BAGNO NELLA STORIA Naviga con una sola vela il Comune di Melendugno con le sue cinque marine: San Foca, Roca Vecchia, Borgagne, Torre dell’Orso e Torre Sant'Andrea (le ultime due sono state premiate con la Bandiera blu d’Europa per la limpidezza del mare) che si affacciano sull’Adriatico.
// PORTO CESAREO, AREA MARINA PROTETTA Quest’area marina protetta è un piccolo angolo di paradiso. Qui molti vip e turisti cercano massimo relax e tranquillità. Qui fanno tappa anche tornei mondiali di beach volley. Da un sondaggio è però risultato il secondo Comune più abusivo d'Italia. DA NON PERDERE: il corso delle peschiere, la sagra del pesce, la Stazione di Biologia Marina (unica nel suo genere) con annesso Museo, il porticciolo, il Parco Marino (che si affaccia sull'Isola Grande). SPIAGGE CONSIGLIATE: l’Isola Grande, detta anche “dei Conigli”; la spiaggia di Punta Prosciutto, estremo lembo nord della costa di Porto Cesareo, denominata così per la sua particolare forma.
Per un bagno tra mare e storia non potete perdervi Roca Vecchia, sede di scavi archeologici. Da visitare: la Torre di avvistamento cinquecentesca, le rovine del castello sul mare e la grotta della Poesia. Per un po’ di relax, andate a Torre dell'Orso, che vanta un mare particolarmente limpido per le correnti del Canale d'Otranto.Tra due scogliere sotto la vecchia torre, si trovano basse dune con pineta, attraversata da un corso d'acqua chiamato Brunese. La scogliera è ricca di grotte con graffiti latini e greci. Torre Sant’Andrea: in un mare trasparente non potrete non accorgervi dei tre faraglioni detti “Lu Pepe”. Il porticciolo della cala di Sant'Andrea è una piccola località il cui aspetto selvaggio è di particolare fascino.
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 18
// Vista da sotto //Le meraviglie nascoste //Il Salento sotterraneo NEI GRAFFITI DI GROTTA ROMANELLI, RISALENTI AL 3.900 A.C., SAREBBERO IMPRESSI EPISODI DI CONTATTI “DEL TERZO TIPO”: UOMINI-TRIANGOLO, UOMINI-SCUDO, UNA IPOTETICA ASTRONAVE, UN UOMO DAL CAPO ENORME SU UNA NAVE
A)
A-B - Grotta Romanelli. I graffiti raffigurano due bovi sovrapposti (foto Ninì Ciccarese) B)
di Giuseppe Finguerra
I MISTERI SOTTO LA iuseppe Finguerra è per passione speleologo amatoriale. Ha voluto condividere con i lettori le emozioni di cui si nutre, ammirando nelle sue escursioni il Salento sotterraneo e dandoci preziose informazioni su che cosa scoprire, sotto la terra rossa, e perché
G
// “STRACCI” SI, MA TRA I DIECI PIÙ IMPORTANTI AL MONDO Grotta Zinzulusa (gli zinzuli sono gli stracci, così vennero definite le stalattiti dai primi scopritori) si presenta imponente, con una maestosa apertura affacciata sul mar Jonio. Si trova nei pressi di Castro Marina ed è raggiungibile, percor-
rendo la strada litoranea in direzione di Santa Cesarea Terme. Il visitatore curioso ed inesperto di speleologia può accedervi facilmente. La grotta, generata e modellata dall’azione del tempo e della natura, è un ambiente vissuto, con una ricchezza di esseri viventi, a volte unici al mondo, adattatisi a condizioni apparentemente estreme. Il prestigioso Kars Water Institute annovera la
Maestosa Zinzulusa. La grotta nei pressi di Castro marina è caratterizzata da una grande varietà di stalattiti e stalagmiti
il tacco d’Italia
18
Agosto 2007
Zinzulusa tra le dieci grotte più importanti al mondo per le sue 60 specie note, la maggior parte endemiche. Morfologicamente, si articola in tre parti: la prima, dall’ampio ingresso fino alla “Cripta”, presenta una grande varietà di stalattiti e stalagmiti, con “la Conca” invasa da acque limpidissime in cui si mescolano acque marine e le acque dolci freatiche. La seconda prosegue verso l’ampia cavità denominata il “Duomo”, dove le stalattiti e le stalagmiti diminuiscono per l’intensa erosione delle acque e vi sono i resti dell’imponente deposito di guano, accumulatosi nel corso dei millenni. Nel “Duomo” defluiscono le acque del piccolo lago Cocito. La terza parte ospita le acque del Cocito con un fenomeno di sovrapposizione dell’acqua più fredda e dolce con l’acqua del livello sottostante, più calda e salmastra. Nel 1996, una spedizione speleo-subacquea ha trovato una spugna stigobionte sconosciuta, evolutasi nelle acque del Cocito profondo, un ambiente isolato, a circa 250 metri dall’ingresso della grotta. Appartiene all’ordine Axinellida ed è stata chiamata Higginsia Ciccaresei, in onore di Ninì Ciccarese, il presidente del Gruppo Speleologico Salentino, che caparbiamente ha scoperto e promosso l’esplorazione di questo tratto di grotta. Il breve tragitto che si deve compiere per andare dalla Zinzulusa alla Grotta Romanelli consente di osservare l’aspetto del paesaggio costiero, con l’altopiano a circa 100 metri di quota ed una ripida gradinata di superfici che degrada verso il mare. Un tempo, gli scogli erano sollevati rispetto all’attuale linea di costa. Lì, dove ora il
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
Grotta Romanelli. Le uniche pitture rinvenute (foto Ninì Ciccarese)
10:01
Pagina 19
Higginsia Ciccaresei. La spugna rara ritrovata nella grotta della Zinzulusa (foto Tony Daniele)
Porto Badisco. Disegni “del terzo tipo”
1
2
4 3 Grotta Romanelli. I graffiti sulle pareti interne (foto archivio Blanc)
Porto Badisco. La raffigurazione di un’imbarcazione sormontata da una strana figura antropomorfa
Sottomarina. I fondali della grotta Zinzulusa (foto archivio Speleosub ‘96)
TERRA ROSSA na ad esprimere un’opera d’arte paleolitica e la nona in Europa. Le pareti della Romanelli documentano motivi naturalistici, come quello del bos primigenius colpito da due zagaglie, nonché motivi geometrici o zooformi, con figure umane o filiformi che rimandano alla fertilità della donna ed ai suoi organi riproduttivi. Sono probabilmente i simulacri davanti ai quali l’uomo di Romanelli procede a riti magici e propiziatori, sia per usi famigliari sia per i rituali collettivi.
IL RACCONTO DEL COMPIANTO ISIDORO MATTIOLI E DEL GRUPPO DI SPELEOLOGI CHE LO ACCOMPAGNÒ: NELLA GROTTA DEL TAM TAM UN UMANOIDE DI 80 CENTIMETRI CHE PRODUCEVA SEGNALI SONORI
// PORTO BADISCO, GLI UFO SBARCARONO QUI
mare raggiunge i 100 metri di profondità, vi era una piattaforma stepposa, dove le rare popolazioni esercitavano la caccia. Romanelli è visitabile guidati da esperti speleologi. Si raggiunge più agevolmente in barca, arrampicandosi sugli scogli per un’altezza di 8 metri. Le esplorazioni compiute in passato hanno consentito di ritrovare vari materiali: avanzi di focolari, ossa di resti umani, di mammiferi e di uccelli, strumenti di silice (lame, punte, raschiatoi circolari). L’importanza dei manufatti ha spinto gli studiosi ad attribuire il nome di Romanelliana all’industria di questa massa pietrosa. I reperti permettono di affermare che la cavità è stata abitata fin dal paleolitico e di datare tra 11.900 e 9mila anni fa le prime presenze umane. La grotta, sito dei primi clan di cacciatori, è la prima italia-
Sempre percorrendo la strada litoranea, lasciando Romanelli e superando Santa Cesarea Terme, si giunge a Porto Badisco, nelle cui profondità si celano le meraviglie ed i misteri della Grotta dei Cervi. La grotta, scoperta nel 1970 dagli speleologi del Gruppo Pasquale De Lorentiis di Maglie, ha sulle pareti numerose raffigurazioni, risalenti al 3.900 a.C., che suscitano l’interesse non solo degli studiosi accademici, ma anche degli appassionati ufologi, appartenenti al ramo specialistico della paleoastronautica. Questi ultimi ipotizzano che le cavità siano state utilizzate come un luogo sacro al culto di Orione, quindi un culto rivolto allo spazio celeste. Lo testimonierebbero alcune pitture parietali, una delle quali attesterebbe addirittura l’incontro tra la primitiva comunità di Porto il tacco d’Italia
(29)
19
Agosto 2007
Badisco ed un oggetto non identificato di provenienza extraterrestre. Tale ipotesi troverebbe conferma nell’osservazione dei graffiti denominati del “Gruppo 42”, ossia la raffigurazione del passaggio o della caduta di un corpo celeste, che avrebbe provocato un tale trauma nella comunità primitiva da produrre conflitti e sconvolgimenti sociali. In particolare, vi sarebbero le tracce di un gruppo di armati che, incitati dall’apparizione del corpo celeste, avrebbe attaccato ed annientato la comunità medesima. L’esame delle scene del “Gruppo 36” rivelerebbero i seguenti particolari: “uomo a triangolo”, “uomo scudo”, “ipotetica astronave”, “segno cruciforme”, “tracciato del Sole durante il solstizio d’inverno”. Quest’ultima rappresenterebbe una mappa celeste, o un calendario astronomico, utilizzata dai primitivi cacciatori per misurare l’appressarsi del solstizio d’estate. Nella scena vi sono simboli astronomici che si alternano alla rappresentazione dell’incontro tra la comunità ed il misterioso corpo celeste. Passando all’esame del “Gruppo 22”, vi sarebbe raffigurata un’imbarcazione su cui si troverebbe una strana figura antropomorfa con testa sproporzionata rispetto al corpo.
Porto Badisco. Il gruppo 8. Da sinistra possono vedersi un probabile bovino da sacrificare ed una ipotetica raffigurazione della dea Madre
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 20
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:01
Pagina 21
Tuttavia, la Grotta dei Cervi non è l’unico sito carsico in Porto Badisco interessato da vicende che hanno a che fare con gli incontri del terzo tipo. Infatti, pare che un E.T. naufrago viva in un altro luogo delle viscere della terra di Porto Badisco. A nord-ovest, ad una distanza di circa cinquecento metri, vi è la Grotta del Tam Tam. Qui si sono verificati una serie di incontri enigmatici fra il 1975 ed il 1985. Isidoro Mattioli, uno dei cinque scopritori della Grotta dei Cervi e uomo non facile al trasporto fantastico, mi raccontò, con ancor vivo raccapriccio, le vicende di cui fu testimone: “Era il 1975 quando mi sono addentrato per la prima volta nella grotta attraverso un tortuoso cunicolo. Dapprima, ho avvertito il rumore di sassi in caduta, successivamente un suono innaturale in grotta, ossia il ritmo cadenzato di tre battiti, come di un corpo solido battuto sulla roccia. Rimasi stupito della cosa, ma non vi ho dato molto peso. Alcuni anni dopo, dall’incontro con altri speleologi che si erano inoltrati nella stessa grotta, ho appreso che anche questi avevano avvertito lo stesso misterioso suono cadenzato. È nella natura dell’esploratore trovare una spiegazione razionale ad un fenomeno naturale singolare e, per il momento, inspiegabile. Tuttavia, ciò di cui in seguito sono stato testimone, continua a rimanere un enigma. Per questa ragione, nel 1985 sono ritornato nella Grotta del Tam Tam accompagnato da altri quattro speleologi. Ci siamo inoltrati nel contorto reticolo di cunicoli carsici, nel buio appena squarciato dalla luce fioca delle lampade. Io ero davanti e sono stato il primo a vedere in una piccola cavità dinanzi a me, a distanza di circa sette metri, due occhi fiammeggianti, la cui iride appariva cambiare tonalità dall’arancione al rosso più intenso. Mi sono avvicinato velocemente per osservare meglio quello che, dapprima, ho creduto fosse una volpe o un tasso. Tuttavia, un brivido ha percorso la mia schiena quando ho visto proiettata dalla mia luce su una parete l’ombra di una sagoma bipede dalla testa ovale, alta circa 80 cm, che si allontanava velocemente verso l’interno. Subito dopo, io e i miei compagni abbiamo udito un rumore crescente e ritmato. Abbiamo avuto tutti paura e siamo usciti dalla grotta. Il battito di tamburo, così lo definisco, è proseguito per molti minuti”. Scrivo di questa vicenda anche per ricordare il mio compianto maestro di speleologia il quale, per l’emozione vissuta, mi consigliava di non addentrarmi mai da solo nelle cavità di Porto Badisco. Infine, l’accesso della Grotta del Serpente è stato chiuso con un cumulo di terra dal proprietario del fondo agricolo, poiché l’indesiderato clamore della notizia turbava gli affari del suo agriturismo. Le coordinate della Grotta sono ravvisabili nel Catasto.
