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// L’Editoriale
L’Editoriale
di Maria Luisa Mastrogiovanni
AFFARE RIFIUTI: È ECOMAFIA MA LA PROCURA NON LO PUÒ DIRE
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er iniziare a ricostruire le vicende dell’affaire rifiuti in provincia di Lecce, come viene definito nella relazione della Commissione d’inchiesta parlamentare del 1998 (dieci anni fa!), è bene tenere bene a mente una parola: oligopolio. Questa parola è presente in ogni relazione delle Commissioni parlamentari sui rifiuti che si sono succedute da quando nel 1994, a seguito di un’epidemia di colera a Bari, fu dichiarato lo stato d’emergenza in Puglia. L’oligopolio, cioè poche aziende che si spartiscono il business dei rifiuti, attraverso l’esasperazione del sistema dei ricorsi, portati avanti fino all’estremo grado di giudizio, ritarda la piena attuazione del Piano di smaltimento dei rifiuti, mantenendo nelle mani di pochi la gestione degli impianti e i relativi guadagni. Con l’oligopolio i vari presidenti delle Commissioni e il prefetto di Bari, spiegano l’esistenza di un sistema che, se affiancato dalla latitanza delle pubbliche amministrazioni, che non controllano sul corretto operato dei gestori delle discariche e non pretendono i dovuti periodici controlli ambientali, e dalla quasi inesistente attività di indagine della magistratura sull’argomento, può aprire grosse falle da cui si insinua l’operato mafioso. Il Comando ambientale dei Carabinieri, all’interno del rapporto Ecomafia 2005 di Legambiente sottolineava come le organizzazioni per lo smaltimento illegale dei rifiuti prevedano delle vere e proprie specializzazioni territoriali. Così, mentre Campania e Puglia restano aree di smaltimento preferenziale e, ovviamente, le regioni del Nord, Lombardia e Veneto in testa, zone di procacciamento dei rifiuti, la Toscana sembra assumere un ruolo nevralgico per quanto riguarda alcune attività logistiche (dall’intermediazione alla falsificazione delle analisi). Da oggi, con l’abolizione della legge regionale 29 del 2007 voluta da Vendola (si legga pag. 10) i rifiuti speciali e pericolosi potranno essere smaltiti regolarmente in Puglia. Regolarmente, ammesso che siano efficaci i controlli sul territorio soprattutto da parte delle amministrazioni locali. Ma, scrivono i Carabinieri, “emerge, l’inadeguatezza, soprattutto in alcune regioni, del sistema
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dei controlli. La diffusione della corruzione in alcuni settori delle amministrazioni locali e l’atteggiamento compiacente proprio di chi dovrebbe verificare le attività autorizzate, ha permesso la diffusione delle pratiche illegali, assicurando spesso l’impunità agli eco criminali”. I Carabinieri del comando tutela ambientale in dieci anni dall’entrata in vigore del decreto Ronchi hanno tracciato le modalità criminose con cui vengono smaltiti i rifiuti, anche all’interno di discariche autorizzate, e le connivenze necessarie perché lo smaltimento illegale avvenga: la compiacenza dei colletti bianchi, lo scarso controllo degli enti locali sulle discariche e sulle rilevazioni ambientali, la catena di subappalti fino ai piccoli trasportatori, la falsificazione o la modificazione delle etichette che devono accompagnare i rifiuti. Nella nostra indagine su Burgesi e sull’emergenza rifiuti in Puglia abbiamo riscontrato tutte queste “componenti” relative al ciclo di smaltimento illegale dei rifiuti analizzate dai Carabinieri e, mettendole insieme, il lettore potrà farsi un’idea della situazione nel Salento. Componenti denunciate dalla magistrata Valeria Mignone, che condusse l’inchiesta su fusti di pcb rinvenuti a Ugento e in altre località del basso Salento (si legga a pag. 6 e su www.iltaccoditalia.info l’intervista, che ripubblichiamo on line). Intervistata dal nostro Giuseppe Finguerra, nel 2007 la magistrata denunciava la connivenza delle pubbliche amministrazioni, ricordava il processo alla Monteco «per aver accettato come rifiuti urbani quelli che erano rifiuti pericolosi» (ecco che le etichette che accompagnano i rifiuti non corrispondono alla reale sostanza contenuta), mentre al “Paese nuovo”, intervistata nel 2005 da Ada Martella, si dichiarava “sconfitta” all’indomani della sua promozione alla DDA (dipartimento distrettuale antimafia). Con la promozione della Mignone infatti finirà l’epoca delle grandi inchieste sui reati ambientali nel Salento, epoca che sembra essere ripresa ultimamente, con l’autodenuncia dell’imprenditore Bruno Colitti, a seguito della quale si sta scavando a Burgesi per scoprire rifiuti pericolosi interrati.
Alla ricerca dell’origine dell’emergenza in Puglia e a Ugento, abbiamo ricostruito l’iter con cui nacque Burgesi, unico caso in Italia di discarica autorizzata “in sanatoria” nel lontano 1992. Notizia che viene fuori ora, per la prima volta, grazie ad una ricerca documentale del Tacco, che pubblica per intero quelle autorizzazioni. Studiando le carte poi, abbiamo trovato le tracce di un centro di stoccaggio rifiuti nato affianco a Burgesi, con soldi pubblici, collaudato e mai utilizzato, oggi oggetto di furti e vandalismi, che un cartello dichiara pericolante. Per la prima volta si da notizia della sua esistenza e per la prima volta è stato fotografato lo scempio al suo interno, i macchinari nuovi ma in disuso dal 2002. (continua a pag. 2 dello speciale “Rifiuti S.p.A.”)
Il mensile del salento Anno VI - n. 54 - Febbraio 2009 Iscritta al numero 845 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 27 gennaio 2004
EDITORE: Nerò Comunicazione - Casarano - P.zza A. Diaz, 5 DIRETTORE RESPONSABILE: Maria Luisa Mastrogiovanni HANNO COLLABORATO: Mario Maffei, Laura Leuzzi, Enzo Schiavano, Mario De Donatis, Francesco Ria, Flavia Serravezza, Luisa Ruggio, Ada Martella, Giancarlo Colella, Cesare Mazzotta, la redazione del mensile “Volontariato Salento” del Csv FOTO: Roberto Rocca, Giancarlo Colella, Guardia di Finanza-Casarano, “Volontariato Salento” Dove non segnalato archivio del Tacco d’Italia REDAZIONE: p.zza Diaz, 5 - 73042 Casarano - Tel./Fax: 0833 599238 E-mail: redazione@iltaccoditalia.info PUBBLICITÁ: marketing@iltaccoditalia.info - tel. 3939801141
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Nichi Vendola in versione alieno, nella copertina del Tacco d’Italia n°11, febbraio 2005
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Nicola Vendola detto Nichi, cinquantenne zione nel Parlamento europeo, si aggiunge oggi presidente della Regione. La sua ascesa al un nuovo “pericolo Vendola”. Abbandonati infat“trono” di governatore delle Puglie è una delle ti i compagni massimalisti e comunisti, il constorie più strabilianti della storia repubblicana. dottiero di terlizzi è pronto a coagulare attorno Già deputato per diverse legislature, lui catto- a sé la diaspora della sinistra italiana, per una comunista, gay dichiarato, dalla forte persona- nuova rifondazione. Ci riuscirà? L’augurio del lità e l’eloquio elegantissimo, una profondità di Golem è che intanto riesca a porre rimedio all’epensiero che sconfina nella poesia, riesce a splosiva emergenza rifiuti che egli, in qualità di vincere le primarie e poi addirittura a battere commissario straordinario, non è finora riuscito Raffaele Fitto, il presidente uscente. Le sue a disinnescare. campagne elettorali spaziano dai diritti dei Nel Tacco di novembre 2008 il Golem bambini alle speranze più profonde degli individui, senza mai un attacco personale o un aveva parlato di Massimo Manera, contestando ammiccamento al politichese. Con questo stile al portavoce di Pellegrino l’illegittimità del suo inusuale, come detto, si impone nelle prime (e ruolo in quanto non giornalista. Sua unica reaultime) elezioni primarie veramente combattu- zione: una puntualizzazione sull’entità del suo te del centrosinistra italiano. Primarie di coali- stipendio su Nuovo Quotidiano di Puglia. zione che, dopo l’exploit di Vendola, furono All’indomani della sua condanna in primo seguite da plebisciti volti a rafforzare leader- grado e relative dimissioni si è acceso un blog ship già definite (di Prodi e di Veltroni) e suc- spontaneo su www.iltaccoditalia.net che vi invicessivamente accantonate per sempre (salvo tiamo a consultare. prossime riesumazioni per evitare gravi rotture qua e là lungo lo stivale). Le primaLa gioventù è la ricInfiltrazioni e sporcizia. Il palazzetto rie: uno strumento di democrazia diretta chezza di ogni sociedello sport di via Giannone a Nardò affascinante, che oltreoceano ha consentà. Per raggiungere il è in condizioni di abbandono tito il miracolo Obama. Forse mai veramiglior sviluppo psimente amate dai vertici ex PCI ed ex DC, cofisico, è necessario troppo abituati al centralismo democratiche i giovani pratico e alle trattative tra correnti contrappochino sport, respirino ste. Eppure dopo la sconfitta del superfaaria pulita, abbiano a vorito Francesco Boccia (assessore al disposizione luoghi Comune di Bari, esperto di economia, gioin cui potersi riunire. vane e colto), DS e Margherita avrebbero La nostra città è notevolmente carente di strutture sportive e luopotuto trarre qualche insegnamento per il ghi di aggregazione. L’unico impianto sportivo pubblico disponibile futuro: per esempio che il popolo progresalla fruizione dei giovani è il Palazzetto dello sport in via Giannone. sista non ama soluzioni precotte; che non Ogni sera, molti giovani sportivi lo trasformano in un vero e proprio si accontenta più di competenti tecnocracuore pulsante nella nostra Nardò. Purtroppo le condizioni in cui ti ma cerca dalla politica una speranza, versa sono drammatiche. Infiltrazioni, sporcizia ed abbandono lo una visione ideale capace di scaldare il stanno, poco alla volta, distruggendo. cuore. Alle odierne drammatiche difficoltà Rivolgendoci soprattutto ai giovani consiglieri comunali, chiediamo del Partito Democratico, ancora incerto all’Amministrazione un impegno urgente per evitare che anche quenientepopodimenoché sulla sua collocast’ultima struttura sia mestamente chiusa.
Giovani per la Libertà Gli Allegri Spiritelli del PdL – Nardò
LETTERE AL DIRETTORE
FOTO PROTESTA
GIOVANNI COLETTA. POVERO MA RICCO Un anno fa, improvvisamente, moriva Giovanni Coletta. La politica, non solo quella casaranese, ha perso un serio e indiscusso protagonista. Persona intelligente, rude, generosa, leale e di prima qualità. Quel mattino ero nel mio piccolo oliveto quando Eugenio Romano mi diede per telefono la triste notizia. Casuale paradigma di quello che Giovanni è stato: un olivo robusto. Le radici ben piantate nel territorio. Le fronde ombrose e cariche. Un prodotto extravergine finissimo. Non sempre apprezzato. Soprattutto da chi è abituato a smerciare o servirsi di sottoprodotti. Per oltre 30 anni siamo stati legati da un “vincolo indissolubile”: una amicizia vera. Oltre la poli-
tica. Amici nella vita. Una comune visione della società. Sodali e solidali persino nelle intemperie. Spiriti liberi. Giovanni, nato “scarparu”, aveva umanità, curiosità, persino finezze, intellettuali e culturali rare. E’ stato sempre precursore nel percepire le evoluzioni socio-economiche di quell’importante area. Sin dagli anni ’70-‘80 intuì la “forza propulsiva” del “localismo” e del Tac, della necessità di “sinergie territoriali” sovracomunali, della collaborazione tra enti locali ed economia, dei consorzi tra aziende. Intuì, poi, prima di altri, la repentina crisi del settore tessile, la necessità di un nuovo modello di sviil tacco d’Italia
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luppo per l’area di Casarano e dell’intero Sud Salento. Io e lui a “ragionare” ancora sino a notte. A discutere di energie rinnovabili. Di turismo. Di ambiente Di cultura. Giovanni, “cittadino atipico”? Forse. Egli era, però, soprattutto e semplicemente, un cittadino impegnato, coerente e responsabile. Un politico intelligente. Spesso inascoltato ed emarginato. Ha subito torti ed ingiustizie e nessuno lo ripagherà di questo. Tanti potranno, però, attingere alla lezione della sua vita: un impegno politico e sociale verace impregnato dei valori di umanità, rigore, serietà, studio, onestà e altruismo. Cosa rara tra i politici, Giovanni Coletta è vissuto ed è morto povero.Vivono, però, la testimonianza della sua vita e la ricchezza delle sue idee. Pantaleo Gianfreda
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// Opinioni dal Tacco TERZO GRADO di FRANCESCO RIA f.ria@iltaccoditalia.info
commenti e opinioni da
www.iltaccoditalia.net
MICHELE LOSAPPIO
Il problema rifiuti torna, di attualità. Non si riesce ad affrontarlo in modo definitivo? “Avendo ereditato dai governi precedenti, in particolare dai dieci anni consecutivi di governo di centrodestra un sistema di smaltimento di rifiuti basato solo sulle discariche e su un unico impianto privato di termovalorizzazione del Cdr, combustibile derivato dai rifiuti, con la raccolta differenziata all’8%, occorreva un periodo di transizione per arrivare ad un moderno sistema di smaltimento ed a una raccolta differenziata degna di questo nome che oggi è al 14%”. Qual è la situazione reale della Puglia e del Salento in particolare? “Abbiamo continuato nell’applicazione del Piano già predisposto, con modifiche indispensabili come il taglio degli inceneritori del rifiuto tal quale o il cambiamento del progetto impiantistico di Corigliano d’Otranto. Oggi la Puglia ha a disposizione quattro impianti complessi, a Conversano, Cerignola, Deliceto e Cavallino, ed altri quattro saranno realizzati entro l’anno. Si tratta di impianti di selezione, biostabilizzazione, in alcuni casi (Conversano e Cavallino) produzione Cdr e in altri (Cerignola e Deliceto) con linee di compostaggio. Si passa, dunque, dalla discarica all’impianto così come avviene in tutta Europa”. Cosa state studiando per risolvere il problema? “Le Ato sono 15 e gli impianti solo otto. Bisogna farne di più e lo stiamo facendo. In primavera entrerà in funzione l’impianto di biostabilizzazione del Comune di Bari, non pre-
INDOVINA CHI E’?
La soluzione a pag. 30
Il federalismo, inteso positivamente può essere una grande risorsa. Sulla questione rifiuti mi sembra eccessivo, come leggo in alcuni commenti, affermare che nel Salento possa accadere ciò che è successo in Campania, a Napoli. anna maria mangia @ 18:35-8.1.09 commento all’approfondimento “Rifiuti cancerogeni ad Ugento” www.iltaccoditalia.info/sito/index-a.asp?id=5810#commenti_articolo Questa è stata sicuramente una tragedia, una orrenda tragedia italiana. Ma la vera tragedia Italiana, al di là del dramma di A.M. è che nessuno (da più di 30 anni a questa parte) vuol cercare veramente la verità su questa tremenda questione. Svegliatevi, cari amici leccesi, perchè con A.M. sono riusciti ad eliminare un personaggio di eccezionale levatura, ma anche perchè da quel momento in poi (grazie a questo delitto) le vostre zone sono state completamente dimenticate. E questo è stato sicuramente un enorme danno, politico, economico e culturale sopratutto per voi e per tutta la vostra Regione. Anastasio @ 15:8-12.1.09 Commento alla news “Aldo Moro. Una tragedia italiana” www.iltaccoditalia.info/sito/index-a.asp?id=5828#commenti_articolo
Michele Losappio, assessore all’Ecologia, Regione Puglia
visto, e stiamo ragionando con alcuna Ato, come la Lecce 2, per finanziare impianti di compostaggio pubblici. Useremo i nuovi fondi Por. Bisognerebbe portare la differenziata oltre il 20%”. Sindaci e presidenti delle Ato strumentalizzano la questione rifiuti per scopi politici? “Dopo 13 anni di commissariamento non è facile far agire insieme Comuni, Ato, Province, Regione, commissario. Con i rifiuti occorre responsabilità. Sulla vicenda di Ugento e del blocco della discarica questa responsabilità ha tardato a farsi strada”. Un ciclo completo dei rifiuti vuol dire anche impianti di biostabilizzazione e termovalorizzatori. Il Salento ricorrerà ad azioni di protesta? “L’impianto di biostabilizzazione non ha alcune controindicazione ambientali. E’ un impianto fisico (non chimico) che consente di igienizzare i rifiuti, eliminare i cattivi odori, ridurne il volume del 25-30%. Diverso è il tema della termovalorizzazione. Per la Regione essa è consentita solo come parte terminale del ciclo dei rifiuti. Si termovalorizza il Cdr e non il tal quale, dopo la raccolta differenziata, la selezione, la biostabilizzazione ed il compostaggio. E si tratta di impianti di piccola taglia (massimo 8-10 Mega Watt). Al momento non ne sono previsti in Salento”.
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L’indifferenza dei politici riguardo la questione meridionale è storica. E’paradossale che la Poli Bortone si accorga, dopo tanti anni di attività politica, dell’esistenza di questa emergenza, a tal punto da abbandonare AN. Per la serie “Meglio tardi che mai”. Dobbiamo riprenderci la politica e cambiare il corso della storia. Basta con questi politici!!! Salvatore Ventruto 22:0-22.1.09 Commento all’approfondimento “An, addio” www.iltaccoditalia.info/sito/index-a.asp?id=5914#commenti_articolo Mi sono da poco trasferito nel Salento dopo dieci anni vissuti a Roma e 27 in Lombardia dove sono nato e casualmente mi sono imbattuto in questa serie di “discorsi” scritti sul web in forma di pseudo-programma politico. Ho trovato interessante il tentativo di un candidato di volersi spiegare, di costruirsi una cornice che faccia da contenitore ad un “quadro” politico. Non sono di Casarano e non voglio entrare in beghe locali. Quello che mi va di sottolineare è che forse è arrivato il momento in cui le persone, sulla falsa riga del celeberrimo discorso di JF Kennedy, non si chiedano più cosa lo stato può fare per loro ma cosa loro possono fare per lo stato. Gerardo Scorrano 15:55-26.1.09 Commento a “La Politica, l’Antipolitica e la Volontà popolare”, nel box “in evidenza” dedicato alla possibile candidatura di Ivan De Masi a sindaco di Casarano www.iltaccoditalia.info/sito/index-a.asp?id=5806#commenti_articolo
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BOLLETTINO DEI NAVIGANTI
// Opinioni dal Tacco
di MARIO DE DONATIS m.dedonatis@iltaccoditalia.info
LE RIFORME DI OGGI NON ERANO NEL DISEGNO DEI COSTITUENTI
La Costituzione? Più di qualcuno ci ha messo mano per cogliere le aspettative dei nuovi tempi, ma molti altri si sono impegnati per modificarla di fatto, introducendo norme elettorali che ne hanno stravolto l’originaria filosofia. Oggi, i guasti di improvvide riforme sono percepiti dai più. Il presidente della Repubblica – ingessato dalle norme – assiste all’impietoso agire, sullo scenario politico-istituzionale, di partiti fortemente personalizzati. Non era questo il disegno dei Costituenti. La Repubblica parlamentare, tanto agognata dopo il fascismo, ha lasciato il campo ad una realtà ibrida in cui ha preso corpo una democrazia asfittica, imperniata sulla “cooptazione per appartenenza”. Non mancano analisi e denunce sulla crisi della democrazia italiana ma, ancora oggi, il clamore delle “adunanze” – che arriva fin nelle nostre case, con prodotti pre-confezionati dei media – amplificando la dimensione del consenso, sembra voler soffocare ogni cosa, anche il pluralismo – che prima che politico è culturale – in un gioco bipolare che, più che giovare alla governabilità, salvaguarda caste ed interessi consolidati. In questo scenario, le dinamiche sociali – che le politiche degli anni ’50 e
seguenti avevano alimentato – sono compromesse. Di certo, una delle tessere del mosaico che incide, grandemente, su quanto rappresentato è il ”partito politico”, nella sua attuale configurazione. Lontano dallo spirito dei Costituenti, i partiti politici, nel nostro Paese, agiscono in assenza di “regole di democrazia interna”. Più che “riferimenti“ della società civile legittimati a trasferire le istanze politiche territoriali e settoriali del Paese, i partiti sono – forse, anche a loro insaputa – espressione di poteri forti e meno forti che intervengono, a tutto campo, con il piglio e la consapevolezza delle lobby. In tale contesto, l’iniziativa promossa dal consigliere regionale Roberto Rocco e da altri suoi colleghi, rivolta a dare attuazione all’art. 49 della Costituzione – peraltro assunta, anche, da autorevoli parlamentari - è un segnale forte e chiaro, un ulteriore sussulto di onestà democratica da sostenere, anche alla luce del crescendo astensionismo. Trattandosi di materia di competenza del Parlamento nazionale, l’iniziativa politica del consigliere Roberto Ruocco, tradottasi in una proposta di legge dello scorso anno, ha cercato di cogliere gli “spazi operativi” del Consiglio regionale per regola-
mentare il flusso dei rimborsi elettorali, al livello pugliese, stabilendo un rapporto tra “democrazia interna” e “legittimazione al finanziamento”. I più hanno sostenuto l’iniziativa, poco importa se per convinzione o per opportunità politica. Preoccupano, al contrario, ora, i forti ritardi nella discussione del provvedimento, in Consiglio regionale, anche determinati da una inadeguata attenzione dei media alla proposta di legge in questione. C’è, ancora, da dire che se la proposta di legge dovesse ottenere l’ulteriore corso dal parte del Consiglio regionale, al di là della stessa incidenza di ordine finanziario sui bilanci delle formazioni politiche, l’iniziativa del consigliere Roberto Rocco assumerebbe una forte valenza politica, in grado di orientare i lavori dello stesso Parlamento, anche attraverso una corsia preferenziale da riservare ad analoghe iniziative. Tanto potrebbe essere ascritto quale frutto di un “federalismo politico” di certo in linea con la Costituzione, al contrario di quello “fiscale” che si pone in aperta antitesi con la nostra Carta fondativa, quantomeno per lo spirito antimeridionalista che lo ha alimentato, che nessuna mediazione può cancellare.
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// Opinioni dal Tacco L’ARIA CHE TIRA
di LUISA RUGGIO l.ruggio@iltaccoditalia.info
IL SALENTO SI RIFIUTA
E il Salento si rifiuta di indossare la maschera della cartolina da paese dei balocchi usata a più non posso per farlo diventare la vera e unica terra promessa dei vacanzieri. Il Salento “scigliato” finisce sotto i riflettori sollevando il tappeto sotto il quale è cresciuta l’immondizia. Fino al punto di chiamarsi emergenza. Mentre per giorni gli occhi sono stati puntati sulla Burgesi di Ugento, il territorio colleziona discariche a cielo aperto scoperte in piena campagna un giorno sì e quello appresso pure. E’ stato il mese dei cassonetti andati a fuoco; non di autocombustioni si è trattato ma di una protesta diffusa e parallela a quella del
presidio del no a Ugento. Questo è stato l’avvio del 2009, un Salento paragonato alla Campania con le solite polemiche sorte in ogni dove. In ultimo giunse la Focara di Novoli e tutto fu dimenticato per un poco su treni stipati di salentini vagamente soddisfatti di risparmiarsi il prezzo del biglietto per andare a vedere il fuoco. A Lecce tutti c’hanno una strana tosse secca e non è l’influenza; volendo contribuire agli sforzi (?) della politica amministrativa per scongiurare l’inquinamento da polveri sottili bisogna lasciare l’auto facendo financo testamento perchè da queste parti se vai in giro in bici-
cletta rischi che t’accoppino con un sorpasso. Manco a Nardò se la passano troppo bene, tutta colpa del punteruolo rosso, un parassita che ha già attaccato le essenze arboree di Boncore e Santa Maria al Bagno e quindi è Sos palme. Poi c’é un altro parassita, che nessun agronomo può scandagliare in queste lande, ed è quello che ha intaccato le risposte disabilitando una parola che nessuna poltrona pare assumersi fino in fondo: responsabilità. Parafrasando una battuta di Woody Allen a modo mio: “Siamo tutti responsabili, se solo sapessimo di esserlo.”
di ENZO SCHIAVANO e.schiavano@iltaccoditalia.info
TUTTO E IL CONTRARIO DI TUTTO. QUANDO CONTRADDIRE DIVENTA REGOLA Si può essere contrari ad un impianto che produce energia pulita e nello stesso tempo essere favorevoli ai termovalorizzatori? E si può conciliare la militanza in un partito che sostiene una politica energetica improntata sul nucleare ed essere contrari ad un impianto a biomasse? E’ un piccolo campionario delle clamorose contraddizioni che si sono sentite durante il Consiglio comunale del 15 gennaio scorso, convocato per stabilire se istituire i referendum contro il progetto di una centrale a biomasse. Uno spettatore occasionale, ignaro delle dispute politiche tra esponenti locali, sarebbe rimasto sorpreso nell’ascoltare un consigliere comunale, Francesco Ferrari (Udc), che interviene con la solita passione contro
un impianto ad energia pulita e che, di straforo, riesce a piazzare uno spot a favore dei termovalorizzatori. Lo stesso spettatore avrebbe ascoltato un altro rappresentante dei cittadini, Giampiero Marrella, affermare che gli impianti a biomasse “potrebbero essere nocivi alla salute”. Sarebbe curioso conoscere il parere di Marrella sulla politica energetica del suo partito (Forza Italia) che ha programmato l’apertura di diversi impianti nucleari che, com’è noto, non arrecano danni all’ambiente e nemmeno ai cittadini in caso di fuga radioattiva. Tra l’altro, che l’energia prodotta da biomasse sia da definirsi “pulita”, e quindi non pericolosa per la salute pubblica, lo dice il sito ufficiale del Ministero dell’Ambiente, diretto da un ministro di il tacco d’Italia
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Forza Italia, oltre ad associazioni ed eminenti personalità del mondo scientifico sparsi in tutto il mondo. E, per finire, sarebbe rimasto sorpreso nell’ascoltare l’intervento di Leda Schirinzi, esponente dei “Verdi”, mettere in discussione certezze sulle energie rinnovabili che il suo stesso partito ha invece posto alla base del suo credo politico. Probabilmente voleva solo giustificare la firma di richiesta del Consiglio comunale. Quello che lo spettatore occasionale non potrebbe sapere è che quando si è in campagna elettorale, quando le elezioni amministrative sono vicine, sembra che sia lecito dire tutto e il contrario di tutto. L’unico criterio è attaccare il diretto avversario politico, anche a costo di dire sciocchezze.
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Almanacco salentino
COME TRADIZIONE VUOLE
CARNEVALE DA FUOCO A FUOCO
Il Carnevale salentino inizia come finisce: col fuoco. Ma se le fiamme che danno il via al periodo di gioia e bagordi sono quelle, grandiose, delle fòcare che si organizzano in numerosi Comuni della provincia in onore di S. Antonio (“S. Antoniu te lu focu”), quelle che lo chiudono si sollevano dai falò che bruciano il Re Carnevale, un fantoccio simbolo delle feste appena trascorse (ma la tradizione varia da zona a zona; in alcuni luoghi a bruciare è Teodoro, in altri Paolino, e nel rogo finiscono anche pezzi di vecchi carri allegorici). Attorno ai fuochi per S. Antonio si balla la pizzica e si chiede al santo un raccolto abbondante. Poi il carnevale assume una identità differente, a seconda della tradizione propria del singolo paese, fino a sfociare in
festeggiamenti in grande stile che si tengono nei due giorni di chiusura, prima dell’inizio della Quaresima: la domenica ed il martedì grassi (grassi perché ci si concede un po’ di tutto, a tavola e non solo; del resto, lo dicevano pure i latini che una volta all’anno tutto è consentito), quest’anno il 22 ed il 24 febbraio. Il Carnevale di Gallipoli è il secondo in Puglia. E’ caratterizzato dalla maschera de “lu Tidoru”, Teodoro. Leggenda narra che la madre del giovane gallipolino arruolato alle armi chiese al Signore (e ottenne) che il figlio avesse due giorni in più per festeggiare il Carnevale con la sua famiglia. Ma quando Teodoro fu a casa, mangiò talmente tanto che rimase strozzato dal cibo. Ogni anno, la sfilata dei carri allegorici, rievoca la tragica fine del militare.
Anni ‘60. Casarano, zona Agip (un tempo si chiamava Supercortemaggiore). In fondo un carro allegorico, il cavallo di Troia (ph: gentile concessione di Ippazio Pedone)
Di funerale in funerale. Stavolta la location non è Gallipoli, ma Martignano e tutta la Grecìa. E il caro estinto non è Teodoro, ma Paolino. Il rito si svolge in tre fasi: “lu consulu”, il banchetto che si svolge in piazza per consolare Nina, vedova affranta; “il funerale”, ovvero la processione che porta la salma in giro per il paese e si ferma, di tanto in tanto, nelle case in cerca di cibo o vino; la “focara” in cui Paolino brucia e sui tetti delle case viene collocata la Caremma, vecchia moglie del Carnevale, con in mano fuso e conocchia, simboli del lavoro, e ai piedi un’arancia con sette penne infilzate, una per ogni settimana di penitenza. Il tempo per i giochi è finito, almeno per 40 giorni. Poi, un nuovo falò (a bruciare sarà proprio la Caremma) darà il via ad una nuova festa.
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Almanacco salentino
Fu un febbraio amaro, quello targato 2008, per i casaranesi che attendevano, come ogni anno, le sfilate dei carri in maschera. Per la prima volta dal 1996, infatti, anno in cui, grazie ad un gruppo di appassionati, la sentita tradizione riprese a vivere, Casarano è rimasta a bocca asciutta di carri colorati per le vie della città. Il Carnevale della Fantasia, la manifestazione divenuta negli anni un must del calendario cittadino, non ha avuto luogo, se non, come hanno detto i più maliziosi, nella fantasia, appunto. Eppure gli organizzatori, ovvero la Pro Loco presieduta da Walter Vergari, avevano annunciato un evento grandioso, forte della presenza di almeno 12 carri allegorici. Il motivo del mancato Carnevale è da ricercare nella mancata collaborazione tra Comune ed associazione. Che ha accusato Palazzo dei Domenicani di scarso interesse, scarsa partecipazione, scarsi contributi. L’Amministrazione, dal canto suo, ha tentato di correre ai ripari ed ha organizzato, nel poco tempo a disposizione, non una sfilata nei modi consueti, ma una festa in maschera all’aperto. Troppo poco per i bene abituati. Risultato: un flop vero. Non per scherzo.
RAFFREDDORE ADDIO: VINO E “CATAPLASMA”
LA RICETTA DEL MESE
TEMPO DI CHIACCHIERE Ingredienti 400 grammi di farina 50 grammi di zucchero due uova intere due tuorli un bicchiere di vino dolce zucchero a velo un pizzico di sale Preparazione Setacciare la farina, aggiungere il burro, le uova, il vino, un pizzico di sale, ed amalgamare, lavorando bene l’impasto fino a quando non risulterà liscio e compatto. Lasciare riposare per circa un quarto d’ora. Stendere l’impasto formando delle sfoglie lisce; tagliarne delle striscioline, dei rombi, dei triangoli, e varie forme e friggerle in abbondante olio (d’oliva, ovviamente, come tradizione salentina impone). Quando saranno dorate e croccanti, toglierle dall’olio e deporle su carta assorbente e successivamente su un piatto da portata. Spolverizzare con zucchero a velo e servire.
INVERNO DI PIOGGIA E FREDDO
IL RIMEDIO DELLA NONNA
a cura di QUINTINUCCIA RATANO Se non altro, è una buona occasione per concedersi un bicchierino in più. Contro il raffreddore, malanno tipico del periodo, un metodo infallibile è un bel bicchiere di vino caldo con aggiunta di zucchero. Quintinuccia lo preparava sempre ai suoi cari con naso e gola chiusi. Bastava scaldare sul fuoco del vino e zuccherarlo per bene. In un lampo si tornava a respirare. Oppure, confusi dai fumi dell’alcol, si credeva di farlo e ci si sentiva comunque meglio… Ma se la situazione era più grave e al raffreddore si aggiungeva anche un fastidioso mal di gola non c’era
scelta: bisognava ricorrere al “cataplasma” (metodo efficace anche contro il mal di denti ed infiammazioni di vario tipo). In un pentolino, si bollivano dei semi di lino che, una volta scaldati, si mettevano in un fazzoletto o in uno straccio o in una vecchia federa. Poi si appoggiava l’impacco sul petto dell’ammalato e lì si lasciava fino a che non si fosse raffreddato. Subito si avvertiva una sensazione di sollievo. I bambini, tranquilli, prendevano sonno. I grandi, quindi, pure.
a cura di LUIGI POLITI “Scinnaru siccu, valanu riccu. Però no tantu siccu, sinò crepe pure u paricchiu” . Gennaio secco (non piovoso), contadino ricco (il valano era, più precisamente, il direttore dei lavori di aratura). Però, non troppo secco, altrimenti periscono pure i buoi che, in paio, cioè in coppia, tirano il traino per l’aratura. “E’ ‘rrivata a candelora e la vernata è ssuta fora”. “Non è veru – dice l’addhru -; ci la sai bene cuntare, nc’è n’addhu quarantale”. “Ci diciti – l’addhu ancora –? Ci tiniti nu stozzu, zzativu pe’ marzu, ca face friddu finu a Santu Marcu”. “State ‘ncorti a cci diciti, ca ui cuntati, ma nenti capiti. U Cola, era te masciu, e lu scilava”.
Il proverbio assume la forma di un dialogo tra vecchi saggi del paese. Si immagina che questi si ritrovino vicino al focolare e chiacchierino sul tempo. Il primo dice: “E’ arrivata la Candelora, la festività che celebra la presentazione di Cristo al tempio ricordata il 2 febbraio, e l’inverno è terminato”. Interviene il secondo: “Non è vero; se sai contare bene, ci sono altri 40 giorni di freddo”. Ma che cosa dite – interrompe il terzo -? Se vi avanza un tronco, mettetelo da parte per marzo, perché farà freddo fino al giorno di San Marco (il 25 aprile)”. E l’ultimo: “State attenti a ciò che dite, perché voi parlate, ma non capite niente. Era maggio e Nicola aveva freddo”.
DITTERI ‘NTICHI
ACCADDE UN ANNO FA UN BRUTTO SCHERZO: NIENTE CARNEVALE
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VISTI DA VICINO
// Sul comodino e nella borsa di... //Giovanni Pellegrino
SUL COMODINO I LIBRI. NELLA BORSA L’INFINITO Giovanni Pellegrino, presidente della Provincia di Lecce
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necessaria sintesi che un professionista deve avere nella sua mente, sia quando deve affrontare, nel mio caso, questioni legali che quando deve individuare la via d’uscita per problemi di pubblico interesse. Insomma, il computer come strumento a disposizione della propria capacità di sintesi, facendo attenzione che non invada eccessivamente il campo dell’intelligenza umana. Nella borsa, poi, c’è qualche appunto che necessita di riflessioni più appropriate, anche lontano dalla Provincia o dallo studio professionale; riflessioni che precedono sempre quelle decisioni che non si possono prendere con facilità, con un “sì” o con un “no” definitivo. Ci sono decisioni che comportano una ricerca della sintesi, che inevitabilmente comprendono una revisione di giudizio e che non è facile accettare con leggerezza. Sono decisioni che comunque vanno prese, nell’interesse collegiale e per esaltare la pluralità delle proposte. In politica, spesso, tutto questo è necessario, se si ha a cuore la democrazia, la pluralità, la condivisione delle scelte. C’è, poi, il borsello, dove non mancano gli attrezzi irrinunciabili della mia vita privata: la pipa, il tabacco, l’accendino. Rappresentano, per certi aspetti, una riconciliazione con il soprannaturale e un’illusoria mini-fuga dalle urgenze della realtà: è come se il fumo della pipa ti aiutasse a salire verso il cielo e l’indefinito, come se ti concedesse un passaggio verso nuovi orizzonti, necessari quando la realtà comincia a farsi fastidiosa e insopportabile. Certo, quando vado a caccia, nei pochi momenti disponibili, il borsello non può contenere tutto l’occorrente. Meglio così. Anche perché la rubrica esclude di parlare di ciò che resta fuori dalla borsa.
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izzarrie del giornalismo! Mi ha molto incuriosito la richiesta de “Il tacco d’Italia”. Mi sono chiesto a che cosa possa servire un desiderio di “conoscenza” tanto singolare, proprio io che continuo a considerare il desiderio di conoscenza come il motore che fa camminare il mondo. Spiare, poi, nella “ventiquattrore” che ci portiamo appresso tutti i giorni, potrebbe farci scivolare su considerazioni incontrollabili; per giunta, sapere cosa c’è sul comodino, confermerebbe la volontà di scendere nei particolari della vita privata, familiare, dove si fa di tutto per non confondere gli affari pubblici con quelli personalissimi. Comunque, ritengo che una personalità pubblica non debba sottrarsi ad un simile gioco, anche perché l’evoluzione della politica, come la cultura e la creatività in genere, finiscono sempre con il fare i conti con la personalità dell’individuo, con la sua intimità, con le piccole cose che circondano la vita di tutti i giorni, a casa e nel palazzo. Veniamo al dunque. Sul mio comodino ci sono moltissimi libri che devo leggere e non trovo il tempo per farlo. E’ un cruccio che non mi lascia tregua, che mi convince sempre di più che l’impegno in Provincia mi assorba eccessivamente, al punto che sembro avviato a diventare asino. Mi si chiede, poi, che cosa ci sia nella borsa da lavoro. Non c’è il computer portatile, come invece vedo fare ai professionisti più giovani: ho uno strano rapporto di odio-amore con questo strumento della modernità. Da un lato, comprendo l’importanza di avere tutto a portata di mano, documenti elettronici, ricerche, banche dati; per certi aspetti, è come avere il mondo nella propria borsa. Dall’altro, sono geloso custode della
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Il comodino di Giovanni Pellegrino. Sopra c’è di tutto: libri di vario genere, dall’analisi politica (“L’influenza del comunismo nella storia d’Italia”, “Il movimento politico dei cattolici democratici e il contributo di Aldo Moro”), al giallo-thriller (“Crimini italiani”), al passatempo (“Sudoku” in versione gigante); medicinali (Levoxacin 500 mg in compresse; Pantorc e Normix in gocce) con annessi appunti sulla somministrazione; penne e numerosi accendini; l’immancabile pipa
La borsa di Giovanni Pellegrino (griffata The Bridge). All’interno: faldoni e raccoglitori di documenti (uno di questi è etichettato “Emergenza rifiuti”), penne, blocchetti per appunti, graffette, un pacco di fazzoletti
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L’Editoriale
// L’Editoriale
AFFARE RIFIUTI: È ECOMAFIA, MA LA PROCURA NON LO PUÒ DIRE di MARIA LUISA MASTROGIOVANNI
er iniziare a ricostruire le vicende dell’affaire rifiuti in provincia di Lecce, come viene definito nella relazione della Commissione d’inchiesta parlamentare del 1998 (dieci anni fa!), è bene tenere bene a mente una parola: oligopolio. Questa parola è presente in ogni relazione delle Commissioni parlamentari sui rifiuti che si sono succedute da quando nel 1994, a seguito di un’epidemia di colera a Bari, fu dichiarato lo stato d’emergenza in Puglia. L’oligopolio, cioè poche aziende che si spartiscono il business dei rifiuti, attraverso l’esasperazione del sistema dei ricorsi, portati avanti fino all’estremo grado di giudizio, ritarda la piena attuazione del Piano di smaltimento dei rifiuti, mantenendo nelle mani di pochi la gestione degli impianti e i relativi guadagni. Con l’oligopolio i vari presidenti delle Commissioni e il prefetto di Bari, spiegano l’esistenza di un sistema che, se affiancato dalla latitanza delle pubbliche amministrazioni, che non controllano sul corretto operato dei gestori delle discariche e non pretendono i dovuti periodici controlli ambientali, e dalla quasi inesistente attività di indagine della magistratura sull’argomento, può aprire grosse falle da cui si insinua l’operato mafioso. Il Comando ambientale dei Carabinieri, all’interno del rapporto Ecomafia 2005 di Legambiente sottolineava come le organizzazioni per lo smaltimento illegale dei rifiuti prevedano delle vere e proprie specializzazioni territoriali. Così, mentre Campania e Puglia restano aree di smaltimento preferenziale e, ovviamente, le regioni del Nord, Lombardia e Veneto in testa, zone di procacciamento dei rifiuti, la Toscana sembra assumere un ruolo nevralgico per quanto riguarda alcune attività logistiche (dall’intermediazione alla falsificazione delle analisi). Da oggi, con l’abolizione della legge regionale 29 del 2007 voluta da Vendola (si legga pag. 10) i rifiuti speciali e pericolosi potranno essere smaltiti regolar-
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mente in Puglia. Regolarmente, ammesso che siano efficaci i controlli sul territorio soprattutto da parte delle amministrazioni locali. Ma, scrivono i Carabinieri, “emerge, l’inadeguatezza, soprattutto in alcune regioni, del sistema dei controlli. La diffusione della corruzione in alcuni settori delle amministrazioni locali e l’atteggiamento compiacente proprio di chi dovrebbe verificare le attività autorizzate, ha permesso la diffusione delle pratiche illegali, assicurando spesso l’impunità agli eco criminali”. I Carabinieri del comando tutela ambientale in dieci anni dall’entrata in vigore del decreto Ronchi hanno tracciato le modalità criminose con cui vengono smaltiti i rifiuti, anche all’interno di discariche autorizzate, e le connivenze necessarie perché lo smaltimento illegale avvenga: la compiacenza dei colletti bianchi, lo scarso controllo degli enti locali sulle discariche e sulle rilevazioni ambientali, la catena di subappalti fino ai piccoli trasportatori, la falsificazione o la modificazione delle etichette che devono accompagnare i rifiuti. Nella nostra indagine su Burgesi e sull’emergenza rifiuti in Puglia abbiamo riscontrato tutte queste “componenti” relative al ciclo di smaltimento illegale dei rifiuti analizzate dai Carabinieri e, mettendole insieme, il lettore potrà farsi un’idea della situazione nel Salento. Componenti denunciate dalla magi-
LA PUGLIA È LA REGIONE CON IL MAGGIOR NUMERO DI CAVE ATTIVE IN ITALIA. NON SI CONOSCE IL NUMERO DI CAVE DISMESSE. MA L’ECOMAFIA, CON SISTEMI DI GEOREFERENZIAZIONE SATELLITARE, PUÒ LOCALIZZARLE. E UTILIZZARLE il tacco d’Italia
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strata Valeria Mignone, che condusse l’inchiesta su fusti di pcb rinvenuti a Ugento e in altre località del basso Salento (si legga a pag. 6 e su www.iltaccoditalia.info l’intervista, che ripubblichiamo on line). Intervistata dal nostro Giuseppe Finguerra, nel 2007 la magistrata denunciava la connivenza delle pubbliche amministrazioni, ricordava il processo alla Monteco «per aver accettato come rifiuti urbani quelli che erano rifiuti pericolosi» (ecco che le etichette che accompagnano i rifiuti non corrispondono alla reale sostanza contenuta), mentre al “Paese nuovo”, intervistata nel 2005 da Ada Martella, si dichiarava “sconfitta” all’indomani della sua promozione alla DDA (dipartimento distrettuale antimafia). Con la promozione della Mignone infatti finirà l’epoca delle grandi inchieste sui reati ambientali nel Salento, epoca che sembra essere ripresa ultimamente, con l’autodenuncia dell’imprenditore Bruno Colitti, a seguito della quale si sta scavando a Burgesi per scoprire rifiuti pericolosi interrati. Alla ricerca dell’origine dell’emergenza in Puglia e a Ugento, abbiamo ricostruito l’iter con cui nacque Burgesi, unico caso in Italia di discarica autorizzata “in sanatoria” nel lontano 1992. Notizia che viene fuori ora, per la prima volta, grazie ad una ricerca documentale del Tacco, che pubblica per intero quelle autorizzazioni. Studiando le carte poi, abbiamo trovato le tracce di un centro di stoccaggio rifiuti nato affianco a Burgesi, con soldi pubblici, collaudato e mai utilizzato, oggi oggetto di furti e vandalismi, che un cartello dichiara pericolante. Per la prima volta si da notizia della sua esistenza e per la prima volta è stato fotografato lo scempio al suo interno, i macchinari nuovi ma in disuso dal 2002. Un abbandono di cui non sappiamo il perché. Perché, a chi giova l’averlo dimenticato? Su quel perché si arrovellò Peppino Basile le ultime ore della sua vita: il suo fraterno amico
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Silvio Fersini, per la prima volta e in esclusiva, fa riemergere alla memoria gli ultimi dubbi di Peppino, il sopralluogo che fecero insieme presso quel centro abbandonato, prima di andare a cena, qualche ora prima di essere barbaramente trucidato con 19 coltellate in mezzo alla strada. Claudia Fusani, inviata ad Ugento dall’Unità, ha pubblicato un’inchiesta sull’omicidio Basile, presentata dalla direttora Concita De Gregorio. Utilizzando anche il Tacco come fonte e rimandando al nostro quotidiano on line per ulteriori approfondimenti, per la prima volta l’Unità mette in relazione diretta l’omicidio Basile con gli interessi legati a Burgesi. In questo numero abbiamo pubblicato i risultati delle più recenti rilevazioni dell’Arpa sui pozzi spia intorno a Burgesi e quelli delle rilevazioni di parte, della Monteco. Le analisi sull’acqua effettuate finora non hanno mai registrato scostamenti significativi dalla norma. Ma l’Istituto superiore di sanità nel 2002, unica relazione ufficiale disponibile (perché non ce ne sono altre, perché la Provincia di Lecce, se ci sono, non le rende pubbliche?) rileva come non sia mai stato cercato il cromo esavalente (ma sollecita che venga fatto) nella falda sotto Burgesi e che il percolato, che potrebbe contenerlo, non viene smaltito ma riimmesso in discarica, col rischio che fuoriesca contaminando la falda. Il percolato è il liquido putrido rilasciato dai rifiuti. Il cromo esavalente una sostanza altamente cancerogena che intacca addirittura il dna. Un anello della catena nel processo di smaltimento illecito di rifiuti pericolosi è la falsificazione delle analisi, dicono i Carabinieri del Comando ambientale. Abbiamo poi ricostruito le tappe dell’emergenza rifiuti in Puglia, a partire dalla sua origine, della quale probabilmente molti hanno dimenticato il detonatore: il colera a Bari nel 1994. Da allora, l’oligopolio della gestione delle discariche, un mercato florido
CHI PRESIEDEVA LA COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA SUI RIFIUTI PERICOLOSI, CAMILLO PIAZZA DEI VERDI, ESATTAMENTE UN ANNO FA, IL 1° FEBBRAIO 2008, DICHIARAVA CHE L’ECOMAFIA IN PUGLIA NON ESISTE. COME SI PUÒ INDAGARE DUNQUE SU UN QUALCOSA CHE NON C’È? in mano a pochi, ha cavalcato l’emergenza, apparecchiata dalla politica, per risolvere la quale sono gli stessi, pochi, gestori privati, ad offrire la soluzione. Sempre a portata di ulteriore sopraelevazione, di deroga a tutte le norme. E’ la stessa emergenza ad autoalimentarsi, sottolinea Vendola nel 2008 nella sua relazione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’emergenza rifiuti. Perché l’emergenza giustifica tutto, qualunque eccezione alla norma. Non si possono certo lasciare i rifiuti per strada. Le discariche, in fondo, sono lì, pronte ad accogliere. Dietro lauti pagamenti da parte dei Comuni per il conferimento dei rifiuti. Di certo in Salento e in Puglia non mancano le cave: questa regione conta il maggior numero di cave attive (617 in tutto, secondo l’ultimo dossier di Legambiente del 2008) ma ad oggi non si conosce quello delle cave dismesse. Considerando la rilevanza che queste hanno nel traffico illecito di rifiuti, è una grave lacuna nell’attività generale di prevenzione e lotta all’ecomafia in Puglia, che pure l’anno scorso si è dotata del primo “Piano cave” in regione. Scrive Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia: «I cicli del cemento e dei rifiuti rappresentano oggi due ambiti di attività, per i quali, nel nostro paese, cresce l’allarme sociale, proprio perché costituiscono il campo d’azione privilegiato delle cosiddette ecomafie. L’iniziale coinvolgimento di gruppi di criminalità organizzata di tipo mafioso, che avevano a disposizione nel territorio cave, terreni, nonché manodopera a bassissimo costo, ha favorito il rapido decollo di un vero e proprio mercato illegale». In questo mercato che genera fatturato per 20 miliardi di euro l’anno,
Impatto ambientale. La discarica Burgesi riprese dal satellite col programma Google Earth il tacco d’Italia
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la Puglia si è guadagnata il terzo posto nella classifica delle cinque regioni del Sud Italia, dopo la Campania e la Calabria, per reati ambientali. Per tutto questo ci ha lasciato increduli e con la sensazione di avere le spalle scoperte, quelle che deve coprirci lo Stato, la dichiarazione di Vendola di fronte alla Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti, a Bari il 1° febbraio 2008, esattamente un anno fa: «Non siamo in Sicilia, né in Calabria, né in Campania (proprio le regioni identificate, insieme alla Puglia, come “eco mafiose” dai Carabinieri del comando ambiente, ndr): non abbiamo un sistema d’impresa mafioso – questo deve essere chiaro – e negli ultimi vent’anni non abbiamo avuto nemmeno infiltrazioni nella pubblica amministrazione o nella nostra politica, da destra a sinistra, al netto di eventi marginali», e quelle del presidente della commissione, Camillo Piazza (Verdi), in risposta a Vendola: «Possiamo tranquillamente sostenere che in Puglia non esiste l’ecomafia: questo ormai credo sia un fatto assodato anche dai risultati dei lavori della Commissione, per cui parlare di ecomafia qui non ha senso». Forse il nostro senso di smarrimento l’ha provato la magistrata Mignone, che a Paese nuovo dichiarava: «Per assurdo, in Campania è più facile punire i reati ambientali perché c’è la camorra, e si può applicare il 53 bis. Mentre da noi, sono tutti colletti bianchi: riesci a contestare l’aggravante dell’avvalersi delle modalità mafiose, ma non a provare l’associazione a delinquere di stampo mafioso. Dopo dodici anni mi sento sconfitta». Perché in Salento se la mafia è stata sgominata, con grande successo della Procura, va da sé che l’ecomafia non esiste. Ecco il perché del dossier: tutto quello che abbiamo scritto, esiste. Lo dicono i documenti. Sono vostri. Sono alcune delle migliaia di pagine che abbiamo passato al setaccio relative all’attività amministrativa del Comune di Ugento, della Provincia di Lecce e della Regione Puglia degli ultimi 20 anni. Pagine finora rimaste in ombra e che, pubblicate, accendono finalmente un fascio di luce, accecante, su come gli intrecci degli interessi imprenditoriali e politici a Ugento, in Salento, in Puglia, siano sempre riusciti a convergere per poi andare in direzione opposta rispetto all’interesse collettivo. Nell’interesse collettivo, continuiamo a scavare.
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//Inchiesta //Storia di un trapasso //1994-2009
15 ANNI DI ANARCHIA CHIAMATA EMERGENZA di ADA MARTELLA a.martella@iltaccoditalia.info
LA STORIA DEL TRAPASSO DAL SISTEMA DI SMALTIMENTO SELVAGGIO AD UN SISTEMA NEL RISPETTO DELLE NORMATIVE, PASSANDO DAL COMMISSARIAMENTO, AVVENUTO IN DEROGA A QUALUNQUE LEGGE. 15 ANNI DI CAOS IN CUI GLI UNICI A GUADAGNARCI SONO STATI GLI IMPRENDITORI CHE HANNO GESTITO LE DISCARICHE emergenza che il Salento ha vissuto in tema di rifiuti in queste ultime settimane rappresenta molto bene la difficoltà di un territorio nell’affrontare un trapasso. Il Salento, come l’intera Puglia, si trova ad un giro di boa molto difficoltoso. È il passaggio –alle sue ultime battute- da un regime straordinario, quello del commissariamento in materia ambientale e di gestione rifiuti, ad un sistema ordinario, civile, sotto il segno della legalità e del rispetto delle normative. Si può parlare di un vero e proprio momento storico per un’intera comunità che per molte questioni è assai lontana dai modelli della comunità più allargata a cui appartiene, quella europea. La storia degli ultimi quindici anni lo dimostra. Ancora oggi, nell’istante in cui scriviamo, in Salento esistono discariche tal quali in funzione, in attesa che tutti gli impianti per il trattamento dei rifiuti siano
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Un mare di rifiuti. Una delle tante discariche incontrollate presenti in Salento (ph: Guardia di Finanza, Casarano) il tacco d’Italia
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completati. La discarica “tal quale” è una metodologia desueta di trattare i rifiuti, o meglio di non trattarli perché si basa sul primitivo gesto di buttare in una cava qualunque tipo di rifiuto senza la preoccupazione di quanto possa essere velenoso per la terra, l’acqua e l’aria che ci circondano. Un gesto primitivo che tutta la Puglia, ma soprattutto il Salento, ha eseguito dalla notte dei tempi, in barba a qualsivoglia regolamentazione di cui tutti gli stati civili si sono dotati. Dalla notte dei tempi sino all’anno 2001, almeno nelle intenzioni, quando l’allora governatore della Puglia Raffaele Fitto ha iniziato a pensare in che modo dotarsi di un Piano che traghettasse questa regione del Mezzogiorno nell’era della civiltà. Abbiamo detto che il Salento si trova in una situazione ancora più primitiva rispetto al resto della Puglia, poiché la situazione impiantistica di Bari, ad esempio, è sicuramente più evoluta rispetto a quella di Lecce, dove, oltre alle tre discariche in fase di esaurimento già all’epoca della stesura del Piano, non c’è stato un investimento da parte dei privati su quello che è il business dei rifiuti. Se per tutto il Centro e Nord della Puglia c’è stato un gruppo imprenditoriale della statura dei Marcegaglia, per fare un esempio, che ha creato una sorta di monopolio per quel che riguarda gli impianti di trattamento (sia pubblici sia privati), in Salento le iniziative sono state poche e poco incisive. La cronistoria che segue parte non dalla notte dei tempi, ma dall’inizio del commissariamento in materia ambientale ossia dal novembre del 1994, per giungere all’emergenza, ennesima, di fine 2008 inizio 2009, un oggi in cui i poteri commissariali non sono stati del tutto dismessi dal presidente della Regione Vendola, suo malgrado. Il Consiglio dei Ministri ha in questi giorni prorogato lo stato di emergenza sino al 31 dicembre 2009. Quindici anni di commissariamento che hanno prodotto solo autorizzazioni a sopraelevare discariche sempre sull’orlo del collasso. Il gesto primitivo di buttare nelle cave autorizzate e in quelle abusive è rimasto inalterato. Il gesto di separare, differenziare, non si è ancora ben radicato nelle abitudini dei cittadini e nella capacità degli amministratori di pianificare per il Salento questa civile abitudine. Nella difficile dipanatura della matassa, ossia del perché per la Puglia sia così difficile scrollarsi di dosso un sistema emergenziale che si traduce in una sorta di anarchia della gestione rifiuti in deroga a tutte le normative, nazionali ed europee, in questo tentativo di ricostruzione storica emerge una facile ma amara constatazione. La difficoltà
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Olio sul terreno. La sostanza contenuta nei fusti blu abbandonati irresponsabilmente (ph: Guardia di Finanza, Casarano)
NICHI VENDOLA ALLA COMMISSIONE D’INCHIESTA SUI RIFIUTI: “L’ISTITUTO EMERGENZIALE DI GOVERNO DEL CICLO DEI RIFIUTI È ESSO STESSO GENERATORE DI EMERGENZA”. IL CORTO CIRCUITO DERIVANTE DAL MONOPOLIO IMPRENDITORIALE IN PUGLIA È SIMILE A QUELLO DEL LAZIO di seguire dopo oltre vent’anni una modalità civica di gestire i rifiuti non riguarda solo gli apparati amministrativi de-responsabilizzati per lungo tempo, poiché il lungo regime straordinario ha lasciato ampio margine all’intraprendenza dei privati (non sempre tecnologicamente all’avanguardia) che, in virtù dell’emergenza, non era autorizzata a seguire le normative del decreto Ronchi in materia di rifiuti, ma anche a quella delle cosche mafiose. Giova ricordare l’ultimo rapporto della Commissione Parlamentare sull’Ecomafia secondo il quale il reddito della mafia grazie alla gestione dei rifiuti è di 20 miliardi per il 2007, anno in cui la Puglia si è guadagnata il terzo posto nella classifica delle cinque regioni del Sud Italia, dopo la Campania e la Calabria, per reati ambientali.