Torre Pinta. La colombaia
ci. Ovunque le pareti presentano cellette scavate. Il corpo centrale è sfondato in alto ed è protetto da una torre circolare con un coronamento a merli triangolari. Alcuni studiosi ipotizzano che sia stata realizzata dai coloni romani ed avesse funzioni di sepolcreto; altri, invece, ritengono sia più antica, poiché costruita dai messapi e destinata ad un culto sconosciuto. Intorno a Torre Pinta vi sono numerose grotte tufacee, scavate
// ESCLUSIVO SEGNI MASSONICI IN SANTA MARIA DELLA PORTA Nell’agro di Galatina, intorno ai resti dell’antico casale scomparso di Pisanello, una ricca famiglia borghese della città realizzò, negli anni successivi all’Unità d’Italia, un edificio di culto piuttosto singolare, poco noto anche tra gli stessi abitanti locali. Il complesso denominato Santa Maria della Porta è stato realizzato a cinque metri di profondità, rispetto al piano di campagna. Il luogo suscita perplessità riguardo alla effettiva destinazione al culto cattolico. Infatti, le caratteristiche architettoniche, accompagnate da altri indizi, fanno pensare che si tratti di una rara espressione di principi e di valori estetici propri della massoneria. Santa Maria della Porta è articolata in due parti: il “giardino delle delizie” e l’edificio cultuale. Il giardino delle delizie si trova cinque metri al di sotto del piano di campagna. È di forma rettangolare e misura all’incirca 80 metri di lunghezza e 50
// TORRE PINTA, COLOMBAIA O LUOGO DI CULTO? Nella Valle delle Memorie ad Otranto, si trova l’ipogeo di Torre Pinta. In alto, su un colle, accanto ad una antica masseria, si scorge la forma apparente di una torre colombaia. È facile raggiungerla con la strada vicinale che inizia nei pressi del porto di Otranto e, aiutandosi con la segnaletica, ci si inoltra fino al luogo del nostro ipogeo. La l’origine e la funzione di Torre Pinta rimane tuttora indecifrabile. Probabilmente risale IV-III sec. a.C.. È scavata nella roccia, composta da un lungo braccio di 27 metri di lunghezza e da un ambiente centrale dal quale sporgono, a modo di croce latina, tre brac-
dall’uomo in età diverse. In questo luogo il rapporto tra l’uomo ed il mondo sotterraneo è ancestrale. Si manifesta nelle diverse espressioni spirituali delle popolazioni che qui si sono succedute nel corso della storia. Infatti, abbiamo siti rupestri preistorici, espressioni di culture megalitiche, necropoli di età messapica o romana, insediamenti medievali dei monaci basiliani e di influenza bizantina.
Essenziale e razionale. L’interno della complesso di Santa Maria della Porta è sprovvisto di decorazioni e di simboli cristiani (foto Mario Corrado)
il tacco d’Italia
21
Agosto 2007
Galatina. Santa Maria della Porta (foto Mario Corrado
di larghezza. Le pareti sono in parte coperte da conci tufacei, in parte presentano la nuda pietra scavata. È accessibile tramite una scalinata coperta sul lato sud. All’interno, nonostante l’incuria, sono ancora visibili gli elementi architettonici e ornamentali originari: piscine per i pesci e le piante acquatiche, fontanili decorati con conchiglie, sedili, alberi da frutto e piante ornamentali disposte secondo un preciso disegno. Il lato a sud presenta la facciata di Santa Maria Della Porta, scavata nella roccia e priva di elementi decorativi, con un’altezza di cinque metri, dal fondo del giardino al piano di campagna. La cupola si erge per altri cinque metri dal piano di campagna. L’edificio ha complessivamente l’altezza di dieci metri. L’interno, ricavato dallo scavo del sottosuolo tufaceo, presenta una pianta circolare ed appare sprovvisto di motivi decorativi e simboli che richiamano al culto cristiano. Il pavimento è a mosaico. L’altare presenta la decorazione di tre torri di Babele. In passato vi era la seguente epigrafe, poi rimossa e rubata: “Pisano Pisanello distrutto fu dai mori, sotto l’altar maggiore si trovano i tesori”. In alto, vi è ben conservata la raffigurazione della volta celeste con le costellazioni. Santa Maria della Porta ha molte similitudini di stile con Villa Montoto, in Maruggio nel tarantino. Quest’ultima è nel Salento l’unico esempio conclamato di giardino massonico. (G.F.)
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:02
Pagina 22
TACCO N. 39 (1)
26-07-2007
10:02
Pagina 23
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:54
Pagina 24
// Olfatto //Salentinità da respirare //I must dell’estate
Angurie per strada. Ma protette da un ombrellone. Cosimo Paiano di Taurisano le vende a chi venga preso da una voglia irrefrenabile di dolcezza e non possa aspettare di raggiungere la frutteria più vicina
CHE COSA NON SI DEVE ASSOLUTAMENTE PERDERE SE SI VUOLE RESPIRARE A PIENI POLMONI LO SPIRITO DEL SALENTO
SE SALENTINO TI VUOI SENTIRE di Laura Leuzzi
Assaggiare il pasticciotto di Andrea Ascalone a Galatina. E’ conosciuto nell’intera provincia. Anche Wladimir Luxuria, nella sua visita in Salento, si è concessa questo piacere. Il pasticciotto è buono dappertutto, ma quello di Ascalone (pasticceria nel centro di Galatina, vicino alla chiesa di Santa Caterina) ha un gusto che è solo suo. I galatinesi non mandano giù il fatto che la città di Lecce l’abbia riconosciuto come un dolce tipico leccese, perché le sue origini si devono proprio ad un antenato di Ascalone, probabilmente di nome Nicola, che lo inventò nel 1742. Gli diede il nome di pasticciotto perché lo realizzò con i resti di altri dolci e, a prima vista, sembrò una torta alla crema venuta male. Invece ebbe fortuna, venne subito apprezzato da chiunque lo assaggiasse, e permise ad Ascalone di risollevarsi dalla crisi economica in cui versava la sua pasticceria.
’è un Salento che non ci si può perdere. E’ quello delle tradizioni che trovano origine nella notte dei tempi, ma anche delle trovate più originali che fanno tendenza. E’ quello che il turista che voglia entrare in pieno nello spirito di terra d’Otranto deve obbligatoriamente vedere, gustare, conoscere. Ecco una breve guida di ciò che, chi viene in Salento, non può fare a meno di fare.
C
IL SALENTO È UNA TERRA CALDA. SARÀ LA PASSIONE DELLA GENTE; SARANNO LE TANTE COSE BELLE DA VEDERE E DA FARE. SARÀ IL CALDO. “E PIÙ CHE IL CALDO, L’UMIDO”. ECCO UN VADEMECUM PER IL TURISTA CHE VOGLIA ASSAPORARE FINO IN FONDO LA SALENTINITÀ ESTIVA il tacco d’Italia
24
Agosto 2007
Dire che non è il caldo, ma l’umido. Non esiste frase più pronunciata nell’estate salentina. Tutti si lamentano delle alte temperature. Tutti, poi, commentano: “Non è tanto il caldo, è l’umido. Lo scirocco”. Tutti credono di aver avuto l’intuizione dell’estate. Tutti si dimenticano, in modo quasi beckettiano, di averla pro-
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:54
Pagina 25
Seguire la messa al santuario di Leuca. Il Salento è anche devozione e spiritualità. E la messa non è uguale dappertutto. Seguirla al santuario di Leuca è un’emozione particolare. Ci si sente al centro del mondo. Credenti o no, è una sensazione da provare. Bere un caffè in ghiaccio al latte di mandorla soffiato al bar “All’ombra del Barocco” a Lecce. Non si è veramente salentini se non si assaggia il caffè in ghiaccio con latte di mandorla soffiato.Attenzione: si beve solo in Salento dove esiste da sempre il culto del caffè in ghiaccio. Provate a chiederlo in un bar del Nord; vi guarderanno strani. Negli anni il caffè in ghiaccio si è perfezionato. L’aggiunta di latte di mandorla soffiato è l’ultima trovata. Imperdibile.
Assaporare la Coppa Canneto al bar Canneto di Gallipoli. E’ nata per caso da un’idea di Michele Castaldi, il proprietario del bar ad un passo dalla fontana greca di Gallipoli, circa 15 anni fa. Ma i clienti l’hanno apprezzata così tanto che è diventata richiestissima. E’ preparata con latte montato, cioccolato fuso e, se si vuole, con l’aggiunta di Bayles.
Affacciarsi al balcone del Belvedere a Castro. Forse si fatica un po’ a trovarlo perché è nascosto nelle stradine bianche del centro storico. Ma quando ci si affaccia, la visuale lascia senza respiro. Scogliera, mare e cielo si toccano. Un consiglio: chiudere gli occhi, inspirare, riaprire gli occhi e godere fino in fondo di ciò che si mostra alla vista. Vedere l’alba ad Otranto. E’ la prima alba d’Italia. Il must vero è vederla il primo dell’anno, ma chi viene in estate può rimediare. Dopo una nottata sfrenata in discoteca, tappa ad Otranto. L’emozione di salutare il sole prima degli altri è indescrivibile.
Fare un tuffo dal “Ciolo”. Gli appassionati ricordano i leggendari nomi di quegli eroi che, sprezzanti del rischio, hanno compiuto l’ardua impresa. Assaporare l’adrenalina e lanciarsi dal ponte in località Ciolo direttamente in acqua. Un volo di 23 metri per entrare nella storia. Si dice che qualcuno l’abbia fatto. Gli altri, un po’ meno temerari, si accontentano di altezze inferiori. Ma la sfida è sempre aperta a chi la voglia cogliere. Il bello è che nel momento in cui qualcuno si tuffa, gli altri spettatori (qualcuno attende il proprio turno, qualcuno è solo curioso di seguire come va a finire) rimangono in religioso silenzio oppure lo incoraggiano a saltare. Anche il protagonista del film “L’anima gemella” con Violante Placido tenta l’impresa. E ce la fa.
Mangiare il cornetto post-disco alla “Fabbrica del cornetto” a Gallipoli. E’ una tendenza recentissima. Una volta si sceglievano altri posti per il cornetto delle prime ore dell’alba. Ma da quando c’è la “Fabbrica del cornetto” non esiste ritrovo migliore dove concedersi un po’ di dolcezza. La pasticceria si trova facilmente, varcato il centro della città bella; si raggiunge rigorosamente a piedi, attirati dal profumo di crema e zucchero che si sente da lontano. Contare i faccioni del Castello di Casarano. Leggenda vuole che nessuno ci sia mai riuscito. I faccioni che si trovano sulla balaustra della facciata del Palazzo sono tantissimi e sono uno diverso dall’altro. Pare che arrivati a metà, si perda il conto o qualcosa di misterioso impedisca di continuare nella conta. Provateci. Anche in questo caso, la sfida è aperta.
Bere mojito e ballare sui lettini al lido Coco loco a Torre San Giovanni. Ore 17.30, appuntamento fisso. Chi frequenti il lido Coco loco (e voglia sentirsi “in”) non può esimersi dal rispettare un rito “tres chic”. Ordinare un mojito fresco e ballare sui lettini in riva al mare al ritmo di musica da discoteca. E’ la preparazione must ad una notte in pista da non dimenticare.
Comprare un gelato dal carretto di Gallipoli. Percorre tutte le vie del centro con musiche che mettono allegria. E lui, l’uomo del carretto, dispensa gelati e sorrisi a chiunque si avvicini. Si ritorna indietro nel tempo e intanto si gusta un buon gelato artigianale.
nunciata un minuto prima o di averla sentita pronunciare a qualcun altro. Sappia, chi viene in Salento, che questa è una terra calda. Sarà la passione della sua gente. Saranno le tante cose belle da vedere o fare. Sarà il caldo, forse. Ma più che il caldo è certamente l’umido.
Fare un falò sulla spiaggia e il Fare la “passeggiata bagno di notte a San Lorenzo. Andare a bere qualcosa delle tre porte” a 10 agosto. Non si può non fare al “Bar del porto” a Lecce. Era una usanun falò sulla spiaggia. OriginaLeuca. Non è che si faccia za anticamente riserriamente lo si faceva per vedere chissacchè. Si ordina la vata ai ricchi. Che le stelle cadenti che in quei giorconsumazione e si sta. In potevano permettersi ni solcano il cielo notturno. Ma piedi o seduti non fa diffecene abbondanti e poi è diventata un’occasione per renza. E intanto si guarda poi, per mandarle giù, divertirsi, arrostire carne e bere la gente passare e ci si si concedevano lunqualche bicchiere in compagnia. mostra alla gente che ghe passeggiate che E, naturalmente, fare il bagno di passa. Il Bar del Porto è toccavano le tre pornotte. Per chi non l’ha mai fatto: un ritrovo per gente chic. te di Lecce, ovvero di notte l’acqua è caldissima ed Se non ci sei, sei out. porta San Biagio, porè un vero piacere. ta Rudiae e porta Napoli. Di strada ce n’è un bel po’. Alla fine del giro la cena sarà bell’e digerita. Oggi la si fa ancora, ma con l’intento di fare un giro in centro. La movida leccese Fare un giro del centro con trenino a Lecce. In altre località è usanza antica. A Lecce è una novità, dunque non si può non non teme confronti. approfittarne. Il trenino porta a spasso i turisti in brevi tour panoramici del centro della città.
Fare un giro al “Lido azzurro” a Leuca. Era già uno dei locali più frequentati di Leuca ma ora che si vocifera di una flirt tra il proprietario e Maddalena Corvaglia non ci si può davvero perdere l’occasione di andare a verificare di persona. Pare che di tanto in tanto lei si faccia un giro da quelle parti. Perché non cogliere l’occasione?
Attaccare un lucchetto ad un palo di Lecce. Mai attore fu più imitato di Riccardo Scamarcio nel film “Tre metri sopra il cielo”. Proprio come lui, anche i leccesi si giurano amore eterno legando un lucchetto ad un palo. Si tratta del palo che si affaccia sull’anfiteatro; di lucchetti ce ne sono ancora pochi, ma d’estate, che fa fiorire nuove passioni, si preannuncia una vertiginosa crescita del numero.