DAL 1997 AL 2005 SONO STATI SPESI 293 MILIARDI DI LIRE PER TAMPONARE L’EMERGENZA. SENZA EFFETTI VISIBILI SUL TERRITORIO, SE NON QUELLI DELLE DISCARICHE DALLA PANCE SEMPRE PIÙ GONFIE il tacco d’Italia
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Facile immaginare come gli interessi economici, leciti e non, abbiano contribuito ad ostacolare lo sforzo che il Presidente Vendola sta compiendo per traghettare la Regione fuori dall’anarchia chiamata emergenza. Tutto, infatti, si gioca su regimi di monopolio che si combattono con le armi delle carte bollate, con infiniti ricorsi e appelli sino all’ultimo grado di giudizio, pur di accaparrarsi il business dell’oro grigio, ritardando di fatto la messa in opera di tutti gli impianti per il trattamento dei rifiuti che metterebbero fine all’uso delle discariche tal quali. La lunga emergenza in Salento è stata nelle mani di pochi privati. Uno di questi è la società Montinaro che ha un vero e proprio monopolio di gestione: la discarica “Burgesi” di Ugento (Ato Lecce/3), l’impianto di stoccaggio e selezione di Campi Salentina (Ato Lecce/1), e le discariche di Poggiardo e Corigliano d’Otranto (Ato Lecce/2). All’indomani dell’espletamento dei bandi di gara per la costruzione degli impianti (siamo nel 2005 e con i bandi Fitto riesce a bloccare il Piano dei Rifiuti poco prima di lasciare la poltrona di Governatore), inizia la guerra dei ricorsi da parte della Monteco (Montinaro) che non ha nessuna intenzione di lasciare il campo. Il vincitore unico di tutti i bandi, infatti, è la Cogeam del colosso
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LA LUNGA EMERGENZA IN PUGLIA È STATA NELLE MANI DI POCHI PRIVATI. NEL SALENTO DI FATTO NELLE MANI DI UNA SOLA FAMIGLIA DI IMPRENDITORI, I MONTINARO
2005: Valeria Mignone, sostituto procuratore a Lecce: “Mi sento sconfitta”. Condusse l’unica indagine sul traffico di rifiuti illeciti in Salento
Marcegaglia (di Emma Marcegaglia, presidente nazionale di Confindustria) che di fatto diventa il re di tutti gli impianti esistenti in Puglia (Legambiente e il presidente dell’Anci Puglia, Michele La Macchia, hanno più volte denunciato sia a Fitto in fase di stesura del Piano, sia a Vendola quando l’ha adottato, che le misure del bando erano a rischio di monopolio, ossia che tutti gli impianti pubblici cadessero in mano ad un solo privato, con il ruolo dei Comuni e delle Ato ridotti a meri pagatori). Per quel che riguarda il sistema malavitoso non si conoscono le forme di guerra imbastite per mantenere la propria fetta di economia, ma di certo l’attività illecita continua. È cronaca di questi giorni, rimbalzata anche sulle testate nazionali: si scava in una delle tante cave dismesse e si trovano metri e metri di rifiuti tossici seppelliti appena dietro l’angolo di una delle discariche autorizzate, la discarica Monteco di Ugento, nella zona Burgesi. L’ecomafia del Salento è rilevata dal rapporto della Commissione Parlamentare sull’Ecomafia con le parole dello stesso presidente Giuliano Amato nell’audizione parlamentare dell’8 novembre del 2007: “(…) risultano più attivi nel settore i clan salentini più strutturati e georeferenziati”. Clan dotati di sistemi di rivelazioni satellitari utili alla migliore individuazione delle cave dismesse, perse tra le campagne, ma soprattutto ottimi conoscitori del territorio, quasi sempre infiltrati nel sottobosco di appalti e subappalti per la raccolta e il conferimento in discarica dei rifiuti. Senza dimenticare il micro traffico di compravendite dai contadini (alcuni ignari e altri meno) di cave dismesse, tratti di campagna dove eseguire movimenti terra per aprire buche da riempire e chiudere nottetempo. L’unica indagine in tal senso nella provincia di Lecce, condotta dal magistrato Valeria
Mignone, ha dimostrato proprio una di queste connivenze: il clan Rosafio legato alla ditta che conferiva nella discarica Monteco e che conosceva assai bene la zona, scaricò nel 2000 trecento bidoni di Pcb (uno dei dieci veleni più tossici e di difficile smaltimento) anche nelle cave e nelle doline carsiche della discarica autorizzata, oltre che in altre zone di campagna. In questa fase di transizione tra il sistema emergenziale e quello ordinario non è ancora dato di capire come la Regione, la Provincia e i 3 Ambiti Territoriali Ottimali (Ato) in cui è suddiviso il Salento possano arginare il sottobosco malavitoso. Forse qualche schiarita si vedrà con l’attuazione del gestore unico per ogni Ato anche per la fase della raccolta e conferimento, ora disperso tra i mille rivoli dei subappalti per ogni singolo comune. Ma, “Il silenzio della magistratura è assordante”, denunciava qualche settimana fa sulle pagine del quotidiano “Paese Nuovo” Sergio Blasi, sindaco di Melpignano comune “riciclone” con il 63% di differenziata, il 40% di risparmio idrico e tutti gli edifici comunali
2009: Sergio Blasi, sindaco di Melpignano: “Il silenzio della magistratura è assordante”
dotati di impianti solari. Anche Valeria Mignone, sostituto procuratore della Dda di Lecce e per anni impegnata in indagini sui reati ambientali, denuncia una sorta di rassegnazione come “addetta ai lavori” nell’intervista rilasciata quattro anni fa, ancora attuale, e che riportiamo integralmente su www.iltaccoditalia.info. Perché, se è pur vero che la panacea di tutti i mali sembra essere l’attuazione del Piano regionale sui rifiuti, è altrettanto vero che la gestione emergenziale e anarchica degl’ultimi 15 anni è assolutamente un buco nero di notizie. Non si conosce il grado di inquinamento prodotto dalle discariche tal quali autorizzate e da quelle abusive e nessuno ha ancora dato nome e cognome ai responsabili.
I fusti di inerti contenenti Pcb abbandonati. Altamente pericolosi (ph: Guardia di Finanza, Casarano) il tacco d’Italia
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//Inchiesta //Rifiuti S.p.A. //Cronistoria dell’emergenza Burgesi, Ugento. Una pala impegnata nel dissotterramento dei rifiuti nella discarica
LA PUGLIA AI TEMPI DEL COLERA 1994-2009: PUNTO E A CAPO. ABBIAMO PERCORSO I MOMENTI PIÙ SIGNIFICATIVI DEL LUNGO PERIODO DEL COMMISSARIAMENTO. TAPPA DOPO TAPPA, FINO ALL’AUTORIZZAZIONE A FAR SMALTIRE I RIFIUTI PERICOLOSI IN PUGLIA. FITTO FISSA LE DATE DI CHIUSURA DELLE DISCARICHE; GLI IMPIANTI PER IL NUOVO CICLO DI TRATTAMENTO DI RIFIUTI NON SONO PRONTI; I RICORSI AL TAR FANNO SLITTARE LE SCADENZE; I PRIVATI VANNO IN SOCCORSO AL PUBBLICO CHE È COSTRETTO AD AFFIDARSI A LORO. DAL COLERA A BURGESI: COME SI APPARECCHIA UN’EMERGENZA DOVE IL PIATTO È SEMPRE PIENO. MA PER POCHI. I SOLITI il tacco d’Italia
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Novembre 1994, a causa di un’epidemia di colera scoppiata a Bari, fu dichiarato l’inizio dell’emergenza socio-economico-ambientale nel settore dei rifiuti urbani, della bonifica e del risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati sull’intero territorio regionale fino al 31 dicembre 1995. Di fatto si susseguono, di anno in anno, una serie di proroghe all’emergenza sino a quella emessa dal Consiglio dei Ministri in questi giorni. Quindici anni di emergenza che, forse, scadranno il 31 dicembre 2009. Le competenze di Commissario delegato sono state attribuite, nel tempo, a vari soggetti istituzionali e cioè, in ordine cro-
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nologico, al Prefetto di Bari, al Presidente della Regione, ai Prefetti delle Province pugliesi, poi ancora al Prefetto di Bari, per incardinarsi definitivamente di nuovo in capo al Presidente della Regione nel 2000. Di pari passo con le proroghe, si susseguono una serie infinita di ordinanze dei commissari, prescrizioni ministeriali e condanne da parte della Comunità europea circa il ritardo nell’attuazione del Piano. Sono anni in cui in Salento, in deroga al decreto Ronchi e alle norme ambientali della Comunità Europea, si continua a sopraelevare discariche tal quale, dove si buttano i rifiuti non trattati. Nell’agosto del 2000 Raffaele Fitto, in qualità di presidente delle Regione Puglia di fresca elezione, viene nominato Commissario straordinario con il compito di redigere il Piano di gestione dei rifiuti e delle bonifiche delle aree inquinate, con tutti i poteri decisionali anche per la destinazione dei fondi. Il nuovo Commissario può avvalersi di una struttura tecnica fino ad un massimo di 55 professionisti. Dal 1997 al 2005 in Puglia sono stati gestiti 292.239.361.000 di vecchie lire piovute dallo Stato e dalla Comunità Europea per far fronte all’emergenza. Di tutti questi denari nessun effetto visibile o invisibile ha migliorato le condizioni in Salento. 2001: con un anno di ritardo dall’ordinanza del 2000, Fitto ha pronta la prima stesura del Piano di gestione dei rifiuti e delle bonifiche delle aree inquinate. 2004: definitiva stesura del Piano, dopo una serie di modifiche allo stesso. In sintesi Il Piano prevede la suddivisione della Puglia in Ambiti Territoriali Ottimali (Ato) che hanno il compito di gestire la filiera di impianti per lo smaltimento completo dei rifiuti. Per la provincia di Lecce le Ato sono 3: Nord Salento, centro e Basso Salento, confermando come siti per il dislocamento degli impianti quelli già esistenti dove ci sono le discariche tal quale. Nel Nord Salento l’Ato Le/1 (27 comuni) la discarica di riferimento è a Cavallino dove dovranno sorgere l’impianto di biostabilizzazione, la discarica di servizio/soccorso e l’impianto per la produzione di Cdr, a servizio per tutti e tre i bacini. Per il centro Salento (Ato Le\2 a servizio di 46 comuni) le localizzazioni previste dal Piano di Fitto sono 2 e sostituiranno la discarica esaurita di Castellino di Nardò. A Poggiardo sorgerà l’impianto di biostabilizzazione, ma la discarica di servizio sarà collocata a Corigliano d’Otranto (è una delle incongruità del Piano Fitto rilevate dalla Corte dei Conti: perché fare la discarica di soccorso a 40 chilometri dall’impianto di biostabilizzazione?). Per il Basso Salento l’Ato Le\3 (23 comuni) gestirà
la discarica di Ugento con l’impianto di biostabilizzazione e la discarica di servizio/soccorso. In sostanza il Piano di Fitto, per chiudere definitivamente le discariche tal quale, prevede che il rifiuto venga trattato nella sua parte umida (biostabilizzazione) che poi finisce nelle discariche di soccorso, mentre la parte secca verrà trattata e convertita in Cdr, combustibile da rifiuto da bruciare. Quindi Fitto decide la chiusura del ciclo dei rifiuti attraverso la costruzione di termovalorizzatori, demandata alla decisione dei privati. Nei bandi di gara il Governatore in sostanza prevede che la società che si aggiudica la costruzione dell’impianto possa decidere la portata dell’impianto e la sua localizzazione. Uno degli effetti di questo “vizio di forma” nel caso della provincia di Lecce è che la Cogeam, la ditta di Marcegaglia che vince tutti i bandi di gara, decide di non installare il termovalorizzatore in Salento, ma di far conferire in quello di Massafra, sempre di sua proprietà, il cdr prodotto nell’impianto di Cavallino a servizio di tutte e tre le Ato salentine. Decisione che non permette di chiudere il ciclo in loco, ma provoca un ulteriore passaggio di rifiuti fuori territorio, con relativo andirivieni di camion, che prevede costi sempre più elevati. Inoltre, i guadagni provenienti dall’energia prodotta dai termovalorizzatori, con rifiuti pubblici, e immessa nel circuito nazionale con prezzi di vendita maggiorati trattandosi di energia da fonti alternative, sono tutte a beneficio del privato. Se può essere di consolazione, lo stesso “vizio di forma” ha prodotto l’emergenza e lo scandalo sui rifiuti nella regione Lazio, dove vige lo stesso tipo di monopolio. La Corte dei Conti, nella relazione del 2006, stigmatizza la scelta di Fitto: “Assai discutibile appare anche la determinazione di attribuire agli operatori privati la facoltà di scegliere i siti dove ubicare i vari impianti, ma, soprattutto, quella di delegare agli stessi la scelta se costruire o meno i termovalorizzatori, stante
L’EMERGENZA È GESTITA PER DIECI ANNI NELLA TOTALE ANARCHIA. I RIFIUTI SONO SEMPLICEMENTE GETTATI NELLE DISCARICHE, CONTRO OGNI DIRETTIVA COMUNITARIA. NEL 2004 IL PIANO DI FITTO il tacco d’Italia
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Raffaele Fitto
Nichi Vendola
la delicatezza di tali determinazioni, per le loro implicazioni ambientali, sociali ed economiche e che quindi dovrebbero essere assunte dalla pubblica autorità. In tale contesto, ciò può indubbiamente aver indotto a percepire tali scelte come quelle più vantaggiose per le imprese piuttosto che quelle più idonee sotto il profilo ambientale e di utilità generale. Inoltre, tale modo di procedere avrebbe potuto comportare il rischio di un sovradimensionamento o, al contrario, di un sottodimensionamento del numero dei termovalorizzatori, in presenza di una pianificazione lasciata allo spontaneismo dei partecipanti alle gare. L’assenza nei bandi dei criteri di dimensionamento degli impianti, così come delle modalità di utilizzo del cdr prodotto e dello smaltimento dei sovvalli, dimostra, pertanto, una sostanziale abdicazione della gestione commissariale dalle sue prerogative di programmazione e coordinamento.” Settembre 2004, durante il vertice in Prefettura a Lecce è siglata l’ordinanza di Fitto in cui viene determinato il calendario della chiusura delle discariche salentine, che ha il sapore di una tragedia annunciata. Questa ordinanza, in quanto ordinanza di un Commissario delegato dal Consiglio dei Ministri, è imprescindibile, può essere contraddetta solo da un’altra ordinanza. Dunque, si tratta di un passaggio cruciale per capire la prima emergenza del maggio 2006 e quelle a venire. Quando Fitto firma l’ordinanza ha da poco licenziato il Piano, ma non ha ancora indetto i bandi per la costruzione degli impianti, ha però promesso e ordinato che le discariche tal quali di Poggiardo, Nardò, Cavallino e Ugento possano chiudere entro due anni dalla data dell’ordinanza, senza la certezza che gli impianti siano stati completati tanto da poter sostituire le discariche tal quali. Il cronoprogramma è preciso. Fitto promette a Nardò di chiudere la discarica Castellino “entro e non oltre luglio 2006”, come premio al sacrificio nel ricevere per due anni i rifiuti del bacino Le/2 che conferivano
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nella discarica di Poggiardo in chiusura a dicembre 2004. Ordina la sopraelevazione della discarica di Ugento che dovrà ricevere, oltre ai rifiuti del bacino Le/3, anche quelli di Nardò da luglio 2006 fino a settembre 2007, data prevista per la chiusura di Burgesi. Ordina la sopraelevazione della discarica di Cavallino per proseguire l’attività fino a maggio 2006, in contemporanea all’avvio dei lavori per la nuova discarica controllata di servizio soccorso. Dicembre 2004 - marzo 2005. Fitto fa partire i 10 bandi di gara per gli impianti, dopo 10 anni di commissariamento. In Salento si continua a gettare in discarica in modo indiscriminato. Aprile 2005. Vendola vince le elezioni e diviene Commissario in quanto nuovo presidente della Regione Puglia. Nichi Vendola ha un obiettivo primario, chiudere con l’emergenza rifiuti: “L’opinione che ho maturato, prima come parlamentare nel corso di diverse legislature, poi in qualità di commissario straordinario e ora come presidente della regione Puglia, è che l’istituto emergenziale di governo del ciclo dei rifiuti sia esso stesso generatore di emergenza” (relazione di Vendola alla “Commissione parlamentare d’Inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse” in visita a Bari nel gennaio del 2008). Fine dicembre 2005. Vendola rivede il Piano Fitto e licenzia il nuovo con poche variazioni, poiché i bandi per la costruzione degli impianti sono già partiti e la Regione andrebbe incontro a risarcimenti miliardari. L’unica variazione importante è l’abolizione dei termovalorizzatori, perché il cuore del Piano Vendola è la raccolta differenziata: la Puglia dovrà raggiungere entro il 2010 il 55%. Una visione ottimista, la raccolta differenziata nel 2005 raggiunge appena l’8%. 5 marzo 2006. Fitto presenta il dossier “Rifiuti: un anno di colpevoli ritardi e fra 6 mesi la Puglia sarà come la Campania”, come a mettersi al riparo dall’emergenza che sta per scoppiare. Si avvicina, infatti, la data di chiusura (luglio) della discarica di Nardò prevista dall’ordinanza siglata da Fitto stesso nel 2004 e nessun impianto è ancora Giovanni Pellegrino, pronto, si presidente della provincia continua a di Lecce. Il suo studio difende i Montinaro davanti al Tar buttare in
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I 10 BANDI INDETTI DA FITTO PER LA COSTRUZIONE DEI NUOVI IMPIANTI SONO QUASI TUTTI VINTI DA MARCEGAGLIA. I RICORSI AL TAR (ALCUNI RICORSI SONO DELLE AZIENDE DEI MONTINARO, DIFESE DALLO STUDIO PELLEGRINO) BLOCCANO TUTTO. NEL FRATTEMPO CHE IL TAR SI ESPRIMA LE STESSE AZIENDE DEI MONTINARO TAMPONANO L’EMERGENZA. GUADAGNANDOCI discarica, la percentuale di differenziata è ridicola. Scatta l’allarme emergenza. Aprile - agosto 2006. Vendola stipula i contratti con i vincitori delle gare, dopo aver atteso la conclusione dei ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato da parte dei privati (leggasi Monteco per quel che riguarda il Salento). 30 maggio 2006. Fine del Commissariamento, ma la Presidenza del Consiglio dei Ministri firma per l’ennesima proroga fino al 31 gennaio 2007 poiché il sistema degli impianti per la provincia di Lecce è ancora tutto da fare. 29 giugno 2006. Vendola istituisce una Commissione mista (Regione, presidenti Ato, presidenti Province, Arpa), una sorta di comitato di rientro dal sistema emergenziale a quello ordinario. Primo compito quello di aiutare gli Ato a diventare soggetto giuridico, come consorzio di comuni, il che significa avere rilevanza economica e poteri decisionali, anche per ciò che riguarda l’espletamento dei bandi di gara per la realizzazione degli impianti di smaltimento. Altro compito, quello di verificare il completamento del ciclo dei rifiuti, nonché porre precisa attenzione su quella che è la raccolta differenziata. Della suddetta Commissione mista, e delle sue probabili azioni concrete, si sono perse le tracce. Le discariche sono pance sempre più gravide e la differenziata una mera chimera. 18 maggio - 1 luglio - 26 luglio 2006. Siamo a pochi giorni dalla chiusura della discarica di Nardò, secondo il cronoprogramma dell’ordinanza di Fitto del settembre 2004, nessun impianto della provincia di Lecce è pronto: è emergenza, se chiude la discarica ci saranno i rifiuti di 46 comuni (Ato Lecce/2) per strada. Si susseguono una serie di vertici in Prefettura a Lecce per scongiurare l’emergenza, durante i quali Vendola cerca una soluzione condivisa con i sindaci, la Provincia e i presidenti delle 3 Ato. I vertici sono campi di battaglia a tiro incrociato, ognuno dei sindaci che ospita una delle tre discariche ha promesso ai propri cittadini che non ci saranno più sacrifici. Ma è un’emergenza-tragedia annunciata, come sottolinea più volte Giovanni Pellegrino, presidente della Provincia di Lecce: “L’emergenza rifiuti che oggi stiamo vivendo è solo il risultato, da me previsto, del piano adottato dall’allora comil tacco d’Italia
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missario straordinario Fitto nel 2004 quando presentò il possibile piano di chiusura delle discariche. E fu proprio in quella occasione, che avanzai la possibilità che la messa a regime di tutti gli impianti previsti non avrebbe rispettato i tempi. Chiunque abbia a che fare con le opere pubbliche sa che gli intoppi sono all’ordine del giorno e che i ricorsi sarebbero stati innumerevoli. La risposta di Fitto fu: tu dici così perché sei avvocato e vuoi fare le cause. Ma, le mie previsioni si avverarono”. A questo punto Vendola è costretto a ricorrere all’aiuto degl’impianti privati. L’idea del Commissario delegato all’emergenza è quella di far trattare i rifiuti prima che vengano conferiti in altre discariche fuori dalla provincia di Lecce, ma in Salento non esiste ancora nessun impianto in grado di trattare il rifiuto. E così, tramite una “manifestazione di interesse pubblico” viene individuata nella ditta SudGas di Poggiardo (società Monteco di Montinaro) l’impianto privato in grado di biostabilizzare la parte umida dei 46 comuni. La Sudgas dovrà provvedere al trattamento in modalità transitoria sino a dicembre 2007, data prevista per il completamento dell’impianto di biostabilizzazzione della Cogeam/Marcegaglia (la società che ha vinto la gara). Si crea, così, un cortocircuito in apparenza paradossale: la Monteco sostituisce la Cogeam per quel che riguarda un passaggio importante per il ciclo di smaltimento dei rifiuti, anche se per un tempo transitorio; la Cogeam non ha ancora iniziato i lavori per la realizzazione dell’impianto di biostabilizzazione e della discarica di soccorso a causa dei ricorsi presentati dalla Monteco contro la Cogeam stessa; lo studio che difende la MOnteco è quello di Giovanni Pellegrino, presidente della provincia. Da qui le polemiche sul presunto conflitto di interessi del presidente. Senza gli impianti pronti non si può chiudere la discarica di Nardò, ma c’è l’ordinanza di Fitto da rispettare e la rabbia dei cittadini che non vogliono più discariche sotto casa (rabbia strumentalizzata da molti politici). Ecco apparecchiata l’emergenza. E in emergenza non ci sono molti margini di scelta: i privati che, in regime di monopolio, hanno sempre avuto in mano il business del rifiuto sono i primi e, forse, gli unici già pronti a compensare i deficit dello Stato. La fase transitoria
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nelle mani della SudGas dura ancora e sino ad ora è già costata 4milioni di euro, fondi della Protezione Civile, costi che includono anche il conferimento del rifiuto biostabilizzato nelle discariche di Grottaglie e Fragagnano. Per quel che riguarda la parte secca residuale, la proposta di Vendola è di utilizzarla per il rimodellamento di eventuali discariche presenti sul territorio. 31 gennaio 2007. Ordinanza del Commissario Vendola: la discarica Burgesi di Ugento non può chiudere come previsto dall’ordinanza di Fitto, ma deve continuare a ricevere i rifiuti del bacino Lecce/3 non trattati, sino al 31 dicembre del 2008. Dicembre 2007. Vendola è costretto a prorogare sino al 31 dicembre 2008 l’utilizzazione dell’impianto di biostabilizzazione Sud Gas di Poggiardo per i rifiuti del bacino Le/2, prima di conferirli a Grottaglie e Manduria. Gli impianti della Cogeam, infatti, non sono ancora pronti. Marzo 2008. Il comune di Poggiardo decide di fare ricorso al Tar: la puzza proveniente dalla discarica ha esasperato i cittadini. Il sindaco, Silvio Astore, da tempo denuncia a Vendola che l’impianto di biostabilizzazione della Sudgas non è tecnologicamente adatto a trattare le tonnellate di rifiuti del bacino Le/2. Novembre 2008. Nella discarica Burgesi di Ugento, durante i lavori di completamento della discarica di servizio/soccorso si apre una voragine che fa crollare parte delle strutture già realizzate. Il blocco dei lavori, che riguarda il ciclo della biostabilizzazione, farà slittare la chiusura della discarica tal quale prevista per la fine dell’anno. 16 dicembre 2008. Il Tar di Lecce accoglie il ricorso del comune di Poggiardo: l’impianto di biostabilizzazione della Sudgas è illegittimo per l’assenza di una preventiva valutazione di impatto ambientale (Via). Vendola si appella al Consiglio di Stato. La sentenza del Tar riporta il Salento in emergenza: dove andranno i rifiuti dei 46 comuni dell’Ato Le/3? Sia gli impianti di Poggiardo sia quelli di Ugento non sono ancora pronti. 24 dicembre 2008. Ancora una volta è emergenza: i rifiuti dell’Ato Le/3 non possono più andare a Poggiardo, il 31 dicembre deve chiudere la discarica Burgesi del bacino Le/3, ma gli impianti non sono ancora pronti per via della voragine che si è aperta nella nuova discarica e che ha bloccato i lavori di completamento. Vertice in Prefettura. Segue l’ordinanza di Vendola: la discarica di Ugento non solo non può chiudere per la data prevista e più volte prorogata, il 31 dicembre, ma dovrà ricevere i rifiuti non trattati sia dell’Ato Le/3 sia quelli dell’Ato Le/2 fino al 31 di
gennaio 2009. È vera emergenza, anche i cittadini, silenti da anni, sono in allarme. 1 gennaio 2009. Il sindaco di Ugento, Eugenio Ozza, si oppone all’ordinanza di Vendola e ne sforna a sua volta una tutta sua che vieta agl’autotrasportatori di conferire rifiuti a Burgesi. 2 gennaio 2009. Rivolta popolare. Cittadini di Gemini, Presicce, Acquarica del Capo e Ugento si organizzano in comitati spontanei e presidiano giorno e notte le due entrate della discarica Burgesi, bloccando il transito ai camion. Metà Salento è costretto a tenere i rifiuti in casa. I sindaci di tutto il centro e Basso Salento pregano i propri cittadini di non intasare i cassonetti. Le strade sono stracolme di rifiuti: il Salento come Napoli. 7 gennaio 2009. Si ferma il presidio dei cittadini. Il tanto atteso vertice in Prefettura si è concluso con l’ultima ordinanza di Vendola: Burgesi dovrà accogliere i rifiuti delle Ato Le/2 e Le/3 solo fino al 31 gennaio 2009; fino al 31 giugno del 2009 dovrà continuare a ricevere solo i rifiuti dell’Ato Le/2, ossia fino al completamento del proprio impianto di biostabilizzazione. Per quel che riguarda i rifiuti dell’Ato Le/3: dal 1 febbraio la parte umida continuerà ad essere tratta dalla Sudgas di Poggiardo e poi trasferita in altra discarica autorizzata fuori provincia, ancora da individuare. La parte secca potrà andare nell’impianto di produzione di cdr di Cavallino. È un’ordinanza che Vendola emana “sotto ricatto”, la pressione dei comitati e l’ostracismo di molti sindaci è pesante, ma non v’è nessuna certezza per il futuro. La teoria dei vasi comunicanti questa volta non sembra funzionare, gli impianti non sono ancora pronti, la differenziata ha percentuali ancora troppo lontane dalle previsioni del Piano di Vendola, le discariche sono diventate montagne, i cittadini sono stanchi e arrabbiati e la campagna elettorale è vicina. 13 gennaio 2009. Il Consiglio di Stato dà ragione al Tar circa l’illegittimità dell’impianto della Sudgas di Poggiardo: non ha il Via preventivo. 23 gennaio 2009. Il settore Ecologia della Regione rilascia l’Aia (autorizzazione integrata ambientale) per l’impianto della Sudgas di Poggiardo. Questa autorizzazione,
GENNAIO 2009. LA CORTE COSTITUZIONALE ANNULLA LA LEGGE REGIONALE 29 CHE IMPEDIVA DI SMALTIRE IN PUGLIA RIFIUTI SPECIALI E PERICOLOSI PROVENIENTI DALLE REGIONI DEL NORD il tacco d’Italia
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che è più importante del Via, annulla la sentenza del Consiglio di Stato e quindi del Tar circa l’illegittimità dell’impianto, sebbene la Sudgas non abbia ancora provveduto ad apportare le modifiche di miglioramento prescritte dalla Provincia e dall’Arpa. I comitati continuano ad organizzare manifestazioni e i politici a cavalcare l’onda dell’emergenza. Il centro destra, che ha gestito l’emergenza per dieci anni, ora accusa Vendola della mancata attuazione del Piano che avrebbe permesso la chiusura elle discariche tal quali. Alcuni sindaci di centro sinistra lusingano i comitati di protesta per via delle elezioni comunali alle porte. 24 gennaio 2009. La Corte costituzionale annulla la legge regionale 29 del 2007 che applicava per la prima volta il principio di prossimità applicato ai rifiuti La legge è annullata perché in contrasto con l’articolo 120 della Costituzione sulla libera circolazione delle merci. Era la prima legge italiana ad essersi espressa in tal senso e fu approvata all’unanimità dal consiglio regionale, con l’astensione del consgigliere Dario Stefàno, manager della Monteco. Ora i rifiuti speciali e pericolosi del Nord, delle industrie di Veneto, Toscana e Lombardia possono entrare in Puglia ed essere smaltiti negli impianti di Grottaglie, Canosa, Brindisi e Fragagnano. Per un anno la legge 29 era riuscita a tener fuori dalla Puglia tonnellate e tonnellate di rifiuti del nord. Per i conferimento di tali rifiuti gli unici a guadagnarci saranno i proprietari degli impianti di smaltimento. 24 gennaio 2009: il Consiglio dei ministri proroga di un anno il regime di Commissariamento per l’emergenza rifiuti. 27 gennaio 2009: viene firmato in prefettura a Lecce l’accordo secondo cui dal 20 febbraio 2009 i rifiuti dell’Ato Lecce 2 saranno biostabilizzati a Poggiardo e smaltiti nella discarica di Brindisi per la parte umida. La frazione secca sarà bruciata nell’impianto di Cavallino. Si conferma la chiusura di Burgesi per il 30 giugno 2009. (per una ricostruzione più dettagliata si rimanda a “La gestione dell’emergenza rifiuti effettuata dai Commissari straordinari del Governo”, relazione della Corte dei Conti sull’utilizzo e il corretto uso dei fondi nel quinquennio 2000-2005 (Governo Fitto). Di fatto la Corte dei Conti dà un giudizio negativo per il ritardo nell’attuazione del Piano, per le decisioni previste nello stesso e per l’inerzia commissariale nel non affrontare il mancato decollo della raccolta differenziata, a fronte di 30milioni di euro investiti dalla struttura commissariale). A. Mar.