Comprare una palla di pezza a Casarano. E’ un giocattolo tradizionale: una palla di stoffa colorata ripiena di segatura o materiale di scarto di vario tipo, legata ad un elastico. Si lega l’elastico al dito a mo’ di yo-yo e poi si lancia la palla in avanti cercando di riprenderla. Si vende soprattutto in occasione della festa della Madonna della Campana, che si tiene a Casarano la prima domenica dopo Pasqua, ma si trova anche in altri periodi dell’anno. In estate, spesso, ci si imbatte nel signor Angelo Perrone che con la sua macchina allestita a bancarella se ne va in giro a vendere giocattoli. Vedere la statua di Manuela Arcuri a Porto Cesareo. Hanno pensato di dedicarla a Manuela Arcuri perché vero esempio di bellezza mediterranea. Possibile che non ci fosse donna salentina all’altezza del compito? Ad ogni modo è da vedere. Anche solo per sapere a quale ideale di bellezza mediterranea conviene ispirarsi. Godere il sole in spiaggia con il sottofondo di “Cocco fresco, mandorla fresca”. Una volta girava in lungo e in largo l’intera costa. Con un secchio in una mano e tanta energia per gridare a gran voce “Cocco fresco, mandorla fresca”. E’ il misterioso uomo del cocco fresco. Che oggi si è attrezzato con megafono e, a volte, con voce registrata. Passeggia in play-back sulla spiaggia. Ma l’effetto è uguale.Al suo cocco non si può resistere.
Mangiare la pizzella del bar Jonio a Torre San Giovanni. La pizzella dello Jonio ha fatto storia. Chi venga in Salento non può non assaggiarla. Perché non è troppo alta ed è croccante. E poi, appena usciti dal mare, non c’è nulla di meglio. Fumante e bella da vedere. Figurarsi da mangiare. Comprare le “zacareddhe” alla festa di San Rocco a Torrepaduli. Sono dei nastrini colorati (ogni colore ha un significato particolare) che si vendono in occasione della festa di San Rocco a Torrepaduli (15 agosto). I bambini le appendevano alle biciclette o ai motorini. Ora restano un segno di tradizione e di devozione.
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 26
// Olfatto //Respirare la storia //Immergersi nel mito n percorso lungo il litorale della penisola salentina, dalle scogliere a picco sul mare della costa adriatica fino alle distese di sabbia di Porto Cesareo, alla ricerca delle origini, accompagnati dai riflessi smeraldini di un mare dai colori cangianti e da un paesaggio carsico, a tratti, ancora arcaico e selvaggio
U
di Antonio Lupo
DOVE LE EPIGRAFI DIVENTANO “POESIA”, I MOSAICI APOLOGIA DELLA FANTASIA UMANA, GLI ALTARI SONO “ESCARA”, PIETRA DI CONFINE TRA I DUE MARI. E’ IL SALENTO MITOLOGICO, COSÌ DISCRETO E NASCOSTO DA FARSI RESPIRARE SOLO DA CHI LO VUOLE CERCARE // ROCA VECCHIA, TRA EPIGRAFI E CELLE D’ASCETI Luogo di insediamento preistorico (XVIII sec. a. C.) legato a riti sacri e fortificato porto commerciale fin dal periodo messapico, Roca Vecchia (Melendugno) deve il suo nome alla roccaforte medioevale innalzata al tempo di Gualtiero di Brienne (XIV) e passata poi, nei secoli seguenti, alla casata dei D’Enghien e alla prestigiosa dinastia agli Orsini del principato di Taranto. Oltre i ruderi del vecchio castello, esposto alle scorrerie turche e fatto distruggere nel 1544 per ordine dell’imperatore Carlo V, si apre a picco sul mare una grotta di grande attrazione, detta della Poesia. Invasa e danneggiata dall’avanzamento dell’acqua, conservava sulle sue pareti tante incisioni da essere considerata “un’immensa biblioteca epigrafica”. Si tratta di invocazioni in lingua mes-
NELLA TERRA “DELL’OLIVASTRO E DELLE NINFE”
//
VERSO I PIÙ ANTICHI LUOGHI DI CULTO: LE GROTTE-SANTUARIO Partiamo dalla litoranea del versante adriatico, mare di delfini, sirene, e… di santuari dell’antichità. Dalle insenature di Roca e Torre dell’Orso le cui grotte recano iscrizioni e graffiti votivi, proseguendo per Otranto e Castro, fino al promontorio japigio della bianca e luminosa Leuca, per un’escursione all’insegna di un passato mitologico, nei porti dove approdarono i cretesi e varie genti, italiche e del Mediterraneo, nelle grotte che raccontano storie di lunghi viaggi e di offerte votive di ringraziamento, negli anfratti rocciosi del tempo di Enea, sulle tracce del tempio di Minerva. sapica e latina, di testi che ricordano le invocazioni propiziatorie e di ringraziamento dei primi naviganti, provenienti dalla sponda opposta dell‘Adriatico, dopo aver seguito rotte marittime come quella di Corfù o di Valona. Lungo la scogliera si possono ammirare le tipiche celle dei monaci con croci e nicchie, austere e ascetiche abitazioni scavate dagli anacoreti basiliani.
// OTRANTO E IL LEGGENDARIO SBARCO DI ENEA Inevitabile una sosta nella città dei martiri idruntini che ha avuto contatti con i greci fin dal IX sec. a. C. Dopo aver visitato i suoi straordinari monu-
menti, dal Castello alla chiesetta bizantina di S.Pietro, fermiamoci a osservare i numerosi particolari del grande pavimento decorativo della cattedrale: non mancano riferimenti al patrimonio dell’immaginario collettivo che attingono all’irrazionalità del mito in tutto l’impianto musivo dell’Albero del Bene e del Male: da Caronte alla sirena a due code, dall’asino che suona la lira, al volo di Alessandro. Oltrepassata la torre del serpe e i resti dell’abazia di S. Nicola di Casole, cinque kilometri più a sud di Otranto, ecco l’anfratto-porticciolo di Porto Badisco. Ci avviciniamo ai luoghi del leggendario sbarco di Enea. La sotterranea grotta dei Cervi (6000 - 4000 anni fa) con il suo campionario di pittogrammi e graffiti parietali, dalle schematiche figure umane con l’arco alla primitiva arte astratta dei segni geometrici, conserva tra meandri e spirali, impronte di mani adolescenziali, probabili tracce di riti iniziatici nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Di tale patrimonio del Neolitico, dipinto sulle pareti di bassi cunicoli e gallerie, non visitabili, possiamo oggi ammirare solo il contesto dell’habitat naturalistico.
// CASTRO, L’ANTICO TEMPIO DI MINERVA Porto Badisco (Otranto). La leggenda narra che qui sbarcò Enea Roca vecchia, grotta della Poesia. Iscrizioni messapiche: sono invocazioni propiziatorie o di ringraziamento
ilil tacco tacco d’Italia d’Italia
26
Agosto Luglio 2007 2007
Superate le grotte-monumento del Paleolitico, la Romanelli (ciottoli incisi, bovide graffito) e la nota Zinzulusa, si è già a Castro o meglio, Castrum Minervae. Le più recenti scoperte degli
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 27
escara, tra due mari, ci introduce già all’altro versante, quello ionico.
// L’UOMO DI NEANDERTHAL: RICERCANDO LE ORIGINI SULLA COSTA IONICA
Castro. Anzi Castrum Minervae. Perché sono stati recentemente ritrovati resti del tempio di Minerva
archeologi dell’Università di Lecce hanno messo infatti in luce proprio i resti del tempio di Minerva, insieme ai frammenti marmorei della statua, e alle armi di ferro dedicate alla dea-guerriera, alla ceramica votiva.Tali testimonianze sono finalmente riemerse sotto i grandi blocchi delle mura messapiche, sulle quali poggiavano quelle del castello aragonese. Da Castro a Tricase, proseguendo sullo splendido litorale roccioso, una breve tappa all’abazia del mito, tra i resti dell’edificio bizantino, per assaporare dall’alto della serra i benefici della vista panoramica e del paesaggio della macchia mediterranea. Percorriamo infine l’ultimo tratto carsico archeologico del sud-Salento, dal Ciolo a Punta Ristola, tra una grotta leggendaria e l’altra per arrivare a Finisterrae fino alla cosiddetta grotta Porcinara dedicata al culto, prima messapico e poi romano. Accessibile da terra, con i suoi reperti e le invocazioni votive in latino ed in greco attesta ancora una volta il fascino di un arcaico luogo d’approdo e di passaggio. Il suo altare detto
Passiamo a costeggiare lo Ionio, delimitato quasi da due porti dell’antichità situati ai suoi confini: da San Gregorio, dove una scalinata di grandi blocchi monolitici dal promontorio giunge fino al mare, a quello romano di Porto Cesareo. Nella marina di Torre San Giovanni l’antico porto messapico congiungeva alla gloriosa Ugento con cinta muraria di 3.500 metri. L’antica Ozan Uxentum continua a stupire per i continui ritrovamenti messapici che la collegano al mondo greco, dalla famosa statua bronzea di Zeus, raro capolavoro di fabbrica tarantina alla abbondante ceramica locale. Un patrimonio, al quale si è aggiunto recentemente quello della Collezione Colosso (visitabile in via Messapica. Si veda Tacco n. 38). Tra una torre costiera e l’altra (XVI sec), strutture difensive che accomunano i due mari, giungiamo ad altri insediamenti costieri di facile approdo. Sulla duna prospiciente lo scoglio di contrada Le Pazze, lì dov’era un villaggio dell’età del bronzo, sono emersi importanti ritrovamenti di industria litica così come a Torre Sabea (Gallipoli), sulla cui bassa scogliera si aprono le buche da
Torre San Giovanni. Come in tutto il territorio di Ugento, continui ritrovamenti riportano alla luce il passato messapico
palo e i silos per deposito di grano di un villaggio all’aperto, anch’esso di origine neolitica. Nel tratto da S.Caterina a Porto Selvaggio gli strumenti di pietra, prima scheggiata poi levigata e il dente neanderthaliano ritrovati nella baia di Uluzzo, i reperti della grotta del Cavallo ci riportano così indietro nel tempo, nel passaggio dall’uomo predatore del Paleolitico a quello produttore del Neolitico, dalla pietra scheggiata a quella levigata, da farci perdere nel labirinto della memoria.
Alla fine della terra. Le grotte di Leuca segnano il passaggio dalla costa adriatica a quella ionica
il tacco d’Italia
27
Agosto 2007
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 28
//Il naso nei libri //Salentinità da respirare //Letture sotto l’ombrellone
NDORI E SAPORI. SU CARTA QUESTA TERRA SI RESPIRA ANCHE ATTRAVERSO I FIUMI DI PAGINE SCRITTE CHE QUI SONO PRODOTTE. IL SETTORE EDITORIALE È TRA I PIÙ AFFOLLATI D’ITALIA: SAGGI, NARRATIVA, POESIA. SI PUÒ ANCHE VIVERE IL SALENTO SULLA SCIA INDICATA DAI SUOI AUTORI
di Marco Sarcinella
nche per questa estate il panorama editoriale salentino si presenta ricco di novità, permettendoci di arricchire gli ozi vacanzieri con qualche ora di piacevole lettura. Saggistica, narrativa, poesia sono i generi che abbiamo selezionato, con l’aiuto di Alessandro Venneri della libreria “Dante Alighieri” di Casarano, tra i molti che il Salento letterario offre. Sul fronte saggistico segnaliamo il volume edito da Congedo Francesco Antonio Astore e i lumi del Settecento (2006, 13 euro) (1) di Giuliana Iaccarino, docente di Storia della Filosofia presso l’Ateneo leccese e dedita da lungo tempo allo studio del pensiero dell’Astore. Il libro indugia su alcuni momenti del percorso esistenziale e culturale del pensatore salentino, vissuto tra il 1760 e il 1799 a Napoli, e vivace interprete della temperie illuministica penetrata a fondo anche nella Repubblica napoletana. Pensatore diviso tra umori e sentimenti contrastanti, Astore fu senz’altro, come lo stesso Benedetto Croce ebbe modo di constatare, tra i più grandi conoscitori della produzione libraria del suo periodo. Un altro docente dell’Università di Lecce, il sociologo Stefano Cristante, è autore di un saggio edito da Besa, il cui titolo Da Vendola a Prodi, i media nelle campagne elettorali 2005-2006 (2006, 12euro), (2) ci rimanda a quel grosso
A
nodo, di cui l’autore è attento studioso, che è il peso della comunicazione mediatica nelle campagne elettorali, in particolare nelle ultime elezioni regionali pugliesi, che hanno visto l’emergere di figure di leader di inaspettata popolarità e di cui Nichi Vendola è il caso maggiormente rappresentativo. Il volume nasce dall’incrociarsi di diversi approcci di ricerca: politico-sociologico, sociologico-comunicativo e psicologico-dinamico. Presso la casa editrice Argo esce il libro di Mario Toma, La storia di Toppa (2007, 10 euro) (3). Come nei suoi precedenti saggi, Dal feudo alla fabbrica e L’elogio delle cicale, anche in quest’ultimo l’autore “non pretende di fare storia”; cerca, al limite di dare “qualche contributo per chi la storia dei partiti di massa nell’area salentina la scriverà con il distacco e la capacità dello storico di professione”. Il lavoro di scavo dell’autore lo porta a riflettere sulla questione demaniale dell’antica Ugento, sulle origini della DC salentina, su personaggi come Francesco Ferrari e Mario Foscarini, che pur operando su terreni diversi, si impegnarono per il conseguimento di un comune obiettivo di democrazia e di civiltà. Non manca l’attenzione per il presente, a cui contribuiscono gli interventi di Giovanni Coletta, Luca Toma (figlio dell’autore) e uno scambio epistolare con il segretario dei DS casaranesi Rocco Morgante, sulle prospettive del partito democratico. Lino De Matteis, giornalista del Nuovo Quotidiano di Puglia e vice presidente dell’Associazione della stampa di Puglia, pubblica presso la
GlocalEditrice, uno studio approfondito sulla figura di Cosimo Abate un socialista del Sud (4). Abate, maestro elementare e giornalista dalle umili origini, si liberò dai lacci del potere clerico-democristiano di una Maglie dominata nel dopoguerra, da agrari e latifondisti. Nel 1963 venne eletto primo deputato del PSI in Terra d’Otranto, fu inoltre fautore dell’apertura verso i Cattolici e dotato di spirito riformatore, votò in Parlamento la nascita del primo centro-sinistra, guidato dal suo illustre compaesano Aldo Moro. Fece poi affluire una gran mole di finanziamenti statali a molti Comuni del Salento per la realizzazione di opere pubbliche. Giunto come una meteora sullo scenario politico salentino e distintosi per un forte spirito autonomista, rischiava non solo di insidiare il potere democristiano, ma anche di incrinare i consolidati schemi politici del PSI locale. Avversato da democristiani e socialisti, Abate si avviò ad un lento declino politico, che non offuscò mai, comunque, una vicenda politica, la sua, segnata da un forte senso delle istituzioni, qualità tanto più rara in tempi di disimpegno sociale come quelli che viviamo. A metà strada tra saggio e biografia è il libro di Lucio Palazzo, Negramaro storia di 6 ragazzi (2007, 14 euro) (5) edito da Aliberti. Come è potuto accadere che una band di periferia sia arrivata ad essere una delle più importanti nel panorama poprock italiano? Chi compra i cd dei Negramaro? A questa e ad altre domande cerca di dare risposta l’autore, servendosi anche di aneddoti, retroscena, segreti, consigli, opinioni espresse dalla voce di Caparezza, del critico musicale Gino Castaldo, del regista Alessandro D’Alatri, del musicista produttore Corrado Rustici e di Fabio Volo.