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I NOMI DELLO SMALTIMENTO
GLOSSARIO, OVVERO CHE FINE FA IL RIFIUTO IN SALENTO OGGI E DOMANI, QUANDO GLI IMPIANTI DEL CICLO COMPLETO DI SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SARANNO PRONTI. Biostabilizzazione. È un processo tramite il quale la parte umida del rifiuto viene trattata per renderla inerte e inodore. In linea teorica dovrebbe trattare tutto ciò che rimane dalla separazione della differenziata e anche della parte organica. La si ottiene semplicemente facendo durare più a lungo la fase del trattamento, e insufflando più aria. Con una biostabilizzazione base, si ottiene un prodotto che ha un indice respirometrico, ossia la quantità di ossigeno presente per ogni chilo di materiale, piuttosto alto, ossia 800 milligrammi di ossigeno per chilo, ed è quello che provoca i cattivi odori. Con il trattamento spinto, si arriva sino a 400 come indice, ossia si ottiene una materia completamente inerte, come prevede la normativa in vigore. Materia inerte, una specie di terriccio, che poi potrà essere sparsa nelle cave dismesse, abbandonate, il cui recupero ambientale non è mai avvenuto, benché sia obbligatorio una volta terminata la fase estrattiva. Il rifiuto biostabilizzato finisce nelle discariche di servizio/soccorso. In Salento gli impianti previsti sono tre, uno per ogni Ato. Attualmente la biostabilizzazione viene effettuata solo a Cavallino (Ato Le/1) e a Poggiardo (Ato Le/3), con biocelle di emergenza in attesa del completamento degli impianti.
LA PUGLIA HA RAGGIUNTO UNA PERCENTUALE ANCORA TROPPO BASSA DI RACCOLTA DIFFERENZIATA, CIRCA IL 15%, MOLTO LONTANA DAL LIMITE MINIMO PREVISTO DAL DECRETO RONCHI DEL 1997, OSSIA IL 35%, E DAL 55% AGOGNATO DA VENDOLA NEL SUO PIANO Cdr. Combustibile da Rifiuto, si ottiene trattando la parte secca del rifiuto che è stata preventivamente biostabilizzata e poi separata dall’umido. Il prodotto che ne esce sono le balle di cdr pronte per essere bruciate in impianti di produzione di energia ma anche in cementifici o sansifici.Anche in questo caso, come per la biostabilizzazione, la qualità del cdr da bruciare dipende dalla qualità dell’impianto: un cattivo cdr bruciato provoca diossina. In Campania il cdr prodotto è talmente di pessima qualità che nessuno dei termovalorizzatori costruiti appositamente ha mai potuto bruciare le milioni di balle stoccate per mesi e mesi. In Salento l’impianto di produzione di cdr è a Cavallino il tacco d’Italia
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e tra qualche settimana dovrebbe essere pronto all’uso. Di fatto, in provincia di Lecce c’è la Copersalento di Maglie che brucia cdr, la cui qualità e provenienza non è certificata. Le ultime, o meglio le prime vere, analisi dell’Arpa hanno rilevato livelli di diossina 420 volte superiori al limite consentito nei pressi della Copersalento, che ha licenza di bruciare cdr dal 2005. Discariche di servizio e servizio/soccorso. Sono situate accanto agli impianti di biostabilizzazione, fatta eccezione per l’Ato Le\2 dove la discarica di solo servizio è prevista a Corigliano d’Otranto, ad una quarantina di chilometri da Poggiardo, sede dell’impianto di biostabilizzazione. Altra eccezione per Corigliano è che si tratta di discarica di solo servizio: possono essere conferiti solo i rifiuti biostabilizzati con basso indice respirometrico e mai il tal quale, poiché nel sottosuolo del sito individuato dal Piano di Fitto scorre la falda acquifera. Ad Ugento e Cavallino le discariche sono di servizio/soccorso, lì dove possono essere versati anche rifiuti tal quali, in caso di necessità. Discariche tal quali. Sono le uniche che il Salento conosce. I rifiuti conferiti non sono né separati a monte (compito dei cittadini) né trattati da impianti (compito delle amministrazioni). Per legge, quando nascono viene
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IN SALENTO C’È UN SOLO IMPIANTO CHE BRUCIA, UFFICIALMENTE, CDR. LA COPERSALENTO DI MAGLIE. SI TRATTA DI CDR DI PESSIMA QUALITÀ CHE, BRUCIATO, RILASCIA ELEVATE PERCENTUALI DI DIOSSINA. LE UNICHE ANALISI DELL’ARPA NEI PRESSI DELLA COPERSALENTO RISALGONO AL 2005: DIOSSINA 420 VOLTE SUPERIORI AL LIMITE CONSENTITO prevista una data di esaurimento e quindi la data di chiusura. In Salento tutte le discariche, pur esaurite, sono sopravissute alla chiusura grazie alle sopraelevazioni, per ordinanza dei Commissari delegati all’emergenza che si sono susseguiti dal 1994 ad oggi. Impianto di compostaggio. Fedele al principio del riciclo e riutilizzo, Vendola sta ora puntando al potenziamento degl’impianti di compostaggio che si avvalgono del riutilizzo della parte organica dei rifiuti. Con i fondi Por 2007-2013 prevede di investire 200 milioni di euro per la realizzazione degli stessi. In Provincia di Lecce ne sono previsti tre, uno per ogni Ato. Si tratta di un “processo aerobico di decomposizione biologica della sostanza organica che avviene in condizioni controllate che permette di ottenere un prodotto biologicamente stabile in cui la componente organica presenta un elevato grado di evoluzione”; si ottiene il compost adatto ai più svariati impieghi agronomici. Rd raccolta differenziata, si separa la carta, la plastica, il vetro, il cartone, l’alluminio, il legno, le pile. In provincia di Lecce la rd avviene in modalità differenti. Ci sono comuni, come Melpignano, che hanno un sistema di differenziata spinta a monte, ossia tutte le tipologie vengono separate in casa e raccolte porta a porta. In altri, come Lecce, ove esistono solo due cassonetti: uno piccolo e marrone per il vetro e l’altro grande e blu per tutto il resto. Attualmente la Puglia ha raggiunto una percentuale ancora troppo bassa, circa il 15%, molto lontana dal limite minimo previsto dal decreto Ronchi del 1997, ossia il 35%, e dal 55% agognato da Vendola nel suo Piano. Una buona differenziata permette una vita più lunga alle discariche e il guadagno ottenuto dal riutilizzo. Rsu, rifiuto solido urbano indifferenziato, finisce nelle discariche tal quali.
Conferimento rifiuti in discarica ad Ugento
Termovalorizzatori. Sono il terminale di tutto il ciclo di smaltimento dei rifiuti, un modo moderno per denominare gli inceneritori. L’incertezza sulla pericolosità o meno di simili impianti, soprattutto tra gli ambientalisti e gli oncologi, deriva dalle diverse tecnologie utilizzate per la realizzazione ma anche dalle diverse qualità di rifiuto bruciato. In Puglia, secondo il Piano di Fitto, erano previsti 5 termovalorizzatori privati più 3 pubblici, ma Vendola ha preferito incentivare la differenziata così che il rifiuto da bruciare sia una quantità minore. Spingendo la differenziata fino al 50%, secondo le previsioni di Vendola, otto termovalorizzatori sarebbero stati troppi, tanto da temere che per sostenere la potenza di simili impianti era prevedibile che sarebbe stato necessario ricorrere ad altro cdr proveniente da fuori regione, magari non certificato.
// COSA SUCCEDE QUANDO UNA REGIONE VIENE COMMISSARIATA. La legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del Servizio nazionale di protezione civile, prevede, all’art. 2, “per calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari” un sistema derogatorio alle ordinarie competenze stabilite dalla legislazione, e cioè: a) l’assunzione della gestione dell’emergenza da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, con la possibilità di avvalersi di un Commissario delegato per l’attuazione degli interventi; b) la potestà “di emanare ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente”, fatti salvi i principi generali dell’ordinamento giuridico. Per realizzare ciò, risulta necessaria la dichiarazione dello stato di emergenza da parte dello stesso Presidente del Consiglio, previa delibera del Consiglio dei Ministri. Tale dichiarazione deve definire la durata e l’estensione territoriale dello stato di emeril tacco d’Italia
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genza, in riferimento alla qualità e alla natura degli eventi. Per l’attuazione degli interventi di emergenza si provvede attraverso ordinanze. Deve affrontare le tematiche connesse alla soluzione dei problemi legati alle difficoltà di localizzazione di nuovi impianti di smaltimento, all’esaurimento delle discariche esistenti e al controllo della criminalità organizzata sui servizi di raccolta dei rifiuti solidi urbani e sugli impianti di discarica. In sostanza, lo Stato stabilisce che una regione, e tutti i suoi apparati amministrativi (Comuni e Province), non sono in grado di fronteggiare una situazione di estrema difficoltà. E così nomina un Commissario delegato che dipende direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (ministero dell’Ambiente e min. degl’Interni) con fondi e poteri speciali che, causa lo stato d’emergenza, vengono attuati in deroga alle normative vigenti in materia di rifiuti. In un certo senso è lo Stato che permette di agire senza tenere conto delle sue stesse leggi. Inoltre, tutti gli enti locali (Comuni e Province) sono costretti ad abdicare al proprio ruolo di amministratori, in una parola viene loro tolta ogni responsabilità diretta. Per questi motivi è assolutamente necessario che il commissariamento abbia una durata breve e precisa. Cosa che, in nessuna delle cinque regioni italiane commissariate, è mai avvenuto: i commissariamenti sono stati prorogati di anno in anno.
// CHI HA GESTITO L’EMERGENZA I Commissari delegati in Puglia Catenacci, Prefetto, dal 1994 al 1996 Di Staso, Presidente della Regione, dal 1996 al 1999 Catenacci, Prefetto, dal 1999 al 2000 Fitto, Presidente della Regione, dal 2000 al 2005 Vendola, Presidente della Regione, dal 2005 ad oggi (a. mar.)
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//Inchiesta //Progetto Urano //Ecomafia internazionale
RIFIUTI TOSSICI? BASTA PORTARLI IN AFRICA IL PROGETTO URANO, DI PORTATA INTERNAZIONALE, AVEVA PENSATO A TUTTO. A COME LIBERARSI DEI RIFIUTI PERICOLOSI NASCONDENDOLI NELLE VISCERE DELLA TERRA AFRICANA. A COME ORGANIZZARE GLI SPOSTAMENTI. A COME GUADAGNARCI DENARO el 1987, per prima volta, il nostro territorio fu interessato al traffico di rifiuti tossici. La procura di Brindisi aprì un’inchiesta per un banale traffico di auto rubate ma, andando avanti, scoprì un groviglio di affari illegali di portata internazionale. Finirono in carcere personaggi eccellenti, come l’allora sindaco di Casarano Luigi Memmi e il consigliere Dc di Squinzano Antonio Polito. Tra i coinvolti, ma in modo non incisivo, l’imprenditore salentino Mario Montinaro, il cui telex fu usato da Garelli per alcune operazioni illegali. Tutta l’inchiesta, condotta dai sostituti procuratori Leonardo Leone De Castris e Cosimo Bottazzi, ruotava attorno a Guido Garelli, presidente della “Compania Minera Rio De Oro” che si impegnava a ritirare un milione di tonnellate di rifiuti industriali all’anno, raccolti da clienti europei, per trasportarli via mare in Africa, precisamente in una zona desertica della Mauritania: tre depressioni di dimensioni varie (una era profonda 130 metri, lunga 80 chilometri e larga 25). Era il Progetto Urano. Nell’affaire entrarono anche Elio Sacchetto, un avvocato iscritto alla P/2 della prim’ora, come delegato di Garelli e della sua “Compania” e
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NEL 1987 UN’INCHIESTA DELLA PROCURA DI BRINDISI PORTÒ ALLA LUCE GIRI D’AFFARI INTERNAZIONALI BASATI SUL CICLO DI RIFIUTI TOSSICI. FINIRONO IN MANETTE SALENTINI ILLUSTRI
Luciano Spada, amministratore unico della “Intrumag a.g.”, l’azienda che avrebbe provveduto al trasporto dei rifiuti con navi in affitto; porti di partenza: Amburgo, Capodistria e Rotterdam. Il nome di Spada tornerà, tra l’altro, in un reportage di quattro anni fa, condotto da un gruppo di giornalisti italiani in Somalia, per far luce sull’uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, inviata e operatore della Rai. L’inchiesta brindisina scoprì anche una connessione con un traffico d’armi che
avrebbe dovuto favorire le attività indipendentiste del Fronte di liberazione di quell’area africana, del quale Garelli era plenipotenziario. L’intreccio messo in luce in quasi tutte le sue componenti (dai bonifici internazionali con relative triangolazioni, ai contatti utili per il trasporto, alla logistica eccetera) fu bruscamente interrotto quando l’inchiesta dei sostituti brindisini fu avocata dalla procura di Roma. E finì con l’archiviazione.
// COME SI SMALTIVANO I RIFIUTI IN AFRICA RIPORTIAMO UNO STRALCIO DEL DOCUMENTO XIII N.47 SU “ILLECITI ED ECOMAFIE” DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA SUL CICLO DEI RIFIUTI E SULLE ATTIVITÀ ILLECITE AD ESSO CONNESSE, DEL 25 OTTOBRE 2000 “L’inchiesta aveva individuato il cosiddetto ‘progetto Urano’, finalizzato all’illecito smaltimento in alcune aree del Sahara di rifiuti industriali tossico-nocivi e radioattivi provenienti da Paesi europei. Numerosi elementi indicavano il coinvolgimento nel suddetto traffico di soggetti istituzionali di governi europei ed extraeuropei, nonché di esponenti della criminalità organizzata e di personaggi spregiudicati, tra cui il noto Giorgio Comerio, faccendiere italiano al centro di una serie di vicende legate alla Somalia ed all’illecita gestione degli aiuti del Fai (oggi direzione generale per la cooperazione e lo sviluppo). Il progetto prevedeva il lancio dalle navi di penetratori (cilindri metallici a forma di siluro), caricati con scorie radioattive vetrificate o cementate e racchiuse in contenitori di acciaio inossidabile che si depositavano sino a 50-80 metri al di sotto del fondale marino; in alternativa, si affondava la nave con l’intero carico pericoloso, simulando un affondamento accidentale e lucrando, così, anche il premio assicurativo, il che è stato confermato dalle indagini aventi ad oggetto alcuni naufragi assai sospetti di navi assicurate dalla Lloyds di Londra, verificatisi nel Tirreno e nello Ionio. Il progetto contemplava anche la vendita di alcuni ordigni bellici (le telemine) ai Paesi del Medio oriente, da nascondere in profondità marine mediante navi ‘Ro-Ro’ - le stesse navi utilizzate per affondare le scorie radioattive - e col sistema appena descritto”.
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//Inchiesta //Rifiuti SpA //Burgesi
LA DISCARICA CHE NA Tra Acquarica e Presicce, in territorio di Ugento. La località “Burgesi” venne indicata nel Piano regionale come uno dei siti su cui far sorgere un impianto di smaltimento rifiuti. Stranamente, vennero indicate proprio alcune particelle già acquisite da alcuni imprenditori
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uando nel 1988 la Regione Puglia approvò il Piano Regionale per lo Smaltimento Rifiuti molti salentini tirarono un sospiro di sollievo. Finalmente si sarebbe messo fine ad una consuetudine che nel Salento aveva prodotto già danni incalcolabili: quella di usare le cave di tufo dismesse come discariche a cielo aperto dove abbandonare rifiuti di ogni genere. A partire dai primi anni Ottanta, quando i mattoni di cemento nel Salento hanno soppiantato i conci di tufo, precedentemente usati come materiale di costruzione, nelle cave hanno scaricato di tutto, senza nessun controllo, rifiuti provenienti da ogni parte d’Italia, ma sicuramente anche dall’estero. Testimone oculare il sottoscritto, quando per tutta la notte fino alle prime luci dell’alba camion con targa Napoli, Salerno, Caserta, ma anche con targa tedesca sono arrivati in questo estremo lembo del Salento carichi di chissà cosa. Il Piano Regionale per lo Smaltimento Rifiuti nasceva perciò anche per mettere fine a questa consuetudine che ha sicuramente prodotto danni ingenti al nostro territorio, ad oggi non ancora quantificabili in termini di danni alla salute e all’am-
biente (si veda intervista al pm Valeria Mignone su www.iltaccoditalia.info).All’interno del Piano Regionale uno dei siti su cui far sorgere un impianto di smaltimento era stato individuato proprio in località Burgesi, in territorio di Ugento, al confine con i territori di Acquarica e Presicce, in una zona di cave spente. Per molti quella della Regione fu una scelta quasi scontata, per via delle caratteristiche del terreno, per cui la storia della discarica Burgesi è stata “una storia annunciata”. Ma la vicenda di questa discarica è stata tutt’altro che lineare.
// 1987: L’ACQUISTO DELLE CAVE “La storia” comincia il 7 febbraio 1987, quando presso lo studio del notaio Zuppelli
da Presicce vengono stipulati sei atti di trasferimento di proprietà di cave di tufi dismesse, tutte in località Burgesi nel Comune di Ugento, per una superficie complessiva di Ha 10.59.88, pagate complessivamente 51.500.000 lire. Stranamente il sito individuato un anno dopo dalla Regione per realizzare impianti di smaltimento solidi urbani coincideva, guarda caso, proprio col terreno oggetto della compravendita effettuata un anno prima. Alla fine del 1989 la ditta GI.E.CO (amministratore Fabio Montinaro, 25 anni) presenta al Comune di Ugento un progetto per realizzare una “discarica controllata di 1^ categoria, la più grande fra quelle realizzate in provincia di Lecce, con una volumetria di 954.000 metri cubi. Nello stesso
IL COMUNE DI UGENTO NEL 1989 PREDISPONE UN PROGETTO PER LA REALIZZAZIONE DI UNA DISCARICA, PUBBLICA, A SERVIZIO DI 15 COMUNI, CON I QUALI STIPULA ANCHE UNA CONVENZIONE. IL PROGETTO SARÀ ANCHE INVIATO ALLA REGIONE. LA DISCARICA SARÀ PERÒ REALIZZATA DA UN PRIVATO, LA GI.E.CO il tacco d’Italia
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ACQUE IN “SANATORIA” 1988-2008: 20 ANNI DI AFFARI SULLA PELLE DI UGENTO di GIANCARLO COLELLA g.colella@iltaccoditalia.info
L’approvazione del progetto della discarica avvenne proprio in quella fase di transizione, caratterizzata da incertezza e turbolenza.
// IL NO DEL GEOLOGO. IL SI DEL COMUNE
TESTIMONE IL GIORNALISTA: FILE DI CAMION TARGATI NAPOLI, SALERNO, CASERTA, GERMANIA, NEI DINTORNI DI BURGESI NEL CUORE DELLA NOTTE anno, anche il Comune di Ugento predispone un progetto per la realizzazione di una discarica, pubblica, a servizio di 15 Comuni, con i quali stipula anche una convenzione “finalizzata all’ottenimento di finanziamenti pubblici per la realizzazione della discarica”. Il progetto sarà anche inviato alla Regione. Come vedremo, la discarica sarà però realizzata dal privato e il Comune sarà costretto anche a sborsare tasse e balzelli. Il 1989 resterà nella storia come un anno che ha segnato una svolta epocale: la caduta del muro di Berlino e della ideologia comunista. Ad Ugento segnò la caduta dello strapotere incontrastato della Democrazia Cristiana. Grazie ad un ribaltone tutte le forze politiche diedero vita ad una coalizione, che venne definita “Arcobaleno”, mandando la DC all’opposizione.
Dopo circa un anno di quasi paralisi amministrativa il 21 novembre 1990 il Consiglio Comunale di Ugento deliberò la localizzazione della discarica in contrada Burgesi. Il 18 dicembre dello stesso anno, nonostante il parere contrario espresso dal geologo dottor Giovanni Mele nella seduta dell’11 dicembre, che “ammoniva” il Comune dall’autorizzare quella discarica, la Commissione Edilizia approvò il progetto. Le osservazioni del geologo, che abbiamo rintracciato per farci spiegare il perché delle sue “ammonizioni”, erano riferite all’obbligo normativo di tutelare la falda acquifera, prospettando i rischi che ne potevano derivare. Ma come tutti i migliori profeti Giovanni Mele rimase inascoltato ed oggi ci vediamo costretti a prendere atto di una situazione allarmante che riguarda la falda acquifera, che non si sa se sia ormai gravemente compromessa nonostante risultati ufficiali delle analisi (si legga a pag. 26). Il progetto della ditta GI.E.CO. venne approvato dal Consiglio Comunale nella seduta del 4 febbraio 1991, registrando però la ferma opposizione del gruppo della Democrazia Cristiana. In quella sede e nella successiva seduta (delibera del consiglio comunale n.46 del 23.4.91) il consigliere Antonio Lupo, già segretario regionale della DC, motivò il voto contrario del gruppo con tre argomentazioni. Intanto il progetto andava bocciato per le osservazioni fatte dal geologo che non erano opinioni personali, ma un richiamo alle norme di legge che non erano state rispettate. In secondo luogo, secondo Lupo, un progetto del genere avrebbe trasformato Ugento nella pattumiera del Salento. In terzo luogo risultava inspiegabile il tacco d’Italia
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NEL 1990 IL GEOLOGO GIOVANNI MELE, CHE ABBIAMO RINTRACCIATO, AMMONIVA IL COMUNE A NON AUTORIZZARE LA DISCARICA PER LE GRAVI CONSEGUENZE CHE SI SAREBBERO AVUTE SULLA FALDA E SULL’AMBIENTE. MA IL COMUNE AUTORIZZÒ perchè il Comune avesse approvato il progetto di un privato, accantonando un progetto predisposto dallo stesso Comune nel 1989. Insomma secondo Lupo l’operazione finiva col favorire il privato e non i cittadini di Ugento e Gemini. Il progetto comunque venne approvato insieme alla convenzione con la ditta GI.E.CO. valevole per 10 anni, nella quale venivano esplicitati gli obblighi del gestore dell’impianto. Tali obblighi, oltre alla garanzia di un servizio efficiente, prevedevano tra l’altro che per il Comune di Ugento il servizio di smaltimento rifiuti sarebbe stato gratuito, per cui i cittadini avrebbero pagato solo l’onere del trasporto. La ditta inoltre avrebbe indennizzato il Comune con 200 milioni l’anno ed alla scadenza della concessione, dopo dieci anni, avrebbe restituito al Comune il terreno della discarica, una volta bonificato. Dal momento dell’approvazione della convenzione al rilascio della concessione edilizia, però, intercorre circa un anno di tempo. Una lungaggine inspiegabile che probabilmente indusse la ditta GI.E.CO. ad iniziare i lavori prima ancora di avere la concessione.
// LA DISCARICA IN SANATORIA Con una nota del 28 aprile 1992, infatti, il dirigente dell’ufficio tecnico, scriveva: “Premesso che la ditta GI.E.CO. ha iniziato i
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Monteco s.r.l. L’esterno della discarica Burgesi, ad Ugento
lavori per la realizzazione di un impianto di smaltimento rifiuti solidi urbani il località Burgesi in assenza di concessione edilizia per cui è stato avviato un procedimento penale nei confronti della predetta società, considerata che è stata chiesta la concessione edilizia in sanatoria”, quantificava in circa 100 milioni di lire la somma che la ditta doveva pagare al comune, di cui circa 13 milioni relativi a opere di urbanizzazione. Per quantificare la somma si seguì un criterio “arbitrario”, dato che, sottolineava il tecnico comunale, non vi era traccia in letteratura e in giurisprudenza di un caso simile cioè di sanatoria di una discarica. Il 4 luglio si compie uno dei tanti miracoli inspiegabili per la tradizionale lentezza della burocrazia italiana. La GI.E.CO. effettua i versamenti dovuti per il condono e nel corso della stessa giornata riesce ad avere tutti i pareri necessari per ottenere la concessione edilizia. Nulla è dato sapere dell’esito del processo penale di cui si accenna nella nota nei confronti della stessa ditta (ve ne daremo notizia qualora riuscissimo a ripercorrerne le tracce). Per avere l’autorizzazione della Provincia all’esercizio provvisorio del primo lotto per metri cubi 255.248 bisognerà aspettare il 23 luglio 1993. Presidente della provincia Rosario Giorgio Costa, Dc, favorevole alla realizzazione della discarica, mentre come detto la Dc ugentina, all’opposizione, vota contro. La giunta provinciale il 23 gennaio 1996 approvò un progetto di variante portando il secondo lotto a 256.800 ed il terzo lotto a 303.615 metri cubi, riducendo così la volumetria complessiva da 954 a 800.000 metri cubi. Il 27 settembre 1996 la giunta provinciale approvò la variante e l’esercizio del secondo lotto, prescrivendo alla ditta di ricevere solo i rifiuti rivenienti dal Bacino LE/3.
CASO UNICO IN ITALIA DI DISCARICA AUTORIZZATA IN SANATORIA. POICHÉ I LAVORI INIZIARONO SENZA CONCESSIONE SI APRÌ UN PROCEDIMENTO PENALE A CARICO DELLA GI.E.CO. Nel frattempo nelle comunità di Gemini, Acquarica e Presicce andava crescendo sempre di più il malessere della gente a causa delle esalazioni provenienti dalla discarica. Inoltre i rapporti tra il comune di Ugento e la ditta concessionaria della discarica si erano incrinati. Il Comune non aveva mai incassato i 200 milioni l’anno che in base alla convenzione la ditta avrebbe dovuto versare e al momento di rivendicare l’incasso di quanto dovuto la Monteco (nuova denominazione della GI.E.CO.) rispondeva che tra il dare e l’avere era il Comune ad essere debitore.
// LA NUOVA CONVENZIONE: IL SERVIZIO ORA SI PAGA Il 21 luglio 2001 viene convocato d’urgenza il Consiglio Comunale per deliberare sull’acquisizione della titolarità pubblica della discarica Burgesi, titolarità pubblica imposta dalle nuove leggi, oltre che per approvare il terzo lotto dell’impianto, dato che con un telegramma inviato giorni prima la ditta aveva comunicato che il secondo lotto era ormai esaurito. Prima di decidere sul futuro del rapporto con la Monteco l’opposizione consiliare chiese al sindaco Eugenio Ozza di dare vita ad una commissione che esaminasse bene l’operato della ditta il tacco d’Italia
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ed analizzasse anche il rapporto che nel tempo si era instaurato con il Comune e poi formulasse gli atteggiamenti da adottare. La proposta dell’opposizione partiva da due elementi: la sofferenza dei cittadini della frazione di Gemini che, insieme a quelli di Acquarica e Presicce erano quelli più esposti ai disagi che l’impianto aveva provocato; i provvedimenti giudiziari adottati dalla Procura della Repubblica nei confronti della Monteco. Nel febbraio del 2002, infatti, la Procura della Repubblica notificava a Giovanni Greco e Michele Grecolini, amministratore unico e direttore tecnico della Monteco, e per conoscenza al Comune di Ugento, un “decreto di citazione in giudizio” in cui i due vengono accusati di reati gravissimi, “non osservando quanto previsto dalla convenzione per l’affidamento in concessione stipulata con il Comune di Ugento e quanto previsto nell’autorizzazione rilasciata dall’Amministrazione Provinciale di Lecce”. Ma quali erano i capi di accusa della Procura della Repubblica? Questo è quanto riportato nel Decreto di Citazione a Giudizio. “Non era stato completato l’impianto di drenaggio e combustione del biogas che doveva essere eseguito all’esaurimento del primo lotto nel settembre 1996 e nel secondo lotto non era neppure iniziata la realizzazione dei sistemi di drenaggio, captazione e combustione del biogas”. “I rifiuti venivano ammassati in modo tale da raggiungere un’elevata altezza al di sopra dell’argine, con conseguente mancata impermeabilizzazione e conseguente dilavamento degli stessi, così da creare fuoriuscita del percolato e sua immissione nei sistemi di drenaggio delle acque piovane”. “Non si era provveduto alla impermeabilizzazione ed alla ricopertura delle aree non più in coltivazione, con conseguente dilavamento dei rifiuti ivi depositati ed immissione delle acque così composte nel canale destinato alle acque piovane”. “In discarica risultavano emissioni di biogas, ben evidenti negli acquitrini presenti sulla superficie della discarica”. “Situazioni, si legge nella citazione, che erano tutte la causa di esalazioni maleodoranti avvertite a distanza, atte a molestare le persone”. A questi elementi, a parte il contenzioso tra Comune di Ugento e Monteco sulle somme che la Monteco (già Gi.e.co.) si era impegnata a versare al Comune come indennizzo e che non ha mai versato, se ne aggiungeva un altro drammaticamente grave che collocava la ditta in situazione di “inaffidabilità”. All’interno della discarica erano stati
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2002: IL COMUNE NON AVEVA MAI RICEVUTO I SOLDI SPETTANTI DALLA GI.ECO. (200 MILIONI L’ANNO PER DIECI ANNI). MA ALLO SCADERE DELLA CONVENZIONE LA RINNOVA. LA DISCARICA DIVENTA PUBBLICA MA IL SERVIZIO PER IL COMUNE DA GRATUITO DIVENTA A PAGAMENTO. UGENTO DEVE PAGARE PER CONFERIRE I RIFIUTI NELLA SUA STESSA DISCARICA trovati bidoni contenenti “policlorobifenile”, chiaramente conferiti abusivamente, senza nessuna autorizzazione, dato che la discarica non è certamente in grado di smaltire sostanze di questo genere. Per questo ritrovamento il Grecolini, direttore della discarica, successivamente è stato condannato a otto mesi di detenzione (si legga a pag. 6). Su questi elementi si basava la richiesta della minoranza consiliare di temporeggiare per consentire di avere un quadro esatto della situazione prima di decidere se conservare il rapporto con la Monteco o meno. Ma nonostante le assicurazioni fornite in questo senso e nonostante che nel frattempo fosse entrata in vigore la nuova normativa che esautorava il Comune e attribuiva agli Ato la competenza ad affidare la gestione dei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti, disattendendo anche le direttive del Commissario Delegato Raffaele Fitto, il sindaco Ozza il 31 ottobre 2002 convocò la Giunta Municipale ed approvò una nuova convenzione con la Monteco. Non un bando di gara, ma un rinnovo della convenzione. Il 30 novembre successivo il Consiglio Comunale si riuniva per prendere atto della delibera della Giunta ed in quella occasione la minoranza consiliare abbandonò l’aula per protesta. Per aggirare l’ostacolo della competenza, ormai passata agli Ato, l’Amministrazione Comunale fece passare la nuova convenzione con la Monteco non come una nuova concessione, ma come “un aggiuntivo” della prima. A giustificazione della forzatura il sindaco Ozza dichiarò in Consiglio Comunale che la forzatura operata nella interpretazione delle norme era motivata dalla volontà di conservare la gestione del servizio per avere i vantaggi previsti dalla concessione. La nuova
convenzione in effetti prevede un indennizzo della Monteco al Comune di Ugento pari a circa 500mila euro l’anno, in cambio però di una concessione che dura 16 anni. In pratica la Monteco ha ipotecato il futuro, ma a tutt’oggi nelle case del Comune di Ugento non è entrato un centesimo. Al contrario: il paradosso è che il Comune paga alla Monteco tra “tributo speciale” e “tributo” regionale” 103.400 euro per l’anno 2005 e la stessa cifra viene sborsata più o meno ogni anno. Nonostante ciò l’Amministrazione Comunale ha inspiegabilmente continuato a tenere nei confronti della ditta un atteggiamento di estrema disponibilità.
//L’AMARO EPILOGO Nonostante le proteste crescenti dei cittadini di Gemini, Acquarica e Presicce per via dei cattivi odori diffusi dalla discarica e sempre meno sopportabili specialmente in estate, il Commissario Delegato Raffaele Fitto nel 2004 concesse alla Monteco una sopraelevazione di 3 metri. Il provvedimento provocava una manifestazione di protesta a Gemini e da lì partiva con più fermezza la richiesta della minoranza consiliare per una “commissione speciale di controllo” sulla discarica. Finalmente la commissione partì, ma non venne mai messa in condizioni di operare. A parte gli ostacoli frapposti dal personale
// DI MANO IN MANO. I SINDACI DI BURGESI 1981-89: Antonio Congedi 1989-90: Pantaleo Provenzano 1990-1992: Sandro D’Ambrosio 1992-94: Antonio Congedi 1994-98: Francesco Pacella 1998-2000: Gabriele Congedi 2000: commissariamento 2000-oggi: Eugenio Ozza
della discarica (minacce nei confronti del presidente della commissione Mario Paiano, costretto a chiedere l’intervento dei carabinieri; si legga a pag. 20), la richiesta di una consulenza legale venne bocciata “perchè il Comune di Ugento (che spende 300 milioni l’anno di consulenze legali) non ha fondi per pagarla”. La Monteco ha quindi continuato ad operare indisturbata sul territorio, senza subire mai un controllo ed ha continuato a disattendere gli impegni assunti col Comune di Ugento che fino ad oggi non ci risulta abbia chiesto di incamerare i 3.000.000 di euro (500.000 l’anno a partire dal rinnovo della concessione nel 2002) che la ditta dovrebbe versare. Questa in sintesi la storia. Il resto è cronaca.
//RIFIUTO: QUANTO MI COSTI! 5MILIONI E 800MILA EURO. E’ LA CIFRA CHE OGNI ANNO LA MONTECO INCASSA DAI COMUNI DELL’ATO LE/3 Si dice che gli Italiani siano un popolo di sporcaccioni. Eppure per costume e tradizione siamo molto più attenti di altri popoli europei verso l’igiene della persona. Basta parlare con una donna di casa per avere la conferma che oggi la famiglia italiana spende più per prodotti per l’igiene e per la casa di quanto spende per mangiare. Ma se è vero che abbiamo cura del nostro corpo è altrettanto vero che non curiamo altrettanto l’ambiente in cui viviamo e che facciamo ben poco per preservarlo. Un dato emblematico in questo senso è quello relativo alla raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani. Pur essendo consapevoli che proprio attraverso la raccolta differenziata passa la soluzione del problema dello smaltimento dei rifiuti su questo versante scontiamo ancora un colpevole ritardo che alla fine incide in misura piuttosto pesante sui bilanci delle famiglie. Il problema è tornato di attualità proprio in occasione della “settimana di San Silvestro”, come è stata chiamata la protesta dei cittadini di Gemini, Acquarica, Presicce ed Ugento per impedire il conferimento dei rifiuti dell’ATO LE/2 presso la discarica Burgesi di Ugento. Ma quanto costa a noi dell’ATO LE/3 il conferimento in discarica dei rifiuti solidiurbani? I 24 comuni di questo ambito territoriale conferiscono nella discarica Burgesi 78.000 tonnellate di rifiuti indifferenziati. L’ATO paga alla Monteco, ditta che gestisce l’impianto, quasi 74 euro per ogni tonnellata di rifiuti conferita (di cui ben 11 di ecotassa, una specie di penale per chi non fa la raccolta differenziata), per un totale di circa 5.800.000 euro l’anno. E’ chiaro l’interesse della Monteco a mantenere una discarica che le consente di incamerare una somma del genere. Quel che, invece, non è chiaro è come mai non decolla la raccolta differenziata. In Puglia la raccolta differenziata si aggira intorno al 12,36 %. L’ambito LE/3 nel complesso tocca una percentuale maggiore, ossia il 16,18 %, con punte in positivo del 22,46, come quella di Acquarica, ed in negativo del 10,72, come quella di Ugento. il tacco d’Italia
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//Inchiesta //Stoccaggio fantasma //Esclusivo
Realizzato con fondi pubblici e abbandonato. Il centro di stoccaggio, al confine sud-ovest della discarica Burgesi non è mai stato utilizzato. Un cartello, all’esterno, avvisa che l’edificio è pericolante
L’impianto è in stato di abbandono, ma è frequentato. Da chi? Sono solo vandali?
LA CATTEDRALE RIMOSSA. REALIZZATA CON FONDI PUBBLICI, COLLAUDATA E MAI ENTRATA IN FUNZIONE. LA CENTRALE DI STOCCAGGIO DEL COMUNE DI UGENTO VANDALIZZATA. LA SERA PRIMA DI MORIRE PEPPINO BASILE SI RECÒ CON L’AMICO SILVIO FERSINI A VEDERE L’IMPIANTO. PERCHÉ IL COMUNE NON L’HA MAI VOLUTO ATTIVARE NÉ DARLO IN CONCESSIONE ALLE DITTE CHE NE AVEVANO FATTO RICHIESTA, COMPRESA LA MONTECO? FURONO QUESTE LE DOMANDE CHE SI FACEVA OSSESSIVAMENTE LA SERA IN CUI FU ASSASSINATO CON 19 COLTELLATE ochi lo sanno. Nessuno ne parla. Ma ad Ugento l’argomento è riaffiorato a seguito della protesta del primo gennaio che ha messo a nudo la situazione di emergenza nel campo dello smaltimento dei rifiuti e con esso ha evidenziato l’urgenza di chiudere definitivamente e bonificare la discarica Burgesi. Sembra inverosimile, ma è così. Al confine sud-ovest della discarica Burgesi un muro piuttosto alto di recinzione nasconde un grosso impianto, un Centro Stoccaggio Rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata. L’impianto è di proprietà del Comune di Ugento, ma non è stato mai utilizzato ed oggi risulta praticamente semidistrutto dai vandali ed in totale stato di abbandono. Si tratta di un impianto all’avanguardia, realizzato su un progetto dell’ufficio tecnico comunale presentato nel 2000 e finanziato dalla Unione Europea con un contributo di 5.300.000.000 lire. L’impianto era in grado di ricevere rifiuti indifferenziati da tutta la provincia, di separarli e confezionarli in balle di carta, vetro, plastica, alluminio e
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quindi venderli ad uno dei consorzi, come il Conai, che raccoglie e trasforma questi rifiuti. Stranamente e criminosamente l’impianto non è stato mai messo in condizioni di partire. Eppure una ditta locale aveva fatto richiesta di prenderlo in gestione. Non solo, la stessa Monteco aveva chiesto al Comune la gestione dell’impianto. Inspiegabilmente il Comune di Ugento ha preferito tenere questa cattedrale nascosta e farla cadere in pezzi. Ma perché? Da qualche testimonianza risulta che dall’impianto sia stato asportato tutto il possibile: quadri elettrici del valore di 80.000 euro, pompe, elettriche, porte, sedie, computer, lampade, componenti igienicosanitari. Insomma gli atti di sciacallaggio, consentiti dallo stato di abbandono totale della struttura, dalla mancanza di controllo, hanno consentito la distruzione di un
impianto che non è mai entrato in funzione. Ufficialmente la consegna dei lavori avvenne l’uno ottobre 2002, insieme all’atto unico di collaudo firmato dall’ingegner Francesco Campanale. La cosa lascia quantomeno perplessi, con alcune domande che meriterebbero risposte: perché un impianto simile dal 2002 ad oggi non è mai stato attivato, lasciandolo distruggere dai vandali? Chi può avere interesse a non far funzionare una struttura simile che prevedeva 18 posti di lavoro? Perché il Comune non lo ha concesso in gestione alle ditte che ne avevano fatto richiesta? Il mancato utilizzo dell’impianto ha prodotto un danno economico alla comunità di Ugento, oltre che alla Comunità Europea che ha finanziato l’opera: perché mai nessuno paga di persona per responsabilità come questa?
L’IMPIANTO DI STOCCAGGIO È STATO COLLAUDATO NEL 2002. LA DITTA FALLÌ E IL COMUNE PAGÒ ANCHE PER ALCUNI MESI GLI STIPENDI DEI CUSTODI il tacco d’Italia
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Macchinari nuovi di zecca. Mai usati, eppure pagati
Il centro di stoccaggio visto dall’esterno. Un impianto “fantasma”. Come l’auto parcheggiata all’interno
LA VERGOGNA DI UGENTO //ESCLUSIVO. UN NUOVO DETTAGLIO NEL RACCONTO DELLE ULTIME ORE DI PEPPINO. QUEL SOPRALLUOGO ALL’IMPIANTO DI STOCCAGGIO
Peppino Basile, il consigliere comunale (Idv) ucciso lo scorso 14 giugno. La sera prima di morire si era recato all’impianto di stoccaggio con un amico
Erano le domande che Peppino Basile continuava a ripetersi ad alta voce in maniera quasi ossessiva la sera in cui venne massacrato. Quella sera Basile chiese a Silvio Fersini di accompagnarlo in un locale di Torre Pali, dove avrebbe trascorso la serata con
una vedova di Collepasso con la quale da tempo aveva cominciato ad instaurare una relazione sentimentale. L’amico oppose resistenza, ma alla fine cedette e si mise in macchina. Nel tragitto per andare a Torre Pali l’esponente di Italia dei Valori, massacrato barbaramente con circa 19 coltellate, volle passare proprio da contrada Burgesi per guardare l’impianto di stoccaggio rifiuti che, pur essendo stato collaudato nel marzo del 2002 e consegnato al Comune, non era mai entrato in funzione. Nel locale di Torre Pali Basile, insieme alla signora di Collepasso ed all’amico Fersini, oltre che a ballare con la donna, si fermò a cenare e dopo il commiato dalla donna si mise in macchia con l’amico per tornare a casa. Anche quello di ritorno fu un viaggio lungo, anche perché alla guida della sua Panda difficilmente superava i 30 chilometri l’ora, continuando a parlare dell’impianto di stoccaggio andato distrutto. Le indagini della magistratura, coadiuvata dalle forze dell’ordine, a tutt’oggi non hanno ancora chiarito quale possa essere il movente dell’omicidio di Basile. Sta di fatto che la sera del suo omicidio Basile continuò a parlare di rifiuti, fino a pochi minuti prima di esalare l’ultimo respiro sotto i colpi di qualche rifiuto della società armato di coltello. Peppino Basile è stato assassinato all’entrata della sua abitazione nella notte fra il 14 e il 15 giuil tacco d’Italia
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gno del 2008, con diciannove coltellate. L’assassino o gli assassini, il mandante o i mandanti non hanno ancora un volto! G.C.
// IL COMITATO PRO BASILE L’istituzione di questo Comitato ha la finalità di continuare l’attività politico-amministrativa e sociale condotta, con coraggio e passione, dallo stesso Peppino, sin da quando ha cessato di occuparsi della sua impresa edile ed ha deciso di dedicarsi a tempo pieno all’attività politica. Altro obiettivo del Comitato è quello di sensibilizzare e smuovere le coscienze dei cittadini di Ugento e non solo, affinché possa esserci una reale collaborazione con gli organi inquirenti. Il “Comitato Pro-Basile” presieduto dall’ex giudice Carlo Madaro è composto da: Gianfranco Coppola, consigliere comunale di Ugento - capogruppo di Italia dei Valori -, che ha affiancato Peppino nei lavori consiliari a partire dal 2006; Salvatore De Mitri, studioso della cultura socio-mafiosa e della devianza istituzionale, ex coordinatore nazionale Giovani dell’Italia dei Valori; Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento nazionale della tutela dei consumatori, ex ufficiale dell’Arma dei Carabinieri. Per contatti: info@comitatoprobasile.it
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//Inchiesta //Indagini pro forma //Mario Paiano
ABORTO DI UNA COMMISSIONE IL RACCONTO DI MARIO PAIANO, PRESIDENTE DELL’EX COMMISSIONE DI CONTROLLO SU BURGESI
ella vita si può anche scegliere di non avere figli: basta non concepirli. Ma non si può giustificare chi fa nascere un figlio per poi farlo morire senza averlo fatto vivere”. E’ questa l’amara riflessione di Mario Paiano, presidente della commissione che il Comune di Ugento aveva istituito per controllare la discarica Burgesi, ma che finì di esistere a pochi mesi dalla nascita, senza lasciare traccia del suo operato. A chiedere con determinazione l’istituzione della commissione erano stati i consiglieri di opposizione nel corso di un Consiglio comunale che si tenne a Gemini nel 2004, per venire incontro alle pressioni degli abitanti della frazione che denunciavano una percentuale di casi di ipertiroidismo e di morti per tumore mai verificatasi in precedenza (si legga pag. 28). Il Consiglio si tenne nei locali della scuola media in un clima infuocato, a seguito della decisione di Fitto di concedere alla Monteco un ulteriore sopralzo di 3 metri della discarica Burgesi. Sotto le pressioni dei cittadini, oltre che dei consiglieri di opposizione, l’Amministrazione comunale finalmente accolse la richiesta e venne costituita una commissione consiliare, presieduta da Mario Paiano, che era formata da Ninì De Giorgi, Fernando Alessandrelli, Antonio Congedi, Antonio De Giorgi, Pina Coletta e Sirio Mastrogiovanni. Mario Paiano, titolare di un avviato studio tributario e membro del consiglio nazionale dei tributaristi, si rifiuta di parlare della commissione. Non lo ha mai fatto fino ad oggi, nonostante le sollecitazioni. Dice di avere la nausea e di aver bisogno di rimuovere dalla memoria tutto ciò che attiene a quella esperienza. Alla fine cede bonariamente, consapevole del ruolo critico e costruttivo che ha sempre avuto nel Consiglio comunale di Ugento e della rilevanza della
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sua testimonianza per capire qualcosa in più sulla vicenda della Burgesi. “Appena insediata la commissione cominciammo a studiare il carteggio relativo alla discarica. Una cosa desolante. I documenti erano sparsi in diversi uffici, nessuno era in grado di fornire risposte. Nonostante tutto riuscimmo a ricostruire i passaggi di questa vicenda, che ancora oggi conserva aspetti inquietanti”. Il primo impatto di Paiano e dei commissari con la discarica fu traumatico. Il personale dell’impianto si rifiutò di far entrare i membri della commissione, nonostante una telefonata personale del sindaco. “Fui costretto a chiamare i carabinieri”, ricorda Paiano. Ma che motivo può avere una struttura a rifiutare una visita di una delegazione del Consiglio comunale se ha le carte in regola? Cosa succede all’interno della discarica Burgesi che nessuno deve vedere? A queste domande Paiano e compagni cercarono di dare una risposta, tornando
“APPENA INSEDIATA LA COMMISSIONE COMINCIAMMO A STUDIARE IL CARTEGGIO RELATIVO ALLA DISCARICA. UNA COSA DESOLANTE. I DOCUMENTI ERANO SPARSI IN DIVERSI UFFICI, NESSUNO ERA IN GRADO DI FORNIRE RISPOSTE. NONOSTANTE TUTTO RIUSCIMMO A RICOSTRUIRE I PASSAGGI DI QUESTA VICENDA, CHE ANCORA OGGI CONSERVA ASPETTI INQUIETANTI” il tacco d’Italia
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più di una volta nella di-scarica. Ma quando chiesero all’Amministrazione comunale l’autorizzazione a rivolgersi ad uno studio legale per una consulenza si sentirono rispondere che il Comune non ha la possibilità di pagare. “Un Comune che spende più di 300mila euro l’anno per consulenze legali si è rifiutato di pagare una consulenza che doveva servire a controllare una struttura come la discarica Burgesi, con l’unico obiettivo di tutelare la salute di tutti!”, è l’amara constatazione di Paiano. Dopo pochi mesi di attività, nella primavera del 2005, venne rinnovato il Consiglio comunale e la Commissione decadde. Da allora a nessuno è venuto in mente di chiedere quali siano stati i risultati del lavoro di quella commissione, a tutt’oggi secretati, né tantomeno qualcuno ha pensato di dare vita ad una nuova commissione. Neanche dopo la protesta di Capodanno. G.C.
La Commissione, istituita a fatica, per monitorare sulla attività della discarica Burgesi, decadde dopo pochi mesi
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//Inchiesta //Voragini sotto l’impianto //Antonio Pizzolante Il vuoto sotto. Una delle tante voragini naturali presenti in località Burgesi, dove sorge la discarica di Ugento
UNA LEZIONE DAI CAVAMONTI IL RICORDO DI ANTONIO PIZZOLANTE, EX PROPRIETARIO DI UNA CAVA CHE RICADE PROPRIO IN ZONA BURGESI lla luce dei fatti recenti che, si sono verificati proprio in contrada Burgesi, molta gente oggi è portata a dare una valutazione diversa della scelta operata dalla Regione nel 1988, quando proprio in questa contrada individuò la zona più idonea per realizzare una discarica per rifiuti solidi urbani. Probabilmente a determinare la scelta contribuì la considerazione che essendo questa zona ricca di cave di tufo dismesse, realizzare un “contenitore” di rifiuti sarebbe stato più agevole. In pratica la “buca” era già pronta e non c’era bisogno di scavare, come in altre zone. Il che significava una considerevole riduzione dei costi. L’impianto di biostabilizzazione che si sta realizzando in contrada Burgesi, poco distante dalla discarica che
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riceve i rifiuti solidi urbani dai 24 comuni che fanno parte dell’Ato LE/3, doveva essere operante per il primo gennaio di quest’anno. Ma l’apertura di una voragine all’interno del perimetro dove si sta realizzando l’impianto, ha fatto bloccare i lavori, con gravi disagi per tutto il territorio, considerato che la discarica Monteco dovrà chiudere entro il 30 giugno 2009 e che a quella data difficilmente il nuovo impianto sarà funzionante e quindi in grado di ricevere i rifiuti del bacino LE/3. Il motivo del ritardo sta in una voragine che si è aperta proprio sul terreno dove si sta realizzando l’impianto. L’episodio ha reso necessario una serie di carotaggi nel terreno (si parla di 180 perforazioni) per verificare la tenuta del suolo, mettendo in essere poi tutti il tacco d’Italia
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gli interventi necessari per metterlo in sicurezza. La cosa ha suscitato preoccupazione tra gli abitanti della zona, ma anche perplessità, specialmente tra chi, e in questa zona non sono pochi, ha fatto l’esperienza di lavorare in una cava di tufo. Oggi chissà quanto verrà a costare l’indagine geologica nella zona dove si è aperta la buca, a quanto ammonteranno i danni per il ritardo nella ultimazione dei lavori, quando per evitare spese e ritardi probabilmente sarebbe stato sufficiente chiedere il consulto di un ex-cavamonti. “Ma come si fa a realizzare un impianto del genere senza effettuare preventivamente un sondaggio geologico?, si è domandato Antonio Pizzolante, ex-proprietario di una cava che ricadeva proprio nella zona dove oggi c’è la discarica Monteco. Una cava viene abbandonata, non si sfrutta più, nel momento in cui si riscontra una striatura sul fondo che lascia intravedere che lo strato roccioso compatto è finito e sotto si trova argilla, ha aggiunto. Un giorno, mentre lavoravamo in una cava che si trovava all’interno del perimetro dove oggi c’è la discarica Monteco, all’improvviso si aprì una voragine ed un operaio venne ingoiato insieme alla macchina utilizzata per tagliare i conci di tufo. Ci andò bene, l’operaio si salvò, ma quell’episodio servì per farci capire che la natura del nostro terreno non da garanzie di solidità e di sicurezza, specialmente di fronte a pesi di una certa dimensione”. Da qui la domanda di molta gente. “Chi ci dice che il peso dei rifiuti della discarica Monteco, 1.400.000 tonnellate, al posto delle 700.000 previste dal progetto, non abbia provocato un cedimento del suolo e chi ci assicura che a seguito del cedimento il telone di plastica sistemato sul fondo della discarica non si sia lacerato, consentendo così al percolato (liquido puzzolente che si produce dalla putrefazione di rifiuti) di filtrare attraverso la roccia fino ad arrivare nella falda acquifera?”. Probabilmente il danno è stato già fatto, considerato che dalle analisi effettuate in alcuni pozzi della zona l’acqua risulta inquinata. “Ciò che mi risulta inaccettabile, ha aggiunto un cittadino di Gemini che ha partecipato alla protesta della settimana di San Silvestro, è il fatto che di tutti questi danni, di tutti questi ritardi che a loro volta producono altri danni, nessuno sarà chiamato a pagare di persona”. Nessuno paga di persona, ma ci rimettono tutti. Tutti tranne uno. Il gestore della discarica. Fino a quando? G.C.
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//Inchiesta //Il comitato del no //Sette giorni in trincea Una protesta pre il futuro. Il presidio sorto a Burgesi nella settimana di Capodanno ha visto la partecipazione di molti giovanissimi. Qui e nelle foto seguenti alcuni momenti della protesta
rifiuti, nonché presidente della regione Puglia, Nichi Vendola, con propria Ordinanza n. 63 del 30 dicembre 2008. L’ordinanza di Vendola era sembrata a molti una specie di atto d’imperio esercitato senza una preventiva consultazione delle parti interessate e per molti aspetti proprio questa interpretazione aveva fatto scatenare la rabbia e la determinazione della gente. A dire il vero la prima reazione si era registrata a seguito dell’incontro tenuto in Prefettura il 24 dicembre, vigilia di Natale. Un incontro organizzato per adottare misure urgenti per far fronte all’emergenza rifiuti, considerato che le discariche operanti sul territorio risultavano ormai in fase di esaurimento e che gli impianti che avrebbero dovuto sostituirle nella raccolta e nel trattamento dei rifiuti per una serie di motivi al momento, e probabilmente per almeno un altro anno, non saranno in grado di operare.