(1) (5)
(2)
(3)
(7) (8) (4)
(6)
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 29
Sul versante narrativo segnaliamo Era notte a sud di Vittorio Curci, edito da Besa (2007, 10 euro) (6). L’autore racconta le vicende di una serie di personaggi di piccoli centri del nord Barese, accomunati dall’essere autentici prototipi di “scemi del villaggio”, imbranati o mentecatti, e lo fa servendosi di immagini di alta poesia, tipiche della sua particolare scrittura, e di un sorriso sardonico, ma non amaro, che fanno di questa sua ennesima fatica letteraria, un libro godibilissimo. Un altro libro di racconti è Ruggini e testuggini di Fabio Greco, edito da Il Filo (2007, 13 euro) (7). Vi troviamo storie di personaggi attaccati alla propria esistenza che non possono dimenticare, storie di uomini che si perdono in mille azioni per poter ricordare, storie d’amore e storie di musica senza parole, in definitiva storie segnate dal tema della memoria. Gardo Mongardo di Claudio Menni, edito da Manni (2007, 13 euro) (8) si pone come (9) un romanzo innovativo e rivoluzionario. E’ la storia di Gardo Mongardo, uno spacciatore in fuga da tutto, ma in primo luogo da se stesso, una fuga che lo porta a Bologna, Parigi, Rio, Bahia, Cannes, Barcellona, New York, Las Vegas, Città del Messico, L’Avana, sballottandolo tra party con divi hollywoodiani e squallidi ostelli, tra
(10)
(11)
droghe e pietre preziose, tra inferno e redenzione, con alcool e sesso come compagni di viaggio e strumenti per interpretare il mondo e i personaggi che incontra. Dell’editore Adda segnaliamo il romanzo A pelo d’acqua di Rocco Campagna (2007, 12 euro) (9). Protagonisti della storia sono l’ispettore Barbera, ancora scosso per la morte del padre, e l’ispettore Calisi, omosessuale dichiarato e infaticabile viveur. I due poliziotti indagano sull’uccisione di Graziana Anglani, nota gallerista barese, muovendosi in un percorso segnato da dolore e sofferenza, sullo sfondo di una città, Bari, segnata dalle sue molteplici contraddizioni. Non possiamo non menzionare l’ultimo romanzo di Giuseppe Ruggero Negro, edito da Laterza (2007, 15 euro) (10), dal titolo Japigiamara. L’autore, già noto per il suo precedente “Inquietudini Japigie” si immerge ancora una volta nell’anima japigia, anima inquieta, ma serena e consapevole della sua inalienabile dignità. Una piccola comunità monastica, un eremo, due scienziati sulle tracce di un misterioso reperto, la storia di un amore-meteora, i luoghi tipici del Salento leucadio e il mare, sono gli elementi che danno vita ad un intreccio particolarmente coinvolgente sin dalle prime pagine. Per i baby-lettori segnaliamo due belle favole. La prima, Il furto della gazza ladra di Ermanno Detti, edita da Manni (2007, 8 euro) (11), è la storia di Gianni, un ragazzino sveglio e coraggioso, che al seguito del nonno zingaro, incorreggibile e romantico ladro, si mette alla ricerca per le strade di Roma della gazza rubata al nonno; la seconda, dal titolo Anulare leggenda delle dita della mano di Giuseppe Todisco, edita da Lupo (2005, 12 euro) (12), è una storia semplice dal sapore agreste, che ha come protagoniste le dita della mano e che fa riflettere sull’importanza di unire le proprie forze per vivere in armonia. Agli amanti della poe-
(12)
(13)
il tacco d’Italia
29
Agosto 2007
sia consigliamo Sogni senza dolcezza di Roberto Molle, edito da Leucasia (2007, 8 euro) (13). In questa raccolta di liriche , il poeta fa convivere tematiche e personaggi che pur salentini, si prestano a divenir metafora di situazioni esistenziali di un contesto ben più ampio. L’originalità della poetica di Molle sta nell’accostamento sonoro che egli propone per ogni poesia, permettendone una fruizione più completa, data proprio dalla suggestione della musica. Un piacevole incrocio di poesia e musica salentina è Ndori e sapori salentini (14) di Franco Ciardo, edito da Del Grifo (2006, 12 euro). La poesia è qui intesa e praticata come veicolo fondamentale per conoscere e approfondire il tema del cibo, che insieme al linguaggio e alla musica, concorre a identificare la vera anima di un popolo. Attraverso i versi di alcuni poeti salentini si tenta un viaggio attraverso i sapori e gli odori della nostra cucina, povera negli ingredienti, ma ricca nel gusto. Sulle ali del Salento (15) è un’altra raccolta di poesie di Aurora Guerrieri Romano, edita sempre da Del Grifo (2004, 12 euro), che si caratterizza per un linguaggio poetico fresco e subitaneo, simile nella resa, al modo in cui un fotografo cattura l’oggetto del suo ritrarre. Le immagini della terra salentina popolano i versi della poetessa: squarci di terrazze piane, di castelli medievali e chiese barocche, distese di uliveti e campi, torri solitarie, antichi santuari e inoltre spiagge, grotte marine, litorali, insenature, orti e recinzioni di muri a secco, conferiscono a queste liriche una sensazione di libertà che sfiora il volo, da cui anche il titolo della raccolta. Buona lettura e buone vacanze. (15)
(14)
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
11:18
Pagina 30
// Tatto //La magia nelle mani //Artigianato artistico
IN CONTATTO CON L’ARTE di Irene Toma
// CON SCALPELLO E MARTELLO (Gina Ottaviano, 48 anni, scultrice di Casarano) Lavora la pietra ormai da quasi vent’anni Gina Ottaviano di Casarano (48 anni) di professione scultrice. La sua passione in realtà è sempre stata la pittura, sin da quando frequentava il liceo artistico di Lecce e successivamente la facoltà di Architettura all’Università di Roma,“purtroppo - ci dice - mai conclusa per motivi familiari”. Ma la passione e la grande abilità manuale l’hanno spinta a continuare un’arte caratteristica del territorio: la lavorazione di pietre come il car-
CONTINUANO A FAR DA TRAMITE TRA LA TERRA E CHI LA VIVE. PERCHÉ DELLA MATERIA CHE LA TERRA PRODUCE SONO GLI ALCHIMISTI, CAPACI DI TRARRE FUORI L’ORO DA QUALUNQUE METALLO INFORME. SONO GLI ARTIGIANI SALENTINI, ANTICHI CUSTODI DI UN’ARTE CHE PROPRIO NELLA CAPACITÀ D’INNOVARSI COSTRUISCE IL PROPRIO FUTURO
paro ed in particolare la pietra leccese. Un materiale che si trova facilmente nelle cave e che si lavora pazientemente con scalpello e martello in un primo momento, per dar forma al blocco e poi si rifinisce con raspe e carta vetro per renderla liscia e di bell’aspetto. Per proteggere il prodotto finito si applicano infine sostanze idrorepellenti e traspiranti perché “la pietra leccese - sottolinea Gina - è un materiale assorbente e l’acqua deve scivolare e non penetrare nel manufatto”. Molti i lavori da lei realizzati come le basi dell’acqua santiera per la chiesa del Canneto (Gallipoli), una targa in memoria di una maestra per la scuola elementare IV Novembre (Casarano) ed ancora interventi di restauro come per l’altare maggiore della chiesa dell’Immacolata (Casarano) e la basilica di Santa Croce (Lecce). Per contattarla: 340.1782610
// MEZZ’ORA DI POESIA. ECCO IL TAMBURELLO (Biagio Panico, 44 anni, artista del tamburello di Torrepaduli) Il suo simbolo? Il re danzante, quello che si trova nelle famose grotte di Porto Badisco e questo già dice tanto su Biagio Panico (44 anni) artista del tamburello. Egli, di origini andranesi, andava a Torrepaduli per vendere i tamburelli di mesciu Ninu, ovvero Nino Sancesario, il più grande maestro di tamburelli. “Ho venduto i tamburelli di muesciu Ninu per sei anni ed è stato lui il mio maestro”. E’ così che Biagio spiega l’inizio della sua avventura con i tamburelli, un’avventura che va avanti da una ilil tacco tacco d’Italia d’Italia
30
Agosto Luglio 2007 2007
decina d’anni. Per la costruzione si parte dal cerchio (in genere largo da 6 a 10 centimetri e di diametro variabile da 20 centimetri a 2 metri) rigorosamente di faggio (proveniente da Firenze o dalla Calabria). Su tale cerchio successivamente con una particolare macchina, detta “combinata bucatrice”, si effettuano dei fori nei quali applicare poi i sonagli di rame prodotti da fogli di “banda stagnata”.
UN LATO DEL CERCHIO VIENE CHIUSO DALLA VERA ANIMA DEL TAMBURELLO, LA PARTE SULLA QUALE SCIVOLA E BATTE LA MANO DEL SUONATORE. SI TRATTA DI PELLE DI CAPRA, CAPRETTO E A VOLTE MONTONE
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
11:18
Pagina 31
Infine un lato del cerchio viene chiuso dalla vera anima del tamburello, la parte sulla quale scivola e batte la mano del suonatore. Si tratta di pelle di capra, capretto e a volte montone. Pelle già conciata che dopo essere stata a bagno per circa mezza giornata, viene fissata al cerchio. “Non ci vuole tanto tempo per fare un tamburello, basta una mezz’ora – ci dice Biagio - ma questo è un lavoro creativo, artistico; per questo mi piace. Ormai spedisco tamburelli in tutto il mondo”. Il suo laboratorio è in via S. Rocco a Torrepaduli (0833.693007).
//TOMBOLO, NON SOLO FILI (Elisa Marra, 24 anni, e Mariarosaria Viva, 23 anni, di Ruffano) “Imparare a regola d’arte”. È questo il concetto fondamentale sul quale si basa l’associazione “Non solo fili” di Ruffano, esistente ormai dal 1998. Un’associazione che nasce dalla volontà di alcune donne salentine di far rivivere l’arte del tombolo e
ABBIAMO COMINCIATO PERCHÉ CI SENTIVAMO PORTATE E DOPO LA SCUOLA ANDAVAMO AD IMPARARE IL TOMBOLO A CASA DELLA SIGNORA ANNA. ERA ANCHE UN’OCCASIONE DI RITROVO
che oggi ruota attorno alla figura centrale di Anna Pirelli (57 anni). Ed è proprio lei ad insegnare a regola d’arte il tombolo ai vari soci dell’associazione. In particolare colpisce la bravura e la passione di Elisa Marra (24 anni) e Mariarosaria Viva (23 anni) che, nonostante la loro giovane età, nel giro di pochi anni sono diventate abilissime in quest’arte. “Abbiamo cominciato perché ci sentivamo portate – raccontano – e dopo la scuola andavamo ad imparare il tombolo a casa della signora Anna. Era anche un occasione di ritrovo”. E sono anche espertissime sulla storia del tombolo. Ricordano, ad esempio, che nasce in Italia nel XVII secolo ma si sviluppa in Francia, dove la corte era più ricca e sottolineano come in Puglia si trovano i primi manufatti solo dalla fine del 1800. In realtà il tombolo altro non è che un sacco riempito di crine (lungo da 30 a 90 centimetri) sul quale si fissa il disegno del lavoro che bisogna produrre. Su tale disegno viene fissato con degli spilli il cotone lavorato e intrecciato con costanza e pazienza attraverso i fuselli. Sono questi dei legnetti che ad un’estremità hanno raccolto il cotone e che, maneggiati sapientemente (in numero variabile da 14 a ben 500), attraverso i vari intrecci (come trina, punto a giorno, rete, fili girati…) danno vita ad un ricamo fine e prezioso. Informazioni su www.nonsolofili.it oppure ai numeri 0833.690637 e 0833.694201.