// PERICOLO “SOPRALZO”
MI RIFIUTO LE MOTIVAZIONI DELLA PROTESTA DEI CITTADINI. LA NASCITA DEL COMITATO. BURGESI OGGI: 21 METRI IN ALTEZZA DI RIFIUTI, CAPIENZA RADDOPPIATA RISPETTO ALL’IPOTESI INIZIALE: DA 700MILA SI È PASSATI A 1.400.000 TONNELLATE l Capodanno 2009 è destinato a restare scolpito nella memoria dei Salentini. Proprio a partire dal primo dell’anno, infatti, alcune decine di persone, prevalentemente di Gemini (frazione di Ugento), ma anche di Acquarica, Presicce e Ugento, hanno dato vita ad una protesta che ha rischiato di vedere il Salento sommerso dai rifiuti, come nelle immagini di Napoli trasmesse alcuni mesi fa dalle emittenti televisive di mezzo mondo. Per una intera settimana gli autori della pro-
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testa hanno occupato le strade di accesso alla discarica “Burgesi”, un impianto che si trova in territorio di Ugento ma in linea d’aria è molto più vicino al nucleo abitativo di Gemini, Acquarica e Presicce e che raccoglie i rifiuti dei 24 comuni che fanno capo all’Ato LE/3. Obiettivo della protesta era “impedire che nella discarica Burgesi venissero conferiti anche i rifiuti provenienti dai 46 comuni dell’Ato LE/2”, come invece era stato stabilito dal Commissario Delegato all’emergenza il tacco d’Italia
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All’incontro erano presenti l’assessore regionale all’ambiente Michele Losappio, l’assessore provinciale all’ambiente Gianni Scognamillo, il presidente della provincia di Lecce Giovanni Pellegrino, i rappresentanti degli Ato LE/1, LE/2 e LE/3, il delegato del Commissario all’Emergenza Luca Limongelli ed i sindaci dei comuni dove sono ubicate le discariche o gli impianti di raccolta dei rifiuti, Michele Lombardi per Cavallino, Silvio Astore per Poggiardo,Ada Fiore per Corigliano d’Otranto ed Eugenio Ozza per Ugento. In quella sede, dopo le sollecitazioni del Prefetto ad adottare tutte le misure necessarie ad affrontare l’emergenza, intervenne l’assessore provinciale Scognamillo che prospettò come soluzione possibile quella dell’ennesimo “sopralzo” della discarica Burgesi di Ugento, il cui esaurimento era previsto entro la fine di gennaio del 2009, per consentire così di conferire i rifiuti sia ai 24 comuni dell’Ato/LE3 che ai 46 dell’Ato LE/2 fino a giugno del 2009, data della chiusura definitiva dell’impianto. All’ ipotesi formulata da Scognamillo il sindaco Ozza osservò che “il Consiglio comunale di Ugento si era già espresso in maniera contraria ad un eventuale sopralzo della discarica finalizzato ad ospitare rifiuti provenienti da fuori il bacino LE/3”, evidenziando la “particolare criticità della frazione di Ugento, Gemini, posta a poca distanza dall’area della discarica”. Alla
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fine dell’incontro, però, i partecipanti sottoscrivevano una serie di “proposte per la gestione dei rifiuti urbani nella fase transitoria, sino alla operatività dell’impiantistica a regime nei tre ambiti territoriali ottimali”. Nello specifico per l’Ato LE/3 si evidenziava, nel documento finale firmato da tutti i partecipanti all’incontro in Prefettura, che “le volumetrie oggi autorizzate si esauriranno entro la fine di gennaio 2009”. Inoltre “i ritardi nella realizzazione della nuova discarica di servizio-soccorso di Piano, dovuti a situazioni geotecniche sfavorevoli emerse nel corso d’opera (si è aperta una voragine nel terreno, vedi la spiegazione del cavamonti a pag. 21 per capire perché) fanno ritenere che la stessa non potrà essere completamente operativa prima della fine del 2009. Per quanto invece riguarda l’impianto di biostabilizzazione in testa alla discarica se ne prevede la completa operatività per il mese di giugno 2009, unitamente ad una prima parte della nuova discarica. Queste circostanze (viene riportato nel documento sottoscritto in Prefettura) impongono la necessità di reperire, anche per l’Ato LE/3, delle volumetrie aggiuntive di discarica che consentano di smaltire tutto i rifiuti prodotti dall’Ambito sino a giugno 2009 e, a partire da quella data, il solo rifiuto umido biostabilizzato. Infatti la frazione secca selezionata sarà avviata all’impianto di produzione cdr di Cavallino. Le suddette volumetrie aggiuntive potranno essere recuperate tramite sopralzo dell’attuale discarica”. I risultati dell’incontro tenuto in Prefettura vennero diffusi tempestivamente da agenzie di stampa ed emittenti televisive e la reazione dei comuni del Sud Salento fu immediata. Per loro “quello del 2008 resta un Natale da dimenticare”.
// PARTE LA PROTESTA La mobilitazione partì subito, ma bisognò aspettare il 29 dicembre (giovedì 25 era Natale, venerdì 26 festivo, poi sabato 27 e domenica 28) per registrare la risposta dei 24 sindaci dell’Ato LE/3. I primi cittadini si riunirono presso la sala consiliare del comune di Acquarica con un pubblico numerosissimo e teso, mai visto in precedenza. L’incontro sancì “il fallimento della politica di fronte all’emergenza rifiuti” per ammissione degli stessi sindaci che, alla fine dell’incontro, al di là dello schieramento politico di appartenenza (12 di centro-sinistra e 12 di centro-destra), decisero all’unanimità di rifiutare l’ipotesi di far conferire i rifiuti dei comuni dell’Ato LE/2 nella discarica Burgesi, invitando il sindaco di Ugento ad adoperarsi per impedire con ogni strumento che i mezzi che trasportano i rifiuti possano accedere all’impianto. Ma il secco no dei 24 comuni non era dettato da uno spirito di campanile esasperato. Ad una popolazione composta dagli abitanti di Acquarica, Presicce, Gemini ed Ugento, che dal 1992 subisce le conseguenze, visibili e invisibili, della vicinanza della discarica Burgesi, un impianto che contiene 21 metri in altezza di rifiuti per una quantità raddoppiata rispetto alle previsioni iniziali (da 700.000 tonnellate ad 1.400.000 circa), ad una popolazione che registra un tasso di mortalità per tumore e di casi di ipertiroidismo allarmante, ad una popolazione che vive di agricoltura e che solo nel turismo potrebbe trovare la speranza di un possibile sviluppo sostenibile, ad una popolazione che da 16 anni respira i miasmi insopportabili provenienti dalla discarica si chiedeva di accollarsi l’onere di ricevere anche i rifiuti dei 46 comuni dell’Ato LE/2. Il secco rifiuto dei 24 sindaci era la risposta istituzionale alle
proposte di soluzione del problema dell’emergenza rifiuti. Un’emergenza sottovalutata e per molti aspetti anche provocata. E’ convinzione diffusissima che nel Salento l’emergenza non è mai finita ed è convinzione unanime che il rifiuto di riaprire la discarica di Nardò, chiusa da Vendola per fare un regalo al sindaco Vaglio sia stato un errore gravissimo. Ma nonostante queste considerazioni il 30 dicembre Vendola, quasi con un atto d’imperio ordinava “il conferimento, fino al 31 gennaio 2009 dei rifiuti urbani dei bacini LE/2 e LE/3 nell’impianto di discarica Burgesi, gestito dalla Monteco”. Il tempo necessario ai mezzi di informazione per diffondere la notizia e il giorno di Capodanno 2009 scattò la mobilitazione della gente. Le strade di accesso alla discarica vennero bloccate dai dimostranti e così sin dalla notte del 2 gennaio si formarono file lunghissime di camion carichi di rifiuti che rievocavano le immagini di Napoli di qualche mese fa.
// IL VERTICE DEL 7 GENNAIO Il vertice in prefettura tra Provincia di Lecce, Regione Puglia, Comuni dell’Ato Le/ e Le/3 si stabilisce che: il 31 gennaio Burgesi non riceverà più i rifiuti dell’Ato Le/2. a Burgesi non verrà realizzato alcun sopralzo; Burgesi chiuderà entro il 30 giugno 2009. 27 gennaio 2009: viene firmato in prefettura a Lecce l’accordo secondo cui dal 20 febbraio 2009 i rifiuti dell’Ato Lecce 2 saranno biostabilizzati a Poggiardo e smaltiti nella discarica di Brindisi per la parte umida. La frazione secca sarà bruciata nell’impianto di Cavallino. Si conferma la chiusura di Burgesi per il 30 giugno 2009.
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AD UNA POPOLAZIONE CHE DAL 1992 SUBISCE LE CONSEGUENZE, VISIBILI E INVISIBILI, DELLA VICINANZA DELLA DISCARICA BURGESI, UN IMPIANTO CHE CONTIENE 21 METRI IN ALTEZZA DI RIFIUTI PER UNA QUANTITÀ RADDOPPIATA RISPETTO ALLE PREVISIONI INIZIALI (DA 700.000 TONNELLATE AD 1.400.000 CIRCA), SI CHIEDEVA DI ACCOLLARSI L’ONERE DI RICEVERE ANCHE I RIFIUTI DEI 46 COMUNI DELL’ATO LE/2 // CHI VUOLE PULIRE BURGESI Il Comitato “Burgesi Pulita” si è costituito mediante presidio permanente e pacifico nei pressi della discarica, per impedire che venga dato seguito all’ordinanza del Commissario Regionale per l’emergenza rifiuti. Queste in sintesi le richieste del Comitato: “Divieto totale di conferimento dei rifiuti provenienti dal bacini ATO LE/2 nella discarica Burgesi”. “Autorizzazione al conferimento dei rifiuti del bacino ATO LE/3 solo ed esclusivamente se verrà formulato un impegno sottoscritto a stabilire una data ragionevole per la chiusura definitiva della già satura discarica “Burgesi”, con contestuale apertura del nuovo impianto di biostabilizzazione”. “I lavori di completamento di suddetto impianto dovranno avvenire in assoluta trasparenza”. Erano queste le richieste formulate dal Comitato “Burgesi Pulita” che dall’1 al 7 gennaio tenne in scacco 70 comuni della provincia di Lecce impedendo che i rifiuti provenienti da questi comuni confluissero nella discarica “Burgesi”. Per una settimana intera, dunque, un centinaio di persone, anziani, giovani e bambini, hanno dato vita ad una manifestazione di protesta, pacifica ma ferma, bloccando tutte le vie di accesso alla discarica. Per sette giorni esatti queste persone si sono congedate da casa e soffrendo il freddo gelido hanno presidiato la discarica. Le loro richieste in buona parte sono state accettate dai rappresentanti delle istituzioni in occasione dell’incontro del 7 gennaio. Ma il malessere della gente va al di là delle richieste specifiche. Ma chi erano coloro che hanno dato vita
ad una protesta del genere, destinata a rimanere scolpita nelle pagine della storia salentina? Persone semplici non disponibili a tollerare più che altri decidano per loro, mettendo a repentaglio la salute propria e dei propri figli. Ecco i nomi di alcuni di loro Giuseppe De Matteis, 54 anni, artigiano sposato e con tre figli, è rimasto a vigilare ininterrottamente di giorno e di notte insieme agli amici del comitato. Ha rinunciato a lavorare per una intera settimana, è rimasto al freddo durante le notti di turno. “Per una settimana mia moglie l’ho vista solo per televisore”. “Tuttavia, se necessario, siamo pronti a riprendere la lotta”. Aldo Ciullo, 64 anni, pensionato, per 16 anni ha fatto la guardia carceraria. “Non faccio fatica a restare sveglio la notte perché sono abituato, ha dichiarato. Per questi moti-
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vi, poi, sono disposto a non dormire finché campo”. Donato Piccinno, 56 anni, muratore. Ha lasciato a casa la moglie e le figlie per vigilare insieme alle persone sulle strade d’accesso che portano i camion. Silvio Fersini, 47 anni, autotrasportatore. Sposato e con 4 figli a carico. Ha sofferto il freddo delle notti trascorse insieme ad altri. Ha lanciato un appello agli abitanti affinché esprimano concretamente la loro solidarietà. Maria Primiceri, 35 anni, sposata, sin dal pomeriggio di venerdì, ha interrotto l’attività lavorativa, per portare ogni mattina verso le 3,30 termos pieni di caffè ristoratore. Ha lasciato sin dalla prima notte i bambini affidati ad una baby sitter. G.C.
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//Inchiesta //Monnezza d’oro //Umberto Pagano
ECOMAFIA SALENTINA IMPRENDITORIA + POLITICA – CONTROLLO DELLE ISTITUZIONI = ECOMAFIA. LA RELAZIONE DI UMBERTO PAGANO, PRESIDENTE DELLA CORTE D’APPELLO DI LECCE
no dei primi settori dove la privatizzazione selvaggia ha registrato il suo fallimento è quello dello smaltimento dei rifiuti. Gestito direttamente dai Comuni questo servizio aveva finito col rappresentare una palla al piede per i loro bilanci. Passando la gestione ai privati, invece, i comuni si liberarono del gravame degli stipendi degli addetti ai lavori, che certo non brillavano per produttività. Ma stranamente quello che per il pubblico ha rappresentato un peso economico insostenibile, come per magia, per il privato diventa un affare. Si spiega così la scelta di alcuni imprenditori che hanno deciso di riconvertire la loro “mission” per partecipare alla spartizione di una torta diventata sempre più grossa, come quella del business dei rifiuti. Nelle rincorsa all’accaparramento della gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti la criminalità, particolarmente attenta ad ogni nuovo movimento economico, non poteva certamente restare a guardare. Anzi, quello dei rifiuti è diventato un settore dove la mafia è riuscita ad incunearsi meglio, probabilmente, come ha sottolineato nella sua relazione annuale del 2007 il Presidente della Corte d’Appello di Lecce, Umberto Pagano, “per via di uno scarso controllo esercitato sul territorio da parte degli enti competenti”. “E’ evidente il fenomeno dell’indiscriminato abbandono dei rifiuti sul territorio, si legge nella relazione di Pagano, e la pressoché inerzia degli enti locali sotto il profilo della mancata attivazione delle procedure di recupero, bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”. Questo basta a spiegare anche due episodi del genere registrati sul territorio di Ugento. Il primo: il direttore della discarica Burgesi, nello specifico Michele Grecolini, è stato condannato a otto mesi di arresto, oltre al pagamento delle spese processuali ed al concorso nel risarcimento per i danni procurati, perché nella discarica autorizzata solo per rifiuti solidi urbani vennero smaltiti abusivamente anche parte dei bidoni contenenti policlorobifenile, che nell’autunno del 2000 vennero rinvenuti anche in altri quattro siti tra Ugento,
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Roberto Saviano, Gomorra: “Le discariche erano l’emblema più concreto di ogni ciclo economico.Ammonticchiano tutto quanto è stato, sono lo strascico vero del consumo, qualcosa in più dell’orma lasciata da ogni prodotto sulla crosta terrestre. Il sud è il capolinea di tutti gli scarti tossici, i rimasugli inutili, la feccia della produzione. Se i rifiuti sfuggiti al controllo ufficiale – secondo una stima di Legambiente – fossero accorpati in un’unica soluzione, nel loro complesso diverrebbero una catena montuosa da quattordici milioni di tonnellate: praticamente come una montagna di 14.600 metri con una base di tre ettari. Il Monte Bianco è alto 4.810 metri, l’Everest 8.844. […] Una catena montuosa enorme che – come fosse stata fatta esplodere – si è dispersa per la parte maggiore del sud Italia, nelle prime quattro regioni con il più alto numero di reati ambientali: Campania, Sicilia, Calabria e Puglia”. Acquarica e Presicce. E’ evidente che in quella discarica il comune di Ugento ha omesso di esercitare il diritto-dovere di controllo, come denunciava il presidente Pagano, pur essendo una struttura che si trova sul suo territorio. Il secondo: a seguito della bonifica di una discarica abusiva dove era stato trovato di tutto, compreso i bidoni di policlorobifenile, l’imprenditore di Ugento Bruno Colitti denunciava la Serveco, ditta appaltatrice dei lavori di bonifica, per aver sotterrato rifiuti di ogni genere invece di conferirli negli appositi impianti di smaltimento. E’evidente che anche in questo caso il comune di Ugento ha omesso di controllare. Il nostro territorio, perciò, spesso rischia di finire sotto il controllo del malaffare per gli omessi controlli degli enti locali. Nella graduatoria della illegalità, pubblicata ogni anno da Legambiente nel suo “Rapporto Ecomafia”, basato sui dati forniti dalle forze dell’ordine e dalle capitanerie di porto, la nostra regione nell’anno 2007 si conferma al terzo posto con 391 infrazioni accertate, 437 denunce, 43 arresti e 265 sequestri effettuati. All’interno della regione il primato spetta alla provincia di Foggia, ma Lecce riveste un ruolo di tutto rispetto, presentando una casistica ricca e variegata. Le cronache regionali segnalano addirittura diversi casi di gestori di impianti denunciati, tra cui anche “il direttore sanitario di un presidio ospedaliero di Gallipoli, denunciato per il tacco d’Italia
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NEL “RAPPORTO ECOMAFIA” REDATTO DA LEGAMBIENTE LA PROVINCIA DI LECCE È AL TERZO POSTO IN ITALIA PER TRAFFICO ILLECITO DI RIFIUTI. L’UNICA AD AVER INDAGATO IN PROVINCIA DI LECCE È STATA IL SOSTITUTO PROCURATORE VALERIA MIGNONE FINCHÉ NON FU TRASFERITA PRESSO LA DDA (DIREZIONE DISTRETTUALE ANTIMAFIA) gestione illecita di rifiuti”. Sempre nel 2007, a Nardò carabinieri e vigili urbani in un tratto di macchia mediterranea individuarono eternit, rifiuti speciali ospedalieri e batterie di autocarri. Particolare poi la storia dell’ex-centro di prima accoglienza “Don Tonino Bello” di Otranto, che dopo aver smesso di ospitare immigrati ha finito con l’ospitare rifiuti. I carabinieri nel mese di agosto hanno trovato la struttura di proprietà del comune ridotta a discarica. Il Salento, dunque, battezzato dall’antropologo napoletano Ernesto De Martino come “la terra del rimorso” rischia di diventare la “terra del rifiuto”. G.C.
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//Inchiesta //Controlli e verifiche //I pozzi spia
CHI BEVE L’ACQUA SOTTO LA MONNEZZA di CESARE MAZZOTTA L’etichetta di un bidone rinvenuto presso la discarica Burgesi. Il suo contenuto può provocare reazione allergica
//CONTROLLI SULLA FALDA NEI POZZI SPIA DI BURGESI L’ultimo controllo di routine, effettuato dall’Arpa di Lecce sulla falda profonda a Burgesi, risale a sei mesi fa, poco prima dell’estate 2008. I prelievi vennero effettuati nei tre pozzi spia, che il decreto legge n. 36 del 13 gennaio 2003 prevede per la corretta gestione di una discarica. “Furono effettuate su due soli pozzi perché il terzo risultò “anidro”, senza acqua”, dice Giampaolo Bottinelli, attuale direttore del Dap di Lecce (il Dipartimento per la protezione dell’ambiente di Arpa Puglia). L’allegato 2 al citato decreto 36 prevede inoltre il controllo del Ph, temperatura, conducibilità elettrica, ossidabilità Kubel, cloruri, solfati, metalli pesanti (Fe e Mn), azoto ammoniacale, nitroso e nitrico. “Nei prossimi giorni lanceremo un’indagine approfondita sulla presenza di metalli pesanti” aggiunge il dirigente Arpa, “ anche
con il contributo di un geologo dell’università del Salento. Lo scopo? Caratterizzare i rifiuti e ricercare la eventuale presenza di Cr 6, per fugare ogni sospetto di rapporto causa/effetto fra la discarica e lo stato di salute dei cittadini”. Da almeno dieci anni la sezione Arpa di Lecce controlla la falda acquifera nei pressi della discarica di Ugento, in località Burgesi. Dalle 2 alle 3 volte l’anno. Alla fine degli anni ’90, quando era direttore dell’allora “Presidio multizonale di Prevenzione” Silvio Martina, nei pressi della discarica il magistrato Valeria Mignone, specializzato in “reati ambientali”, si mise all’ostinata ricerca dei possibili effetti dannosi dell’abbandono di rifiuti pericolosi, ad opera di alcune aziende. In quei giorni, erano stati trovati nelle campagne attorno a Ugento, dei fusti contenenti composti a base di Pcb, il micidiale “poli cloruro bifenile”, che si usa, tra l’altro, come liquido di raffreddamento nei condensatori elettrici. Altamente il tacco d’Italia
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c.mazzotta@iltaccoditalia.info
ALL’INDOMANI DEL RINVENIMENTO DI PCB, POLI CLORURO BIFENILE, SOSTANZA ALTAMENTE CANCEROGENA, NELLE CAMPAGNE ATTORNO AD UGENTO, L’ARPA EFFETTUÒ PRELIEVI ED ANALISI SULLA FALDA. NON VI TROVÒ NULLA. LA FALDA RISULTAVA PULITA. MA NON È NOTO QUANTO TEMPO IL PCB IMPIEGHI A CONTAMINARLA cancerogena, la sostanza aveva preoccupato non poco le popolazioni e allertato gli inquirenti. In quella circostanza, dicevamo, l’Arpa aveva effettuato prelievi e analisi sulla falda, alla ricerca del Pcb, di metalli pesanti e di sostanze azotate (organiche). Non era stato trovato nulla; la falda risultava pulita. Valeria MIgnone, però (leggi intervista sul il www.iltaccoditalia.info) ha specificato come tale risultato sia poco significativo. Infatti ancora non si sa quanto tempo impieghi il pcb a contaminare al falda.
// IL RUOLO DELLA PROVINCIA Mario Manna, è l’ingegnere della Provincia di Lecce dal quale passano tutte le pratiche che hanno a che fare con le discariche in esercizio e post-operative. Un fior di tecnico che conosce e aggiorna continuamente le norme, le disposizioni e le procedure relative ai controlli e agli adempimenti sulle discariche.
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Gianni Scognamillo, assessore provinciale all’Ambiente
Dice Manna: “La falda sotterranea in prossimità delle discariche si controlla con il metodo del confronto storico nel tempo. I pozzi spia previsti dal decreto legislativo, si costruiscono uno a monte e due a valle della discarica. Dalle analisi periodiche delle acque dei pozzi-spia si risale all’andamento nel tempo dell’eventuale inquinamento della falda. In caso contrario, non si possono confrontare le analisi puntuali con i parametri previsti dalla tabella relativa ai “siti inquinati”. Perché in questo caso, il confronto con i valori di soglia, potrebbe risultare troppo “permissivo”, trattandosi di falda acquifera, anche se non è destinata al consumo umano. Perciò il confronto lo facciamo con il decreto sulle acque potabili, tenendo conto solo dei parametri che interessano ai fini dell’inquinamento”.
// ALLA RICERCA DEL CROMO 6 La discarica Burgesi è a un tiro di schioppo da Gemini, la frazione di Ugento e da Acquarica del Capo, località entrambe al confine con Presicce. Stesse caratteristiche morfologiche e ambientali e stessa distanza dalla costa ionica. “A Presicce ci sono 2 – 3 pozzi che forniscono acqua potabile ai cittadini – fa sapere il primo cittadino Antonio Luca –. L’acqua della falda superficiale si trova a poca profondità, a 6 – 8 metri, superata la quale si deve scavare attorno agli 80 – 90 metri per raggiungere la falda profonda. Si sente dire che in uno dei pozzi della discarica avrebbero trovato presenza di cromo esavalente, tanto che l’Arpa avrebbe deciso di fare altri approfondimenti, probabilmente per tranquillizzare la popolazione”. Nelle acque di falda, ad onore del vero, il cromo è stato rilevato, ma non è quello a “valenza 6”, quello, cattivo, ma il semplice metallo normale. “La concentrazione peraltro”, chiarisce il chimico dell’Arpa, Filippo Sturdà, “pari a circa 4 mg/l, è ampiamente nei limiti di legge”. “Il cromo 6 invece, metallo pesante di accertata natura cancerogena– chiarisce il direttore dell’Arpa di Lecce, Giampaolo Bottinelli, - viene utilizzato nel trattamento e nella concia dei pellami, come a Prato e in altre località in Italia dove si lavorano le pelli, per cui non vedo come possa pensarsi alla
//“ERIN BROCKOVICH. FORTE COME LA VERITÀ” Anno: 2000 Produzione: Jersey Films Regia: Steven Soderbergh Cast: Julia Roberts, David Brisbin, Dawn Didawick, Albert Finney E’ una storia vera. La epocale vittoria di una causa “collettiva” intentata dai cittadini di una comunità intossicata dal cromo 6 (o cromo esavalente), sostanza altamente cancerogena immessa nella falda dal colosso industriale Pacific Gas & Electric. Erin Brockovich è una madre giovane di tre figli avuti da due diversi mariti. Disoccupata, riesce a farsi assumere come aiutante in uno studio legale di Los Angeles. Seguendo una pratica immobiliare, scopre che uno stabilimento del colosso industriale Pacific Gas & Electric ha immesso nelle acque di una cittadina californiana cromo esavalente e che ciò sta provocando
PER ESCLUDERE CON CERTEZZA LA PRESENZA DI CROMO 6 NELLA DISCARICA DI UGENTO, IL COMUNE HA INVIATO IN PROVINCIA ANALISI EFFETTUATE SULLE ACQUE DI FALDA VICINO ALLA DISCARICA. PARE CHE L’ACQUA SIA A NORMA, MA L’ULTIMA PAROLA SPETTA ALL’ARPA sua presenza nella discarica di Ugento”. A pensare male si fa peccato, ma qualche volta, diceva un noto politico nazionale, si potrebbe fare centro. Non occorre perciò essere dei tecnici, per considerare che l’intero territorio attorno a Casarano, che fa parte dell’Ato 3, è da anni sede del Tac, il distretto del tessile, abbigliamento, calzaturiero. Di conseguenza, non è meglio per tutti, escludere con certezza che qualche barattolo di “cromo 6” sia andato a finire casualmente in discarica? Ed è quello che stanno facendo in questi giorni i tecnici dell’Arpa. Nelle scorse settimane l’amministrazione comunale di Ugento avrebbe inviato alla Provincia una serie di analisi effettuate sulle acque di falda nei pressi dalla discarica. I rilevamenti non metterebbero in risalto nessun dato preoccupante. L’acqua sotterranea risulterebbe perfettamente nella norma. “Non è l’ ente Provincia a garantire la correttezza dei dati che ci sono pervenuti”, chiarisce l’assessore provinciale all’ambiente, Gianni Scognamillo, “ perciò abbiamo passato i risultati all’Arpa che li dovrà validare”.
// I DANNI DEL CROMO6
effetti letali sulla salute dell’intera comunità. Così, sostenuta dal suo principale, intraprende una battaglia legale contro la società responsabile dell’inquinamento della falda e lavora senza tregua per unire la comunità nello sforzo di pretendere il risarcimento dovuto. La sua testardaggine ed il suo senso della giustizia le permettono di vincere la battaglia legale, ottenendo per i 260 querelanti indennizzi per 333 milioni di dollari, oltre ad un assegno di 2 milioni per sé. il tacco d’Italia
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Il cromo ed i suoi composti possono causare danni genetici ed il cancro. Un’esposizione eccessiva può colpire il sistema digestivo, i reni, il fegato, i polmoni, l’apparato respiratorio, la pelle ed essere causa d’aborti spontanei. L’inalazione di cromo esavalente colpisce, in particolare, le vie respiratorie. Anche una breve esposizione può essere causa di difficoltà respiratorie, tosse ed affanno, mentre un’esposizione prolungata può causare ulteriori effetti sull’apparato respiratorio come bronchiti, polmoniti e danni alle narici. In definitiva il cromo esavalente è da considerarsi, per l’uomo, un agente cancerogeno e d’essere causa, nel caso d’esposizioni durature, del cancro ai polmoni.
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//LE ANALISI DELL’ARPA E DELLA MONTECO SU BURGESI Il decreto 36 del 2003, che detta le norme per la costruzione e la gestione delle discariche, non a caso prevede la obbligatoria costruzione di pozzi spia. Servono a controllare se dal “bacino” della discarica dovesse venire fuori e infiltrarsi nel terreno, il percolato; il prodotto liquido dello stoccaggio e della fermentazione dei rifiuti, soggetti all’azione delle acque meteoriche e ai vari agenti atmosferici. Perciò l’Arpa, periodicamente, è tenuta ad effettuare prove, analisi e controlli proprio sui pozzi spia.