NON SI SA QUANDO GLI ACQUARICESI ABBIANO SCOPERTO IL GIUNCO, CHE DA SEMPRE GLI UOMINI RACCOGLIEVANO DALLE PALUDI DEL TARANTINO E DEL LECCESE
// CARO PALEDDU (Maria Verardo, 67 anni, “spurtara”, ovvero cestaia, di Acquarica del Capo) È Acquarica del Capo la patria del giunco. Un materiale povero che per molti anni nel passato ha dato da mangiare a tante famiglie che di giunco vivevano. Tutti lavoravano il giunco ad Acquarica, come la signora Maria Verardo di 67 anni da sempre spurtara. È così che si chiamano ad Acquarica le donne che si dedicano a questo mestiere, spurtara ovvero cestaia, perché qui le sporte sono i cesti per portare le frise, i biscotti, il pane e si fanno di giunco. Ed è lei che ci racconta di come ha imparato ad intrecciare sottili fili di giunco uno nell’altro: “Da sola, a casa guardavo le mie sorelle che lavoravano. Io ero la più piccola”. Non si sa quando gli acquaricesi abbiano scoperto questo materiale che da sempre gli
il tacco d’Italia
31
Agosto 2007
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 32
In bianco e nero. Una anziana “spurtara” di Acquarica del Capo
uomini raccoglievano dalle paludi del Tarantino e del Leccese e che ebbe tanta fortuna sino alla fine del 1800, quando l’industria decadde e restò in vita solo la produzione di tipo familiare. Intorno al 1930 nacquero piccoli opifici che radunavano circa 20 cestinaie ma finì anche questo tipo di produzione. Oggi infatti il giunco palustre, detto volgarmente paleddu, non viene apprezzato come si dovrebbe. I motivi sono diversi: il materiale costa tanto, ne serve troppo e ci vuole troppo lavoro. Il laboratorio di Maria è in via De Gasperi ad Acquarica del Capo (0833.722041).
to come si fa oggi, non c’erano soldi”. Questo dice sulla produzione domestica del pane, Maria Cristina Santantonio (78 anni) di Racale, sposata a Taviano e da sempre contadina. Il pane, alimento quotidiano e di vitale importanza specie in un’alimentazione povera come poteva essere quella di un contadino un bel po’ di anni fa, era prodotto in casa. Generalmente le donne, più o meno una volta alla settimana, prima di andare a letto la sera, facevano u lavatu ovvero una specie di lievito che si otteneva sciogliendo con acqua calda un pezzo di pasta di pane già lievitata nella farina di grano fornita dai mulini. Sul lavatu si stendeva un velo di farina sul quale si disegnava una croce come segno di ringraziamento. Tutto questo prodotto si lasciava la notte nel fondo di un apposito tavolo detto mattra banca. La mattina dopo al lavatu veniva aggiunta dell’altra farina e si faceva temprare cioè lievitare ancora per circa due ore. Una volta lievitato si doveva scanare cioè si impastava con le mani e si divideva tutto l’impasto in quelli che diventano poi i pezzi di pane da cuocere al forno. Era il fornaio infatti a passare casa per casa a raccogliere il pane e portarlo al forno; qui si pagava la cottura. La grande abilità del fornaio nel distinguere il pane delle diverse famiglie non creava confusione. “Io ho imparato da mia madre – spiega Cristina – e già a dieci anni facevo il pane con le mie sorelle”. Oggi il settore della panificazione nel Salento è florido, tanto che i maestri pastai si sono riuniti in associazione e molti di questi vendono prodotti in tutto il mondo via web.
// PROFUMO DI LAVATU
// MAGICA CARTAPESTA
(Maria Cristina Santantonio, 78 anni, contadina di Racale)
(Rosaria Vallara, 53 anni, artigiana della cartapesta Lecce)
“Tutti prima facevano il pane in casa. Nessuno lo comprava dal forno o al supermerca-
Nasce nel 1600 l’arte della cartapesta e nel Salento non poteva nascere che a Lecce dove all’epoca, la forte presenza degli ordini religiosi, richiedeva una produzione non indifferente di statue per le processioni. Per fortuna è un’arte che non si è persa, anzi. La signora Rosaria Vallara (53 anni) lavora la cartapesta da più di 20 anni. “Non è una tradizione di famiglia la mia – spiega -; ho imparato perché mi sono appassionata”. Oggi vende le sue statue in tutta Italia, e non solo. Prima la cartapesta si produceva con i giornali lasciati a macerare in acqua insieme a degli stracci, oggi invece si acquista già pronta. Per costruire una statua si parte dalla sua anima, ovvero dall’interno, preparata con un bustino di filo di ferro impagliato. Testa, mani e piedi sono sempre in terracotta, solo per statue sacre sono di carta, che sono più grandi ma costano di più. Successivamente si fa la vestizione del bustino con la cartapesta bagnata di colla prodotta
ERA IL FORNAIO A PASSARE CASA PER CASA A RACCOGLIERE IL PANE E PORTARLO AL FORNO; QUI SI PAGAVA LA COTTURA. LA GRANDE ABILITÀ DEL FORNAIO NEL DISTINGUERE IL PANE DELLE DIVERSE FAMIGLIE NON CREAVA CONFUSIONE
il tacco d’Italia
32
Agosto 2007
con acqua, farina di grano e solfato di rame che permette alla statua di non essere attaccata da insetti e dunque di rimanere intatta per secoli. La carta si può, in seguito,“focheggiare” con dei ferri per eliminare possibili giunture. Solo alla fine si colora. Il laboratorio è in corso Vittorio Emanuele, 2 a Lecce (338.8243279).
// SCIABICHE E TREMAGLIO (Rocco Piccinonno, 70 anni, pescatore e marinaio di Gallipoli) È nel porto di Gallipoli, tra mare, barche e pescatori che Rocco Piccinonno (70 anni) pescatore e marinaio, accompagnato dall’amico Achille De Marini (84 anni) da sempre navigante, raccon-
HO IMPARATO DA SOLO, PERCHÉ “OGNI TRISTE INGEGNO VIENE DAL GRAN BISOGNO”
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 33
tano di come si ripara una rete da pesca, attrezzo di vitale importanza per il loro mestiere. Prima a Gallipoli le reti erano fatte dalle donne, mogli e figlie dei pescatori. Si producevano vari tipi di reti (a strascico, sciabbiche, tremaglio…). Nel 1929 la prima macchina, unica in Puglia, per la produzione di reti fu comprata proprio dal padre di Achille. Purtroppo alla sua morte la ditta fallì. Oggi le reti si acquistano con facilità ma bisogna saperle ricucire e riparare, così come sa fare con grande maestria Rocco. Ha imparato da solo, perché “ogni triste ingegno viene dal gran bisogno”. È un lavoro difficile. La rete va tenuta con i piedi per non farla scappare e con la cucedda, ovvero una specie di ago dove è legato il cotone; così si ricuce. La rete “tremaglio” si chiama così perché è formata da tre maglie diverse: in mare questa deve andare “in bando”. Questo significa che mentre una delle tre maglie pesca, l’altra fa da parete; in gergo si dice che la rete in acqua fa osci posci cioè rimane in tensione facendo in modo che il pesce resti incagliato. Se la rete si rovina non si butta, ma si ripara. Proprio come si riparavano i pantaloni dei pescatori, quando non ci si poteva permettere di comprane di nuovi. La mamma di Achille diceva, infatti, che per l’alto numero di rattoppi che su questi si facevano, non se ne riconosceva più il colore. Così si fa tuttora con le reti da pesca.
// DALLA CARCARA TA CAUCE AL MURETTO A SECCO (Carmine Attanasio, 60 anni, costruttore di muretti di Taurisano) “Nasco dalla generazione ta carcara ta cauce”. Esordisce con queste parole Carmine Attanasio, o meglio Carminuccio come tutti lo conoscono, 60 anni di Taurisano. Egli, maestro di trulli come si definisce, lavora la pietra da sempre sin da quando aveva 12 anni. Nel suo lavoro non è partito direttamente dalla costruzione dei muretti a secco, quei muretti che rendono il paesaggio salentino così unico e suggestivo, ma dalla carcara. Racconta di come, in realtà, sia molto più difficile realizzare una carcara che non un muretto o altro. Questa è infatti una specie di forno, alto circa 30-50 centimetri, costruito con sagoma di tufo e con pietre calcaree. Dentro veniva acceso il fuoco che si lasciava bruciare per sette giorni e sette notti così che, le pietre in alto divenivano calde e da queste si estraeva la calce, mentre le pietre in basso rimanevano fredde. Era dunque una catena continua in quanto, successivamente, le pietre superiori venivano ricostruite per creare una nuova carcara. Carminuccio ha cominciato da ragazzo insieme al padre, ma già suo nonno faceva questo mestiere. È un po’ una tradizione di famiglia. Solo dopo aver imparato bene la carcara ha iniziato a produrre muretti a secco, così chia-
I MURETTI A SECCO SONO REALIZZATI SENZA ULTERIORI PRODOTTI, MA SOLO POSIZIONANDO PIETRA SU PIETRA
A CUTROFIANO, PAESE DI ORIGINE MESSAPICA, LA PRODUZIONE DELLA TERRACOTTA È UNA TRADIZIONE ANTICHISSIMA
mati perché realizzati senza ulteriori prodotti ma solo posizionando pietra su pietra. I vecchi muretti, invece, spesso vengono restaurati con le stesse pietre con le quali sono stati costruiti molti anni prima e per cui non si aggiungono pietre nuove. Questo accade in quanto la pietra, spiega il signor Carmine, rimane esposta nel tempo agli agenti atmosferici e dunque fa “la faccia scura”, cioè diventa liscia e più scura caratterizzando ancora di più il territorio salentino. Per trovare Carmine, andate in via Galilei a Taurisano.
// LE MANI NELL’ARGILLA (Antonio Colì, 65 anni, figulo-ceramista di Cutrofiano) Una vita con le mani nella terra, ma non una terra qualsiasi, è argilla. Lavora con pazienza e maestria Antonio Colì, 65 anni di Cutrofiano e di professione figulo. Si parte da blocchi di argilla che, intorno agli anni ’40, si estraeva direttamente dai pozzi di Cutrofiano. In questo paese di origine messapica, collocato nel cuore del Salento, la produzione della terracotta è una tradizione. Oggi, spiega Antonio, l’argilla che si lavora arriva dalla Toscana (Arezzo) perché è filtrata e quindi priva di sassi o elementi estranei, dunque pura. Tali sostanze infatti, a lavoro ultimato, possono altera-
il tacco d’Italia
33
Agosto 2007
re la superficie del prodotto che invece deve essere liscia. L’argilla viene lavorata sul tornio che si ruota spingendolo con il piede (se si producono oggetti grandi), o con il pedale (se si producono oggetti piccoli). Ottenuto il prodotto di argilla viene lasciato essiccare all’aria. Successivamente si mette a cuocere nel forno per dodici ore di cottura e dodici di raffreddamento ad una temperatura intorno ai 1000 gradi. Il prodotto a questo punto è grezzo e può essere venduto così oppure subire altra lavorazione. Continuando infatti il prodotto viene disegnato, smaltato e rimesso nel forno. Ed ecco perché viene chiamata terracotta. Trovate il laboratorio di Antonio Colì sulla via per Corigliano d’Otranto a Cutrofiano.
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 34
//Gusto //Sapori di una volta //I custodi del buon mangiare
“OLIO E SALE OGNI ERB di Laura Leuzzi
// LA FRISEDDHRA Dimenticate coltello e forchetta. La “friseddhra” si mangia “culli mani” (con le mani). Ogni salentino che si rispetti ha una devozione religiosa per la “friseddhra”, un pane biscottato che può essere di grano o di orzo. Prepararlo è semplicissimo, quasi un rituale magico. Primo: bagnare la “friseddha” (sotto l’acqua corrente del rubinetto o in una bacinella). Secondo: tagliare i pomodorini a pezzetti; quelli piccoli e rossi, con più succo che poi si spremono sulla superficie ruvida della “friseddha”. Terzo: aggiungere un pizzico di sale e un po’ d’olio. C’è chi ci mette prima il sale e poi l’olio (perché l’olio scioglie il sale) e chi fa il contrario (per scaramanzia). Alla ricetta base della “friseddha” si possono aggiungere un peperone verde piccantissimo, olive nere, cipolla ed un po’ d’origano.
CI SONO SAPORI COSÌ ANTICHI DA ESSERE SCONOSCIUTI A MOLTI SALENTINI. LI ABBIAMO RICERCATI E TROVATI IN PICCOLE TRATTORIE, TEMPLI DELLE BUONE FORCHETTE SALENTINE, E NELLE CASE DI ANZIANE CULTRICI // I PUMMITORI SCATTARISCIATI E LA SEME I nostri contadini li mangiavano “quannu marinnavine” (facevano merenda) a metà giornata lavorativa in campagna. Sono i “pummitori scattarisciati” o “spritti”; la cosiddetta “sciotta te pummitori”. Si può gustare quella tradizionale presso “Le calandre”, trattoria gestita da Mimina Urso, che si nasconde tra le stradine del centro storico di Presicce. Pomodori e peperoni vanno fritti nell’olio fino a che non siano appassiti. I pomodori rilasciano un leggero sughetto che rende più saporiti anche i peperoni. Si consuma con il pane o con dei crostini. La seme non è proprio un piatto, nel senso che non si prepara di proposito. E’ ciò che resta dalla spremitura dei pomodori, con i quali si faceva il (Le calandre, di Mimina Urso, Presicce) sugo. Si metteva in un piatto e si mangiava inzuppandoci il pane. Mimina la usa ancora per condire la frisa o il pane abbrustolito.
il tacco d’Italia
34
Agosto 2007
// SAGNE TORTE O ’NCANNULATE E MARITATI
(Oste Pazzo, di Paolo Ditano, Casarano)
“Oste pazzo” a Casarano è famoso per il giusto mix di tradizione ed innovazione che offre ai suoi clienti. Di antico offre i sapori. Le “sagne torte”, ad esempio. C’è chi fa derivare la loro forma dalle colonne tortili barocche e chi invece la avvicina a quella dei trucioli della pialla di San Giuseppe. Le “sagne torte” o “sagne ‘ncannulate” (tagliatelle ritorte) sono il must del pranzo della domenica. Sono condite solo con sugo di pomodoro, formaggio ricotta e basilico. Venivano preparati a mano anche “ricchiteddhe” e “minchiareddhi”, cioè orecchiette e maccheroncini che, insieme, si dicono “maritati”, cioè sposati, con un chiaro riferimento sessuale suggerito dalla loro forma particolare. Si condiscono come le “sagne torte”; il sugo può anche essere mescolato alla “ricotta scanta” o “ricotta forte”, una miscela di ricotta e sale molto saporita.
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 35
Col naso all’insù. Se venite in Salento alzate gli occhi al cielo. Nelle cantine troverete i “pummitori a pennula” (o “a pumu”). Collane di pomodori che i contadini preparano in estate ma consumano nei mesi invernali. Un modo originale di fare la scorta per l’inverno
A VALE” Per preparare orecchiette e “minchiareddhi” ci vuole tanta pazienza. Ma mentre le prime si preparano a mano, per i “minchiareddhi” è necessario un utensile detto “macaturu”, un ferro somigliante ad uno spaghetto. I “macaturi” si potevano acquistare nei mercati; oggi è molto più raro ma, ogni tanto, si vede ancora una signora che si muove tra le bancarelle gridando “fierri pi la pasta”.
// MACCHERONCINI MEDITERRANEI La pasta fresca si può condire in vari modi, purché si utilizzino i prodotti di stagione. All’“Osteria del Pozzo vecchio” di Cavallino, ad esempio, preparano i maccheroncini alla mediterranea. Mentre i maccheroncini cuociono, si mettono a soffriggere nell’olio con aglio tritato pomodorini mediterranei e tocchetti di melanzane. Alla fine si aggiungono quattro cucchiai di crema di rucola e i maccheroncini lessati al dente. Sul piatto pronto si spolverano scaglie di cacio ricotta. Un’altro piatto sono i “ciciri e tria”.
(Osteria del Pozzo vecchio, di Fernando Carlà, Cavallino)
N
Nelle stradine dei centri storici salentini ci sono dei locali che servono ancora oggi i piatti della tradizione. Li preparano come si faceva tanti anni fa. Nelle cucine contadine, dove le mamme impastavano a mano il pane e la pasta. E poi li condivano con sughi fatti in casa. Quando la carne era poca e si cercava di rimediare con gli ortaggi della campagna. Ancora oggi ci sono piatti che si conservano solo nelle memorie delle anziane. Queste ci hanno raccontato come li cucinano: come prepararli, ricette tramandate da madre a figlia. Sono sapori che appartengono solo al Salento. E’ questo l’itinerario che consigliamo a chi voglia gustarne la tradizione.
// LA PARMIGIANA TE MARANCIANE
(Farmacia dei sani, di Roberto Rizzo, Ruffano)
Una volta era un piatto di festa. E’ la “parmigiana te maranciane” (di melanzane). Presso l’osteria “La farmacia dei sani” in piazza del Popolo a Ruffano, la signora Ada, mamma del titolare Roberto Rizzo, taglia le melanzane a fette e le mette a scolare con il sale; poi le passa nella farina, nell’uovo sbattuto e le frigge in olio. Quando è pronto, in una terrina dispone un primo strato di melanzane cui sovrappone il condimento fatto di sugo, polpettine di carne tritata, formaggio grattugiato. Poi ricopre con un nuovo strato di melanzane e decora con una foglia di basilico.
(Antico Monastero, di Massimo Casto, Felline)
fondo di una terrina. Su questo si dispongono mortadella, capperi, pomodori pelati cotti con cipolla, olive. Si copre con un altro strato di impasto. Con la mano si passano il pane grattugiato e un po’ d’olio.
// I PANZAROTTI DI PATATE Quelli de “Lu zonzi” (osteria “La Casereccia”, nel centro storico di Soleto; tutti la chiamano “Lu zonzi”) sono lunghi almeno 30 centimetri. Sono i panzarotti di patate che attirano a Soleto buone forchette fin da oltre i confini salentini. Per prepararli, bisogna passare le patate fino ad ottenere una purea omogenea che si amalgama con uova, farina, formaggio pecorino, prezzemolo,
(La Casereccia, detta “Lu zonzi”, di Mario Montinaro, Soleto)
sale e pepe. E menta. Aiutandosi con le mani inumidite, si dà all’impasto la forma di bastoncini che si passano nel pane grattugiato e poi nell’olio bollente, e si mangiano caldi.
// ZUCCHINE ALLA POVERA E POMODORI CON MENTA E SALE GROSSO Nel profondo Capo di Leuca si preparano i piatti della tradizione contadina. “La rua dei travai”, al centro della piazza di Patù, di Gino De Salvo, propone ai suoi clienti le “zucchine alla povera” e i pomodori con menta e sale grosso. Per la prima ricetta, basta tagliare le zucchine e friggerle nell’olio; una volta fritte, si condiscono con pane grattugiato, sale, aceto e menta. I pomodori (verdi e non troppo morbidi) vanno tagliati e poi fritti nell’olio; vi si aggiungono la menta ed il sale grosso.
// LA PITTA DI PATATE Il nome ne evoca la morbidezza al palato. Quella doc si gusta nella trattoria “Antico Monastero” di Massimo Casto nel centro storico di Felline, patria della patata. Si schiacciano le patate lesse fino ad ottenere un impasto morbido che va amalgamato con uova, margarina, formaggio sardo, pepe e sale. Si stende uno strato di impasto sul il tacco d’Italia
35
Agosto 2007
(La rua dei travai, di Gino De Salvo, Patù)
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 36
Abbonati al Tacco: riceverai 12 numeri del mensile del Salento a casa tua in tutta Italia. Pagamento di 15,00 euro con bollettino postale intestatoa: Nerò Comunicazione - Piazza Diaz 5 - 73042 Casarano (Le) - C/C 54550132 Per informazioni: abbonamenti@iltaccoditalia.info
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 37
SALENTO DA PORTAR VIA // IL POLPO ALLA PIGNATA
// LE MONICEDDHRE
Il Salento è anche pesce. E che pesce. Se vi addentrate nel centro storico di Gallipoli, a due passi dalla Cattedrale, troverete “La Taverna di Giò e Peppe Macchia”, di Giovanni Turco e Giuseppe Greco. Qui preparano il “polpo alla pignata”, cotto in un recipiente di terracotta (la pignata). Il sapore di questo piatto lascerà soddisfatta ogni buona forchetta. In una pignata di terracotta si versa un bicchiere di olio extravergine di oliva, uno spicchio d’aglio, la cipolla, il polpo, i pomodori spezzettati, il peperoncino. La pignata viene coperta in modo che il polpo possa cuocere con il suo vapore a fuoco molto basso. Si serve in tavola con del prezzemolo fresco. (La Taverna di Giò e Peppe Macchia, di Giovanni Turco e Giuseppe Greco, Gallipoli)
// INSALATA GRIKA E SCEBLASTI La Grecìa salentina ha piatti tutti suoi. A Sternatia “Grikò” di Antonio Apostolo (sulla strada per Martignano), propone insalata grika e sceblasti. L’insalata grika (Grikò, di Antonio Apostolo, Sternatia) è un’insalata mista di verdure e di ortaggi cui si aggiunge formaggio pecorino. A Martignano la preparano con la feta. Sono d’obbligo i pomodori S. Marzano, i peperoni verdi, la cipolla, le olive “da capasa” (quelle nere con le rughe), i capperi, l’origano, il peperoncino piccante, la rucola. La sceblasti è un pane aromatizzato della tradizione. Viene impastato con pomodorini e altre verdure. E’ molto profumato e colorato.
// LO SPUMONE E per dolce, spumone. La ricetta più antica è quella detta “di San Sebastiano” che a Racale, patria dello spumone, veniva preparata in occasione della festa patronale (2 (Pasticceria Murrieri, di Ilario giugno). Col tempo Murrieri, Racale) sono nati altri tipi di spumone. La pasticceria Murrieri di Ilario Murrieri lo prepara come 200 anni fa: un gelato artigianale (con uova, latte, zucchero, arancia grattugiata, cannella, bacche di vaniglia) e meringa al cioccolato. Gli altri gusti proposti da Murrieri sono: mandorle e fichi, cassata, smeraldo, nocciolato.
(Oronzo Piccino, presidente onorario Pro Loco Cannole)
Le “moniceddhre” sono lumache di terra che vengono arrostite o insaporite con soffritto di cipolla e alloro. A Cannole, il paese della “moniceddhra”, che le dedica ogni anno una grande sagra (quest’anno dal 10 al 14 agosto) organizzata dalla Pro Loco la preparano così: per un chilo di “moniceddhre”, una cipolla, un peperoncino, un po’ d’olio ed un bicchiere di vino bianco. Si lavano le “moniceddhre” e si lessano senza sgusciarle in acqua bollente salata. Una volta scolate, si toglie l’opercolo (la cosiddetta “panna”). Intanto, in una pentola si mettono a soffriggere cipolla e peperoncino. Poi si aggiungono le “moniceddhre”, sale e vino bianco, che va fatto evaporare per dieci minuti a fuoco vivo. Si servono calde. Si mangiano come meglio si crede, anche con le mani. Le “cozze piccinne” sono le lumache più piccole e con il guscio bianco. Si preparano con un sughino leggero di pomodoro e spezie.
Sono tanti i prodotti da portar via, fatti apposta per chi voglia gustare anche da lontano il sapore del Salento. Olive celline, olive kalamate, olive leccino in salamoia. Sono le olive che farciscono le “pucce”, un tipo di pane tradizionale. La cooperativa agricola “Nuova generazione” di Martano ne produce e confeziona di tutti i tipi, come si faceva una volta. Frise di grano e biscotti della salute. Non sono gli unici prodotti confezionati dalla panetteria “Notaro” di Galatina. L’elenco delle specialità è lunghissimo e spazia dai biscotti al latte ai crostini, dai taralli alle frise. Pomodori secchi in olio d’oliva. Segue la ricetta utilizzata un tempo dai contadini l’azienda “Pralina”, con sede a Melpignano, gestita da donne, nel preparare i pomodori secchi. Questi vengono messi in olio d’oliva con aggiunta di capperi, aglio, origano e sale. Marmellata di melacotogne. Alla prima colazione pensa l’azienda “Terra Amica” di Melissano. Che oltre a prodotti dolciari produce vincotto, sughi, patè, ecc. Fichi al cioccolato. Sono fichi farciti con limone fresco e mandorle, cotti a vapore e ricoperti di cioccolato. E’ un’idea di “Maglio Arte Dolciaria”, azienda di Maglie, che la presenta in una elegante cassetta di legno. Mustazzoli. Sono biscotti a base di mandorle, cacao e aromi tra cui la cannella, rivestiti da una glassa di cioccolato. Assaggiate quelli della pasticceria “Natale”, in piazza Sant’Oronzo a Lecce. Cupeta. E’ un dolce realizzato con mandorle, zucchero, vaniglia e scorza di limone. Si trova al “Caffè Stella” di Martano, che produce anche altre paste secche a base di pasta di mandorla.
// IL SAPORE DI CASA MIA // ACQUA E SALE Si può chiamare “acqua e sale” oppure “ciardeddha”. Annita Tapete, 97 anni di Galatina, la chiama “ciardeddha”. La prepara da una vita. E’ uno di quei piatti, come la “friseddhra”, che il salentino doc non può non amare. Si dispone il pane raffermo, “quello che fa venire i denti di oro” (così le dicevano quand’era bambina per farle mangiare il pane duro) in una ciotola e lo si bagna con dell’acqua. Poi si aggiungono i pomodori spremuti, la cipolla, il basilico, il peperone piccante. E poi olio e sale “che ogni erba vale” (cioè insaporiscono ogni piatto a base di verdure). E’ la merenda ideale di metà mattina. Quella che si concedevano i contadini durante il lavoro nei campi.
(Annita Tapete, 97 anni, Galatina)
// LU PANE TI LI MASCULI E LA CARUSELLA In paese tutti la conoscono come “la Cosimina te pittule tu presepe” perché nel periodo natalizio ne prepara tantissime per il presepe vivente di Casarano. Da buona casaranese, ricorda “lu pani ti li masculi” (degli uomini), detto così per il suo sapore forte, da uomini. Ma si chiama anche “lu pani alla travignera”, perché lo mangiavano gli uomini che andavano al lavoro nei campi a bordo del “travino”, il traino, il carretto. E’ un pane condito con acciughe, ricotta forte, peperoni “alla carca” (alla pressa) piccanti. La “carusella”, invece (la conoscono in pochissimi con questo nome, fuori dai confini di
(Cosimina Mamacchio, ovvero “a Cosimina te pittule tu presepe”, 76 anni, Casarano)
Casarano) è il fiore del finocchio selvatico. Esistono quella di terra e quella di mare; nascono spontaneamente ai bordi delle strade. Non vi si può rinunciare per dare sapore ad insalate,“friseddhre” e altre ricette.