Le prove sui pozzi spia della discarica Burgesi sono state effettuate dall’Arpa il 22 ottobre 2007 e chiuse il 7 novembre 2007. I parametri controllati sono risultati in linea con i limiti di legge fissati dal decreto in vigore. Ph 8,1 Azoto ammoniacale e nitroso minore di 0,05 mg/l Cloruri 21 mg/l Cromo 4,2 mg/l Le prove chimiche di parte, condotte dal Laboratorio “Effemme Srl” di Squinzano, per conto della ditta Monteco che gestisce la dis-
BURGESI-TUMORI: QUALE NESSO LA PAURA DEI CITTADINI. QUALI EFFETTI POTREBBERO AVERE SULLA SALUTE I MIASMI DELLA DISCARICA E IL PERCOLATO IN FALDA econdo Filiberto Tosi, medico di medicina generale a Presicce e presidente di commissione per la valutazione delle invalidità civili “non è facile stabilire dei rapporti di causa/effetto nelle patologie tumorali. Anche perché in genere si tratta di cause complesse e non ascrivibili a un solo fattore o una singola situazione. I tumori sono in forte aumento dappertutto. Sia perché aumenta l’inquinamento, sia perché migliora l’affinamento diagnostico e anche perché si allunga la prospettiva di vita. Soprattutto nei piccoli centri, dove i residenti si conoscono tra loro, occorre fare una netta distinzione fra l’impatto emotivopsicologico e l’aspetto scientifico degli episodi tumorali. Lo stesso professore Umberto Veronesi ha sempre invitato a tenere un atteggiamento di cautela, prima di assegnare la
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// TUTTI I NUMERI In provincia di Lecce nel 2003 sono state diagnosticate 3.762 patologie tumorali, (2088 maschi e 1674 femmine) su una popolazione di circa 815mila abitanti. Le cifre sono tratte dal Registro tumori Ionico-salentino, presentato il 25 novembre scorso e si riferiscono al 2003, l’anno più recente del quale si conoscono i dati organici e scientificamente rilevati. I casi con esito mortale sono stati 1.945 (1181 maschi e 764 femmine). Questo vuol dire che per circa il 52 per cento dei pazienti non c’è stato nulla da fare. L’età media in cui vengono colpiti i maschi è di circa 70 anni; per le donne è di 71,5 anni. Se si considerano i Distretti sanitari che raggruppano i nostri 97
paternità ad alcune cause. A Ugento, a Presicce e dappertutto nel Salento, le patologie tiroidee sono in aumento. Su questi problemi c’è bisogno di una maggiore informazione, di tenere delle conferenze, perché le persone si preoccupano e alimentano fantasie e paure. Occorre inquadrare questi problemi in un corretto rapporto fra divulgazione scientifica e comportamenti ambientali quotidiani. Perciò non bisogna creare allarmi, ma neppure sottovalutare i fenomeni. Bisogna seguire con attenzione l’andamento delle patologie a livello regionale e nazionale e stabilire dei confronti che tengano conto dell’ambiente in cui si opera. Ho fatto il presidente di commissione per le invalidità a Nardò, San Cesario, Ugento, Casarano e posso dire che nel Salento i tumori sono in netto aumento. Legato a fatcomuni, i più colpiti dai tumori (in linea con le medie delle altre province in Italia), sono Lecce, Galatina, Nardò; i meno esposti, Poggiardo e Martano. Sono risultati che non hanno un significato scientifico, perché potrebbero essere imputati alla differente disponibilità di strutture diagnostiche, in grado di <scoprire> l’insorgenza e l’evoluzione della patologia. Restando nella provincia di Lecce, nel 2003 i tumori hanno colpito la donna salentina per il 29,4 per cento alla mammela, per il 10 per cento con linfomi e leucemie, 3,9 per cento alla tiroide. Il maschio salentino ha dovuto invece combattere per il 20,6 per cento il cancro al polmone, per il 14,4 per cento il carcinoma alla vescica e per il 13,7 per cento alla prostata. La tiroide del maschio, solo per lo 0,7 per cento.
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carica, sono state effettuate qualche mese prima, il 7 agosto 2007 e non presentano scostamenti dai valori guida. Soltanto i nitrati del pozzo n. 1 sono risultati 50,95 mg/l, appena al di sopra del limite di 50 mg/l indicato dal Dpr 288 del 1988 per le acque destinate al consumo umano. Stando ai risultati delle analisi, le acque di falda non avrebbero subito, finora, nessun “insulto”, dal sotterramento di materiale tossico-nocivo. Questo però, non toglie nulla al filone delle indagini, finalizzate all’accertamento della verità, relativa alle denunce di interramento di rifiuti pericolosi che sono state presentate nelle settimane scorse.
tori alimentari, ambientali e alla vita che si allunga. Oggi, con la accuratezza delle indagini diagnostiche, è più facile, rispetto a ieri, individuare l’insorgenza di patologie tumorali. Ma penso che vale per tutti i territori. Gozzi, displasie, iper e ipo tiroidismi, sono presenti dappertutto, soprattutto nelle donne, per fattori legati agli squilibri ormonali (metabolismo, mestruazioni e menopausa). Non dimentichiamo che viviamo circondati da una serie di agenti oncogeni, ambientali, come lo smog e altri fattori legati all’alimentazione”.
// I TUMORI ALLA TIROIDE NEL SALENTO Nel corpo umano, le ghiandole tiroidee sono quelle più esposte all’azione radioattiva di sorgenti radiogene. In provincia di Lecce, nel 2003, i casi di tumore alla ghiandola tiroidea sono stati 80 (65 femmine e 15 maschi). I casi di mortalità “solo” 5 (3 maschi e 2 femmine). Nell’ipotesi che nel territorio di Ugento siano stati dolosamente interrati fusti o rifiuti radioattivi, come si cerca di capire in questi giorni, anche a profondità di circa 30 metri, è facile ipotizzare che, prima o poi, la popolazione residente dovrebbe accusarne le conseguenze. Sotto forma di insorgenza di patologie tumorali o di altre evidenze cliniche e diagnostiche. Ebbene, sempre nel 2003, nel distretto di Casarano, del quale fa parte il circondario di Ugento, l’incidenza di patologie tumorali alla tiroide sono significativamente nella media. I distretti più interessati dall’incidenza tumorale alla tiroide sono invece Maglie (per le femmine) e Galatina per i maschi. Se invece si considera la mortalità legata ai tumori tiroidei, sia per i maschi, sia per le femmine, è bassissima, quasi nulla. Per i maschi, la risicata mortalità riguarda i distretti di Poggiardo, Gallipoli e Galatina. Per le femmine si registra a Lecce.
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//Inchiesta //Rifiuti S.p.A. //Chi depura l’acqua
DEPURATORI INQUINANTI UN VIAGGIO TRA LE CONDOTTE LECITE E ILLECITE CHE CARATTERIZZANO IL NOSTRO SISTEMA DI DEPURAZIONE E CHE ALIMENTANO UN APPARATO CHE FA ACQUA. SPESSO NON DEPURATA a cura della redazione del mensile “Volontariato Salento” del Csv
Liquami nel terreno. Lo sversamento in un campo di liquidi provenienti dall’attività di un depuratore
//DEPURARE PER RIUTILIZZARE Ogni giorno gli scarichi delle abitazioni immettono nelle fogne residui organici, saponi, detersivi e rifiuti di varia natura. Le fabbriche delle città scaricano nel sistema idrico quantitativi enormi di coloranti, acidi, schiume, polvere di metalli e mille altri veleni che danneggiano irrimediabilmente la flora e la fauna acquatica. Se in passato le acque reflue contenevano quasi esclusivamente sostanze biodegradabili facilmente neutralizzate dalla capacità autodepurativa delle acque, oggi presentano maggiori problemi di smaltimento per la presenza sempre più ampia di composti chimici di origine sintetica, di microrganismi patogeni responsabili di varie malattie: colera, dissenteria, epatite, tifo. È per questo che la legislazione (italiana ed europea) prevede che i reflui civili e industriali devono essere sottoposti a depurazione prima di essere restituiti all’ambiente (sversate nei mari, nei fiumi, nei laghi, direttamente in falda). Ma come funzionano i depuratori italiani? Un corretto procedimento di depurazione prevede almeno due fasi. Dopo la grigliatura, funzionale a separare i rifiuti solidi da quelli fluidi, si passa al trat-
tamento dei liquami con composti chimici per la biodegradazione dei veleni e la riduzione della carica batterica. L’acqua così ottenuta non è potabile ma sicuramente, per esempio, ideale per l’irrigazione. Ma, ci sono almeno due “ma”. Uno. Le cronache dei giornali (e le sentenze dei tribunali) raccontano a intervalli periodici del cattivo funzionamento della maggioranza degli impianti di depurazione italiani che si ferma al primo stadio, non effettua la vera e propria depurazione, sversando in falda o in mare liquame carico di detersivi e pesticidi, portando con sé batteri intestinali (coliformi totali, coliformi fecali, streptococchi fecali) e patogeni. Due. Il riutilizzo delle acque reflue per l’irrigazione è di fatto “ostacolata dalle disposizioni di legge (Dm 185/03) che fissano limiti troppo restrittivi per i parametri microbiologici”, addirittura mille volte superiori “a quelli proposti dall’Organizzazione mondiale della sanità”. Lo spiega chiaramente il Dossier 2008 sulla “gestione sostenibile dell’acqua in agricoltura” realizzato da Legambiente. In particolare, il decreto ministeriale 185/2003 (“norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue”) stabilisce un limite molto restrittivo su un parametro microbiologico come gli il tacco d’Italia
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escherichiacoli (batteri che vivono nella parte inferiore dell’intestino dell’uomo e degli animali a sangue caldo, necessari per la digestione corretta del cibo). La presenza di tali batteri nelle falde acquifere è un indicatore di contaminazione da feci. Il limite fissato dal decreto è di 50 UFC/100 ml di escherichia coli “per le acque reflue recuperate destinate a colture irrigate a goccia provenienti da lagunaggio o fitodepurazione”, mentre già nel 1981, l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva stabilito come sufficiente il limite di 100UFC/100 ml. Secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) “il riutilizzo delle acque reflue depurate è un espediente innovativo e alternativo ai fini di un uso più razionale della risorsa idrica”. Per gli usi che non richiedono acqua di elevata qualità “il vantaggio economico del riutilizzo è lampante per due motivi: 1) si fornisce alla comunità approvvigionamento idrico senza dover sfruttare altra acqua; 2) il riciclo costa meno dello smaltimento”. Oltre che in campo agricolo, ciò è possibile anche “in campo civile per il lavaggio delle strade, per l’alimentazione dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento, in campo industriale per la disponibilità dell’acqua antincendio e per i lavaggi dei cicli termici”).
//LA “PISTA CIFRATA” DEI DEPURATORI SALENTINI È un po’ come cimentarsi in una “Pista cifrata”. Ricostruire la geografia dei depuratori del Salento richiama alla mente quel gioco di enigmistica in cui il tratto della penna, seguendo i numeri, partorisce una figura. Quella che ne viene fuori, però, non è poi tanto felice. Un sistema di depurazione molto frammentato, una capacità di depurare inferiore a quella necessaria, un riutilizzo delle acque ancora da incrementare. Le cifre
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confermano chiaramente tutto ciò, sebbene negli ultimi anni si sia proceduto verso una progressiva riorganizzazione e revisione degli impianti esistenti e delle reti fognarie. Proprio perché l’adeguamento dell’intero parco depurativo regionale è ancora in corso, la difficoltà nell’aggiornamento dei dati si traduce in quella di poter dar vita ad un quadro più preciso. Tuttavia, il “Piano d’Ambito”, predisposto nel 2002 dall’Autorità d’Ambito dell’Ato Unico Puglia (Ambito territoriale ottimale) con il Gestore del Servizio Idrico Integrato (Aqp Spa – Acquedotto Pugliese), stabilisce che gli impianti urbani esistenti su tutto il territorio pugliese sono 186, di cui 42 localizzati in provincia di Lecce. Dieci in più rispetto alla provincia di Bari, sebbene questa abbia quasi il doppio dei nostri abitanti. La “balcanizzazione” del sistema di depurazione rappresenta un elemento di pressione importante sull’ambiente. Basti pensare che sono 70 gli impianti in Puglia che servono meno di 10.000 abitanti. Le modalità di adeguamento del sistema di depurazione pugliese, definite dal Commissario Delegato per l’emergenza ambientale, richiedono poi tempi ancora più lunghi, a causa dell’assenza di una significativa rete idrografica e per il fatto che l’alternativa ai recapiti in torrente e in falda non può che essere il mare o il suolo, se il riutilizzo dei reflui non viene potenziato. A conferma di ciò, la “Relazione sullo stato dell’ambiente 2006” di Arpa Puglia (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) sottolinea che il nostro sistema regionale di depurazione “è ancora in una situazione di non totale conformità alla normativa vigente per quanto concerne soprattutto il tipo di recapito finale”. Nel Salento com’è la situazione? Dalla Relazione del Tavolo Tecnico Interagenziale “Gestione sostenibile delle risorse idriche” di Arpa Puglia, emerge che nel 2002 erano ancora 24 su 42 gli impianti nostrani che immettevano le acque depurate direttamente in falda. Per una popolazione servita di oltre 500.000 abitanti. Nel 2006 il numero di depuratori con recapito finale nel sottosuolo si è ridotto a 16. Oggi se ne contano 4, tra cui quello di Otranto e di Uggiano La Chiesa. Ma quanto è efficiente il nostro sistema di trattamento delle acque reflue?
MOLTI IMPIANTI E POCA ACQUA DEPURATA. LA SITUAZIONE DEL NOSTRO SISTEMA DI DEPURAZIONE DELLE ACQUE REFLUE È POCO ROSEA. E I DATI SONO INCONFUTABILI
//I NUMERI DEL SISTEMA DI DEPURAZIONE DELLA PROVINCIA DI LECCE 42 depuratori 10 impianti previsti per riuso reflui 7 impianti adeguati per riuso acque reflue (2006) 1 impianti con scarico in aree “sensibili” (Le Cesine) 4 impianti con recapito nel sottosuolo (2008) 4 impianti con recapito diretto in acque marine costiere (2006) 6.764 tonnellate di fanghi di depurazione riutilizzati in agricoltura (2006) 2.622.737 totale popolazione che gli impianti dovrebbero servire (A.E.) 1.037.216 capacità depurativa impianti (A.E.) 39,55% bilancio depurativo (A.E)/ D Fonte: “Relazione sullo stato dell’ambiente 2006” e Relazione del Tavolo Tecnico Interagenziale “Gestione sostenibile delle risorse idriche” di Arpa Puglia. Elaborazione: Csvs
L’analisi del bilancio depurativo, cioè del rapporto tra la capacità depurativa degli impianti esistenti e la necessità di depurazione, è impietosa. Il “Piano di Tutela della Acque” della Regione Puglia evidenzia che, in provincia di Lecce, il trattamento del carico organico potenziale delle acque reflue viene garantito solo per il 39,55%. Dimostrando, in modo eloquente, come sulla capacità di abbattimento del peso inquinante il nostro sistema di depurazione abbia ancora molta strada da fare.
//PIOVE SUL BAGNATO Piove. E questa è una certezza, quasi quanto lo stato di costante emergenza ambientale idrica della nostra Regione, che nei depuratori e nel riciclo dell'acqua individua la principale ancora di salvezza rispetto al problema della compromissione della falda e dell’approvvigionamento idrico. Stato di emergenza che, più volte prorogato dal 1994, è nemico, per definizione, di una buona programmazione e che, nei ritardi nell’attuazione delle disposizioni legislative comunitarie o nazionali, impedisce di definire ambiti di azione integrati e un quadro organico dello stato di avanzamento del problema. Da una prima ricognizione, tuttavia, emerge la problematica strutturale legata al numero di impianti, al loro adeguamento rispetto all'effettiva utenza, alla mancata distinzione tra depuratori civili e industriali. È per questo che il tema dei controlli diventa il punto nodale da cui si può delineare l'effettiva situazione legata alla depurazione delle acque. Problema nevralgico risulta quello della non differenziazione dello smaltimento in base alla tipologia di rifiuto liquido conferito. Solitamente, non si separano i diversi tipi di acque reflue, per cui acque nere cariche di sostanza organica e batteri, acque grigie facilmente trattabili e acque piovane inquinate solo inizialmente, le cosiddette "acque di prima pioggia", sono raccolte in un’ unica rete e non possono subire un tratil tacco d’Italia
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tamento differenziato. Ma ancora più pericolosa è l’immissione nei depuratori degli scarti prodotti da attività industriali, come quelli legati alla nostra produzione lattiero-casearia o a quella dell'olio, per cui sono necessari trattamenti particolari e sofisticati, possibili solo in impianti appositamente adeguati. Gli alti costi di smaltimento di tali rifiuti, però, spesso inducono ad aggirare la maglia dei controlli ricorrendo a pratiche illegali, attraverso il conferimento nell’apparato di depurazione predisposto ad uso civile o l’impiego di bottini che sversano direttamente in aperta campagna, come pure evidenziato da recenti indagini della Polizia Provinciale. Tra l’altro, proprio la presenza di ben quarantadue depuratori nella sola provincia di Lecce non facilita la gestione dei controlli, effettuati per lo più a seguito di puntuali segnalazioni da parte di cittadini privati o attivati dalla stessa magistratura, che, ancora una volta, sopperisce alla mancanza di politiche locali efficaci di controllo e, in generale, al difetto di comunicazione e di coordinamento tra le diverse autorità di indagine. La gestione dei reflui non può prescindere, dunque, dall'adozione di una strategia integrata di controllo del fenomeno illegale, che dev’essere favorita anche da una semplificazione normativa. Significativo è che il controllo sui reflui venga fatto solo alla fine del ciclo di depurazione, mentre la previsione obbligatoria di controlli di routine sui rifiuti pure all'ingresso nel depuratore potrebbe aiutare a scongiurare maggiori danni all’ambiente, oltre quelli causati all’impianto. Analizzando l'effettiva quantità e la reale identità del liquido conferito, infatti, sarebbe più semplice smascherare il trasporto o lo smaltimento abusivo dei rifiuti. Una verifica a monte, unita al controllo delle bolle di accompagnamento dei liquami da smaltire a mezzo bottini, aiuterebbe le forze di polizia nella ricostruzione dell'intero processo produttivo del rifiuto e nel risalire al suo autore originario.
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//LA PRIMA CONCESSIONE EDILIZIA La prima concessione edilizia del 1991 fa riferimento all’approvazione del progetto da parte della giunta provinciale. Tuttavia l’autorizzazione della Provincia all’esercizio provvisorio del primo lotto arriverà solo nel 1993. Nel frattempo il Comune aveva stipulato la convenzione con la Gi.e.co., proprietaria della discarica e aveva rilasciato la concessione edilizia in sanatoria
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//LA CONCESSIONE EDILIZIA IN SANATORIA La seconda concessione edilizia viene rilasciata nel 1992, ma in sanatoria. Infatti la Gi.e.co. aveva iniziato i lavori di costruzione della discarica senza averne l’autorizzazione. Di questo v’è traccia anche nei verbali dei Consigli comunali in cui il consigliere Antonio Lupo denuncia di aver visto “strani movimenti” all’interno, riferendosi proprio all’inizio dei lavori. Per i lavori abusivi sarà avviato un procedimento penale a carico della ditta. Nonostante questo la concessione edilizia sarà rilasciata previo il pagamento di 100 milioni di lire come “oblazione”. Interessante il passaggio in cui il tecnico comunale specifica che, non essendoci un riferimento né in giurisprudenza né nella pratica (non esistono casi analoghi), la somma è stata calcolata con criterio arbitrario, a “discrezione” dell’Amministrazione. Insomma: significa che in Italia non è mai successo che un Comune abbia autorizzato in sanatoria una discarica, realizzata, quindi, abusivamente.
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//IL CONSIGLIO COMUNALE APPROVA LA CONVENZIONE CON LA GI.E.CO In questo consiglio comunale del 4 febbraio 1991, e nella seduta successiva del 23 aprile, viene decisa la sorte di Ugento. E’ la data spartiacque: viene approvata la convenzione con la ditta Gi.e.co. nonostante esista un progetto precedente redatto dal Comune per la realizzazione di una discarica pubblica con impianto di stoccaggio dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata. Per la realizzazione di tale impianto il Comune aveva anche stipulato una convenzione con altri 15 Comuni del circondario, che avrebbero potuto così gestire in autonomia il ciclo dei rifiuti. Il progetto era stato anche inviato alla Regione. Nonostante questo si autorizza un altro progetto, in sanatoria, di un privato. La Gi.e.co. inoltre è sottocapitalizzata: solo 90 milioni di capitale sociale. Come farà a garantire al Comune i 200 milioni annui che secondo la convenzione spettano all’Amministrazione? Non servono garanzie – è la risposta dell’allora consigliere Eugenio Ozza – perché la Gi.e.co. è concessionaria di altre discariche.
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//LA DENUNCIA DI “STRANI MOVIMENTI” Il consigliere Antonio Lupo denuncia che nella discarica tutto è pronto per accogliere i rifiuti ma che ancora non è stata autorizzata e che si vedono “strani movimenti”. Infatti la concessione edilizia sarà data in sanatoria e sarà avviato un procedimento penale a carico della Gi.e.co.
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//CONVENZIONE TRA IL COMUNE DI UGENTO E LA GI.E.CO. Ecco le pagine più importanti del testo della convenzione con la Gi.e.co. che venne approvata nel 1991. Lo smaltimento per il Comune di Ugento sarebbe stato a titolo gratuito e la ditta avrebbe dovuto corrispondere al Comune 200 milioni di lire l’anno. Il Comune non ha mai ricevuto quelle somme.
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//LA GIUNTA APPROVA LA NUOVA CONVENZIONE CON LA MONTECO Comune di Ugento, deliberazione della Giunta comunale n. 264 del 31/10/2002. Oggetto: Approvazione schema di convenzione per la concessione delle attività di smaltimento dei rifiuti urbani e delle attività connesse al Comune dal D.P.R. 915/82, L.R. 20/86, L. 441/87 e dalle norme di tutela e protezione ambientale - convenzione n. 845 - atto aggiuntivo.
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//CONVENZIONE TRA IL COMUNE DI UGENTO E MONTECO La storia del rinnovo della convenzione con la Monteco è suggestiva tanto quanto quella della prima convenzione con la Gi.e.co. Di fatto si tratta di un nuovo contratto, completamente diverso, cambiano le condizioni e le tariffe, ma viene fatto passare come un semplice rinnovo. Quindi, dice il sindaco in Consiglio, non serve bando di evidenza pubblica. Con la nuova convenzione la Monteco deve al Comune 500mila euro l’anno. Sparisce la dizione “gratuito”. Infatti il Comune pagherà anche le tasse per il conferimento in discarica.
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//UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA Settembre 2004, durante il vertice in Prefettura a Lecce viene siglata l’ordinanza di Fitto in cui viene determinato il calendario della chiusura delle discariche salentine, che ha il sapore di una tragedia annunciata. Questa ordinanza, in quanto ordinanza di un Commissario delegato dal Consiglio dei Ministri, è imprescindibile, può essere contraddetta solo da un’altra ordinanza. Dunque, si tratta di un passaggio cruciale per capire la prima emergenza del maggio 2006 e quelle a venire. Quando Fitto firma l’ordinanza ha da poco licenziato il Piano, ma non ha ancora indetto i bandi per la costruzione degli impianti, ha però promesso e deciso che le discariche tal quali di Poggiardo, Nardò, Cavallino e Ugento possano chiudere entro due anni dalla data dell’ordinanza, senza la certezza che gli impianti siano stati completati tanto da poter sostituire le discariche tal quali.
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//INTERPELLANZA FITTO Camera deputati, seduta n. 106 del 8702/2007 interpellanza parlamentare dell’Onorevole Raffaele Fitto, circa il presunto conflitto di interessi di Giovanni Pellegrino, presidente della Provincia di Lecce e titolare dello studio Pellegrino associati, che difende gli interessi della società Monteco titolare delle discariche di Ugento e Poggiardo.
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//SI PAGANO I GUARDIANI DEL CENTRO DI STOCCAGGIO Il centro di stoccaggio è stato collaudato e consegnato al Comune di Ugento il 31.12.2002. Il Comune ha pagato anhe gli stipendi arretrati dei guardiani, dipendenti della Geosonda, la ditta, fallita, che ha realizzato l’impianto. Dopo il 2002 è stato abbandonato e saccheggiato. Perché? Comune di Ugento, settore 03 Lavori pubblici. Determinazione del responsabile N. 1 Registro Generale del 07/01/2003; N. 1 Registro del Servizio del 07/01/2003 Oggetto: Liquidazione ai sigg. Pierri Lucio e Talà Emanuele per servizio di guardiania al centro stoccaggio rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata
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//E IO PAGO Il Comune di Ugento paga alla Monteco 103.400 euro per lâ&#x20AC;&#x2122;anno 2005, per conferire i rifiuti nella discarica, pubblica, di proprietĂ dello stesso Comune. Comune di Ugento, settore 04 Urbanistica. Determinazione del responsabile N. 1453 Registro Generale del 14/12/2005; N. 133 Registro del Servizio del 14/12/2005 Oggetto: Ulteriore impegno di spesa a favore della ditta Monteco, per il pagamento del tributo regionale Deposito Rifiuti in Discarica-Anno 2005
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//DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO COMUNALE N. 50 del 18/12/2002. Il consiglio comunale viene messo di fronte al fatto compiuto: la convenzione con la Monteco è già stata sottoscritta dalla giunta Riportiamo solo un significativo passaggio del verbale del Consiglio comunale del 2002, Quello in cui il consigliere Renato Gianfreda traccia un efficace schizzo di un “inciucio” risalente alla precedente amministrazione Congedi, caduta proprio sulla questione Monteco. Il Comune pretendeva le quote annuali arretrate (circa due miliardi). Ma, dice Gianfreda, un assessore fu assunto dalla Monteco e la giunta cadde. L’Amministrazione successiva, dice Gianfreda, non chiese mai i soldi arretrati, anzi. Li diede.
Consiglire Gianfreda: “Allora, la questione della Monteco, consigliere Primiceri. Se ne sono viste di tutti i colori. Una ditta che gestisce un impianto del genere, che a seconda di chi c’è in maggioranza nel Comune di Ugento si scopre che sia debitrice o creditrice. Gabriele Congedi, anche per questo la tua amministrazione ha cessato. Eravamo fermamente convinti che la Monteco doveva dare dei soldi al Comune. Chi ci è succeduto invece li ha dati i soldi alla Monteco. Come mai questo? Non si vuole insinuare niente, ma questi sono i dati di fatto. Un’ultima considerazione e chiudo: ecco che poi alla lunga i nodi vengono al pettine. L’amministrazione tua, Gabriele Congedi, è caduta a causa delle firme, chiaramente abbiamo già discusso, non è il caso di ripeterci, su quello che è stato l’atto fatto di nascosto da 11 consiglieri, tra cui due assessori che il giorno prima avevano deliberato insieme alla Giunta di Gabriele Congedi. Io cito soltanto questi due assessori che, non lo so, mi affido all’intelligenza di tutti noi, consiglieri, assessori, Sindaco, all’intelligenza dei presenti: uno dei due era l’assessore che doveva curare i rapporti con la Monteco. L’altro, dopo pochi giorni dallo scioglimento del Consiglio comunale è stato immesso in ruolo, quindi per tutta la vita, se vogliamo dire così, ad un posto di lavoro dalla Monteco. Io, Sindaco, mi assumo tutte le responsabilità di quello che sto dicendo, come sono stato sempre abituato a fare. Lascio su queste mie ultime osservazioni a voi la libertà di interpretare”.
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SOMMARIO
PARTE I 02
EDITORIALE // AFFARE E RIFIUTI: È ECOMAFIA, MA LA PROCURA NON LO PUÒ DIRE di Maria Luisa Mastrogiovanni
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15 ANNI DI ANARCHIA CHIAMATA EMERGENZA di Ada Martella
07
LA PUGLIA AI TEMPI DEL COLERA di Ada Martella
11
I NOMI DELLO SMALTIMENTO di Ada Martella
13 14
RIFIUTI TOSSICI? BASTA PORTARLI IN AFRICA
18
LA CATTEDRALE RIMOSSA. LA VERGOGNA DI UGENTO di Giancarlo Colella
20
ABORTO DI UNA COMMISSIONE di Giancarlo Colella
21
UNA LEZIONE DAI CAVAMONTI di Giancarlo Colella
22
MI RIFIUTO di Giancarlo Colella
25
ECOMAFIA SALENTINA di Giancarlo Colella
26
CHI BEVE L’ACQUA SOTTO LA MONNEZZA di Cesare Mazzotta
29
DEPURATORI INQUINANTI a cura della redazione del mensile “Volontariato Salento” del Csv
LA DISCARICA CHE NACQUE IN “SANATORIA” di Giancarlo Colella
PARTE II 31 DOSSIER // I DOCUMENTI ORIGINALI E INEDITI PIÙ SCOTTANTI
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//Costume //Ricordi //Responsi di San Valentino di LAURA LEUZZI l.leuzzi@iltaccoditalia.info
M’AMA, non
A
volte il verdetto d’amore è scritto nei petali di una margherita. Il gioco è semplice: se ne coglie una e la si sfoglia. Si strappa un petalo alla volta e, intanto, si ripete la cantilena. Sempre la stessa. “M’ama, non m’ama”. Ad ogni petalo che cade, corrisponde un’alternativa. M’ama. O non m’ama. Fino a che i petali non si sono esauriti e in quella margherita non ne è rimasto solo uno. M’ama. O non m’ama. Il risultato è insindacabile. O l’una o l’altra delle risposte. Sempre che non si ritenga di ripetere l’esperimento daccapo e, dunque, si decida di cogliere una nuova margherita ed affidarsi alla “controprova”, incrociando le dita. Quando San Valentino è nell’aria, tali pratiche si moltiplicano in maniera esponenziale. Tuttavia, questo non è l’unico sistema per conoscere i sentimenti dell’altro. Esistono metodi, altrettanto “scientifici”, che non mentono. Ci sono gli sguardi, ci sono i brividi lungo la schiena, ci sono le vere e proprie dichiarazioni d’amore che non lasciano spazio ad equivoci. Poi ci sono anche i casi opposti, quando è chiara un’altra verità: “Non m’ama”. Ecco come hanno fatto, i vip di casa nostra, a capire che era la volta buona (o non lo era affatto).