// “I CHIAPPERI ALL’ACQUA SALATA” E LA MARMELLATA DI FRUTTA Si raccolgono i capperi e si mettono in un barattolo in acqua salata e si tengono da parte per condire piatti semplici come la “friseddhra” o più elaborati come pasta o carne. Si conservano in acqua ma quando si utilizzano vengono messi nell’aceto. Allo stesso modo si preparano i “pampasciuni” che si puliscono e si mettono, crudi, sotto sale ed olio. Maria De Icco prepara in casa anche la marmellata. Dall’intero vicinato le chiedono di farla “comu sai signuria”. Raccoglie la frutta e la mette a bollire. Non aggiunge altri ingredienti. (Maria De Icco, 80 anni, Taurisano)
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 38
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 39
//Udito //Echi di frontiera //Salento da esportazione INNOVAZIONE, RICERCA, SFIDE CONTINUE. MA ANCHE VALORIZZAZIONE DI PECULIARITÀ TIPICHE. 15 ECCELLENZE “MADE IN SALENTO” CONOSCIUTE OLTRECONFINE. ECCO CHI FA TAM TAM IN TUTTO IL MONDO
“SALENTO” IN TUTTE LE LINGUE DEL MONDO La notte della Taranta edizione 2006. Anche i più picocli ballano a ritimo della pizzica salentina
A
Accanto ad un Salento quasi dimenticato nel silenzio delle tradizioni, molte volte sconosciuto agli stessi salentini, ce n’è uno che varca di prepotenza i confini non solo regionali ma anche nazionali e fa parlare di sé. In molte lingue. E’ il Salento “da esportazione”. Fatto di imprenditori lungimiranti, manager fantasiosi, artisti innovativi. E fatto anche di cose tipiche portate con il giusto merito sotto le luci della ribalta. Ecco il Salento che anche l’estero ci invidia.
di Enzo Schiavano, Margherita Tomacelli
// ITALGEST, L’ENERGIA BUONA Italgest (presidente Franco Tatò; amministratore delegato Paride De Masi) è il Salento che ce la fa. Core business originario era l’immobiliare, ma oggi ha interessi nell’energia, nei servizi e nel turismo. La sua scommessa è la ricerca: vi investe circa 500mila euro l’anno con il risultato di dieci brevetti internazionali, tra cui il cemento elettroriscaldato; i mattoni di cemento e rifiuti; i “marpark”, gavitelli telematici che permettono ormeggi non invasivi anche nelle riserve marine. L’energia è il settore dove oggi Italgest è più atParide De Masi durante la lectio tiva. Presto una doctoralis, il giorno del conferi- società del grupmento della laurea honoris causa po realizzerà a Brindisi la più grande centrale fotovoltaica d’Europa; inoltre, la holding ha in seno un Polo integrato per le energie rinnovabili: progetti per due centrali a biomasse a Lecce e a Casarano e quattro parchi eolici tra Foggia e Lecce. Italgest il tacco d’Italia
39
Agosto 2007
non trascura l’immagine investendo nello sport. La “Italgest Salento d’Amare” ha vinto l’ultimo scudetto di pallamano; nel calcio, la squadra della sua città (Casarano) è stata promossa in Eccellenza. Paride De Masi è stato insignito della laurea honoris causa in Economia aziendale presso l’Università di Foggia.
// PRIMOLIO, L’OLIO CHE FA CULTURA La loro azienda è stata oggetto di tesi di laurea; è stata visitata da operatori commerciali italiani e stranieri e da diplomatici; i loro prodotti hanno varcato i confini dell’Europa; il loro marchio è stato accostato a nomi internazionali. La “Pr.Im.Ol.Jo.” (Produttori Imbottigliatori Olio dello Jonio) dei fratelli Rocco, Cosimo e Fernando Primiceri di Casarano produce olio extravergine di oliva. I Primiceri gestiscono il frantoio ereditato dal padre Marco, insieme ai terreni dove curano direttamente le piante secolari. Lo stabilimento è dotato di impianti all’avanguardia che lavorano senza aggiungere acqua nell’estrazione dell’olio, lasciando invariati radicali e zuccheri. Da alcuni anni, gli imprenditori commercializzano il prodotto ed oggi “Pr.Im.Ol.Jo” è un marchio affermato sui mercati nazionale ed internazionale. L’anno scorso è stato uno degli Dop Una bottiglia di olio Primolio dedicata al capostipite Marco Primiceri
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 40
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 41
sponsor del premio culturale “Grinzane Cavour”, personalizzando alcune bottiglie che vengono esportate in diversi paesi europei ed extraeuropei, tra cui Giappone, Stati Uniti e Canada. Premio Grinzane. I fratelli Primiceri con lo scrittore Salman Rushdie
// SCARLINO, 35 ANNI DI PRIMATI L’impegno per il 2008 è l’avvio di “alleanze competitors” finalizzate ad una crescita produttiva e al raggiungimento della leadership dei costi in Italia nel settore di riferimento. Con lungimiranza ed ambizione, la Scarlino di Taurisano, specializzata nella produzione di würstel, si prepara alla sfida. Oggi, la creatura di Tommaso Scarlino, che le diede vita nel 1971, vanta il maggior grado di specializzazione nel panorama italiano del würstel ed è al secondo posto nazionale per quantità prodotta (circa 60 tonnellate di würstel al giorno). Il complesso industriale si estende su 80mila metri quadrati ed è considerato tra i più moderni d’Europa per tecnologie adoperate. Un successo ribadito dalla crescente presenza dell’azienda all’e-
anche una delle prime aziende in Italia ad essersi ripensata completamente ecosostenibile: i suoi impianti funzionano ad energia solare e eolica autoprodotta ed anche gli avanzi della produzione sono utilizzati per produrre concimi.
// LEONE DE CASTRIS, “CINQUE ROSE” INTERNAZIONALI Il “Fives Roses”, vino noto in tutto il mondo, è il prodotto di punta della Leone de Castris, che ha sede (40mila metri quadrati) a Salice Salentino e alle spalle tre secoli di storia (nasce nel 1665). La cantina, guidata da Piernicola Leone de Castris, respira internazionalità già dall’800, quando iniziò ad esportare vino greggio negli Stati Uniti, in Germania e in Francia; oggi è presente in Europa, ma anche negli Usa, in Brasile, in Autralia, in Giappone, in Cina. Le soddisfazioni sono all’ordine del giorno: a giugno scorso Piernicola è stato confermato consigliere nazionale dell’Unione italiana vini, vicepresidente della Confederazione italiana della vite e del vino e presidente della Federazione nazionale dei viticultori e produttori di vino. Rosato d’eccellenza. Il “Five roses” è il prodotto di punta della Leone de Castris
// FILANTO, PRODUZIONE E GRANDI MARCHI
Sempre in salita. Tommaso Scarlino (in basso), che ha dato vita all’azienda nel 1971
stero, con quote di mercato in Croazia, Montenegro, Albania e altri paesi dell’Est. Scarlino ha piattaforme logistiche a Parma, Milano e Padova che le consentono di consegnare i prodotti entro due giorni dall’ordine.
Grazie a rapporti con il Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Lecce e a contatti con centri privati, Megatex ha attivato MTXLAB®, un laboratorio di ricerca che ha già registrato quattro brevetti di filati innovativi con proprietà antistatiche, antibatteriche, assorbenti ed isolanti.
Pochi anni fa era il più grande calzaturificio d’Europa (2.800 dipendenti fino al 2000); oggi è una “commerciale” che, in Italia, coordina un gruppo formato da cinque società dedite alla composizione del prodotto: “Labor”, “Tecnosuole”, “Zodiaco”, “Italiana Pellami” e “Filanto spa”. All’estero, l’azienda fondata nel 1948 da Antonio Filograna gestisce i segmenti di produzione delocalizzati (Albania, Argentina, India, Bulgaria, Bangladesh). La ristrutturazione conseguente alla crisi del Tac ha portato l’azienda a mirare ad un prodotto di target medio-alto. La holding punta su questo segmento grazie ai marchi “Filograna”, “Bkt”, “Michael Schumacher”, “Salento 12”, e alla crescita della catena di negozi “Filanto Store”, in franchising, aperti in 20 città italiane e due estere (Lugano e Zagabria). Segnale della trasformazione è il sito internet (www.filanto.it) che permette di acquistare i prodotti on-line.
// QUARTA CAFFÈ, IL BUONO ECOSOSTENIBILE
Quasi 60. Filanto si appresta a spegnere 60 candeline (nel 2008). Intanto Antonio Filograna ne ha spente 80. Qui durante una premiazione in occasione del suo compleanno
Una torrefazione artigianale ed un bar nel centro di Lecce. Negli anni Cinquanta Quarta offriva alle poche decine di clienti una miscela realizzata con un tostino della portata di appena 5 chilogrammi. Oggi è tra le prime dieci aziende di torrefazione in Italia. Trasforma ogni anno oltre 70mila sacchi di caffè in un ricco assortimento di miscele. Dal 1989 fa parte del Consorzio Grancaffè che riunisce undici aziende italiane del caffè promuovendo la qualità del proPausa caffè. Si può bere dotto nel canale di un caffè Quarta anche in grossisti Ho.Re.Ca. ed è Grecia, Svizzera, Belgio presente anche nel cae Germania nale alimentare tradizionale, rifornendo circa 5mila clienti in Puglia e in Italia. Si può gustare un caffè Quarta in Grecia, Svizzera, Belgio e Germania. Una curiosità: il caffè in ghiaccio è una rivoluzione Quarta Caffè, che l’ha pensato tre generazioni fa. E’
// MEGATEX, PAROLA D’ORDINE INNOVAZIONE In 20 anni di vita la Megatex di Melissano (20mila metri quadrati) si è imposta nella produzione di calze a livello europeo. E’ stata la prima salentina a dotarsi di macchine per il rimaglio a mano migliorando il comfort del prodotto. L’azienda di Vincenzo Benisi gode di una rete distributiva in Italia e all’estero ed è licenziataria esclusiva di calze Diadora per l’Italia, Germania, Spagna, Austria ed Est Europa e licenziataria europea per Sergio Tacchini. il tacco d’Italia
41
Agosto 2007
MTXLAB®. Megatex di Vincenzo Benisi punta su ricerca e innovazione
// MELTIN’ POT, SO COOL Augusto Romano ha creato uno dei marchi di denim più noti al mondo: la Meltin’ Pot. Ha ereditato dal padre Cosimo la “Romano spa”, terzista per grandi marchi nazionali e internazionali, e l’ha trasformata, con performance commerciali impensabili. Nello stabilimento di Matino vengono prodotti jeans tra i più richiesti del pianeta. Meltin’Pot già nel nome prova a declinare la vocazione internazionale. Da alcuni anni, grazie al lavoro di Rankin, un fotografo di fama internazionale, ha privilegiato campagne pubblicitarie trasversali, energiche e dirompenti. Il 2007 è stato l’anno dell’entrata di Meltin’ Pot nel cinema, non come semplice sponsor, ma come produttore esecutivo del film “The Lives of The Saints”, selezionato in vari festival Augusto Romano europei.
// COSTUME NATIONAL, DAL GIAPPONE AD HOLLYWOOD Un nome europeo e radici salentine. Costume national è la casa di moda di Ennio Capasa, designer leccese (il fratello Carlo ne è il general manager) formatosi in Giappone. Un respiro internazionale caratterizza le sue linee ultra-chic. La griffe si è presentata al pubblico nel 1987 con una collezione solo femminile. La sede dell’azienda è a Milano ma gli abiti di Capasa sfilano stabilmente a Parigi e sono inseriti nel calendario ufficiale della Camera Nazionale della Moda. Sono apprezzati da Mick Jagger, Nicole Kidman, Cameron Diaz, Tom Cruise, Brad Pitt.
Ultra-chic in passerella. Lo stilista Ennio Capasa e, a destra, una sua creazione durante una sfilata
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 42
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 43
// GIANNI CALIGNANO, ALTA MODA PREZIOSA E’ partito da Nardò Gianni Calignano, stilista che oggi lega il suo nome al panorama internazionale dell’alta moda. La sua prima collezione risale al 1986, anno precedente l’apertura del suo atelier nella città natale. Da allora i suoi abiti sono recensiti e premiati da media internazionali. Nel 1991 ha fondato la Gianni Calignano & Co. Da allora, nell’ambito delle più importanti manifestazioni promosse dalla Camera Nazionale della Moda, ha avviato attività di promozione e presentazione delle collezioni di alta moda, organizzando eventi in tutto il mondo.
leccesi, diretti da Sergio Fonti, lo spettrometro all’infrarosso Pfs che ha scoperto l’acqua su Marte. La stessa attrezzatura sta ora orbitando attorno a Venere ed è presente sulla sonda “Rosetta” in viaggio verso una cometa.
// PAOLO STEFANELLI, A CAPO DEGLI INGEGNERI D’EUROPA Dopo essere stato a capo degli ingegneri della Provincia di Lecce per undici anni (ma si è impegnato per la categoria per più di 17 anni), Paolo Stefanelli è il primo salentino mai eletto presidente dell’Ordine nazionale degli ingegneri. L’iter della sua nomina è stato lungo e contestato ma il Ministero di Grazia e giustizia gli ha dato ragione. Fra un anno Stefanelli siederà sulla poltrona di presidente europeo. Intanto sta lavorando ai primi “Stati generali degli ingegneri d’Italia”, un tavolo di confronto tra tutti gli Ordini degli ingegneri provinciali e gli enti che ruotano attorno al mondo dell’ingegneria. Dal Salento all’Europa. Paolo Stefanelli
Nardò oltreconfine. Calignano con una modella
// UNIVERSITÀ DEL GRANDE SALENTO, DALLE NANOTECNOLOGIE AGLI ASTRI L’Università del Salento guarda oltre. Nel National Nanotechnology Laboratory, il laboratorio diretto da Roberto Cingolani, si sperimentano circuiti integrati realizzati con materiale organico e biologico (neuroni, proteine, ecc). Tutto iniziò nel 1999 con 30 persone e 20mila euro. Oggi gli scienziati al fianco di Cingolani sono circa 150, cui si aggiungono i circa 50 dipendenti di aziende che collaborano con il laboratorio. Il Dipartimento di Scienze e tecnologie biologiche e amRoberto Cingolani bientali ha invece il vanto di essere membro, assieme a soli due altri dipartimenti italiani, del Network europeo di eccellenza istituito dall’Unione europea. I 40 componenti l’équipe di Ferdinando Boero ricercano flora e fauna marine da tutelare. Inoltre, è stato costruito dagli astrofisici Acqua su Marte. Sergio Fonti (al centro) e il suo gruppo di astrofisici
//VINO, MUSICA, FESTIVAL. CHIAMATELO NEGRAMARO Negramaro non è più solo il nome di un vitigno salentino. E’ anche il nome di una band che suona rock e che, come il vino, ha origine in Salento, tra Copertino, Veglie, Salve e Casarano. Ad otto anni dalla costituzione, il gruppo di Giuliano Sangiorgi (leader), Lele Spedicato, Ermanno Carlà, Danilo Tasco, Andrea Mariano, Andrea “Pupillo” De Rocco, ha varcato i confini nazionali. Il suo successo è stato decretato nel 2005 dalla partecipazione al Festival di Sanremo con il brano “Mentre tutto scorre”. Si sono susseguiti il premio come Rivelazione dell’anno al Festivalbar e il titolo di Best Italian act agli Mtv Europe Music Awards 2005. L’8 giugno scorso i Negramaro hanno pubblicato “La finestra”, album registrato a San Francisco. La celebre rivista di musica “Rolling Stones” ha dedicato loro la copertina di aprile. Il negramaro è stato assunto anche a simbolo Rolling Stone. La copertina di aprile, dedicata ai Negramaro
di uno tra i pochi festival in Europa riconosciuti dall’Unesco e ammessi dal Cict-Unesco (Conseil international du cinema de la television et de la communication audiovisuelle) a far parte dell’Organizzazione come membro associato. Il “Salento Negramaro – rassegna delle culture migranti”, organizzato dalla Provincia di Lecce, è alla sesta edizione (15 giugno-30 settembre), caratterizzato anche quest’anno da un calendario fitto di nomi illustri. La sua candidatura è stata avanzata dall’Istituto delle Culture mediterranee della Provincia, già membro Unesco. Ciò comporta la disponibilità al dialogo con le culture “minoritarie”, come raccomanda l’Unesco nella lettera di notifica del riconoscimento.
// LA NOTTE DELLA TARANTA PARLA CINESE
Compie dieci anni la Notte della Taranta, il festival che fonde la pizzica salentina con altri linguaggi musicali. Nata nel 1998 su iniziativa dell’Unione dei Comuni della Grecìa Salentina e dell’Istituto Diego Carpitella, la rassegna è cresciuta grazie all’intervento della Provincia di Lecce (dal 2001 fra gli enti promotori ed organizzatori) e della Regione Puglia (dal 2005). L’orchestra della Notte della Taranta, che si è costituita con la concertazione di Ambrogio Sparagna, ha “esportato” nel 2005 la musica salentina in Cina ed in Giordania. L’edizione 2007 si svolgerà dall’8 al 25 agosto. Melpignano. Notte della Taranta edizione 2006. Sul palco, Carmen Consoli
// LA DANZA DELLE SPADE
Dal tramonto del 15 agosto all’alba del 16 infiamma la piazza del santuario di San Rocco a Torrepaduli in occasione della festa in onore del santo. I media nazionali e internazionali hanno attirato nella frazione di Ruffano migliaia di persone, tra cultori e turisti incuriositi. Il ballo è costituito da un rituale accompagnato dal suono di armoniche e tamburelli. I movimenti mimano un combattimento con i coltelli. Scopo della danza è cercare di sfiorare l’avversario tramite le fasi fisse di provocazione, attacco, difesa, finte, colpi proibiti. Il pubblico fa cerchio intorno ai suonatori e ai ballerini, formando le “ronde”. Provocazione, attacco, difesa. La danza delle spade ha origini antichissime
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 44
// Un mese in una pagina // QUESTIONE DI LOOK
barba...ria IPSE DIXIT “Sono d’accordo su tutto quello che ha detto il sindaco; non sono d’accordo su tutto quello che non ha detto”. Giovanni Coletta, ex vicesindaco Casarano 30 giugno 2007 Forum del centrosinistra casaranese, Casarano “Sono stato reso vittima di una gogna mediatica. Sono estraneo ai fatti esposti. Non vi sono né verbali né atti di mia conoscenza che confermino quanto è stato pittorescamente pubblicato da giornali e televisioni”. Oronzo Limone, ex rettore dell’Università del Salento Corriere del Mezzogiorno, p.4, 10 luglio 2007 “La Puglia di Vendola è un caos in ogni settore. Dalla sanità all’acqua si vive all’insegna dell’emergenza quotidiana”. Rocco Palese, capogruppo Forza Italia Regione Puglia Corriere del Mezzogiorno, p.3, 10 luglio 2007 “Ho una bici, una moto e una macchina, ma spesso chiedo passaggi agli amici”. Giuseppe Ripa, assessore ai Trasporti del Comune di Lecce Nuovo Quotidiano di Puglia, p.9, 20 luglio 2007 “Voglio fare l’attrice ma non poserò per calendari sexy. Spero di conquistare il pubblico soprattutto con le mie qualità artistiche”. Romina Carrisi, attrice Corriere del Mezzogiorno, p.7, 11 luglio 2007
Segnaliamo “Shabana”, la mostra fotografica di Kash Gabriele Torsello, presso la fondazione Bastianutti di Casarano, nei pressi della chiesa di Casaranello. Il reportage dedicato all’infanzia negli scenari di guerra sarà esposto al pubblico fino al 1° settembre, ogni giorno dalle ore 18 alle 21 e il sabato e la domenica dalle ore 9 alle 21. Info al n. 347.4574634
La competizione era stata selvaggia e appassionante. In palio: lo scranno in Senato durante le elezioni del 9 aprile 2006. Infine la proclamazione, più di anno dopo. Dopo che tutte le pedine in Senato sono andate al posto giusto (dimesso Vernetti, slittato Bobba in Piemonte, proclamato Ria). Ora Ria e Barba sono colleghi. La copertina del Tacco d’Italia n. 7 di ottobre 2004 fermava il gesto “barbarico” un attimo prima della sua conclusione. Ma la realtà supera la fantasia: i contendenti hanno deposto le armi e si sono stretti la mano. A ciascuno il suo e il Salento ha oggi un rappresentante in più in Parlamento. Buon lavoro e in bocca…ai barbari al neo senatore dell’Ulivo Lorenzo Ria.
SE NE PARLA SE NE PARLA SE NE PARLA Salento a secco La chiamano “emergenza” idrica eppure si ripresenta ogni estate. Per quante manovre l’Acquedotto pugliese adotti per fronteggiare la carenza d’acqua, la situazione non migliora. E anzi negli ultimi giorni, causa le temperature torride, è diventata un vero problema per i cittadini. Ad Ugento è scoppiata la protesta. Questo Comune è stato capofila nella rivolta del basso Salento (Taurisano, Salve, Presicce, Acquarica del Capo, Alessano) che più soffrono della restrizione idrica. I cittadini si sono dati appuntamento in piazza e, il parroco don Stefano Rocca in testa al corteo, hanno marciato fino al Comune con tanto di raccolta di firme (circa 1500). Qui hanno chiesto conto della situazione ad Eugenio Ozza, sindaco della città, che si è unito al coro. Nell’incontro in Prefettura che ne è seguito, con prefetto e vertici dell’Aqp, questi hanno promesso misure efficaci. E qualche giorno dopo hanno annunciato la parziale ricostruzione delle scorte d’acqua. Eppure i cittadini non notano miglioramenti. L’acqua dei rubinetti resta chiusa. Dalle 17 alle 22. E qualcuno (Angelo Minenna @ 9:44 20.7.07 http://www.iltaccoditalia.info/sito/commenti.asp?id=2690) denuncia una situazione da embargo.
Caro Perrone: 13 a tavola porta male Prima aveva comunicato che la sua sarebbe stata una giunta a dieci. “Perché è necessario ridurre gli sprechi”. Poi ha fatto un passo indietro, ha optato per la formazione a 12, poi diventati 13, ed ha annunciato le sue intenzioni sull’assegnazione delle deleghe ai partiti. Qualcuno (leggete An, cioè Poli) ha storto il naso ed ha risposto di meritare di più. Il sindaco ha minacciato una giunta composta da tecnici, otto, ed ha preparato la lista di nomi nuovi sulla sua scrivania concedendo un ultimatum entro il quale ristabilire la pace. Alla fine ce l’ha fatta. Paolo Perrone, nuovo sindaco di Lecce, è riuscito nell’ardua impresa di costituire il suo gruppo di governo. Che ha presentato pubblicamente lo scorso 12 luglio: Paolo Perrone Adriana Poli Bortone (vicesindaca), Severo Martini, Giovanni Garrisi, Luciano Battista, Rocco Massimo Alfarano, Roberto Marti, Michele Riccardo Giordano, Fulvio Lecciso, Lucio Inguscio, Giuseppe Ripa, Attilio Monosi, Fiorino Greco, Alfredo Pagliaro. Ma Perrone non lo sa che 13 a tavola porta male?
Ateneo in cerca di rettore
Oronzo Limone
il tacco d’Italia
44
Si è detto “vittima di una gogna mediatica” ed ha promesso che riuscirà a dimostrare la sua estraneità ai fatti che gli sono stati contestati. Cioè alle accuse di falso e abuso che ruotano attorno all’inchiesta del Comune di Lecce “Polo Umanistico-Parco Corvaglia”. Così ha pensato di rassegnare le proprie dimissioni da rettore dell’Ateneo salentino Oronzo Limone, che l’ha guidato dal 2001. Ed ora, come da statuto dell’Università, questa ha 120 giorni di tempo dal “dietro front” di Limone per nominare un nuovo rettore. Ovvero: entro il 7 novembre si conoscerà il nome del successore. Nell’attesa le funzioni rettorali saranno esercitate da Armando Blanco, prorettore vicario. Che ci prenda gusto?
Agosto 2007
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 45
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 46
//Controcanto
di Roberto Guido*
DOVE NASCE IL SALENTO D’AMARE
CHI HA FIRMATO CONTROCANTO
I BUONI MOTIVI PER SCEGLIERE IL SALENTO E DIRE “NO” AL MORDI-E-FUGGI PER VACANZIERI DI MASSA
A
lzi la mano chi sa dove nasce il Salento d’amare. Imbarazzo in sala. E giù un diluvio di risposte: il mare! il sole! la terra rossa! le feste! le spiagge! i monumenti! le scogliere! Eccetera, eccetera, eccetera. Lo sviluppo impetuoso del turismo nel Salento, un primo, deleterio, effetto l’ha provocato. Tutti noi salentini, più o meno come accade con la nazionale di calcio, siamo in grado di dire la nostra e scegliere, contemporaneamente, miglior centravanti e portiere. Senza neanche il dubbio di poter sbagliare. Piegando la realtà, quella vera, alla nostra visione del mondo. Che però spesso coincide con l’interesse personale. Ecco, appunto. Facciamo del turismo un affare. Beh, certo, perché no? È naturale. Con la rivista che dirigo,“quiSalento”, in primavera siamo stati protagonisti di una singolare battaglia: abbiamo promosso una campagna di opinione per sollecitare la Regione Puglia a fermare definitivamente il business del traffico di ulivi secolari. Serviva poco e, grazie anche alla straordinaria mobilitazione dei lettori di “quiSalento”, in quattro e quattr’otto la legge è stata approvata: gli ulivi secolari del Salento e della Puglia non “emigreranno” più, non faranno più da mesto ornamento ai rondò di mezza Italia. Resteranno qui. Che c’entra con il turismo? C’entra, perché, pensate un po’, gli ulivi in Puglia sono qualcosa come sessanta
A
milioni e si stima che siano dai tre ai cinque milioni quelli secolari. Che sarebbe il paesaggio di Puglia senza ulivi? Ecco, allora, che salvare gli ulivi diventa il paradigma di una battaglia per uno sviluppo sostenibile. Perché c’è da fermare la mano di chi considera questa terra una merce da vendere al migliore offerente. Perché gli ulivi secolari, al pari dei muretti a secco e delle pajare, dei centri storici e del barocco, devono essere considerati parte di un patrimonio unico (e irripetibile) di questa terra. Non si tratta di vagheggiare un anacronistico ritorno al passato, ma di immaginare un presente (e un futuro) che di queste risorse faccia tesoro. Questo “bene comune” non è svendibile, non è in alcun modo alienabile né tanto meno può essere alterato irrimediabilmente con il cemento dalla mano dell’uomo. È un “bene comune” che contraddistingue il nostro stesso vivere quotidiano e, d’altro canto, la sua stessa peculiarità è quel valore aggiunto che costituisce la base dell’appeal turistico di questa terra. Il Salento viene scelto non perché abbia strutture turistiche di primo piano (anche se di anno in anno, di stagione in stagione si eleva sensibilmente la qualità dell’offerta), ma perché si presenta con un ambiente, naturale e urbano, più o meno a misura d’uomo. Dove è vero che non ci sono strutture futuribili, ma non c’è neanche quell’ingorgo continuo delle
metropoli. E, soprattutto, ci sono sapori, odori ed emozioni veri e autentici, non di plastica. Il Salento non è solo una bella (ma fredda) cartolina d’autore. Il Salento è terra d’incontro, dove si riempiono le piazze e le tv restano spente, dove è sufficiente una musica semplice per ballare e divertirsi. Ecco alcuni buoni motivi per rifuggire dalla tentazione di tarare il Salento a misura di vacanziere di massa. Per il mordi-e-fuggi, per questo tipo di turista intruppato e guidato dai tour operator c’è altro, c’è Rimini, c’è la Spagna, c’è Sharmel Sheik. E non c’è competizione possibile: è sempre meglio l’originale della copia... Allora, dove nasce il Salento d’amare? Nasce dagli ulivi. Nasce da quello straordinario spirito d’accoglienza dei salentini. Nasce da quello straordinario mix di tradizioni, storia e cultura che convivono più o meno armonicamente in riva al mare. È per questo che come “quiSalento” abbiamo scelto di raccontare il Salento di quanti nel loro piccolo universo si sforzano ogni giorno di tutelare, salvare e rispolverare usanze e tradizioni per farle rivivere nel terzo millennio. La Notte della Taranta è solo la punta di diamante di un Salento che marcia in un futuro dalle antiche e solide radici. *direttore “quiSalento”
Vincenzo Magistà Direttore “TgNorba”
Rosanna Metrangolo Caporedattore“Nuovo Quotidiano di Puglia”
Marco Renna “Studio 100 Lecce”
Mimmo Pavone Direttore responsabile “Il Paese nuovo” Vincenzo Maruccio Giornalista “Nuovo Quotidiano di Puglia”
Tonio Tondo Inviato “La Gazzetta del Mezzogiorno”
INDOVINA CHI È
“Bestiario pubblico. Ovvero: come nascono nuovi improbabili personaggi sulla scena”
il tacco d’Italia
46
Agosto 2007
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 47
TACCO N. 39 (2)
26-07-2007
10:55
Pagina 48