M’AMA CI SONO VOLTE IN CUI È TUTTO CHIARO: “M’AMA”; O, AL CONTRARIO, “NON M’AMA”. QUESTIONE DI BRIVIDI LUNGO LA SCHIENA
Rosario Giorgio Costa, senatore Forza Italia, Matino
Conquistarla è stata una pratica molto impegnativa. L’abitudine del tempo faceva in modo che le giovanette non lasciavano intendere se fossero convinte di volersi fidanzare. Dunque, la mia impresa amorosa è durata molto a lungo. E’ iniziata quando avevo 14 anni e lei 13 e per me è stata una continua dichiarazione ed una continua applicazione ai fini del conseguimento del risultato del fidanzamento. Che poi si verificò quando avevo 18 anni, cioè ben quattro anni dopo! Nel corso dei quali non mi era dato sapere che intenzioni avesse lei. Mi faceva intendere la sua disponibilità ma sempre con molta prudenza. Dovetti rispettare il rituale tradizionale: portai i miei genitori a casa sua e li presentai ai suoi. Da quel momento fui fidanzato e capii che mi amava. Il che non implicava troppa frequentazione, perché la prescrizione fu di una presenza domenicale e di una occasionale presenza al giovedì. Dal momento che abitavo vicino a lei, io inventavo sempre nuove scuse per passare da lei e prendere un caffè, fino a che mia suocera mi fece notare che ero troppo spesso fuori dall’orario di ufficio!
Rosario Giorgio Costa: “Mi faceva intendere la sua disponibilità ma sempre con molta prudenza. Dovetti rispettare il rituale tradizionale: portai i miei genitori a casa sua e li presentai ai suoi. Da quel momento fui fidanzato
E CAPII CHE MI AMAVA” Serenella Molendini, consigliera di Parità, provincia di Lecce e Regione Puglia, Lecce
Quando si è giovani, forse si è più sicuri dell’amore e si può capire “Mi ama”. Ma quando cominci a vedere in te la trasformazione dovuta all’età e ti guardi allo specchio, ti chiedi “Mi ama ancora?”, “anche con le rughe sul volto?”. In quei momenti penso ai miei genitori, al loro grande amore, alla luce che avevano negli occhi quando si guardavano. E allora mi dico che è possibile amarsi a qualsiasi età, anche con le rughe sul volto e con qualche chilo in più e che l’importante è saper perdonare, comprendere e condividere sofferenze e gioie, successi e insuccessi e guardare, oltre di noi, ai nostri figli e magari ai nostri nipoti.
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Mimino De Masi: “Un giorno la misi alle strette e le dissi: ‘Se sei ancora indecisa, dimmi di andare via ed io lo farò’. A lei scappò una lacrima che
Med Neyb Zohlami, restauratore e attore, Yerissa (Tunisia)
La prima volta che ho pensato “M’ama”, mi sono sbagliato: non mi amava. E’ accaduto alcuni anni fa; credevo fossimo innamorati; io lo ero, almeno. Quando mi sono reso conto della verità, ne sono rimasto molto deluso. La delusione è un sentimento spesso connesso all’amore. Col tempo sono riuscito a convincermi che ciò che avevo scambiato per amore, non lo era affatto. Ci ho impiegato molto tempo per tornare ad avere fiducia nel rapporto di coppia. Quella purtroppo non è stata l’unica volta che ho sbagliato valutazione. Dopo un po’ di tempo, infatti, ho creduto io di amare ma non era così. Era l’ennesima illusione: mi ero gettato in una nuova storia per uscire dalla condizione in cui la prima delusione mi aveva catapultato. Dalle mie parti si dice “Chi è stato morso dai serpi ha paura di ogni buco”, ovvero: ogni delusione lascia ferite. La conseguenza è la paura di lasciarsi andare.
MI FECE CAPIRE CHE MI AMAVA
Mimino De Masi, presidente associazione “Amici del presepe”, Casarano
Capì che mi amava dopo tanti mesi di corteggiamento. Era il 1964; lei aveva 15 anni; io qualcuno di più. Nonostante le mie insistenze, lei era sempre molto trattenuta e non lasciava trapelare i suoi sentimenti nei miei confronti. Ma io, che avevo alle spalle una carriera da latin lover (le donne cadevano ai piedi di chi vestiva in maniera elegante e faceva il musicista), non potevo tollerare di non riuscire a conquistarla con la solita facilità. Da orgoglioso qual ero, non potevo a reggere un affronto del genere. Così, un giorno, la misi alle strette e le dissi: “Se sei ancora indecisa, dimmi di andare via ed io lo farò”. A lei scappò una lacrima che mi fece capire che mi amava. Da allora sono trascorsi 38 anni e noi ci amiamo ancora con tutta l’anima.
Marcello Passeri: “Riuscii a ballare con lei per l’intera serata e credevo di aver intuito i suoi sentimenti per me. Invece, il giorno successivo, lei nemmeno ricordava che avessimo ballato insieme!
FU INEQUIVOCABILE: NON MI AMAVA”
Irene Scardia, pianista, associazione culturale “L’Orchestrina”, Lecce
Marcello Passeri, fotografo, Lecce
Pensai “Mi ama”. Fu quella volta, al termine di una fatica costruita insieme, quando vidi, in ogni suo gesto, in ogni sua parola, dalle carezze che mi porgeva, dalla gioia che spargeva intorno; allora vidi interamente il suo amore. Ne ero certa. Era però troppo tardi, ormai. E di quell’amore, ora, non so più nulla.
L’occasione era una tipica festa tra compagni di liceo. Avevo circa 18 anni. Riuscii a ballare con lei per l’intera serata e credevo di aver intuito i suoi sentimenti per me. Invece, il giorno successivo, lei nemmeno ricordava che avessimo ballato insieme! Fu inequivocabile: non mi amava. Fu una bella batosta! Oggi io e Lucilla (era questo il suo nome) siamo rimasti molto amici e continuiamo a frequentarci. Ogni tanto capita che qualcuno riporti a galla quell’episodio; facciamo sempre delle grasse risate!
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Helmut Dirnaichner, artista, Monaco
Non ho mai pensato all’amore come ad una conquista. Quindi non mi sono mai detto “M’ama”, anche quando sembrava che così fosse. Non considero l’innamoramento coma un’opera da portare a compimento. Ogni giorno devo conquistarlo di nuovo. Ci vuole perseveranza e grande affetto. Sguardi, gesti e grandi abbracci ogni giorno.
Antonio Calabro,
Anna Maria Colaci, docente di Storia della Pedagogia, Università del Salento, Lecce
Devo essere sincera: sono una sentimentale. Ho capito che mi amava da tante piccole cose: ho visto brillare i suoi occhi, ho percepito un abbassamento, dettato dall’emozione, nel tono della sua voce; ho notato che sopportava con pazienza i miei lunghi ritardi. Da tutto ciò mi sono sentita gratificata. All’inizio ho pensato che fosse una grande passione destinata ad esaurirsi col tempo, ma fortunatamente ho potuto ricredermi. Oggi quella persona è mio marito ed io credo molto in lui. Prima di questa bella esperienza ho avuto modo di capire che ciò che avevo scambiato per amore, in realtà non lo era: ho convissuto con un uomo per quasi 20 anni fino a che mi sono resa conto che il sentimento si era esaurito. L’ho capito quando ha lasciato che facessi tutto ciò che volevo.
capitano Virtus Casarano, Melendugno
Mi sono detto “Mi ama” quando, dopo averle dimostrato tutti i miei difetti (dimostrato con i fatti, non illustrato a parole!), lei è rimasta al mio fianco, dandomi prova della sua resistenza. Quando anche io stesso mi sarei mandato al diavolo, lei, con la sua pazienza, mi ha fatto capire il suo amore. Non è facile convivere con la mia testardaggine e con il mio disordine. Se ci è riuscita (siamo sposati da sei anni) significa che è quella giusta.
Lucia Vaglio, cantante lirica, mezzosoprano, Galatone
Ho capito che mi amava quando ho sentito i brividi lungo la schiena dopo solo uno sguardo. E’ stato un colpo di fulmine. Ciò è avvenuto nella seconda parte della mia vita, quando ormai disperavo di poter provare nuovamente l’amore. Alle spalle avevo un matrimonio andato male; era stata un’esperienza adolescenziale, un sentimento cresciuto piano piano al quale, evidentemente non avevamo dato entrambi la stessa importanza. La seconda esperienza è stata una vera sorpresa perché è arrivata quando ero adulta e consapevole. Avevo 43 anni. Continuo ad essere innamorata di lui e vivo questa storia d’amore con una maturità diversa. E proprio per questo mi rendo conto che si tratta di amore vero. Ogni giorno è un’emozione nuova, una continua sorpresa, un continuo rincorrersi e re-incontrarsi. Se venissero meno le mille piccole attenzioni che rivolgiamo ogni giorno, capirei che non è amore
Suor Antonietta, suora di carità di Casarano, San Severo (Foggia)
Non ho mai pensato all’amore, nemmeno da ragazza. Sin da piccola, invece, ho avuto il desiderio di incontrare Cristo. Una zia alla quale ero molto legata era suora; grazie a lei mi sono avvicinata alla religione ed ho frequentato gli ordini di suore per imparare a cucire, a ricamare e a svolgere tutti quei mestieri che mi
sarebbero stati utili per la vita. E così per me l’ordine è diventato la strada più naturale. Non potevo più farne a meno. Sentivo, dietro le spalle, una forza che mi spingeva e che mi chiedeva di lasciare tutto ed andare. L’ho seguita e non ho mai avuto paura. Ho sofferto molto il distacco dalla mia famiglia, ma anche questo distacco fa parte della vita di una suora. Avevo 22 anni quando ho sentito: “Mi ama”. Sapevo solo che dovevo far tesoro di questo amore e che lo dovevo seguire. Ero felice.
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//Cultura //Libri //La sanità malata
La SANITÀ
MALATA
IL NUOVO LIBRO DI MAURIZIO PORTALURI. UNA RASSEGNA, SENZA MEZZI TERMINI, DEI MALI CHE AFFLIGGONO IL SETTORE SALUTE NEL MEZZOGIORNO
Maurizio Portaluri “La Sanità malata. Viaggio nella Puglia di Vendola” Prefazione di Michele Di Schiena – Postfazione di Gianluigi Saraceni Glocal Editrice (111 pag., 12 euro)
siste una mafia bianca nella Sanità pugliese? La risposta sta nel nuovo libro di Maurizio Portaluri che in 18 capitoli affronta il viaggi nella Sanità pugliese al tempo della “Rivoluzione gentile” del presidente Nichi Vendola. Un medico diventato direttore generale di una Asl (Maurizio Portaluri) e un manager venuto dal Nord (Gianluigi Saraceni) raccon-
E
tano la loro esperienza, denunciano, segnalano, suggeriscono e propongono. Ne viene fuori uno spaccato impietoso dei mali che affliggono la Sanità del Mezzogiorno: dall’ingerenza della politica ai trasformismi manageriali, dal clientelismo alle speculazioni della casta dei medici, dalle pressioni dell’industria sanitaria e farmaceutica alle strumentalizzazioni delle associazioni di volontariato. Il libro s’intitola “La Sanità malata. Viaggio nella Puglia di Vendola”. Dopo il terremoto elettorale del 2005 che porta per la prima volta al governo della regione Puglia, un presidente di sinistra, il medico brindisino Maurizio Portaluri impegnato nei movimenti di lotta per la salute, viene chiamato dalla Giunta regionale a dirigere una nuova Asl e lì incontra il suo direttore amministrativo, Gianluigi Saraceni, un uomo venuto dalla “rossa” ed evoluta Emilia Romagna. Entrambi si gettano con ardore alla costruzione del cambiamento. Ma dopo poco più di due anni entrambi gettano la spugna. L’esperienza fatta però è molto forte ed il libro è un racconto dei tentativi, dei successi e delle grandi difficoltà incontrate.
di FLAVIA SERRAVEZZA
f.serravezza@iltaccoditalia.info
Ingerenza della politica, trasformismi manageriali, clientelismo, speculazioni, pressioni da parte dell’industria farmaceutica, strumentalizzazioni delle associazioni di volontariato E’ questa la sanità pugliese.
VISTA DA DENTRO Portaluri spiega come è fatta una Asl, quanto l’organizzazione sanitaria è davvero orientata alla salute collettiva ed individuale, il peso dei diversi contratti di lavoro del personale sull’erogazione dei servizi, la distorsione della libera professione, la debolezza dei sistemi di valutazione, la povertà del sistema di prevenzione a vantaggio delle cure, la contrapposizione tra ospedale e territorio, le difficoltà di chi vuole studiare e fare ricerca, l’ingerenza della politica e dei partiti, il trasformismo e i ritardi del Sud, l’autoreferenzialità delle associazioni dei cittadini. La conclusione dell’esperienza manageriale di Portaluri è il ritorno all’incontro col malato, suo punto di partenza, con l’auspicio che lo diventi anche per ogni vero innovatore. I proventi della vendita del libro sono devoluti all’associazione di volontariato “Progetti per la Radioterapia di Brindisi” che tra l’altro fornisce visite domiciliari ai malati non autosufficienti.
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//Oroscopo //Il segno del mese //Loredana Capone Acquario
(21 gennaio-19 febbraio)
//PUNTA IN ALTO
SOTTO IL CIELO DEL SALENTO
a cura di IULY FERRARI
// Ariete (21.3-20.4) Non siate sempre così prepotenti. A febbraio la vostra vita potrà scorrere su binari favorevoli; non si escludono innamoramenti improvvisi.
// Toro (21.4-20.5) Incontrerete significative difficoltà a farvi capire. Sarete pieni di lavoro ed il vostro partner potrebbe non essere così comprensivo. A meno che non sia Toro anche lui. Attenzione a gestire bene l’affettività.
// Gemelli (21.5-21.6) Tutto il 2009, e non solo febbraio, dovrebbe andare meglio del solito per il vostro segno. Molto bene la carriera, le nuove amicizie ed i viaggi costruttivi dal punto di vista professionale.
// Cancro (22.6-22.7) Troppo sensibili per natura, vorreste sempre che tutto girasse attorno a voi. Avrete alti e bassi in umore, in più circostanze determinati dal riemergere di ricordi dal passato.
// Leone (23.7-23.8) Non sarà facile catturarvi perché sarete proiettati sulla carriera. Attenzione a non farvi coinvolgere troppo da una nuova avventura amorosa.
nno nuovo, vita nuova, cara Loredana. Nuove amicizie, nuovi amori e nuove opportunità di far carriera. Giove ti porterà le grandi fortune che attendi da anni. E’ finalmente arrivato per tei il momento di puntare senza paura alla vetta più alta; sarà la volta buona che la raggiungerai! Fino all’anno scorso, infatti, hai sofferto molto la solitudine perché non hai trovato chi riuscisse a comprendere (e chi ci riesce?!) completamente le tue necessità e riuscisse a dare risalto al tuo valore (ottimi studi, ottimi voti, ottima famiglia, ottima posizione nel sociale). Ciò in tutti i campi, non solo in quello affettivo. Sei originalei, anticonformistai, ed hai un bisogno naturale di esprimerti e fare ciò che ti passa per la mente. Subire condizionamenti esterni, per te, è contro natura, perché non ti senti seconda a nessuno. Studia la strategia giusta ed insegui le tue
A
Loredana Capone, vicepresidente della Provincia di Lecce (14 febbraio 1964)
ambizioni. Chi ti conosce, ti lascerà libera di puntare in alto. Guai ad incatenarti o a frenare la scalata. Poi, una volta arrivata lì, siederai in alto, in “poltrona” a goderti la vittoria. Un consiglio: per raggiungerla, quella poltrona, stringi alleanze, favorisci amicizie, concretizza unioni. Ti tornerà utile per tagliare tutti i traguardi cui stai puntando. Evita, perciò, di cadere nel solito errore di chiuderti in te stessa ma apriti al mondo esterno: ne trarrai vantaggio.
// Vergine (24.8-22.9)
// Sagittario (23.11-21.12)
Con Saturno che attraversa il vostro segno, per voi sarà tutto ancora più difficile. Siete, per natura, ipercritici e faticherete a gestire questa vostra caratteristica. Cercate nuovi svaghi e non pensate sempre alla carriera.
Vorrete occuparvi di più cose contemporaneamente. Dovrete affrontarne, invece, una alla volta se vorrete ottenere risultati soddisfacenti. Se avete voglia di costruire qualcosa di serio, cercate di essere fedeli.
// Bilancia (23.9-22.10) Il vostro sarà uno dei segni più favoriti durante l’intero corso dell’anno. Avrete amici, svaghi, sempre nuove emozioni da vivere. Febbraio sarà un periodo assai favorevole.
// Capricorno (22.12-20.1) Stranamente riuscirete a divenire più autonomi. Intraprenderete nuove imprese in tutti i settori, in modo particolare nel lavoro, che è l’ambito che da sempre vi interessa di più.
// Scorpione (23.10-22.11) L’unica cosa che vi permetterà di vivere bene questo periodo è l’esplosione passionale che proverete. Vi innamorerete probabilmente di un segno d’aria. Attenzione alle delusioni.
il tacco d’Italia
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// Pesci (20.2-20.3) Sarete molto sognanti e con la testa fra le nuvole. Vi interessa il sentimento e l’affettività e punterete soprattutto sui rapporti personali a discapito di occupazioni di carattere pratico.
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// Un mese in una pagina // QUESTIONE DI LOOK “Devono essere la qualità delle persone e il merito e non il sesso a fare la differenza. Le donne devono accettare la sfida e battersi ad armi pari, non devono chiedere privilegi, chiedere di essere specie protetta. Una donna se vale si afferma”. Così ha dichiarato Wojtek Pankiewicz, consigliere leccese (Centro moderato), a proposito delle quote rosa in Consiglio comunale. In tempo di parità, ognuno è libero di pensarla come crede. Ma se le donne accettassero la sfida e, anzi, rilanciassero chiedendo ai maschietti di cimentarsi, anche loro, con le occupazioni “femminili”, il suo discorso, consigliere, moderato per carità, resterebbe in piedi?
IPSE DIXIT // L’importante è crederci “Il Lecce non è da buttare”. Mario Beretta, allenatore Lecce Corriere del Mezzogiorno p. 15, 17 dicembre 2008 // C’eravamo tanto amati “Io, nei nove anni di Governo Poli, sono stato un alleato leale”. Paolo Perrone, sindaco di Lecce Nuovo Quotidiano di Puglia, p.14, 17 gennaio 2009 // Giovani ingrati “Penso che un minimo di gratitudine sia doverosa anche se la gratitudine non è una categoria della politica… Un sindaco può trovarsi ad affrontare certe questioni delicate: anche io ho dovuto fare i conti con alcune situazioni e il mio governo è durato nove anni”. Adriana Poli Bortone, vicesindaca di Lecce Nuovo Quotidiano di Puglia, p.15, 17 gennaio 2009 // Lezioni di storiografia “Dobbiamo fare una selezione nella cesta dei sentimenti, portandoci quelli buoni e buttando a mare quelli cattivi, senza mai mettere tra parentesi i buchi neri della nostra storia”. Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia Nuovo Quotidiano di Puglia, p.7, 22 gennaio 2009 // B come Bei programmi “Stavolta restiamo in testa fino alla fine e saliamo in B, la B di Barba”. Vincenzo Barba, presidente del Gallipoli calcio Corriere del Mezzogiorno, p.1, 22 gennaio 2009
SE NE PARLA SE NE PARLA SE NE PARLA Pronti, si parte. In filobus Ci sarebbero ancora un paio di cose da sistemare e poi il servizio filobus del Comune di Lecce si potrà finalmente dire pronto a partire. Ad esempio mancherebbe il contratto tra Comune ed Sgm, la società di trasporti che gestirà il servizio; bisognerebbe organizzare dei corsi di formazione per gli autisti, rivedere il capitolo manutenzione dei mezzi, nominare un responsabile operativo. Gli orari, i turni, quelli sono già tutti stabiliti. Certo, andrebbero rivisti. Ma i mezzi ci sono e sono nuovissimi. E ci sono pure le tratte; due: una diretta ad Ecotekne ed una che percorrerà viale De Pietro e viale XXV Luglio passando per il centro. La terza? Anche la terza tratta ci sarà, e passerà per i viali di circonvallazione ma non è ancora pronta. Dopodiché il filobus si metterà in moto. A febbraio, come stabilito. Forse.
La vita è fatta a scale C’è chi scende e c’è chi sale. Gli indici di gradimento sono così. Ma se i cittadini cui viene chiesto di dare i voti al proprio sindaco, lo votano meno rispetto all’anno prima, un motivo ci sarà. E forse sarebbe il caso di porsi delle domande. E’ ciò che è accaduto a Paolo Perrone, sindaco di Lecce, nell’indagine del Sole24Ore sul gradimento delle popolazioni amministrate nei confronti dei sindaci delle città capoluogo e dei presidenti di Provincia. Perrone si posiziona al 74esimo posto col 52% dei consensi: quattro punti percentuali in meno rispetto al 2008. L’esatto contrario dicasi di Giovanni Pellegrino, presidente della Provincia: il 49,8% del gradimento, quattro punti in più. Un bel modo di dire addio alla poltrona (ammesso che ne abbia intenzione). Per Perrone, un punto da cui partire per l’esame di coscienza, sul proprio operato e su quello della propria giunta. Da fare in fretta. Finchè la giunta (An permettendo) regge.
COME È ANDATA A FINIRE Nasce il Museo. Per non dimenticare NARDO’. Non è un punto di arrivo, ma solo il punto di partenza nell’opera di valorizzazione territoriale. E’ inoltre un passo importante per promuovere l’accoglienza. Quella accoglienza che la comunità neretina non negò alle migliaia di profughi ebrei (circa 150mila) che negli anni tra il 1943 ed il 1947 si riversarono nelle località Cenate, Mondonuovo, Santa Caterina e Santa Maria al Bagno. Dopo due anni di lavori, promesse di prossima apertura non mantenute, il Museo della memoria, a Santa Maria al Bagno, è finalmente divenuto realtà. Lo scorso 14 gennaio la struttura è stata inaugurata alla presenza di Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, in un’atmosfera di profonda commozione. Realizzato grazie a finanziamenti della Misura 2.1 del Pis n.11 “Barocco pugliese” (circa 160mila euro), su progetto dell’architetto romano Luca Zevi, il Museo si caratterizza come il primo luogo, in Italia, dedicato alla memoria. Conterrà, oltre a documenti cartacei, fotografici e d’archivio, anche i tre murales (vasti circa 50 metri quadrati in tutto) realizzati dall’ebreo romeno Zivi Miller. (Per ricostruire la storia del Museo della memoria, Tacco d’Italia n. 46, aprile 2008, p.42)
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//Controcanto
di LUIGI RUSSO*
ILLEGALITÀ E AMBIENTE: UNA MADRE TERRA PROSTITUITA LE BATTAGLIE DI BASILE SEGNANO L’AGENDA DELLA DISTRUZIONE DEL TERRITORIO. IL DOSSIER INEDITO SUI 42 DEPURATORI ATTIVI IN SALENTO, REALIZZATO DAL CENTRO SERVIZI VOLONTARIATO SALENTO, DENUNCIA UN’AGGRESSIONE DELL’AMBIENTE FATTA “SISTEMA”
L
La ricchezza più grande del Salento è il suo bellissimo habitat naturale: un mare e un entroterra splendidi, un’aria pulita e una luce straordinaria. Tutto sarebbe adatto per mettere in piedi una perfetta politica di marketing territoriale, con un turismo non invasivo, scaglionato nell’anno, pendolare tra mare ed entroterra; un turismo che porti a sistema la vocazione di questo territorio e la buona volontà dei singoli imprenditori e delle famiglie che nei passati decenni si sono improvvisati albergatori o gestori di locali e stabilimenti balneari. Una politica che, fra l’altro, in termini economici frutterebbe tantissimo. Un disastro sembra invece abbattersi, adesso, su questa straordinaria possibilità, anticipato dall’allarme lanciato dai volontari ambientalisti, dai centri culturali e dai media, dalla Chiesa in questi ultimi anni: l’ambiente salentino è sotto scacco, c’è una voragine etica e una follia utilitaristica che tentano di prostituire questa Madre Terra. Una dopo l’altra si scoprono vicende veramente raccapriccianti che cominciano a suonare il campanello di allarme nella testa dei turisti appassionati del Salento, che in questi anni hanno pure acquistato casa sulle nostre coste e nei centri storici dei nostri bellissimi borghi, e che adesso meditano la fuga… L’omicidio Basile ad Ugento, al di là della effettiva soluzione del caso e comunque nel rispetto della vita umana massacrata, è una pietra lanciata nello stagno, che smuove di colpo un tessuto omertoso e distratto, sostenuto dal pressappochismo di tanti sindaci, che in questi decenni hanno coperto, a volte inconsapevolmente, il sistema del malaffare. Se si legge tutta la vicenda delle denunce di Basile, che poi sono anche la gran parte delle denunce dell’autentico ambientalismo salentino, si scopre l’agenda della sistematica distru-
CHI HA FIRMATO CONTROCANTO zione: abusivismo edilizio massiccio delle coste, dove sono sorte come funghi abitazioni per leader politici, imprenditori, avvocati, medici, con tanto di piscine e discoteche; discariche abusive e non, nelle quali sono stati riversati rifiuti tossici di ogni tipo, che già hanno prodotto danni organici sugli abitanti e danni irreversibili alle falde acquifere sotterranee; privatizzazioni e cementificazioni delle coste, che hanno trasformato buona parte dei nostri litorali in gabbie chiuse (fino a quattro anni era possibile ottenere l’autorizzazione all’atterraggio degli aerei nel centro di Leuca…); concessioni edilizie che non rispettano, ancora oggi, i vincoli idreogelogici e archeologici e quelli delle aree parco; scarichi delle polveri cancerogene dalle centrali a carbone, dai cementifici, dai sansifici; discariche abusive all’aperto soprattutto ad opera di cittadini menefreghisti, che in aperta campagna abbandonano batterie d’auto, eternit e quant’altro. L’ultimo capitolo è quello della depurazione delle acque reflue: 42 depuratori in provincia di Lecce, che agiscono in un sistema legislativo a maglie ampie, con o senza autorizzazioni ad esercitare, e scaricano le acque reflue in mare o in falda o sul terreno, con le loro tonnellate di liquami infetti dai batteri e pieni di sostanze chimiche inquinanti. E così succede che nello splendido mare di Corsano o di Leuca è impossibile da oggi fare il bagno, anche se nessuno ha il coraggio di mettere il maledetto “divieto di balneazione”. E’ necessario investire in tre direzioni: innanzitutto fare verità; poi avviare una fiscale politica di controlli, con esecutività certa delle pene; infine, investire nella formazione della classe dirigente, soprattutto politica, e pubblicizzare e diffondere le buone prassi. *Giornalista, presidente CSV Salento
Rosanna Metrangolo caporedattore “Nuovo Quotidiano di Puglia”
Marco Renna “Studio 100 Lecce”
Mimmo Pavone direttore responsabile “Il Paese nuovo”
Vincenzo Maruccio giornalista “Nuovo Quotidiano di Puglia”
Tonio Tondo inviato “La Gazzetta del Mezzogiorno”
Roberto Guido direttore “quiSalento”
Lino De Matteis caposervizio “Nuovo Quotidiano di Puglia”, vicepresidente regionale Assostampa
Renato Moro capocronista “Nuovo Quotidiano di Puglia”
Gabriella Della Monaca coordinatore TG NORBA GRANDE SALENTO
Luisa Ruggio redattrice Canale8, scrittrice
Walter Baldacconi direttore responsabile Tg Studio 100
Paola Ancora addetta stampa Ministero delle Politiche agricole
Michele Mauri direttore editoriale L’ATV
Antonio Silvestri addetto stampa Inps Lecce
Dionisio Ciccarese presidente homepage Group, società di consulenza di comunicazione strategica ed editrice di grandi giornali e siti internet
Nunzio Pacella addetto stampa Apt di Lecce
Loredana Di Cuonzo giornalista pubblicista dirigente scolastico Istituto d’arte “G. Toma” Galatina-Nardò
Giancarlo Minicucci direttore Il Nuovo Quotidiano di Puglia
Vaileth Sumuni
Vincenzo Magistà direttore “TgNorba”
INDOVINA CHI È
“Bestiario pubblico. Ovvero: come nascono nuovi improbabili personaggi sulla scena”
il tacco d’Italia
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